46 L’ECO DI BERGAMO GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO 2014 Cultura C’era una volta Twitter Ogni città ha la sua eleganza. Roma ha l’eleganza dell’umanità e della storia [email protected] GIANFRANCO FERRÉ www.ecodibergamo.it Bergamo romana Da Bariano un volto nuovo Bergamo romana: trent’anni di scoperte In Città Alta 1 Fontana del Vagine strada 2 Via Boccola insediamento abitativo Cambia la fisionomia antica della nostra terra Le ultime scoperte invitano a una riflessione 2 4 Palazzo del Pode resti del Foro Romano? Via D. B occola 1 Via D. V a Via PAOLO ARESI Quei volti dagli occhi profondi, i capelli corti, la barba, colpiscono l’immaginario di oggi. Figure di quelli che probabilmente sono bergamaschi di Roma antica, scoperti durante i lavori nella cascina di Bariano, ex convento dei Neveri, una miniera archeologica. Quei volti pongono domande, invitano a riflettere. Che cosa erano davvero Bergamo e la Bergamasca in età Romana? Quale era la fisionomia, quale l’assetto del nostro territorio? E altre due questioni. Quale relazione esiste fra quei volti di millenovecento anni orsono e quello che siamo noi oggi? Le scoperte archeologiche diventano parte di noi, del nostro sapere, della nostra cultura? Oppure rimangono a sé stanti, magari dimenticate oppure «musealizzate», chiuse in una sorta di tempio del passato? La scoperta dei resti romani nell’ex convento dei Neveri a Bariano è il più importante ritrovamento dell’ultimo mezzo secolo nella nostra provincia, e uno dei più eclatanti in assoluto. Il lavoro degli archeologi della Sovrintenza, guidata da Maria Fortunati, ha riportato alla luce quella che era una villa romana con il suo tempio. Non si tratta di scavi, di fondamenta, di mozziconi di edifici. Si tratta di ciclopici muri romani, alti otto metri, che erano stati inglobati in un monastero e in una chiesa fino alla fine del Settecento. Poi il monastero dei Carmelitani era stato soppresso, la chiesa Vi a n Vi ale M ur a 7 Cattedrale cattedrale paleocristiana, insediamento abitativo B. C 5 olle oni 3 Sa 4 lv at or e de lle abbattuta dai contadini che organizzarono una cascina con casa, fienile, stalle... Ma il tempo è inesorabile, la vecchia cascina fu abbandonata una ventina di anni fa. Poi venne acquistata da un imprenditore edile, Giancarlo Suardi, che ne voleva fare la propria abitazione. Suardi di edifici se ne intende. Quando andò a toccare muri e pavimenti si imbatté nei resti antichi. Ne rimase affascinato. Anziché fare finta di nulla, avvisò la Sovrintendenza, si mise a disposizione per recuperare ogni oggetto, ogni pietra. Vennero trovate tombe romane e tombe longobarde. Oggi si possono vedere monia la visita pastorale di San Carlo Borromeo che nell’ex convento dei Neveri dormì». L’ispettore onorario della Sovrintendenza ai beni archeologici della Lombardia, Riccardo Caproni, parla della zona dei Neveri a Bariano, zona che ha studiato e di cui ha fatto una relazione all’Ateneo di scienze, lettere e sotto il pavimento di cristallo. Vennero trovati corredi funerari, tra l’altro una croce in oro di nove centimetri, longobarda. Abbattendo i tamponamenti si riscoprirono chiostro, archi, portici. Emerse un affresco del X secolo che raffigura un paesaggio e una città, forse la Bergamo del tempo. In una nicchia appena dopo l’ingresso dell’ex cascina, sulla sinistra, venne abbattuto una parete: dietro si celava una mummia seduta su uno scranno. Probabilmente un priore del convento conservato in quel modo dopo la morte. Le volte romane, l’antico battistero, il dipinto del I o II seco- arti di Bergamo. Spiega: «Con l’architetto Bruno Cassinelli abbiamo fatto un primo studio partendo dal fatto che in quel luogo si trovava una pieve, cioè una chiesa parrocchiale originaria dalla quale dipendevano le cappelle dei villaggi attorno. Questo già prima del Mille perché di quel periodo è un documento che attesta la vendita dei terreni da parte del vescovo di Bergamo al potente monastero di Pontida. Il documento è del 1016 e la chiesa è definita “S. Maria constructa in loco Ebrico”. Ma siccome nell’alto medioevo la “v” e la “b” erano pressoché identiche, “ebrico” e “evrico” sono la stessa cosa. Evrico, di nuovo un suono simile a “Neveri”». Spiega Caproni che l’impor- Le scoperte archeologiche rischiano di diventare «fantasmi» 6 5 Via Colleoni ra anticodedecumano lle Mu Viale 6 Via Donizetti cisterna per eccellenza della città. Dice: «Spesso queste scoperte rimangono come fantasmi, suscitano un po’ di curiosità e poi scivolano via. La scommessa è: come farle entrare nella vita, nella nostra storia? È il problema dell’archeologia, non riguarda soltanto Bergamo. Mi viene in mente che le scoperte archeologiche hanno avuto nel tempo considerazioni diverse. Penso alla scoperta del bello antico che si fece nel Settecento, quando venne alla luce Pompei, ricordo le rovine mastondontic he di Roma disegnate dal Piranesi. Scoppiò la moda delle vedute con rovine; avevano un senso simboli- tanza di questo luogo in età romana era già nota. A fine ’800 venne trovata una lapide con epigrafe e pezzi di sarcofago. «Sull’epigrafe figuravano nomi di origine celtica come Samicio Duntri e Novedi Allecni». Questi luoghi erano abitati da prima dei Romani. Dice Caproni: «Erano luoghi fertili, vicini a corsi d’acqua importanti come il Serio e l’antica Morla di Bergamo che arrivava fin quaggiù prima che venisse sviata mediante le canalizzazioni per l’irrigazione, effettuate nel medioevo». Caproni sottolinea la vitalità di questi luoghi in età romana da Fornovo (Forum Novum) a Misano, Arzago, Romano... 1 P. A. Un’inquadratura dell’antico tempio pagano divenuto poi chiesa ra P.le Brigata Legnano Via Donizetti lo che mostra un uomo che alza le braccia al cielo con due leoni che gli stanno accanto... Uno scrigno che è stato trasformato in parte in un ristorante con un intervento leggero, di metallo e vetro che non penalizza il luogo, ma lo valorizza. E intanto i lavori di restauro continuano. Un forte investimento economico da parte del proprietario, lavoro da parte di archeologi e sovrintendenza. Quale è il senso di queste scoperte? Possono incidere sulla nostra cultura, sul nostro essere bergamaschi del XXI secolo? Maria Mencaroni Zoppetti è presidente dell’Ateneo di Bergamo, istituzione culturale a Fa Rocca 7 Duomo dell Particolare di un dipinto romano ai Neveri di Bariano FOTO MARIA ZANCHI Il mistero del nome «Neveri»: ha origini precedenti Roma «Da dove viene la parola Neveri? Io penso sia la trasformazione di un vocabolo antico. Si parte da Vicus Averga di età romana (ma quell’Averga deve essere un toponimo precedente) che diventa nei secoli “in everga”, poi “in ever” e infine diventa “Neveri”. Quel luogo era chiamato così già nel XVI secolo, lo testi- Sa e Via S . Lor enzo gin Via 3 Biblioteca Mai insediamento abitativo ©RIPRODUZIONE RISERVATA 47 L’ECO DI BERGAMO GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO 2014 apa Giulio II, il grande committente di Raffaello e Michelangelo, uno di coloro che tiravano le fila della politica europea negli anni delle «horrende guerre de Italia» (Guicciardini) è morto. La sua anima armeggia alla porta del Paradiso, pretendendo di entrare con le «sue» chiavi di Ponti- P A BERGAMO LA STUDIOSA SEIDEL MENCHI Un libello erasmiano contro Papa Giulio II ce nella recente edizione Einaudi, con dotta introduzione di 150 pagine, attribuisce senz’altro a Erasmo da Rotterdam. Come già, fra gli altri, molti umanisti del tempo e molti studiosi, anche autorevoli, del ’900. Oggi alle 18 Menchi presenterà il libro presso il Museo dell’età veneta (Palazzo del Podestà, Piazza vecchia). A seguire Da- rio Barezzi, Tino Mazzoleni e MarcoRotainterpreterannoalcuni passi del dialogo. L’incontro è parte del ciclo «Conversazioni veneziane» ed è organizzato da Fondazione Bergamo nella storia, Archivio Bergamasco, Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti. Ingresso libero. V. G. Numerosi tesori non trovano una casa In provincia Casazza insediamento abitativo fex Maximus. Ma la porta non si apre. Il «portiere», san Pietro, non è molto incline a spalancargli le soglie dell’eterna salvezza… Da questo surreale quadretto prende le mosse il dialogo «Iulius», tra l’anima di Giulio II, il suo Genio e san Pietro: un testo anonimo, o quasi, del 1517, che Silvana Seidel Menchi, sua curatrice e traduttri- Predore villa di Marco Nonio Stefania Casini dirige il Museo archeologico «I reperti spesso nei magazzini, serve ampliare» CASAZZA està BERGAMO PREDORE S. Agostino BARIANO o FARA OLIVANA Bariano, ex monastero di Neveri Villa romana co, preromantico, il segno del tempo che cancella ogni cosa. Ma anche davano idea del fascino del passato. Si passò poi ad altre considerazioni: la bellezza dell’arte antica come ricchezza in sé; la considerazione della grandezza mitica degli antichi, come accadde per fascismo e nazismo, ad esempio. Ma del resto lo stesso Bartolomeo Colleoni si considerava il nuovo Ercole. Oggi sul nostro territorio ancora si fanno scoperte, ma di rado sono eccezionali, i Neveri in questo senso sono un’eccezione. Scopriamo tombe, scopriamo fondamenta, perimetri di muri. Servono a farci capire Fara Olivana tombe le dimensioni, le caratteristiche dei luoghi nell’antichità, ci danno un senso della vita sociale nella zona in quel tempo, diventano un pezzo di storia della società». «Ma lo scavo archeologico continua Maria Zoppetti - deve legarsi a una comunicazione efficace, bisogna fare conoscere bene, divulgare quello che si fa, allora può diventare patrimonio di tutti, può arricchire la consapevolezza di quello che siamo, da dove arriviamo. Altrimenti questo sapere viene ghettizzato, dimenticato. Restano pietre mute, incapaci di comunicare alcunché». 1 ©RIPRODUZIONE RISERVATA È essenziale fare conoscere in modo profondo i ritrovamenti Stefania Casini dirige da molti anni il museo di Bergamo che raccoglie le pietre antiche, i manufatti storici e preistorici della nostra terra più lontani nel tempo. Più volte ha chiesto di potere ampliare il museo archeologico di piazza Cittadella, di trovare nuovi spazi anche per potere mostrare reperti scoperti tra Bergamo e provincia negli ultimi venticinque-trent’anni e che anche per ragioni di spazio dormono sonni tranquilli nei magazzini della Sovrintendenza. Stefania Casini ci aiuta a ripercorrere il volto della nostra terra al tempo dei Romani. Spiega: «Dobbiamo considerare che pressoché ogni paese della Bergamasca ha scoperto sul suo territorio qualche elemento che risale all’epoca romana. Non è un fatto che sorprende: la Bergamasca come tutto il Nord Italia in epoca Romana era una terra sviluppata, con attività economiche, commerci, trasporti... C’erano città, paesi, strade, teatri, arene, piazze... Dopo la caduta di Roma c’è stato uno sgretolamento, lo sappiamo, una trasformazione, un cambiamento profondo, tanto è stato perduto, anche tanta parte della memoria. Ma le attività archeologiche degli ultimi due secoli e mezzo stanno riportando alla luce il lontano passato, anche romano. Negli ultimi trenta-quaranta anni le attività di scavo si sono fatte più intense, magari si trovano meno cose che fanno scalpore, ma sta emergendo come una mappa di quello che esisteva e che forse non si sospettava». Soltanto negli ultimi trent’anni sono emerse presenze importanti dell’epoca romana (ma non solo) sia in città sia in provincia. In città abbiamo lo scavo dietro la biblioteca Angelo Mai, protetto da una struttura, ancora oggi visibile (sebbene il luogo sia piuttosto ab- Stefania Casini bandonato) che risale agli Anni Ottanta. Dal Duemila in avanti abbiamo avuto le campagne di scavo sotto la cattedrale e sotto l’antico palazzo del Podestà che pure hanno portato a rinvenimenti importanti di età romana: parti di strada, resti di domus, di botteghe, un misterioso, grande muro che forse delimitava il Foro di Bergamo... Altre scoperte hanno riguardato il tratto di strada romana al Vagine, l’acquedotto romano sotto il tempio di Santa Croce, il tratto di decumano venu- «Non bisogna frammentare il patrimonio in piccole raccolte» Pompei, rivive al cinema la tragedia raccontata da Plinio Nell’ex convento dei Neveri ci sono dipinti che riportano direttamente a Pompei. Secondo gli esperti sarebbero proprio del I o del II secolo. Pompei venne distrutta nel 79 dopo Cristo, la grande eruzione del Vesuvio si scatenò verso il 24 agosto. Un testimone di eccezione, Plinio il Giovane, ci ha narrato la tragedia attraverso le lettere che scrisse a Tacito. Plinio il Giovane si trovava a Napoli in quei giorni, visse ogni momento dell’eruzione e lo raccontò. Pompei venne sepolta sotto una coltre di cenere e lapilli, metri di materiale. Venne riscoperta a cominciare dalla metà del Settecento dopo che casualmente vennero alla luce i resti della cittadina vicina, Ercolano. Gli scavi vennero sovvenzionati e guidati dai Borboni, in particolare dal re Carlo III. Nel giro di pochi anni scoppiò una vera moda, una mania. Aristocratici e famiglie reali si recavano in visita agli scavi di Pompei. Il fascino non è mai tramontato, ha coinvolto anche letteratura e cinema. A cominciare dal mitico romanzo «Gli ultimi giorni di Pompei» pubblicato nel 1834 e scritto dall’inglese Edward Bulwer-Lytton Proprio in questi giorni nella nostre to alla luce sotto la bottega di via Colleoni dove si trova un’enoteca e alla fine della Boccola, durante i lavori che hanno riguardato l’hotel San Lorenzo. In provincia gli scavi di Predore hanno portato di nuovo in vista i resti della villa del console Marco Nonio, con tanto di sistema termale. Ancora negli ultimi anni importanti ricerche sono state condotte a Casazza dove è stato scavato un villaggio, un «vicus» romano. Fra i ritrovamenti, la statuetta di un gladiatore, stili usati per scrivere, due anelli di ambra, una piccola maschera da teatro... Scoperte importanti, ma possono entrare nella nostra storia, nella cultura della città, della provincia? Risponde Stefania Casini: «Sì, certo, possono diventare elemento di noi stessi, della nostra consapevolezza, del sapere chi siamo, da dove veniamo. Certo. Ma a patto che si faccia divulgazione, che si coinvolgano le persone, i bambini, gli studenti, gli anziani. Penso a laboratori, visite, attività culturali. Penso che non serve fare un piccolo antiquarium in ogni paese, perché non è significativo, perché non c’è personale specializzato, perché i Comuni non hanno la forza di mantenere e rendere accessibili queste strutture. E allora sarebbe importante unirsi, collaborare, stringersi attorno a un motore culturale come può essere il museo archeologico di Bergamo che dispone di un gruppo guide qualificato. Sarebbe importante riunire i tanti reperti in un luogo, in modo che la storia assuma una fisionomia, che non resti frammentata. Allora con un lavoro nel tempo, le scoperte archeologiche possono venire metabolizzate, entrare nella nostra consapevolezza, diventare cultura». 1 P. A. ©RIPRODUZIONE RISERVATA sale viene proiettato «Pompei», che in fondo da quel romanzo nemmeno si discosta molto. È la storia di un amore impossibile fra un gladiatore e una bella giovane aristocratica promessa in sposa a un nobile romano. L’amore dei due giovani si consuma sullo sfondo della città bombardata dall’eruzione, avvelenata dai gas, devastata dalle fiamme. Il film è spettacolare, il budget è da colossal (80 milioni di dollari), la trama non eccelle per originalità, ma funziona abbastanza bene. Le scene dell’eruzione sono elaborate con cura, non lesinando certo sugli effetti speciali. Alla fine un’opera discreta, ma che certo non resterà negli annali del cinema. 1 P. A. Una scena di «Pompei»: i due innamorati si baciano sullo sfondo della città in fiamme ©RIPRODUZIONE RISERVATA
© Copyright 2024 ExpyDoc