Aziz, il maratoneta in fuga da se stesso Dalle Olimpiadi di Pechino col Marocco all'arresto e alla condanna a cinque mesi con l'accusa di avere rubato un telefonino "A Genova da quando ho 12 anni ma non mi sono mai sentito accettato. Solo correndo sto bene, e ora voglio Rio" Abdel Aziz El Idrissi Ennaji Aziz corre forte. Più forte dei pregiudizi, dell'indifferenza. Della solitudine, della rabbia. Aziz è il campione, l'olimpionico, è il venditore di fiori ai semafori e il ladro. "Era in finale ai Giochi di Pechino, ieri ha rubato un cellulare ad un motociclista. Preso. Condannato", titolavano i media. Ma che ne sanno davvero diAbdel Aziz El Idrissi Ennaji, marocchino, 27 anni e più della metà trascorsi a Genova? Di un bambino costretto a crescere troppo in fretta in una città matrigna? Di un talento straordinario e di una società che non ha mai tempo per ascoltare? Stamane Aziz ha un volo da Bergamo per Casablanca. Torna al paese per un paio di settimane, torna dalla giovane moglie Fadoua, 17 anni - che ha appena sposato, il 26 agosto. Poi di nuovo a Genova. "La mia città. Dove tutto è cominciato. E da dove voglio ripartire". Però, prima di ascoltare la sua storia vale di partire dall'episodio dell'altro giorno, che non è mica come lo hanno raccontato. "Mi sono avvicinato ad un signore sullo scooter, gli ho chiesto se voleva comprarmi dei fiori. 'Vaffanculo', mi ha detto. 'Vaffanculo lo dici a tua sorella', gli ho risposto. Ci siamo strattonati, è arrivato un vigile e quello: 'Mi stava rubando il telefonino!'. Ho riflettuto: sono marocchino, vendevo fiori, questo urla che sono un ladro. Meglio scappare". Il ragazzo è magro, atletico. Ma come avranno fatto mai a fermarlo? "Mi sono fermato io, qualche metro dopo. Ci ho ripensato: forse mi crederanno ". Invece no. "La mia testimonianza contro la sua. Naturalmente ha vinto lui", dice, di una rabbia disperata. Laura Crispoldi, il suo avvocato, conferma: meglio patteggiare 5 mesi, e pena sospesa perché Aziz è incensurato. Ecco, ora comincia la sua storia. "Sono arrivato a Genova nel '98, avevo 12 anni. Ho raggiunto mio padre, venditore ambulante ai mercati. Al mattino a scuola alla Baliano, poi a casa - vico Croce Bianca, centro storico - per mangiare qualcosa di veloce. E subito a vendere fiori per strada, fino a sera. Papà e la famiglia avevano bisogno". Un bambino che all'inizio non sa una parola d'italiano, che ha perso tutti i suoi affetti. Che si sente solo da morire. "Un giorno ho visto il campo di atletica di Villa Gentile. Ho preso coraggio, sono arrivato fino alla pista con i miei fiori in mano e ho chiesto se potevo correre". Aziz intuisce che correre è il solo mezzo per comunicare, in questa terra nuova che gli sembra così diversa, lontana, ostile. "E io sapevo farlo. Al mio paese la prima gara campestre l'avevo vinta nel villaggio di Sidi Hajjaj, che emozione. Il più bel giorno della mia vita. Poi tante altre, sempre primo". Gli presentano un allenatore del Cus Genova, Sergio Lo Presti. "Gli ho detto che correvo i tremila metri in 9 minuti e mezzo, a piedi nudi. Si è messo ridere. Ma mi ha portato ad Imperia, ancora una campestre: fammi vedere, dài. Ho vinto ". Il bambino torna a sorridere. "Di giorno era dura, tra la scuola e il lavoro. Non avevo amici, nessuno dei compagni di classe mi ha mai invitato a casa sua. E comunque, non avrei potuto andarci. Che tristezza. Però poi arrivava la sera. Gli allenamenti, la gioia". Nel 2001 vince la prestigiosa Cinque Mulini nella categoria cadetti, poi la gara dei tremila nei tricolori. Un successo dietro l'altro. Diventato maggiorenne, vorrebbe prendere la cittadinanza italiana: "Mio padre è tornato al paese, malato di diabete. Io volevo cominciare a fare le pratiche, ma non trovavo mai il tempo". Un meeting dopo l'altro: anche il cronometro (13'06" sui 5.000) gli spalanca le porte delle Olimpiadi di Pechino. "Dove però sono arrivato troppo stanco per la preparazione fatta in Marocco. Poteva andare meglio". E' sempre tesserato per il Cus Genova, che gli trova qualche lavoretto. "Mauro Nasciuti, il presidente, è stato come un secondo genitore. E poi Roberto e Gigi, di Genova Running: mi regalavano le scarpe. La famiglia Trenta, che mi invitava a casa a pranzo. Maurizio Bennisci, che per un po' si è occupato di me. Tutte brave persone. Ce ne sono tante, a Genova". Punta sulla maratona: gli dicono che non ce la farà, ma lui è testardo e si allena da solo. Trentacinque chilometri al giorno, tutti i giorni: "La domenica ne correvo anche 39. Dall'Annunziata al Righi, le cuffiette con la musica araba nelle orecchie. Solo in quel modo mi sentivo davvero bene. Correre per essere felice, per scaricare tutta la rabbia che sentivo dentro". Esordisce sulla lunga distanza a Carpi, nel 2010: vittoria. L'anno dopo è primo a Casablanca e Torino, nel 2012 quarto a Daegu, in Corea. "Poi qualche infortunio. Un lungo stop, e uno strano malessere dentro. Non mi sentivo accettato, non sapevo più chi ero". Aziz ripensa al suo villaggio, Guelmim-Es Semara. Decide di chiedere la mano di Fadoua, figlia dell'uomo che tanti anni prima lo aveva convinto a partecipare alla prima gara. Tre settimane fa un matrimonio sontuoso, con milleduecento invitati, in cui il ragazzo investe tutti i risparmi. "Sono tornato a Genova nei giorni scorsi perché mi stava scadendo la carta di soggiorno. No, sono genovese ma non ancora italiano. Finalmente ho cominciato a preparare i documenti ". Dopo le prime pratiche, il progetto era di rientrare subito dalla moglie. "Avevo bisogno di denaro per pagarmi il biglietto aereo, e ho ricominciato a vendere fiori. Il resto lo sapete". La storia come finisce? "Che mi fermo un paio di settimane in Marocco. Respiro. E poi ricomincio da Genova, con un solo obiettivo: riprendere a correre, ad essere felice. Sono giovane, forte: punto alle Olimpiadi di Rio. In azzurro". E allora corri, Corri più forte che puoi, Aziz. Da olimpionico a ladro Quattro anni fa fu undicesimo alla gara olimpica in Cina nei 5.000. Si è ridotto a fare il ladro di telefonini. Niente più flash e interviste. Vive in un basso nel centro storico Abdel Aziz el Idrissi alla maratona di Torino Due anni fa partecipava ad una maratona internazionale, quella di Daegu in Corea. Quattro anni prima aveva addirittura corso alle Olimpiadi di Pechino. Gareggiava nei 5.000 metri. Era un atleta Abdel Aziz el Idrissi; oggi è diventato un ladro. In prigione è finito perché ha rubato un cellulare da un motociclista fermo al semaforo. Ha pure una pagina su Wikipedia ed Idrissi, 27 anni. Alla gara olimpica in Cina correva con la maglia della federazione nazionale marocchina. Finì in undicesima posizione. E tre anni dopo fu il primo a tagliare il nastro della maratona di Torino, quarto nella maratona internazionale in Corea l'anno successivo. Una stagione felice, piena di soddisfazioni: foto sui giornali, interviste. Era un campione promettente. Poi l'inciampo, la caduta nell'inferno: da atleta a ladruncolo. L'ha arrestato un carabiniere che, come lui, ha la passione della corsa: un carabiniere maratoneta l'ha bloccato in via XX Settembre, nel centro di Genova, pochi minuti dopo aver rubato un cellulare dalla tasca di uno scooterista. Si era avvicinato al motociclista fermo al semaforo con la scusa di vendergli dei fiori ma il suo scopo era altro: rubare lo smartphone. Un gesto veloce poi la fuga lui, che nella corsa è sempre stato un campione. Ma ha incocciato un carabiniere di quartiere che a correre è bravo anche lui. E presto il Iadro è finito in manette, davanti al giudice per furto: cinque mesi di condanna con la condizionale. Abdel è tornato a vendere fiori all'incrocio delle strade. Il fascino e la gloria dello sport sembrano una storia remota, eppure, appena pochi anni fa, era la sua vita. Vive in un basso nel centro storico, in vico Croce Bianca, accanto ai locali dove i transessuali accolgono i loro clienti.
© Copyright 2025 ExpyDoc