Le Onde - PONTIFICIO COLLEGIO SAN PIETRO APOSTOLO

Le Onde
IL BOLLETTINO DEL PONTIFICIO COLLEGIO SAN PIETRO APOSTOLO
Inaugurazione dell’anno accademico 2013 - 2014
Misericordia voglio
e non sacrificio
Mt. 12,7
IN QUESTO NUMERO
Inaugurazione dell’
anno accademico
1
Il messaggio del Rettore
2
Il valore della
misericordia
3
Misericordia e vita
pastorale
4
Chiusura dell’anno della
fede
La multiculturalità nel
collegio San Pietro
Sua Em. Fernando Cardinale Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli,
in mezzo a S.E.R, Mons. Savio Hon Tai Fai (sinistra) e S.E.R. Mons. Protase Rugambwa (destra)
Il 9 di novembre era giorno di festa per tutti
nel Collegio San Pietro. L’occasione era
l’inaugurazione dell’Anno Accademico
2013-14, la benedizione della Casa Nuova
ristrutturata e dare il nostro benvenuto ai
nuovi superiori e nuovi sacerdoti studenti.
Questa nostra gioia è aumentata con la
presenza del Fernando Cardinale Filoni,
Prefetto
della
Congregazione
dell’Evangelizzazione dei Popoli, Mons.
Savio Hon Tai Fai, Mons. Protase
Rugambwa, ed anche con la presenza degli
altri ospiti invitati. Anche il clima era bello
e ci ha dato
un’opportunità per
celebrare quest’evento con serenità e calma.
5
6
La mia lotta con
l’italiano
7
In memoriam:
8
Redazione
Direttore:
Thomas PERINGALLOOR
Capo Editore:
Georges EKO
Editori edizione Inglese:
Alfred Ryan D’SOUZA,
Charles NDHLOVU
Editore edizione Francese:
Edouard AKOM
Editori edizione Portoghese:
Marcos Baliu SIBANDIO,
David Rui SAMBO
V O L U M E
0 4
La celebrazione è cominciata con
l’Eucaristia presieduta dal Cardinale.
Durante
l’omelia egli ha sottolineato la
natura
missionaria della Chiesa anche il
nostro dovere di annunciare il Vangelo a
tutti.
Sacerdoti studenti devono
utilizzare questo soggiorno nella città eterna
soprattutto per approfondire il loro studio
con l’intenzione di servire la chiesa in una
N °
0 1
*
E D I Z I O N E
maniera molto effettiva. Dopo l’Eucaristia il
Cardinale ha condotto un servizio di preghiera
prima di benedire la Casa Nuova Ristrutturata.
Dopodichè tutti ci siamo radunati per
festeggiare con la cena festosa. Durante la cena
rappresentanti dall’Africa e dall’Asia hanno
intrattenuto la comunità con le loro tipiche
canzoni continentali. Il Padre Rettore ha
ringraziato tutti soprattutto coloro che sono
responsabili per la ristrutturazione della casa. Il
Cardinale nel suo discorso ha incoraggiato di
nuovo i sacerdoti studenti di utilizzare bene
questo tempo nella permanenza in Roma. La
serata soprattutto per i nuovi sacerdoti è stata
prima
occasione di sperimentare
l’atmosfera di festa nella
comunità
internazionale.
I T A L I A N A
Alfred Ryan D’SOUZA
*
F E B B R A I O
2 0 1 4
LE ONDE
Editoriale
Il messaggio del Rettore
direttamente dal Collegio! Ci sono in giro
persone davvero meravigliose e generose!
Durante questi momenti concitati, avreste
dovuto vedere la gioia e l’euforia sul suo volto
quando è stata presentata alla nostra comunità
di 170 sacerdoti: ha ricevuto un applauso
fragoroso, come se fosse stata, in quel
momento, la mamma di tutti. È stata una di
quelle esperienze in cui ho sentito le parole del
Signore davvero vive, sotto il nostro tetto: la
mamma del nostro sacerdote ugandese si
meritava misericordia e non sacrifici. O
piuttosto, “lei è venuta a suoi e l’hanno
accolta” con affetto genuino.
Thomas PERINGALLOOR
“Misericordia
Misericordia e
non
sacrificio
voglio e non sacrificio,”
Mt. 12:7. Queste famose parole del Signore
sembrano rivivere nel pontificato di
Francesco, il Vescovo di Roma. Sono lì
nelle sue parole, nelle sue azioni, ma
soprattutto, nei suoi silenzi. Non c’è
bisogno di cercarle, sono il cuore del suo
messaggio in molte udienze ed in molti dei
ben noti Angelus domenicali. Ho visto le
sue parole prendere corpo nella nostra Casa
più di una volta; l’ultima è stata in Ottobre.
Sono stato lieto di dare il benvenuto alla
mamma di un nostro sacerdote dell’Uganda
qui in Collegio. Le avevano consigliato un
intervento al fegato ed il suo figlio
sacerdote ha fatto di tutto per aiutarla.
Naturalmente, la mamma è preziosa per
tutti, ma lui si è adoperato addirittura per
farla venire a Roma e farla sottoporre
all’intervento chirurgico da un medico
italiano, senza farle pagare nulla. Le nostre
suore sono state generose nell’offrirle un
alloggio per un paio di giorni precedenti
l’intervento. La sistemazione per la
degenza di due mesi nel centro di terapia
intensiva è stata organizzata dal dottore
senza spese per lei, addirittura è stata
mandata un’ambulanza a prelevarla
L’Anno Accademico 2013-2014 testimonia il
completamento dei lavori di ristrutturazione
del Collegio, che sono iniziati più o meno sei
anni fa. È stato uno sforzo sistematico ma ben
programmato, che non ha interferito con il
normale corso degli eventi della Casa.
Tante energie, tempo e soldi sono stati spesi
per tutto questo: la gratitudine nei confronti
della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli e dei tanti funzionari che vi si sono
dedicati risuona sincera dai nostri cuori. Siamo
lieti di avere un nuovo Vice-Rettore ed un
nuovo Direttore Spirituale all’inizio di questo
Anno Accademico, ovvero P. Carlos Del Valle
e P. George Fernandes, cui diamo un
benvenuto di vero cuore.
Cari amici, le buone azioni nascono dai buoni
pensieri. È vero che ci conosce una pagina in
più controlla chi conosce una pagina in meno.
Le attività accademiche possono passare, ma
un’occasione per essere misericordiosi non può
essere lasciata andare. È triste che molte
persone leggano una scritta su un muro, e
pensino che sia rivolta agli altri: non lasciamo
che questo accada a noi!
Dio ci benedica.
LE ONDE
2
Il Bollettino del Pontificio Collegio San Pietro Apostolo
Viale delle Mura Aurelie, 4, 00152 Roma, Italia
Tel. (+39) 06 39 874 1 • Fax: (+39) 06 393 763 51 • E-mail: [email protected]
"Misericordia io voglio e non sacrificio", questa
parola di Dio ci incita a riflettere sul vero senso
della vita religiosa che non può essere ridotta
a un culto esterno all'uomo, fatto di parole,
gesti, ritualità. A volte potremmo sembrare
troppo meticolosi verso certe regole di poca
importanza, invece trascurare le cose più
importanti nella vita cristiana: cioè l'amore,
ONDE
La
parola
“misericordia”
significherebbe avere
il cuore (cor) nella
miseria (miseri) degli
altri, ciò dedicarsi di
cuore
ai
miseri,
avendo pietà di loro.
Per
questo la
Liu ENCI
persona
misericordiosa
dovrebbe stare vicino, addirittura identificarsi
con coloro che sono poveri, sofferenti, deboli,
emarginanti e ultimi. Dio è amore e la legge di
Dio è legge di amore, misericordia,
compassione, pietà, sostegno verso ogni
uomo, specialmente verso l’uomo che soffre.
La parola “sacrificio” può significare ciò che
viene offerto e consacrato (sacri) a Dio. Nell’
antico testamento, vediamo vari tipi di sacrifici
compiuti dagli ebrei e con diverse norme che
regolano il culto sacrificale. Per noi cristiani, il
sacrificio può essere un atto d’amore, ma può
essere anche soltanto un gesto egoistico
compiuto per sentirci la coscienza a posto o
per ritenerci degni della ammirazione degli
altri.
LE
Il valore della misericordia e sacrificio
ossia la misericordia e il perdono verso il
prossimo.
Viviamo in una comunità
internazionale, e proveniamo da diverse
culture e diverse esperienze di vita. La
diversità è un grande dono di Dio che
arricchisce la nostra conoscenza e la nostra
vita, ma allo stesso tempo ci mette anche
alla prova nella difficoltà di comprensione
reciproca e nei conflitti possibili a causa di
essa. Nella vita comunitaria, sacrificio e
misericordia sono tutte e due necessari e
buoni. Sono cose buone, se scegliamo il
sacrificio per sé e la misericordia per gli altri;
invece, diventano tutte e due cose cattive se
facciamo il contrario e scegliamo la
misericordia per sé e il sacrificio per gli altri,
come per esempio quando siamo indulgenti
con noi stessi e rigorosi con gli altri.
Agostino lodava la misericordia di Dio che gli
aveva perdonato i peccati e tutti noi dunque
possiamo ringraziare il Signore per il suo
amore misericordioso. Solo dalla memoria di
essere amato da Dio, di avere sperimento la
sua infinita misericordia, può sorgere la forza
di camminare sulla via dell’amore e della
Misericordia e
misericordia che Gesù ci ha indicato.
non
Il tenero abbraccio misericordioso del Padre
Celeste trasfiguri le piaghe del nostro cuore
e il suo Spirito ci conduca a perdonare
sempre e comunque, come Dio ci ha
perdonato infinite volte.
sacrificio
Benvenuti ai nuovi membri della nostra communità
Rev. P. Carlos DEL VALLE
Vice Rettore
Suor Roberta
Rev. P. Gorge FERNANDES
Padre Spirituale
3
ONDE
LE
Misericordia e
non
sacrificio
4
Misericordia e vita pastorale
PAGE
4
La rinuncia di Papa Benedetto XVI ha
portato la paura nei cuori di molti cattolici
nel mondo . Molti di noi avevamo paura del
futuro della Chiesa. Ma durante quel periodo
di dimissioni che in realtà ci ha riempito di
incertezza, il Papa Benedetto continuava a
assicurandoci di avere la fiducia e la fede in
Gesù , che è il capo della Chiesa. Con la
grazia di Dio, il 13 marzo 2013, Papa
Francesco, divenne il capo spirituale della
Chiesa. La sua elezione
al soglio pontificio ha
portato con sé momenti
emozionanti e stiamo
veramente vivendo in un
tempo interessante!
peccatori " E' in questa
luce
che,
come
operatori
pastorali,
dobbiamo
essere
misericordiosi
nei
confronti delle persone
che
conduciamo.
Abbiamo bisogno di Charles NDHLOVU
abbracciare i poveri con
amore, i malati con
amorevole cura, gli anziani con
compassione, il giovane con la
speranza e tutte queste azioni
dovrebbero essere legate insieme
in
amorevole
misericordia.
Personalmente
quello
che ho trovato più
interessante di Papa Francesco è la guida e
l'esempio che dà continuamente a tutti gli
operatori pastorali nella cura del popolo di
Dio. Ad esempio, il 28 marzo 2013, Giovedì
Santo, in occasione della messa crismale,
Papa Francesco ha predicato una omelia nella
Basilica di San Pietro che è stata rivolta in
particolare ai sacerdoti, come operatori
pastorali. Li consigliò dicendo: Questo ti
chiedo: essere pastori, con l’odore delle
pecore, renderlo reale, come i pastori tra il
vostro gregge , pescatori di uomini. Questo a
mio avviso è d'accordo con le parole di Papa
Giovanni Paolo II in Pastores dabo vobis,
dove il Papa ha citato le parole di Geremia
"Vi darò pastori secondo il mio cuore. (Ger
3,15)" Le caratteristiche del pastore sono
misericordia, amore, compassione e cura
amorevole, verso gli altri. Tutte queste
caratteristiche si possono riassumere nelle
parole di Gesù nel Vangelo: "Andate e
imparate che cosa significa: Misericordia io
voglio e non
sacrificio. Perché io non
sono venuto a chiamare i giusti, ma i
Dobbiamo trovare la guida di
Papa Francesco in cui vediamo
che essere misericordioso e amorevole sono
valori apprezzati da così tante persone nel
breve tempo del suo pontificato. Il Papa
continua ad insegnare a tutti gli operatori
pastorali di essere misericordiosi e non
correre a dare giudizi sui peccatori. Così Papa
Francesco scrive le lettere al sui gregge, egli
fa telefonate alla gente semplice, Lui tocca
anche le persone malate e sfigurate. Allo
stesso modo, i sacerdoti e tutti i religiosi
devono mostrare l'amore, la compassione e la
misericordia nel loro servizio per il popolo di
Dio.
A volte, questa misericordia può potarci a
sacrificare la nostra vita per il popolo di Dio,
ma il nostro punto di partenza è quello di
mostrare l'amore, la compassione e la
misericordia nel nostro servizio pastorale.
Indetto
da
Papa
Benedetto XVI l’11
ottobre 2012 con il
Motu proprio Porta
Fidei, l’anno della
fede è stato concluso
da Papa Francesco il
24 novembre 2013
EKO Georges
con
la
lettera
apostolica Evangelii
Gaudium. Ma la vita di fede non va in
vacanza, anzi è una occasione data a
ciascuno di noi per assumere l’impegno
missionario di “uscire da se stesso” per
comunicare al mondo, “nelle periferie
esistenziali”, la gioia del nostro incontro
con Cristo.
“La
porta
della
fede
(cfr At 14,27) che introduce
alla vita di comunione con
Dio e permette l’ingresso
nella sua Chiesa è sempre
aperta per noi. È possibile
oltrepassare quella soglia
quando la
Parola di Dio viene
annunciata e il cuore si lascia plasmare
dalla grazia che trasforma. Attraversare
quella porta comporta
immettersi in
un cammino che dura tutta la vita” (PF 1).
Con queste parole con le quali comincia il
suo Motu Proprio, Papa
Benedetto ci
invitava a riflettere, a
meditare, a
riscoprire ed a rivisitare
insieme con
tutta la Chiesa “il cammino della fede per
mettere in luce con sempre maggiore
evidenza la gioia ed il rinnovato
entusiasmo dell’incontro con Cristo” (PF 2)
Chiudendo l’anno della fede, il Papa
ONDE
È chiusa l’Anno della Fede. E la vita di Fede?
LE
Chiusura dell’anno della fede
Francesco ci invita a una
verifica
concreta del nostro incontro con Cristo
camminando con Lui, imitandolo, cioè
seguendo il suo esempio nel servizio
umile di amore e di misericordia per la
gente, soprattutto coloro che si trovano
nelle periferie esistenziali, i poveri, i
peccatori.
Ecco perché il Santo Padre non cessa
di chiedere a noi di “uscire da noi stessi”
per andare incontro ai nostri fratelli nelle
periferie della vita perché “la gioia del
vangelo riempie il cuore e la vita di
coloro
che
si
incontrano
con
Gesù” (EG 1). Questo incontro con
Gesù ci mette in uno “stato permanente
di missione” (EG 25)
togliendoci dagli “schemi
noiosi” dentro cui ci siamo
barricati ed in cui a volte
abbiamo
“imprigionato
Gesù” (EG 11). Nella sua
Lettera
apostolica
Evangelii Gaudium, Papa
Francesco scuote, incalza
con parole provocatorie, forti e con tono
sovversivo in senso positivo tutte le
strutture, che siano ecclesiali, politiche,
economiche
o
culturali,
affinché
possano “recuperare la freschezza
originale del
Vangelo” (EG
11)
e
“diventino
tutte
più
missionarie” (EG 27). E per arrivarci non
vi è un’altra via. La Via è Cristo.
Convertiamoci a Lui con la forza dello
Spirito Santo e l’intercessione di Maria
Madre del Vangelo.
Misericordia
e
non
sacrificio
5
ONDE
La multiculturalità nel collegio San Pietro
LE
Il Collegio “San Pietro Apostolo”, fin dalla sua
apertura nel 1947, accoglie i preti studenti
provenienti dalle diverse parti del mondo
missionario. Dobbiamo riconoscere che la
diversità culturale è una sfida grande in diverse
società umane. Infatti, l’incontro tra varie
culture non si fa sempre in modo piacevole.
Vivendo all’interno di una comunità composta di
42 nazionalità, quale è la nostra percezione della
multiculturalità vissuta nel Collegio San Pietro
Apostolo? Come aveva detto il Cardinale Jozef
Tomko, l’allora Prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei popoli, la diversità culturale
che caratterizza la nostra comunità, vero cenacolo
sacerdotale, ci offre l’opportunità di vivere una
singolare esperienza di Chiesa. Nel collegio ci è
data la possibilità di
respirare l’unità e la
multiformità
della
Chiesa,
la
ricchezza dei doni dello Spirito e la
varietà delle culture nelle quali si
incarna il Vangelo. (In Pontificio
collegio San Pietro Apostolo, 19471997, Roma, 16 Luglio 1996).
Misericordia
e
non
sacrificio
6
Il prete del San Pietro non deve
sbarazzarsi della sua cultura, ma neanche
abbracciare senza
discernimento le altre
culture. Bisogna soprattutto sperimentare una
fraternità sacramentale (Presbyterorum Ordinis,
n.8). Approfittare della presenza degli altri per
arricchirsi richiede da
parte di tutti umiltà,
pazienza, accettazione
reciproca, sforzo di
apertura, capacità di ascolto e di accoglienza. Non
è sempre facile. La grande avventura comincia
con la consapevolezza
individuale che la
nostra presenza nel San Pietro deve aiutarci a
crescere non solo sul piano
intellettuale, ma
anche e soprattutto sul piano
spirituale e
umano. Paolo VI definiva il Collegio San Pietro
non come un albergo dove si entra e si esce, né
semplicemente come una scuola dove l’alunno
ascolta e impara insieme con gli altri
condiscepoli. Secondo il Papa, il Collegio San
Pietro è qualche cosa di più intimo e di più
personale. La nostra comunità deve produrre una
collegialità, cioè una comunione, un’amicizia, una
fusione di spiriti, qui iniziata e goduta nell’unità; e
poi da rammentare e da rivivere, negli anni futuri,
quando saremo dispersi nel mondo, nella
cattolicità.
Quindi il Collegio è un luogo
che
accoglie
i
preti
provenienti
dall’Est
e
dall’Ovest, dal Nord e dal
Sud. Così il Collegio diventa
la casa familiare. Oltre alla
vita accademica, abbiamo
altre
ricchezze Edouard Martial AKOM
particolarmente lo scambio
delle culture e delle diversità linguistiche. È una
bella esperienza per coloro che devono lavorare
nel destino della Chiesa di domani. (Cf. Don
Thomas PERINGALLOOR, Le onde, Volume 01,
n.1,
Ottobre 2010). Quasi tutti gli ex alunni del
Collegio San Pietro Apostolo sono in grado di
testimoniare dei benefici della multiculturalità.
Ecco la testimonianza di Simon Card. Pimenta,
Arcivescovo emerito di Bombay:
“Per me, vivere con preti di
diversi paesi asiatici e africani
(...) fu una esperienza bella e
proficua. Già questa era una
formazione,
perché
reciprocamente
imparavamo molto della Chiesa
nelle varie nazioni da cui venivamo. Nessun libro
avrebbe
potuto
darci
una
lezione
cosi
splendida” (In Pontificio collegio San Pietro
Apostolo, 1947-1997, Roma, 15 mai 1996).
Emmanuel Card. Wamala, Arcivescovo Emerito di
Kampala ha scritto: “La vita della comunità dei preti
studenti aveva ai nostri
tempi un aspetto
veramente
formativo.
L’ambiente,
con
la
convivenza di preti di varie esperienze, razze e
nazioni, diverse lingue e culture, creava una
comunione e una condivisione della fede cattolica.
I due anni che ho passato nel Collegio sono stati
un periodo di crescita come persona, come
cristiano, come cattolico e come prete” (In
Pontificio collegio San Pietro Apostolo, 1947-1997,
Roma, 19 aprile 1996).
Queste due testimonianze di due ex alunni del
Collegio San Pietro Apostolo sono abbastanza
eloquenti.
La sapienza popolare dice : “Se
differisci da me, invece di ferirmi, mi arricchisci”.
La lingua, ci permette di esprimere il proprio
pensiero ed essere in grado di comunicarlo; è
contemporaneamente avere la chiave e la porta
d’ingresso in un mondo culturale determinato, è
più che dominare il suo vocabolario o struttura
grammaticale, la lingua è un’opportunità che ci
porta alla scoperta dell’altro. Questa avventura per
noi ha avuto inizio ad Urbino.
Infatti, Urbino e la Università Carlo Bo, è e sarà per
noi tutti un riferimento obbligatorio da non
dimenticare mai, nel processo di apprendimento
della lingua italiana. Importa però sottolineare che
questo cammino ormai cominciato si fa con alcune
lotte o difficoltà, inerenti al processo stesso, che
abbiamo diviso in due momenti. Il primo,
comprende la tappa della lotta che si riferisce al
nuovo contesto trovato a Urbino: Il clima; il cibo
differente; le lezioni intensive, frequentate la
mattina e nel pomeriggio; l’incontro con le persone
nuove che parlano altre lingue; il problema con la
pronuncia o accento; la paura di decidere di
parlare per non sbagliare; il blocco nel momento di
parlare; e la difficoltà di comprendere un discorso
orale.
partenza ad Urbino “ Dovete imparare a crescere
insieme”, molti di questi problemi sono stati risolti,
soprattutto alla fine del corso che è stato coronato
con la consegna dei diplomi, però la lotta non era
ancora vinta.
ONDE
L’opzione d’imparare una
lingua diversa da quella
nostra, si fa per una
necessità
personale
pratica:
sia
quella
d’inserirci in un mondo
diverso, sia di potere
ottenere un’opportunità nel
David RUI SAMBO mondo del lavoro oppure
l’altro. Il nostro obiettivo o
scopo era già tracciato e conosciuto da tutti:
imparare l’Italiano per avere base sufficiente per
frequentare le lezioni nelle diverse Università
Pontificie a Roma, dove già eravamo iscritti.
LE
La mia lotta con l’italiano
Con il ritorno a Roma e dopo le matricole, inizia un
secondo momento della lotta con la lingua italiana,
che la maggiore parte dei sacerdoti concorda
d’essere appunto quello di prendere gli appunti o
scrivere; comprendere un testo scritto; fare
domande nell’aula e stabilire un dialogo corrente;
leggere nelle celebrazioni liturgiche e di
conseguenza, fare riflessioni. Questo è soprattutto
dovuto all’incremento di livello dei corsi detti controlli
o monitor, poi come si sa, quando si impara una
lingua straniera, il controllo è elevatissimo, sia nel
parlare che nello scrivere.
Anche se le difficoltà fossero generali, sentite e
vissute da tutti, si potrebbe tuttavia capire che ci
sono fondamentalmente due livelli d’evoluzione nel
processo di apprendimento della stessa lingua,
verificata a secondo della provenienza e la lingua
madre o di base anteriore.
Tuttavia, anche se ci sono queste difficoltà, nessuno
si arrende o si sente sconfitto, anzi, c’è coraggio,
determinazione, impegno e la consapevolezza che
solo con molto sacrificio e pratica si può arrivare al
punto di parlare bene e pensare direttamente senza
l’intermediazione della propria lingua.
Misericordia
e
non
sacrificio
Fino a quando e dove finirà questa avventura? Anzi,
finirà? Permettetemi cari lettori, innanzitutto di
ringraziare tutti coloro che si impegnano in questo
processo e di seguito concludere con il vecchio
saggio latino “Guta Cavat Lapidem”, cioè, la goccia
perfora la pietra, inteso come solo con una ferma
volontà, si possono conseguire obiettivi che
altrimenti sarebbero impossibili.
Dopo tre mesi d’impegno da parte dei professori e
degli allievi e dell’aiuto tra di loro, mettendo così in
pratica il consiglio e la esortazione del Rettore del
Collegio, Reverendo Padre Thomas, prima della
Giornata sportiva nel Collegio San Pietro
Il sabato, 15 Febbraio 2014, è stato una giornata sportiva nel nostro collegio.
Infatti, abbiamo avuto due incontri opponendo Casa-vecchia e Casa-nuova a
Casa-letto e Casa-nuovissima. Casa-vecchia e Casa-nuova hanno vinto in
pallacanestro (16 - 12). Invece Casa-letto e Casa-nuovissima hanno vinto in
calcio. (4-2). Auguri e complimenti a tutti!
7
“Qui, sul Gianicolo, in faccia alla Sede si Pietro, Propaganda vuole formare un manipolo di
apostolic per le lontane terre di Missione ripetendo agli alunni le parole di S. Partizio: ut christiani sitis et romani!”

Parole del S.E. Celso Costantini (Il Fondatore del Collegio San Pietro, 1946)
In memoriam: Rev. P. Everest YABVWO HYUWA (1979-2013)
Rev. P. Everest
Queste parole sono affidabili : “Se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui. Se soffriamo con Lui, regneremo
anche con Lui. Se Lo rinneghiamo, anche Lui ci rinnegherà. Se siamo infedeli, Lui rimane fedele, perchè non
può rinnegare sé stesso” (2Tim 2 , 11-13). Per la maggior parte degli abitanti della comunità del Pontificio
collegio San Pietro Apostolo, Giovedi 22 Agosto fu un giorno indimenticabile. Il Rev. Padre Everest,
amatissimo membro della nostra comunità è morto in questo giorno, precipitando tutti quelli che lo
conoscevamo e l’amavamo in un profondo shock e rimpianto. A soli 33 anni ! Era giovanissimo e la sua morte
è stata quasi troppo presto. La notizia fu accolta come un vero shock anche da quelli che sapevano che era
ammalato. Mi ricordo che ero in classe durante l’estate per il corso di lingua a Bonn, con la meccanica della
lingua tedesca, quando appresi la notizia della sua scomparsa. Non potevo crederci. Se mi potessi
immaginare scrivendo un ricordo su un dei miei amici, non avrei immaginato che sarebbe stato su Padre
Everest.
E così strana, la mia prima impressione. Questo giovane era maturo malgrado la sua tenera età. Ho imparato a conoscere Everest man mano
passava il tempo, siamo diventati così vicini e questa impressione si è confermata. Come unici nigeriani della parte del paese dove la chiesa è
perseguitata, ci consolavamo a vicenda e traevamo forza e solidarietà su ogni notizia fresca sugli avvenimenti della violenza perpetrata contro
i cristiani nel nord della Nigeria dai fondamentalisti islamici. Adesso, è volato, in seguito a una inconsueta malattia, che nessuno pensava
essere così seria da giustificare questa morte. Pericles ha detto attorno al 430 A.C. “Gli uomini possono sopportare di ascoltare gli altri
pregare a lungo così da persuadersi della loro abilità di eguagliare le azioni raccontate : passato questo punto comincia l’invidia e con essa
l’incredulità”. Non sto scrivendo per raccontare tutto sul carattere di Everest. Quelli che l’hanno conosciuto bene possono scoprire che
qualcosa di lui è stato trascurato oppure non si è data attenzione sul tale o tal’altro punto, mentre quelli che non lo conoscono possono
pensare che sia una esagerazione. Questo è anche vero, nessuno può catturare la complessità del divino-misterioso-riflesso che è l’essere
umano in poche parole.
Misericordia
e
non
sacrificio
8
Everest ha semplicemente vissuto una meravigliosa vita anche se forse troppo corta. Nelle tradizioni africane, la vecchiaia è amata e gli
anziani sono onorati. Non soltanto a causa della loro età, ma a causa della ricchezza dell’esperienza, la saggezza e l’intuizione che possono
offrire ai giovani, e alla società in generale. Quindi, il loro inestimabile contributo alla società si trova nella guida, la testimonianza e la fede
vissuta. In più, non è tutto. C’è ancora un proverbio africano che dice : “se un bambino lava bene le sue mani, può mangiare con gli anziani”, in
altre parole, chiunque si distingue per gli altri è degno di onore. Con questo standard, penso che Everest sia un Anziano. La Bibbia riconosce
questa saggezza africana quando dice : “La vecchiaia veneranda non è quella longeva, né si misura con il numero degli anni ; ma canizie per
gli uomini è la saggezza, età senile è una vita senza macchia” (Sap 4, 8-9). Everest è nato il 15 dicembre 1979, è stato ordinato sacerdote nel
2008, poi è stato segretario and parroco nella diocesi di Zaria nel nord della Nigeria per tre anni prima di venire a Roma per gli studi di filosofia.
Quasi alla fine degli studi,con una materia mancante, si è ammalato nel Giugno 2013, non ha potuto riprendere le sue forze, ha combattuto per
due mesi, ed è volato alla casa del Padre. Chi era ? Perché ci ricordiamo di lui ? Perché era un eroe. Lo descrivo così perché “gli eroi hanno
tutta la terra come tomba , e paese lontano dal proprio, dove la colonna con il loro epitaffio dichiara, è conservato in ogni cuore un ricordo non
scritto con nessuna lapide per preservarlo, tranne quello del cuore”. Con queste parole di Pericles, Padre Everest era un eroe per la comunità
di questo nostro collegio così lontano da casa nello stato Kaduna nel nord della Nigeria, era un eroe per i suoi amici, la sua diocesi e infine per
la sua famiglia. Se è vero che ci facciamo gli amici non per ricevere qualcosa ma offrendo un servizio, era un grande amico. Questo tipo di
amico è là presente quando si sente il bisogno di avere qualcuno accanto a sé. Era instancabile nello svolgere il suo servizio alla comunità,
contribuendo a creare un clima di fraternità e di amicizia in mezzo a noi. Serviva con larghezza e ben volentieri in ogni ambito della nostra vita
comunitaria, refettorio, liturgia, cantare, era presente dove c’era il bisogno. Prendeva i suoi studi sul serio senza mancare nel nutrire la sua vita
spirituale dalla preghiera assidua. La sua dedizione mi stimolava, specialmente quando perdevo di vista le vere ed importanti cose nel riguardo
degli studi per i quali siamo venuti a Roma. Everest non era mai impaziente né triste, neanche un brontolone. La sua pazienza era eroica,
come lo testimoniano quelli che l’hanno visto durante la sua malattia. Soffriva molto, ma cercava sempre di rassicurare quanti andavano a
visitarlo nell’ospedale. Tale pazienza e nata dal desiderio di non essere gravoso per nessuno, per questo preferiva dare invece di ricevere. La
sua sopportazione mostrava la sua fede profonda che “le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà
rivelata in noi” (Rm8, 18).
Per tutto questo, rendiamo grazie a lui. Era amabile, accessibile, divertente ed era bello stare con lui. Durante
questi due anni passati con noi in collegio, era piccolo di statura e quindi non facilmente reperibile, spesso il
nostro stimato Rettore Padre Thomas gli chiedeva “Everest quando crescerai ?” e lui replicava “quando
Salvatore, l’uomo più grande del collegio diventerà più piccolo”. Maya Angelou dice che “la gente si
dimenticherà di quello che ha detto, di quello che hai fatto, ma non si dimenticherà di come li hai fatto sentire
bene”. Everest ha fatto sentire a tanti di noi il bene. Ora, è passato dalla morte alla vita (Jn 3, 14), ma sarà
ricordato. Vivrà sempre nel mio cuore, anzi nei nostri cuori.
Vincent O. OKOYE