Il riferimento dei nomi di finzione Nomi di finzione I Ora che ci siamo chiariti le idee sul funzionamento dei nomi propri, siamo pronti per tornare alle domande che ci eravamo posti sui nomi di finzione. I “Sherlock Holmes” e “Irene Adler” in (1) sono nomi propri che si riferiscono a qualcuno oppure no? Sandro Zucchi (1) 2013-14 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 1 Un passo indietro I Se si riferiscono a qualcuno, a chi si riferiscono? I Se non si riferiscono a nessuno, come `e possibile che (1) sia vero? S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I degli esistenziali negativi, cio`e di enunciati come (2): Pegaso non `e mai esistito. I I Il problema posto da (2) ` e questo: (2) sembra essere vero e avere come oggetto Pegaso, ma se (2) `e vero, non ha come oggetto Pegaso, perch´e allora Pegaso esisterebbe, e se (2) ha come oggetto Pegaso, Pegaso esiste e dunque (2) `e falso. I Secondo Meinong, nomi di finzione come “Pegaso”, al pari di nomi come “Aristotele”, sono nomi propri e hanno un riferimento. La differenza `e questa: mentre “Aristotele” denota un oggetto esistente, “Pegaso” denota un oggetto che non esiste. In altre parole, secondo Meinong, esistono due tipi di oggetti: gli oggetti esistenti (come questo tavolo, questa sedia, voi, io) e gli oggetti non esistenti (come Pegaso e Sherlock Holmes). L’enunciato (3) `e falso, secondo questa tesi, in quanto il riferimento di “Pegaso” `e un oggetto inesistente: (3) I Sia Russell che Kripke, come abbiamo visto, negano, per ragioni diverse, che (2) abbia come oggetto Pegaso: il nome “Pegaso” in (2) non si riferisce ad alcun individuo (per Russell `e un abbreviazione di una descrizione che non contiene alcun termine singolare e per Kripke `e privo sia di riferimento che di contenuto descrittivo). I I Pegaso esiste. Uno di questi `e Meinong (1910). 3 Pegaso esiste. L’enunciato (2) `e vero, secondo questa tesi, per la stessa ragione: (2) I Ma altri filosofi negano invece che, se (2) ha come oggetto Pegaso, S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 2 Oggetti inesistenti I Facciamo un passo indietro. Torniamo per un attimo al problema (2) In Scandalo in Boemia, Irene Adler sfugge a Sherlock Holmes. Pegaso non `e mai esistito. L’enunciato (4) `e vero, secondo questa tesi, in quanto l’oggetto inesistente denotato da “Pegaso” ha la propriet`a di essere un cavallo alato: (4) Pegaso `e un cavallo alato. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 4 Scrupoli ontologici I Due obiezioni Il ricorso a oggetti inesistenti ci permette di rendere conto della verit`a di (2) e di trattare “Pegaso” come un nome proprio: (2) I Ma cosa c’`e che non va esattamente con la tesi che ci sono degli oggetti inesistenti? I Questa tesi, oltre a dar luogo a sguardi increduli, solleva diverse obiezioni (alcune sollevate da Russell stesso quando presenta la sua teoria delle descrizioni). I Ci limiteremo a considerarne due (che Russell non aveva considerato). La prima `e stata formulata originariamente da Williams (1962) e ripresa da Lewis (1986) (qui, vediamo la formulazione che ne d`a Currie 1990). La seconda `e suggerita da Lewis (1978). Pegaso non `e mai esistito. I Tuttavia, per molti filosofi ricorrere a oggetti inesistenti `e un prezzo troppo alto da pagare per risolvere il problema degli esistenziali negativi. I Infatti, Russell riteneva che uno dei vantaggi della sua teoria dei nomi propri fosse quello di evitare di introdurre entit`a dubbie come gli oggetti inesistenti di Meinong. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 5 Conseguenze scettiche S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 6 Prima obiezione . . . La tesi che possiamo riferirci a cose che non esistono `e soggetta a un’obiezione che `e sia semplice che devastante. Holmes, quella persona non esistente, presumibilmente pensa di esistere. Un Holmes che non lo pensasse non sarebbe un buon candidato per l’Holmes dei racconti, in quanto `e indubitabilmente vero nei racconti che Holmes pensa di esistere. E nulla che questo Holmes potrebbe scoprire riguardo a s´e stesso lo convincerebbe di non esistere, in quanto un Holmes a cui `e possibile mostrare che non esiste di nuovo non sarebbe l’Holmes inventato da Doyle. Come sappiamo, dunque, che noi esistiamo, dal momento che la nostra situazione epistemica `e la stessa di Holmes? Cosa potremmo mai fare per stabilire che esistiamo? Nulla, secondo coloro che pensano che alcune cose sono reali e altre no. Poich´e non potremmo dire, con Descartes, che sappiamo immediatamente che esistiamo dal momento che siamo coscienti; alcune cose non esistenti – Holmes per esempio – sono coscienti. Questo scetticismo radicalmente esteso potrebbe produrre un’opera di finzione divertente nello stile di Pirandello, ma sicuramente non `e un’opzione filosofica seria. Una metafisica che la accredita deve essere respinta. I La prima obiezione `e dunque questa: se ammettiamo che ci sono degli oggetti inesistenti, non `e chiaro in base a quale criterio potremmo affermare che noi, a differenza di loro, esistiamo. I Sappiamo che esistiamo perch´e siamo coscienti (come afferma Descartes)? Ma allora anche Holmes dovrebbe esistere, dal momento che `e cosciente. I Lo stesso ragionamento pu` o essere fatto per qualsiasi criterio venga proposto: Holmes non esiste, eppure soddisfa il criterio. I Il ricorso a oggetti inesistenti pare avere delle conseguenze scettiche inaccettabili. Currie (1990) S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 7 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 8 Oggetti incompleti I I I I I Seconda obiezione Prima di formulare la seconda obiezione, un’osservazione `e opportuna circa la natura di oggetti inesistenti come Pegaso e Sherlock Holmes. Per Meinong, oggetti inesistenti come Pegaso e Sherlock Holmes sono incompleti, cio`e sono specificati solo per alcune propriet`a. Alla luce delle nostre discussioni precedenti, dovrebbe essere chiaro perch´e, se ci sono oggetti del genere, sono incompleti: Holmes ha la propriet`a di essere un detective, ma, ad esempio, Holmes non ha n´e la propriet`a di essere alto 1.85 n´e la propriet`a di non essere alto 1.85. Dal momento che Holmes `e un oggetto incompleto, `e necessariamente inesistente, in quanto un oggetto pu`o esistere solo se `e specificato per tutte le propriet`a. Ora siamo pronti per formulare la seconda obiezione. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I I (5) I I 9 Il caso di Gonzago I I I I I Infatti, se “Holmes” denota un oggetto non esistente, come `e possibile che (5) sia vero? Si noti che non possiamo affermare che (5) `e vero in quanto Holmes `e un oggetto inesistente nel nostro mondo, mentre `e un oggetto esistente nei mondi delle Avventure di Sherlock Holmes. Infatti, abbiamo appena visto che Holmes, essendo un oggetto incompleto, `e necessariamente inesistente, vale a dire `e inesistente in ogni mondo. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I I 10 Le obiezioni precedenti mostrano che il ricorso a oggetti inesistenti per spiegare il comportamento dei nomi di finzione va incontro a diverse difficolt`a. In particolare, la seconda obiezione mostra che non `e chiaro come il ricorso a oggetti inesistenti possa aiutarci a risolvere il problema da cui eravamo partiti, ovvero quello di spiegare a cosa si riferiscono nomi come “Sherlock Holmes” e “Irene Adler” in (1): (1) In Amleto, Gonzago non esiste, ma Amleto esiste. I Come pu` o essere spiegata la verit`a di (6) dal sostenitore degli oggetti inesistenti? Dopotutto, per lui sia Amleto che Gonzago sono oggetti (necessariamente) inesistenti. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione Nei racconti di Conan Doyle, Holmes esiste. Strade diverse Possiamo rafforzare l’obiezione precedente, considerando il caso di Gonzago (Kripke 1973). In Amleto, una compagnia di attori mette in scena un dramma, L’assassinio di Gonzago, in cui il protagonista, Gonzago, viene avvelenato mentre dorme da qualcuno che gli versa del veleno in un orecchio. In Amleto, L’assassinio di Gonzago `e un’opera di finzione (anche se allude al modo in cui `e morto il padre di Amleto) e dunque, in Amleto, Gonzago `e un personaggio di finzione. Dunque, l’enunciato (6) `e vero: (6) Una difficolt`a per la tesi che i nomi finzione denotano oggetti inesistenti sorge se la applichiamo all’uso dei nomi di finzione in enunciati della forma pNell’opera di finzione f , p q. La difficolt`a `e che non `e chiaro come il ricorso a oggetti inesistenti possa render conto della verit`a di (5): 11 In Scandalo in Boemia, Irene Adler sfugge a Sherlock Holmes. L’approccio meinongiano agli oggetti di finzione `e tuttora perseguito da alcuni filosofi (Parsons 1980, Priest 2005, per citarne alcuni). Ma qui esploreremo altre strade. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 12 Oggetti possibili I I I I Apprezzare le differenze Abbiamo visto che la teoria di Meinong, secondo cui i nomi di finzione sono nomi propri che si riferiscono a oggetti inesistenti, va incontro a serie difficolt`a. Ma forse non `e necessario ricorrere agli oggetti inesistenti per trovare un riferimento per i nomi di finzione. Nell’analisi di Lewis, abbiamo una pluralit`a di mondi possibili, il mondo reale `e uno di questi mondi. I mondi possibili sono popolati di individui. Mondi possibili diversi possono essere popolati da individui diversi: in un mondo possibile diverso dal nostro possono abitare individui che non abitano qui da noi. Sulla base di queste assunzioni, potremmo suggerire che nomi di finzione come “Sherlock Holmes”, al pari di nomi come “Aristotele”, sono nomi propri e hanno un riferimento. La differenza `e questa: mentre “Aristotele” si riferisce a un individuo che abita il nostro mondo, “Sherlock Holmes” si riferisce a un individuo che abita un mondo diverso dal nostro. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 13 Individui inesistenti vs. individui possibili I I La tesi che “Sherlock Holmes” `e un nome proprio che si riferisce a un individuo possibile che abita un mondo diverso dal nostro `e diversa dalla tesi di Meinong che “Sherlock Holmes” `e un nome proprio che si riferisce a un individuo inesistente. I Vediamo in cosa consistono queste differenze. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 14 Le obiezioni precedenti La tesi di Meinong assume che il nostro mondo sia popolato sia da individui esistenti che da individui inesistenti, e che “Sherlock Holmes” denoti un individuo non esistente che abita il nostro mondo. La tesi che “Sherlock Holmes” `e un nome proprio di un individuo possibile assume che mondi possibili diversi possano essere popolati da individui diversi e che il riferimento di “Sherlock Holmes” sia un individuo che non abita il nostro mondo. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I 15 I La tesi che “Sherlock Holmes” `e un nome proprio di un individuo possibile non `e soggetta alle stesse obiezioni a cui `e soggetta la tesi che “Sherlock Holmes” `e un nome proprio di un individuo inesistente. I Vediamo perch´e. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 16 La trappola scettica La finzione nella finzione I La prima obiezione alla tesi di Meinong era che il ricorso a oggetti inesistenti conduce a conseguenze scettiche. I Il ragionamento era questo: se Holmes fosse un oggetto inesistente, I Torniamo ora al caso di Gonzago. I L’enunciato (6) non `e un problema per la tesi che i nomi di finzione sono nomi propri di oggetti possibili che abitano un mondo diverso dal nostro: qualsiasi ragione per affermare che, a differenza di Holmes, noi esistiamo non sarebbe una buona ragione, perch´e si applicherebbe anche a Holmes. I La tesi che “Sherlock Holmes” denota un oggetto possibile, tuttavia, non afferma che Holmes `e un oggetto inesistente; afferma che Holmes esiste in un mondo possibile diverso dal mondo in cui noi esistiamo. (6) I I Il ragionamento scettico in questo caso non funziona pi` u. Se una ragione per affermare che noi esistiamo si applica anche a Holmes, questo ci autorizza a concludere che Holmes esiste nel proprio mondo (e non che esiste nel nostro). I Sappiamo di esistere perch´ e siamo coscienti? Per la stessa ragione possiamo concludere che Holmes sa di esistere nei mondi in cui abita. Ma non c’`e nulla di inaccettabile in questo (se accettiamo che ci sia una pluralit` a di mondi popolati da individui diversi). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 17 Una difficolt`a I I Secondo questa tesi, nomi di finzione come “Sherlock Holmes”, al pari di nomi come “Aristotele”, sono nomi propri e hanno un riferimento. La differenza `e che, mentre “Aristotele” si riferisce a un individuo che abita il nostro mondo, “Sherlock Holmes” si riferisce a un individuo che abita un mondo diverso dal nostro. C’`e per`o un problema: la tesi non `e compatibile con ci`o che sappiamo dei nomi propri. I Vediamo perch´e. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I nomi “Gonzago” e “Amleto”, secondo questa tesi, denotano oggetti possibili che abitano mondi diversi dal nostro. Nei mondi di Amleto, Amleto esiste, ma Gonzago no, in quanto “Gonzago” `e un nome di finzione in Amleto. Dunque, “Gonzago” si riferisce a un individuo possibile che abita mondi diversi da quelli abitati da Amleto. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 18 Come viene fissato il riferimento dei nomi propri La tesi a cui siamo arrivati evita alcune delle difficolt`a a cui `e soggetta l’analisi meinongiana dei nomi di finzione. I In Amleto, Gonzago non esiste, ma Amleto esiste. 19 I Rammentiamo come viene fissato il riferimento dei nomi propri secondo la teoria di Kripke. I C’`e un “battesimo” iniziale, in cui il nome viene associato a un certo individuo. I I parlanti iniziano a usare il nome con l’intenzione di riferirsi all’individuo che `e stato battezzato con quel nome. I Altri parlanti che sentono usare il nome, lo usano a loro volta con l’intenzione di riferirsi allo stesso individuo a cui intendono riferirsi i parlanti da cui lo hanno sentito, e cos`ı via. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 20 Come avviene il battesimo I Il battesimo di Sherlock Holmes Come `e stato fissato il riferimento del nome “Sherlock Holmes”? I Se “Sherlock Holmes” denota un individuo possibile che abita un mondo diverso dal nostro, `e chiaro che il riferimento di “Sherlock Holmes” non pu` o essere stato fissato per ostensione. I Non possiamo indicare individui in altri mondi possibili, dunque non possiamo fissare il riferimento di “Sherlock Holmes” per ostensione. I Ma non possiamo neppure fissare il riferimento di “Sherlock Holmes” per descrizione. I Vediamo perch´e. Il battesimo iniziale pu`o avvenire in due modi: • per ostensione (qualcuno dice: “chiamo ‘Espero’ questo oggetto”, indicando Venere); • per descrizione (qualcuno dice: “chiamo ‘Espero’ il pianeta pi`u luminoso che appare nel cielo al tramonto”). I I Quando il battesimo avviene per descrizione, la descrizione non entra a far parte del significato del nome, ma serve solo a fissarne il riferimento. Il nome si riferisce rigidamente all’individuo identificato inizialmente dalla descrizione. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 21 Una descrizione non identificante S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 22 Quale individuo possibile? I Come possiamo fissare il riferimento del nome “Sherlock Holmes” su un individuo possibile? Presumibilmente, elencando le propriet` a attribuite a Holmes nei racconti di Conan Doyle: “chiamo ‘Sherlock Holmes’ l’individuo possibile che `e un detective, vive al 221B di Baker Street, ecc.” Il problema che abbiamo descritto `e quello che sembra avere in mente Kripke (1972) quando afferma: I Il problema ` e che, anche se la descrizione elenca tutte le propriet` a . . . da un punto di vista metafisico ritengo che, dato che Sherlock Holmes non esiste, non si possa dire di alcuna persona possibile che egli sarebbe stato Sherlock Holmes, se fosse esistito. Molte persone possibili distinte. . . potrebbero aver compiuto le imprese di Sherlock Holmes, ma non ce n’`e nessuna di cui possiamo dire che sarebbe stato Holmes se avesse compiuto queste imprese. Infatti, se ce ne fosse una, quale sarebbe? attribuite a Holmes nei racconti di Conan Doyle, non identifica un unico individuo possibile e quindi non pu` o fissare il riferimento del nome. I Supponiamo infatti che l’individuo possibile A che abita il mondo w goda in w di tutte le propriet` a attribuite a Holmes nei racconti di Conan Doyle. I Ora, ` e chiaro che qualcun altro avrebbe potuto compiere le imprese di Sherlock Holmes. Dunque, esiste un mondo w 0 in cui un individuo B diverso da A gode in w 0 di tutte le propriet` a attribuite a Holmes nei racconti di Conan Doyle. I Dunque, la descrizione tratta dai racconti di Conan Doyle non permette di identificare un unico individuo possibile su cui fissare il riferimento del nome (e non c’`e nessuna ragione di supporre che A invece di B, o B invece di A, sia il riferimento di “Sherlock Holmes”). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 23 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 24 Facendo il punto I I I I I Abbiamo considerato due diverse teorie dei nomi di finzione. Entrambe le teorie affermano che i nomi di finzione, al pari di nomi come “Aristotele”, sono nomi propri e hanno un riferimento. Secondo la teoria di Meinong, i nomi di finzione sono nomi propri di oggetti inesistenti. Secondo l’altra teoria che abbiamo considerato, i nomi di finzione sono nomi propri di oggetti possibili che abitano un mondo diverso dal nostro. La teoria di Meinong pare avere conseguenze scettiche difficili da accettare. Inoltre, ha difficolt`a a rendere conto della verit`a di (6): (6) I Una diagnosi I Soffermiamoci di nuovo sulla tesi secondo cui “Sherlock Homes” `e un nome proprio al pari di “Aristotele”, con la differenza che “Aristotele” si riferisce a un abitante del nostro mondo e “Sherlock Holmes” a un abitante di un mondo diverso. I Una diagnosi possibile `e che la difficolt`a a cui va incontro questa tesi `e originata dall’assunzione che nomi di finzione come “Sherlock Homes” funzionino nello stesso modo di nomi propri ordinari come Aristotele: entrambi si riferiscono rigidamente a un individuo. I Forse, la difficolt`a pu` o essere evitata se abbandoniamo questa assunzione. I Lewis, almeno, la pensa cos`ı. In Amleto, Gonzago non esiste, ma Amleto esiste La tesi che i nomi di finzione sono nomi propri di oggetti possibili ha difficolt`a a rispondere a domande come: a quale individuo possibile si riferisce il nome “Sherlock Holmes”? S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 25 Lewis sui nomi di finzione 26 Nomi di finzione e descrizioni Supponiamo che un’opera di finzione utilizzi nomi come “Sherlock Holmes.” In quei mondi in cui la stessa storia `e narrata come un fatto conosciuto invece che come una finzione, quei nomi sono veramente ci`o che fanno mostra di essere: semplici nomi propri di caratteri esistenti noti al narratore. Qui nel nostro mondo, il narratore finge soltanto che “Sherlock Holmes” abbia il carattere semantico di un semplice nome proprio. Non abbiamo alcuna ragione di supporre che quel nome, come viene usato qui nel nostro mondo, abbia realmente quel carattere. Dato il modo in cui lo usiamo, pu`o essere molto diverso da un semplice nome proprio. Infatti, pu`o avere un senso altamente non rigido, governato in gran parte dalle descrizioni di Holmes e dei suoi atti rinvenuti nelle storie. (Lewis 1978) S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I I I I Il suggerimento di Lewis `e dunque che i nomi di finzione come “Sherlock Holmes” siano sinonimi con descrizioni. Quali descrizioni esattamente? Qual `e la descrizione con cui “Sherlock Holmes” `e sinonimo, secondo Lewis? La proposta ovvia `e che sia una descrizione ricavata dalle propriet`a attribuite a Holmes nelle opere di Conan Doyle. Per esempio, “Sherlock Holmes” potrebbe essere sinonimo con la descrizione seguente, dove al posto dei puntini mettiamo le altre propriet`a di Sherlock Holmes ricavate dalle opere di finzione di Conan Doyle: (7) I 27 l’individuo che ha la propriet`a di essere un detective, di vivere al 221B di Baker St.,. . . Tuttavia, per Lewis (7) non `e ancora la descrizione giusta. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 28 Riferimento accidentale I La tesi che “Sherlock Holmes” sia sinonimo con la descrizione (7) va incontro a una versione del problema del riferimento accidentale: (7) I I La teoria dei nomi di finzione di Lewis I l’individuo che ha la propriet`a di essere un detective, di vivere al 221B di Baker St., . . . Supponiamo, infatti, che nel mondo reale si verifichi accidentalmente che qualcuno abbia le stesse propriet`a che nelle opere di finzione di Conan Doyle vengono attribuite a Holmes. In questo caso, se “Sherlock Holmes” `e sinonimo con la descrizione (7), l’enunciato (8) `e vero nel mondo reale, in quanto nel mondo reale c’`e un individuo che `e un detective e soddisfa la descrizione in (7): (8) (9) I l’individuo che ha la propriet`a di essere un detective, di vivere al 221B di Baker St., . . . , e al quale qualcuno attribuisce queste propriet`a producendo Le avventure complete di Sherlock Holmes come racconto di un fatto conosciuto. Sherlock Holmes `e un detective I I L’idea di Lewis `e che “Sherlock Holmes” sia sinonimo con la descrizione (9) (dove al posto dei puntini vanno messe le altre propriet`a di Sherlock Holmes ricavate dalle opere di finzione di Conan Doyle): Ma (8) non `e vero nel mondo reale (ci` o che `e vero `e invece l’enunciato “nei racconti di Conan Doyle, Sherlock Holmes `e un detective”). Per evitare casi di riferimento accidentale, la descrizione associata al nome deve contenere una specificazione ulteriore che escluda casi del genere. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 29 Assenza di riferimento accidentale (Le avventure complete di Sherlock Holmes, in inglese The Complete Sherlock Holmes, contiene i quattro romanzi e i cinquantasei racconti che formano il canone di Sherlock Holmes). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 30 Teorie descrittiviste dei nomi di finzione I L’analisi dei nomi di finzione di Lewis evita il problema del riferimento accidentale. I Infatti, se “Sherlock Holmes” ` e sinonimo con (9), questo predice correttamente che l’enunciato (8) non sia vero nel mondo reale, anche se accidentalmente nel mondo reale si verifica ci` o che viene narrato nelle Avventure complete di Sherlock Holmes: (8) Sherlock Holmes `e un detective (9) l’individuo che ha la propriet` a di essere un detective, di vivere al 221B di Baker St., . . . , e al quale qualcuno attribuisce queste propriet` a producendo Le avventure complete di Sherlock Holmes come racconto di un fatto conosciuto. I La teoria di Lewis dei nomi di finzione afferma dunque che, almeno per i nomi di finzione, un approccio descrittivista `e preferibile. I Una teoria descrittivista dei nomi di finzione simile a quella di Lewis `e stata elaborata in dettaglio da Currie (1990). I Infatti, nel mondo reale, Le avventure complete di Sherlock Holmes non sono narrate come un fatto conosciuto, quindi il detective del mondo reale che ha le stesse propriet` a di Holmes non soddisfa la descrizione (9) e non rende vero (8). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 31 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 32 Notare la differenza I I I Una versione russelliana della teoria I Si rammenti inoltre che, se i nomi di finzione sono sinonimi con Prima di proseguire, `e opportuno sottolineare ancora una volta la differenza tra le teorie descrittiviste dei nomi di finzione come quella di Lewis e la teoria secondo cui i nomi di finzione sono nomi propri di individui possibili. descrizioni e le descrizioni sono analizzate al modo di Russell, il problema degli esistenziali negativi scompare. I In questo caso, asserire (10) equivale infatti ad asserire (se ignoriamo interpretazioni contraddittorie) l’enunciato vero (11): Secondo la teoria di Lewis, quando noi usiamo il nome “Sherlock Holmes” non ci riferiamo allo stesso individuo in tutti i mondi che realizzano le storie di Conan Doyle: la descrizione con cui il nome `e sinonimo pu`o essere soddisfatta da individui possibili diversi in mondi diversi. Secondo la tesi che i nomi di finzione sono nomi propri di individui possibili, invece, il nome “Sherlock Holmes” deve denotare rigidamente un unico individuo possibile (e, come abbiamo visto, questo `e problematico, perch´e non `e chiaro quale individuo possibile potrebbe essere). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I I I (11) non `e vero che esiste almeno un individuo che ha la propriet`a di essere un detective, di vivere al 221B di Baker St., . . . , e al quale qualcuno attribuisce queste propriet`a producendo Le avventure complete di Sherlock Holmes come racconto di un fatto conosciuto, ecc. ecc. teoria fregeana delle descrizioni, che non a abbiamo discusso qui). 33 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 34 Fine dell’indagine? Abbiamo ora una teoria dei nomi di finzione che spiega come funzionano questi nomi in enunciati della forma pNell’opera di finzione f, pq. Ad esempio, (12), (13) e (14) sono veri, in quanto, nei mondi delle Avventure complete di Sherlock Holmes, l’individuo che soddisfa la descrizione associata a “Sherlock Holmes” non cattura Irene Adler, `e un detective ed esiste): (12) Nelle Avventure complete di Sherlock Holmes, Irene Adler sfugge a Sherlock Holmes. (13) Nelle Avventure complete di Sherlock Holmes, Sherlock Holmes `e un detective (14) Nelle Avventure complete di Sherlock Holmes, Sherlock Holmes esiste La teoria (integrata con l’analisi delle descrizioni di Russell) spiega inoltre perch´e gli esistenziali negativi come (15) sono veri (in quanto affermano che non esiste nella realt`a l’individuo che soddisfa la descrizione associata al nome): (15) Sherlock Holmes non esiste Secondo la teoria, infine, (16) non `e vero (in quanto non esiste nella realt`a un individuo che soddisfa la descrizione associata a “Sherlock Holmes” ed `e un detective), ma appare vero perch´e viene inteso come (13): (16) Sherlock Holmes `e un detective S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione Sherlock Holmes non esiste I (Questa per` o non `e la posizione di Lewis 1978, che adotta invece la A che punto siamo I (10) 35 I Possiamo dunque considerare conclusa la nostra indagine sui nomi di finzione? I No, per due ragioni. I Primo, perch´e la ricerca non ha fine. I Secondo perch´e, come sappiamo gi`a, ci sono degli usi dei nomi di finzione a cui la teoria non si applica. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 36 Kripke sui personaggi di finzione Il problema I Altri esempi che potrebbero dare dei problemi sono questi. Primo tipo di esempio: “Amleto era un personaggio di finzione”. Secondo tipo di esempio “Hitler ammirava Iago” o “ammirava Siegfried” - in realt` a il primo `e probabilmente pi` u realistico, bench´e il secondo sia pi` u appropriato al tipo; “Questo critico letterario ammira Desdemona e disprezza Iago”; “I greci adoravano Zeus”; e cos`ı via. Cosa possiamo dire riguardo a questi esempi? N´e l’uno n´e l’altro sembrano analizzabili secondo il paradigma suggerito qui, come enunciati che riportano ci` o che `e vero in una storia particolare, con le loro condizioni di verit` a determinate dalla storia. La storia non dice che Amleto `e un personaggio di finzione. Al contrario, questo vorrebbe dire fraintendere la storia. La storia dice che Gonzago `e un personaggio di finzione, ma Amleto no. . . . Analogamente, nessuna storia dice che il critico tal dei tali ammirava Desdemona: ritengo che questo sia piuttosto ovvio. Che un critico letterario abbia espresso questo sentimento `e un fatto in rerum natura. (Kripke 1973) S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I I 37 La soluzione metalinguistica Il problema sollevato da Kripke `e questo. Come possiamo spiegare il fatto che gli enunciati (17)-(19) sono tutti veri? (17) Amleto `e un personaggio di finzione (18) Questo critico letterario ammira Desdemona (19) I greci adoravano Zeus ` chiaro che questi enunciati non possono essere intesi come E asserzioni su ci` o che avviene nella finzione (nella finzione, Amleto `e un personaggio reale, non ci sono critici letterari che ammirano Desdemona o greci che adorano Zeus). Ma se (17)-(19) riguardano ci` o che avviene nel mondo reale, come fanno ad essere veri, dal momento che nel mondo reale Amleto, Desdemona e Zeus non esistono? S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 38 Un problema per la soluzione metalinguistica I La soluzione proposta tenta di rianalizzare gli enunciati che I (17) I attribuiscono propriet`a ai personaggi di finzione come enunciati metalinguistici (relativi a nomi) che sono veri nelle opere di finzione. Una prima soluzione, considerata da Kripke, al problema posto da enunciati come (17) consiste nell’affermare che la loro forma grammaticale `e fuorviante: I Un problema per questa soluzione ` e che non `e chiaro come si applichi agli altri enunciati menzionati da Kripke. Se (17) deve essere analizzato come in (20), come `e possibile rianalizzare (18) e (19) nello stesso modo? Amleto `e un personaggio di finzione Mentre in apparenza (17) asserisce che un oggetto del mondo reale ha una certa propriet`a, andrebbe invece rianalizzato come (20): (20) In Amleto, il nome “Amleto” si riferisce a una persona. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione (17) Amleto `e un personaggio di finzione (20) In Amleto, il nome “Amleto” si riferisce a una persona. (18) Questo critico letterario ammira Desdemona (19) I greci adoravano Zeus ` vero che in Otello “Desdemona” il nome di una persona e che nel I E mito “Zeus” `e il nome di un dio. Ma cosa ammira il critico letterario in questione e cosa adoravano i greci? Sicuramente non un nome! 39 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 40 Un altro problema per la soluzione metalinguistica Verbi intensionali L’enunciato (21) `e vero. Inoltre, la sua struttura grammaticale `e la stessa di (17): Prima di introdurre un altro tentativo di soluzione al problema posto dagli enunciati menzionati da Kripke, esaminiamo un fenomeno delle lingue naturali che riguarda il comportamento di certi verbi. Supponiamo che Leo voglia imparare il lituano e sia erroneamente convinto che ci siano degli studenti lituani alla Statale che potrebbero aiutarlo. In questo caso, l’enunciato (22) `e vero, anche se non ci sono studenti lituani alla Statale: (17) (22) I I Un altro problema per la soluzione metalinguistica sollevato da Kripke possiamo illustrarlo cos`ı. Considerate l’enunciato (21): (21) I I il suonatore ambulante dell’Opera da tre soldi `e un personaggio di finzione. I Amleto `e un personaggio di finzione I Ma (21) non pu`o essere rianalizzato come un enunciato relativo a un nome. Il suonatore ambulante dell’Opera da tre soldi non ha un nome. I S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 41 L’analisi di Church dei verbi intensionali Leo cerca uno studente lituano della Statale Verbi come “cercare”, “volere”, “desiderare”, ecc. hanno tutti questa caratteristica: `e possibile cercare, volere, desiderare qualcosa senza che quella cosa esista. Verbi di questo genere sono detti intensionali. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione La soluzione intensionale I Consideriamo ora di nuovo il caso in cui (22) ` e vero ma non esiste alcuno studente lituano della Statale: Una linea di soluzione al problema posto da (18) e (19) si basa sull’analisi di Church dei verbi intensionali: (22) (18) Questo critico letterario ammira Desdemona (19) I greci adoravano Zeus I Leo cerca uno studente lituano della Statale ` chiaro che, in questo caso, la verit` I E a di (22) non dipende dal fatto che Leo sta in una certa relazione con un altro individuo, dal momento che non c’`e alcun individuo che `e uno studente lituano che Leo sta cercando. I I Evidentemente, (22) ` e vero in virt` u del fatto che Leo sta in una certa I relazione con qualcosa che non `e un individuo. Ma cosa? I La nozione di senso di Frege pu` o essere di aiuto. Per Frege, un’espressione pu` o avere un senso senza denotare alcunch´e. La descrizione “il sito di Atlantide” ha un senso anche se non esiste alcun sito di Atlantide. I I L’idea di Church ` e che (22) `e vero, nel caso che abbiamo descritto, in quanto Leo sta in una certa relazione con il senso dell’espressione “uno studente lituano della Statale”. In questo modo, (22) pu` o essere vero anche se non c’`e alcun studente lituano alla Statale. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 42 43 Nomi di finzione come “Desdemona” e “Zeus” nell’analisi di Lewis sono sinonimi con descrizioni. Possiamo dunque analizzare (18) e (19) supponendo che verbi come “ammirare” e “adorare” siano verbi intensionali e che in (18) e (19) prendano come oggetto i sensi delle descrizioni associate ai nomi “Desdemona” e “Zeus”. Questa soluzione estende a (18) e (19) l’analisi dei nomi di finzione proposta da Lewis e permette di spiegare perch´e questi enunciati sono veri anche se i nomi “Desdemona” e “Zeus” non denotano alcunch´e nel mondo reale. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 44 Un’obiezione di Kripke I I I I I I Il dilemma Kripke solleva l’obiezione seguente alla linea di soluzione intensionale. Si considerino gli enunciati (23) e (24): (23) Leo cerca un dio. (24) Leo cerca una donna. L’enunciato (23) pu` o avere due interpretazioni. In una, (23) afferma che un dio `e tale che Leo cerca quel dio in particolare. Nell’altra, (23) afferma che Leo cerca un dio qualsiasi (qualunque dio trova, va bene). Un’osservazione analoga vale per (24). Questo mostra che “cercare” pu` o esprimere sia una relazione tra individui (questo `e il caso in cui Leo cerca un dio particolare) che una relazione tra un individuo e il senso dell’espressione “un dio” (questo `e il caso in cui Leo cerca un dio qualsiasi). Ma ora considerate (25) e (26): (25) i greci adoravano un dio (26) Leo ammirava una donna Questi enunciati non esibiscono l’ambiguit`a osservata per “cercare”, possono solo voler dire che i greci adoravano un dio in particolare e Leo ammirava una donna in particolare. Questo suggerisce che “ammirare” e “adorare” non sono verbi intensionali. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 45 La soluzione di Kripke I Se Kripke ha ragione, n´e la soluzione metalinguistica n´e la soluzione intensionale al problema degli enunciati sui personaggi di finzione sono praticabili. I In particolare, l’osservazione di Kripke circa la differenza tra “ammirare” e “adorare” e i verbi intensionali suggerisce che “ammirare” e “adorare” esprimano relazioni tra individui. I Ma com’`e possibile, visto che (18) e (19) sono veri e nel mondo reale non esistono n´e Zeus n´e Desdemona? (18) Questo critico letterario ammira Desdemona (19) I greci adoravano Zeus S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 46 Ritorno a Meinong? I Per Kripke, i nomi di finzione hanno una doppia vita: possono non denotare nulla oppure denotare personaggi di finzione. I Quando asserendo (15) diciamo una cosa vera, il nome “Sherlock Holmes” non denota nulla: (15) I La soluzione proposta da Kripke `e un ritorno all’ontologia degli oggetti inesistenti di Meinong? I La risposta di Kripke `e no. I Vediamo quali sono le differenze tra le due teorie. Sherlock Holmes non esiste I D’altra parte, quando asserendo (27)-(28) diciamo una cosa vera, il nome denota un personaggio di finzione: (27) Sherlock Holmes `e un personaggio di finzione. (28) Leo ammira Sherlock Holmes. I Per analizzare enunciati delle lingue naturali come (27)-(28) dobbiamo dunque ammettere che ci siano nel mondo reale personaggi di finzione e che i nomi possano riferirsi ad essi. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 47 S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 48 Esistenza Oggetti di pensiero e personaggi di finzione I Per Kripke tavoli, sedie e personaggi di finzione esistono nel mondo reale. I Meinong, a differenza di Kripke, riteneva che entit`a come Pegaso, a differenza dei tavoli e delle sedie, fossero oggetti inesistenti. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 49 Predicazione I Per Meinong, ci sono oggetti come Pegaso e Sherlock Holmes per il semplice fatto che essi sono oggetti di pensiero: questo assicura automaticamente il loro esserci. I Per Kripke, l’esistenza di un personaggio di finzione richiede un’opera di finzione: niente opera di finzione, niente personaggio di finzione. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 50 Una domanda I I Secondo la teoria di Meinong, (15) e (16) sono entrambi veri e il nome “Sherlock Holmes” si riferisce in entrambi gli enunciati a un oggetto inesistente: (15) Sherlock Holmes non esiste. (16) Sherlock Holmes `e un detective. I I Per Kripke, il nome “Sherlock Holmes” ` e ambiguo: pu` o riferirsi un I personaggio di finzione oppure pu` o essere semplicemente privo di denotazione. I Per Kripke, l’enunciato (15) ha un’interpretazione in cui ` e vero e una in cui non lo `e: `e vero se “Sherlock Holmes” non denota nulla, ma non `e vero se “Sherlock Holmes” denota un personaggio di finzione. I I Per Kripke, l’enunciato (16) non ` e vero se “Sherlock Holmes” non denota nulla e non `e vero neppure se “Sherlock Holmes” denota un personaggio di finzione (i personaggi di finzione sono entit` a astratte e dunque non possono essere dei detective). S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione I 51 Ora che abbiamo chiarito come la posizione di Kripke differisce da quella di Meinong, viene naturale porsi una domanda. Per Kripke, i personaggi di finzione non hanno un’esistenza secondaria, derivata, come si potrebbe dire che hanno per Meinong (per il quale non esistono in senso stretto, ma ci sono). Per Kripke, quando diciamo che un tavolo o una persona esiste o che il personaggio di finzione Sherlock Holmes esiste non intendiamo “esistere” in due sensi diversi, ma nello stesso senso. D’altra parte, Kripke afferma che i personaggi di finzione non sono persone. Presumibilmente non sono neppure tavoli o sedie. Ma cosa sono allora? In che senso esistono come esistono le persone, i tavoli e le sedie? S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 52 La natura dei personaggi di finzione I Certo, quando Kripke dice che un tavolo o una persona esiste o che il personaggio di finzione Sherlock Holmes esiste, intende “esistere” nello stesso senso. I Tuttavia, questo non vuol dire che non ci siano differenze tra i personaggi di finzione, le sedie e le persone. I Per Kripke, i personaggi di finzione sono entit`a astratte, non entit`a concrete come i tavoli, le sedie e le persone. I I personaggi di finzione sono entit`a astratte che esistono in virt` u di certe attivit`a concrete che le persone compiono, ovvero in virt` u del fatto che esse producono opere di finzione. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione Kripke sulla natura dei personaggi di finzione Un personaggio di finzione, dunque, `e in qualche senso un’entit`a astratta. Esiste in virt` u di attivit`a pi` u concrete come raccontare storie, scrivere testi per il teatro, scrivere romanzi, e cos`ı via, in base a criteri che non cercher`o di formulare in modo preciso, ma che dovrebbero avere una loro plausibilit`a intuitiva. E` un’entit`a astratta che esiste in virt` u di attivit`a pi` u concrete allo stesso modo in cui una nazione `e un’entit`a astratta che esiste in virt` u delle relazioni concrete tra le persone. Una particolare affermazione su una nazione potrebbe essere analizzabile in termini di una affermazione pi` u complicata sulle attivit`a delle persone, o forse no: potrebbe essere difficile, o forse impossibile . . . farlo. Ma in ogni caso le affermazioni sulla nazione sono vere in virt` u, e solamente in virt` u, delle attivit`a delle persone. Ritengo che la stessa cosa sia vera dei caratteri di finzione. Essi non sono entit`a meinongiane che, per cos`ı dire, esistono automaticamente. Esistono in virt` u di certe attivit`a delle persone, esattamente come le nazioni. Naturalmente, una persona di finzione non `e una persona. Non ci sono, oltre alle persone che vivevano realmente nella Londra del diciannovesimo secolo, i personaggi di finzione che facevano la stessa cosa. (Kripke 1973) 53 Il quadro finale S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 54 Disclaimer I Abbiamo visto come una teoria descrittivista dei nomi di finzione pu` o render conto di enunciati come (13), (14) e (15): (13) Nelle opere di Conan Doyle, Sherlock Holmes `e un detective (14) Nelle opere di Conan Doyle, Sherlock Holmes esiste (15) Sherlock Holmes non esiste I Questa analisi lasciava tuttavia inspiegati enunciati veri come (27) e (28): (27) Sherlock Holmes `e un personaggio di finzione. (28) Leo ammira Sherlock Holmes. I Se Kripke ha ragione a sostenere che esistono i personaggi di finzione, una spiegazione possibile `e che in (27) e (28) “Sherlock Holmes” denoti un personaggio di finzione, un’entit` a astratta che esiste nel mondo reale. I Dunque, un modo possibile di analizzare i nomi di finzione nei diversi contesti esaminati `e supporre che questi nomi siano ambigui. Nei termini della teoria descrittivista che abbiamo adottato, questo vuol dire che essi possono essere sinonimi con descrizioni o essere nomi di personaggi di finzione. Il contesto pu` o di volta in volta favorire l’una o l’altra interpretazione. S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 55 I Il quadro finale a cui siamo arrivati, `e generalmente condiviso nella letteratura filosofica sui nomi di finzione? I No, non c’`e una teoria dei nomi di finzione che riscuote un consenso generalizzato. I E non `e neppure corretto attribuire questa formulazione finale a Lewis, Currie, o a Kripke: si tratta di una teoria assemblata mettendo insieme osservazioni di questi autori. I Tuttavia, se questo non `e il modo giusto di analizzare i nomi di finzione, perch´e non lo `e? S. Zucchi: Filosofia del linguaggio 2014 – Nomi di finzione 56
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