relazione - Università degli Studi Roma Tre

CONFERENZA DI ATENEO SULLA VQR
Università degli Studi Roma Tre
Aula Magna del Rettorato - 26 giugno 2014
Testo dell’intervento del Dipartimento di Scienze Politiche
1. Il Dipartimento di Scienze Politiche (d’ora in avanti DSP) ha quale oggetto della propria
attività didattica e di ricerca la politica, analizzata nelle sue varie forme. Tutti gli studiosi che ne
fanno parte, infatti, sono interessati allo studio dei fenomeni politici e sociali, analizzati sotto i
profili economico, statistico, storico, politologico, giuridico, sociologico e culturale. Vi convivono,
perciò, cinque aree CUN (dalla 10 alla 14), ciascuna delle quali, peraltro, raggruppa discipline
(corrispondenti grosso modo ai SSD) dalle metodologie e dagli ambiti di ricerca alquanto differenti.
Misurarne la qualità dell’attività di ricerca, dunque, è un’impresa difficile, ma non impossibile,
tanto che ciò è stato ovviamente realizzato. A livello sia di singole discipline, sia di aree, il
principio della valutazione (e della valutazione tra pari) è stato largamente accettato e accolto come
un momento necessario della vita universitaria. Permangono tuttavia alcune riserve di cui si dirà più
avanti.
2. I risultati della valutazione per aree del DSP sono apparsi soddisfacenti o, quantomeno, in
linea con la media nazionale. Il problema maggiore, allora, sembra essere quello dell’impiego di
questi dati e, quindi, della loro eventuale traduzione in indirizzi precisi e scelte concrete. Tuttavia,
come è emerso dalle discussioni preparatorie di questa conferenza, i dati delle singole aree non sono
automaticamente confrontabili. Com’è noto, da un punto di vista statistico, i confronti tra aree e
settori diversi richiedono valori standardizzati. Comunque dai dati disponibili emerge che il DSP è
in linea con la valutazione di Ateneo in tutte le aree considerate.
Tuttavia, se la standardizzazione tende a produrre un ritratto maggiormente aderente alla
realtà, esiste pure il rischio concreto di ritrovarsi in una sorta di “relativizzazione” dei risultati della
VQR che ne annacquerebbe la portata, rendendo difficile, se non impossibile, la formulazione di un
giudizio chiaro e utile ai fini delle scelte strategiche da compiere.
Chiaramente il dato di partenza degli indicatori standardizzati sono i risultati VQR, quindi
con tutti i limiti (naturalmente superabili) della VQR stessa (si vedano i grafici allegati).
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R = rapporto tra voto medio del DSP nell’area e voto medio di area (fonte: tabella 73.14,
rapporto finale ANVUR Roma Tre, pp. 21-22).
posizione del Dipartimento nella graduatoria complessiva per area in relazione al
numero complessivo di Dipartimenti che hanno presentato prodotti nell’area (fonte:
tabella 73.14, rapporto finale ANVUR Roma Tre, pp. 21-22).
X = percentuali di eccellenze per area nel DSP diviso le percentuali di eccellenze per
area su base nazionale.
3. Entrando, poi, nel campo delle riserve riguardanti il processo di valutazione che, sebbene
abbia riguardato le strutture – ed è bene che ciò sia decisamente ribadito e tenuto presente in
qualsiasi tipo di analisi – la maggior parte del lavoro è basato sui singoli ricercatori. Le riflessioni
prodotte dalle società scientifiche di area e quanto è emerso finora da un primo confronto all’interno
del Dipartimento, hanno portato a segnalare alcune criticità, ovvero scelte e passaggi rivelatisi
cruciali ma bisognosi di un processo di miglioramento:
a)
b)
c)
d)
scelta dei referees;
la discutibilità dell’applicazione di criteri bibliometrici alle scienze umanistiche e sociali;
correzione dei difetti del processo di peer review;
selezione delle riviste di fascia A e altre tipologie di prodotti della ricerca;
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e) internazionalizzazione.
Si tratta di osservazioni, critiche e suggerimenti formulati con riguardo a diverse aree e che
possono essere senz’altro applicati alla VQR nel suo insieme a livello nazionale. Non è dunque
questa la sede per approfondire tali punti, già ampiamente noti.
Complessivamente, si può solamente e rapidamente ricordare che, nel campo delle scienze
umanistiche e sociali presenti nel DSP, si auspica la necessità dei seguenti interventi:
- la valutazione non può prescindere da un esame attento del contenuto effettivo del lavoro,
attraverso un processo di peer review adeguatamente rivisto e corretto;
- ridimensionare l’idea che si possa determinare il carattere scientifico di un prodotto soltanto dal
suo contenitore;
- evitare modelli omologanti, ma tenere adeguatamente conto delle tradizioni scientifiche delle
diverse aree del sapere e dei generi letterari in ciascuna praticati;
- sollecitare le società scientifiche a responsabilizzarsi: che è capacità di individuazione di
obiettivi e di definizione di criteri finalizzati al governo dei processi.
Qualche riflessione in più va però fatta sull’applicabilità o meno di criteri bibliometrici alle
scienze umanistiche e sociali. Dal momento che l’adozione di una tecnica di valutazione produce e
modifica comportamenti, basti solo qui ricordare come lo scenario prevedibile sia quello di
trasformare i ricercatori (soprattutto quelli più giovani) in autentici cacciatori di citazioni,
compromettendo dimensioni essenziali della ricerca scientifica, come l’innovatività, l’originalità, la
creatività e la curiosità di esplorare «mondi» diversi rispetto a quelli convenzionali e più
frequentati. La qualità della ricerca non si vede nei tempi brevi e l’uso dei criteri bibliometrici può
penalizzare e uccidere sul nascere nuovi filoni di ricerca, che ancora non hanno avuto tempo e
modo per essere apprezzati dalla comunità scientifica.
La bibliometria, applicata alle scienze umanistiche e sociali, può dunque far correre il rischio di
minare alla radice l’attività di ricerca, la sua ragion d’essere e il pluralismo che deve caratterizzarla.
Essa, dunque, e in generale la valutazione del “contenitore” anziché del contenuto, può essere
rilevante solo nella valutazione di strutture, come indicazione di una correlazione positiva tra il
valore del contenitore e quello del prodotto in esso contenuto.
Tale orientamento, largamente condiviso a Scienze Politiche, trova tuttavia alcune riserve fra gli
studiosi dell’area 13 (economia e statistica). La ragione sta nelle metodologie dei settori di
quest’area che si differenziano sostanzialmente rispetto a quelle delle altre aree presenti nel
Dipartimento.
4. Veniamo dunque a come gli esiti della VQR 2004-2010 sono stati esaminati nel
Dipartimento di Scienze Politiche.
Innanzitutto va detto che è mancato, finora, un momento generale di confronto
specificamente dedicato all’argomento, sebbene si può dare conto di diversi livelli di esame e
discussione della VQR che ci sono comunque stati e che hanno costituito la necessaria premessa a
un confronto più ampio che si auspica possa esserci in futuro. L’odierna conferenza di Ateneo, ad
esempio, ha dato lo stimolo iniziale per avviare questo tipo di lavoro che, ne siamo certi, proseguirà
nei mesi futuri.
Un primo livello di confronto è avvenuto nella Conferenza degli ormai ex presidi, ora
direttori, di Scienze Politiche, della quale, come ad alcuni è noto, il nostro direttore, Francesco
Guida, è presidente, nonché rappresentante della stessa nell’interconferenza dei vari dipartimenti. I
risultati dell’esame della VQR in tale sede riguardano sostanzialmente il complesso delle riserve e
dei limiti di cui si è detto, naturalmente in riferimento alla specifica realtà dei Dipartimenti di
Scienze Politiche.
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Un secondo momento di esame è avvenuto nelle società scientifiche di area, da parte sia di
singoli studiosi sia dei vertici delle stesse. Anche qui, abbiamo fra noi due dei presidenti di queste
società, Pietro Grilli di Cortona (Presidente della SISP, Società italiana di Scienza politica), e
Leopoldo Nuti (Presidente della SISI, Società italiana di Storia internazionale). Gli esiti della VQR,
così come discussi in seno alla SISP, peraltro associazione di stretta pertinenza con gli ambiti
disciplinari caratteristici del nostro Dipartimento, sono in parte confluiti in quanto sin qui detto. La
documentazione stessa, prodotta dalla SISP in merito alla VQR, è stata fatta propria da tutte le
società scientifiche di area 14.
Un terzo livello ha riguardato un centro interuniversitario, il CISUECO, che sta per Centro
interuniversitario di studi ungheresi e sull’Europa centro-orientale, che ha sede amministrativa
presso Roma Tre ed è diretto da Francesco Guida. Il CISUECO raccoglie, in primo luogo ma non
solo, gli studiosi italiani di magiaristica e, perciò, ha partecipato attivamente alle discussioni delle
società scientifiche dell’area 10, dove la VQR è stata accolta in modo particolarmente critico.
Infine il Dottorato di ricerca in Scienze Politiche, di cui è direttore Leopoldo Nuti. Dulcis in
fundo, dunque, poiché si è trattato probabilmente dell’unico momento in cui si può dire che la VQR
abbia giocato, finora, un ruolo rilevante nel Dipartimento. Nell’ambito della ristrutturazione del
collegio docenti, ai fini dell’accreditamento ANVUR del dottorato, si è tenuto conto dei risultati
individuali della VQR, al fine di compiere le opportune scelte strategiche, garantendo non soltanto,
come si potrebbe immaginare, l’eccellenza del collegio ma anche la rappresentatività nelle varie
aree di interesse del dottorato. Si è dunque reso necessario armonizzare questi due aspetti principali.
È noto che la VQR serve a valutare le strutture. E infatti in questo caso i docenti hanno
fornito volontariamente i risultati individuali della VQR.
Può essere questa la premessa di futuri sviluppi? Per ora non possiamo affermarlo. Vero è
che l’esperienza realizzata nel dottorato in Scienze Politiche è stata interessante, utile e valutata
complessivamente in maniera positiva.
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