IL PICCOLO – mercoledì 7 maggio 2014 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli ECONOMIA (pag. 2) Fincantieri a Piazza Affari: parte la richiesta alla Consob REGIONE (pag. 3) Strizzolo in Paritetica dopo l’addio di Illy TRIESTE (pag. 4) Offerta tedesca per il Molo Settimo (2 articoli) Fiom: «Sbagliato dare carta bianca ad Arvedi» «Precari a rischio, sos alla Regione» GORIZIA-MONFALCONE (pag. 6) Vertenza Ennova, spiragli di salvataggio La Regal libera di partire, ma resta il pignoramento ECONOMIA Fincantieri a Piazza Affari: parte la richiesta alla Consob di Massimo Greco TRIESTE Fincantieri in Borsa, secondo atto dopo la deliberazione assembleare di lunedì: presentato ieri a Consob la richiesta di autorizzazione alla pubblicazione del prospetto informativo relativo al progetto di quotazione. Banca Imi, Credit Suisse, J.P. Morgan, Morgan Stanley e UniCredit Banking agiscono quali coordinatori dell'offerta globale. Banca Imi è responsabile del collocamento per l'offerta pubblica, mentre UniCredit Corporate & Investment Banking agisce in qualità di sponsor. I “joint bookrunners” sono Bnp Paribas, Citigroup, Deutsche Bank Ag, London Branch, Goldman Sachs, Hsbc Bank plc e Mediobanca. L’apertura ai capitali privati divide il sindacato: due organizzazioni sono d’accordo, uno è contraria. A ribadire un no «preoccupato» è per Fiom-Cgil, sindacato di maggioranza “relativa” all’interno del gruppo, il coordinatore della cantieristica Alessandro Pagano. Un no su tutta la linea, indirizzato innanzitutto verso il governo, o meglio i governi, accusato/i di trascurare ormai da lustri l’impostazione di una politica industriale. «La quotazione di Fincantieri - osserva Pagano - si profila come un’operazione utile per fare un po’ di cassa, che tra l’altro si rivelerà una goccia nel mare del debito pubblico nazionale. Non sottende alcun significato industriale, perchè i futuri azionisti investiranno nell’azienda per ragioni essenzialmente speculative». Non piace a Pagano il modo in cui l’esecutivo gestisce la cessione di quasi mezza società: «Non c’è trasparenza e il governo si guarda bene dal convocare i sindacati per spiegare modalità e obiettivi dell’operazione. E di aspetti molto delicati, come la produzione militare, non si parla». Ma anche il vertice Fincantieri - incalza l’esponente dei metalmeccanici Fiom - ci mette del suo, in quanto «la privatizzazione avviene in assenza di un piano industriale». Decisamente diverso l’atteggiamento dei metalmeccanici Fim-Cisl e Uilm. «La privatizzazione viene avviata in un momento favorevole osserva il triestino Alberto Monticco, coordinatore della navalmeccanica targata Fim - dopo la difficile fase sofferta tra il 2009 e il 2011. Si è rivelata decisiva l’intesa raggiunta con i sindacati alla fine del 2011, intesa che ha consentito di continuare l’attività produttiva in tutti i siti». «Ci aspettiamo che, con la quotazione in Borsa, Fincantieri ricalibri relazioni industriali appropriate. Speriamo soprattutto che sia un collocamento ben disegnato e non una svendita». «Ci sono due ambiti - conclude Monticco - sui quali vogliamo maggiore chiarezza da parte dell’azienda: il futuro del militare e le ricadute dell’offshore Vard sugli stabilimenti italiani». Anche il dirigente Fim ritiene necessaria una convocazione chiarificatrice da parte del governo. «Percorso di rafforzamento economico e industriale» lo definisce Mario Ghini, segretario nazionale dei metalmeccanici Uilm. Ma, mentre Fincantieri cerca di attirare 600 milioni di risorsa “fresca” per rafforzarsi, le istituzioni - sostiene Ghini - non sembrano all’altezza della sfida: «Sono inaccettabili le situazioni in cui versano il cantiere di Palermo (dove i lavoratori hanno recentemente occupato l’assessorato regionale all’industria, ndr) e quello di Sestri Ponente dove la lentezza della macchina pubblica non ha ancora avviato i necessari interventi infrastrutturali, da anni annunciati ma ancora inesistenti». REGIONE Strizzolo in Paritetica dopo l’addio di Illy di Marco Ballico TRIESTE Dall’imprenditore prestato alla politica al politico di professione, la Paritetica Stato-Regione cambia guida. Ivano Strizzolo succede a Riccardo Illy, che si è dimesso un mese fa, ed è il nuovo presidente della commissione in cui si definiscono i confini della specialità. L’ex deputato del Pd, sin dalla prima riunione, batte un colpo: fa approvare la bozza del decreto legislativo sulla fiscalità di vantaggio e la invia al Cdm. È il primo passo di un percorso che può consentire alle imprese regionali di competere con Austria e Slovenia. Al di là della nomina di Strizzolo, l’insediamento si è reso necessario per il cambio della guardia al governo nazionale. La Paritetica era infatti stata nominata nel dicembre dell’anno scorso quando a Palazzo Chigi c’era ancora Enrico Letta. I componenti vengono ora ribaditi. Roma indica nuovamente i giuristi Luciano Vandelli e Elena D’Orlando e aggiunge, al posto di Illy, il docente di diritto costituzionale Roberto Bin (oggi a Ferrara ma in passato anche all’università di Trieste), mentre la Regione riconferma la fiducia, oltre che in Strizzolo, in Leopoldo Coen e in Daniele Galasso. Strizzolo presidente è una soluzione che emerge dopo un confronto che, in partenza, non escludeva altre ipotesi. C’era la disponibilità di D’Orlando, pure quella di Bin, ma alla fine, posto che la Regione dà un suo parere al governo, la fiducia di Debora Serracchiani nei confronti del neopresidente ha sicuramente pesato. «Un augurio di buon lavoro a tutti – le parole del ministro per gli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta, ieri a palazzo della Stamperia con il sottosegretario Gianclaudio Bressa –. Troverete sempre assoluta disponibilità all’ascolto e all’interlocuzione su tutte le questioni che riguardano le comunità locali e i territori». «Marito fortunato, papà di due figlie volate dal nido e di due cuccioli maremmani. Grande passione per la politica», scrive Ivano Strizzolo sul suo profilo Twitter. Adesso il democratico di Bicinicco dovrà aggiungere un’altra stelletta. E non potrà mancare un pensiero a Illy. Dopo aver sollecitato Roma ad affidargli il compito di rilanciare la commissione, Serracchiani, con rammarico, ha dovuto prendere atto del passo indietro dell’ex governatore arrivato in conseguenza della sentenza di condanna in appello della procura generale della Corte dei conti su un’operazione di cartolarizzazione della Regione nel 2004. Secondo i magistrati contabili, che hanno valutato in 700mila euro il danno erariale, Illy e la sua giunta si sono resi colpevoli di aver venduto alcuni immobili di proprietà dell’amministrazione regionale a prezzo eccessivamente contenuto. Di qui le parole chiarissime dell’ex presidente: «Stante la sentenza, mi sento inadeguato per qualsivoglia incarico pubblico, elettivo o di nomina che sia». E il conseguente addio pure alla Paritetica. Il successore? «Sono convinto che il ministro saprà trovare un componente con capacità anche superiori alle mie e senza questo vulnus». La decisione ricade su Strizzolo, uomo di Franco Marini, eletto per la prima volta in Parlamento nel 2006 (e poi ancora nel 2008), sette anni passati in commissione Finanze, ma con alle spalle una lunga carriera politica iniziata nella Dc, sino alla dirigenza nazionale dei gruppi giovanili, e proseguita poi nel partito Popolare, nella Margherita, nel Pd. Passando per la giunta provinciale di Udine e per il Consiglio regionale, dal 1993 al 1998, nomine anche nel cda del Burlo alla fine degli anni Ottanta e nel Porto di Trieste in rappresentanza della Provincia di Udine. «È una fase delicata – commenta Strizzolo –, proprio domani (oggi, ndr) inizia un tavolo importantissimo sui rapporti finanziari con lo Stato. Ma, in commissione, abbiamo anche iniziato la partita della riduzione della pressione fiscale sulle imprese. Quando il governo approverà il decreto legislativo, la Regione potrà recepirlo con una sua legge». Se ne riparla, sempre in Paritetica, il 28 maggio. TRIESTE Offerta tedesca per il Molo Settimo di Silvio Maranzana Il Molo Settimo fa gola al principale colosso europeo dei terminal container. È la tedesca Eurokai con sede ad Amburgo che in Italia opera attraverso la controllata Contship già presente a La Spezia, Gioia Tauro, Cagliari, Ravenna, Salerno oltre che a Tangeri in Marocco, e che ora punterebbe a gestire contestualmente anche le banchine di Trieste e di Capodistria per farne il superporto dell’Alto Adriatico. Il vicepresidente con delega ai terminal marittimi di Contship Italia, Marco Simonetti, affiancato almeno in un’occasione da Sebastiano Grasso, l’altro vicepresidente che sovrintende alle attività logistiche e intermodali, avrebbe incontrato già per tre volte, a Trieste e a Roma per discutere di questo tema specifico, il sindaco Roberto Cosolini e la governatrice Debora Serracchiani. Contship Italia si appresterebbe ora a fare un’offerta a Pierluigi Maneschi proprietario di Trieste marine terminal. Una conferma su almeno un colloquio face to face arriva dallo stesso Cosolini: «Normalmente incontro tutti gli operatori interessati a investire sull’area triestina - afferma il sindaco così è stato un paio di anni fa per i manager di Apm Terminals (Gruppo Maersk) che ho portato poi anche dalla presidente dell’Autorità portuale e il cui interesse sul nostro porto mi pare non sia tramontato. Similmente non posso negare di aver visto nei giorni scorsi i vertici di Contship Italia». Che è una società che si occupa appunto di container anche se il sindaco non riferisce nemmeno l’oggetto specifico del colloquio. L’operazione Contship scollinerebbe il 2015, prescindendo così da un anche marginale coinvolgimento nella trattativa dell’attuale governance dell’Authoruty vista la scadenza del mandato, il prossimo gennaio, di Marina Monassi. Non potrebbe però essere differita a lungo dal momento che il motivo scatenante dell’interesse di Contship è la “P3”, la sigla che contraddistingue l’alleanza monstre stretta tra le tre più grandi compagnie container al mondo: Maersk, Msc e Cma-Cgm che si appresta a colonizzare il mercato schierando 255 navi con una capacità complessiva di 2,6 milioni di teu, ma che già ora movimenta il 50% del traffico in Mediterraneo. E la P3 ha inserito Trieste (dove sbarcherà con un servizio di linea sembra già a fine agosto) assieme in Italia soltanto a Genova, La Spezia, Livorno e Napoli tra i suoi porti di destinazione finale. La presenza di Simonetti e Grasso in piazza Unità (ma pare anche a Capodistria) nei giorni in cui era aperto il bando per la Ferriera di Servola, aveva indotto in errore: non era quello l’obiettivo di Contship che finora però ha fatto i conti senza l’oste, cioé senza lo stesso Maneschi. «Ho sentito della loro visita in città e pensavo fossero venuti per la banchina di Servola - replica quasi stizzito Maneschi, titolare di una concessione che scadrà appena nel 2031 - Se così non è, ho la conferma che l’Italia è un paese di pazzi. Se mai un giorno vorrò un socio, sarò io a scegliermelo. Ma forse c’è qualcuno che spera di entrare al Molo Settimo in modo subdolo, con appoggi politici. Non ci riuscirà perché non cedo nemmeno una quota di minoranza. Nonostante la concorrenza impari che ci viene da Capodistria (ma che con il progetto Contship verrebbe in qualche modo superata, ndr.), stiamo andando bene. Per la prima volta nel 2013 Trieste marine terminal ha chiuso il proprio bilancio in attivo (per 1 milione e 50mila euro, ndr.), sebbene siamo costretti a tenere le tariffe del 25% più basse dei porti del Tirreno. Cresciamo nei traffici, negli introiti, nell’occupazione. Di vendere non se ne parla proprio». All’apparire dell’interesse del Gruppo Maersk, Maneschi aveva indicato proprio la necessità di arrivare a bilanci in attivo prima di poter prendere in esame eventuali proposte di acquisto della società. Come si fa a escludere nella sua reazione, una strategia per alzare il prezzo? Oltre a Contship e Maersk, anche Dubai ports avrebbe inviato propri manager in avanscoperta a Trieste: rischia di scatenarsi una piccola (dati i colossi in campo) asta. In una recente intervista al nostro giornale Simonetti ha affermato: «Sono fermamente convinto delle potenzialità di sviluppo del sistema portuale dell’Alto Adriatico. Sono convinto che Trieste abbia ampi margini di miglioramento, però può e deve fare di più». Movimentati oltre 5 milioni di Teu lo scorso anno Contship Italia, la più importante società italiana che gestisce terminal container, ha movimentato nel 2013 negli scali italiani che controlla (La Spezia, Gioia Tauro nella foto, Cagliari, Ravenna e Salerno) 5 milioni 174mila teu (540mila in più rispetto all’anno precedente). Un milione e 64mila sono stati quelli movimentati nel porto di Tangeri in Marocco. Nell’ambito delle attività ferroviarie intermodali, dov’è pure presente, ha lamentato una leggera flessione dei volumi trasportati dalle sue società Sogemar e Hannibal che hanno chiuso il 2013 con 240mila teu (247mila nel 2012), ma con un incremento dei treni per chilometri movimentati da Oceanogate Italia (1 milione 154mila contro 840mila). Il terminal di Melzo in provincia di Milano ha aumentato la movimentazione dei convogli cher nel 2013 hanno raggiunto le 5mila e 500 unità. I dipendenti del gruppo sono 2mila 650 e il fatturato supera i 300 milioni. Il Molo Settimo (458mila teu nel 2013) è il settimo terminal container italiano dietro Gioia Tauro, Genova, La Spezia, Cagliari, Livorno e Napoli. (s.m.) Fiom: «Sbagliato dare carta bianca ad Arvedi» di Silvio Maranzana Dopo l’attacco, poi ricompostosi, della Cgil alla giunta regionale, arriva quello della Fiom triestina alle amministrazioni di centrosinistra e in particolare al comportamento da queste tenuto sulla riconversione dell’area di Servola. Il segretario provinciale Stefano Borini ribadisce la posizione del sindacato di categoria all’indomani dell’ultima seduta del Tavolo sulla Ferriera tenutasi in Regione alla quale già Uilm e Fim-Cisl hanno avuto reazioni tra loro diversificate chiedendo la prima un assorbimento da parte della nuova proprietà di tutti i dipendenti della Luchini e la seconda invocando piena occupazione ma considarando anche altre realtà se non sarà possibile reinserire tutti in Ferriera. L’attesa è forte sul piano industriale con annessi piano finanziario e piano ambientale che il Gruppo Arvedi dovrà ora presentare congiuntamente alla proposta vincolante d’acquisto. «Il Piano industriale esiste già, qualcuno l’ha visto - spiega Borini - e le indiscrezioni filtrate non fanno che accrescere i timori già manifestati nella fase in cui il gruppo di Cremona sembrava sul punto di sottoscrivere il contratto d’affitto e in una lettera metteva in discussione non solo i livelli occupazionali, ma anche le condizioni economico normative attuali in vista della riassunzione di una parte dei dipendenti.» Ma secondo Borini, che riconosce che comunque con l’aggancio di un nuovo potenziale acquirente per la Ferriera un minimo risultato è stato raggiunto, l’azione delle istituzioni e cioè Regione in primis, ma anche Comune e Provincia, «è stata fortemente carente dal punto di vista di un Piano organico di carattere generale che praticamente non esiste. Si è semplicemente preferito - attacca il segretario - dare carta bianca ad Arvedi con un’impostazione che la Fiom non condivide assolutamente. Non basta attirare soldi, ma compito precipuo delle istituzioni è vigilare affinche i soldi vadano a beneficio della collettività, la governance pubblica sull’operazione però non ha funzionato.» In sostanza secondo Borini si è persa un’occasione perché non si sono cercati altri imprenditori anche in altri ambiti industriali, non si sono considerate altre aree pur comprese nel perimetro da valorizzare e non è stata opportunamente considerate l’area nel suo complesso che ha un valore e una potenzialità che vanno al di là della Ferriera. «Anche l’Accordo di programma - sottolinea il segretario della Fiom ha considerato un inquadramento totale e investimenti solo dal punto di vista ambientale, ma non da quello economico-industriale. «Alle isttizuioni dunque - chiude Borini - chiediamo un cambio di passo nella speranza che non sia troppo tardi.» «Precari a rischio, sos alla Regione» Il sindaco Roberto Cosolini esprime la propria preoccupazione per le conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale sulle assunzioni nel Comparto Unico del Fvg. «Sono insostenibili per il Comune di Trieste sia per le pesanti ripercussioni su un numero consistente di lavoratori precari che da molti anni garantiscono i servizi (che come noto intendevamo stabilizzare e che invece rischiano la parte tout court del posto di lavoro), sia per la qualità del servizio pubblico in campo educativo ai cittadini e alle famiglie che finora il Comune di Trieste ha garantito su elevati standard quantitativi e di affidabilità. «E’ necessario un intervento della Regione per affrontare e risolvere rapidamente questo problema e in questo senso va l’invito degli Assessori Grim e Treu all’Assessore Regionale Panontin e il mio appello alla Presidente alla Presidente della Regione. «Quando parliamo del Comune di Trieste, parliamo di un'Amministrazione sana, con una situazione opposta a quella precaria o addirittura dissestata di altri Enti locali che, giustamente, vanno limitati nella spesa pubblica laddove non hanno saputo gestirla con equilibrio e oculatezza. Ma qui, come già per il patto di stabilità, stiamo parlando invece di un Ente locale che gestisce da sempre con rigore i suoi bilanci». GORIZIA-MONFALCONE Vertenza Ennova, spiragli di salvataggio Sono attese per la prossima settimana importanti novità sulla situazione della centrale elettrica a biomasse Ennova di Gorizia, e soprattutto sul futuro della ventina di operai rimasti senza stipendio. Come abbiamo anticipato dal nostro giornale, infatti, nella mattina di ieri l'assessore provinciale al Lavoro Ilaria Cecot ha ricevuto una delegazione dei dipendenti dell'azienda, di proprietà della Ely Spa di Solbiate Olona, assieme a Fabio Baldassi della Fiom Cgil, che già nei mesi scorsi era stato l'unico rappresentante sindacale a seguire l'evoluzione della situazione della centrale. Durante il confronto l'assessore si è messo in contatto telefonicamente (e in viva voce per coinvolgere gli operai presenti) con l'amministratore delegato della Ennova Fabrizio Tagetti, e con il consulente giuslavorista dell'azienda Vittorio Colombo. Le parti, su precisa richiesta di Ilaria Cecot, hanno concordato sulla necessità di organizzare quanto prima un incontro faccia a faccia, presumibilmente a Gorizia, per la prossima settimana. In questi giorni la Provincia, di concerto con la Fiom Cgil, formalizzerà la richiesta ai vertici societari, e poi verranno definiti luogo, giorno e ora del confronto. Qualora Tagetti e Colombo dovessero essere impossibilitati a raggiungere Gorizia, una delegazione isontina formata da Cecot, Baldassi e un gruppo di operai è pronta ad affrontare la trasferta a Varese. L'incontro si farà, dunque, e dovranno uscirne risposte più precise sul futuro dell'azienda rispetto a quelle piuttosto interlocutorie arrivate ieri. Ennova è di proprietà esclusiva di Ely Spa, società che vanta 29 soci di cui alcuni di grande rilevanza internazionale. Ely sta attraversando un momento di gravissima difficoltà, tanto che è stata presentata il 4 aprile richiesta di concordato preventivo (si va dunque verso il fallimento), con la società che non è stata in grado per mancanza di liquidità di provvedere finora al pagamento della cassa integrazione per i dipendenti goriziani negli ultimi tre mesi. L'ad Tagetti si è detto assolutamente disponibile al dialogo – smentendo anche il fatto di non aver mai incontrato i dipendenti nei mesi scorsi -, e ha assicurato di essere al lavoro per arrivare quanto prima al pagamento degli arretrati. Nel frattempo bisognerà capire anche quale potrà essere il futuro di Ennova, per la quale secondo la proprietà la crisi sarebbe legata a contingenze (costo elevato delle materie prime su tutte) e vi sarebbe l'interesse da parte di diversi soci di Ely nel mantenerla in vita. Dalla Provincia di Gorizia, a fronte però della presentazione di un business plan concreto, è stata avanzata anche la proposta di aprire in regione un tavolo di crisi. Insomma, qualcosa si muove. Ma bisogna far presto, perché agli operai il tempo inizia a mancare: senza stipendio da ormai più di tre mesi, alcuni di loro rischiano a breve di ritrovarsi letteralmente a dormire su una strada. Marco Bisiach La Regal libera di partire, ma resta il pignoramento di Giuseppe Palladini “Regal Princess” è libera di partire. Lo ha deciso ieri pomeriggio il giudice del Tribunale di Gorizia Micol Sabino, accogliendo il ricorso d’urgenza presentato a suo tempo da Princess Cruises contro il pignoramento chiesto dai legali della famiglia di Vincenzo Castellano, in merito alla vicenda giudiziaria in corso con Fincantieri sul risarcimento per l’invalidità, prima, e per la morte, anni dopo, dell’uomo. Ieri mattina, davanti allo stesso giudice, si è tenuta l’udienza relativa a un altro aspetto della complessa vicenda. In relazione al ricorso d’urgenza il magistrato si è era riservato di decidere. E ieri pomeriggio, a sorpresa, ha emesso un provvedimento con cui ha appunto accolto il ricorso di Princess Cruises e disposto che la trascrizione del pignoramento venga cancellata dal registro delle navi in costruzione tenuto dalla Capitaneria di porto. «Il pignoramento rimane - spiega l’avvocato Francesco Di Roma, uno dei legali della famiglia Castellano - ma in sostanza la nave è libera di partire». La decisione del magistrato ha in qualche modo spiazzato i legali rispetto a quanto deciso nell’udienza della mattina, nel corso della quale il magistrato ne ha fissato un’altra per domani. «Vedremo il da farsi nell’udienza dell’8 maggio», si limita a dichiarare l’avvocato Di Roma. Ieri mattina la complessa vicenda ha registrato un fatto nuovo. Nel corso dell’udienza il magistrato ha comunicato la notifica agli avvocati della famiglia Castellano (avvenuta nello studio veneziano dei legali) della richiesta di conversione del pignoramento depositata venerdì scorso in cancelleria dai legali di Fincantieri. Deposito che è avvenuto con il contestuale versamento di 220mila euro (il 20% del risarcimento chiesto dalla famiglia, pari a 1,1 milioni) e appunto con la richiesta di svolcolo del bene pignorato. Con l’istanza è stato chiesto poi al magistrato di fissare un’udienza in cui definire la cifra esatta del risarcimento e fissare il termine per il pagamento. Da notare che il pignoramento può essere rimosso solo dopo è stata pagata l’intera somma relativa al risarcimento. La nave quindi avrebbe potuto partire solo dopo che tutta la somma fosse stata versata e dopo che il giudice avesse emesso un provvedimento con cui svincola il pignoramento e ordina alla Capitaneria di porto di cancellarlo dai suoi registri. Ieri mattina, come detto, è stato fissata un’altra udienza per domani, in cui appunto stabilire tempi e ammontare del risarcimento. Nel pomeriggio, però, c’è stato il colpo di scena di cui si è detto. Domani, un nuovo capitolo della vicenda legale, ma con la nave ormai “libera”.
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