! INTERNET DELLE COSE, NUOVE LINEE GUIDA EUROPEE ! Introduzione Il 16 settembre 2014 l’Article 29 Data Protection Working Party ha pubblicato il parere n. 8/2014 relativo agli ultimi sviluppi in materia di “internet delle cose”. Il gruppo di lavoro, istituito sulla base della Direttiva 95/46/EC e composto da rappresentanti delle autorità nazionali di vigilanza, dell’European Data Protection Supervisor nonché della Commissione Europea, s’interessa con questo parere di un fenomeno di recente comparsa, ma già molto diffuso nella nostra vita quotidiana e destinato ad interferire sempre di più con la sfera personale dei cittadini Europei (e non). Internet of Things è un neologismo riferito all’estensione della rete internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti: sempre più oggetti di uso quotidiano (ma non solo) sono dotati di un collegamento più o meno permanente alla rete internet nonché di sensori ed altri apparati in grado di monitorare e registrare le azioni e le abitudini delle persone. Il collegamento di detti oggetti (che indicheremo come “dispositivi IoT”) alla rete internet permette lo scambio, l’archiviazione, la condivisione, l’elaborazione di enormi flussi di informazioni ed in particolare, per quanto interessa il gruppo di lavoro, di un numero elevato di dati personali. I campi di applicazione dell’IoT sono evidentemente molteplici e numerose sono le criticità da un punto di vista del diritto in particolare sotto il profilo del trattamento dei dati personali e della sicurezza dei dati. Dal punto di vista industriale i dispositivi IoT rappresentano un mercato in forte crescita e la costante diminuzione dell’ingombro dei dispositivi IoT unitamente alla crescente capacità di calcolo dei medesimi lascia presagire una crescita sostenuta per il futuro. Pertanto, la necessità di individuare le regole applicabili a questo settore soddisfa sia le esigenze di protezione dei diritti fondamentali dei cittadini EU che l’interesse delle imprese EU ad operare conformemente ad un quadro normativo ben definito. Il parere esaminato non rileva tuttavia solo per le persone Europee in senso stretto, ma potrebbe essere di particolare interesse anche per soggetti stabiliti al di fuori dell’Unione Europea. Quanto precede poiché conformemente a consolidata giurisprudenza per l’applicazione delle norme Europee e degli stati EU in materia di protezione dei dati personali è sufficiente che il trattamento dei dati avvenga per il tramite di un “apparato” (in inglese “equipment”) localizzato nel territorio di uno Stato EU senza che sia rilevante la giurisdizione di residenza del soggetto titolare del trattamento. ! © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale Focus su 3 applicazioni dell’IoT Non potendo analizzare tutti i potenziali sviluppi dei dispositivi IoT, il gruppo di lavoro ha deciso di concentrarsi in particolare su 3 possibili applicazioni: la domotica, i dispositivi IoT indossabili nonché i sistemi di monitoraggio delle abitudini e delle attività quotidiane come ad esempio sensori per il sonno, i contatori di consumo calorie ed altri. Le linee guida indicate per queste 3 applicazioni potranno comunque essere utilizzare in via analogica per altri dispositivi IoT. I principali attori dell’IoT Diverse figure operano nel mondo dei dispositivi IoT dal lato fornitori: produttori dei dispositivi, sviluppatori di software, gestori di social networks, fornitori di capacità di archiviazione; e diverse sono le categorie di fruitori che usano dispositivi IoT: utenti registrati, utenti non registrati; ed anche soggetti terzi coinvolti nel trattamento loro malgrado. Dal punto di vista dei fornitori il gruppo di lavoro passa in rassegna una serie di esempi in cui i soggetti sopra indicati sono a vario titolo ed in diverso modo coinvolti nel trattamento di dati personali individuando le varie responsabilità secondo la normativa in materia di protezione dei dati personali. Sotto questo profilo il parere del gruppo di lavoro non offre spunti particolarmente innovativi. Principali profili di rischio dell’IoT Il gruppo di lavoro individua nell’asimmetria informativa e nella mancanza di controllo sui propri dati personali la prima criticità dei dispostivi IoT. Questi dispositivi permettono la condivisione di dati personali tra produttori, sviluppatori di software, fornitori di capacità di calcolo, cloud providers, analisti ecc. I dati raccolti dai dispositivi IoT sono frequentemente condivisi con terze parti spesso e volentieri all’insaputa della persona fisica cui si riferiscono i dati personali che molto spesso o non è al corrente della condivisione stessa o non conosce l’ambito e le finalità di questa condivisione. In altre parole le caratteristiche tecniche dei dispositivi IoT sono tali da generare un traffico di dati personali estremamente difficile da controllare e tracciare come peraltro avviene in altri settori come quello del cloud computing o del big data. L’impossibilità o estrema difficoltà per l’individuo di avere consapevolezza di quanti e quali dati personali vengono trattati e/o condivisi da un dispositivo IoT genera un’ulteriore criticità: l’impossibilità per l’individuo di prestare un consenso informato al trattamento dei dati personali. Altra macro-criticità individuata dal gruppo di lavoro riguarda il trattamento dei dati raccolti da dispositivi IoT per finalità diverse da quelle direttamente associate ad un certo dispositivo. L’inter-connettività dei dispositivi può infatti essere utilizzata per trattare dati personali per finalità completamente estranee (c.d. “uso secondario”) rispetto alle finalità associate ad un IoT, per esempio un dispositivo conta calorie (uso primario) basato sulla rilevazione dei movimenti di una certa persona, potrebbe raccogliere dati che opportunamente elaborati da un soggetto terzo potrebbero servire a monitorare le © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale condizioni fisiche o a profilare le abitudini di consumo di detta persona (uso secondario). Ancor più critico è lo scenario in cui questo trattamento di dati per finalità venga posto in essere da soggetti terzi ignoti alla persona fisica cui si riferiscono i dati personali. E’ quindi importante per il gruppo di lavoro che i dati grezzi raccolti da un dispositivo IoT non vengano condivisi con terze parti per un trattamento diverso da quello per il quale è stato prestato il consenso da una certa persona. La sicurezza è un altro aspetto critico in questo settore dei dispositivi IoT. Con le attuali tecnologie la portabilità viene spesso preferita a scapito della sicurezza e pertanto questi dispositivi sono spesso vulnerabili rispetto ad attacchi esterni. E’ bene ricordare che ai sensi dell’art. 17 della direttiva 95/4/EC i titolari del trattamento devono adottare misure tecniche ed organizzative idonee a garantire la protezione dei dati personali. Su questo punto è probabile che il progresso della tecnologia permetterà di realizzare in futuro dispositivi tanto portatili quanto sicuri; nelle more il gruppo di lavoro suggerisce di limitare per quanto possibile la quantità di dati raccolti dai dispositivi in modo da dedicare maggiori risorse (es. memoria o batteria) alla sicurezza dei dati, nonché di prevede per la stessa finalità degli aggiornamenti automatici dei dispositivi IoT. Principi fondamentali in materia di trattamento dei dati ed IoT Il gruppo di lavoro individua un nucleo fondamentale di norme in materia di protezione di dati personali mondo dei dispositivi IoT. La rassegna fatta dal gruppo non è esaustiva e non esclude quindi l’applicazione di altre regole in funzione delle caratteristiche dei dispositivi IoT nonché delle finalità e modalità della raccolta di dati personali del caso concreto. I principi fondamentali elencati dal gruppo di lavoro sono: i) la necessità di ottenere il consenso preventivo ed informato della persona fisica cui si riferiscono i dati personali salvo che il trattamento non sia oggettivamente necessario per l’esecuzione di un contratto di cui detta persona è parte; ii) in mancanza di consenso o di necessità per l’esecuzione di un contratto, la legittimità del trattamento dei dati personali ove sia necessario per soddisfare un interesse legittimo del titolare del trattamento, fermo restando che detto interesse verrà meno a confronto con un interesse o un diritto fondamentale della persona fisica cui si riferiscono i dati personali (c.d. bilanciamento di interessi). Da notare che il gruppo di lavoro rimanda sul punto del bilanciamento tra interesse legittimo del titolare del trattamento ed i diritti fondamentali del titolare dei dati al noto caso Google Spain nel quale la Corte di Giustizia EU ha indicato chiaramente che il trattamento di dati personali per finalità di lucro non può arrecare pregiudizio ai diritti fondamentali del cittadino ed è quindi illegittimo in mancanza di un consenso dell’individuo interessato; Inoltre, ricordiamo come il principio del bilanciamento di interessi sia praticamente inutilizzabile in Italia poiché il bilanciamento non può essere valutato in via preventiva dal titolare, ma deve essere confermato dal garante sulla base di un provvedimento generale o speciale; iii) la necessità di raccogliere e trattare i dati nei limiti del consenso prestato e per le finalità indicate chiaramente dal titolare del trattamento; © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale iv) la necessità di non raccogliere i dati personali più a lungo del tempo necessario; v) la necessità di informare la persona fisica cui si riferiscono i dati personali circa il diritto di ottenere in qualsiasi momento informazioni circa il trattamento dei dati, l’identità dei soggetti coinvolti a vario titolo nel trattamento nonché il diritto di revocare il consenso al trattamento in qualsiasi momento (c.d. “user empowerment”); vi) la necessità di garantire adeguati livelli di sicurezza ed in particolare di commisurare le misure di sicurezza alle caratteristiche tecniche dei dispositivi IoT (vedi in particolare una ridotta capacità di calcolo o la minor frequenza degli aggiornamenti di dispositivi che non sempre sono collegati alla rete internet); a tal proposito il gruppo di lavoro ha notato come l’esigenza di portabilità possa giustificare l’adozione di misure di sicurezza meno rigorose rispetto a quelle adottate in altri settori. Infine, il gruppo di lavoro suggerisce che prima del lancio di un dispositivo IoT o di una nuova applicazione venga completato un Privacy Impact Assessment secondo le stesse linee guida adottate dal gruppo di lavoro il 12 gennaio 2011 per le applicazioni RFID. Conclusioni Il rispetto delle raccomandazioni e linee guida (alla cui lettura si rimanda) proposte dall’Article 29 Data Protection Working Party pur non garantendo automaticamente la conformità del trattamento realizzato tramite dispositivi IoT alla normativa in materia di trattamento di dati personali costituisce un insieme di “best practices” che opportunamente seguite garantiranno con ragionevoli margini di sicurezza il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. In ogni caso per garantire le conformità assoluta al quadro normativo applicabile sarà sempre necessario valutare caso per caso le caratteristiche del dispositivo IoT nonché le specifiche modalità e finalità del trattamento dei dati personali. R E C E N T I D E C I S I O N I I N M AT E R I A D I P R O P R I E T À INTELLETTUALE. ! Riteniamo utile riportare di seguito una selezione di alcune recenti pronunce delle corti comunitarie e nazionali in materia di proprietà intellettuale. ! Uso del patronimico dello stilista. Alviero Martini vs. Alviero Martini S.p.a. Con sentenza dell’8 aprile 2014 (sentenza n. 4706/2014) il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa “A”, si è pronunciato in relazione ad una controversia avente ad oggetto i limiti di utilizzo di nomi di persone notorie, nel caso di specie dello stilista Alviero Martini (noto per l’idea di rivestire valige e borse con il disegno –cd. Geo – di una vecchia carta geografica da esso disegnata). Dal 2005 Alviero Martini non collaborava più con la società che egli stesso ha fondato (la Alviero Martini S.p.A.) e alla quale aveva ceduto diversi marchi che includevano il proprio nome (tra cui il marchio “Alviero Martini Prima Classe”). Lo stilista aveva agito nei confronti © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale della Alviero Martini S.p.A. lamentando, tra l’altro, l’indebito utilizzo del proprio patronimico da parte di quest’ultima, che in alcuni casi lo avrebbe utilizzato in via autonoma, ossia sganciato dal marchio “Alviero Martini Prima Classe”, condotta che, secondo lo stilista, integrava altresì violazione dell’accordo transattivo sottoscritto tra le parti. Il Tribunale ha ritenuto illecito tale utilizzo, rilevando che il nome “Alviero Martini” ricade nella previsione di cui all’articolo 8, comma 3, del D. Lgs. 30/2005 (recante il Codice della Proprietà Industriale), secondo cui i nomi di persona notori possono essere usati come marchio solo dall’avente diritto o con il consenso di esso. Il Tribunale ha invece respinto le domande dello stilista relative alla decadenza dei marchi della società per sopravvenuta ingannevolezza. In senso analogo, ancorché con riferimento alla registrazione di marchio comunitario, si è pronunciata la Corte di Giustizia nella causa C-263/09 P (richiamata nelle motivazioni della sentenza in esame), relativa alla registrazione del marchio “Elio Fiorucci” da parte della multinazionale giapponese Edwin Co. Ltd, alla quale lo stilista aveva ceduto i marchi “Fiorucci”. In tale occasione la Corte ha chiarito che il titolare di un patronimico notorio ha il diritto di opporsi all’uso di tale nome come marchio, qualora egli non abbia prestato il proprio consenso alla registrazione. ! Giurisdizione in caso di contraffazione e concorrenza sleale Con sentenza del 5 giugno 2014, causa C-360/12 (Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH, c. First Note Perfumes NV), la Corte di Giustizia ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai criteri per determinare la competenza in materia di contraffazione di un marchio comunitario, di cui all’articolo 93, par. 5, regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario applicabile alla controversia in questione (oggi sostituito dal regolamento n. 207/2009) e all’articolo 5, par. 3, del regolamento n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Di seguito una sintesi della vicenda che ha dato origine alla pronuncia in esame. Coty Germany GmbH, società con sede in Germania che produce e distribuisce profumi e prodotti cosmetici, ha agito di fronte alle corti tedesche nei confronti di un venditore all’ingrosso di profumi stabilito in Belgio per contraffazione di un proprio marchio comunitario tridimensionale che rappresenta un flacone, registrato per prodotti di profumeria, e per concorrenza sleale. In particolare, il venditore all’ingrosso avrebbe venduto profumi in un flacone analogo a quello registrato da Coty Germany sul territorio belga ad un rivenditore con sede in Germania, il quale successivamente li avrebbe commercializzati in Germania. La Corte di Giustizia ha fornito i seguenti chiarimenti: (i) la nozione di territorio “dello Stato membro in cui l’atto di contraffazione è stato commesso”, di cui all’articolo 93, par. 5, del regolamento sul marchio comunitario n. 40/94 deve essere interpretata nel senso che, in caso di vendita e di consegna di un prodotto contraffatto sul territorio di uno Stato membro, seguite da una rivendita, da parte dell’acquirente, sul territorio di un altro Stato membro, tale disposizione non consente di radicare una competenza giurisdizionale a conoscere di un’azione © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale per contraffazione diretta contro il venditore iniziale che non ha operato in prima persona nello Stato membro cui appartiene il giudice adito; (ii) l’articolo 5, par. 3, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che esso non consente di radicare, a titolo di luogo del fatto generatore di un danno derivante dalla violazione della legge relativa alla repressione della concorrenza sleale, la competenza giurisdizionale di un giudice di uno Stato membro in cui il solo tra i presunti autori ad esservi convenuto non ha operato in prima persona; tuttavia, tale norma consente di radicare la competenza giurisdizionale a conoscere di un’azione per responsabilità fondata sulla suddetta legge nazionale e promossa contro una persona stabilita in un altro Stato membro, alla quale si addebita la commissione, in quest’ultimo, di un atto che ha causato o rischia di causare un danno nel distretto del giudice adito (nel caso di specie, la Germania). ! Il testo integrale della sentenza è reperibile a questo link. ! Carattere distintivo di marchi figurativi. il lucchetto Louis Vuitton Nel 2004 Louis Vuitton aveva registrato come marchio comunitario figurativo un “dispositivo di chiusura” (si trattava del lucchetto cd. “Fermoir S” di seguito riprodotto), per numerose classi di prodotti (apparecchi e strumenti ottici; cofanetti per bijoux; borse e trousse da viaggio; bauli e valigie; portadocumenti e portacarte; ecc.): Alcuni anni dopo, su istanza della società Friis Group International, la prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (“UAMI”) ha dichiarato la nullità del marchio in questione per carenza di carattere distintivo, considerando che tale marchio avesse la forma dei prodotti da esso contrassegnati. La decisione dell’UAMI è stata successivamente confermata dal Tribunale UE (causa T-237/10) in relazione ad alcuni dei prodotti designati e, a seguito di successive impugnazioni, il caso è giunto di fronte alla Corte di Giustizia. Quest’ultima, con sentenza del 15 maggio 2014 (C-97/12 P, Louis Vuitton Malletier c. UAMI), ha confermato la sentenza del Tribunale affermando che ogni segno che rappresenta la forma di una parte di un prodotto deve rispettare i principi delineati in relazione ai marchi tridimensionali e, in particolare, deve discostarsi in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore. La sentenza è disponibile a questo link. ! Disegni e modelli comunitari non registrati Con sentenza del 19 giugno 2014, nella causa C-345/13 (Karen Millen Fashions Ltd / Dunnes Stores), la Corte di Giustizia si è pronunciata in materia di tutela dei disegni e © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale modelli comunitari non registrati, in particolare circa il requisito del “carattere individuale” necessario perché un disegno possa godere di tutela ai sensi del regolamento comunitario n. 6/2002 su disegni e modelli comunitari. L’articolo 6 del citato regolamento afferma che un disegno ha carattere individuale se l’impressione generale da esso suscitata nell’utilizzatore informato differisce in modo significativo dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato al pubblico precedentemente. La pronuncia si inserisce nell’ambito di una causa promossa dalla Karen Millen Fashions Ltd (“KMF”), società di diritto inglese che produce e vende abiti per donna, contro la Dunnes Stores, gruppo di vendita al dettaglio in Irlanda, che tra l’altro vende capi di abbigliamento femminile, per ottenere il divieto di utilizzo, da parte di quest’ultima, di disegni o modelli non registrati di cui la KMF rivendicava la titolarità. Dunnes sosteneva che la KMF non fosse titolare di un disegno o modello comunitario non registrato poiché, da una parte, detti disegni o modelli non presentavano un carattere individuale ai sensi del regolamento n. 6/2002 (sostenendo, al riguardo, che l’esistenza del carattere individuale dovesse essere esaminata rispetto non solo a uno o più disegni o modelli singoli divulgati al pubblico anteriormente, ma anche a combinazioni di elementi isolati, tratti da più disegni e modelli anteriori), dall’altra, la KMF non aveva comunque fornito prova del loro carattere individuale. La Corte di Giustizia, adita in via pregiudiziale dalla corte suprema irlandese, ha chiarito che affinché un disegno o modello possa essere considerato dotato di un carattere individuale, l’impressione generale da esso prodotta sull’utilizzatore informato deve essere diversa da quella prodotta su tale utilizzatore non da una combinazione di elementi isolati, tratti da più disegni o modelli anteriori (come sosteneva Dunnes), bensì da uno o più disegni o modelli anteriori, considerati singolarmente. In secondo luogo, la Corte rileva che, nelle azioni per contraffazione, il titolare di un disegno o modello comunitario non registrato non è tenuto a provarne il carattere individuale, ma deve soltanto indicare in cosa il suo disegno o modello presenta un carattere individuale, ossia gli elementi che, a suo parere, conferiscono ad esso tale carattere. Il testo integrale della sentenza è reperibile a questo link. ! Registrazione come marchio della rappresentazione di un flagship store Con sentenza del 10 luglio 2014, causa C-421/13 (Apple Inc. c. Deutsches Patent- und Markenamt), la Corte di Giustizia si è occupata della possibilità di registrare la rappresentazione grafica del design e dell’allestimento dei noti Apple Stores (cd. flag-ship stores) come marchio tridimensionale. La sentenza trae origine dal diniego, da parte dell’ufficio brevetti e marchi della Germania, di estendere al territorio tedesco la registrazione del marchio ottenuto da Apple negli Stati Uniti, in quanto, secondo l’ufficio, la rappresentazione degli spazi destinati alla vendita dei prodotti di un’impresa altro non sarebbe che la rappresentazione di un aspetto essenziale dell’attività di tale impresa. La rappresentazione grafica in questione è la seguente: © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale La Corte di Giustizia, a seguito del rinvio della Corte federale tedesca dei brevetti adita da Apple, ha chiarito che una rappresentazione, come quella offerta da Apple, che raffigura l’allestimento di uno spazio di vendita mediante un insieme continuo di linee, di contorni e di forme, pur in assenza dell’indicazioni delle dimensioni e delle proporzioni, può costituire un marchio a condizione che tale rappresentazione, secondo i principi generali in materia di marchi, sia atta a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa che richiede la registrazione da quelli di altre imprese. Il testo integrale della sentenza è reperibile a questo link. ! BREVISSIME AGCOM ISTITUISCE OSSERVATORIO PERMANENTE SU INNOVAZIONE DEI SERVIZI MEDIA AUDIOVISIVI ! Nella riunione del Consiglio del 23 settembre, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha istituito un osservatorio permanente sull’innovazione dei servizi di media audiovisivi. L’obiettivo principale dell’osservatorio è quello di agevolare il dialogo sulle questioni relative ai servizi di media audiovisivi tra i diversi soggetti che operano nel settore: le istituzioni, gli operatori di mercato e le associazioni dei consumatori. L’osservatorio concentrerà la sua attività su alcuni specifici temi indicati nella delibera istitutiva, in particolare il passaggio della trasmissione del segnale del digitale terrestre allo standard DVB-T2 (che implicherà la sostituzione degli apparecchi riceventi esistenti), il ruolo dei produttori di apparati riceventi e smart tv, la navigazione tematica tra i canali attraverso le guide elettroniche ai programmi (EPG) e la regolamentazione unitaria dei nuovi sistemi di navigazione con riferimento anche alla raccolta di dati di profilazione degli utenti e le relative questioni di tutela della privacy. I lavori dell’Osservatorio sono svolti sotto il coordinamento della Direzione Servizi Media, I soggetti interessati possono far pervenire presso AGCOM la propria dichiarazione di adesione all’osservatorio. R E G O L A M E N T O A G C O M D D A O N L I N E : L A PA R O L A A L L A C O R T E COSTITUZIONALE ! Il 26 settembre scorso il Tar Lazio, con due ordinanze gemelle, ha rimesso alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale ai pilastri sui quali si fonda il regolamento AGCOM sulla tutela del copyright online, vale a dire il decreto legislativo 70/2003. In particolare, nelle ordinanze segnalate i giudici amministrativi passano in rassegna le disposizioni legislative considerate rilevanti da AGCOM per l’emanazione del regolamento vale a dire: gli articoli 5 comma 1, 14 comma 3, 15 comma 2 e 16 comma 3 del decreto sul commercio elettronico (D.Lgs. 70/2003) nonché il comma 3 dell’articolo 32-bis del TUSMA (D.Lgs. 117/2005) introdotto dal c.d. Decreto Romani (D.Lgs 44/2010). L’insieme di tali © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale previsioni, secondo il Collegio, palesano dei possibili profili di illegittimità costituzionale: a) per violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica (come previsti dagli articoli 2, 21 primo comma, 24 e 41 della Carta fondamentale); b) per violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa; c) per violazione del principio del giudice naturale in relazione alla mancata previsione di garanzie e tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero in rete almeno equivalenti a quelle previste per la stampa (con violazione degli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25 primo comma della Carta fondamentale). Va sottolineato che il Tar non ha riscontrato alcun vizio di merito nel regolamento, perciò sarà la Corte Costituzionale a decidere delle sorti del provvedimento dell’AGCOM. Il nodo centrale che la Consulta è chiamata a dirimere, se riterrà ammissibili le questioni presentate, riguarda l’inquadramento a livello costituzionale del diritto d’autore e più in generale dei diritti di proprietà intellettuale. Per un’approfondita analisi delle decisioni segnalate si rimanda a un articolo pubblicato su Medialaws. CAMERA DEI DEPUTATI: PUBBLICATA LA PRIMA BOZZA DELLA “DICHIARAZIONE DEI DIRITTI IN INTERNET” ! Il 13 ottobre scorso è stata pubblicata sul sito della Camera dei Deputati la prima bozza della “Dichiarazione dei Diritti in Internet”, redatta dalla Commissione per i diritti e i doveri in internet, insediatasi lo scorso 28 luglio su iniziativa della presidente della Camera Laura Boldrini e composta da rappresentanti di tutti gli schieramenti politici attenti alle tematiche del digitale, studiosi ed esperti, tra cui il Prof. Stefano Rodotà, operatori del settore e rappresentanti di associazioni. Il documento, composto da un preambolo e 14 articoli, è fondato <<sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona>>, la cui garanzia è <<condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale>>. In particolare nel documento presentato: • si sostiene l’importanza di un’adeguata tutela dei dati personali in Rete • si riconosce la centralità del diritto di accesso ad Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate ed aggiornate, nonché il diritto alla neutralità della Rete; • si ribadisce che le piattaforme digitali (Facebook, Twitter, etc.) sono tenute a comportarsi con lealtà e correttezza nei confronti degli utenti, fornendo agli stessi informazioni chiare e semplificate sul funzionamento della piattaforma, e non modificando in modo arbitrario le condizioni contrattuali e/o ponendo in essere azioni che possano determinare difficoltà o discriminazioni nell’accesso; • si ribadisce anche il diritto all’anonimato e il diritto all’oblio degli utenti di internet, fatte salve le eventuali limitazioni derivanti dall’esigenza di tutelare interessi pubblici © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale prevalenti e comunque assicurando la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica ad essere informata, quali condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica; • si riconosce l’interesse alla sicurezza in Rete come interesse pubblico, da garantirsi attraverso l’integrità delle infrastrutture e la loro tutela da attacchi esterni, e come interesse delle singole persone; si riconosce, inoltre, anche il diritto degli utenti ad essere educati alla navigazione nel web, in modo da acquisire le capacità necessarie per utilizzare internet in modo consapevole e attivo. Il citato documento sarà sottoposto ad una consultazione pubblica al fine di assicurare una partecipazione più larga possibile alla definizione di un testo finale: a partire dal 27 ottobre 2014, infatti, sarà possibile pubblicare commenti e proposte in merito alla redazione della Dichiarazione dei Diritti in Internet sulla piattaforma online Civici. AGCOM: APPROVATI I CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DEI CANONI DELLE FREQUENZE TELEVISIVE TERRESTRI ! Nella riunione del 30 settembre 2014 il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha adottato una delibera recante i criteri per la determinazione, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), dei contributi annuali per l’utilizzo delle frequenze televisive terrestri a carico degli operatori di rete. L’Autorità, in ossequio al disposto di cui all’art. 3-quinquies del Decreto Legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44, ha assunto come valore di riferimento il prezzo di aggiudicazione delle frequenze televisive nell’asta conclusasi nel mese di giugno. In particolare, la citata delibera prevede: a) un incremento del contributo per ogni multiplex addizionale in funzione anti-concentrativa; b) un incentivo per l’utilizzazione di tecnologie innovative; c)un trattamento differenziato per gli operatori locali in ragione della peculiarità del settore. Con riguardo, poi, al criterio dell’applicazione progressiva del nuovo sistema di contributi di cui al comma 4 dell’art. 3-quinquies del citato Decreto, l’Autorità ha suggerito la definizione di un glidepath volto a garantire la progressività dell’imposizione e la parità di condizioni tra operatori, ritenendo, però, allo stesso tempo, di dover rimettere al Governo la valutazione circa la sua compatibilità con la previsione recata dal comma 7 dello stesso articolo, secondo cui dall’attuazione della disciplina non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Infatti, l’approvazione della delibera è stata preceduta da un’interlocuzione con il Sottosegretario di Stato del MISE Antonello Giacomelli, il quale ha preannunciato l’intendimento del Governo di procedere ad un riordino complessivo della disciplina in materia di frequenze, contributi e canoni, nell’ambito di un disegno di riforma unitario e coerente. La delibera di AGCOM è disponibile a questo link. ! © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale GIORNALISMO: NO A RAGGIRI E ARTIFICI. IL GARANTE PRIVACY RICHIAMA “LA Z A N Z A R A ” S U L C A S O B A R C A . S O N O P R AT I C H E I N G A N N E V O L I I L MASCHERAMENTO DELL'IDENTITÀ DELL'INTERLOCUTORE E LA SIMULAZIONE ! Il Garante privacy con il provvedimento 11 settembre 2014, n. 400 ha sancito l’illiceità del comportamento del collaboratore di Radio 24 che, imitando telefonicamente la voce di Nichi Vendola con cui il segnalante dimostrava di avere un rapporto di stima e fiducia, ha raccolto e divulgato informazioni private e confidenziali sulla possibile candidatura del già Ministro della Coesione Territoriale Fabrizio Barca a Ministro dell’Economia del costituendo governo presieduto da Matteo Renzi, poi riprese con grande risalto dalla stampa nazionale. Il ragionamento del Garante si basa sull’art. 2, comma 1 del Codice di deontologia dell’attività giornalistica il quale prevede che chi raccoglie dati a fini giornalistici è tenuto ad evitare l’uso di “artifici”. Il provvedimento del Garante è disponibile a questo link. GARANTE PRIVACY: STOP ALLE "TELEFONATE MUTE" DEI CALL CENTER ! Dal 4 ottobre è scaduto il termine di sei mesi concesso alle società di telemarketing per dare attuazione al provvedimento del 20 febbraio 2014, n. 83 del Garante Privacy che stabilisce i parametri delle impostazioni dei sistemi automatizzati di chiamata ai quali tali operatori devono attenersi al fine di evitare il fenomeno delle c.d. telefonate mute, fenomeno che, in alcuni casi, è stato vissuto come una vera e propria forma di stalking da parte degli utenti. In particolare il Garante ha stabilito che: • i call center devono conservare traccia precisa delle telefonate mute, le quali comunque non potranno durare più di 3 secondi; • il rapporto tra telefonate mute e telefonate andate attive deve essere di 3:100; la telefonata non può essere muta in senso stretto, ma devono potersi sentire i rumori di sottofondo (c.d. comfort noise) perché l’utente capisca che non si tratti di molestie telefoniche; • chi riceve una telefonata muta non può essere ricontattato per i successivi 5 giorni, dovendo in tal caso essere garantita la presenza di un operatore. Infine il medesimo provvedimento stabilisce che le società di telemarketing devono conservare per almeno due anni i report statistici relativi alle telefonate mute effettuate per rendere più agevoli eventuali controlli. PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE: INTERVENTO DELL’AGCM IN MATERIA DI CLAIM SALUTISTICI ! Con provvedimento del 9 settembre 2014, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (“AGCM”) ha irrogato una multa di 250.000 euro nei confronti di una società, colpevole di aver diffuso una campagna pubblicitaria ingannevole relativa ad un integratore alimentare a mezzo stampa, Radio TV e tramite sito internet dedicato. © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale Questo è solo uno dei numerosi procedimenti, conclusi in tempi recenti dall’AGCM, aventi ad oggetto l’uso scorretto di claim salutistici relativi a prodotti alimentari ed integratori alimentari. Secondo AGCM, in tutta l’attività promozionale dell’integratore alimentare si faceva ampio riferimento ai benefici di natura salutistica collegati alla sua assunzione, come l‘efficacia contro gravi patologie ovvero rispetto a malattie e stati fisiologici ampiamente diffusi, che sono risultati privi di validazione scientifica. Alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento, il prodotto in questione è in realtà un integratore alimentare a base di papaya, con sicure proprietà antiossidanti ma privo delle caratteristiche salutari millantate nella campagna pubblicitaria. AGCM ha quindi giudicato ingannevole tale pubblicità in quanto idonea ad indurre in errore i consumatori sulle caratteristiche del prodotto, al quale erano attribuiti effetti normalmente riferibili ad un farmaco. GARANTE PRIVACY: PUBBLICATI IL BILANCIO DELL'ATTIVITÀ ISPETTIVA DEL PRIMO SEMESTRE 2014 E IL PIANO DEGLI ACCERTAMENTI FINO A DICEMBRE ! Il Garante privacy ha reso noto il bilancio dell'attività ispettiva e sanzionatoria effettuate nei primi sei mesi dell'anno: 196 ispezioni e 299 procedimenti sanzionatori, in prevalenza per omessa informativa e trattamento illecito di dati, che hanno portato ad irrogare sanzioni per oltre 2 mln e mezzo di euro e 24 segnalazioni all'autorità giudiziaria. Gli accertamenti svolti hanno riguardato in particolare: il mobile payment, le app mediche, l'attività di telemarketing effettuata tramite call center operanti all'estero, l'intermediazione immobiliare, le strutture alberghiere, l'e-commerce, la verifica delle misure di sicurezza degli utenti delle reti tlc e Internet, il trasferimento di dati verso Paesi extra Ue. Dall’analisi dei dati risulta evidente che sussiste una scarsa informazione agli utenti sull'uso dei dati personali da parte della Pubblica Amministrazione e dei privati e sono ancora numerosi trattamenti illeciti degli stessi. Basti pensare che, nel semestre di riferimento, è stata contestata per la prima volta una sanzione nei confronti di una società telefonica per non aver tempestivamente segnalato al Garante e omesso di segnalare agli utenti, una violazione della sicurezza dei dati personali (data breach), venendo così meno all'obbligo di comunicazione imposto dalla recente normativa. Il Garante privacy ha inoltre varato il Piano ispettivo per il secondo semestre 2014 con la previsione di 200 ispezioni. Sono stati anche individuati nuovi ambiti di intervento: trattamenti di dati effettuati da medici di base e pediatri con riferimento all'impiego di programmi per la conservazione di dati sensibili presso terzi e la loro eventuale condivisione; trattamenti di dati effettuati da istituti bancari e società di recupero crediti con particolare attenzione alla verifica del rispetto delle regole dettate dal Garante sulla tracciabilità delle operazioni; accesso a Internet tramite reti wi-fi gratuite messe a disposizione degli utenti dalle Pa; adozione di misure di sicurezza a protezione dei dati sensibili trattati da soggetti pubblici e privati. I provvedimenti del Garante citati sono disponibili a questo link. © 2013 Portolano Cavallo Studio Legale ! I numeri precedenti sono disponibili online sul sito. ! 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