LA BÖGIA DI MERIDE

LA BÖGIA DI MERIDE
Il San Giorgio è una montagna che non finirà mai di stupirci. Dopo le rarità botaniche
e i fossili di 200 milioni di anni - un vero archivio che racchiude la vita animale e
vegetale del Triassico - essa nasconde anche alcune grotte di cui una, che non è la più
lunga e forse nemmeno la più bella, è certamente la più nota e frequentata del Ticino.
Per arrivare all’imbocco si parte dalla piazzata di Meride, davanti alla chiesa ; si sale
per un centinaio di metri e poi si gira a destra. Un sentiero pianeggiante porta in pochi
minuti su un lato della valle Serrata. Si sale costeggiandola per circa 15 minuti fino
ad un bivio: da qui il sentiero di destra scende fino al fiume che sovente è asciutto e
termina proprio davanti all’imbocco della grotta: la Bögia.
L’entrata è bassa, ma il soffitto si innalza quasi subito sopra i quattro metri. Dopo una
decina di metri la grotta curva leggermente e si arriva ad un primo salto di un paio di
metri di altezza : sulla sinistra, alcune pozzette di acqua di origine calcarea. E qui
svanisce la luce che penetra all’entrata e ci si immerge nell’oscurità totale . Dopo
circa 40 metri, cominciano le difficoltà : un laghetto sbarra completamente il
passaggio e, oltre il laghetto, si trova “ la cascata”, una parete calcarea che fa onore al
suo nome. Per superarla bisogna aggrapparsi alle stalattiti. In cima alla parete, alta 67 metri, ci sono due pozzette dai bordi ben marcati che permettono di issarsi in un
piccolo e stretto canale che porta sopra la cascata e il laghetto, ad uno spiazzo
chiamato “Sala del Baldacchino”, in quanto ci sono due congregazioni calcaree a
forma di baldacchino.
Da questo momento è consigliato non soffrire di claustrofobia, perché si deve
cominciare a strisciare per poter continuare l’esplorazione. La grotta svolta
bruscamente e si restringe in una fessura verticale che conduce alla cosiddetta
“Ghigliottina” : una lama calcarea che sembra posta lì per intimidire i profanatori di
quel regno di oscurità e silenzio. Alcuni blocchi franati dal soffitto formano un
passaggio inclinato, molto basso, nel quale si è obbligati a strisciare sul ventre. Poi la
grotta si restringe ancora e si riduce ad un foro di una cinquantina di centimetri di
diametro, in cima ad un pozzo di un paio di metri di altezza. Dopo questa strozzatura,
si scende nella “Sala lunga”, dal fondo sempre coperto di acqua e argilla che rendono
molto difficoltoso il passaggio. A circa un centinaio di metri dall’entrata, si arriva alla
“Diga”, una barriera alta poco più di due metri che può essere insuperabile se non si è
adeguatamente attrezzati. Questo muro coperto di argilla bagnata è molto scivoloso e
nasconde una cameretta stretta con sul fondo una pozza d’acqua e ...alcuni sacchetti
di plastica. Il mio compagno di avventura, Roberto Heck, giustamente l’ha battezzato
“Buco della spazzatura”. Dopo alcuni metri, la grotta si restringe di nuovo alla “ Buca
delle lettere” e due passaggi sovrapposti conducono alla grande biforcazione. Nel
cunicolo superiore alcune stalattiti ostruiscono il passaggio e obbligano a veri
contorcimenti per superale. Quello inferiore, dal fondo fangoso, porta ad una delle
meraviglie di questa grotta : dal soffitto infatti pendono tante stalattiti a forma di
lunghe spatole che, se percosse dolcemente, emettono ognuna un suono diverso
dall’altra.
Subito dopo le stalattiti sonore, vi è “L’Organo” : una grande colata stalagmitica alta
più di tre metri. Alla sinistra dell’Organo parte un lungo cunicolo a forma di “Z”
chiamato cunicolo Huber e, a destra sopra l’Organo, appare un passaggio stretto e
angusto che porta ad una curva a gomito. Ancora un strettissimo cunicolo di alcuni
metri, che termina al “Buco del gatto”, e la grotta sfocia nella “Sala della Madonna”.
Arrivare fin lì è una vera sfida a se stessi e alla natura. Strisciare nel fango,
arrampicarsi su scivolose pareti calcaree, sgusciare attraverso cunicoli bui, freddi,
umidi, scomodi e stretti, è un’esperienza che mette a dura prova il fisico. Però, come
accade in molte grotte, anche per la Bögia di Meride le parti più lontane e
difficilmente raggiungibili sono le più belle, interessanti e affascinanti. La Sala della
Madonna è tutta coperta di concrezioni calcaree che le nostre lampade animavano di
mille e mille movimenti.
Siamo a quasi 300 metri dall’entrata. Vi è ancora un cunicolo nel quale non siamo
riusciti a penetrare, perché quasi completamente ostruito. Esso porta a una piccola
sala allungata dal nome invitante : “ Sala dei sospiri”. Una debole e misteriosa
corrente d’aria attraversa il cunicolo, come se il monte San Giorgio respirasse.
Dalla Bögia salendo verso la cima del San Giorgio, si incontrano altre grottine poco
note. La più lunga, una settantina di metri, e la più famosa è laTana del Bearo, che si
trova a una decina di metri sotto la vetta.
Ely Riva, Grotte del Ticino, ESG no 1661