I RACCONTI DI UN MISSIONARIO di fra Giorgio Dalla Barba I MIEI 46 ANNI DI AFRICA (3) Frate Giorgio, nelle puntate precedenti ci hai raccontato delle tue tappe nella Missione in Guinea Bissau (Quinhamel, Cumura, Blom). Puoi dirci se nei tuoi 46 anni di Africa hai vissuto momenti particolarmente difficili? Dopo l’indipendenza ottenuta nel 1974, il Governo di tendenza comunista aveva istituito i così detti “magazzini del popolo” cui bisognava rivolgersi per aver i generi di prima necessità, come il cibo. La burocrazia ostacolava non poco il procedimento per aver l’autorizzazione per l’acquisto. Io allora ero responsabile del lebbrosario di Cumura e con difficoltà riuscivo a ricevere il necessario per il mantenimento dei malati. Dieci anni dopo, un professore che conoscevo bene soffriva di una forte depressione. Una notte mi chiamarono nel suo villaggio, perché voleva raggiungere la vita eterna tagliandosi la pancia; con difficoltà e con tanta pazienza riuscii a convincerlo di venire alla Missione e di farsi curare. Un mattino mi si avvicinò mentre stavo tornando a casa dopo la santa Messa; lo salutai come il solito, ma egli improvvisamente estrasse una pietra che teneva nascosta sotto la camicia e cominciò a colpirmi ripetutamente alla testa. Solo l’intervento di fra Silvano mi salvò. Fui portato nella sala operatoria dell’ospedale di Cumura e medicato. Fu quella l’inaugurazione della nuova sala. Un altro momento particolarmente difficile che mi fece soffrire non poco fu nel 2011, quando la comunità cristiana di Quinhamel fece “sciopero”. Di comune accordo decise di non venire più in chiesa perché il parroco (che ero io) non si era messo contro le suore a favore di una giovane del villaggio che era uscita dall’istituto. Secondo loro erano state le suore a costringerla ad uscire. Fu una storia molto dolorosa che si può spiegare solo dicendo che il diavolo ci aveva messo la coda. Vi immaginate cosa significa per un parroco il vedere la chiesa svuotarsi improvvisamente e per di più nel periodo precedente la Pasqua? E vedere i cristiani coalizzati contro il proprio pastore? Passato un po’ di tempo la comunità si è ricreduta, ha capito la verità e ha chiesto perdono pubblicamente. La riconciliazione fu piena, ma a quale costo di sofferenza! Naturalmente ci sono stati momenti di gioia e soddisfazione. Per esempio? Ho vissuto tanti momenti belli e di soddisfazione. Sento di dover ringraziare il Signore per la vocazione missionaria, per l’evangelizzazione e per aver potuto salvare la vita a varie persone, specialmente bambini. Per esempio: in una tabanca (villaggio) presso Blom un giorno ho incontrato una giovane donna ammalata gravemente. Il padre l’aveva fatta venire nella casa paterna in attesa della morte. La ragazza era cristiana e quindi non mi fu molto difficile convincere il padre di portarla a Cumura. Chiesi l’ambulanza della missione di Quinhamel e fu portata nel nostro ospedale di Cumura. Lì fu curata con grande amore da fra Victor Henrique, frate medico portoghese, e a poco a poco si riprese e ora sta bene. Un altro momento bello fu quando amministrai il battesimo ad un vecchio. Mi recavo nella sua casa e seduto nella veranda della casa gli facevo la catechesi. Quando ritenni opportuno lo invitai a rinunciare agli idoli e ai feticci che come tutti teneva con sé. Il giorno del battesimo volle radunare tutti i suoi parenti e fare una grande festa. Qualche giorno prima del mio rientro in Italia, diedi il battesimo anche a un suo fratello di 90 anni. Concludendo, vuole lasciare qualche ricordo alla comunità cristiana della Guinea Bissau? Ai miei confratelli missionari dico di voler bene a tutti, particolarmente agli ammalati ed essere sensibili alle loro necessità. Alla comunità cristiana dico di ringraziare il Signore per il dono della fede ed essere fedeli alle promesse fatte nel giorno del battesimo. Sono contento che fioriscano le vocazioni all’ideale francescano. Se da un lato sono triste per aver dovuto lasciare la terra di missione, dall’altro mi è di grande gioia e consolazione il veder fiorire le vocazioni. dopo 46 anni Qualcuno potrebbe farmi la domanda: Dopo 46 anni di vita trascorsa in Guinea le pare che sia cambiato qualcosa in Guinea? Rispondo facendo una distinzione: come chiesa e come nazione Come chiesa c’è stato un notevole progresso sia nel numero dei battezzati c he nel campo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sia nel campo maschile che femmenile.Nel 1977 , anno della creazione della diocesi di Bissau non vi era nessun sacerdote nativo della Guinea,né Suore. Ora secondo l’annuario del 2013 ci sono 29 sacerdoti diocesani,19 sacerdoti religiosi e 3 religiosi nel campo femmenile, 48 Suore appartenenti a varie congregazioni religiose, tra le quali una congregazione fondata da Mons. Settimio Ferrazzetta.Notevoli sono i movimenti di ispirazione cattolica: Scauts, Valentes, OFS, legione di maria…. Come nazione si è notato un miglioramento nel campo dell’istruzione. Quando io sono arrivato in Guinea poche erano le scuole ; ora gli alunni sono aumentati di molto, anche nel campo femmenile. Si è notato un miglioramento anche nel campo della salute specie per quanto riguarda i bambini.anche se la mortalità infantile è ancora notevole.Nonostante l’apporto dato dal CIFAP ( padri Giuseppini del Murialdo)le scuole professionali lasciano a desiderare.Un tempo tutti lavoravano le risaie, ora i giovani stentano ad aiutare i loro vecchi nel lavoro delle risaie.Come sviluppo sociale la Guinea è rimasta un po bloccata. Purtroppo in questi ultimi tempi si nota una corruzione notevole, commercio di droga, cose che un tempo non si notavano.
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