CONFIMI Rassegna Stampa del 07/11/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI 07/11/2014 Cronaca del Veneto VERONA E VICENZA INSIEME PER LA FESTA DELL'IMPRENDITORIA 6 07/11/2014 Cronaca di Verona VERONA E VICENZA INSIEME PER LA FESTA DELL'IMPRENDITORIA 7 07/11/2014 La Voce di Mantova Le filastrocche di Rodari domenica pomeriggio a Marmirolo 8 SCENARIO ECONOMIA 07/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Il presidente finlandese: «Aspettiamo dal 2007 che Roma faccia le riforme» 13 07/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale I Tango bond e lo spiraglio per 75 mila creditori italiani 15 07/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Aumento Mps sul mercato, lo Stato non diventerà socio» 16 07/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Lo stipendio in cauzione dei manager Unindustria 18 07/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Piaggio studia il trasloco del quartier generale a New York 19 07/11/2014 Il Sole 24 Ore L'arma impropria del fisco europeo 20 07/11/2014 Il Sole 24 Ore La terapia di Francoforte non basta senza riforme 21 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Orlandi: con la tracciabilità via gli scontrini fiscali Studi di settore, si cambia 23 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale Draghi: "L'economia peggiora Bce unita su misure eccezionali" 25 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale L'ultima beffa del Fisco vent'anni dopo cancella gli scontrini 27 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Gli acquisti di bond solo se riesplode la crisi si rischia di arrivare tardi" 29 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Mai stati amati dagli italiani bisogna colpire il lavoro nero" 30 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Pago per cenare con lui Matteo ridà entusiasmo anche a noi imprenditori" 31 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale Risiko delle utility A2a snobba Iren e punta a diventare il polo aggregatore della Lombardia 32 07/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Google è il motore del privilegio ora paghi tutti i diritti agli editori" 33 07/11/2014 MF - Nazionale Dopo gli stress test le banche devono rinfrescare le filiali 35 07/11/2014 MF - Nazionale Montezemolo designato presidente, Hogan vice 36 07/11/2014 MF - Nazionale Avremo un patrimonio di qualità 37 07/11/2014 MF - Nazionale PUR MESSE ALLE CORDE MPS E CARIGE HANNO DATO RISPOSTE GIUSTE 39 07/11/2014 L'Espresso Ciò che rimane dei poteri forti 40 07/11/2014 L'Espresso Chi ha ucciso la concertazione 41 07/11/2014 L'Espresso Il buco nero delle tasse 42 07/11/2014 L'Espresso Ecco gli italiani col fisco su misura 46 07/11/2014 L'Espresso Quelle buonuscite di Luxottica 49 07/11/2014 L'Espresso Il greggio a 50 dollari scenario possibile 50 SCENARIO PMI 07/11/2014 Corriere della Sera - Brescia Gli imprenditori ci credono ancora: «Insieme per salvare il nostro manifatturiero» 53 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Solo l'export «salva» l'industria 54 07/11/2014 ItaliaOggi CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA 56 07/11/2014 MF - Nazionale Industria, ripresa in vista nel 2015 58 CONFIMI 3 articoli 07/11/2014 Cronaca del Veneto Pag. 5 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Cronaca di Verona VERONA E VICENZA INSIEME PER LA FESTA DELL'IMPRENDITORIA Vi nc enz a Fr as c a Si chiama Festa dell'Impre nditoria, è organizzata dal Gruppo Apigiovani, presieduto da Alessandro Ferrari , Api don ne di Verona, presieduto da Maria Scavini e Apidonne Vi cenza, presieduta da Giusep pi na Grimaldi , ed avrà luogo questa sera, venerdì 7 novembre alle ore 21.30 a Verona. "La festa dell'imprenditoria nasce con la volontà di dar voce ad Apin du stria, associazione im pren ditoriale che su Verona rappresenta 800 aziende del territorio, non per parlare di problemi legati all'economia, ma per creare unione a livello territoriale, per essere più forti" spiega Vin cen za Frasca , ideatrice del progetto e Vice Presidente Nazionale Multi servizi Confimi. "Alla festa dell'imprenditoria par te cipano non solo Apindustria Verona e Vicenza, ma anche Confimi, Confederazione dell'In du stria Ma ni fatturiera Italiana e dell'Im presa Privata alla quale aderi scono 20.000 Imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro". Un progetto che vedrà il suo primo appuntamento venerdì 7 novembre, ma che mira a diventare un incontro continuativo in grado di creare unioni sempre più concrete e forti nel tempo fra le associazioni, per avere più voce a livello nazio nale ed istituzionale. Al es s andr o Fe r r ar i CONFIMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 6 07/11/2014 Cronaca di Verona Pag. 5 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato APINDUSTRIA VERONA E VICENZA INSIEME PER LA FESTA DELL'IMPRENDITORIA Vi nc enz a Fr as c a Si chiama Festa dell'Impre nditoria, è organizzata dal Gruppo Apigiovani, presieduto da Alessandro Ferrari , Api don ne di Verona, presieduto da Maria Scavini e Apidonne Vi cenza, presieduta da Giusep pi na Grimaldi , ed avrà luogo questa sera, venerdì 7 novembre alle ore 21.30 a Verona. "La festa dell'imprenditoria nasce con la volontà di dar voce ad Apin du stria, associazione im pren ditoriale che su Verona rappresenta 800 aziende del territorio, non per parlare di problemi legati all'economia, ma per creare unione a livello territoriale, per essere più forti" spiega Vin cen za Frasca , ideatrice del progetto e Vice Presidente nazionale Multi servizi Confimi. "Alla festa dell'imprenditoria par te cipano non solo Apindustria Verona e Vicenza, ma anche Confimi, Confederazione dell'In du stria Ma ni fatturiera Italiana e dell'Im presa Privata alla quale aderi scono 20.000 Imprese con 330.000 addetti per un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro". Un progetto che vedrà il suo primo appuntamento venerdì 7 novembre, ma che mira a diventare un incontro continuativo in grado di creare unioni sempre più concrete e forti nel tempo fra le associazioni, per avere più voce a livello nazio nale ed istituzionale. Al es s andr o Fe r r ar i CONFIMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 7 07/11/2014 La Voce di Mantova Pag. 16 Gli attori sul palco Le filastrocche di Gianni Rodari in scena domenica pomeriggio al Teatro Comunale di Marmirolo. Alle ore 16.30 Fondazione Aida presenta "Un treno carico di filastrocche" (dai 4 anni). Lo spettacolo, che mette insieme le più belle e significative filastrocche rodariane, porta il pubblico in un viaggio a bordo di un treno magico, capace di arrivare nei luoghi più fantasiosi, far conoscere le persone più bizzarre, essere oggetto di strane trasformazioni: i sedili ad esempio "diventano letti e poltrone, i finestrini diventano davanzali, vetrine e teatrini di burattini". Gli interpreti, M. Vittoria Barrella, Gioele Piccenini, Sara Tamburello , hanno il compito di solleticare la curiosità, di alimentare la creatività dei più piccoli. Massimo Lazzeri , regista e autore della scrittura drammaturgica e dei testi delle canzoni, ha "incastonato" le filastrocche, quasi fossero pietre preziose, per catturare l'at tenzione del pubblico per il loro linguaggio semplice, per l'immediatezza, la concretezza e la facilità di comprensione. «Lo spettacolo - spiega il regista - è fatto di parole semplici e precise, di avventure fantasticamente reali, di musica e di colori, di tristezza e, soprattutto, di speranza, per ricordare sempre che "dopo la pioggia viene il sereno, brilla nel cielo l'arcobaleno"». La rassegna proseguirà il 23 novembre con "La bella addormentata" di Tieffeu. La stagione è organizzata da Fondazione Aida e Assessorato alla Cultura del Comune di Marmirolo, con il supporto di Coop Consumatori Nordest, Apindustria , Gruppo Tea, Cir Food e Euro e Promos Group. Biglietti di "Famiglie a teatro" 5 euro (intero) e 4 (ridotto). CONFIMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 8 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le filastrocche di Rodari domenica pomeriggio a Marmirolo SCENARIO ECONOMIA 25 articoli 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il presidente finlandese: «Aspettiamo dal 2007 che Roma faccia le riforme» Non possiamo far nuovo deficit, senza produrre crescita Non sono favorevole ad una politica economica comune nell'Unione Paolo Valentino ROMA «Abbiamo bisogno di più crescita ma anche di più austerità. Se guardiamo indietro al 2007, poco prima della crisi finanziaria, quando l'eurozona era in crescita sin dall'inizio del millennio, ma la maggior parte dei Paesi cresceva facendo debiti, era una situazione dopata, creata dalle speculazioni finanziarie, non dall'economia reale. Da allora, una volta entrati nel cono d'ombra della crisi, abbiamo sempre immaginato di tornare a quei livelli. Ma non era una situazione normale e quel ritmo di crescita non è raggiungibile in modo automatico: voglio dire che oggi non è semplicemente possibile dare stimoli all'economia, senza prima fare gli aggiustamenti strutturali necessari». Il presidente della Finlandia, Sauli Vainamo Niinistö, era ieri a Roma, per una visita di lavoro, durante la quale ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quello del Senato, Pietro Grasso. Esponente dei popolari di Coalizione nazionale, dal 1996 al 2003 è stato anche ministro delle Finanze. Proprio pensando a quella esperienza, Niinistö dice di dover ammettere «un errore» fatto all'epoca: «Nel 2002 fui molto critico verso il governo tedesco di Gerhard Schröder, che aveva violato il patto di Stabilità. Lo fece. Ma servì per importanti riforme di struttura di cui la Germania ha beneficiato molto». E perché, signor Presidente, non viene oggi permesso all'Italia di fare altrettanto, a patto di varare le riforme necessarie? «Dal 2007 aspettiamo che l'Italia faccia le riforme». Ma è solo da pochi anni che abbiamo governi decisi a riformare il Paese. Non bisognerebbe dare più tempo per aggiustarsi con i criteri di Maastricht ai Paesi che riformano il mercato del lavoro, le pensioni e quant'altro? «Sono un po' scettico, ma non solo con l'Italia. Lo sono anche con il mio Paese, la Finlandia. Anche noi siamo in rosso e nel mirino della Commissione europea. In sette anni non abbiamo messo in pratica le correzioni necessarie. E ho la sensazione che l'Italia abbia lo stesso problema, cioè quello di implementare le misure di riforma. Non possiamo far nuovo deficit, senza che le strutture siano forti abbastanza da produrre crescita. Il consolidamento bisogna farlo ora, subito. Ripeto, non solo l'Italia, che io non vedo come caso a parte o speciale: è un problema di mentalità diffusa in molti Paesi dell'eurozona». Assistiamo oggi in Europa a un grande conflitto distributivo tra Nord e Sud, ricchi e poveri. Non pensa che ciò che manca oggi sia proprio un po' più di solidarietà? «Io credo invece che abbiamo già mostrato molta solidarietà e responsabilità comune. Se non ci fosse stato il patto di Stabilità, forse l'euro non sarebbe neppure nato. A tal proposito voglio ricordare il ruolo positivo esercitato dalla Banca centrale europea. Draghi ha saputo calmare i mercati con grande bravura e accortezza. Dal punto di vista della responsabilità comune e dell'integrazione siamo oggi più avanti degli Stati Uniti. Se poi lei intende una vera e propria politica economica e finanziaria comune, io non sono favorevole a questo sviluppo». Eppure era considerato un corollario, sia pure da realizzare più avanti, della creazione dell'euro. «Fu lasciato aperto, non fu definito. Ma potrei anche parlare di altre cose lasciate aperte, come lo sviluppo di politica comune di difesa e sicurezza. Ho l'impressione che abbiamo dato per scontate molte cose, come se il successo dei primi anni dell'euro potesse giustificare tutto». Ma non è il mondo globalizzato a imporci la necessità di una maggiore integrazione economica e politica, per contare nei nuovi equilibri strategici? SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Abbiamo tutta la cooperazione di cui abbiamo bisogno. Per me è più una questione di individui e società che di istituzioni». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il presidente della Finlandia Sauli Vainamo Niinistö, 65 anni. Esponente del partito di Coalizione nazionale è anche presidente onorario del Partito popolare europeo 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 42 (diffusione:619980, tiratura:779916) I Tango bond e lo spiraglio per 75 mila creditori italiani Massimo Sideri Per lo più inconsapevolmente 75 mila italiani stanno diventando l'ago della bilancia nello scontro tra l'Argentina e i fondi Usa. In realtà non sono mai stati citati, direttamente. Eppure sono così importanti che i due fronti stanno tentando di ottenerne l'appoggio di fronte all'opinione pubblica mondiale nella gara diplomatica da cui potrebbe dipendere l'ennesimo crac del Paese sudamericano. Veniamo ai fatti. Il giudice Usa Thomas Griesa - lo stesso che ha bloccato i pagamenti delle cedole argentine imponendo prima che sia trovato un accordo con i distressed fund - ha nominato un mediatore tra le parti. Due giorni fa ha però aggiunto che questo mediatore deve trattare anche a nome di tutti gli ex creditori dell'Argentina che non avevano aderito ai concambi, del 2005 e del 2010. Ed è qui che spuntano gli italiani. In un rapporto del Congressional research service 2013 che faceva il punto sui creditori che ancora non avevano trovato un'intesa venivano citati gli hedge fund Usa, il Club di Parigi e i risparmiatori italiani ancora in possesso di Tango bond «originali» per circa un miliardo di dollari. Il consensus generale è che si tratti di circa 75 mila persone. Non è un caso che Cristina Kirchner, presidente argentino, avesse parlato poche settimane fa della possibile riapertura del concambio. La speranza è che da ago della bilancia non diventino merce di scambio. @massimosideri © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lente 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Aumento Mps sul mercato, lo Stato non diventerà socio» Profumo: un'operazione per chi crede nella ripresa del Paese Una soluzione lineare. Con il pieno supporto degli azionisti Nicola Saldutti Milano Due volte sul mercato a distanza di pochi mesi, sembra non esserci pace per il Monte dei Paschi. La Borsa reagisce a suo modo, prima vendite, poi acquisti. Alla fine il titolo perde più del 3%. «Il mercato ha sempre ragione, naturalmente. Ma una cosa sento di dirla: la situazione era complicata, con molti attori coinvolti, e siamo stati reattivi e veloci». Alessandro Profumo ci tiene a ribadirlo: «Sono venuto qui per spirito di servizio, per fare questo lavoro senza compenso da presidente. Ricordo che a febbraio 2013 abbiamo avuto una crisi reputazionale incredibile. E abbiamo risalito la china. L'esame della Bce e gli stress test sono arrivati mentre eravamo in convalescenza. Però vorrei dire questo: nonostante tutto, ci siamo ancora e i risultati industriali si vedono, anche nei numeri del bilancio, con riduzione dei costi e più commissioni. La banca, con i suoi 27 mila dipendenti, ha saputo reagire. Anche questa volta». Sì, ma per tanti giorni c'è chi ha invocato l'ingresso dello Stato... «Come vede i soci privati hanno deciso di supportare la banca che , lo ricordo, è il terzo istituto del Paese. L'ipotesi Stato, per quanto ci riguarda, non è mai stata presa in considerazione. Dopo aver rimborsato 3 miliardi dei Monti-bond, rimborseremo l'ultimo miliardo che resta». Quindi Stato completamente fuori... «Sì. E bisognerebbe ricordare che molte banche, inglesi, tedesche, spagnole non possono dire lo stesso. Lo Stato da loro è ben presente nel capitale». Ma perché un socio, dopo l'aumento da 5 miliardi della primavera scorsa dovrebbe dire sì anche questa volta al piano da 2,1 miliardi? «Abbiamo adottato una soluzione lineare, con l'aumento potremo continuare il lavoro di rilancio che sta dando i suoi frutti. Abbiamo un piano industriale credibile che ci ha già dato dei risultati. Credo che alla fine si tratterà di un investimento apprezzabile da chi crede nella ripresa dell'economia del Paese». Avrà pensato per un momento che la Bce è stata più severa con le banche italiane ? «No. Gli scenari degli stress test (le previsioni sull'andamento del Pil, ndr) erano stati concordati con tutti i Paesi. Quello italiano è particolarmente avverso perché la situazione del Paese è più complicata. Non solo per Mps. Anche se molti dimenticano che a seguito della valutazione degli asset (asset quality review, ndr) abbiamo un CET1 del 9,5%, una dato positivo, ben al di sopra della soglia minima dell'8%. Il Paese peraltro si sta dando da fare, come lo abbiamo fatto noi con la decisione di mercoledì. Un passaggio importante». A questo punto la Fondazione si diluirà ancora «L'ente è sceso in modo impensabile rispetto solo a qualche anno fa. A circa il 2,5% del capitale. Hanno individuato un advisor e faranno le loro valutazioni. Mi pare comunque che fin qui il loro percorso sia stato molto importante». Da dove vengono le fragilità maggiori? «Siamo penalizzati soprattutto dal portafoglio crediti che riflette le difficoltà delle piccole e medie imprese»Quali saranno i tempi dell'aumento di capitale? «Nel 2015, a valle dell'approvazione del bilancio 2014 e prima dei nove mesi -da adesso - previsti dalla Bce». E poi la fusione... «Il primo passo è il piano, quindi rafforzare il patrimonio e poi riflettere su tutte le soluzioni possibili per aumentare il valore della banca e generare capitale internamente». E le cessioni.. «Con la Ue avevamo concordato già un piano, ora prevediamo vendere altri attivi Cessioni per circa 220 milioni» SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I soci Btg e Fintech sono dalla vostra parte? «I soci sono di supporto a questo piano. A noi il compito di realizzarlo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Alessandro Profumo, 57 anni, è presidente di Mps da aprile 2012. Esordi al Banco Lariano, poi McKinsey, quindi al Credit, poi Unicredit, di cui è stato amministratore delegato fino al 2010 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) Lo stipendio in cauzione dei manager Unindustria Dario Di Vico Sei alti dirigenti di Unindustria Treviso hanno preso nei giorni scorsi un'iniziativa senza precedenti che possiamo catalogare all'insegna della responsabilità civile. I sei manager, tra cui il direttore generale Giuseppe Milan, si sono recati dal notaio Bianconi di Treviso e hanno consegnato ciascuno un libretto di risparmio con un deposito pari a due mensilità del loro stipendio. L'importo è stato versato a garanzia economica personale della corretta gestione delle risorse associative affidate loro. In sostanza i dirigenti confindustriali hanno mandato agli associati alla Confindustria locale un messaggio di questo tipo: gestiamo denaro vostro e siamo pronti a far fronte di persona a eventuali errori e scorrettezze che gli organi statutari di Unindustria dovessero rintracciare nella nostra azione e nelle spese che abbiamo deliberato. Per capir meglio la portata del gesto va sottolineato come non ci sia nessun retroscena ovvero non esistono né contestazioni del loro operato né tantomeno inchieste giudiziarie ma Milan e i suoi colleghi hanno ritenuto comunque che un'iniziativa di trasparenza fosse utile per rinsaldare il rapporto fiduciario che lega dirigenti e associati. In una fase, si può aggiungere, in cui la rappresentanza è chiamata a un processo di trasformazione. «E' un gesto libero e spontaneo - commenta la neo-presidente di Unindustria Treviso, Maria Cristina Piovesana - che mi ha profondamente colpita perché nasce dalla serenità e dalla sicurezza di una gestione trasparente e dalla dichiarata volontà di assumere, per questo, diretta responsabilità sulla correttezza della gestione». L'iniziativa di Milan non guarda però solo alla rappresentanza ma chiama anche in causa la pubblica amministrazione che spesso agisce - nei confronti delle imprese - senza preoccuparsi minimamente delle ricadute delle proprie decisioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il commento 07/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 45 (diffusione:619980, tiratura:779916) Piaggio studia il trasloco del quartier generale a New York fabiosavelli ( c. tur. ) Una Piaggio con la testa a New York? Per ora è soltanto un progetto, a cui però il presidente Roberto Colaninno ( nella foto ) sta pensando seriamente. Sarà l'effetto Marchionne, ormai di casa negli States. O la voglia di dare più visibilità nella Grande Mela al gruppo della Vespa, che nel mercato Usa degli scooter vanta una quota del 21%. L'idea comunque c'è e la volontà di concretizzarla anche, visto che l'imprenditore mantovano ne ha già fatto cenno ai membri del consiglio e ai collaboratori più stretti. Il ragionamento di Colaninno si può riassumere così: Piaggio è un gruppo globale, con stabilimenti in Italia, India, Vietnam, Cina e un centro stile già a stelle e strisce (a Pasadena, in California). Anche le vendite coprono tutte le aree: Europa, America (Nord e Sud), India, Asia Pacifico. Pontedera resterebbe il cuore produttivo ma il quartier generale si potrebbe spostare a New York. Con gli uffici della stesso Colaninno e della prima linea dei manager di finanza, personale, legale, coordinamento produzione. Il semaforo verde non è ancora arrivato, ma una decisione potrebbe essere presa entro poche settimane. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marcegaglia o Arvedi, via Cdp per l'Ilva ( a. pu .) A forza di invocare l'intervento della Cassa depositi e prestiti, va a finire che l'ente di via Goito nell'acciaio entra davvero, ma per separata via. La Cdp non può partecipare, come noto, al capitale di aziende in perdita come l'Ilva, perché lo statuto del suo Fondo strategico - il braccio di Stato per le acquisizioni in aziende medio-grandi - vieta investimenti a rischio. Nulla impedisce, però, che inietti capitale in acciaierie sane, che a loro volta possono acquisire quote dell'Ilva. Secondo fonti industriali e finanziarie, è perciò allo studio il possibile ingresso della Cdp in una delle due società per azioni interessate all'acciaieria di Taranto: Marcegaglia in cordata con Arcelor Mittal (nella foto Emma Marcegaglia) e Arvedi. In via Goito sul tema c'è riserbo, certo l'acciaio è ritenuto strategico e perciò rientra nelle linee d'intervento di Fsi. Che potrebbe, fra l'altro, annunciare a breve altre novità. © RIPRODUZIONE RISERVATA La prima rete d'impresa nella sicurezza (f. sav.) Migliori economie di scala. Maggiore potere negoziale nei confronti dei fornitori. Il modello aggregativo delle reti d'impresa (che dopo un primo slancio sembra aver perso ora un po' della sua forza propulsiva) approda anche nel settore della sicurezza. L'associazione delle aziende aderenti a Confindustria (Anie) ha dato vita a «Keep Control Team», un network di cinque realtà geograficamente lontane tra di loro che si propongono come partner unico a livello nazionale. Si tratta della toscana A4 Sicurezza (fornitrice di sistemi elettronici), la bolognese Sistemi Integrati, la sassarese Videotecnica sistemi elettronici integrati, la Deletron di Arcore (Monza-Brianza) e la veneta Integra Sei Safety. Si sono messe insieme come fornitori integrati di impianti di allarme e videosorveglianza, manutenzione e pronto intervento. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sussurri & Grida 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'arma impropria del fisco europeo Adriana Cerretelli Tra scontri e lanci di lacrimogeni, a Bruxelles ieri hanno manifestato in 100.000 contro il rigore, i tagli per 11 miliardi del nuovo governo di Charles Michel. "Le Soir", il principale quotidiano francofono del Paese, titolava a 5 colonne: «Così il Lussemburgo aggira il fisco belga». Sta quasi tutto qui, tra le tensioni sociali anti-rigore che aumentano in tutta l'eurozona, fragilizzata da recessione, deflazione e disoccupati record, e le rivelazioni del Lux-leaks sul quasi azzeramento delle tasse a favore, non certo dei cittadini, ma delle società con sede nel Granducato, il nuovo paradigma esplosivo che potrebbe investire l'eurozona. E non risparmiare neppure la stabilità delle sue banche che proprio in Lussemburgo hanno uno dei loro "santuari " preferiti: protetto, sia pure ancora per poco, da segreto bancario e fisco compiacente oltre che consumato artefice di finanza creativa, derivati e simili sfuggiti, come dovunque in Europa, agli esami su qualità degli attivi di bilancio e stress test che hanno nei giorni scorsi preceduto l'avvento dell'Unione bancaria europea. Ovviamente di mezzo ci sono anche l'ex-premier Jean-Claude Juncker, la nuova Commissione Ue che presiede e una possibile crisi inter-istituzionale qualora l'inchiesta in corso a Bruxelles da pura verifica circa l'esistenza o meno di illeciti aiuti fiscali di Stato si trasformasse in una valanga politica fuori controllo. Rischio remoto? Difficile dirlo. La Commissione guidata da un altro lussemburghese, Jacques Santer, cadde per quasi niente: un favoritismo da quattro soldi al dentista del commissario francese Edith Cresson. Oggi l'eurozona è stressata da sei anni di rigore da cavallo, che in qualche paese sta riportando crescita, ma nel complesso l'ha ridotta all'area economica che nel mondo cresce meno di tutte le altre. Le cure dimagranti dei bilanci e le riforme non sono finite, al contrario sono la "condicio sine qua non" per sperare in un piano Ue di investimenti da 300 miliardi in 3 anni, in una boccata di ossigeno per la crescita europea. Tra le misure sollecitate da Bruxelles e condivise dai Governi c'è la lotta all'evasione e all'elusione fiscale: un tasto sensibile nell'immaginario collettivo perché una sorta di compensazione per i sacrifici fatti e la garanzia di equità nei confronti di tutti i contribuenti. Ma qui il terreno si fa molto scivoloso. Prima di tutto perché il Lussemburgo non è l'unico imputato di eccesso di generosità fiscale nei confronti delle multinazionali per attirarne i capitali. Gli siedono accanto, nell'inchiesta in corso, Irlanda e Olanda. E altri potrebbero aggiungersi in futuro: Gran Bretagna, Malta, Cipro e lo stesso Belgio. E poi perché i regimi societari iper-agevolati in Europa non sono affatto vietati. I tentativi di armonizzare la pressione fiscale su questo fronte sono finora miseramente falliti, nonostante i ricorrenti assalti di Germania e Francia. Risultato: la concorrenza tra i vari sistemi fiscali è prassi lecita e consolidata, che ha tra l'altro l'implicito vantaggio di stimolare il calo della pressione in Europa: oggi supera di circa 10 punti quella degli Stati Uniti, per non parlare degli emergenti. Un evidente handicap competitivo. La questione che il nuovo resposabile Ue alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, dovrà dirimere è stabilire se le agevolazioni concesse in Lussemburgo, come in Irlanda e Olanda, contengano o no aiuti pubblici illeciti in quanto distorsivi della concorrenza sul mercato interno. I bilanci nazionali affamati di risorse e il drenaggio di capitali favorito dalla globalizzazione e sempre più incontrollabile spingono i Governi Ue e Ocse a una stretta nelle regole. Le piazze in rivolta sono l'altra molla ad agire. Fino a far saltare la Commissione Juncker? «Ci sono troppi paesi in ballo nella vicenda. Ormai con le "confort letters" la Gran Bretagna batte l'Olanda» dice un esperto Ue. Molti però si chiedono come Juncker, con un passato da "vampiro" fiscale ai danni dei partner, possa oggi avere la statura morale per distribuire pagelle e sacrifici a molte delle sue vecchie vittime. Non ci fossero molti vampiri in Europa, e di tutti i tipi, il rilievo sarebbe ineccepibile. Purtroppo invece non è facile tranciare giudizi nei meandri delle troppe contraddizioni europee. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La terapia di Francoforte non basta senza riforme Marco Onado Anche se ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse, il Consiglio direttivo della Bce di ieri può segnare una svolta importante. In primo luogo, perché fa piazza pulita delle voci secondo cui la leadership di Mario Draghi si era indebolita, perché alcuni (di cui è facile indovinare il passaporto) non condividevano sue recenti posizioni sui rischi di deflazione che l'Europa sta correndo. Nella conferenza stampa (e nel testo scritto, si badi) Draghi ha detto due cose fondamentali: che la Bce riporterà la dimensione del proprio bilancio ai livelli dell'inizio 2012 e che il Consiglio direttivo è unanimemente disposto a prendere in considerazione ulteriori interventi «se necessario». Sul primo versante, questo significa un'espansione rispetto alle dimensioni attuali di circa 1000 miliardi di euro, quindi un'ulteriore iniezione di liquidità particolarmente significativa e che può sembrare inadeguata solo a chi ritiene che lo spettro della deflazione possa essere scongiurato solo con terapie monetarie, purché non si guardi alle dosi. Un'interpretazione che, guarda caso, fa piacere ai mercati che possono sperare in ulteriori giri di una giostra che ha già raggiunto in molti settori livelli di guardia. Non meno importante è il messaggio contenuto nel riferimento ad ulteriori possibili misure, da realizzare «se necessario». È un chiaro segnale che a Francoforte si è ben lungi dal ritenere di aver già utilizzato tutte le munizioni possibili. I problemi caso mai scaturiscono dal riferimento al mandato della Bce, che continua ad essere la vera camicia di Nesso della nostra banca centrale e non a caso è l'ostacolo principale ad una politica di quantitative easing pura e semplice. Tempi eccezionali richiedono invece soluzioni eccezionali, come dimostra la recente decisione della Bank of Japan di acquistare Etf su azioni giapponesi, facendo cadere così un ulteriore tabù dell'ortodossia della cosiddetta arte del banchiere centrale. Ma la fantasia tecnica a Francoforte non manca, come si è abbondantemente dimostrato dal culmine della crisi europea ad oggi. Del resto, lo stesso Draghi in un recente discorso ha esplicitamente detto che la Bce «è pronta a modificare la dimensione e la composizione dei nostri interventi non convenzionali». Ciò significa che il riferimento di Draghi all'ulteriore allentamento della politica monetaria «se necessario» può segnare una svolta non meno importante di quando, con parole assai simili, egli annunciò che la Bce era pronta a fare «tutto il necessario» per salvare l'euro. I mercati ormai sanno che se la Bce annuncia misure indispensabili, poi mantiene le promesse. Il vero problema, come la Bce non si stanca di ripetere, sono le misure di riforma e di rilancio dell'economia, che spettano ai governi e non alle banche centrali e che sono l'altro grande pilastro insieme alla politica monetaria della lotta alla recessione. Non a caso in un recente intervento tenuto alla Brookings Institution di Washington, Mario Draghi ha rievocato le posizioni di Roosevelt e Keynes nel pieno della Grande Depressione e ha affermato che il problema fondamentale è far aumentare il prodotto potenziale dei Paesi europei, caduto ai minimi storici e che nessuna politica monetaria può da sola risollevare, perché il problema dell'Europa è strutturale, non ciclico. Oggi il prodotto potenziale dell'Europa nel suo insieme e di ciascun paese, Italia in testa, è troppo basso per assorbire la disoccupazione e per rendere sostenibile gli eccessi di debito accumulati in passato, nel settore pubblico e in quello privato. Nel nostro caso, il problema non è confinato (si fa per dire) al primo. Ormai, larghi strati di imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, fanno fatica a fronteggiare con gli attuali livelli di redditività il debito accumulato negli anni, come continua a ripetere il Fondo monetario internazionale e come dimostra l'emorragia di crediti bancari di dubbia esigibilità. Sempre a Washington Mario Draghi ha ammonito contro il rischio di un allentamento della guardia sugli impegni di bilancio dei singoli Paesi europei, che potrebbe far ripartire le tensioni del 2011. Ma ha anche detto che esistono spazi per politiche più espansive: i Paesi in regola dovrebbero usare gli spazi disponibili SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EUROPA E CRESCITA 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nel bilancio pubblico (e si spera che il messaggio non si sia perso nel tortuoso cammino fra Francoforte e Berlino) mentre quelli sotto osservazione dovrebbero tagliare parallelamente tasse e spese non produttive. E non basta, perché Draghi ha aggiunto che i governi europei non hanno bisogno che si ricordi loro quali riforme si devono fare, perché lo sanno benissimo. In realtà, un brillante esempio di litote, cioè della figura retorica con cui si afferma qualcosa negandolo. E infatti, si fa riferimento a un altro recente intervento di un membro del Comitato direttivo della Bce, in cui si elencano puntigliosamente le riforme necessarie per aumentare la produttività e dunque il prodotto potenziale. Che non riguardano solo il mercato del lavoro, come forse qualcuno crede, ma spaziano in molti campi che vanno dagli strumenti per la ristrutturazione del debito delle imprese, alla loro ricapitalizzazione, all'aumento della concorrenza nei settori protetti. Insomma, se occorre una terapia d'urto, questa non riguarda tanto la moneta quanto le condizioni che incidono sulla produttività delle imprese. Misure analoghe nell'intensità, certo non nel dettaglio tecnico, a quelle prese negli anni Trenta. Ma forse il problema è che dovremmo avere, non solo in Europa, più governanti che abbiano la statura politica di Franklin D. Roosevelt. © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Orlandi: con la tracciabilità via gli scontrini fiscali Studi di settore, si cambia Marco Mobili Giovanni Parente Marco Mobili e Giovanni Parente u pagina 41 Restyling degli studi di settore. Addio (in prospettiva) agli scontrini fiscali con la tracciabilità. Più impulso alle autocorrezioni grazie al nuovo ravvedimento lungo. Disciplina dell'abuso del diritto (ormai in dirittura d'arrivo) per dare maggiori certezze a fisco e imprese. Contrasto sempre più specializzato alle frodi interne e internazionali. Sono le direttrici tracciate dal direttore dell'agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, in un seminario sulla lotta all'evasione che si è svolto ieri in commissione Finanze alla Camera. Per gli studi di settore stavolta non si tratterà solo di un aggiornamento per tener conto della (peggiorata) situazione economica ma di un cambiamento di filosofia nell'utilizzo dello strumento. Da un lato, dovrà essere sempre più utilizzato per "accompagnare" alla compliance i contribuenti. Dall'altro, la funzione di accertamento in senso stretto, ormai scemata da qualche anno (nel 2013 gli accertamenti sono stati poco meno di 11mila con una riduzione di circa due terzi rispetto al 2010) anche per effetto delle sentenze a sezioni Unite della Cassazione del dicembre 2009, lascerà il posto a un ruolo più di aiuto a una più mirata identificazione dei soggetti da sottoporre a controllo. «Studi di settore profondamente rinnovati - ha affermato il numero uno delle Entrate - possono rappresentare un efficace strumento per indicare preventivamente il potenziale risultato, anche fiscale, che deriva dall'impiego dei fattori della produzione». Inoltre, a suo avviso, «gli studi rivisitati possono costituire un valido ausilio alle imprese per la propria crescita e la corretta gestione». E, in questo modo, «si esalta la capacità di utilizzo dello strumento quale ausilio alla selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo». Ma c'è di più. Perché la rivisitazione degli studi potrebbe andare di pari passo con una rimodulazione della platea dei soggetti (attualmente circa 3,6 milioni tra imprese e professionisti) obbligati a compilare Gerico. In tal senso va la riforma del regime dei minimi nel Ddl di Stabilità (ricordata dalla stessa Orlandi nel corso del suo intervento) che potrebbe "attrarre" nuove mini-partite Iva nell'area dell'esenzione dagli studi di settore. Il direttore dell'agenzia delle Entrate, però, crede molto anche nelle potenzialità antievasione della diffusione di strumenti di pagamento diversi dal contante. Con vantaggi per tutti. Un rafforzamento della tracciabilità, a suo avviso, potrebbe portare all'abbandono di strumenti che hanno dimostrato la propria inefficacia, come i registratori di cassa per l'emissione degli scontrini e le ricevute fiscali. Il tutto, naturalmente «in prospettiva» come sottolineato dal numero uno del fisco italiano ma che può ridurre gli oneri per le imprese e portare a un progressivo abbandono dei «controlli massivi sul territorio». La strada per arrivarci è rappresentata dall'estensione dell'utilizzo della fattura elettronica (ora obbligatoria solo nei rapporti con parte della Pa) e con l'attuazione della delega fiscale. C'è poi un altro capitolo connesso alla delega: la disciplina dell'abuso del diritto ritenuta una «via maestra per dare all'amministrazione finanziaria e alle imprese un quadro di certezza e stabilità». Anche dopo il vertice di mercoledì a Palazzo Chigi, con Renzi e Padoan, si sta lavorando alla stesura del decreto delegato per sciogliere il nodo delle sanzioni applicabili. Per il resto la lotta all'evasione punterà decisamente sul contrasto alle frodi ma potrà anche avvalersi del nuovo ravvedimento lungo previsto dal Ddl di Stabilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli obiettivi Le nuove strategie sulla lotta all'evasione indicate dal direttore delle Entrate, Rossella Orlandi STUDI DI SETTORE Il contributo alla selezione Modernizzare gli studi di settore per rafforzare la compliance. Nel seminario di ieri alla Camera, Rossella Orlandi si è detta convinta che studi di settore profondamente rinnovati possono rappresentare un efficace SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL DIRETTORE DELL'AGENZIA 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato strumento per indicare preventivamente il potenziale risultato, anche fiscale, che deriva dall'impiego dei fattori della produzione. Un viatico per esaltare la capacità degli studi di settore di supportare la selezione dei soggetti da controllare TRACCIABILITÀ L'addio agli scontrini Non è un obiettivo dietro l'angolo ma «in prospettiva». L'attuazione della completa tracciabilità potrà comportare - secondo il direttore delle Entrate - l'abbandono di alcuni strumenti risultati inefficaci come i misuratori fiscali e le ricevute fiscali. Il tutto con minori oneri per le imprese e il progressivo abbandono di controlli massivi sul territorio da parte dell'amministrazione finanziaria. L'aspettativa è che la fatturazione elettronica ora operativa solo con la Pa possa poi essere utilizzata anche nei rapporti tra imprese FRODI FISCALI L'asse portante Il contrasto delle frodi fiscali costituisce l'asse portante per un'efficace lotta all'evasione, secondo Rossella Orlandi che ha parlato della necessità di potenziare le strutture dell'Agenzia con l'individuazione di risorse di alta professionalità per affrontare le complessità dei fenomeni fraudolenti. Nel contrasto delle frode fiscali internazionali, il direttore delle Entrate ha affrermato che lo scambio di informazioni automatico dovrà essere rafforzato ed esteso a un numero sempre maggiore di Stati esteri L'anticipazione Sul Sole 24 Ore di domenica 10 agosto le anticipazioni sulle possibili mosse dell'amministrazione finanziaria per la revisione degli studi di settore. La strategia punta a utilizzarli sempre più come strumenti di selezione dei contribuenti, anche alla luce dell'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che non li inquadra più come strumento sufficiente da solo all'accertamento. 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Draghi: "L'economia peggiora Bce unita su misure eccezionali" FEDERICO FUBINI QUANDO in un'istituzione qualcuno muove dal dissenso sulle scelte alle insinuazioni sul conto di chi le compie, di solito il momento della veritàè vicino. La partita si fa sleale perché sta entrando nei momenti decisivi: per la Banca centrale europea quella fase è iniziata in questi giorni con le (presunte) rivelazioni calibrate all'indirizzo del suo presidente, Mario Draghi. ALLE PAGINE 6 E 7 CON ARTICOLI DI OCCORSIO E TARQUINI ROMA. Quando in un'istituzione qualcuno muove dal dissenso sulle scelte alle insinuazioni sul conto di chi le compie, di solito il momento della verità è vicino. La partita si fa sleale perché sta entrando nei momenti decisivi: per la Banca centrale europea quella faseè iniziata in questi giorni con le (presunte) rivelazioni calibrate all'indirizzo del suo presidente, Mario Draghi. Anonimi banchieri centrali lo hanno accusato di agire senza ascoltare quasi nessuno, di ignorare i colleghi, muovendosi quasi in segreto. La reazione di Draghi ieri, all'uscita di una delle riunioni più delicate nella storia della Bce, dimostra però che attaccare la sua reputazione può ritorcersi contro chi lo fa. Ieri Draghi non ha battuto i suoi critici provenienti dalla Bundesbank, dal Lussemburgo o dai Paesi baltici, né peraltro è andato alla resa dei conti con loro. Ha dimostrato però che è in grado aggirarli e ha mosso un altro piccolo passo verso l'obiettivo suo e della maggioranza dei banchieri centrali europei: la creazione di moneta per circa mille miliardi di euro, per poi immetterla nell'economia dell'area anche comprando titoli di Stato. Da ieri l'obiettivo di muovere verso l'alto le dimensioni del bilancio da duemila in direzione della soglia dei tremila miliardi circa, benché ambiguamente, è diventato politica ufficiale della Bce. È attorno a quest'idea che da due mesi i rapporti tra Draghi e Weidmann, il presidente della Bundesbank, si sono avvitati. Draghi aveva indicato l'intenzione di far crescere il bilancio della banca "ai livelli di inizio 2012", cioè a 2.700-3.000 di euro, quando a settembre accelerò sul piano di acquisti di pacchetti di prestiti privati (i cosiddetti Abs) e di bond garantiti. Era la sua risposta alla frenata dell'economia in Europa e alla caduta continua negli indici dei prezzi. Otto Paesi su 18 in zona euro, Italia inclusa, sono sulle soglie o già nella trappola della deflazione. Nell'area il carovita si ferma allo 0,3%, molto sotto agli obiettivi e già a livelli tali da paralizzare i consumi e gonfiare il peso dei debiti (anche quello del governo italiano) rispetto ai redditi. La chiave dello scontro fra Draghi e Weidmann è dunque proprio in quell'obiettivo di creazione di moneta per mille miliardi per sostenere un po' i prezzi. Lo è, perché è del tutto improbabile che la Bce riesca a fare ciò che indica Draghi grazie alle sole misure decise fin qui: le nuove aste di liquidità a lungo termine avviate in autunno hanno una soglia massima di 400 miliardi, ma per ora le banche stanno raccogliendo appena una frazione di quelle somme. Quanto agli acquisti di pacchetti di prestiti, la banca di Londra Barclays stima che nel 2015 porteranno 60 miliardi e quelli sui bond garantiti altri 50. Per allargare il bilancio della Bce di un terzo e arrivare a mille miliardi in più, come detto da Draghi in settembre, non resterebbe dunque che acquistare titoli di Stato di tutti i Paesi: Italia, Grecia, Germania, Francia e via elencando. È qui che Weidmann, sostenuto da olandesi, lussemburghesi e baltici (ma non dai governatori di Finlandia e Austria) ha accusato Draghi di giocare con colpi bassi. L'annuncio di settembre, ha detto il tedesco, non sarebbe stato deciso in comune ma ora vincola la Bce. Non è un caso se un mese dopo quel primo impegno, nella riunione della Bce tenuta a Napoli in ottobre, il presidente italiano ha dovuto fare una parziale marcia indietro. Ieri è andato in scena un nuovo episodio dello stesso duello, ma di segno opposto: la dichiarazione letta da Draghi dopo la riunione con i suoi 23 colleghi del consiglio direttivo, per la prima volta, mette nero su bianco il progetto di alzare il bilancio della banca "verso il livello" a cui era all'inizio del 2012: intorno ai tremila miliardi e non a duemila come oggi. In quell'indicazione di direzione, non di una soglia fissa, si nascondono l'ambiguità e la vaghezza che hanno permesso a Draghi non passare per una vera conta dei favorevolie dei contrari. In queste condizioni è passato in qualcosa che somiglia all'unanimità, senza che le linee di frattura SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MAXI-EVASIONE IN LUSSEMBURGO, BUFERA SU JUNCKER 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sotto la superficie si siano richiuse. La Bce si è poi detta prontaa fare anche di più se l'inflazione deludesse nei prossimi mesi. Draghi segna un punto in un momento difficile. Ora la scena per la resa dei conti del 2015 con la Bundesbank è pronta, se davvero deciderà di prendere quella strada. L'INTERVISTA GUTGELD: TAGLI BOMBA "E' una bomba atomica": così Yoram Gutgeld, consigliere economico del premier illustra al Financial Times la "massiccia riduzione delle tasse" fatta con la manovra del governo I "FALCHI" TEDESCHI IL BANCHIERE Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, considerato uno degli avversari del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi IL MINISTRO Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze tedesco, ieri ha dovuto dare il via libera a un piano di investimenti da 10 miliardi da attuare entro il 2018 Foto: Proteste ieri a Bruxelles contro l'austerity del premier belga Michel 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'ultima beffa del Fisco vent'anni dopo cancella gli scontrini FILIPPO CECCARELLI PREPARARSI dunque a guardare con spensierata o malinconica sorpresa a quei fogliettini sgualciti che ancora per un po' navigheranno, superstiti coriandoli del carnevale del fisco italiano, nelle tasche dei cambi di stagione: "Toh, uno scontrino!". SEGUE A PAGINA 38 SERVIZI A PAGINA 10 < PAGINA NON si scrive qui "addio scontrini" perché in Italia davvero non si sa mai, e un provvedimento come quello annunciato ieri dalla nuova direttrice dell'Agenzia delle entrate Rossella Orlandi è già stato promesso due o tre volte e poi chi s'è visto s'è visto - i ministri Del Turco e Fantozzi, il presidente Berlusconi - ed eccoci qui. Per cui d'accordo gli sviluppi tecnologici e la formidabile rintracciabilità, ma prudenza. D'altra parte quando vennero introdotti, ormai più di vent'anni orsono, gli scontrini non arrivarono solamente in ritardo, ma determinando inesorabile caos. Non erano pronti i registratori di cassa, le multe incombevano, i commercianti protestavano e fin dall'inizio la disciplina si connotò per la consueta filastrocca di norme transitorie, e deroghe, proroghe, esenzioni, variazioni, dilazioni, sospensioni e altre arcane diavolerie tributarie che condannavano supermercati, barbieri e copisterie nello stesso momento in cui salvavano benzinai, giornalai e tabaccai. Sui caldarrostai si sviluppò quindi un'intrepida controversia, risoltasi in modo creativo con l'accettazione dello scontrino "manuale" o "a penna"; mentre, ma non subito, la fecero franca "gli spazzacamini, i gondolieri e gli stabilimenti balneari, là dove - esistono al riguardo mirabili prose di ordine burocratico-sensoriale- i bagnanti si ritennero impossibilitati a "conservare" quei pezzettini di carta. E lo "scontrino nel bikini", come avevano preso a chiamarlo sui giornali, rischiò di dare il titolo a qualche canzonetta. Più misterioso, ma anche sintomatico di un certo carattere nazionale, è stabilire come per tanti anni siano riusciti a convivere una certa vena punitiva-vessatoria e il classico andazzo, non di rado camuffato da buonsenso. La torsione fra i due estremi, al solito generatrice di commedia, si ritrova nelle innumerevoli contravvenzioni che le cronache allegramente e regolarmente rubricavano nel vasto comparto dello "strano ma vero". Multata la mamma per il cioccolatino senza scontrino, e il bimbo per le patatine, e il nonno per la brioche,e il figlio parrucchiere ("Maison d'art" di Bibbiena) per aver fatto la permanente alla mamma. E tanti altri a vario titolo sanzionati, per estive, gioiose e romantiche violazioni, la fetta d'anguria, il palloncino o il mazzo di fiori. Per non ricordare vicende tra l'assurdo fiscale e il metafisico esistenziale, tipo il proprietario chietino di un bar accusato di aver servito un bicchier d'acqua di rubinetto, ma "con scorza di limone",a un conoscente che l'aveva cortesemente richiesto, o forse disperatamente implorato perché "sofferente di stomaco". Coriandoli, dunque e sul serio, dalla Napoli di Eduardo alla finta e anzi sospetta Prussia bismarckiana passando per il ministro leghista Pagliarini, che già alla metà degli anni '90 proponeva la lotteria "Ce l'hai lo scontrino?", fino al Festival delle Trovate Strabilianti di Baselga di Pinè (Trento) dove nel 1999 furono appiccicati su nastro adesivo migliaia e migliaia di scontrini per farne uno da Guinness dei primati, lunghezza 12 chilometri e 314 metri. Ma quel bizzarro monumento, nel frattempo, rendeva comunque merito all'inconsapevole supporto che le ricevute fiscali hanno finora fornito alle indagini di polizia. Vastissima la casistica. Inchiodato per un scontrino il giovane trapanese che mise il veleno topicida nel purè di cuiè ghiotta la sua mamma. Beccati per due scontrini (uno di pizza, l'altro "Ideal Market Nuoro") i sequestratori di Silvia Melis. Non si ha idea dei rapinatori incastrati, dei latitanti rintracciati, dei cadaveri identificati per quei bigliettini obbligatori che però quasi un commerciante su tre non mollava ai suoi clienti (più al Sud che al Nord, record a Napoli e Palermo). Evasione fiscale e correzione civica, per certi versi, come dimostra la storia vera del rapinatore di Torino, zona Porta Susa, che entra nel negozio, conquista con la forza un telefonino, pretende e ottiene lo scontrino brontolando mentre si dà alla fuga: «Così pagate le tasse anche voi!». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA STORIA 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ecco, questa epopea di strette retrattili e beatissimi rilassamenti, di scomodità, paradossi, dispettuccie follie starebbe- starebbe, attenzione! - per finire. Il congedo affidato ai blitz estivi della Guardia di Finanza a Cortina e Portofino; e poi alla saga delle spese pazze delle Regioni: reggiseni di pizzo, collezioni di Diabolik, pasta fresca, Barbie, campanacci per bovini, mazze da golf, Gratta&Vinci, adozioni a distanza, toelettatura del cane, tinture per capelli, mutande verdi, ricevimenti di cresima, un corno istoriato, acquisto volume "Il segreto delle donne, viaggio nel cuore del piacere". Tutto documentato dai coriandoli dell'umana debolezza. Gli scontrini del più scontato scontento. 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Gli acquisti di bond solo se riesplode la crisi si rischia di arrivare tardi" Ci sono Paesi come l'Italia e la Francia che avrebbero un disperato bisogno di quelle risorse subito EUGENIO OCCORSIO ROMA. «La parola d'ordine, quella da tener d'occhio,è deteriorate . "Se l'economia peggiorerà", dice Draghi. In quel caso si darà il via libera all'acquisto dei bond. Ma di quanto deve peggiorare? Quanto dobbiamo spingerci in là verso l'abisso perché l'economia sia considerata abbastanza deteriorate ?» Paul de Grauwe, classe 1946, economista belga attualmentea capo del dipartimento Europa della London School of Economics, sta prendendo un treno da Londra a Bruxelles. Gli leggiamo il verbatim della conferenza di Draghi, finché ci ferma su una parola: «Ah, ecco la chiave. Deteriorate . Capito il trucco, il piccolo capolavoro di diplomazia?» Il trucco per camuffare la persistenza di un profondo dissidio all'interno della Banca centrale? «L'apparenzaè sicuramente quella. C'è da dire, per essere oggettivi, che la cifra annunciata da Draghi di un trilione di euro è molto significativa. E sembra contemplare l'acquisto dei bond pubblici. Con i covered bonds e le asset backed securities , le altre operazioni "non convenzionali" che la Bce sta faticosamente avviano si potrà arrivarea 100, forse 150 miliardi. Ma mille? Il problema vero però resta tale e quale». Il momento dello start? «Già. Draghi non dice: stiamo partendo. Dice che quello potrà essere l'ipotetico aumento del portafoglio della Bce. Ma c'è il serio pericolo che non si parta mai, o che si parta quando sarà tardi. Tutto questo rimane irrisolto. Ci sono Paesi come la Francia o l'Italia che avrebbero un disperato bisogno di queste risorse subito, altro che deteriorate ». Ma la questione della "legalità" del quantitative easing periodicamente sollevata dai tedeschi? «Basta leggere il trattato costitutivo della Bce per capire cheè un problema che non esiste, e se esisteè solo perché la Bundesbank l'ha creato a bella posta. Si dice chiaramente che le operazioni "sul mercato aperto" possono essere condotte, come fanno tutte le banche del mondo. Quindi, se non altro, gli acquisti di bond sul mercato secondario, che non finanziano direttamente uno stato ma semmai il settore privato perché quei bond appartenevano a privati, come ha fatto per la massima parte la Fed. Il problema è che i tedeschi continuano ad opporsi perfino a quelli». PER SAPERNE DI PIÙ www.ecb.europa.eu ec.europa.eu Foto: 'economista Paul de Grauwe SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ PAUL DE GRAUWE 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Mai stati amati dagli italiani bisogna colpire il lavoro nero" GRANDE FRATELLO Anche il grande fratello fiscale verrà accettato con fatalismo per poi provare a raggirarlo LUISA GRION ROMA. «E' un foglietto volantee come tale non mi ha mai appassionato: il suo arrivo non ha cambiato la società italiana e non lo farà nemmeno la sua scomparsa». Per Giuseppe De Rita, presidente del Censis, lo scontrino fiscale è uno strumento ininfluente. In tema di tasse, di evasioni e di controlli il fenomeno rilevante oggi è un altro: il veloce aumento del sommerso, dei redditi in nero che produce e del «risparmio nascosto» che genera. Lo scontrino fiscale non dovrebbe portare alla luce tutto questo? «No, perché il sommerso che vedo in forte crescita non è legato ai consumi, ma al lavoro. E' un fenomeno molto diverso da quello che rilevammo quarant'anni fa, quando le aziende producevano in nero, ma superata una prima fase iniziale irregolare arrivavano poi all'emersione». Un'emersione alla quale forse si approdava anche grazie a quel foglietto volante. «Non direi: gli italiani sono fatti così, raramente davanti alle casse chiedono scontrino o ricevute. Emetterli o meno sta al buon cuore dell'esercente. Quell'emersione da anni Settanta e Ottanta arrivò perché allora il nero era legato all'esigenza di far sopravvivere l'azienda nel momento in cui arrivava sul mercato; ma una volta avviata l'attività, la regolarizzazione, almeno parziale, era fuori discussione. Oggi crisie precariato hanno completamente modificato il contesto: chi lavora in nero punta al sommerso totale, il denaro non viene nemmeno depositato in banca, ma resta cash, magari nascosto sotto al materasso». Perché, secondo lei, non chiediamo scontrini e fatture? « Per certi versi una detrazione fiscale diretta aiuterebbe, ma di certo non basterebbe a far venire alla luce i redditi nascosti. Dovremmo vergognarci di questo atteggiamento, forse rispetto al popolo americano o inglese manchiamo semplicemente di dimensione civica. Da noi il meccanismo del controllo sociale non scatta e a quel punto non c'è controllo fiscale che possa sostituirlo». L'arrivo di una tracciabilità spinta, di una sorta di "grande fratello fiscale" potrebbe incidere su questa mentalità? « Non credo. Siamo il Paese del "ce ne faremo una ragione", le questioni non vengono mai affrontate di petto, alla fine subentra sempre una sorta di passivo adattamento. Aumentano le tasse? Ce ne faremo una ragione. Aumenta la benzina? Ce ne faremo una ragione. Arriva il grande fratello? Ce ne faremo una ragione o meglio, troveremo il modo di aggirare l'ostacolo. Magari semplicemente non trascrivendo la vendita sul registratore telematico, che comunque continuerà a controllare un commercio formale o un lavoro formale. Tutte le altre fonti di reddito continueranno a rimanerne escluse. Eppure non è questo che mi preoccupa». Cosa la preoccupa? « Il fatalismo in crescita e gli effetti mortificanti che ha sulla società e sulla economia italiana» Un fatalismo generato dalla crisi? « Io ne ho notato un'impennata dal governo Monti, da allora riscontro una paralisi delle aspettative e questo mi preoccupa perché la diretta conseguenza di questo atteggiamento è un Paese spento». Foto: Giuseppe De Rita SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 2/ GIUSEPPE DE RITA 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 14 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Pago per cenare con lui Matteo ridà entusiasmo anche a noi imprenditori" ANDREA MONTANARI MILANO. Giandomenico Auricchio, impreditore, che cosa l'ha spinta a spendere 1000 euro per partecipare alla cena per i finanziamenti organizzata da Renzi? «Devo confessare che è stata la prima volta che ho partecipato a una cena all'americana. L'ho fatto perché mi colpisce del nostro presidente del Consiglio la determinazione e il suo entusiasmo. In un momento difficile come quello che stiamo vivendo credo sia giusto avere rispetto per questa grande speranza su cui può contare l'Italia». Lo dice da imprenditore perché Renzi si è schierato per l'abolizione dell'articolo 18? «Lo dico perché in Italia come in altre parti del mondo non c'è ripresa se non c'è impresa. Forse in questo momento anche noi imprenditori abbiamo bisogno di un po' di entusiasmo e determinazione. E in questi sei mesi il governo ha mostrato una particolare attenzione nei nostri confronti». Meglio Renzi dei suoi predecessori? «Non voglio fare confronti, ma trovo che sia giusto dare credito a chiunque cerchi di dare una sferzata di entusiasmo. Basta dire che in Europa siamo gli ultimi della classe». I cassaintegrati dell'Alcatel, però, hanno definito Renzi «il presidente dei padroni». «Guardi, in un momento come questo operai e imprenditori sono tutti sulla stessa barca. Il mare è già agitato e la barca deve rimanere a galla. La mia azienda ha 600 dipendenti. Non so se sono un pazzo, ma negli ultimi due anni abbiamo fatto due acquisizioni. Tutti dobbiamo rimboccarci le maniche». C'è una cosa che non ha condiviso? «La riforma del sistema camerale che ha proposto il governo. Le camere di Commercio hanno una funzione importante che deve rimanere». Cosa si aspetta dal governo dopo aver ascoltato il premier a cena? «Che non ci lasci soli anche quando andiamo all'estero con la valigia in mano. La mia azienda esporta in 50 paesi, ma lo abbiamo ottenuto da soli. Per questo dico che serve il sistema camerale. Esco da questa cena con un pizzico di speranza in più». Foto: L'imprenditore Domenico Auricchio SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 32 (diffusione:556325, tiratura:710716) Risiko delle utility A2a snobba Iren e punta a diventare il polo aggregatore della Lombardia Il presidente Valotti rivela: "Incontro con i sindaci azionisti del gruppo Lgh" LUCA PAGNI MILANO. Come sindaco di Torino, ma soprattutto come presidente dell'Anci, l'associazione dei comuni italiani, l'ex segretario del Pd Piero Fassino è uno dei più accesi sostenitori delle fusioni tra società locali. Non solo per ridurre gli sprechi nel variegato mondo del capitalismo municipale, così come da indicazioni fornite dall'ex mister Spending review, Carlo Cottarelli, che ha suggerito di ridurle da oltre 8mila a meno di mille. Ma anche per liberare risorse finanziarie per le amministrazioni: i comuni più piccoli possono vendere alle utility più grandi e recuperare risorse per gli investimenti. Soprattutto ora che questi fondi come ha previsto il Governo - si potranno conteggiare fuori dal patto di Stabilità. Se da Palazzo Chigi è riuscito a farsi ascoltare, non così dai suoi colleghi di Milano e Brescia. Fassino ha proposto una fusione tra Iren (l'ex municipalizzata controllata da Genova, Piacenza, Parma e Reggio, oltre che da Torino) e il gruppo A2a, il cui pacchetto di maggioranza è in mano proprio ai due comuni lombardi. Nonostante qualche timida apertura da parte di Pisapia, A2a sembra snobbare le avance che arrivano da Iren. E, per il momento, preferisce non avventurarsi in una fusione tra big, ma svolgere il ruolo di "polo aggregatore" tra le società della Lombardia. Lo hanno rivelato ieri, durante la presentazione dei conti trimestrali (utili stabili a 159 milioni e fatturato in calo dell11% a 3,63 miliardi), l'ad Luca Camerano e il presidente Giovanni Valotti. Quest'ultimo ha rivelato un incontro avvenuto nei giorni scorsi a Brescia tra i sindaci azionisti di Linea Group Holding (Lgh), la società nata dalla fusione tra le ex municipalizzate di Pavia, Lodi, Crema e Cremona, con oltre un milione di clienti, l'unica in Italia di queste dimensioni non quotata in Borsa. Non è la prima volta che A2a e Lgh si parlano e provano a sposarsi. Ma, come ha ricordato Valotti, quando «ci sono soggetti grandi c'è il timore che il pesce grande mangi quello piccolo». Siccome più che un timore è una certezza, A2a ha offerto in cambio «una certa sovranità nelle decisioni sul territorio, per esempio sugli investimenti e il livello dei servizi». Così, senza un sostegno politico-governativo, la fusione tra Iren e A2a dovrà attendere. Foto: IL MANAGER Luca Camerano è l'ad del gruppo A2a: è arrivato quest'anno dalla filiale italiana di Gdf Suez SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 35 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Google è il motore del privilegio ora paghi tutti i diritti agli editori" ALDO FONTANAROSA ROMA. «Il governo è sensibile al tema. Anche in Parlamento la discussione è aperta. E tutte le autorità di garanzia del Paese hanno piena coscienza di quanto sia importante intervenire». Maurizio Costa, dal primo luglio presidente degli editori di giornali della Fieg, considera ormai maturi i tempi perché l'Italia vari una "legge Google" come la Spagna solo 7 giorni fa. Chi naviga vede Google come un qualcosa di utile, di familiare. E Google News come una comoda vetrina sulle notizie del giorno. Dov'è il problema, allora? «Una premessa, a scanso di equivoci. Noi siamo del tutto favorevoli allo sviluppo della Rete e del digitale. E non ci arrocchiamo certo su posizioni conservative, a difesa del bel tempo andato». E allora perché penalizzare Google? «Anche qui: nessuno spirito di rivalsa. Chiediamo solo che paghi il giusto chi utilizza contenuti editoriali di proprietà di altri. È ora che questo gigante, come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet, riconosca il diritto d'autore per gli articoli, le foto, i video linkabili da Google News». In Francia Google ha accettato di pagare una una tantum , che ha chiuso ogni contenzioso con gli editori. «Gli editori francesi si sono poi pentiti della soluzione.A noi l'idea di questa una tantum , di un condono tombale non piace. Chiediamo si paghi in modo trasparente e con continuità». La pagina di Google News, in ogni caso, non ha pubblicità. «Questa specifica pagina è senza banner. Ma Google raccoglie in Italia, nelle stime di alcuni centri studi, oltre un miliardo di pubblicità all'anno. Che è quanto fattura l'intero settore della carta stampata, quotidiana e periodica. Ecco: mi farebbe piacere intanto che le ipotesi sulla raccolta di Google venissero confermate in via ufficiale». Più trasparenza, dunque. «E non solo. Questa società dovrebbe pagare le tasse per la quota di profitti che realizza in Italia, come fa ogni imprenditore. Invece ha stabilito la sua sede legale in Irlanda e si permette un'elusione fiscale molto ingente». L'accusa che rivolgono alla Fieg è di volere per il proprio settore le tasse che Google verserà in Italia. «E' un sospetto che respingo. Di questi soldi non chiediamo un euro. La mia proposta, semmai, è di destinare il gettito fiscale al miglioramento delle infrastrutture tecnologiche del Paese. Penso al wi-fi, che non è ancora diffuso come vorremmo. E alla banda larga, che pure stenta. Un'ultima sottolineatura». Su Google? Quale? «Il motore genera una classifica dei contenuti oggetto della ricerca. L'algoritmo che determina la classificazione è più segreto della formula della Coca-Cola. E questo posso anche capirlo. Ma andrebbe chiarito come mai un articolo è primo nella ricerca di Google, un altro secondo, un altro ancora ultimo. I criteri di scelta, insomma, quali sono? Ci troviamo di fronte a un paradosso: la Rete, il regno della trasparenza dichiarata, diventa il terreno dell'opacità praticata». I soldi non arriveranno forse dalla Google Tax ma c'è chi vede l'editoria come un settore assistito. «Sostenere che il nostro sia un settore assistito è una pesante forzatura. Su 7000 testate giornalistiche, solo 200 ricevono finanziamenti pubblici. Questi non vanno ai giornali in quanto tali, ma premiano i valori o le specifiche funzioni che le testate incarnano. Sono risorse destinate al pluralismo informativo: alle minoranze linguistiche, ai partiti politici, alla editoria di scopo. Il tutto peraltro per un ammontare inferiore a 50 milioni. Un quarto rispetto solo a pochi anni fa». Questo governo, con il decreto Lotti, finanzia però le ristrutturazioni dei giornali. Ci saranno decine di prepensionamenti... «... ma anche decine di assunzioni di giovani, spesso nativi digitali, nuova linfa alle SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Maurizio Costa, presidente Fieg "Noi siamo favorevoli alla Rete e al digitale. Ma il colosso Usa rispetti i nostri contenuti E deve anche versare le tasse in Italia: il gettito fiscale finanzierà la banda larga e il wi-fi" 07/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 35 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato redazioni. Abbiamo trovato sensibilità nell'esecutivo. Noi peraltro non abbiamo mai chiesto aiuti a pioggia, semmai un sostegno alla trasformazione in senso evolutivo del nostro settore. Guardiamo avanti, con coraggio». Crede che i giornalisti pensionati debbano conservare una collaborazione con le loro testate? Il decreto Lotti scoraggia al massimo questa possibilità. «Sul piano formale, il problema è risolto dalla legge dell'agosto 2014. A titolo personale, penso tuttavia che qualcuno di questi cronisti dovrebbe restare in partita, per preservare la qualità e l'identità delle testate». Presidente, cosa risponde a chi dice che i giornali si estingueranno? «Per anni, le cassandre hanno previsto la fine di quotidiani e periodici indicando addirittura l'anno del decesso. La cosa non è avvenuta e non avverrà. Oltre 20 milioni di persone ogni giorno si informano sulla stampa.Ea questo riguardo lavoriamo a una modernizzazione del sistema distributivo e delle edicole in Italia, per garantire ai lettori il miglior servizio». Che futuro vede per la carta stampata nel 2014? «La carta stampata continuerà a svolgere una funzione chiave. È la bussola della nostra società. L'editoria, fatta da bravi editori e giornalisti qualificati, conserva un ruolo decisivo nell'era dell'informazione indifferenziata che viviamo. Oggi vincono i contenuti affidabili, accurati, di qualità, a prescindere dal contenitore che poi li ospiterà: la carta, il tablet, la Rete». I GIORNALI Restano la bussola della società Danno news di qualità e ne certificano l'attendibilità GLI AIUTI Non siamo un settore assistito. I contributi diretti sono inferiori ai 50 milioni PER SAPERNE DI PIÙ www.fieg.it elpais.com Foto: Maurizio Costa, presidente della Fieg Foto: IL VIDEO SUL SITO La proposta di Maurizio Costa "Google paghi le tasse sui profitti italiani e finanzi la banda larga" 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) Dopo gli stress test le banche devono rinfrescare le filiali Marco Folcia (Folcia a pag. 18) Dopo gli stress test le banche devono rinfrescare le filiali In Italia, come a livello globale, il calo di redditività delle banche (oltre il 50% dal 2006 al 2012) accompagnato dalle trasformazioni di carattere sociodemografico, dai cambiamenti nelle abitudini dei consumatori e dallo sviluppo della tecnologia, impone un ripensamento del modello distributivo e in particolare della filiale. Questa va ridefinita come modello di servizio, ma anche nelle dotazioni, nella struttura fisica e nel layout. Va cioè rivisto il ruolo della filiale, necessariamente diverso da quello tradizionale di solo presidio del territorio, o di mero luogo dove viene dato corso alle transazioni. La Filiale (con la effe maiuscola) dovrà andare incontro a radicali cambiamenti per sopravvivere in un contesto in profonda trasformazione e mantenere un ruolo centrale nel modello distributivo delle banche e nella gestione della relazione coi clienti. Secondo uno studio condotto da PricewaterhouseCoopers (PwC) sull'evoluzione del ruolo della filiale nel contesto del sistema bancario italiano, mentre le figure professionali legate all'esecuzione e al settlement delle transazioni andranno progressivamente scomparendo, si affermerà sempre più la figura del bancario come consulente della propria clientela. La Filiale del futuro assumerà le connotazioni da un insieme di diversi modelli (un mix di filiale automatica, sportello light, filiale specializzata, full service, flagship store) che si contraddistinguono per target di clientela servito, per prodotti e servizi offerti e per intensità della relazione con il personale di filiale. Il ripensamento del modello operativo e di servizio si accompagnerà però inevitabilmente a una marcata riduzione del numero di filiali sul territorio. Rispetto agli altri Paesi europei, il sistema italiano è sovraffollato di sportelli bancari, anche se non si considerano quelli del Bancoposta: ci sono più di 50 filiali per 100 mila abitanti, contro circa 40 della media europea. Se l'Italia dovesse riallinearsi agli standard europei in 10 anni, si verrebbe a creare un'eccedenza di oltre 8 mila filiali, il che implicherebbe che mediamente ogni anno 800 sportelli dovrebbero chiudere. Questa riduzione quantitativa sarà guidata dalla perdita del tradizionale ruolo della filiale come processore di transazioni finanziarie, anche a causa della progressiva e ulteriore migrazione sui canali digitali. La filiale certamente rimarrà, secondo PwC, il canale preferito per la conclusione di operazioni complesse e per tutte le operazioni che hanno un elevato impatto emotivo per la clientela: complessivamente, resterà il secondo canale di contatto con la clientela dopo quelli basati sui dispositivi mobili (smartphone e tablet). La sfida per le banche italiane sarà quindi più complessa, e andrà ben oltre una semplice strategia difensiva legata a una riduzione e ridefinizione della rete di filiali da un punto di vista quantitativo. Dovrà invece necessariamente riguardare l'articolazione e la composizione della rete secondo un modello più flessibile e diversificato, che vedrà la presenza di diverse tipologie di filiale, con modelli di servizio, processi operativi e competenze professionali diversificati e in parte diversi da quelle attuali. Il personale dovrà essere riqualificato agendo sulle singole abilità delle risorse, identificando piani di sviluppo ove possibile personalizzati (per colmare eventuali gap specifici) e di medio periodo. Tutto ciò ha bisogno di un contesto normativo che accompagni e favorisca questi cambiamenti. Alla fine, ne risulterà un nuovo radicale modo di fare banca: nuovo nel sistema di offerta, nuovo nei modelli di servizio e nei profili professionali che, soprattutto nelle strutture periferiche, saranno necessari per generare, e mantenere, il cambiamento. La filiale è alle soglie di un cambiamento epocale ma anche necessario. In pratica dovrà cambiare per sopravvivere. (riproduzione riservata) *director, financial services, PricewaterhouseCoopers SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato COMMENTI & ANALISI 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1.9 (diffusione:104189, tiratura:173386) Montezemolo designato presidente, Hogan vice Angela Zoppo (Zoppo a pag. 9) Montezemolo designato presidente, Hogan vice Sarà Luca Cordero di Montezemolo il presidente della nuova Alitalia, una volta che Etihad avrà rilevato il 49% del capitale. Lo ha deciso il cda della compagnia aerea mercoledì sera, approvando anche la richiesta del futuro partner emiratino, che ha ottenuto per il suo ceo, James Hogan, la poltrona di vicepresidente, confermando una pratica consolidata con le altre partecipate europee, come Air Berlin. Per Hogan è una carica senza deleghe e anche questo va nella direzione di rassicurare Bruxelles sull'assoluto rispetto delle regole imposte nei cieli europei al possesso azionario da parte di compagnie extra Ue. I prossimi step verranno decisi solo dopo il via libera di Bruxelles, che potrebbe arrivare anche prima della scadenza del 17 novembre. Sul disco verde europeo il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi non ha dubbi. «Certo che Bruxelles darà il via libera», ha detto, «e questo semplicemente perché il governo, per quanto di sua competenza, ha fatto rispettare tutte le norme europee». Secondo indiscrezioni, Alitalia avrebbe già offerto all'Antitrust Ue la disponibilità di liberare uno slot RomaBelgrado per non sovrapporsi all'offerta di Air Serbia, altra partecipata di Etihad. Lupi ha avuto parole di apprezzamento anche per la scelta di Montezemolo. «La designazione mi sembra molto autorevole e conferma che l'alleanza AlitaliaEtihad è forte e fa tornare Alitalia protagonista nel mondo», Per ora di già fissato in agenda c'è solo l'assemblea dell'attuale compagine azionaria Cai-Compagnia Aerea Italiana, che il 20 di questo mese in prima convocazione (o il 26 in seconda) dovrà approvare gli ultimi dettagli formali per il passaggio di consegne dalla vecchia alla nuova Alitalia. Nei giorni successivi inizierà il vero e proprio trasferimento degli asset, dalle licenze per le attività di volo al personale, dalle partecipazioni nelle controllate (tranne Air One) alla flotta. Sarà invece una successiva assemblea della newco ad approvare le nomine dei vertici designati, compreso l'ad in pectore Silvano Cassano, che poi riceverà le deleghe di capo-azienda. Tempi strettissimi invece per l'anticipo di liquidità sull'aumento di capitale da 300 milioni di euro approvato dai soci. Si tratta di 80 milioni sotto forma di prestitoponte garantiti da Intesa Sanpaolo, Unicredit, Poste Italiane, Atlantia, Immsi, Pirelli e gruppo Gavio. Intanto Etihad ha annunciato l'arrivo di 40 piloti Alitalia, con contratto triennale e opzione per l'assunzione definitiva. Il capitano Francesco De Liddo e il primo ufficiale Paolo Sala saranno i primi a iniziare il training per i Boeing 777. «Etihad», ha detto il ceo Hogan, «assumerà centinaia di piloti nei prossimi cinque anni per tenere il passo con la rapida espansione della flotta e del network di rotte globali». (riproduzione riservata) Foto: Luca Montezemolo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ALITALIA 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:104189, tiratura:173386) Avremo un patrimonio di qualità La ricapitalizzazione è il migliore strumento per eliminare il deficit. Il lancio probabile in primavera, ma aspettiamo l'ok Bce. Il rimborso dei Monti bond toglie a banca e soci un onere pesante. In prospettiva mi attendo una compagine azionaria più concentrata. Le aggregazioni? Tutte le opzioni sono sul tavolo Filippo Buraschi «Quella presa ieri è una decisione importante per il Monte e segna l'avvio di un percorso che sarà portato avanti a stretto contatto con la Bce. A questo punto attendiamo la decisione di Francoforte che ci dirà se il capital plan soddisfa le richieste. Per parte mia, posso solo dire che ci siamo impegnati a soddisfare tutte le istanze». L'ad di Mps, Fabrizio Viola, all'indomani del lancio dell'aumento di capitale da 2,5 miliardi, è consapevole di avere adottato la scelta migliore per compensare il deficit di capitale evidenziato in sede di stress test Domanda. In che tempi sarà lanciato l'aumento? Risposta. Il tema sarà oggetto di confronto con la Bce, anche in relazione all'evoluzione dello scenario di mercato. In linea teorica, anche in base ai vincoli normativi italiani, ci sono due finestre possibili: la primavera o l'estate del 2015. Tenderei a escludere l'estate perché troppo vicina al termine fissato dalla Bce. Quindi il momento migliore sarebbe la primavera, dopo l'approvazione del bilancio 2014. D. Nei giorni scorsi sono state ipotizzate soluzioni alternative all'aumento di capitale. Sono state escluse perché impercorribili? R. Una volta ottenuta la disponibilità del consorzio di garanzia che ci tutela dal rischio di execution, l'aumento di capitale ci è sembrato lo strumento migliore per colmare lo shortfall. Si tratta di un'operazione trasparente e semplice che ci consente di raccogliere sul mercato una dotazione di capitale di elevata qualità. L'ammontare finale dipenderà comunque dalle valutazioni della Bce. D. Vi aspettavate un deficit di capitale così elevato? R. L'esercizio dello stress test è una novità per tutte le banche e ci si poteva attendere un risultato diverso dalle previsioni. È stato comunque un esercizio severo che, come abbiamo avuto occasione di dire in altre occasioni, non tiene conto del fatto che Mps si trova soltanto nella prima fase di un piano di ristrutturazione. Altre banche europee sono in ristrutturazione da diversi anni, mentre noi abbiamo iniziato solo da un anno. D. Vi sentite ingiustamente penalizzati, quindi? R. La fase della dialettica è finita. Il vigilato deve accettare le disposizioni del vigilante e muoversi rapidamente per allinearsi alle richieste. Sotto questo profilo, stante la dimensione del problema e la qualità della soluzione messa sul tavolo, ritengo che la banca abbia reagito nel migliore dei modi e con tempestività. D. Anche Banca d'Italia vi ha definito un istituto «convalescente». Nessuno ha mai preso in esame l'ipotesi di escludervi dallo stress test? R. Una moratoria per la terza banca italiana non era francamente possibile. Detto questo, condivido le parole del direttore generale di Bankitalia, Fabio Panetta, quando ha definito Mps un convalescente che ha dovuto correre i cento metri. Ma ripeto, non voglio polemizzare. Consideriamo piuttosto il lato positivo di questa situazione: Mps potrà rafforzare ulteriormente il proprio patrimonio e questo è un bene per la banca che avrà così la possibilità di lavorare con una dotazione di capitale maggiore e di migliore qualità. D. Che garanzie offrirete agli azionisti alla vigilia di questo nuovo impegno? R. Noi andremo avanti lungo la strada tracciata. In questi due anni abbiamo fatto molto: i costi sono stati ridotti come nessuna banca ha fatto in Europa nel periodo. Sono stati ridimensionati i rischi in misura consistente. La produttività commerciale nel comparto dei servizi di risparmio gestito e della bancassicurazione ha subito un deciso incremento. Certamente il contesto macroeconomico non ci aiuta. Tassi sui minimi storici, scarsa domanda di finanziamenti e cattiva qualità del credito sono un problema per tutte le banche. Ma per quanto ci riguarda, dove abbiamo il pieno controllo delle leve manageriali, i risultati ci sono. D. Nei giorni scorsi sia lei che il presidente Alessandro Profumo avete ipotizzato un'aggregazione. Questa strada resta valida anche dopo l'annuncio dell'aumento di capitale? R. Nella riunione del consiglio di amministrazione di domenica 26 abbiamo aperto un tavolo per valutare tutte le opzioni strategiche che garantirebbero il rafforzamento della banca. Inizieremo a valutare da subito queste opzioni, anche se per il momento è prematuro fare previsioni. D. Dopo l'aumento di capitale si aspetta un assetto azionario molto SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA VIOLA (MPS) ABBIAMO SCELTO L'AUMENTO PERCHÉ È UN'OPERAZIONE DI GRANDE TRASPARENZA 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:104189, tiratura:173386) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato diverso per Mps? R. Dopo l'ultimo aumento da cinque miliardi l'azionariato è diventato molto diffuso e frazionato con un patto di sindacato che vincola solo il 9% del capitale. Se d'istinto devo esprimere un'ipotesi, ritengo che nei prossimi anni assisteremo a una fase di maggiore concentrazione dell'azionariato. D. Avete avuto contatti informali con i soci di riferimento (Fondazione, Fintech, Btg Pactual) per capire se e in che misura aderiranno all'aumento? R. I rappresentanti di questi soci siedono in consiglio di amministrazione e hanno approvato il capital plan. Questo ci conforta sulla loro disponibilità a sostenere le strategie le banca anche se, per il momento, non ci sono state dichiarazioni d'intenti ufficiali, a parte quella di Axa. D. Avete fatto qualche simulazione sullo sconto che potrebbe essere applicato alle nuove azioni? R. La domanda è prematura. Per prima cosa manca ancora l'approvazione del capital plan da parte della Bce. In secondo luogo molto dipenderà dal momento in cui sarà lanciata l'offerta. D. Perché avete scelto di usare l'aumento per rimborsare anche i Monti bond? R. Nei giorni scorsi c'è stato un ampio dibattito pubblico sul futuro dei Monti bond e qualcuno ha ipotizzato soluzioni come la rimodulazione o la conversione del prestito. Quando però l'ipotesi di un aumento di capitale ci è sembrata realizzabile, abbiamo ritenuto più conveniente anticipare il rimborso rispetto alla scadenza del 2017. Una strategia di questo genere ha benefici economici indiscutibili vista l'onerosità dello strumento. Con il rimborso integrale cancelleremo infatti una voce di costo per la banca e soprattutto usciremo in soli due anni da ogni forma di aiuto pubblico. D. Il capital plan include anche cessioni per 220 milioni. Di che asset si tratta? R. Si tratta di cessioni di asset non ancora incluse nel nostro piano e quindi nello stress test. Saranno invece dismissioni aggiuntive di asset finanziari di dimensioni contenute. D. Ci spieghi invece la richiesta di mitigazione del deficit per 390 milioni. R. I valori per il 2014 stimati nello stress test sono previsionali. Se dal preconsuntivo di bilancio emerge un risultato operativo al lordo degli accantonamenti su crediti migliore rispetto a quello delle previsioni, ci sembra legittimo chiedere una mitigazione del deficit, che stimiamo in circa 390 milioni. Ovviamente la decisione finale anche su questo punto spetta alla Bce. D. Quindi avete aspettative positive sul conto economico? R. Certamente lo scenario macro è più complicato del previsto. Come ho già detto mi aspetto comunque risultati positivi negli ambiti in cui abbiamo il pieno controllo gestionale. Mi riferisco da un lato al controllo dei costi e dall'altro al comparto del risparmio gestito e assicurativo. Questo sarà l'anno migliore per la nostra partnership con Axa. D. In primavera scade il suo mandato. Sarebbe disponibile a un bis? R. Mi faccia questa domanda tra qualche mese. Per il momento siamo focalizzati a completare il capital plan. Tanto più che sono gli azionisti a scegliere chi deve guidare la banca. (riproduzione riservata) Foto: Fabrizio Viola 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 18 (diffusione:104189, tiratura:173386) PUR MESSE ALLE CORDE MPS E CARIGE HANNO DATO RISPOSTE GIUSTE Il cda del Montepaschi ha deliberato mercoledì l'aumento di capitale per 2,5 miliardi, e complessivamente un piano di rafforzamento che sale a 2,7 miliardi, andando oltre il ripianamento di 2,1 miliardi richiesto dalla Bce a seguito dei risultati degli stress test. Se poi si aggiunge la richiesta alla Bce di riconsiderare il deficit potenziale di capitale tenendo conto anche dei circa 400 milioni di utili per il 2014 non considerati nell'esercizio, allora il rafforzamento che ne deriverebbe, se l'istanza fosse accolta, sarebbe di gran lunga superiore allo shortfall rilevato. Mps avrebbe poi deciso di procedere alla vendita di asset e alla cessione di crediti deteriorati. Se queste operazioni andranno in porto, si tratterà di un potenziamento rilevante. Sarà, comunque, una risposta puntuale, nonostante l'assurda ristrettezza dei tempi stabilita dal regolamento. Con questo capital plan il Monte sarà in grado di rimborsare anticipatamente al Tesoro tutti i Monti bond residui, per oltre 1 miliardo. L'aumento di capitale dovrebbe decollare ad aprile. Ma a una straordinaria ricapitalizzazione, enorme se si considera quella immediatamente precedente di 5 miliardi, si procede non per l'attuale inadeguatezza del capitale e, più in generale, del patrimonio, bensì per quel che potrebbe accadere se uno scenario da cataclisma si dovesse verificare, disegnato per di più avendo in mente un tipo di istituti di credito che non coincide con quello delle banche italiane e che, nei test, avvantaggia gli istituti di altri Paesi, a cominciare da quelli tedeschi. Certo, non sfugge la gravità della linea seguita in passato dalla Fondazione, intestarditasi nel volere mantenere la maggioranza assoluta dell'istituto. È anche prendendo spunto da questa vicenda che Giuseppe Guzzetti ha rilanciato il tema della riforma delle Fondazioni per via amministrativa, secondo una proposta accolta dal ministro Padoan. L'osservatorio senese, esteso all'ultimo quarto di secolo, fornirebbe le indicazioni sicure di come non debbano svilupparsi i rapporti tra politica, locale e nazionale, corpi intermedi e soggetti finanziari. Un insegnamento di quel che non va fatto. Ma tornando a oggi, con la decisione di aumentare il capitale, pur tenendo conto della non correttezza dei test che l'hanno determinata, per una sorta di eterogenesi dei fini il Monte ha finito con il dimostrare, con l'impegno dei vertici e la tenacia di tutto il personale, di poter salire la china e non solo per esercitare il credito alle imprese minori ma per un'operatività propria di un istituto tuttora di rilievo nazionale. Si spera ora che l'esercizio dei controlli centralizzati a Francoforte non rappresenti un ulteriore elemento di difficoltà, soprattutto perché si tratta della fase di decollo della funzione, e che l'integrazione tra il nuovo centro e le autorità nazionali si traduca in miglioramenti dello svolgimento dei compiti. Contemporaneamente si deve aprire il discorso sulle strategie e sul rapporto con il personale. Alessandro Profumo e Fabrizio Viola hanno tenuto saldo il timone, in una condizione difficilissima, ma le prove non sono affatto finite. Molte delle osservazioni svolte sarebbero applicabili anche alla Carige, pure essa ingiustamente penalizzata dagli stress test e risultata assolutamente tempestiva nella proposta delle misure per fronteggiare la soltanto potenziale carenza di capitale. Per entrambe le banche sarà necessaria una forte solidarietà delle istituzioni e della società civile nel percorso di risalita. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CONTRARIAN 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 9 (diffusione:369755, tiratura:500452) Ciò che rimane dei poteri forti Mediobanca, Iri, Fiat, Banca d'Italia. Oggi contano molto meno che in passato. Nel deserto spiccano invece camarille, lobby casarecce, corporazioni. Che strillano e si oppongono quando i loro veti vengono sfidati Bruno Manfellotto Mediaticamente effcace assai, la polemica sui "poteri forti" - indirettamente sollevata da Susanna Camusso con l'intervista a Roberto Mania di "Repubblica" - suonerebbe vecchia e stucchevole, risaputa e fuori luogo, se non rimandasse ad altre questioni ben più preoccupanti e complesse. Anche perché i poteri forti come li ha raccontati per anni "l'Espresso" non ci sono più. Lo era Mediobanca, centro nevralgico del capitalismo all'italiana, punto di intreccio delle tre banche di interesse nazionale, pubbliche, e azionista di riferimento di Montedison, Bastogi, Generali, il "salotto buono"; lo era l'Iri, da cui dipendevano le Bin, che non a caso scatenò una guerra contro la Mediobanca di Cuccia; lo era la Banca d'Italia, che condizionava la politica economica dei governi; lo era la Fiat, colosso monopolista nazionale, perno di ogni sviluppo (il boom, le autostrade) e grande elettore della Confndustria, il sindacato degli imprenditori privati. Oggi, quasi inutile dirlO , la Fiat si chiama Fca ed è alla Borsa di Wall Street; Mediobanca è una banca d'affari come tante; la Banca d'Italia, che pure ha fornito truppe scelte alla Repubblica (Carli, Ciampi, Draghi, Saccomanni...) ha le unghie spuntate dalla moneta unica e dalla Bce; il salotto buono ha smobilitato e in quanto a Confndustria fa sorridere il povero Squinzi che strilla contro i pubblici sprechi e non riesce nemmeno ad averla vinta su quelli della sua organizzazione. Insomma, questi poteri sono talmente ex forti che Matteo Renzi si può permettere di non flarseli nemmeno e di ignorare Cernobbio, viale dell'Astronomia, via Nazionale, i sindacati ("Disintermediando che male ti fo", "l'Espresso" n.43) contribuendo così a renderli sempre più deboli e isolati. Ma non c'è solo questo. Qui da noi si parla molto di riforme, e non del fatto che non c'è più una classe dirigente con un'idea nobile e solida di paese come quella che maturò nella Resistenza e prese il comando alla fine della guerra. Mancano anche molte delle grandi scuole dove negli anni successivi la nuova classe dirigente si è forgiata (Mediobanca, Iri, imprese pubbliche e private, appunto, che sono andate via via ossifcandosi), mentre partiti e sindacati sembrano aver perso presa sulla società perché non riescono più a intercettarne i mutamenti. Non è un caso che i nuovi politici si siano formati nelle amministrazioni comunali, dal premier al ministro degli Esteri al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. C'è statO un mOmentO negli anni Novanta in cui sembrava che una riforma portasse un soffo vitale in un Paese che stava diventando vecchio e sempre più bloccato: le privatizzazioni. Poi però i privati hanno trovato comodo tenersi i vizi pubblici e piuttosto che favorire la concorrenza non hanno mollato i privilegi di comode rendite di posizione. Si riuscì in quegli anni anche a liberare la "foresta pietrifcata del credito" (Giuliano Amato), ma sopravvissero le fondazioni bancarie di proprietà pubblica. Ed è davvero curioso che nei suoi primi atti di governo Renzi abbia sì raddoppiato il prelievo fscale alle une, le fondazioni, ma anche frmato un decretoregalo agli altri, i concessionari autostradali, che manco la Dc dei tempi d'oro. Poteri forti? Mah. In questo deserto di classe dirigente spiccano piuttosto le camarille, le lobby casarecce, le corporazioni (annidate anche nella pubblica amministrazione e nella magistratura, Tar e Consiglio di Stato) che strillano, condizionano, si oppongono ogni volta che ne viene messo in discussione il primato o sfdato il potere di veto. La Germania - di Schroeder o di Merkel che sia - pratica da sempre la "cogestione" in economia e in politica, cioè la corresponsabilità nella guida dell'azienda o del governo. Il Bel Paese ha inventato la "concertazione" estendendola a ogni atto quotidiano: è fnita che ciascuno suona il suo strumento senza che a nessuno, come nel flm di Fellini, sia riconosciuto il potere di dirigere l'orchestra. Ora, se il problema riguardasse solo Pd e sindacato, Renzi e Camusso, potremmo leggerlo come una delle tante scaramucce a sinistra; ma visto che la questione è nazionale e riguarda il paese e il suo futuro, sarebbe il momento di pensarci. E di cominciare a preoccuparsi. Foto: Massimo Sestini SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Questa settimana 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 15 (diffusione:369755, tiratura:500452) Chi ha ucciso la concertazione Oggi l'inÁazione è sotto il controllo della Bce. Ma i sindacati vogliono ancora trattare con i governi sulla politica economica. Invece dovrebbero occuparsi dei disoccupati, della formazione e far nascere nuove imprese Innocenzo Cipolletta Confndustria e sindacati sono come quelli che, nel 2014 per telefonare, cercano di mettere un gettone nell'iPhone? Questa la provocazione di Matteo Renzi, e forse non ha tutti i torti, a vedere certe recriminazioni. Non parlo tanto degli scioperi, delle manifestazioni e delle assemblee confindustriali, che sono espressioni consuete del mondo sindacale e associativo, quanto della pretesa di negoziare con il Governo l'insieme della politica economica dello stesso. Il richiamo è alla concertazione che ha avuto la sua era gloriosa negli anni Novanta e che effettivamente allora servì a salvare il paese che futtuava tra infazione e svalutazioni. Con la concertazione decidemmo di eliminare ogni forma di indicizzazione dei salari, di bloccarli temporaneamente, d'imporre una tassa anch'essa temporanea sul capitale delle imprese e, in seguito, una tassa specifca sul reddito che sarebbe stata restituita in parte (promessa mantenuta), al fne di conseguire i parametri necessari per entrare nell'euro. Da allora si invoca la concertazione come strumento per trovare accordi sociali, ma ci si dimentica che fu proprio il successo di quella concertazione che ha... ucciso la concertazione! Infatti, grazie al patto sociale frmato con il Governo Ciampi nel 1993, l'Italia poté entrare nell'euro e da allora ha perso il controllo dell'infazione che è stato demandato alla Banca Centrale Europea. Ma proprio il controllo dell'infazione interna era l'arma con cui le parti sociali obbligavano i governi di allora a scendere a patti. Infatti, quando c'era la lira, la politica salariale aveva rifessi immediati sul tasso d'infazione interno a causa dell'aumento del costo del lavoro. A sua volta l'infazione interna generava una svalutazione della moneta che si ripercuoteva immediatamente sui tassi di interesse e, attraverso loro, sulla spesa pubblica a causa dell'elevato debito pubblico. Ecco allora che la contrattazione salariale, compito proprio delle parti sociali, aveva un'infuenza immediata sulle variabili macroeconomiche del paese. Da qui le lunghe trattative salariali, l'intervento dei Governi e la ricerca di accordi complessivi: in altre parole la concertazione, che ha avuto un ruolo rilevante nel riportare il paese sulla giusta via. Ora questa situazione è cambiata. La variazione del costo del lavoro non incide più sul tasso di infazione interno, perché questo è determinato dalla politica monetaria della Bce. Se il costo del lavoro cresce eccessivamente a causa di accordi salariali, l'Italia non ha maggiore infazione, ma sono le imprese che perdono competitività e quindi rischiano di chiudere. Ne risente direttamente l'occupazione e questo ha fatto sì che, a livello aziendale, imprese e sindacati siano diventati molto più prudenti nella determinazione dei salari e trovino più facilmente accordi, come si può constatare, salvo poche eccezioni. Questa nuova situazione ha privato le parti sociali di un'arma che avevano ai tempi della lira e che li portava ad assumere il ruolo di attori primari nella politica economica. Oggi il loro ruolo è ridimensionato, e non possono più pretendere di negoziare parti rilevanti della politica economica che resta appannaggio e responsabilità del Governo. Certo, possono sempre criticare e proporre soluzioni diverse, come ogni altro esponente di questo paese, ma hanno perso il potere di interdizione. In tale situazione, per loro è meglio cercare di capire come fare per continuare a contare nel paese, piuttosto che cercare di giocare un ruolo che non c'è più. E di cose da fare ce ne sono molte. Le parti sociali potrebbero assumere direttamente il compito di favorire il collocamento dei disoccupati sul territorio. Potrebbero gestire in proprio la Cassa Integrazione Guadagni come una mutua cooperativa senza pesare sulle casse dello Stato. Potrebbero sostenere la nascita di nuove imprese creando incubatori industriali. Possono infne negoziare forme contrattuali che favoriscano la crescita dell'occupazione e della produttività a livello aziendale. Ma diffcilmente possono riesumare un processo come la concertazione che ha avuto il suo ruolo nell'Italia della lira del secolo scorso. [email protected] SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Si può fare 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 34 (diffusione:369755, tiratura:500452) Il buco nero delle tasse Per la prima volta svelati gli accordi riservati tra aziende e governo del Lussemburgo per ottenere risparmi fiscali. Documenti su oltre 300 società, anche italiane, che trasferiscono lì risorse colossali. Un sistema che toglie denaro alla nostra economia. Proliferato nel Granducato sotto la guida di Juncker, ora presidente della Commissione Ue PAOLO BIONDANI, VITTORIO MALAGUTTI E LEO sisti C'è un buco nero nel cuore dell'Europa, un piccolo Stato grande come la provincia di Bergamo, ma con la metà degli abitanti, appena 550 mila. È il Lussemburgo, membro fondatore dell'Unione europea, stretto tra Francia, Germania e Belgio. È un Paese ricco, ricchissimo. La sua fortuna sono le tasse. Quelle degli altri. Nel senso che da almeno mezzo secolo è diventato la meta preferita delle aziende alla ricerca di un trattamento fscale di favore. Dalle multinazionali alle banche, dalle imprese famigliari ai grandi marchi della moda, migliaia di società hanno trovato rifugio all'ombra del fsco leggero dell'unico Granducato superstite sulla carta geografca del mondo. Un sistema cresciuto anche grazie al lungo governo di Jean-Claude Juncker, premier per diciotto anni e ora alla guida della Commissione europea. I documenti che "l'Espresso" pubblica in esclusiva per l'Italia raccontano nei particolari il funzionamento di una macchina che ha consentito al più piccolo Stato dell'Ue di accumulare una ricchezza straordinaria, con reddito pro capite di oltre 100 mila dollari, il più alto del mondo, quasi il triplo di quello italiano. Sono 28 mila pagine di dossier confdenziali che descrivono gli accordi siglati da oltre 300 società di tutto il mondo, tra cui molte italiane, con le autorità lussemburghesi. Grazie a queste intese, il peso delle tasse è stato ridotto in misura sostanziale, se non azzerato. Il materiale presentato nell'inchiesta de "l'Espresso" è stato raccolto da un network giornalistico americano, The International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), e viene pubblicato in contemporanea da 26 testate di diversi Paesi. I contratti sono tutti siglati Pricewaterhouse (Pwc), la multinazionale della revisione di bilancio e della consulenza che ha assistito le aziende nel negoziato con il governo del Lussemburgo. Nei fle troviamo alcuni dei marchi più conosciuti del business mondiale: da Amazon a Ikea , da Deutsche Bank a Procter & Gamble , da Pepsi a Gazprom , fino alle italiane Finmeccanica e Intesa e ai fondi di Deutsche Bank e di Hines che nel nostro Paese hanno realizzato affari miliardari transitando dal Lussemburgo per risparmiare sulle tasse. Il sistema funzionava, e ancora funziona, secondo un tacito, reciproco accordo. Le aziende spostano nel Granducato fussi fnanziari per centinaia di miliardi di dollari e in cambio hanno la possibilità di un trattamento tributario d'eccezione. A farne le spese sono i Paesi d'origine delle società, costretti a rinunciare al gettito sugli affari dirottati nel paradiso fscale. Secondo ICIJ, sui 95 miliardi di dollari di proftti che le grandi società americane hanno realizzato oltremare nel 2012, passando per il Granducato, hanno lasciato al Fisco del Lussemburgo poco più di un miliardo di dollari, appena l'1,1 per cento. IL JoLLy VINCENTE La carta jolly del Lussemburgo, il cuore del reticolo di norme che giocano a suo favore, sono i "tax ruling", altrimenti defniti anche "advanced tax agreement" (ATA). I contratti che "l'Espresso" ha potuto consultare riguardano solo una parte delle migliaia e migliaia di ruling siglati. I testi ottenuti dal network giornalistico ICIJ sono relativi alle transazioni preliminari presentate, per l'approvazione, dalla Pricewaterhouse, a nome dei propri clienti, al "bureau d'imposition", conosciuto in gergo come "sociétés 6". In genere vanno da 20 a 100 pagine, a volte molte di più, specialmente quando vengono riportate, come promemoria, precedenti richieste. I protocolli descrivono architetture finanziarie molto complicate, con rimandi a testi di legge e intese internazionali. Molto spesso si fa ricorso a strumenti fnanziari ibridi - è il caso dei prestiti infragruppo - che in sostanza permettono di schivare le tasse sia nel Paese di origine di chi li utilizza, sia, in pratica, in Lussemburgo. RIFUGIo SoTTo ASSEDIo I ricchi affari della piazza fnanziaria del Lussemburgo, cresciuta anche negli ultimi anni nonostante la crisi internazionale, hanno fnito per provocare la reazione dei suoi grandi vicini. E sono partiti gli attacchi, soprattutto dall'interno della Ue. Il Granducato è sotto assedio. Paesi europei come Francia, Germania, Italia e anche gli Stati Uniti, sembrano decisi a chiudere le falle dell'evasione e dell'elusione fscale internazionale. D'altra parte le cifre parlano SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato esclusivo i segreti del paradiso fiscale / 1 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 34 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato chiaro. Ogni anno dai conti dell'Unione spariscono 1.400 miliardi di euro. Pochi mesi fa la Commissione di Bruxelles si è scagliata contro il meccanismo dei "tax ruling" mettendo sotto inchiesta Amazon e Fiat Finance, accusate di aver spuntato un aiuto di Stato illegale. Il mese scorso, poco prima di lasciare l'incarico, il responsabile Ue della concorrenza, lo spagnolo Joaquin Almunia, ha voluto mettere in chiaro che «con bilanci pubblici così striminziti è importante che le grandi multinazionali versino la loro giusta quota di tasse». Sotto tiro sono entrati così anche i già citati strumenti finanziari ibridi. Entro il 2015 il trattamento fscale di questi titoli dovrà essere uniforme in tutti i Paesi dell'Unione europea, Lussemburgo incluso. Del resto Algirdas Semeta, commissario uscente alla tassazione, è stato chiaro: «Quando si abusa di regole per evitare di pagare qualunque tassa, allora dobbiamo cambiarle». Fin qui le dichiarazioni d'intenti e i primi, ancora parziali, interventi concreti. Certo è che per un paradossale scherzo della storia, alla presidenza della Commissione europea, chiamata a serrare le fla nella lotta ai paradisi fscali, è approdato all'inizio di novembre Jean Claude Juncker, primo ministro del Lussemburgo dal 1995 al 2013, dominus e in parte artefce di un sistema fscale che ha consentito al Granducato di arricchirsi alle spalle del resto del mondo. La Difesa DucaLe Nel marzo scorso Juncker aveva rilasciato un'intervista dai toni accesi al settimanale tedesco "Der Spiegel", in cui respingeva sospetti e attacchi. «L'affermazione dei socialisti francesi che io favorisco attivamente l'evasione fscale è un insulto contro il mio Paese e la mia persona», ha scandito il politico più potente del Lussemburgo, designato al vertice della Commissione dai capi di Stato e di Governo dei Paesi dell'Unione e poi confermato dal Parlamento con i voti dei popolari e di gran parte dei socialisti. A luglio, però, mentre si avvicinava il voto per la nomina al vertice della Commissione, i toni di Juncker si sono addolciti e in un discorso tenuto a Bruxelles ha promesso di «combattere evasione ed elusione fscale (...) per introdurre principi etici nello scenario fscale europeo». Il pressing ai confni del Lussemburgo ha però già portato risultati fino a qualche tempo fa impensabili. A metà ottobre, i ministri delle Finanze dei 28 Paesi Ue hanno trovato un compromesso sullo scambio automatico di informazioni fscali. E per la prima volta anche il Lussemburgo si è impegnato a collaborare con le autorità degli altri Stati membri impegnati in indagini sull'evasione tributaria. L'accordo non entrerà in vigore prima del 2017 e alcuni esperti nutrono dubbi sulle modalità con cui l'intesa di massima raggiunta a livello politico sarà poi tradotta in norme concrete. È la prima volta, però, che il segreto bancario viene messo in discussione dai Paesi, come anche l'Austria, che all'interno della Ue avevano fn qui trovato ogni scappatoia legale per non allinearsi alla posizione comune. I politici del Granducato si stanno preparando ai tempi nuovi. Si spiega anche così l'offensiva di pubbliche relazioni lanciata dal ministro delle Finanze lussemburghese Pierre Gramegna, che il prossimo 2 dicembre sarà in Italia, a Milano, per illustrare alla comunità fnanziaria i numeri e le occasioni d'affari del suo Paese. Il mese scorso però lo stesso Gramegna ha ribadito: «Il Lussemburgo non è un paradiso fscale. Lo dico forte e chiaro». ITALIAN CONNECTION Questione di punti di vista. L'Unione europea sembra decisa a metter fne alla disparità di trattamento che hanno fn qui consentito al Paese di Juncker di attirare enormi fussi capitali in fuga dalle tasse. Moltissime le società italiane, anche se di recente la pressione della nostra Agenzia delle Entrate ha convinto molti imprenditori, alcuni grandi nomi come Prada e Dolce & Gabbana, a fare marcia indietro verso l'Italia. Nei documenti riservati della Price compare una folta rappresentanza tricolore. Oltre alle società già indicate, l'elenco comprende altre banche, come Unicredit e Sella . Ma soprattutto la Hines , il grande gruppo Usa che a Milano ha realizzato investimenti miliardari per ridisegnare un intero quartiere del centro città. C'è anche la N&W Global Vending di Valbrembo, citata con il "Project Neptune". È l'operazione che ha portato nel 2008 la numero uno nelle macchine di distribuzione di cibo e bevande ad essere acquistata da Barclays e Investcorp , una fnanziaria del Bahrein, con interessi negli Stati del Golfo. Menzionato anche il gruppo Rinascente Upim fnanziato nel 2009 dal braccio immobiliare della Deutsche Bank, la Deutsche Bank Real Estate Global Opportunities IB Fund . Incursioni in campo immobiliare sono state fatte in Italia anche dal gruppo inglese European Property Investors . Un altro business del 2010 in Lussemburgo riguarda Sportfve Group , leader mondiale delle agenzie di diritti per il calcio, legato a 250 club e a una decina di campionati nazionali. In Italia cura i diritti di marketing e commerciali di Sampdoria, Atalanta e Juventus. Nei fle ottenuti 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 34 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato da "l'Espresso" ci sono operazioni che riguardano il nostro Paese condotte da trentuno società di tutti i settori: una parte viene descritta nell'articolo a seguire, le altre saranno pubblicate nelle prossime settimane. muLTINAzIONALI ChE pAssIONE La crema dei più grandi gruppi mondiali è di casa in Lussemburgo, dove si mettono a punto piani per cospicui fnanziamenti. La palma va a Procter & Gamble (Gillette, prodotti di bellezza, igiene orale, profumi): quasi 80 miliardi di dollari a suon di certifcati che coinvolgono anche la fliale italiana di Roma. Segue l'americana Abbott Laboratories (prodotti farmaceutici): oltre 50 miliardi di dollari. E, ancora, tra i tanti protagonisti, Bayerische Landesbank (l'ottava banca tedesca): 500 milioni di euro; Carlyle Group (private equity): 240 milioni di sterline e 150 milioni di dollari; Eon Group (tedesco, energia, gas): 2,55 miliardi di euro; Gazprom (la più grande compagnia russa, gas): 4 miliardi di dollari; Glaxo Smith Kline (farmaceutica): 6,25 miliardi di sterline; Heinz (Usa, food company): 5,7 miliardi di dollari; il fondo Permira , che controlla Hugo Boss insieme ad alcuni membri della famiglia Marzotto: 284 milioni di sterline. Ma gli accordi sono relativi anche ad altri colossi, come il fondo Blackstone , Accenture e Burberry . Un esempio? Stando ai fle esaminati dal network, nel 2009 Amazon grazie alla deduzione di royalties per molte centinaia di milioni ha dichiarato per le sue attività europee proftti per soli 14,8 milioni di euro, limitandosi a pagare 4,1 milioni di tasse nel Granducato. Pricewaterhouse Il colosso della revisione scrive nel suo sito di essere il più grosso fornitore di servizi professionali del Lussemburgo. E giorno dopo giorno continua a crescere. Attualmente è forte di 2.455 dipendenti, ma l'anno scorso aveva previsto di assumere ancora entro la fne del 2014. In risposta alla richiesta di commenti ricevuta da ICIJ, Pricewaterhouse ha ribattuto che la documentazione utilizzata è «datata», composta di informazioni «rubate»: inoltre, «il furto è all'esame delle competenti autorità». La multinazionale ha poi ribadito che le sue consulenze fiscali rispettano «le leggi internazionali, europee e locali». E che, nella sua attività si attiene al «codice di condotta della società». "Monsieur ruling" "Sociétés 6" è, come s'è visto, l'uffcio delle imposte familiare ai manager della Pricewaterhouse. Che qui entrano per discutere delle loro proposte fscali. Ed è qui che per più di vent'anni ha regnato Marius Kohl, 61 anni, arbitro e giudice unico, soprannominato "monsieur ruling", in pensione dal 2013. Di recente l'ha intervistato il "Wall Street Journal". Dipingendolo così: porta capelli raccolti con un codino, occupava una stanza modesta, ingentilita da un calendario Pirelli, dono dell'azienda di pneumatici che a lui si era rivolta per alcune questioni. Al giornale Usa ha dichiarato: «Il lavoro che ho fatto ha certamente portato benefci al Paese, per quanto forse non in termini d'immagine». È stato defnito «il guardiano dell'unica porta attraverso cui le società possono entrare nel paradiso fscale del Lussemburgo». Aveva la mano rapida, monsieur Kohl. In un solo giorno, è riuscito a frmare ben 39 pareri positivi, lui che sovrintendeva alla gestione di migliaia di "tax agreement". Una velocità costante, tradotta in 548 "comfort letters", ovvero il timbro uffciale dell'approvazione fnale, in otto anni: una ogni cinque giorni. Per la gioia della fnanza mondiale in cerca di risparmi fscali. Foto: gallerystock/Contrasto, Q.leppert/laif/Contrasto; pag 34-35 gallerystock/Contrasto, Foto: D.Schwelle/laif/Contrasto, B.Decourt/REA/Contrasto, E. Scagnettifotogloria/LUZ Il Paese dove tutti sono ricchi AbitAnti fondi oltre 11 milA Società holding Superficie debito pubblico Segreto bAncArio reddito pro cApite Lussemburgo 149 iStituzioni bAncArie ASSet di holding compAny Fonte Fmi più alto del mondo: 110 mila dollari 2.586 kmq dimensioni di una provincia italiana (più piccolo della Val d'Aosta) superano i 2 mila miliardi di dollari, 1.600 miliardi di euro 23% 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 34 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato circa del pil fonte Fmi hanno sede in lussemburgo 33 tedesche 15 Svizzere per un attivo di bilancio complessivo di poco inferiore a 750 miliardi di euro finirà nel 2017 550 mila 40 per cento nati fuori dal paese gestiscono asset per oltre 3 mila miliardi di euro hanno sede in lussemburgo Il network del giornalismo d'inchiesta The International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) è stato fondato a Washington nel 1997 da Chuck Lewis. Il network conta oggi 185 giornalisti di 65 Paesi ed è specializzato soprattutto in indagini su corruzione e crimini transnazionali, che durano molti mesi e sono finanziate da fondazioni americane ed europee. Per questo si avvale della collaborazione di reporter che svolgono le inchieste scambiandosi le informazioni. L'anno scorso ha lanciato la serie "offshoreleaks", pubblicata da "l'Espresso", che ha rivelato i nomi degli italiani con società nei paradisi fiscali delle Cayman e delle British Virgin Islands. Articoli premiati lo scorso giugno alla conferenza annuale di Investigative Reporters and Editors (IRE), organizzata dall'Università del Missouri. Anche l'inchiesta sul Lussemburgo di queste pagine è opera di ICIJ. In passato una minima parte dei documenti sul Granducato era stata usata dal giornalista televisivo francese di France 2 Edouard Perrin, insieme alla Bbc. Adesso i file vengono pubblicati da 26 testate, inclusi Guardian, le Monde, Suddeutsche Zeitung e Asahi Shimbun. Foto: la sede della deutsche bank nel granducato del lussemburgo Foto: NEI FILE LE INTESE CoN IkEA, AmAzoN, DEUTSChE bANk, pRoCTER & GAmbLE. SoLo L'1,1 pER CENTo DI TASSE SUI pRoFITTI un magazzino di amazon e sopra una immagine del lussemburgo Foto: LA BAnCA DEL LUSSEmBURgo. A DEStRA: JEAn-CLAUDE JUnCkER. A SiniStRA: LA SEDE Di UnA FinAnZiARiA l'ex PreMier e le autorità del granducato ribattono: non è vero che favoriaMo l'evasione e l'elusione fiscale 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 40 (diffusione:369755, tiratura:500452) Ecco gli italiani col fisco su misura Le nostre grandi banche. E poi Pirelli, Ligresti. Il colosso Hines che ha cambiato faccia a Milano. Persino Finmeccanica. Tutti in fila per chiedere benefici PAOLO BIONDANI, VITTORIO MALAGUTTI E LEO SISTI Igrattacieli giganteschi che hanno cambiato il panorama di Milano. I palazzi storici della Regione Sicilia. Gli investimenti affidati dai risparmiatori italiani alle grandi banche. Gli affari internazionali dell'industria statale delle armi. C'è un pezzo d'Italia nelle 28 mila pagine di documenti fscali lussemburghesi scoperti dall'International Consortium of Investigative Journalists e pubblicati da "l'Espresso" in esclusiva nazionale. Centinaia di pagine di documenti che riguardano il nostro Paese. Sono i patti segreti con il fsco del Granducato. Grazie a questi accordi, in gergo ruling, alcuni grandi investitori sono riusciti a ridurre al minimo le imposte da pagare in Italia su importanti operazioni. Affari miliardari tassati pochissimo grazie alla generosa legislazione lussemburghese. Un nome su tutti: il colosso immobiliare Hines , che con i capitali raccolti in Lussemburgo ha ridisegnato, tra grattacieli, giardini e nuove strade, una fetta importante del centro di Milano, tra i quartieri Isola, Garibaldi, Porta Nuova e Varesine. Hines è guidata in Italia da Manfredi Catella , a lungo fnanziato da Salvatore Ligresti , poi uscito di scena causa dissesto. Ma nelle carte esaminate da "l'Espresso", insieme a banche come Intesa San Paolo , Unicredit , Marche e Sella o aziende di Stato come Finmeccanica , compaiono anche i fondi immobiliari targati Deutsche Bank , che insieme al gruppo Pirelli di Marco Tronchetti Provera si sono messi in affari con la Regione Sicilia dell'allora governatore Salvatore Cuffaro , poi condannato e tuttora in carcere. I documenti che "l'Espresso" ha potuto consultare riguardano solo i ruling siglati con la consulenza di Pricewaterhouse Coopers (Pwc), la multinazionale della revisione di bilancio e della consulenza attivissima in Lussemburgo. Spesso gli accordi fanno riferimento a precedenti intese siglate con il fsco del Granducato. In questi casi risulta quindi più diffcile fornire dati precisi sulle somme in gioco e i vantaggi concreti ottenuti dalle aziende. Le carte di Hines, per esempio, riguardano un ruling dell'agosto 2010, che richiama solo stralci di quattro intese precedenti, siglate a partire dal 2006. Ma il risultato fnale resta chiaro: le holding lussemburghesi che tirano le fla del grande intervento edilizio a Milano hanno visto ridursi a pochi spiccioli le tasse sui loro proftti. A tutto vantaggio degli investitori, a cominciare dalla stessa Hines e dal gruppo Ligresti. Senza contare che le società del Granducato controllano fondi immobiliari di diritto italiano, gli stessi che hanno gestito il grande business dei nuovi quartieri nella metropoli lombarda. E anche i fondi immobiliari, nel nostro Paese, sono soggetti a un particolare regime fscale molto favorevole ai sottoscrittori. Al vertice della costruzione targata Hines c'è un fondo americano collegato a una società anonima con base nel paradiso fscale del Delaware. Da qui si diramano tre strutture di holding e subholding lussemburghesi, dove compaiono i soci italiani. La maggioranza è sotto il controllo di Hines. Poi ci sono i Ligresti, tramite la holding Premafn o le compagnie di assicurazioni Fonsai e Milano , che all'epoca del ruling (2010) erano controllate dalla famiglia. Una quota minore (3,44 per cento) fa capo alla Coima , la società di famiglia di Catella. Le tre strutture societarie sono state fnanziate (anche dai soci italiani, secondo il ruling) con speciali strumenti, chiamati "bond ibridi". Sono titoli con caratteristiche molto simili alle obbligazioni, cioè debiti da rimborsare con gli interessi. La legge lussemburghese permette però di considerare questi stessi bond come "equity", cioè capitale di rischio investito in azioni. Proprio questo è uno spiraglio in cui si inflano gli investitori alla ricerca di sconti sulle tasse. Nel documento protocollato il 25 agosto 2010, i consulenti di Pwc presentano al Fisco del Granducato «le conclusioni raggiunte nel nostro incontro di oggi»: l'obiettivo è considerare quei bond come azioni, quindi quote di capitale. In questo modo gli strumenti ibridi finiscono sotto l'ombrello della cosiddetta Pex (che sta per "participation exemption"): grazie a questo regime fscale diventano esenti da tassazione le plusvalenze realizzate con la vendita di quote azionarie. Una forma di Pex è stata introdotta anche in Italia, nel 2004, dall'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ma la versione del Lussemburgo resta molto più vantaggiosa: nel Granducato è possibile sottrarre dalle tasse SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Esclusivo i segreti del paradiso fiscale / 2 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 40 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'eventuale deprezzamento della partecipazione, oltre alle minusvalenze in caso di vendita. Due benefci che in Italia sono esclusi. Hines Italia, interpellata da"l'Espresso", dichiara di «occuparsi solo dei fondi italiani», per cui «non è coinvolta nelle questioni fscali degli investitori esteri». Mentre Coima precisa di «non aver mai preso parte» ai ruling e comunque la sua «limitata partecipazione al fondo Isola»è «soggetta esclusivamente alla fscalità italiana». I consulenti di Pwc si sono occupati anche di un affare che ha per protagonisti la Deutsche Bank, il più grande istituto di credito tedesco, e la Regione Sicilia dell'allora governatore Cuffaro. L'operazione, che ha preso le mosse nel 2007, ruota attorno al fondo Global Opportunities, gestito da Deutsche Bank attraverso una piramide societaria che parte dallo Stato americano del Delaware, transita da Malta e infne approda in Lussemburgo. E qui, all'ombra della favorevole legislazione fiscale del Granducato, prosperano le holding che tirano le fla di alcuni fondi immobiliari italiani. Col nome in codice di un vino, "Malvasia", il ruling datato 2010 identifca l'operazione che ha portato sotto l'ombrello di Global Opportunities un gran numero di palazzi ceduti dalla Regione Sicilia. E confuiti in un apposito fondo immobiliare. Un'operazione discussa, perché l'ente pubblico si riprendeva in afftto quegli stessi palazzi pagando canoni milionari. Polemiche anche sulla selezione dei soci privati: accanto a big del livello di Prelios (all'epoca controllata da Pirelli), compare anche un immobiliarista di Pinerolo, Ezio Bigotti. Il ruling sottoposto alle autorità fscali del Lussemburgo riguarda anche in questo caso il trattamento fscale da riservare ai bond ibridi. Questa volta però i consulenti giungono alla conclusione, approvata dalla controparte, che quei titoli vadano trattati come debito. Il risultato fnale è comunque favorevole agli investitori. La legge del Granducato, infatti, è molto più generosa di quella italiana anche sugli interessi: quelli passivi si possono detrarre senza limiti dai redditi, mentre per quelli attivi la tassazione è bassa o nulla. Irrisorie anche le imposte sui proftti, regolate proprio dai ruling: le holding pagano l'1 per cento; le sub-holding lo 0,25; le sub-subholding lo 0,125 per cento. Signifca che per ogni milione di proftti incamerati in Lussemburgo, la tassazione massima è di diecimila euro. Il gruppo Pirelli, contattato da "l'Espresso", ha precisato che «nessun ruling è mai stato chiesto» da alcuna sua società e neppure dalla partecipata lussemburghese «Bicocca sarl», per cui gli «eventuali benefci fscali» potrebbero riguardare altri. Per molti anni chi ha investito tramite il Lussemburgo ha fatto affari d'oro anche grazie a una distorsione di una direttiva europea (chiamata "madre-fglia"), originariamente varata per evitare casi di "doppia tassazione". Come dire che una societàfglia può distribuire proftti esentasse a una società-madre con sede in uno Stato diverso. Il presupposto logico è che le tasse le paghi quest'ultima nel suo Paese. Ma il sistema dei bond ibridi ha spesso consentito di realizzare una "doppia non tassazione": sui redditi legati a questi particolari titoli non viene pagata nessuna imposta, né in Italia né in Lussemburgo. Una prassi consacrata proprio dai ruling. L'Ue, nei mesi scorsi, ha varato una modifca di quella direttiva: in futuro i prestiti ibridi non potranno più azzerare le tasse in entrambi i Paesi. Ma i proftti già incamerati restano intoccabili. I ruling lussemburghesi sono stati utilizzati anche da banche italiane per "ottimizzare" i carichi fscali. Ad esempio la Banca delle Marche, che oggi è in gravi diffcoltà, nel 2005 aveva creato in Lussemburgo una società di gestione di un fondo. Nel 2010 l'allora vertice dell'istituto ha trasferito alla società lussemburghese altre attività, di cui il ruling non precisa il valore. A quel punto la banca si rivolge alle autorità per stabilire un valore di "avviamento" e quindi la misura dell'ammortamento da dedurre fscalmente. Ruling analoghi sono stati frmati nel 2009 da Unicredit International e nel 2008 dalla San Paolo Bank, una controllata lussemburghese dell'istituto di Torino, che a fne 2007 si è fuso con Intesa. Dal punto di vista italiano, il problema è la provenienza dei beni da ammortizzare. Arrivano dall'Italia? E come sono stati trasferiti alla controllata in Lussemburgo? Sono possibili due ipotesi. In caso di cessione, si porrebbe una questione di correttezza del prezzo dichiarato: una direttiva europea, infatti, impone di rispettare parametri oggettivi, proprio per evitare manovre fscali tra società dello stesso gruppo. Nel caso opposto di scissione, invece, il riconoscimento di un avviamento in Lussemburgo, con relativo ammortamento, costituisce un vantaggio fscale non riconosciuto in Italia. Banca delle Marche, interpellata da "l'Espresso", precisa che la sua società lussemburghese «promuoveva fondi la cui gestione era delegata a Eurizon del gruppo Intesa» e comunque «è stata liquidata nel dicembre 2011», per cui oggi «il ruling non ha più nessun effetto». Da 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 40 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Unicredit e Intesa San Paolo, per ora, nessun commento. Anche Banca Sella nel 2009 ha siglato un ruling, con l'obiettivo di trasferire le perdite della sua controllata lussemburghese a una nuova società, nata da una scissione. Questo tipo di benefcio è ammissibile anche in Italia, ma a condizioni molto restrittive, di cui non c'è traccia nel ruling. Confermando il contenuto dell'accordo, Banca Sella ha chiarito a "l'Espresso" di aver «cessato ogni operatività in Lussemburgo nel 2011», quando ha ceduto la sua controllata «al gruppo Credit Andorra». Quindi «il ruling ha permesso di trasferire all'acquirente i benefici fiscali delle perdite». Mentre la scissione «non ha trasferito alcuna attività dall'Italia al Lussemburgo». Nei documenti di Pwc spunta anche un gruppo pubblico come Finmeccanica, che nel 2010 si è rivolto alle autorità lussemburghesi per ristrutturare le proprie società nel Granducato evitando tasse aggiuntive. Un riassetto in due mosse: liquidazione di Mecfnt, con distribuzione dell'attivo alla società-madre; e fusione di Finance dentro Aeromeccanica, controllata dalla capogruppo italiana. Finmeccanica per ora non ha risposto alle richieste di chiarimenti. Mentre il testo del ruling non specifica quali volumi di denaro siano entrati e usciti dalle società lussemburghesi di Finmeccanica, attive fn dagli anni Novanta. Di certo in quel periodo migliaia di aziende hanno trasferito la tesoreria in Lussemburgo, per gestire i prestiti tra società interne al gruppo approfttando dei vantaggi fscali previsti anche per gli interessi (sia passivi che attivi). È dunque verosimile che Finmeccanica abbia creato le sue fnanziarie lussemburghesi per raccogliere prestiti all'estero e abbattere le imposte in Italia. Se fosse così, il risultato sarebbe memorabile: perfno un'azienda di Stato avrebbe utilizzato il Lussemburgo per pagare meno tasse. Allo stesso Stato italiano che la controlla. ha collaborato Alfredo Faieta Foto: M.Garofalo/LUZ, Ansa; pag 40-41: A.Digaetano/LUZ,Olycom, Imagoeconomica (3) Chi torna in patria PRADA. "Crediamo nel made in Italy" ha detto Patrizio Bertelli per spiegare il rimpatrio delle società lussemburghesi (e olandesi) tramite le quali controllava l'impero della moda quotato alla borsa di Hong Kong. Il rientro però, non è stato indolore: l'adesione alla cosiddetta voluntary disclosure è costata una cifra pari a 470 milioni. Che non ha evitato l'apertura di un'indagine penale. DOLCE & GABBANA. Nel 2004 i due stilisti avevano ceduto i loro marchi a una società lussemburghese creata ad hoc all'interno del gruppo, la Gado, che avrebbe dovuto gestire il loro sfruttamento incassando le royalty. Nel 2007 hanno invece deciso di rimpatriarla a seguito di un'indagine fscale. Recentemente sono stati assolti in Cassazione dall'accusa, penale, di evasione fscale. Pendono, sempre in Cassazione, due giudizi tributari. Chi resta nel Granducato FERRERO. Oggetto ad inizio degli anni 80 di una delle primissime indagini per elusione fscale, chiusa con l'assoluzione piena, il gruppo controllato da Michele Ferrero ha posizionato da molti anni il centro dei propri interessi fnanziari in Lussemburgo. Lì ha sede la Ferrero International, holding cui fanno capo sia le società commerciali sia quelle industriali sparse nel mondo. Il fondatore vive da decenni a Montecarlo. TECHINT. San Faustin è la holding industriale della famiglia Rocca, industriali italo argentini con interessi che vanno dalle forniture al settore petrolifero (Tenaris) alle cliniche private (Humanitas). Dalle Antille olandesi è stata spostata in Lussemburgo dove resta tuttora nonostante una transazione da 30 milioni con il fsco per dividendi prodotti dalle controllate italiane. Gianfelice Rocca è presidente degli industriali lombardi. Foto: Le nuOvI TORRI cHe HAnnO cAMbIATO IL pAnORAMA DI MILAnO ReALIzzATe DAL GRuppO HIneS Foto: SoTTo: LEoNArDo DEL VECChIo. A DESTrA: PIAZZA GAE AULENTI, CUorE DELLA NUoVA CITy MILANESE Foto: gli interessati, interpellati da "l'espresso", minimizzano o negano. ma le carte parlano chiaro 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 42 (diffusione:369755, tiratura:500452) Quelle buonuscite di Luxottica vittorio malagutti Ai primi di ottobre, pochi giorni prima di rassegnare le dimissioni, l'amministratore delegato Enrico Cavatorta ha liquidato le sue azioni Luxottica, incassando la bellezza di 22 milioni di euro.Una montagna di soldi targata Lussemburgo. Già, perché è stata Delfn, la holding di Leonardo Del Vecchio con base nel Granducato, a farsi carico dell'impegno preso tempo addietro con una pattuglia di top manager del gruppo. A maggio, ne aveva approfttato anche Andrea Guerra. Il predecessore di Cavatorta ha liquidato titoli per 51 milioni giusto poche settimane prima di fare le valigie a fne agosto. In entrambi i casi a pagare il conto è stata Delfn. Un conto pesante, perché in base ai piani di incentivo siglati a partire da settembre 2004, Del Vecchio si è impegnato a vendere ai manager un totale di 9,6 milioni di azioni Luxottica (il 2,01 per cento del capitale) a un prezzo di 13,67 euro per poi ricomprarle al valore di mercato corrente su richiesta degli stessi benefciari. Con la quotazione di Luxottica che viaggia in Borsa intorno ai 40 euro, Guerra e Cavatorta hanno realizzato plusvalenze per decine di milioni ciascuno. D'altra parte il patron di Luxottica, attraverso Delfn, nel 2014 ha subìto perdite per una cinquantina di milioni. Gli oneri dei premi ai manager sono transitati nel bilancio della holding con base nel Granducato, ben lontani dai rifettori della Borsa. Questa società, che vanta un attivo di oltre 8 miliardi di euro, è al centro dello scontro in famiglia fnito sui giornali nelle settimane scorse. Con Nicoletta Zampillo, la moglie del fondatore della multinazionale degli occhiali, che reclama una quota importante, si dice il 25 per cento, del capitale della cassaforte a cui fa capo il controllo di Luxottica. Al momento invece le azioni sono divise in parti uguali tra i sei fgli (da tre unioni diverse) del patron del gruppo, che si è riservato l'usufrutto sui titoli. Del Vecchio non ha fn qui seguito l'esempio di altri imprenditori, come Dolce e GabbanaDella Valle o Miuccia Prada con il marito Carlo Bertelli, che di recente, anche per effetto delle pressioni del Fisco nostrano, hanno riportato in Italia dal Lussemburgo la loro holding di famiglia. D'altra parte, la generosa legislazione del Granducato ha consentito al fondatore di Luxottica di azzerare, o quasi, il conto da pagare all'Erario per alcune importanti operazioni fnanziarie. Nel 2012, per esempio, Delfn ha collocato in Borsa una quota del 7 per cento di Luxottica, realizzando una plusvalenza di oltre 300 milioni praticamente esentasse. Un trattamento ancora più favorevole, rispetto a quello, già molto vantaggioso, previsto in Italia dalla cosiddetta Pex, participation exemption. Non basta. Nel bilancio di Delfn compaiono strumenti fnanziari particolari, e sconosciuti alla legislazione del nostro Paese, come i Pesc (preferred equity stock certifcates). Di fatto si tratta di capitale sociale, ma in Lussemburgo vengono trattati come obbligazioni. Sul rendimento di questi titoli è nata una controversia con l'Agenzia delle entrate che di recente Del Vecchio ha chiuso pagando una sanatoria di 146 milioni. Poco male. Nel bilancio 2012 della holding si legge che nel 2011 sono stati assegnati 150 milioni di euro al "sole shareholder", cioè lo stesso Del Vecchio. Tutto denaro a suo tempo accantonato in un fondo speciale come provento dei Pesc, i titoli su cui è nata la vertenza con il Fisco italiano. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Esclusivo 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 87 (diffusione:369755, tiratura:500452) Il greggio a 50 dollari scenario possibile Scendesse così in basso, metterebbe a rischio la stabilità di nazioni cruciali. E scatenerebbe la reazione dei Paesi produttori Leonardo Maugeri Mentre i consumatori festeggiano la caduta dei prezzi del petrolio, la sua eventuale progressione e la sua durata agitano una serie di spettri sullo scenario internazionale. Prima di affrontarli, è necessario cercare di capire se la crisi è destinata a durare oppure no. Per quanto avessi anticiPato nel 2012 quanto sta accadendo, non ho una sfera di cristallo: posso solo osservare che i motivi per cui indicai la possibilità di una caduta che nessuno pensava possibile sono ancora lì. La capacità produttiva mondiale di petrolio è cresciuta troppo, mentre la domanda ha continuato a crescere poco. Si è così creato un forte sbilanciamento che, a breve, è diffcile da compensare. Sarebbe necessario un forte rimbalzo dei consumi mondiali o un'azione decisa da parte dei grandi produttori, a partire da quelli riuniti nell'OPEC, ma entrambe le opzioni sono poco probabili per motivi che sarebbe troppo lungo spiegare in un breve commento. Altrettanto improbabile è una brusca interruzione del super-ciclo di investimenti che ha fatto lievitare la capacità produttiva, sia perché chi ha già speso buona parte del proprio budget continuerà a spendere per arrivare rapidamente a recuperare quanto ha già investito, sia perché una compagnia petrolifera - nella maggior parte dei casi - non può tagliare nottetempo i suoi investimenti senza il consenso del governo del Paese in cui opera, che non è così facile da ottenere. Diffcile, inoltre, è che gli Stati Uniti riducano la loro produzione di petrolio, la cui impennata è stato il fattore più importante nell'aumento della capacità produttiva mondiale. La rivoluzione dello shale oil - seguita a quella dello shale gas - procede a passo impetuoso e, soprattutto, a costi che si riducono di anno in anno. Così, gran parte del nuovo greggio americano è capace di resistere a prezzi inferiori ai 65 dollari a barile. In queste condizioni, è possibile che il prezzo del petrolio scenda ancora, e potrebbe perfno precipitare se il panico si impossessasse del mercato. Solo in questo caso, cioè dopo una caduta verticale sui livelli inferiori a 60 o 50 dollari, sarebbe probabile una reazione forte sia della domanda mondiale, sia dei Paesi produttori e delle compagnie petrolifere. In altri termini, un vero collasso dei prezzi è possibile, ma avrebbe una durata limitata. Che il collasso si verifchi o no, una caduta prolungata dei prezzi dell'oro nero getta ombre lunghe sulla stabilità di alcuni Paesi critici per l'ordine mondiale. Partiamo dalla russia, richiamando un elemento storico di solito trascu rato. Negli ultimi 40 anni, la fortuna (o il declino) dei leader russi è andata di pari passo con i prezzi del petrolio. È stato così per l'ultimo Breznev, per Gorbaciov, per Eltsin e infne per Vladimir Putin che, grazie al volo dei prezzi del greggio (e del gas, legati al petrolio nei contratti di esportazione), ha potuto contare su stabilità e grande consenso interno. Ma ora che la maledizione dei prezzi calanti si ripresenta, lo stesso Putin avrà maggiori motivi di preoccupazione interna. Nel 2013, petrolio e gas hanno garantito oltre il 50 percento delle entrate statali russe, per le quali ogni calo di un dollaro del prezzo del greggio implica una perdita di 1.7 miliardi di dollari su base annuale. In linea teorica ciò signifca che, se i prezzi rimanessero quelli di adesso, Mosca disporrebbe di quasi 50 miliardi di dollari in meno nel 2015, a cui si aggiungono altri 10-15 miliardi dovuti alle rinegoziazioni dei contratti del gas, su un budget di entrate (base 2014) di 400 miliardi di dollari. Un salasso micidiale, che unito alle sanzioni determinate dalla crisi Ucraina potrebbe aumentare esponenzialmente il malcontento verso Putin e spingere quest'ultimo a atteggiamenti più aggressivi sul piano interno e internazionale per sedare e mascherare i problemi interni. i Prezzi del Petrolio in caduta, inoltre, potrebbero infammare più di quanto non lo sia già la situazione dell'intero Medio Oriente e del Golfo Persico, partendo da due Paesi chiave di quello scacchiere: Arabia Saudita e Iran. Entrambi hanno abusato dell'abbondanza portata dal caro-petrolio per sussidiarie qualsiasi iniziativa sociale o consumo interno, in modo da contenere e confnare il malessere di popolazioni sempre più giovani (circa il 70 per cento delle popolazioni dei due Paesi è costi tuita da giovani sotto i 24 anni). Con l'avanzata del terrore islamico alle porte, il venire meno di introiti miliardari per Paesi in cui il petrolio genera tra il 60 per cento (Iran) e l'80 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mondo Senza frontiere 07/11/2014 L'Espresso - N.45 - 13 novembre 2014 Pag. 87 (diffusione:369755, tiratura:500452) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 07/11/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato (Arabia Saudi ta) delle entrate statali potrebbe fare da detonatore per tensioni fno a oggi represse o sopite. E questo vale anche per altri Paesi del Golfo. Mi fermo qui per non agitare altri spettri, che non mancano. Tuttavia, per quanti vedono con favore la caduta dei prezzi del greggio e si augurano che diventi ancora più impetuosa, mi vien d'obbligo di citare la fne del "Sabato del Villaggio": Altro dirti non vo'; ma la tua festa ch'anco tardi a venir non ti sia grave. [email protected] SCENARIO PMI 4 articoli 07/11/2014 Corriere della Sera - Brescia Pag. 3 (diffusione:619980, tiratura:779916) Gli imprenditori ci credono ancora: «Insieme per salvare il nostro manifatturiero» Paola Artioli Con la firma ci sarebbero trattative più rapide Aldo Bonomi Il Patto ci farebbe remare tutti nella stessa direzione R. Giu. Sul versante imprenditoriale le attese e le speranze prima dell'incontro tra sindacati e vertici Aib programmato per ieri sera nella sede di via Cefalonia, erano tante. La posta in gioco era alta e non solo per il significato «politico» che il Patto per Brescia si porta dietro. La firma di un accordo tra imprese e sindacati a Brescia, culla di un confronto spesso aspro e ruvido, avrebbe un rilievo nazionale. Il modello di nuove relazioni sindacali che si sta cercando di creare e targato made in Brescia, tradotto nella quotidianità della vita di fabbrica, vorrebbe dire fissare dei paletti entri i quali imprese e sindacati potrebbero muoversi con principi e presupposti che diventano comuni e condivisi. Come iniziare a leggere un libro saltando, perché già conosciuta, la prefazione. E la contrattazione di secondo livello, quella aziendale, diventerebbe più semplice. Con vantaggi per tutti. Avere regole chiare, per molti imprenditori, vorrebbe dire avere maggiori certezze per iniziare o continuare ad investire ma anche cancellare con un colpo di spugna tanti alibi. «Firmare il Patto per Brescia, vorrebbe dire fare un grande passo in avanti - ha precisato il vice presidente di Aib Paola Artioli -. Consentirebbe trattative più rapide andando direttamente al nocciolo delle questioni». Se fosse firmato dall'Aib impegnerebbe tutti gli associati lasciando alla negoziazione tra singole aziende e rappresentanti sindacali il quantificare, ad esempio, il premio di produzione. Ma non solo. Nel Patto ci sarebbe anche quell'impegno comune, passando attraverso il coinvolgimento dei lavoratori, a creare condizioni di competitività e produttività tali da rilanciare e rafforzare l'occupazione. Una contrattazione aziendale finalizzata quindi a migliorare l'impegno dei fattori produttivi, l'organizzazione del lavoro, l'andamento economico delle aziende e la crescita delle retribuzioni dei lavoratori. Un'evoluzione della contrattazione che terrebbe conto delle profonde trasformazioni economiche che non hanno certo risparmiato una struttura industriale manifatturiera che ha fatto la storia dell'economia bresciana. «Il vantaggio di firmare il Patto per Brescia - ha sottolineato Aldo Bonomi, past president dell'organizzazione di via Cefalonia - è che tutti andrebbero nella stessa direzione con un obiettivo condiviso: salvare il manifatturiero bresciano». L'alternativa, scongiurata dall'esito dell'incontro di ieri sera, sarebbe stato lo status quo. Con pochi vantaggi per tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le reazioni 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Luca Orlando Secondo il rapporto Prometeia e Intesa Sanpaolo soltanto le esportazioni "salvano" l'industria che registra nel 2014 un ulteriore calo di fatturato dello 0,2%. Tutti i settori mettono a segno performance positive verso l'estero. Luca Orlando u pagina 11 MILANO Ancora giù, per il terzo anno consecutivo. L'emorragia di ricavi per l'industria italiana procede anche nel 2014, anche se la riduzione dei fatturati è limitata allo 0,2%. Magra consolazione, considerando che nelle stime di Prometeia e Intesa San Paolo il 2014 si chiuderà su livelli distanti oltre 70 miliardi di euro rispetto al 2011, ultimo anno di crescita per la manifattura nazionale. In termini reali si tratta di un arretramento nell'ordine del 9%, un gap che quasi raddoppia per alcuni settori come prodotti da costruzione, elettronica, largo consumo e mobili, e la cui chiusura totale è rinviata ad un futuro non troppo vicino. Le prospettive più rosee del prossimo biennio offriranno infatti un sollievo solo parziale alla manifattura italiana, una crescita media annua dei ricavi di poco inferiore al 2%, che lascerà però al termine del periodo una distanza di 45 miliardi di euro rispetto ai ricavi 2011. Di fatto, è come su fossero sparite dai radar in un solo colpo gruppi del calibro di Telecom, Finmeccanica e Pirelli. Risultati che sarebbero potuti essere anche peggiori se le imprese italiane non fossero riuscite a realizzare performance importanti oltreconfine. È interessante infatti notare come l'export, per tutti i settori manifatturieri analizzati, presenti nel 2014 variazioni positive, in qualche caso particolarmente brillanti come per farmaceutica e auto. Il rallentamento del commercio mondiale e le tante aree di crisi vicine e lontane non hanno impedito alle aziende tricolore di realizzare il miglior risultato di export in Europa alle spalle della sola Polonia, con l'effetto di mitigare il calo dei consumi interni. Situazione che non pare destinata a modificarsi. Per gli analisti di Prometeia e Intesa SanPaolo, a fronte della stabilizzazione e di un lento recupero della domanda nazionale (vista in crescita dell'1,4% nel prossimo biennio), saranno ancora le vendite oltreconfine a rappresentare il principale motore di crescita per il nostro sistema economico nei prossimi anni, con tassi di crescita medi del 3,6% a prezzi costanti e un rafforzamento dell'avanzo commerciale manifatturiero oltre quota 100 miliardi di euro, anche grazie all'evoluzione favorevole del cambio. Auto e moto, farmaceutica, elettrotecnica, chimica, alimentari e meccanica riusciranno a spuntare performance superiori alla media, con tassi di crescita annua dell'export superiori al 3%, mentre risultati positivi ma più limitati verranno realizzati da elettronica e sistema moda. A differenza però di quanto osservato nei cicli economici del passato - spiegano gli analisti - il positivo andamento delle esportazioni degli ultimi anni non è bastato a sostenere gli acquisti di macchinari e mezzi di trasporto, in contrazione anche nel 2014. Nonostante le misure incentivanti e un grado di utilizzo degli impianti non distante dalle medie di lungo periodo, sembra più debole la relazione export-investimenti. Una spiegazione possibile è legata a fattori contingenti, tra cui le incertezze che coinvolgono sia la domanda che l'accesso al credito. Ma su un orizzonte più ampio pesa anche il progressivo maggior peso di altre tipologie di investimenti, da quelli intangibili a quelli effettuati direttamente sui mercati esteri di produzione o vendita. Fattori che per gli analisti dovrebbero continuare ad agire da vincolo, portando a una evoluzione lenta degli investimenti anche nei prossimi anni. La crescita delle vendite all'estero, se non sufficiente per spingere una nuova robusta fase di investimenti, sarà tuttavia in grado nel 2015 di riportare finalmente il segno più sui ricavi manifatturieri. A prezzi costanti il recupero è quantificabile in 13 miliardi di euro, con le performance migliori in termini percentuali per metallurgia, meccanica ed elettrotecnica, mentre l'elevata dipendenza dal mercato interno continuerà a frenare i risultati di costruzioni e alimentari. Alla "ripresina" dei ricavi - si legge SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Solo l'export «salva» l'industria 07/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato nel rapporto - seguirà anche un miglioramento nei margini aziendali, fondamentale per poter avviare un nuovo ciclo di investimenti. Recupero della domanda interna ed estera, limitate tensioni sui costi, indebolimento dell'euro e selezione delle imprese in difficoltà spingeranno verso l'alto la redditività di coloro che riescono a resistere, arrivando nel 2016 a sviluppare un margine operativo lordo pari all'8,3% del valore della produzione, oltre un punto in più rispetto a quanto accadeva nel 2012. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Mol Il Margine Operativo Lordo, spesso usato con l'acronimo Mol (in inglese Ebitda), indica il risultato lordo della gestione ordinaria della società, ossia i ricavi meno i costi, senza prendere ancora in considerazione gli oneri/interessi finanziari, gli ammortamenti e le imposte. Secondo il rapporto Prometeia, il recupero della domanda interna, le esportazioni, le limitate tensioni sui costi, l'indebolimento dell'euro e la ridotta concorrenza porteranno le aziende a sviluppare nel 2016 un Mol pari all'8,3% del valore della produzione, oltre un punto in più rispetto al 2012. Con il miglioramenti dei ricavi e dei margini operativi potrà essere avviato un nuovo ciclo di investimenti. LE ESPORTAZIONI Crescita tendenziale dei principali paesi mondiali (var.%I semestre 2014) IL FATTURATO Evoluzione nel manifatturiero (miliardi di euro a prezzi costanti) L'analisi 820 800 780 760 740 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Italia Belgio e Luss. Germania Messico Spagna 0,5 1,1 1,3 2,2 2,3 Polonia 8,4 I SETTORI Previsioni di crescita 2015-16 (var.%mediaannua, prezzi costanti) Prod. costr. 0,81 Alim. - bevande 1,23 Farmaceutica 1,26 Elettrodom. 1,34 Elettronica 1,45 Int. chimici 1,48 Sist. moda 1,52 Altri intermedi 1,57 Mobili 1,58 Ind. manif. 1,86 Prod. metallo 1,91 Largo consumo 1,94 Auto e moto 2,44 Elettrotecnica 2,59 Meccanica 2,72 Metallurgia 2,96 73 miliardi LA PERDITA DI FATTURATO DAL 2011 Foto: - Fonte: Prometeia - Intesa Sanpaolo 07/11/2014 ItaliaOggi Pag. 4 (diffusione:88538, tiratura:156000) In Gazzetta Uffi ciale il fondo straordinario per l'editoria. Da ieri è operativo il Fondo straordinario per l'editoria istituito dalla Legge di stabilità per il 2014, dopo la pubblicazione in Gazzetta Uffi ciale del decreto del presidente del consiglio dei ministri con il quale sono state ripartite le risorse per gli interventi di sostegno al settore. Le misure a disposizione delle imprese editoriali riguardano gli investimenti in innovazione tecnologica e digitale, anche per imprese di nuova costituzione, gli incentivi alla nuova occupazione e il sostegno agli ammortizzatori sociali. Tra le varie misure, circa 7 milioni e mezzo di euro sono destinati al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese: i fi nanziamenti bancari per investimenti in innovazione tecnologica e digitale saranno assistiti dalla garanzia pubblica, rendendo così più facile per le imprese l'accesso al credito e migliori le condizioni ottenibili. Ancora, 11 milioni di euro sono poi stanziati per promuovere nuove assunzioni di giornalisti: lo stato si fa carico di tre anni di contribuzione previdenziale per i contratti a tempo indeterminato e del 50% della contribuzione previdenziale per i nuovi assunti a tempo determinato. Il decreto prevede ulteriori meccanismi per incentivare la trasformazione delle posizioni a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Due milioni di euro sono destinati, infi ne, al sostegno degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione guadagni straordinaria e contratti di solidarietà) gestiti dall'Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. News Corp, sale il fatturato del primo trimestre ma cala la pubblicità. Il colosso dei media del magnate australiano Rupert Murdoch ha riportato risultati superiori alle attese nel primo trimestre fi scale grazie ai libri e ai siti di annunci immobiliari. In generale i profi tti sono saliti a 65 milioni di dollari dai 27 mln dello stesso periodo dell'anno scorso e il giro d'affari è aumentato del 4% a 2,15 miliardi di dollari, in entrambi i casi meglio di quanto avevano previsto gli analisti. A dare un impulso positivo ai conti sono state le attività nell'editoria libraria, che genera il 19% del fatturato totale del gruppo: le entrate sono salite del 24% a 406 milioni di dollari trainate dai marchi HarperCollins e Amplify Learning (+56% a 42 milioni). Simile incremento hanno conosciuto anche i ricavi dai servizi digitali sull'immobiliare. La stampa quotidiana e periodica, fra la quale anche il Wall Street Journal e le attività online, ha invece visto le entrate diminuire del 3%. Cbs in streaming con l'app dedicata. È stata lanciata ieri l'applicazione per vedere in streaming su internet i programmi di Cbs: una piattaforma indipendente che consente di guardare i prodotti della tv pagando un canone mensile e senza dover essere già abbonati alla tv via cavo o satellitare. Si chiama Cbsn, si potrà vedere anche sul sito CBSNews.com, sul sito mobile, sulla Fire tv di Amazon e su Roku. Wa r n e r M u s i c e n t ra i n SoundCloud. L'etichetta discografi ca metterà a disposizione parte del proprio catalogo sul servizio condivisione di musica. Warner è la prima major a stringere un accordo con SoundCloud, già utilizzato ampiamente, invece, dai musicisti e dalle etichette indipendenti per far conoscere la loro musica. Da questa estate SoundCloud ha cominciato a visualizzare pubblicità per monetizzare la propria attività e suddivide i ricavi con le etichette con cui ha accordi. Warner dovrebbe anche entrare nella società con una quota del 3/5%. Benedetti italiani! di Alberto Toscano su Amazon. Il libro di Alberto Toscano, il celebre giornalista italiano trapiantato a Parigi e collaboratore di ItaliaOggi, sbarca su Amazon, sia in versione Kindle (a 5,99 euro) che cartacea (a 16,40 euro). Benedetti italiani! passa in rassegna le passioni, le speranze e i cliché dello Stivale. Si tratta della versione in italiano (Della Porta Editori) di Sacrés Italiens, il libro edito da Armand Collin del gruppo Hachette, e osannato da Le Figaro, che ha raccontato gli italiani ai francesi. Fox News vince le elezioni in Usa. Fox News, come i repubblicani, ha vinto le elezioni americane di medio termine. Il canale tv, parte della galassia controllata da Rupert Murdoch, ha conquistato la maggior parte dell'audience statunitense della tv via cavo e ha avuto la meglio su tutte le trasmissioni della serata. Lo ha fatto nonostante la poca af uenza alle urne e lo scarso interesse per le dirette tv dedicate alle elezioni. Fox News è stata la rete televisiva più seguita negli Stati Uniti con 6,6 milioni di spettatori contro i 5,4 milioni di Cbs, arrivata seconda. Nel 2010, ultimo anno in cui i repubblicani vinsero nettamente alle elezioni di midterm, SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA 07/11/2014 ItaliaOggi Pag. 4 (diffusione:88538, tiratura:156000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il canale era stato seguito da 300 mila persone in più, riuscendo comunque ad arrivare primo. Nel segno della profonda assenza di interesse per questa tornata elettorale, anche le altre emittenti televisive hanno registrato un sostanziale calo degli ascolti rispetto a quattro anni fa. Cnn e Msnbc hanno registrato entrambe il 13% in meno rispetto il 2010. Eu rospo rt, più tennis con il Torneo Atp di Stoccarda. L'emittente trasmetterà il torneo in esclusiva in Europa (con l'eccezione della Germania). L'accordo comprende i diritti televisivi e digitali per le prossime tre edizioni del torneo conosciuto anche come MercedesCup, dall'edizione 2015 fi no a quella del 2017 compresa. Il prossimo anno si disputerà dal 6 al 14 giugno 2015. Oltrea tre tornei del Grande Slam, Eurosport trasmette alcuni dei tornei Atp e Wta su diverse superfi ci: fra queste, il cemento di Doha, la terra rossa di Norimberga, l'erba di Nottingham e i tornei indoor a Linz e in Lussemburgo. L'Atp di Stoccarda si giocherà sull'erba del nuovo Centre Court del Tennis Club Weissenhof, uffi cialmente inaugurato ieri da Tommy Haas, vincitore di 15 tornei Atp. A Mondado ri Store il premio «Insegna dell'anno» per le librerie. Mondadori Store è stata premiata come «Insegna dell'Anno Italia 2014-2015». Il premio è stato istituito nei Paesi Bassi nel 2003 e successivamente introdotto con il nome di «Retailer of the Year» anche in Belgio, Italia, Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Austria e Lussemburgo. La prima edizione di «Insegna dell'Anno Italia 20142015» è stata promossa da Q&A Research & Consultancy e SEIC Studio Orlandini. 07/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:104189, tiratura:173386) Industria, ripresa in vista nel 2015 Francesco Colamartino Il settore manifatturiero italiano continuerà a presentare sintomi di febbre nell'anno in corso, ma già a partire dal 2015 avrà inizio il processo di guarigione. È quanto emerge dalla diagnosi dei settori industriali realizzata da Intesa Sanpaolo e Prometeia. Secondo il rapporto, la debolezza della domanda sul mercato interno ed estero, in particolare europeo, ha frenato i segnali di ripresa del manifatturiero italiano emersi alla fine del 2013, tanto che per la fine dell'anno in corso il fatturato del settore sarà dello 0,2% inferiore a quello dello scorso anno. Ma già a partire dall'anno prossimo l'industria italiana tornerà a crescere, seppur con ritmi ancora modesti (+1,8% nel 2015 e +1,9% nel 2016) e tali da non permettere al settore di recuperare i 45 miliardi persi dal 2011 (-5,5%) a causa della recessione del triennio 2012-2014. La crescita del fatturato del manifatturiero italiano sarà però trainata soprattutto dalle esportazioni, visto che i consumi interni sono in una fase di stabilizzazione ancora lenta. Gli esportatori italiani, nonostante una domanda mondiale in rallentamento, hanno saputo confermare il primato di crescita tra i maggiori concorrenti mondiali, tanto che nel primo semestre dell'anno solo la Polonia ha presentato ritmi di sviluppo dell'export maggiori di quelli italiani. Secondo l'analisi, nei prossimi due anni l'export manifatturiero italiano crescerà del 3,6% e il surplus commerciale raggiungerà i 100 miliardi di euro. Nonostante il dato positivo, il buon andamento delle esportazioni non è bastato a rilanciare gli acquisti di macchinari e mezzi di trasporto da parte delle industrie manifatturiere italiane, anzi, la relazione tra esportazioni e nuovi investimenti si è indebolita. Oltre alla solita incertezza delle aspettative e a un mercato del credito ancora ingessato, i minori investimenti sono dovuti al fatto che sempre maggior peso stanno acquisendo le esportazioni in settori, come la farmaceutica, l'elettrotecnica e la meccanica, caratterizzati da produzioni con minor impiego di capitale fisso. Saranno infatti proprio l'elettrotecnica e la meccanica a guidare la crescita dell'export italiano, insieme a metallurgia, auto e moto. In linea con il dato medio del manifatturiero rimarranno invece i produttori di beni intermedi, mentre quelli di beni di consumo sconteranno una domanda interna debole e non compensata dall'estero. Fanalino di coda i produttori di materiali per le costruzioni, penalizzati da una minor apertura al commercio internazionale e dalla perdurante debolezza del ciclo dell'edilizia in Italia. Il rapporto prevede infine cambiamenti strutturali anche nei conti finanziari delle imprese. L'apertura al commercio estero, con soggetti pubblici e privati che pagano prima e con maggior puntualità rispetto a quanto avviene in Italia, ridurrà infatti il capitale circolante necessario per la ripresa produttiva. (riproduzione riservata) MANIFATTURA ITALIA 2010 2012 2016 2014 720 840 810 780 750 Fonte: Stime Prometeia, Intesa Sanpaolo Le stime di ripresa del settore secondo Prometeia per il 2015-2016. In mld di € a prezzi costanti SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 07/11/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'EXPORT FARÀ CRESCERE IL FATTURATO MA NON GLI INVESTIMENTI
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