RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 25 novembre 2014 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli PRIMO PIANO (pag. 2) «La doppia vittoria dà ancora più slancio al governo di Renzi» (Piccolo) ECONOMIA (pag. 3) Bollette acqua più salate di 4,5 miliardi (Piccolo) REGIONE (pag. 4) Comuni a sovranità limitata (Gazzettino) Quadri regionali, è rivoluzione (Gazzettino) Alluvione in Fvg, il governo congela il Patto di stabilità (M. Veneto) «Accompagnamento e invalidità fuori dall’Isee» (Gazzettino) Servizi sanitari in Posta, niet delle farmacie (Gazzettino) CRONACHE LOCALI (pag. 8) Commesse straniere “incerte”: a casa 24 interinali dell’Alcatel (Piccolo Trieste) Consoli in Consiglio: «Da giugno disponibili i soldi dei risparmiatori» (Piccolo Trieste) Crociere, decollo nel 2015 ma strutture insufficienti (Piccolo Trieste) «Tiare, sono soltanto 600 gli occupati» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «L’amianto ha causato la morte di 72 cantierini» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Ronchi, via all’assunzione di altri 3 operai a termine (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Grado 3, l’autorizzazione approda nell’aula del Tar (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Coopca, un centinaio di soci creano un comitato di difesa (Gazzettino Ud e M. Veneto, 2 articoli) Sprechi e debiti, ecco le carte (M. Veneto Udine) Strappato l’accordo ai russi: gli stipendi alla Epb sono salvi (M. Veneto Udine) Cartiera, finalmente è stata approvata la cassa integrazione (M. Veneto Udine) «Mercato, solidarietà ai dipendenti della coop che svolge servizio di portierato» (Gazzettino Ud) Turni pesanti in corsia la fuga degli infermieri (M. Veneto Udine) Electrolux: giovedì la firma dell’accordo sulla mobilità (M. Veneto Pordenone) «Ma gli operai lavoramo senza protezioni» (M. Veneto Pordenone) Ospedale, via al trasloco. Spuntano i primi disagi (Gazzettino Pordenone) Statali e scuola, sindacati spaccati: due assemblee e scioperi separati (M. Veneto Pordenone) PRIMO PIANO «La doppia vittoria dà ancora più slancio al governo di Renzi» (Piccolo) di Marco Ballico TRIESTE Non dimentica il flop dell’affluenza: «Un dato da non sottovalutare». Ma condivide la sintesi del «2-0 netto» cinguettata da Matteo Renzi su Twitter un attimo dopo la certezza dei numeri: «È innegabile che il Pd governa in quasi tutte le regioni d’Italia». Debora Serracchiani, il giorno dopo il bis in Emilia Romagna e Calabria, pesa le vittorie ma, soprattutto, pensa al dopo: «Continuiamo a impegnarci come abbiamo fatto. Le risposte sono venute anche in queste elezioni regionali e quindi guardiamo con fiducia al futuro». A poterlo consentire sono stati i due candidati Stefano Bonaccini e Mario Oliverio. La presidente del Friuli Venezia Giulia, nel suo ruolo di vicesegretaria del Pd, li ringrazia assieme al secondo vice di Matteo Renzi, Lorenzo Guerini: «Rivolgiamo a Bonaccini e Oliverio i complimenti per successi che sono stati indiscutibili, la risposta migliore alle aspettative dei cittadini. Il Pd, ancora una volta, vince in maniera netta, si attesta ben oltre il 40% e si conferma largamente il primo partito del Paese». Renzi scrive «2-0 netto» su Twitter. È la sintesi più corretta? È innegabile che da oggi il Pd governa in quasi tutte le regioni d’Italia: questo è un dato oggettivo del quale siamo molto soddisfatti e che Matteo ha riassunto nel suo tweet. In questo momento il Pd si conferma perno essenziale per la tenuta democratica e sociale dell’Italia. Gli sconfitti ribattono che l’affluenza non è un bel segnale nemmeno per chi ha vinto. Abbiano detto da subito che l’astensione è un dato da non sottovalutare, e che riguarda sia chi ha vinto sia chi ha perso. Alla disaffezione verso la politica, fenomeno che conosciamo da anni, in alcuni casi si sono sommate questioni locali che si sono indubbiamente fatte sentire. Ma quando arriveranno anche le prime risposte nei numeri economici, tornerà la fiducia nel voto. La Lega sostiene che in Emilia Romagna storici elettori della sinistra si sono astenuti e, domani, potrebbero votare Carroccio. Che ne pensa? C’è stata un’astensione che ha coinvolto tutti, dunque anche l’elettorato storico della sinistra, che non credo possa essere attratto dalle parole d’ordine di Salvini. Tuttavia il perimetro dell’opposizione è rimasto invariato, tra Lega, Grillo e Forza Italia c’è solo un travaso di voti. Movimento 5 Stelle e Grillo sono in declino irreversibile? Che cosa gli è mancato in questi mesi per consolidare il consenso di un anno fa? Grillo ha tradito le speranze di cambiamento dei tanti che hanno votato per lui. Rifiutando ogni responsabilità, ha dimostrato di non voler cambiare il Paese e gli elettori lo hanno percepito chiaramente. Come giudica il momento dell’ex Pdl? Colpisce che il partito di Berlusconi in Emilia Romagna abbia appena un consigliere più di Meloni. Il centrodestra sta attraversando un periodo di profondo travaglio, e il rischio che corre è quello di cedere alla tentazione degli estremismi. È una doppia vittoria di Renzi e dei renziani o del Pd? Renzi è il segretario del Pd ed evidentemente la linea che ha dato al partito ha successo. Dal dicembre scorso abbiamo vinto cinque regioni su cinque, oltre a moltissime amministrazioni comunali. Assieme a Renzi c’è una comunità di amministratori e cittadini che hanno a cuore il bene comune. Che cosa ribatte a chi dice che il vostro non è un 40% ma il 40% dei pochi che vanno a votare? La democrazia offre anche il diritto di astenersi, ma non per questo l’investitura è meno forte, anzi lo è di più. Spetta infatti a chi governa il compito di usare il consenso ottenuto per dare risposte anche a chi ha scelto di non votare, per ricucire il rapporto di fiducia con una più larga parte dei cittadini. Questo voto consolida il governo? Sappiamo che le elezioni regionali rispondono soprattutto a logiche territoriali. D’altra parte è evidente che ogni vittoria dà ancora più slancio alla squadra di governo. Non penso che sia esercizio utile continuare a scrutare la solidità di un esecutivo che era stabile già prima delle elezioni. Renzi dovrebbe farsi legittimare ora dal voto popolare? O arrivare al 2018? Abbiamo un governo che sta lavorando con gran ritmo. Occorre andare avanti così, non rallentare. Le elezioni anticipate sono una soluzione estrema di cui al momento nessuno sente il bisogno. Fatte le elezioni, lasciamo perdere i toni da propaganda, che non appassionano gli italiani, e continuiamo a lavorare con chi ci sta per risolvere i problemi concreti. ECONOMIA Bollette acqua più salate di 4,5 miliardi (Piccolo) di Massimo Greco TRIESTE Lo ha definito «metodo omogeneo» adottato su tutto il territorio nazionale: con questo nuovo approccio l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha approvato le tariffe dell’acqua per il biennio 2014-15 che interesseranno 40 milioni di italiani. Saranno 34 milioni a pagare di più, mentre 6 milioni di concittadini sborseranno il 10% in meno perchè “premiati” - come vedremo - dalla scarsa efficienza delle aziende cui saldano la bolletta. Il presidente dell’authority, Guido Bortoni, era ieri a Milano, in occasione della 3° Conferenza nazionale sulla regolazione dei servizi idrici, e ne ha profittato per fare il punto su un comparto dove da tempi immemorabili non si mette mano a una politica degli investimenti. Come dimostra il diffusissimo e oneroso problema delle perdite di acqua. Ecco che allora, per incentivare le gestioni ad ammodernare il sistema idrico, l’Autorità ha deciso di aggiornare le tariffe - quindi le bollette - aumentandole in media del 3,9% per il 2014 e del 4,8% per il 2015. Il rinvigorito flusso di cassa consentirà alle 1600 utilities («una polverizzazione estrema», ha ammonito Bortoni auspicando un processo aggregativo) , che governano il sistema idrico nazionale, di impostare un programma complessivo di investimenti che supererà i 4,5 miliardi di euro. Abbiamo scritto che però 6 milioni di utenti su 40, pari più o meno al 15%, pagherà il 10% in meno delle precedenti bollette. E’una cosa curiosa: si tratta infatti di clienti che fanno capo a 1250 municipalizzate, quasi sempre di piccole dimensioni, le quali non hanno inviato i dati richiesti dall’Autorità. Allora l’Autorità medesima, per punire i gestori di tale inadempienza, ha tagliato le bollette dell’utenza. “Premiando”, di conseguenza, i clienti. Bortoni ha insistito sugli investimenti che l’aumento tariffario determinerà a vantaggio del sistema idrico. «Settore stagnante da decenni», lo ha definito. E trattandosi di un insieme infrastrutturale costituito da acquedotti, fognature, depurazione, il termine “stagnante” assume una particolare e pregnante connotazione. Anche il dissesto idrogeologico può parzialmente rientrare nella “terapia” tariffaria, ma solo parzialmente ha chiarito Bortoni: «Il problema va risolto da parte del governo in maniera molto più decisa». Motivi e quantità dei rincari non convincono tutti. A cominciare dai consumatori che, per bocca di Elio Lannutti (Adusbef), hanno preso posizione contro le decisioni assunte dall’authority. «L’Autorità - tuona Lannutti - ignora i risultati del referendum 2011 contro la privatizzazione dell’acqua e continua a stangare i consumatori deliberando aumenti delle bollette». «Attribuendo - continua l’esponente dell’Adusbef - tali o0neri impropri alla ripresa degli investimenti delle aziende idriche, che non si comprende perchè devono essere sopportate dalle famiglie». Perchè Adusbef calcola che la “botta” tariffaria di 4,5 miliardi causerà un aggravio sulle bollette 2014-15 delle famiglie di oltre 130 euro a famiglia, destinati a finanziare investimenti «che in un regime di libero mercato spettano esclusivamente alle imprese». Sempre sul versante dell’associazionismo legato alle utenze, Federconsumatori sollecita l’Autorità a intervenire per arginare il problema delle “perdite occulte” nel servizio idrico, una casistica annua stimata in 300 mila episodi. Con due negative ricadute: lo spreco di acqua e l’aggravio delle bollette. Per questo Federconsumatori chiede l’adozione di un meccanismo simile a quello della nuova assicurazione per gli incidenti da fughe di gas, con una tutela di base a gli utenti in caso di consumi animali da perdite occulte documentabili. REGIONE Comuni a sovranità limitata (Gazzettino) Elisabetta Batic TRIESTE - È trasversale la volontà del Consiglio regionale di consentire alle future Unioni dei Comuni di poter esercitare anche la funzione della pianificazione territoriale di area vasta. L'emendamento all'articolo 24 della riforma degli enti locali, da ieri all'attenzione dell'Aula, è stato sottoscritto oltre che da Cittadini, Sel e Pd anche da Ar, M5S, Fi e Ncd. La proposta punta ad un nuovo e più efficiente modello di governo del territorio mediante la definizione di indirizzi strategici condivisi a livello di area vasta, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio. Traduzione: mentre prima ogni singolo Comune poteva decidere la costruzione di un centro commerciale piuttosto che di un impianto impattante allocandolo al confine del Comune limitrofo (che dunque poteva subire riflessi negativi) con questa modifica la pianificazione di natura strategica sarà aggregata ferme restando le puntuali competenze pianificatorie riservate ai Comuni attraverso i Piani regolatori. Tra i circa 200 emendamenti alla riforma (oggi l'assessore competente Paolo Panontin illustrerà in Aula costi e benefici dell'operazione) all'ultimo sono state inserite misure urgenti (a firma Pd) per assicurare una funzionale gestione degli incentivi regionali a favore degli enti locali. Norme "salva contributi" che nello specifico riguardano i Comuni di Porpetto (27 mila euro per 20 anni per un totale di 540 mila per riqualificare il patrimonio immobiliare), San Quirino (300mila per recuperare un fabbricato adiacente alla Casa anziani), Forni di Sopra (1,4 milioni) e Gorizia (1,5 milioni). La necessità è quella di sbloccare risorse ferme (che altrimenti andrebbero perse) anche dando la disponibilità a cambiare destinazione d'uso per rendere praticabili i contributi (si tratta di un'anticipazione normativa della riforma della finanza locale pronta entro fine gennaio). A tutti i Comuni che hanno ottenuto finanziamenti dalla Regione, ma non hanno ancora incassato le rate, si permette di destinare le risorse ad altre opere pubbliche più urgenti. In ciascuna Unione con più di 100mila abitanti lo statuto può prevedere che il Comune più popoloso eserciti in forma singola alcune funzioni. Lo stabilisce un emendamento di Giunta che con un'altra modifica trasferisce alla Regione la proprietà delle strade provinciali strategiche. Una modifica a firma lunga anticipata dal Gazzettino istituisce invece l'Assemblea di comunità linguistica (friulana, slovena e tedesca). Non verrà accolto l'emendamento di Igor Gabrovec (Ssk) che chiede una deroga dall'obbligo di aderire alle Unioni per i 32 Comuni con presenza slovena da Muggia a Tarvisio. «Leggi di tutela già ci sono – commenta il capogruppo Pd Cristiano Shaurli – e la messa in comune di servizi non lede in alcun modo la tutela delle minoranze». Critiche da Luca Ciriani (FdI) che ribadisce: «Riforma inutile e costosa, crea 20 mini-province e una proliferazione degli organi di governo e di controllo, insomma una giungla senza precedenti». Quadri regionali, è rivoluzione (Gazzettino) Maurizio Bait TRIESTE - Una profonda ridefinizione della "mappa" delle posizioni organizzative, ossia dei quadri intermedi fra dirigenti e impiegati regionali, nel segno di un cambio filosofico: non più valorizzando le esperienze professionali maturate nell’ambito di questa o quella Direzione centrale, ma piuttosto le capacità di «presidiare la trasversalità dei processi» per centrare gli obiettivi dell’Amministrazione. Una vera e propria rivoluzione, a lungo rimandata dalla precedente Amministrazione non meno che da quella ora in carica. Attualmente le posizioni organizzative sono 146. Con una delibera dell’assessore alla Funzione pubblica Paolo Panontin, si è stabilito in Giunta di estendere a tutti i dipendenti non dirigenti della Regione le procedure per selezionare le persone idonee al salto di qualità, in modo da abbattere i vecchi steccati e aprire la prospettiva di nuove opportunità. In tale quadro, la Giunta ha deciso d’istituire una posizione organizzativa nell’Area per il manifatturiero della Direzione Attività produttive per coordinare l’attuazione del Piano di sviluppo dell’industria, che approderà in Consiglio con l’anno nuovo. Un’altra posizione organizzativa viene istituita nella medesima Area regionale per la trattazione coordinata delle misure finanziarie a favore dell’artigianato, mentre altre due posizioni vengono create al Servizio gestione dei fondi comunitari per coordinare le urgenti attività di chiusura delle pratiche relative al programma Por-Fesr 2007-2013, ossia della vecchia agenda comunitaria che va rendicontata in tempi ristrettissimi pena la deprecabile restituzione delle risorse. A tale proposito, altre due posizioni vengono riassegnate al Servizio politiche rurali per il coordinamento delle attività di monitoraggio e per la valutazione dei programmi comunitari. E poi una posizione da assegnare alla Direzione Funzione pubblica per un compito decisivo di nuova istituzione: specifiche funzioni di coordinamento delle competenze per programmare fabbisogni, controllo e attività multidisciplinari nell’ambito della Centrale unica di committenza, chiamata a fare Spending review sulle forniture regionali non sanitarie (infatti la Sanità istituisce un soggetto specifico a tale scopo), anche al Servizio degli Enti locali. Un sistema, questo, che entrerà in esercizio a breve anche se è probabile la necessità di correzioni "in corsa" specie a proposito delle forniture minori nei confronti dei piccoli Comuni che si servono di altrettanto piccoli fornitori di prossimità. Alluvione in Fvg, il governo congela il Patto di stabilità (M. Veneto) UDINE Ci saranno anche i Comuni della regione colpiti del maltempo delle scorse settimane nell’elenco degli enti locali cui il Governo concederà di derogare dai vincoli del Patto di stabilità. Parola di Riccardo Nencini, viceministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, che a margine della visita allo stabilimento Offma di Martignacco ha assicurato come il taglio ai vincoli di bilancio promessi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio non riguarderà soltanto Liguria, Piemonte e Lombardia, ma coinvolgerà anche il Friuli Venezia Giulia. Offma. L’apertura di Nencini alla regione arriva nel corso della visita che il viceministro ha svolto nella sede di Martignacco della Offma, azienda specializzata in carpenterie metalliche. Un piccolo esempio di efficienza ed eccellenza friulana che, recentemente, ha completato la realizzazione della struttura metallica del futuro “Palazzo Italia” che nascerà all’interno dell’Expo di Milano, è in corsa per aggiudicarsi la costruzione della sede riservata alla Cina e lavora sia in Fvg – dallo stadio Friuli all’Abs – che all’estero dividendosi in particolare tra Ecuador e Austria. E nonostante numeri e cifre importanti – un fatturato che per il 2014 dovrebbe crescere del 20% rispetto al 2013 e 28 dipendenti a libro paga – la Offma soffre come tutte le aziende del settore i tempi della burocrazia e il brusco stop ai lavori pubblici imposto dal Patto. Qualcosa, però, pare muoversi, almeno a sentire le rassicurazioni di Delrio e, soprattutto, di Nencini. «Le aree e le città colpite dal maltempo – ha spiegato il viceministro – saranno svincolate dai paletti imposti dal Patto. Così facendo permetteremo da una parte ai Comuni di realizzare le opere di messa in sicurezza del territorio e dall’altra saremo in grado di garantire una salutare boccata d’ossigeno alle aziende riattivando il sistema degli appalti pubblici». Un intervento centrale che riguarderà anche la nostra Regione. «La proposta sul tavolo del Governo – ha assicurato Nencini – è questa e coinvolgerà anche il Fvg, non soltanto le regioni del nordovest». Incontro. Ad attendere il viceministro alla Offma, ieri, c’era anche l’assessore regionale alle Infrastrutture a ai Trasporti Mariagrazia Santoro che ha parlato con Nencini sul nuovo cronoprogramma per il completamento della terza corsia e ha chiesto – facendo seguito al dossier già consegnato nella mani del ministro Maurizio Lupi – un impegno concreto per risolvere il problema legato ai ritardi accumulati nella consegna dei convogli Caf, gli elettrotreni acquistati nel 2011 dalla Regione per circa 50 milioni di euro e non ancora entrati in servizio. Santoro ha spiegato a Nencini come dopo aver applicato la penale massima prevista dal contratto e bloccato il saldo dei pagamenti, la giunta non abbia altre frecce al proprio arco. «Il viceministro si è dimostrato molto interessato alla vicenda – ha commentato l’assessore – promettendoci di svolgere gli approfondimenti del caso per provare a sbloccare una situazione che ha davvero dell’assurdo. Confidiamo molto nell’opera di persuasione di Nencini e di Lupi i quali, come testimoniato dalla mole di finanziamenti a favore delle infrastrutture in Fvg, considerano questa regione, e il suo sviluppo, un asset strategico e fondamentale per il futuro di tutto il Paese». Mattia Pertoldi «Accompagnamento e invalidità fuori dall’Isee» (Gazzettino) UDINE - Affiancare alla riforma sanitaria un nuovo piano sociale, fermo al 1988; massima attenzione affinché siano esclusi dal calcolo del nuovo Isee del Governo nazionale l'indennità di accompagnamento e la pensione di invalidità, questione sulla quale c'è forte impegno della Regione; inoltre un regolamento più puntuale del Fondo per l'autonomia possibile e il rilancio della Consulta in ambito istituzionale e sempre più stretti legami di coordinamento con le Consulte provinciali. Sono i temi centrali affrontati dall’assemblea delle associazioni di persone con disabilità. Sostegno e pieno riconoscimento dell’importante ruolo della Consulta sono stati espressi dall'assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca e dal consigliere regionale Silvana Cremaschi, intervenute all'assemblea. «Il 2015 sarà un anno importante e i fondi che arriveranno non sono elargizioni ma investimenti rivolti al benessere di tutti», ha affermato la responsabile della Sanità regionale, manifestando l’intenzione di avviare un confronto per la stesura del piano sociale. Servizi sanitari in Posta, niet delle farmacie (Gazzettino) TRIESTE Si riapre lo “scontro” tra la Regione e i farmacisti. Ad accendere la miccia, stavolta, è il protocollo d’intesa che la Regione stessa, con l’assessore Paolo Panontin, ha appena siglato con Poste italiane, allo scopo di fornire nuovi servizi in ambito sanitario ai cittadini. Ma Federfarma Friuli Venezia Giulia, l’associazione dei titolari delle farmacie, non ci sta e avverte Panontin: «I servizi oggetto del protocollo sono già operativi da tempo nelle farmacie del nostro territorio proprio con accordi sottoscritti con le Aziende sanitarie e l’assessorato alla Salute». Ancora Federfarma, con il presidente Francesco Pascolini, ricorda che «le farmacie sono gli unici soggetti titolati ad erogare attività convenzionate tramite intese normate dalla legge regionale 17/2014 sulla riforma sanitaria». E aggiunge che «non si comprende quale competenza abbiano le Poste in ambito sanitario. Di più: nessuno sportello, su un territorio geograficamente complesso come quello del Friuli Venezia Giulia, garantisce presenza capillare e almeno 40 ore di apertura settimanale (ovviamente oltre ai turni di guardia) come le farmacie». L’associazione ricorda ancora che proprio le farmacie assicurano due servizi essenziali per i cittadini: la collaborazione informativa e logistica alla campagna di screening per la prevenzione oncologica e il servizio di prenotazione di visite ed esami al Cup con pagamento del ticket. E, subito dopo, citando l’accordo regionale siglato in agosto con l’assessorato regionale alla Regione, rilancia: «Diventa importante ampliare le attività di sportello Cup tramite le farmacie anche nelle aree attualmente non coperte, ovvero l’udinese, e consolidarlo nel pordenonese dove va sviluppato, anche alla luce dei dati positivi registrati a Trieste: qui oltre il 50% delle prenotazioni avviene proprio tramite la farmacia». Non solo: «L’accordo prevede di implementare il fascicolo sanitario elettronico e il collegato fascicolo farmaceutico attraverso l’integrazione degli operatori sanitari del territorio, medici di base e farmacie, connessi in rete ai sistemi informatici regionali». Pertanto Federfarma, ribadendo la contrarietà all’ingresso in campo di Poste, si dice in attesa della convocazione dei tavoli tecnici per l’estensione del servizio Cup e degli altri servizi amministrativi di carattere sanitario. CRONACHE LOCALI Commesse straniere “incerte”: a casa 24 interinali dell’Alcatel (Piccolo Trieste) di Piero Rauber Nella filiale triestina della Alcatel-Lucent, fino ad ora, il 2014 aveva viaggiato controcorrente, accumulando tra gennaio e settembre una settantina di posti di lavoro in più, ancorché a chiamata e non di ruolo. Adesso, però, la crisi globale e il ricorso ai tagli alle spese per il personale presentano il conto pure alla fabbrica di strada Monte d’oro: per intanto, infatti, 24 contrattisti a termine, a breve termine a essere più precisi, che in parte coincidono con quella settantina di ingressi avvenuti nel corso dell’anno, escono dal giro, dal meccanismo dei rinnovi automatici, e restano a casa a disposizione delle agenzie di somministrazione di lavoro che forniscono appunto l’Alcatel di addetti a tempo. Otto di loro sono rimasti fuori a ottobre, altri 16 saluteranno invece alla fine di questa settimana, alla chiusura di novembre. Lavoratori a chiamata, in prevalenza di mese in mese, in attesa di chiamata. Precari al momento non più richiamati, e “selezionati” in base a criteri quali l’anzianità di servizio e il livello mansionale. I numeri esatti sono stati forniti ieri pomeriggio dal management locale della multinazionale francese, leader nel campo dei prodotti hardware e software per le telecomunicazioni, ai rappresentanti dei dipendenti. Una comunicazione che, per quanto negativa, ha chiuso un periodo carico di illazioni e di paure nel bel mezzo del quale giravano voci secondo cui il taglio da qui a Natale sarebbe potuto arrivare a oscillare fra le 40 e le 60 unità. Ciò non vuol dire che l’emorragia sia finita qui: l’aggiornamento del fabbisogno di operatori in servizio sarà mensile però non è neanche escluso questo hanno capito i sindacati sentendo i manager ieri - che prossimamente le necessità di mani e teste ricomincino a salire. Tutto dipenderà da quando, e se, l’Alcatel riuscirà a riprendersi una serie di clienti sparsi per il mondo, dal Brasile al Nord America fino alla Cina, di questi tempi rimasti alla finestra in un mercato che evidentemente è oggi più ingessato di ieri. «La situazione attuale - ha confermato a metà pomeriggio dopo l’incontro con l’azienda Andrea Raini, Rsu della Uilm - è dovuta ad alcune commesse con società estere che per il momento non si sono concretizzate. Le ricadute occupazionali sono repentine perché oggi, a differenza di com’era un tempo, il mercato ha una cosiddetta visibilità ridotta, dove per visibilità s’intende il tempo che intercorre tra le previsioni di poter firmare un contratto di fornitura e la firma vera e propria. Siamo nell’ordine del mese e mezzo, non di più. Per questo motivo è stato stabilito che verranno calendarizzati incontri mensili proprio per aggiornare le eventuali ricadute occupazionali. Prendiamo atto della mancata richiamata di 24 colleghi, e non possiamo chiaramente esserne felici, certo non va dimenticato, anzi, che quest’azienda dà lavoro su questo territorio a tantissime persone e non vi è la preoccupazione, patita anni addietro, di eventuali delocalizzazioni. Ci auguriamo che nel 2015 il mercato si riprenda». Di commesse non saltate bensì «spostate in avanti nel tempo» parla in effetti Sergio Cortesi, Rsu della Fiom Cgil: «Purtroppo il nostro mercato è imprevedibile. Va rilevato comunque che il saldo occupazionale del 2014 resta positivo e che l’azienda ha avuto la sensibilità di convocare i lavoratori interessati da questa contrazione di numeri senza aspettare che essi ricevano un messaggino dall’agenzia di somministrazione». «Non ho - ha precisato infine in serata Marco Angelo Colombo, Trieste plant manager Alcatel Lucent assolutamente niente da aggiungere. I sindacati si assumono la responsabilità di quello che dicono. Non c’è nulla di eccezionale da riferire, si tratta di un normale adattamento ai carichi lavorativi, un aggiustamento peraltro minimale». Consoli in Consiglio: «Da giugno disponibili i soldi dei risparmiatori» (Piccolo Trieste) di Matteo Unterweger Giugno: Maurizio Consoli traccia l’orizzonte temporale e individua il mese in cui, se tutto andrà per il meglio, i creditori delle Cooperative Operaie potranno ricevere, almeno parzialmente, i soldi che spettano loro. I loro soldi. Prima, però, c’è un iter che deve compiersi, un percorso che sta impegnando ogni giornata del commissario giudiziario tornato ieri - per l’audizione sulla crisi Coop - nell’aula del Consiglio comunale a un anno e nove mesi dal suo addio (era il febbraio 2013) alla giunta Cosolini in cui ricoprì il ruolo di assessore al Bilancio. «Questa è una fase cruciale in vista dell’udienza del primo dicembre davanti al Tribunale fallimentare. Se andrà a compimento in questa settimana - ha illustrato Consoli -, si aprirà una procedura che consentirà nel giro di qualche mese, direi per il giugno prossimo, di concludere l’operazione per pervenire al pagamento di fornitori e prestatori sociali (i 17mila risparmiatori che hanno visti bloccati i loro soldi, ndr) in una percentuale che ancora non sono in grado di precisare. Ma che auspichiamo molto, molto significativa». Nessun azzardo su numeri. Di certo c’è che lunedì prossimo, il 1.o dicembre, è in programma un’udienza chiave per la missione affidata dalla Procura triestina (dai pm Federico Frezza e Matteo Tripani) all’avvocato Consoli con l’obiettivo di salvare le Coop. «Sono giorni convulsi e decisivi», ha specificato il commissario ex assessore, rigoroso nella «riservatezza su talune informazioni». Nel riassumere la situazione, un passaggio sulle condizioni in cui ha trovato la società: «In un indiscutibile stato di insolvenza, di incapacità di adempiere con mezzi ordinari al pagamento dei fornitori». Coi quali il «debito è di 30 milioni di euro», cui si è sommata «un’emorragia del prestito sociale da gennaio a settembre 2014», con prelievi per un totale di «oltre 20 milioni di euro. Quest’anno - ha aggiunto Consoli - Coop Operaie stava perdendo altri 9 milioni. E non c’era alcun tipo di piano industriale alternativo idoneo». Oltre al commissario, ha preso la parola anche il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello: «Nel 2012 era stata aperta una revisione straordinaria. Dalla quale era emersa una situazione patrimoniale a posto pur con un’attività caratteristica in sofferenza: il rientro del prestito sociale era nei limiti. Alla Regione, chiamata in causa più volte, non può essere addebitata una colpa che non ha: il controllo avviene per mezzo delle centrali cooperative che hanno in capo l’obbligo di vigilanza attraverso la revisione ordinaria. Quelle di LegaCoop e Confcooperative non avevano evidenziato alcunché. Gli uffici regionali le leggono e se c’è qualcosa di anomalo, avviano la procedura di revisione straordinaria. Questo - ha concluso - è un tema nazionale: sono necessari alcuni interventi legislativi importanti». Dai delegati di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, l’appello a portare a casa dalla trattativa per il salvataggio «più posti di lavoro possibile», a tutela dei dipendenti (in tutto 648), «assieme alla garanzia per i soci prestatori». E dal Comitato di tutela dei risparmiatori (forte di 2.500 adesioni) tramite Annamaria Spallino e Fabio Franchi, rispettivamente, la richiesta alle istituzioni di «risposte chiare e trasparenti» e di «sospensione di tutte le tasse finché non ci saranno restituiti i nostri soldi». A fine seduta, il sindaco Roberto Cosolini si è impegnato a valutare con il Consiglio comunale «ciò che, oltre allo slittamento Tari, è materialmente possibile». Crociere, decollo nel 2015 ma strutture insufficienti (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana Mentre operatori e istituzioni cominciano a fare squadra puntando forte e in modo concorde sul 2015 come anno di rilancio delle crociere a Trieste, si allunga subito la lista delle battute a vuoto che rischiano di inficiare sul nascere i tentativi di riscossa. «Il progetto di allungamento di 120 metri del lato Nord della banchina purtroppo ha subito forti rallentamenti durante il suo iter amministrativo - ha dovuto confessare ieri Franco Napp, amministratore delegato di Trieste terminal passeggeri al termine del convegno sugli sviluppi del comparto organizzato dalla società - per cui non potrà essere attuato all’inizio della prossima stagione, probabilmente lo sarà alla fine». Con un molo di 220 metri e la navi bianche di ultima generazione che vanno dai 290 ai 310 metri di lunghezza l’ormeggio in presenza di Scirocco forte diventa estremamente precario. Da qui l’idea di allungare la banchina, nelle more dell’approvazione del nuovo Piano regolatore, con strutture amovibili dette dolphin. Il 21 gennaio durante una visita a Trieste l’amministratore delegato di Costa crociere Michael Thamm aveva affermato: «Il dolphin è indispensabile per ormeggiare una grossa nave in sicurezza e per non costringerci a ritornare a una nave più piccola. Ma vedo che il presidente di Ttp Paoletti e l’ad Napp stanno lavorando molto bene e sono convinto che nel 2015 il dolphin sarà al proprio posto». Un mese dopo Napp aveva puntualizzato: «Le fasi burocratiche stanno procedendo, sono previsti sei mesi di lavoro, al massimo per l’inizio della primavera 2015 non possiamo non farcela». Così non sarà e va precisato che il dolphin viene finanziato dall’Autorità portuale, ma anche per il finger coperto progettato per favorire lo sbarco diretto dei passeggeri e che invece è a carico diretto di Ttp l’appuntamento è rimandato al 2016. «Il problema dell’adeguamento del terminale è irrinunciabile - ha ammonito nel corso della tavola rotonda che è stata moderata dal giornalista Angelo Scorza, il sindaco Roberto Cosolini - perché persiste il pericolo di stancare le compagnie crocieristiche che ci fanno conto». Secondo le stime di Ttp nel 2015 grazie alle 35 toccate di Costa Mediterranea, 29 delle quali con overnight, ma anche a quelle spot di altre compagnie: Cunard line, Holland american line, Pullmantur, Thomson cruises, Regent seven seas cruises, Sea clou cruises e The world) si registrerà a Trieste un movimento di oltre 170mila passeggeri e una crescita del 280% rispetto ai nuovi picchi negativi con cui si chiuderà invece l’anno in corso: 45mila passeggeri in 22 toccate. Sarà da vedere se il porto, pur con le carenze infrastrutturali che permarranno ancora almeno per la prossima stagione, ma anche la città intera sapranno supportare e favorire il tentativo di ripresa. «I commercianti triestini risponderanno in modo positivo come hanno sempre fatto - ha assicurato il direttore di Confcommercio Pietro Farina - alcuni ristoratori sono pronti a riaprire il loro locale a mezzanotte. Basterebbero che i flussi crocieristici avessero un andamento più costante e meno schizofrenico» «Tiare, sono soltanto 600 gli occupati» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain Era il 5 dicembre dello scorso anno. “Tiare shopping” aprì a Villesse dopo mille vicissitudini. Ci fu una conferenza stampa alla mattina, prima dell’Opening party previsto in serata che vide la partecipazione di 700 persone. Herman Gewert, managing director di Inter Ikea centro group (Iicg), dichiarò: «Abbiamo investito 200 milioni di euro e creato più di 1.000 posti di lavoro». Previsioni che noi pubblicammo e che erano state formulate già in un comunicato stampa del 28 marzo 2012 dove c’era il seguente inciso: «Si stima che il progetto possa generare circa 1.000 posti di lavoro diretti e indiretti, senza considerare l’impatto positivo sul commercio e sulle attività economiche della regione». Insomma, un quadro positivo in una provincia agonizzante dal punto di vista economico e occupazionale. Sono state previsioni rispettate? A sentire i sindacati, no. Secondo i segretari provinciali della Cgil Paolo Liva e della Cisl Umberto Brusciano il dato si attesta sulle 600 unità. «Ci aspettavamo di più, inutile negarlo», aggiunge amaramente Liva. La crisi si fa sentire anche sulla grande distribuzione. Peraltro, su questi dati si innestano quelli della Provincia che ha assistito a un calo consistente di assunzioni a “Tiare shopping”. Almeno quelle che sono passate e continuano a passare attraverso i Centri per l’impiego (i vecchi uffici di collocamento) della Provincia. I dati, forniti dall’assessore provinciale alle Politiche attive del lavoro Ilaria Cecot, sono impietosi. Nell’arco del 2013 si sono rivolte negli uffici 40 ditte richiedenti i profili più attinenti alla loro attività: sondaggi che hanno portato all’assunzione di 300 persone. «Per quanto riguarda il 2014 - sottolineano l’assessore Cecot e la responsabile del servizio Politiche del Lavoro della Provincia Elena Ciancia - hanno richiesto, sino ad oggi, i servizi di preselezione 26 ditte per un totale di 38 assunzioni». In buona sostanza, si è assistito a un crollo di assunzioni, ridotte praticamente a un decimo rispetto all’anno prima. Numeri che fanno dire all’assessore Cecot che Tiare shopping «non ha avuto, purtroppo, l’impatto socio-economico che speravamo avesse. Non nascondo che, in fase di previsione, pensavamo di trovarci a numeri ben più consistenti relativi alle assunzioni. Peraltro, la gran parte di questi contratti sono a tempo determinato: posti-fissi non ce ne sono o costituiscono rarissime eccezioni». L’assessore ripete concetti a lei cari che aveva già illustrato nel luglio scorso, in occasione della presentazione dei dati sull’occupazione. «Analizzando poi in profondità il fenomeno, si scoprono altri aspetti non propriamente positivi - rammenta l’assessore Cecot - come, ad esempio, il fatto che al centro commerciale di Villesse quasi tutti i contratti sono precari, a tempo determinato, della durata di pochi mesi. In molti casi contratti aperti a dicembre a fine gennaio erano già stati chiusi, e diversi lavoratori si sono licenziati ritenendo non adeguate le condizioni di lavoro. Abbiamo anche notato un esagerato ricorso allo strumento dei voucher. Malgrado questo, attraverso il nostro ufficio a Tiare, cerchiamo come Provincia di promuovere assunzioni, stabilizzazioni e tirocini, e qualche risultato positivo lo otteniamo». «C’è anche da tenere in considerazione - aggiunge la dirigente della Provincia, Elena Ciancia - che nel 2014 ci sono state chiusure di punti vendita e/o riduzioni di personale che hanno portato ad una diminuzione degli addetti». Ditte non pagate, Provincia pronta a riconvocare un tavolo C’è un’altra questione che riemerge periodicamente quasi fosse un fiume carsico: quello delle ditte non pagate per i lavori di realizzazione del parco commerciale di Villesse. Non più tardi dell’8 novembre scorso, sono tornate a tuonare le aziende. A prendere posizione fu, nella fattispecie, la Ediltecnica di Gruaro. «La proprietà Villesse shopping center srl (controllata al 100% da Inter Ikea) ci ha pagato con delega passiva fino all’apertura del centro commerciale. Era il 5 dicembre 2013 e abbiamo ricevuto solo il 40% dell’importo totale dei lavori, mentre ormai sono 12 mesi che il centro Tiare è aperto e funzionante», attaccò la ditta. «E periodicamente giungono ai nostri uffici altre sollecitazioni di questo tipo», fa sapere l’assessore provinciale Ilaria Cecot. Che aggiunge: «Ho già sensibilizzato il presidente Enrico Gherghetta affinché riconvochi il tavolo con tutti i soggetti interessati in tempi brevi. Mi risulta che, passati parecchi mesi, non tutte le posizioni sono state regolarizzate. Si tratta di realtà che hanno lavorato e, quindi, devono essere pagate per quanto fatto», scandisce l’assessore provinciale. Ad oggi, non si è riusciti ancora a fare chiarezza su chi non ha pagato ovvero chi è il responsabile di questa ingarbugliata e poco edificante vicenda: nemmeno le ditte e gli operai che abbiamo interpellato nei mesi scorsi hanno saputo dirci con chiarezza a che livello si sono fermati i pagamenti. Per qualcuno la colpa è ascrivibile a Inter Ikea centre group, per altri ad Arco Immobiliare, per altri ancora la responsabilità è di Tradelek passando per Alfa Contract srl. Ma i diretti interessati smentiscono ogni addebito. E allora si parla di subfornitori e di sub-sub fornitori che non avrebbero onorato gli impegni con altre ditte e altri lavoratori. Insomma, un sistema di scatole cinesi di cui è difficile venire a capo. (fra.fa.) «L’amianto ha causato la morte di 72 cantierini» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Franco Femia Si parlato delle cause che hanno portato al decesso di 72 lavoratori dell’ex Italcantieri nell’udienza di ieri al processo bis per le morti di amianto che si celebra al tribunale di Gorizia. L’anatomo patologo Alessandro Brollo, consulente del pubblico ministero - e in minor parte il dottor Franco Furlan - ha esaminato una per una le autopsie effettuate ai lavoratori spiegandone la causa della morte, causa che nella quasi totalità è da ascrivere all’assunzione della fibra killer. Solo in un paio di casi Brollo, che ha operato nel settore della medicina del lavoro all’ospedale di Monfalcone in équipe con il dottor Claudio Bianchi, ha espresso il ragionevole dubbio che la morte sia stata causata principalmente da altre patologie come gravi cardiopatie che hanno portato all’edema polmonare acuto pur in presenza di un mesetelioma. Sebbene sia stato evidenziato come talvolta alcune patologie, anche gravi, sono causate da neoplasie polmonarie provocate all’asbestosi. Per il resto è stato un lungo elenco di freddi dati clinici che hanno evidenziato come l’assunzione di amianto sia la causa prima della morte dei cantierini. Fibra che ha provocato meseteliomi alla pleura, neoplasie e carcinomi. E a inchiodare l’amianto sono state non solo le placche rilevate nella pleura, in certi casi di un certo spessore, ma soprattutto la presenza di migliaia, in un caso fino a 184mila in un grammo, di corpi di asbestosi presenti nel tessuto polmonare. E i dati a livello internazionale indicano che sono sufficienti 10mila corpi per stabilire la presenza dell’asbestosi. È stato una volta di più evidenziato che il rischio è altissimo in chi ha avuto un’alta esposizione all’amianto. Si è parlato anche di altre malattie come il cancro alla laringe che recentissimi studi collegano all’assunzione dell’amianto anche se, ha detto Brollo, la prima causa di morte resta il fumo. Con la deposizione dei due consulenti si sono conclusi i testi indicati dalla pubblica accusa sostenuta in questo processo dai pm Vaentina Bossi e Laura Collini. Toccherà ora ai testi della parte civile e della difesa che saranno sentiti a partire dalla prossima udienza fissata per il 26 gennaio dal giudice monocratico Nicola Russo. In questo procedimento, che viaggia più spedito del primo anche perché sono state acquisite al fascicolo del giudice le prove documentali del primo maxi-processo, sono imputati di omicidio colposo 14 ex dirigente dell’allora Italcantieri e tre responsabili della ditte esterne. Anche i testimoni sono in misura ridotta: il pm ne ha indicati una quarantina contro i quasi 500 del primo processo, del quale a 15 mesi dalla conclusione si attende ancora la deposizione della motivazione della sentenza. Il prossimo 19 maggio inizierà, sempre al tribunale del capoluogo isontino la prima udienza del terzo processo per la morte da amianto riguardante 40 cantierini con imputati sempre i vertici dell’ex Italcantieri e rappresentanti delle ditte esterne. Ronchi, via all’assunzione di altri 3 operai a termine (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Luca Perrino RONCHI DEI LEGIONARI Ci sono i fondi. E, quindi, il progetto può andare avanti. Il Consiglio comunale di Ronchi dei Legionari ha infatti stanziato la somma di 73mila euro che, nei prossimi mesi, servirà per quelli che sono conosciuti da tutti come i lavori socialmente utili e per l’assunzione di tre persone, per un periodo di un anno, all’interno della macchina comunale. «Le variazioni di bilancio – spiega il sindaco, Roberto Fontanot – ci hanno permesso di andare avanti anche su questa strada e lo ritengo un atto molto importante che permette di ottenere due benefici importanti. Il primo riguarda proprio l’amministrazione comunale che, bloccata anche sotto il profilo delle assunzioni, può comunque far conto su queste risorse. Il secondo mette al centro proprio quelle persone che, colpite dalla crisi del mercato del lavoro e di molte aziende, con questa opportunità può continuare a vivere con un po’ più di dignità e di speranza per il futuro». Le tre persone, che saranno assunte attraverso le “tradizionali” modalità indicate dalla legge, saranno impiegate in settori strategici, ad iniziare da quello delle manutenzioni del patrimonio comunale e del verde pubblico. Da un lato, come detto, un’occasione per questi ronchesi in difficoltà, dall’altro anche una buona opportunità per l’amministrazione comunale che, oggi più che mai, si trova a fare i conti con l’impossibilità di assumere. L’organico è già sceso da molto sotto le 100 unità, mentre i lavoratori socialmente utili sono complessivamente una dozzina. E sono ormai quattro anni che si fa ricorso a ciò. I “comunali” erano 117 nel 2001 ed ora sono in totale 98, dispiegati nei diversi uffici e nei diversi servizi. In numero ottimale o sufficiente in alcuni casi, sottorganico ed in carenza cronica in altri. Come nel caso eclatante della Polizia municipale che svolge servizio in una cittadina di 12.500 abitanti con solo sei agenti, ai quali va aggiunto il comandante, due ausiliari del traffico ed un’impiegata. Non stanno meglio gli operai comunali, che ora sono una decina e che, per alcuni mesi l’anno, possono contare su chi usufruisce dei lavori socialmente utili, mentre anche alla biblioteca comunale o all'ufficio urbanistica, solo per citare due casi, non è che la situazione sia migliore. I progetti avranno una durata di un anno e vi potranno partecipare i lavoratori residenti in città che usufruiscono dei trattamenti previdenziali della cassa integrazione guadagni speciale sospesi a zero ore o di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione in base all’articolo 11 della legge 223 del 1991. Grado 3, l’autorizzazione approda nell’aula del Tar (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Ancora uno stop nella lunga vicenda del progetto Grado 3, l’intervento dell’imprenditore Adriano Bernardis, che nella zona di Sacca dei moreri, fra Grado pineta e Città giardino, prevede un investimento di 327 milioni, con la realizzazione di appartamenti, un albergo a cinque stelle, ristoranti, negozi e un centro congressi. Un complesso che, a regime, sarebbe frequentato da almeno 2.500 persone al giorno, la cui presenza si rifletterebbe positivamente anche sulle nuove Terme alla cui realizzazione sta lavorando la Regione. Al momento, invece, la procedura autorizzativa è finita sul tavolo del Tar che, dopo due rinvii nelle scorse settimane, si pronuncerà nell’udienza fissata per il 17 dicembre. In questo caso la battaglia legale vede di fronte la Regione e la soprintendente regionale ai beni paesaggistici e architettonici, Maria Giulia Picchione. Lo scorso giugno, nella conferenza dei servizi decisoria, l’amministrazione regionale aveva dato il via libera al progetto, mentre la soprintendente aveva comunicato il suo parere negativo, presentando poi ricorso, circa un mese fa, contro l’autorizzazione regionale. «Rimango allibito», commenta Adriano Bernardis alla notizia del ricorso della soprintendente, e precisa che «nessuna comunicazione è arrivata al Consorzio Lido Moreri», al quale fa capo il progetto. Bernardis sottolinea che nell’arco di due anni e mezzo il consorzio ha presentato alla Soprintendenza diverse soluzioni e modifiche al progetto, ottenendo alla fine dalla Regione un’autorizzazione «più che legittima», in sede di conferenza dei servizi decisoria lo scorso 3 giugno. «La soprintendente Picchione - ricorda l’imprenditore gradese - era presente alla prima conferenza dei servizi il 7 maggio, in cui ha chiesto integrazioni e approfondimenti, che abbiamo fornito. Era assente a quella successiva, il 21 maggio, mentre il 3 giugno, alla conferenza decisoria, ha inviato un architetto della Soprintendenza che ha comunicato il parere negativo ma che non aveva il mandato a discutere del progetto. Ritengo - aggiunge - che tra enti pubblici e privati bisognerebbe invece cercare di dialogare per raggiungere il miglior risultato, in questo caso sia sul piano paesaggistico sia su quello ambientale». Il ritardo che il ricoso al Tar sta determinando nella realizzazione del progetto Tar ha evidentemente pesanti ripercussioni, sia sul piano degli investimenti sia su quella della creazione di posti di lavoro, che nella fase della costruzione ammonterebbero a 7800 persone e in quella della gestione, a regime, vedrebbero all’opera un migliaio di lavoratori nelle diverse attività. Il tutto senza parlare dell’indotto, che per quanto riguarda la fase gestionale è stimato in duemila persone. «Il progetto - rimarca Bernardis - offre anche una boccata d’ossigeno a decine di piccole e medie imprese, che sono quelle a soffrire di più in questa lunga crisi. Ciononostante è bloccato da queste vicende burocratiche». Che il progetto porti nuovi e numerosi posti di lavoro lo hanno intanto ben capito l’Ance Confindustria regionale e i sindacati, che alcuni mesi fa hanno siglato con il Consorzio Lido Moreri un accordo in base al quale, nelle gare d’appalto, a parità di offerte verranno preferite le imprese della regione. (gi.pa.) Coopca, un centinaio di soci creano un comitato di difesa (Gazzettino Udine) David Zanirato Oltre un centinaio di persone furenti hanno risposto ieri sera alla chiamata del gruppo spontaneo di soci Coopca autoconvocatisi al Bar Nigris di Tolmezzo. Volti tesi, letteralmente inferociti ed in parte spaesati si sono confrontati, non senza momenti di tensione, sulle strategie da mettere in atto per difendere i rispettivi risparmi, per molti il frutto di un intera vita di lavoro. Da tutto il Friuli sono saliti nel capoluogo carnico, alla ricerca di informazioni: chi da Rivignano, chi da Tarcento o da Gemona ed altrettanti si sono fatti vivi in questi giorni da Spilimbergo, Pordenone, Treviso, Mestre. Tra loro alcuni dipendenti ed anche molte persone anziane che hanno lamentato tra l'altro di non aver ricevuto alcuna comunicazione scritta dalla società rispetto a quanto sta succedendo, altri poi hanno invitato a programmare azioni eclatanti, magari in alleanza con i soci delle Cooperative Operaie di Trieste che si trovano nella medesima condizione. È arrivato inoltre il sostegno del Movimento 5 Stelle dell'Alto Friuli che si è detto pronto ad appoggiare tutte le iniziative «per fare piena luce su questa vicenda fallimentare, cercando di trovare risposte adeguate senza false illusioni». Si sono presentati a seguire i rappresentanti locali della Fedeconsumatori e dell'Adusbef, i quali hanno spiegato che fino alla scadenza dei 60 giorni dati dal Tribunale ogni atto è prematuro e che serve collaborazione per evitare il precipitare degli eventi. I presenti però non vogliono starsene con le mani in mano e così al termine dell'acceso confronto alcune persone hanno dato la propria disponibilità a fare da collanti per l'azione di gruppo, al fine di creare un Comitato che accogliendo tutte le istanze dei possessori di libretto al portatore, possa sedere con voce unica ai tavoli del concordato. Il Commissario della Comunità montana Lino Not ha messo a disposizione gli spazi dell'ente, siti in Via Carnia Libera 1944 ed ecco quindi che già domani, dalle 14 per tutto il pomeriggio i singoli soci potranno presentarsi per fornire le rispettive generalità ed aderire al fronte; per chi non riuscirà l'appuntamento è fissato per venerdì, dalle 20.30 all'Auditorium Candoni con l'assemblea pubblica promossa dal sindaco tolmezzino Brollo, alla quale tutti auspicano siano presenti anche i rappresentanti della società, l'assessore Bolzonello ed i sindaci del territorio. Bolzonello: no alla cessione solo di alcuni punti vendita (M. Veneto Regione) di Anna Buttazzoni TRIESTE Sì a un piano complessivo. No alla cessione di qualche negozio. Il vicepresidente Fvg Sergio Bolzonello apprezza l’interessamento di a Coop Cranica di Paul Klotz, amministratore delegato di Aspiag service, la rete di Despar a Nordest. Ma frena all’idea che possa essere ceduto solo qualche negozio. Non è così – è la sintesi del pensiero di Bolzonello – che si rilancia l’azienda. Il Tribunale di Udine ha dato ai vertici di CoopCa 60 giorni per depositare una proposta concordataria e il Piano di rilancio. La Regione affiancherà l’azienda nella realizzazione del Piano, come confermato anche ieri dalla presidente Debora Serracchiani. «Ho letto le dichiarazioni di Klotz e penso che serva contestualizzare la situazione – dice Bolzonello – e fare un ragionamento complessivo, non pensare solo alla cessione di qualche negozio. La mission di chi ha a cuore il futuro di CoopCa dev’essere percorsa all’interno della procedura concordataria. Dev’essere una strada che mantenga un forte appeal commerciale – che non si può mantenere solo con la cessione di alcuni punti vendita – e che consenta di trovare un partner su un progetto industriale. Despar – conclude Bolzonello – sarà ben accetta se vorrà essere parte del progetto di salvataggio e di rilancio complessivo di CoopCa». Serracchiani, intervenendo ieri alla 61ª cerimonia delle “Premiazioni del lavoro e del progresso economico”, ha parlato anche di Coop Carnica. «Ci sarà un accompagnamento il più diretto possibile della Regione per mettere in campo le azioni più efficaci entro i 60 giorni. Avremo il tempo di cercare le responsabilità che hanno originato la situazione attuale – ha assicurato Serracchiani –, ora a me compete salvare quanti più posti di lavoro possibile, esercizi commerciali e prestito sociale». Serracchiani ha confermato che le difficoltà di CoopCa sono state determinate da investimenti sbagliati «che pesano come macigni sul bilancio», ha detto la presidente. Che ha ripetuto la necessità di rivedere le modalità con cui si declinano i controlli sui conti delle coop. Sprechi e debiti, ecco le carte (M. Veneto Udine) di Antonio Simeoli SAN GIORGIO Shopping compulsivo. Chiamiamolo pure così, solo che la protagonista non è una giovane stregata dagli abiti di gran moda e che non riesce a frenare la voglia di “strisciare” la carta di credito di fronte all’ennesimo sfizio, ma un consiglio di amministrazione di un Consorzio industriale friulano stregato da terreni milionari, comprati a un prezzo superiore a quello di mercato, ancora pesantemente inquinati e senza badar troppo ai continui avvertimenti del collegio dei revisori dei conti, che faceva notare come “la carta di credito” fosse in rosso. Ah, c’è pure la ciliegina sulla torta: tutto questo è accaduto con i soldi pubblici, cioè i nostri. Non è la sceneggiatura di un film, ma la cruda realtà. Una realtà, per la verità, che nel mondo della politica e degli affari in Friuli è conosciuta da tempo, sulla quale la Procura della Repubblica di Udine sta indagando da mesi, è destinata a farlo anche la Corte dei conti e sulla quale aveva tuonato, in primavera, anche il Movimento 5 stelle con una molto dettagliata interrogazione in Regione e pure un esposto alla magistratura contabile.Ora, però, la questione “shopping compulsivo alla Ziac” si arricchisce di un altro capitolo. Fondamentale. Perché il commissario straordinario Ziac, Matteo Rossini, chiamato in fretta e furia dalla Regione per cercare di salvare quel che resta di un Consorzio industriale dilaniato dai debiti (80 milioni super giù), è pronto a presentare all’assemblea dei soci Ziac (Provincia, industriali, Camera di commercio, Cassa di risparmio, Mediocredito e, con piccole quote i Comuni di San Giorgio, Torviscosa, Cervignano, Terzo d’Aquileia e altri con quote minori, nonchè alcuni imprenditori insediati) la richiesta di un’azione di responsabilità sociale nei confronti dei componenti del cda protagonisti delle spese contestate. Una decisione pesante perché a chiedere i danni al cda (il quantitativo dovrà essere stabilito da una perizia) dovranno essere gli enti che quel cda l’hanno nominato. Possibile in Italia? Difficile, anche perché su tutto già incombe, codice civile alla mano, la prescrizione di cinque anni, al termine dei quali tutto finirebbe in cavalleria. Il dossier milanese Un avvertimento, quello dei termini di prescrizione per esercitare l’azione di responsabilità, presente nell’ultima delle 50 pagine di relazione che lo studio legale Pier Carlo Cajani di Seregno ha messo nelle mani del commissario Ziac. Illuminante. Perché i professionisti hanno ricostruito, passo dopo passo, con i verbali dei vari consigli in mano, l’iter che ha portato, dal giugno 2009 all’anno successivo (e oltre), all’acquisto dei due terreni della zona industriale per 30 milioni di euro. Una spesa che ha dato il colpo di grazia ai conti del Consorzio, proprio nel momento di massima difficoltà del settore vista la crisi globale. Sì, perché per l’acquisto dell’area ex Cogolo, 218 mila metri quadrati di terreni a un passo dal porto e in un’area considerata dal Consorzio strategica e capace di ospitare un centro logistico per le imprese, il cda ha speso 22,5 milioni più 2,6 di Iva, soldi garantiti con mutuo ipotecario dalla banca Popolare di Vicenza, che ora è infatti uno dei principali creditori del consorzio. Tanta fretta di comprare Un acquisto perfezionato a tempo record, in meno di una settimana a fine settembre 2009, fortemente voluto dall’allora presidente del Consorzio, Cesare Strisino, dal vice Roberto Duz (ex sindaco di Torviscosa), dal direttore Marzio Serena col via libera del consiglio di amministrazione, se si eccettuano alcune, sparute ma significative, voci fuori dal coro, su tutte quella del consigliere Vincenzo Spinelli, rappresentante di Mediocredito (quindi della Regione), scettico sull’operazione immobiliare. L’altolà del collegio dei revisori E soprattutto, come detto, del collegio dei revisori dei conti guidato da Enzo Cainero, che sin dalla prima seduta del cda Ziac sul tema, 24 settembre 2009, si era pronunciato come contrario all’operazione. Nel “dossier Cajani”, destinato a scuotere gli ambienti politici e industriali della Regione, è tutto scritto. I revisori, assieme a Cainero c’erano anche i commercialisti Patrizia Dotto e Stefano Biasutti, parlavano di «investimento di importo rilevante che andrebbe opportunamente ponderato e valutato sulla base di un businnes plan di medio-lungo termine che permetta di capire cosa si intende fare, in che tempi, con quali mezzi finanziari e con quali previsti ritorni economici». Inoltre, sempre all’interno della relazione, i revisori segnalavano la mancanza «di un’adeguata copertura finanziaria». E ancora, il collegio metteva nero su bianco l’eventualità che il Consorzio pagasse troppo i terreni. Terreni sopravvalutati E qui è necessario un passo indietro. L’accelerazione verso l’operazione ex Cogolo, chiesta al cda dal presidente Strisino il 24 settembre 2009, era stata motivata dal fatto che il 30 di quello stesso mese scadeva il preliminare dei proprietari del terreno (il Gruppo Beltrame-Acciaierie Vicentine) con la Cimolai, che poi si scoprirà (basta leggere il dossier Cajani) aveva offerto per quei terreni “solo” 16 milioni di euro. Ecco il motivo di tanta fretta: l’obiettivo era assicurarsi il bene e presentare l’acquisto come un successo strategico alla giunta regionale di centrodestra guidata da Renzo Tondo, che di lì a poco avrebbe proprio fatto tappa per una seduta itinerante nella sede del consorzio. Nonostante i dubbi sull’iter delle bonifiche avviate da tempo dai proprietari sui terreni. E sul businnes plan mancante, un problema dai vertici del consorzio risolto con l’imminente vendita, per 9,5 milioni, dell’area ex Decof. Quell’area però, ad oggi, 25 novembre 2014 non è mai stata venduta dal Consorzio perché la crisi ha messo in fuga tutti i possibili compratori. Ancora inquinamento Vale la pena ricordare, infatti, che quei terreni per cui il Consorzio era pronto a pagare una cifra del genere erano inquinati. Per questo nel preliminare stipulato tra le parti, alcuni dei componenti del cda avevano fatto inserire una clausola che prevedeva l’annullamento di tutta l’operazione se entro sei mesi il venditore non avesse documentato che la maxi-area era stata bonificata e poteva essere usata per ospitare i servizi. In più, al venditore era stato imposto anche il deposito di una cauzione di un milione di euro. Amara sopresa Basta proseguire per qualche pagina nel dossier per scoprire che, a rogito firmato davanti al notaio Panella di Udine, a fine giugno 2010 si è poi scoperto che solo parte della bonifica era stata completata, quella sui terreni, ma che alla sistemazione della falda inquinata avrebbe dovuto provvedere il Consorzio. Insomma, alla fine dei conti: 22 milioni più Iva e pure la falda inquinata. Le “bastonate” dell’avvocato Anche perché, quando il cda Ziac si interrogava se fosse sufficiente un documento provvisorio del Ministero per accertare la fine delle bonifiche anzichè il certificato definitivo, l’avvocato Luca Ponti di Udine, legale di fiducia del Consorzio industriale, aveva avvertito a sua volta i clienti sulla necessità, almeno, di procurarsi un certificato rilasciato dalla Provincia di Udine: «Anche se non sarete mai convinti della nostra opinione ha scritto il legale - di fare avanzare agli interessati apposita istanza alla Provincia nei tempi più rapidi, al fine di ottenere quel certificato che eliminerà per il futuro e anche nel vostro interesse, qualsivoglia possibilità di dubbio». Morale: la Ziac ha comprato un terreno per farci un polo logistico di eccellenza, ora lo deve bonificare e, al tempo stesso, quel terreno non riesce a rivenderlo a nessuno: perché è inquinato e perché la crisi nel frattempo ha polverizzato il valore anche di quei metri quadrati. Sul punto la relazione Cajani è eloquente: «Il cda Ziac non ha minimamente affrontato la questione indebitamento dell’ente né preparato un businnes plan per giustificare una spesa di 22 milioni. Proprio come avevano detto i revisori dei conti». Ex area Montecatini Altro capitolo: l’acquisto dei terreni dell’ex area Montecatini. Siamo nel luglio del 2009, prima quindi della questione Cogolo. Il cda Ziac valuta il progetto di acquisizione di altri 101 mila metri quadrati di terreni e fabbricati all’inizio della zona industriale di proprietà dell’Immobiliare Mose. Ma bisogna fare presto. Una perizia fatta fare al professor Luigi Pravisani (lo stesso dei terreni ex Cogolo) indica il valore dell’area in 8,9 milioni. Con un particolare, al valore si devono sottrarre quasi 5 milioni per la bonifica. Eh sì, anche questi terreni devono essere bonificati. Qui, almeno, compare una simulazione di come rientrare nelle spese: accorpare cioè le aree confinanti, anche con ulteriori altri piccoli acquisti, e vendere 500 mila metri quadri ai privati facendo fede su un piano infraregionale che la Regione si apprestava a varare. «Peccato - scrive nella relazione al commissario, l’avvocato Cajani - che quel piano non è mai stato approvato e che la previsione era totalmente irrealistica». Altro acquisto completato Niente, il cda va avanti anche questa volta, nonostante i mal di pancia dei consiglieri Spinelli (sempre quello di Mediocredito) e Milan e ancora una volta il parere negativo dei Revisori dei conti che ripetono il ritornello della vicenda Cogolo: il piano è senza copertura finanziaria. Bisogna però fare presto, secondo presidente Strisino e direttore Serena: l’Immobiliare Mose potrebbe non aspettare troppo e rivolgersi ad altri acquirenti. Quindi i vertici chiedono e ottengono dal cda l’autorizzazione a utilizzare i soldi arrivati dal finanziamento “ex Oleificio” per fare l’affare. Ancora soldi per la bonfica Il 29 luglio 2009, quindi prima del capitolo ex Cogolo, arriva il rogito: 4,4 milioni all’Immobiliare Mose e l’impegno a farsi carico delle pesanti operazioni di bonifica (quasi 5 milioni, come avevamo detto). Attenzione: un ente pubblico compra con i soldi pubblici un terreno inquinato, che era stato inquinato ai danni dello Stato, e poi? Ottobre 2009: il Consorzio, l’ente controllato dal pubblico, chiede e ottiene alla Regione prima 5,1 milioni, poi lievitati a otto, per bonificare l’area, compresa quella adiacente di porto vecchio. La resa dei conti Siamo alla fine di questa storia. L’avvocato Cajani al commissario Rossini ricorda come, a cinque anni dallo “shopping” ex Montecatini, le bonifiche di suolo e falda non siano ancora state avviate. Il motivo? Presto detto: la scorsa primavera la Regione ha deciso che era troppo: fondi revocati e commissariamento dell’ente. La chiosa del dossier Cajani nella sostanza invita il commissario ad avviare l’azione di responsabilità sociale nei confronti dei componenti del cda, tranne quelli che si sono volta per volta dissociati, in primis Spinelli. Ma la richiesta deve partire dai soci, gli stessi che hanno nominato i componenti sotto accusa. Difficile accada. Intanto, l’inchiesta della Procura di Udine va avanti e il Comune di Torviscosa ha chiesto pure una commissione d’inchiesta regionale sulla vicenda. Basterà leggere il dossier Cajani per capire molte cose, non servirà molto altro. Ma i Consorzi industriali non dovevano dare servizi alle imprese e rilanciare l’economia? Strappato l’accordo ai russi: gli stipendi alla Epb sono salvi (M. Veneto Udine) SAN GIORGIO DI NOGARO Nessun congelamento degli aumenti salariali per i 24 mesi successivi ai 36 mesi inerenti gli accordi di secondo livello, e tagli minimi agli stipendi. Gli accordi prevedono: nel primo anno l’aumento salariale sarà del 20%, nel secondo anno del 40 %, nel terzo anno del 70%. Se durante il primo anno l’impianto riuscirà ad avere ricavi, salta l’accordo; se l’azienda sarà ceduta, gli accordi vengono annullati. Soluzione raggiunta dunque per la Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro, dopo quasi sei ore di contrattazione dura, di muro contro muro, tra le organizzazioni sindacali di Fim- Cisl e Fiom- Cgil e Rsu aziendali, nell'incontro "fiume" di ieri in Confindustria a Udine, con la delegazione russa di Evraz. Una contrattazione nella quale è intervenuto anche il presidente di Confindustria Matteo Tonon, quando tutto faceva presagire che ci fosse una spaccatura tra le parti facendo saltare ogni possibile accordo. Tonon si è messo in prima linea per arrivare a trovare una soluzione, che permettesse il riavvio della produzione di Epb. L'accordo sarà spiegato oggi da Francesco Barbaro di Fim- Cisl e Maurizio Balzarini della Fiom- Cgil, all’assemblea dei lavoratori. Come spiega Barbaro, la vertenza è stata molto dura, ma «siamo soddisfatti per essere riusciti a mantenere gli accordi che andremo a sottoscrivere a breve che salvano gli stipendi dei lavoratori». Balzarini aggiunge che contrattare con i russi è stato difficile, però possiamo dire di aver mantenuto tutti i lavoratori in azienda,e che gli accordi raggiunti riguardano solo il riavvio dell’attività, mentre quelli nazionali non sono in discussione». Quello che ieri si discuteva era il nuovo piano industriale presentato dalla proprietà, piano ricusato dai lavoratori, che lo hanno ritenuto una sorta di ricatto nei loro confronti dopo un anno e mezzo di cassa integrazione, a causa della sospensione dell'accordo di secondo livello, consistente nella rinuncia al contratto interno e agli aumenti del contratto nazionale per almeno 36 mesi. Secondo i lavoratori, con i tagli operati l’azienda ristrutturava l’impianto chiuso. Restano invariati gli investimenti previsti da Epb, società satellite del gruppo russo di proprietà di Roman Abramovich, disponibile a farsi carico di una serie ulteriore di manutenzioni e approvvigionamenti di materie prime in fase di avvio (brame) per un importo di oltre 40 milioni di euro. Come si ricorderà, il piano industriale prevede che l’entità degli investimenti per fare ripartire la produzione siano così ripartiti: 680 mila euro per impianti e formazione, 520 mila euro per manutenzione propedeutica al riavvio e 240 mila euro extra budget per manutenzione di 12 mesi, oltre ai costi fissi e ribadendo la proposta di ripartenza del sito entro settembre-novembre 2015. Francesca Artico Cartiera, finalmente è stata approvata la cassa integrazione (M. Veneto Udine) RIVIGNANO Il Ministero del Lavoro ha finalmente approvato la cassa integrazione straordinaria per i 64 dipendenti della cartiera di Rivignano richiesta a maggio. I dipendenti dello stabilimento, dunque, potranno ricevere le mensilità arretrate e usufruire dell’ammortizzatore sociale fino al 26 maggio del 2015. Un sospiro di sollievo per il personale di una delle aziende più importanti del territorio nella quale da tre generazioni si produce carta. L’auspicio dei sindacati ora, come riferisce Paolo Morocutti di Slc-Cgil, è di vedere «la cartiera di nuovo a pieno regime e a ciclo continuo tra breve tempo, in modo tale che non vengano annunciati altri esuberi». Al momento, all’interno della cartiera la produzione è ripartita, ma molto lentamente. Spiragli di ripresa si intravedono invece alla cartotecnica, dove dal primo ottobre 29 dipendenti hanno ripreso a lavorare con contratto a tempo indeterminato (a loro saranno pagati gli arretrati della cassa integrazione straordinaria fino al primo ottobre). Si spera, dunque, che la cartiera riprenda a produrre a pieno ritmo a stretto giro. I costi per farla ripartire sono altissimi, ma la nuova cordata di imprenditori è pronta ad accettare la sfida. A luglio 2013 c’erano stati i primi segnali d’allarme con stipendi che non arrivavano da almeno due mesi. Situazione molto delicata che aveva destato non poca preoccupazione fra i dipendenti. Sicuramente un duro colpo anche per lo stesso territorio del Medio Friuli. Ora la cassa integrazione straordinaria è stata finalmente approvata. Una boccata d’ossigeno per i lavoratori. Adesso si attende che la cartiera, chiusa dal 1 agosto 2013, possa rientrare presto in funzione. (v.z.) «Mercato, solidarietà ai dipendenti della cooperativa che svolge servizio di portierato» (Gazzettino Udine) UDINE - Prima del sit-in in via Monte Grappa, i consiglieri del centrodestra si sono presentati alle 9 del mattino al Mercato ortofrutticolo per manifestare solidarietà ai dipendenti della cooperativa che svolge il servizio di portierato al Mercato ortofrutticolo, che hanno organizzato un presidio contro il taglio delle ore di lavoro stabilito dal nuovo contratto. «Nonostante le sollecitazioni più volte intraprese dal centrodestra nei confronti della società Udine Mercati spa, ancora il Presidente Milano non ha favorito la risoluzione della vertenza - affermano i consiglieri - ciò dà la misura di quanto poco efficace ed efficiente risultino essere le capacità reali di gestione di questo servizio importante per la città; lo stesso discorso ovviamente si estende anche alla dirigenza dello stesso mercato ortofrutticolo». Non è mancata una presa di posizione contro l'amministrazione comunale «di sinistra che a parole proclama di difendere i lavoratori, soprattutto le fasce deboli, i precari ma poi fa esattamente l'opposto, schierandosi con i vertici della struttura i quali, sicuramente, non hanno stipendi da 700 euro al mese come questi lavoratori». Li.Za. Turni pesanti in corsia la fuga degli infermieri (M. Veneto Udine) di Alessandra Ceschia Carichi di lavoro troppo pesanti con turni di 12 ore, e un aumento esponenziale degli straordinari. Ormai i ritmi per il personale infermieristico al Santa Maria della Misericordia di Udine sono aumentati a tal punto che la fuga del personale infermieristico verso le altre aziende è in costante crescita. «Solo nell’ultimo semestre abbiamo registrato una quarantina di richieste di trasferimento» testimonia Stefano Giglio vicesegretario del Nursind di Udine. Praticamente in tutti i reparti che presentano una certa complessità mancano dai due ai tre infermieri e i dipendenti stanno accumulando una media di straordinari pari a 20 ore settimanali». Il problema è stato sollevato nell’ambito di un recente incontro fra la rappresentanza del Nursind e il direttore generale, ma le soluzioni non sembrano dietro all’angolo. «La preoccupazione del Nursind, Sindacato delle professioni infermieristiche – sottolinea il vicesegretario Giglio – è che se non si metterà mano a una seria politica riorganizzativa con un’attenta opera di ricostruzione degli organici assistenziali non si potrà pensare a un futuro della sanità al riparo da ogni tipo di rischio». In questi mesi l’attenzione della politica si è concentrata sulle dinamiche correlate alla messa in opera dei nuovi padiglioni dell’ospedale. Eppure, sottolineano i rappresentanti del Nursind «girando per le unità ospedaliere si percepiscono il disagio e la delusione nel personale in servizio, sempre più logoro, immotivato e soprattutto con un’età media in costante aumento». Il numero delle assenze per malattie, assicura Giglio, «vede un trend crescente e la necessità di ricorrere al sistema dello straordinario programmato ormai è prassi. Osservando i turni di servizio si nota come il ricorso ai turni con mattino/notte nella stessa giornata o a turni sulle 12 ore sono infiniti. Questo sta determinando un aumento anche nelle ore di straordinario». A stento si riesce a inserire nuove assunzioni destinate alle aree a maggior complessità assistenziale ove le competenze richieste all’infermiere devono essere acquisite in pochi giorni di affiancamento. «Spesso - sottolinea il vicesegretario – il personale neoassunto viene mandato allo sbaraglio tenendo scarsamente conto delle sue necessità, specie in realtà con prestazioni specialistiche complesse. La difficoltà a garantire la copertura dei turni di servizio può determinare un aumento esponenziale dei rischi nelle attività quotidiane e della probabilità di compiere errori nelle procedure e nelle prestazioni assistenziali». Un problema che dovrà essere monitorato dal nuovo osservatorio per la valutazione della qualità delle prestazioni erogate gestito da un organismo extraziendale. Il Nursind richiama dunque l’attenzione delle amministrazioni sul problema della gestione delle risorse umane. «Ogni giorno – dettaglia Giglio – riceviamo segnalazioni da reparti in estrema sofferenza come Pronto soccorso, Unità coronarica, Cardiochirurgia, Ematologia, Sale operatorie e Rianimazioni. Non vi è ambito ospedaliero che non sia in profonda crisi nella copertura dei turni di servizio. Tutto ciò scatena un aumento dello stress e delle conflittualità interpersonali». Queste problematiche non sono confinate all’azienda udinese, specie vista la fluidità della situazione negli altri ospedali della regione. La Bassa Friulana è in attesa della fusione con la Isontina, come la Medio Friuli. Mentre l’Azienda ospedaliera Udinese pensa a come riutilizzare le risorse che deriveranno dalla fusione con il territorio e con parte della Medio Friuli. «Da anni ribadisce il Nursind – si evidenzia la necessità di una mappatura delle piante organiche e una reale riallocazione delle risorse. Ma ciò non può essere svincolato da decisioni inderogabili come la chiusura di una delle due facoltà di Medicina e la soppressione dei doppioni che generano un’emorragia di risorse economiche e umane. Invitiamo i responsabili della sanità a visitare gli ospedali per verificare le difficoltà del personale in un’organizzazione da rivedere». Electrolux: giovedì la firma dell’accordo sulla mobilità (M. Veneto Pordenone) Sarà siglato giovedì l'accordo sulla mobilità tra Electrolux e sindacati. Un passaggio formale, ma necessario per poter proseguire coi passi successivi, ossia le conciliazioni con i lavoratori. Le maestranze interessate a uscire dallo stabilimento entro fine anno sono alcune decine, ma il numero potrebbe anche salire nei prossimi giorni. L'operazione dovrebbe chiudersi rapidamente, forse già con metà dicembre, perché gli incentivi sono già stati definiti nell'accordo ministeriale (sino a 50 mila euro lordi nel caso in cui i lavoratori presentino un piano di avvio di una attività in proprio, in alternativa sono di 46 mila euro lordi). Intanto, da domani nello stabilimento di Porcia sarà ripristinato il regime delle otto ore per turno. L'orario pieno sarà in vigore sino al 12 dicembre, dopodiché si tornerà alle sei ore. Allo stato attuale, ci sono ordini da evadere nel comparto delle lavatrici: circa 15 mila i pezzi da realizzare, che saranno destinati ai principali mercati di riferimento della multinazionale. Una piccola boccata d'ossigeno, anche se l'azienda ha già comunicato che il nastro orario delle sei ore è confermato pure per gennaio. Al di là di questo picco di lavoro, i segnali che arrivano dai mercati non sono confortanti: le difficoltà persistono e si continua quindi a navigare a vista. Il vero nodo ancora da sciogliere nella vertenza Electrolux resta, come sottolineato dalle organizzazioni sindacali, quello del piano di reindustrializzazione di parte del sito di Porcia che, come prevede l’accordo siglato con la multinazionale al ministero, dovrebbe ridurre il numero dei 450 esuberi stimati di circa 150 unità. (g.s.) «Ma gli operai lavoramo senza protezioni» (M. Veneto Pordenone) SACILE Si è vissuta una situazione di pericolo in piazza del Popolo ieri per l’allestimento delle casette del Mercatino di Natale. A denunciare il fatto il consigliere comunale David Bessega (M5S) che ironizza sull’amore che, a suo dire, esisterebbe tra giunta municipale e Pro Sacile. «La giunta – sottolinea il consigliere di minoranza – è talmente innamorata che dalle finestre della “casa del popolo” non vede nulla di quello che succede sotto i suoi occhi, in piazza. Non ci si accorge, infatti, di palesi violazioni alle norme di sicurezza da parte della Pro Sacile nello svolgimento dei lavori per l’installazione della casette di Natale in una piazza che svolge le sue quotidiane funzioni mettendo a rischio i cittadini ed anche questi “presunti” operai protagonisti di manovre ed atti non consentiti per la sicurezza sul lavoro in luoghi pubblici. C’è davvero da farsi meraviglia – continua il rappresentante del M5S – anche perché non c’è un supervisore, forze dell’ordine non se ne vedono mentre un muletto scorrazza da destra a sinistra per la piazza con “forche” lunghe come una vettura, che deposita secondo necessità in mezza alla piazza, e usa un pallet per alzare le persone per installare dei lampioni». «Manovre pericolosissime – secondo Bessega –, tassativamente non consentite per la sicurezza dei lavoratori. Il tutto tra autovetture e persone che svolgono le loro attività quotidiane. Eppure né sindaco né assessore alla sicurezza né i vigili urbani hanno pensato di intervenire all’insegna del “volemose bene”. Perché si sa che l’amore è cieco. Del resto non è una novità visto il precedente del gazebo della Lega alla Fiera primaverile con tanto di segretario federale presente». «Preso atto dei baci e abbracci in essere tra questa giunta e la Pro Sacile non ci resta che denunciare – conclude Bessega – che tali cose non di devono più ripetere a tutela dei lavoratori e dei cittadini. Suggeriamo, inoltre, all’amministrazione comunale e alla Pro di non chiudere gli occhi quando si vuole». A margine della denuncia del consigliere va detto che per consentire il posizionamento delle casette del Mercatino di Natale la polizia municipale ha istituito il divieto di transito e di sosta con rimozione su alcuni stalli in piazza. Provvedimento in vigore ieri e oggi, sino alle 20. Mario Modolo Ospedale, via al trasloco. Spuntano i primi disagi (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto Via al trasloco dei primi uffici dall’ospedale alla sede dell’Ass6 al Centro direzionale Galvani. L’operazione di trasferimento al "Bronx", in centro città, inizia oggi con lo spostamento degli uffici del Personale e della Ragioneria, una ventina di addetti complessivamente che opereranno negli uffici ricavati in due nuovi piani nello stabile al "Bronx". Il trasferimento viene effettuato per consentire lo spostamento di alcuni servizi dalle vecchie palazzine che - a cominciare da metà gennaio saranno demolite per fare posto al futuro ospedale. Ma sugli spostamenti già ci sono dei malumori tra i dipendenti. Non tanto tra chi deve trasferirsi di sede, visto che la cosa era nota ed è stata organizzata da qualche tempo. Le preoccupazioni sono emerse relativamente a uno dei due uffici che lasceranno via Montereale, esattamente quello del Personale. Disagi che potrebbero derivare dall’elevato numero di addetti dell’Ospedale civile (oltre 1.700 persone) che usufruisce dei servizi dell’Ufficio personale. Forse quello più frequentato dai dipendenti per mille motivi. «Proprio per questo - sostiene Pierluigi Benvenuto, Cgil Sanità - senza fare dell’inutile catastrofismo avevamo chiesto alla direzione di mantenere, almeno provvisoriamente, un addetto dell’ufficio in ospedale per sbrigare le pratiche. La direzione ha preferito scegliere la strada di uno "sportello volante" una volta a settimana e non in modo continuativo. Questo potrebbe portare a qualche disagio». Ma il sindacato si prepara ad affrontare i temi dell’Azienda unica 5 con la quale, da gennaio, dovrà misurarsi. Uno dei primi "fascicoli" a essere discusso con la nuova direzione sarà quello della carenza di personale nell’organico. «Il 2014 - aggiunge Benvenuto - si chiuderà con una carenza di infermieri e tecnici pari a 40 unità. Il mancato turnover, soprattutto in Ospedale dove in un anno sono usciti 98 addetti a fronte di 70 entrati, ma anche in Ass6 causa un pesante gap di cui la Regione non potrà tenerne conto». Se a questo si aggiunge il timore del mancato rinnovo del contratto interinale per una quarantina di altri addetti, a inizio 2015 potrebbero esserci ottanta operatori in meno nella sanità pordenonese. Statali e scuola, sindacati spaccati: due assemblee e scioperi separati (M. Veneto Pordenone) SACILE Derby sindacale FlcCgil-Cisl scuola, domani mattina, a Sacile. Assemblee e poi scioperi separati in casa confederale: Flcgil e Uil faranno l’appello al popolo della scuola alle 11 nell’Ipsia Della Valentina e la protesta (lo sciopero generale) è fissata il 12 dicembre. Stesso giorno e stessa ora per l’appello Cisl nell’Isis Marchesini in via Stadio e lo sciopero (circoscritto al pubblico impiego) è in agenda il 1º dicembre. Alla conta circa mille statali del pianeta istruzione. I “cugini” separati. «Buoni rapporti ma assemblee separate». Mario Bellomo leader FlcCgil fa eco all’ordine di scuderia che arriva da Roma. La triplice confederale si spezza nella lotta in piazza e la coppia Cgil-Uil mantiene l’unità in percentuale. «La legge di stabilità massacra la scuola e lo sciopero generale darà un forte segnale, il 12 dicembre, al governo Renzi – Bellomo non fa sconti alla lotta per il salario e il lavoro –. Sciopero e assemblee provinciale non Uil: non ci arrendiamo». Per Cisl l’agenda della protesta scatta prima: primo dicembre in piazza Unità a Trieste, con le bandiere dei dipendenti pubblici. Lo sciopero generale. Tute blu, colletti bianchi e studenti pronti alla trasferta a Roma e anche alla manifestazione di piazza a Pordenone. «Così non va, caro Renzi». Lo dicono i sindacalisti Cgil-Uil in coro a Sacile per scandire quattro i temi al centro dell’astensione dal lavoro proclamata. «Riforma della pubblica amministrazione, jobs act – anticipa Bellomo con Ugo Previti – legge di stabilità e politica economica. Dalla data del 5 lo sciopero generale è posticipato al 12 dicembre. La contrarietà è totale circa le scelte del governo. L’astensione avrà durata pari all’intera giornata lavorativa per tutti i lavoratori pubblici e privati». Non si rassegnano alla cancellazione dei tavoli di mediazione sociale. «Renzi stai sereno – provoca Bellomo –. Non rimpiangiamo la concertazione ma contrattare è un verbo nobile». Lo sciopero degli statali. «Per il comparto scuola ribadivamo le richieste sugli scatti di anzianità, che rappresentano l’unico fattore di dinamica salariale del comparto, nuovo contratto e altre proposte alla Buona scuola del premier Renzi». Incrociare le braccia in aula sarà l’ordine di scuderia il prossimo lunedì, per disarcionare l’immobilismo contrattuale. «Il rinnovo dei nostri contratti, fermi ormai da sei anni – dice Donato Lamorte, segretario cislino in Fvg –. Contratti necessari per assicurare delle tutele normative e salariali ai lavoratori». Separati in piazza, quindi, ma uniti alla meta. Chiara Benotti
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