NECROFILIA “Dannata pioggia!”, stizzito dissi, mentre con la mia vecchia polo, mi dirigevo verso l’obitorio. Ero distrutto quella sera. Era un periodo in cui accusavo una pesante stanchezza, nonostante dormissi regolarmente durante la notte. Avevo iniziato a prendere dei sonniferi e dei tranquillanti, per conciliare il sonno, ma nonostante ciò, ero sempre insonne. Poco prima mi ero fermato al bar di Al a sorseggiare un whiskey sperando che potesse darmi carica. Ma non fu così. Ero un detective affermato, avevo assistito a casi all’apparenza impossibili da risolvere. Ma la mia fama mi precedeva, così per ogni qualvolta ci fosse qualcosa di misterioso e inspiegabile, mi si convocava. Ricevetti una chiamata quella notte. Mi telefonò il mio aiutante, allora un certo Antony McLellan, un uomo sulla cinquantina, ma estremamente giovanile, con dei baffi stile Sherlock Holmes. Mi fidavo ciecamente di lui. Al telefono mi aveva detto: “Signore, siete pronto per il caso più inquietante della storia della vostra carriera? Venga all’obitorio di Kirkwall, immediatamente.”. Lo sentivo eccitato, aspettava da tempo di essere messo alla prova, ma allo stesso tempo lo sentii, dal tono della sua voce, estremamente turbato e spaventato. “Cosa c’è di così eccitante in un obitorio?”, mi chiesi mentre ripensavo ai precedenti casi. Avevo visto cadaveri decapitati, interiora sparse, casi di suicidio, ma devo ammettere di non essere mai entrato in un obitorio, perlomeno non per indagare. Era il diluvio quella notte. Parcheggiai l’auto vicino all’ingresso dell’obitorio. Naturalmente, visto il tempo e l’ora, la strada era completamente deserta. “Buonasera signore, lei deve essere il detective. Mi segua, il suo uomo è già all’interno dello stabile.”, mi disse un signore piuttosto anziano all’entrata dell’obitorio. Aveva dei capelli brizzolati, che scivolavano da sotto il cappello. Un lungo cappotto nero, sgualcito. Al primo impatto mi sembrava tutt’altro che scosso. Decisi di non pensarci, e lo seguii. Entrai e mi trovai dinanzi allo spettacolo più disgustoso mai visto. C’erano diverse bare sistemate su dei tavoli di marmo, tutte prive di coperchio. Il pavimento era cosparso di sangue. L’odore era nauseabondo, era proprio la puzza di quel sangue, e di morte. I cadaveri avevano i vestiti lacerati, tutte donne. Alcune avevano strappi all’altezza del seno, altre, tagli sulla giugulare, e sulle gambe. Indietreggiai di qualche passo, inorridito, ma con il piede toccai qualcosa di morbido. “Attenzione signore!”, disse il custode. Mi voltai di scatto e vidi un altro corpo alle mie spalle, disteso sul pavimento. “Oh!”, esclamai quasi istintivamente. Il cadavere era quello ridotto peggio. Completamente nudo. Aveva il corpo cosparso di tagli, con del sangue che scorreva ancora dall’interno coscia. Le palpebre chiuse, avevano assunto una tonalità violacea. Sul seno aveva diversi graffi e le braccia spezzate. A primo impatto pensai che dovesse essere una bella donna. “McLellan!”, urlai, cercando il mio aiutante. “Dov’è il mio uomo?”, chiesi al custode. “Non saprei… aspettava lei e per ingannare l’attesa mi ha detto che usciva per fumare una sigaretta.”, rispose. Riuscivo a sentire il ticchettio della pioggia nelle pozzanghere, mentre non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel cadavere. Aveva qualcosa che mi attirava, eppure ne avevo visti a bizzeffe di cadaveri. Distolsi lo sguardo solamente quando sentii dei passi. “Signore, finalmente è arrivato.”, sentii la voce di McLellan alle mie spalle. Mi voltai e lo vidi. Un ghigno sul suo volto, si vedeva che era eccitato. “Tony, vieni qui…”, dissi sottovoce. “Dimmi, che tipo è il custode? Come ti è sembrato appena sei arrivato qui?”. “Ha dei sospetti? Sembra una persona piuttosto distaccata e fredda, ma questo non penso sia un buon motivo per sospettare di lui. E’ il custode di un obitorio, è abituato ad avere a che fare con i morti.”. “Uhm… gli rivolgerò qualche domanda”. “Scusi, lei è?”, chiesi al custode. “Phil McDarmond, signore.”, mi rispose improvvisamente alquanto scosso. “Salve, vorrei porle qualche domanda, se lei è d’accordo naturalmente.”, “Sì… sì…”, rispose mentre si tolse il cappello inzuppato di pioggia. “Bene! Lei dov’era quando è successo tutto questo?”, chiedi dubbioso. “Ero nella stanza accanto… ma non ho sentito nulla. Devo essermi addormentato improvvisamente. E’ strano, di solito non mi succede mai.”. McDarmond sembrava molto scosso. Strano, quando giunsi all’obitorio, sembrava piuttosto distaccato. “Prosegua. Cos’altro è successo?”, continuai a chiedere insistendo. “Qualcuno deve avermi drogato, perché ho trovato una boccetta di Xanax, sulla mia scrivania. Appena mi sono svegliato, ho sentito il rumore di una vecchia auto, allontanarsi dall’obitorio. Così, mi sono alzato improvvisamente dalla sedia e mi sono diretto nella stanza delle salme e ho visto questo sfacelo.”. rispose McDarmond, questa volta senza alcuna esitazione. “Potrebbe essere solo scosso…”, pensai tra me e me. “Va bene, tra poco arriverà la scientifica. Mi raccomando, non tocchi nulla.”, dissi al custode mentre mi avviai verso l’uscita. McLellan mi seguì. “Signore, cosa sta pensando? Quando fuma il sigaro vuol sempre dire che sta pensando qualcosa di grosso.”, mi disse mentre si affiancava a me. Feci una boccata e dissi: “Tony, qui finora l’unico sospetto è McDarmond. Era l’unico presente sulla scena del crimine. Gli prenderemo le impronte e le combaceremo con quelle dei cadaveri. Ora torno a casa, sono particolarmente stanco. Mi sembra quasi di aver guidato per tutta la notte.”, dissi a McLellan, il quale mi rispose con un sorriso dicendomi: “Non si preoccupi signore, domattina l’aggiornerò sui risultati della scientifica.”. Tornai a casa, nel mio appartamento. Senza neanche sfilarmi il cappotto, mi accasciai sul letto e caddi in un sonno profondo. Feci un incubo terrificante quella notte. Qualcuno stava cercando di soffocarmi. Io per liberarmi mi dimenavo in tutti i modi ma mi sentivo sempre più debole, sempre più debole. Lo squillo del telefono mi svegliò improvvisamente. Ancora assonnato, risposi. “Signore, signore, sono Tony. Presto venga!”, McLellan urlava dall’altra parte del telefono. “Cosa? Cosa è successo?”, risposi ancora un po’ intontito per l’incubo appena fatto. “Torni a Kirkwall! Abbiamo trovato un altro cadavere seviziato! Credo si tratti di McDarmond”. Un’ora dopo mi ritrovai di nuovo all’obitorio. Restai basito vedendo dinanzi a me, il corpo di McDarmond, ormai privo di vita. Aveva un grosso buco all’altezza della fronte, opera sicuramente di una coltellata. Gli occhi sbarrati dal terrore. “Co… cosa gli è successo?”, chiesi con un filo di voce. La scientifica scattava fotografie al suo cadavere. Vidi McLellan prendere appunti, mentre parlava animatamente con uno degli uomini giunti sul posto. “Non lo sappiamo ancora. Fatto sta che è accaduto questa notte, questo è l’unico evento certo.”, mi rispose uno di loro. “Qualcosa non torna…”, dissi con un filo di voce. Effettivamente era strano che McDarmond fosse stato ucciso. Perché? Forse era un testimone scomodo. O forse qualcuno stava cercando di spostare l’attenzione su di sé, facendolo fuori. Improvvisamente un lampo invase la mia mente. “McLellan!”, pensai. Era assurdo, ma era sicuramente l’ipotesi più sicura. Eravamo presenti solo io e lui, oltre a McDarmond ieri. Senza rivolgergli la parola, mi diressi verso la stanza che era di McDarmond. Cercai qualche particolare. Era una stanza alquanto spoglia. Una scrivania di compensato bianco, sulla quale c’era una torcia. Poi, vicino, vidi la boccetta di Xanax. La presi e cercai di capire come potesse essere finita lì. Poi ricordai, che la sera precedente mi disse che probabilmente era stato drogato. Tornai nella stanza delle salme e mi rivolsi a McLellan: “Tony, sono arrivati i risultati della scientifica sulle sevizie ai cadaveri?”. “Non ancora signore…”, rispose serenamente. So che era assurdo sospettare di lui, ma davvero non sapevo più cosa pensare. Tornai nuovamente a casa, sperando che il telefono non squillasse nuovamente. Mi distesi sul letto, cercando di riposare. Improvvisamente, così, come un lampo, mi tornò alla mente quella donna distesa sul pavimento. Provavo delle sensazioni stranissime. Il cuore iniziò a battere all’impazzata, e mi stupii terribilmente, accorgendomi di essere eccitato. Immaginavo il suo corpo nudo, le sue forme sinuose. Cercando di distogliermi da questi pensieri, mi alzai deciso a prendere un tranquillante, così forse sarei riuscito a dormire. Mi diressi verso il cofanetto delle medicine, lo aprii e un’espressione di sdegno si disegnò sul mio volto. “Ma che fine ha fatto?”, dissi spostando furiosamente tutte le medicine per trovare un calmante. “Dov’è quel dannato Xana..”, mi interruppi improvvisamente, deglutendo a fatica e pensando a quello che stavo per dire. Iniziai ad avere delle strane visioni, forse a causa dell’insonnia. “No… non può essere…”, dissi sedendomi sul divano e poggiando la testa tra le mani. Ripensai a quelle sensazioni che avevo, pensando al cadavere della donna. Ripensai alla boccetta di Xanax sulla scrivania di McDarmond. Ripensai persino alla frase detta a McLellan: “Mi sembra quasi di aver guidato per tutta la notte…”. Ecco cosa era successo. Ecco il perché della mia stanchezza. Ecco perché McDarmond doveva sparire. Il suo turbamento dipendeva dal fatto che mi aveva visto quella notte. Iniziai ad ansimare. Il mio cuore non voleva saperne di rallentare. In preda al panico, mi venne in mente solo una cosa da fare. Scappare. Mi diressi verso l’uscita, prendendo lo stretto necessario. Aprii la porta, ma lo squillo del telefono mi fece fermare improvvisamente. Uno squillo, due squilli, tre squilli. Partì la segreteria. “Signore… sono McLellan… non si muova da casa, le sto portando i risultati della scientifica.”.
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