Novara 7 novembre 2014 La Delegazione di Novara del FAI, nel marzo 2013 aveva espresso, con un proprio documento, piena solidarietà al Comitato Difesa del Territorio di Carpignano Sesia ed alle popolazioni di tutti i Comuni interessati, condividendone preoccupazioni e motivazioni in opposizione all’iniziativa proposta da ENI. In quella sede sostenevamo che “il paesaggio, le risorse naturali, il patrimonio storico, architettonico, culturale ed artistico sono la vera ricchezza del nostro Paese” e che la loro tutela e valorizzazione era ed è al centro delle attenzioni e delle iniziative del FAI. La tutela della salute, della sicurezza e della tranquillità delle popolazioni residenti, la salvaguardia dell’economia locale, delle produzioni agro-alimentari e del patrimonio immobiliare esistente, il rischio di inquinamento della falda acquifera (a servizio di numerosi centri abitati e della città di Novara), la presenza di una delle poche riserve strategiche di acqua, la distanza dall’abitato della postazione del pozzo (per altro compresa in fascia fluviale C classificata dalle NTA del PAI con rischio idraulico e idrogeologico di valore elevato), la presenza di numerosi ed importanti monumenti ed edifici storici con vincolo ex D.Lgs. 42/2004, i rischi di subsidenza e di incidenti rilevanti a danno dell’intero ecosistema, i costi dell’intervento per la ricerca e la attivazione dell’attività estrattiva, erano e rimangono, quasi tutti, fattori che avrebbero dovuto e dovrebbero indurre l’ENI ad abbandonare la proposta e/o le autorità preposte a negare l’autorizzazione, riconoscendo alle popolazioni residenti l’autorità ed il diritto di una espressione motivata e centrale nelle scelte, del tipo e con impatti, in specie, sul proprio territorio. Richiamavamo ancora il Piano Energetico nazionale del 1988 che aveva fissato gli obiettivi di lungo periodo della politica energetica in Italia basati, principalmente, sul risparmio energetico e sulla riduzione della dipendenza energetica dall’estero. Riduzione che l’ENI ha interpretato ed interpreta, ancora oggi, a nostro parere erroneamente, con la ricerca di nuovi giacimenti di combustibili fossili sul nostro territorio invece di impegnare le proprie risorse culturali, tecnico-professionali ed economiche per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Dal marzo 2013 ad oggi, anche di fronte al nuovo progetto ENI, non abbiamo cambiato idea. Abbiamo, anzi, rafforzato le nostre convinzioni con nuove motivazioni. L’allarme di questi giorni della task force dell’ONU sui livelli dei gas serra nell’atmosfera e sul probabile aumento di due gradi delle temperature medie con uno scenario definito “catastrofico” per il nostro pianeta, dovrebbe indurre quanti hanno la responsabilità delle decisioni nel merito, di non ignorare i dati del rapporto ONU e di non mettere in pericolo noi, i nostri figli ed i nostri nipoti. Sappiamo (e lo verifichiamo ogni giorno) che il clima sta cambiando a causa delle attività umane e, in particolare, della combustione dei fossili (con conseguenze spesso disastrose anche per un uso spregiudicato del territorio). Secondo gli scienziati dell’ONU si tratta di abbandonare la dipendenza dal petrolio, dal carbone e dal gas per rilanciare l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e gli stili di vita più attenti agli equilibri ambientali. E nel campo del risparmio o dell’efficienza energetica c’è un mondo di cose da fare. Dalla riduzione dei consumi dei mezzi di trasporto alla riduzione delle velocità massime in autostrada, per esempio, da 130 a 110 km/ora anche con l’obiettivo di ridurre di almeno il 20% le emissioni di CO2. Dalla efficienza energetica degli impianti civili ed industriali a quella degli involucri del patrimonio edilizio esistente (e soprattutto a quello del boom edilizio degli anni 60/70 che è un vero colabrodo). Dalla drastica riduzione e dispersione delle nuove aree produttive (nella sola provincia di Novara sono disponibili oltre 9 milioni di aree libere ed oltre 1 milione di aree dismesse) alla razionalizzazione delle stesse aree industriali, auspicabilmente in forma integrata al sistema del trasporto su ferro. Dal contenimento della previsione e dispersione insediativa delle aree a destinazione residenziale, all’utilizzo di indici edificatori più elevati (anche con l’obiettivo di migliorare la qualità e ridurre la mobilità urbana), alla realizzazione, nelle città come Novara, di parcheggi di intercambio con adeguati ed efficienti sistemi di bus navetta, alla formazione diffusa di piste ciclabili. E così via. Secondo gli scienziati dell’ONU le riserve di petrolio che oggi sono nel sottosuolo devono restarci. Se quelle riserve dovessero venire estratte e bruciate nelle auto o nelle centrali, il mondo sarebbe, a loro dire, destinato a “friggere”. Sappiamo anche che tale ipotesi, per le aziende petrolifere come l’ENI, può essere un grosso problema; qualcuno parla addirittura di un vero e proprio disastro finanziario. Ma se il compito delle aziende petrolifere è e rimane quello di vendere energia e di incentivarne i consumi, il problema è loro, non nostro. Per noi conta assai di più o solo il riscaldamento del pianeta ed il nostro futuro, il futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti e di quanti verranno dopo di noi e loro. Luca Mercalli ha intitolato il suo ultimo lavoro “PREPARIAMOCI a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza e, forse, più felicità.” Noi siamo disponibili e pronti. Anche adesso, subito. Dopo potrebbe essere troppo tardi. Il Capo Delegazione Eugenio Alessandro Bonzanini Il Delegato al Territorio Giovanni Gramegna
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