EIDOS-1-2014-WEB_GIE 2014

La smart city non è questione di classifiche Italia digitale? È ora di accelerare
Altro che Cina, produrre da noi si può Il futuro delle “miniere urbane”
Mobilità sostenibile, corrono in tre
Elettricità, metano o idrogeno: quale sarà il carburante del futuro?
®
EIDOS - Rivista trimestrale - Anno XI - N. 1 - 2014
ISSN 1972-6988
Area
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Area Link è la nuova rubrica della versione digitale
di EIDOS - SMART GRID & SMART CITY MAGAZINE:
uno spazio multimediale di approfondimento dove fruire
di video, audio, slideshow e photogallery per aggiornarsi
in maniera integrata sul mondo del gas e dell’energia.
Smart city e cittadini nell’intervento
di Guido Bortoni, Aeeg
Il potenziale energetico del Brasile
descritto da Francesco Starace,
Enel Green Power
Poste Italiane e smart city
nella video intervista
a Stefano Nocentini
Il ruolo delle infrastrutture di rete
per la città intelligente.
L’analisi di Giuseppe Tilia,
Telecom Italia
Il progetto City Roaming Napoli
descritto da Antonio Lamanna, ABB
SMART GRID & SMART CITY
MAGAZINE
N. 1
LA SMART CITY
DI MASANIELLO
2014
Comitato scientifico di Eidos
Smart Grid & Smart City magazine
Direttore Responsabile
Antonio Jr Ruggiero
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Agnese Cecchini, Claudia De Amicis,
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Rivista trimestrale
Anno XI – N.1/2014
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di Antonio Jr Ruggiero
EDITORIALE
Guido Bortoni, presidente Aeeg;
Corrado Clini, direttore generale
Sviluppo sostenibile, Clima ed Energia Ministero Ambiente;
Sara Romano, direttore generale Nucleare,
Rinnovabili ed Efficienza Ministero Sviluppo Economico;
Riccardo Basosi, rappresentante
Italia per l’energia - Horizon 2020;
Simone Togni, presidente Anev;
Umberto Di Matteo, presidente Ises Italia;
Rinaldo Sorgenti, vice presidente Assocarboni;
Claudio Telmon, Associazione italiana
sicurezza informatica;
Antonio Filippi, responsabile Energia Cgil;
Carlo De Masi, segretario generale Flaei Cisl.
Napoli, 18 febbraio 2014: un giorno da ricordare. Con un grande sorriso stampato
sul volto al pensiero del bel finale di giornata lavorativa che mi aspetta, prendo il
treno diretto da Roma alla Capitale delle due Sicilie per vedere Ciro; non un parente
o una vecchia conoscenza partenopea ma più precisamente Ci.Ro (city roaming):
nuovo progetto sperimentale di car sharing elettrico integrato a servizi di
e-government e turismo intelligente.
Da esperto conoscitore del territorio raggiungo facilmente il Maschio Angioino,
che agli occhi del normale turista è un meraviglioso palazzo medievale dal doppio
nome (è chiamato anche Castel Nuovo), tanto per alimentare l’aria di inebriante
confusione che si respira in città.
Qui sono riuniti sindaco, vice sindaco, associazioni, tecnici, manager e giornalisti
per parlare di un’iniziativa utile e resa ancor più significativa dal fatto che a portarla
avanti sono stati cinque cervelli napoletani under trenta non “in fuga”, ma con
tanta voglia di continuare a godersi la propria terra.
Purtroppo, alla fine della conferenza, proprio quando sta per cominciare un giro
dimostrativo sui dodici nuovi mezzi elettrici di Napoli, mentre il sottoscritto
continua a pregustare il “liberi tutti” per poter andare incontro al personalissimo
gran finale, una notizia rompe il clima di festa.
Nel piazzale antistante l’area di sosta e ricarica delle e-car sono riuniti circa 120
tassisti, con altrettanti mezzi bianchi, con la volontà di bloccare l’iniziativa e la
circolazione nella zona. In uno scenario da stadio con tanto di cori e striscioni
contro l’avversario, cioè l’Amministrazione di “capitan” De Magistris, imperversa la
contestazione a un servizio di car sharing ritenuto dannoso per il lavoro e gli introiti
dei tassisti, soprattutto in periodo di crisi nera.
Valutando l’episodio solo dal punto di vista della costruzione di una smart city,
appare evidente che un progetto che concorre a realizzare un pezzo della città
intelligente, seppur valido, da solo non fa molta strada.
La smart city non può essere altro che una visione integrata fatta di una pluralità
di iniziative valide e collegate, da applicare con una strategia chiara a tutti e un
meccanismo consequenziale, a cascata, non episodico o “un po’ alla volta”.
Se si costruisce la città intelligente senza un piano generale preciso, con tempi,
modi e vantaggi nel tempo definiti, è molto difficile far fronte alle contestazioni
di chi, sul momento, sconta lo svantaggio del cambiamento.
La giornata è finita così, con l’amarezza di non aver potuto sperimentare un giro in
auto ecologica con l’ausilio di un sistema di navigazione avanzato che mi avrebbe
fatto sentire un cittadino molto innovativo, ma con la dolcezza di una sfogliata calda
in una tradizionalissima pasticceria storica per un consolatorio lieto fine.
EIDOS
1
N. 1
2014
SOMMARIO/1
SMART GRID & SMART CITY
MAGAZINE
Interviste a cura della Direzione
21
6
Gian Luca Galletti
DIRE AMBIENTE PER FARE INNOVAZIONE
STAKEHOLDER:
GIORGIO GIATTI
Altro che Cina, produrre
in Italia si può
di Silvana Pisacane
8
Michael Jennings
LA SMART CITY NON È QUESTIONE DI CLASSIFICHE
10
Francesco Profumo
UN SINDACO PER LA CITTÀ INTELLIGENTE
24
SMART GRID INTERNATIONAL FORUM
12
Agostino Ragosa
ITALIA DIGITALE? È ORA DI ACCELERARE
15
FOCUS STORY: MOBILITÀ SOSTENIBILE,
CORRONO IN TRE
25
26
LA SMART CITY C’È
MA NON SI VEDE
di Agnese Cecchini
BANCHE, GLI INVESTIMENTI
NELLA RIQUALIFICAZIONE
ENERGETICA DEGLI EDIFICI
di Giorgio Recanati,
senior research analyst ABI Lab
con il cortese contributo di Fiat, Renault,
Toyota e Università dell’Idrogeno
18
19
20
Tre domande a:
DANIELE CHIARI
Tre domande a:
FRANCESCO FONTANA GIUSTI
Tre domande a:
ANDREA CARLUCCI
28
CITTÀ INTELLIGENTE? MEGLIO SE LOGICA
di Stefan Guerra, Logical Town Association
Giorgio Ambrosino, MemEx
2
EIDOS
N. 1
2014
SOMMARIO/2
SMART GRID & SMART CITY
MAGAZINE
32
I nte
r vis
ta
46
Simona Rossotti
DARE SUPPORTO ECONOMICO ALLE IDEE
La Redazione
I nte
r vis
Luca Zingale
SEU: IL PASSO AVANTI
VERSO IL FUTURO
ta
di Silvana Pisacane
50
IL FUTURO TECNOLOGICO PASSA
PER LE NUOVE “MINIERE URBANE”
COMBUSTIBILI SINTETICI:
IMITIAMO LA NATURA
La Redazione
di Ivonne Carpinelli
52
LE REGOLE DELLA SMART GRID
53
I nte
Patrick Plas
DA NIZZA NUOVE RETI
PER NUOVI BUSINESS
di Agnese Cecchini
4
EIDOS
r vis
ta
55
ambiente
tecnologia
pimby
cultura
nimby
solidarietà
di Claudia De Amicis
44
innovazione
infrastrutture
38
sostenibilità
34
società
povertà energetica
TRASFORMARE
LA SABBIA IN ENERGIA
di Claudia De Amicis
I RIFIUTI MESSI A SISTEMA
di Ing. Francesco Antonio Fagà
Arch. Nicola Tucci
DIRE AMBIENTE
PER FARE
INNOVAZIONE
L’intervista a Gian Luca Galletti,
ministro dell’Ambiente, della Tutela
del Territorio e del Mare, sul rapporto
tra sostenibilità e sviluppo
Lei è un esperto economista, quindi la domanda è
prima di tutto una: l’auspicata crescita economica per
uscire dalla fase di crisi è realisticamente compatibile
con i costi della sostenibilità ambientale?
La sostenibilità ambientale non va vista come un costo, ma
come un investimento imprescindibile: è la grande leva per
azionare la crescita del Paese. Oggi l’Italia e l’Europa sono
chiamate a una sfida a tutto campo su questo tema: dalla
ricerca tecnologica al settore energetico, dall’edilizia all’alimentare, dai trasporti alla programmazione territoriale. La
questione ambientale deve assumere un ruolo centrale per
il Paese; e non per rimediare alle colpe del passato, all’industrializzazione forzata e senza regole, ma per creare
nuovo sviluppo, opportunità di lavoro, competitività.
Nei grandi mutamenti della società globale, i Paesi che
sapranno muoversi meglio nel campo della green economy acquisiranno un vantaggio competitivo decisivo:
l’Italia, che già dispone di professionalità qualificatissime
e primeggia in settori chiave come le energie rinnovabili,
può ambire a essere uno Stato leader nella formazione
di nuove professionalità e nella ricerca di soluzioni sostenibili da esportare nel mercato.
6
EIDOS
Nel precedente Esecutivo Letta c’è stata divisione tra
il ministro dell’Ambiente e quello dello Sviluppo economico sulla visione dei target europei al 2030 in
tema di rinnovabili. Lei manterrà le posizioni del suo
predecessore Orlando (favorevole a obiettivi alti e sfidanti sulle fonti energetiche sostenibili) e sarà questo
l’orientamento del Governo italiano anche in Europa?
Il collega Orlando ha svolto un ottimo lavoro nell’affermare il ruolo centrale dell’Italia nella sfida europea e globale ai cambiamenti climatici. In questo la linea del
nostro Paese certamente non cambierà. Esiste poi una
piena condivisione d’intenti con la collega Guidi e credo
che la posizione unitaria e coesa che i nostri due ministeri hanno adottato a Bruxelles sul pacchetto climaenergia sia il segnale più evidente del nostro impegno
comune.
Con il Governo Renzi si attende una riforma del Titolo
V che riporti in capo allo Stato competenze esclusive,
ora detenute in concorrenza con le Regioni, come nel
caso dell’energia. Un settore che coinvolge
profondamente l’ambiente se si pensa, ad esempio,
lanciare una grande scommessa: quella dello sviluppo
attraverso una nuova politica ambientale. L’Europa sarà
in campo in molti appuntamenti internazionali che culmineranno con la conferenza Onu sul clima a Lima. Sarà
quindi una formidabile tribuna per portare nei contesti
europei e mondiali una visione nuova, una strada innovativa per superare la crisi economica e sociale che ha
colpito duramente l’Europa. Una sfida che deve vedere
l’Italia in primissima fila.
Alcune settimane fa, durante un convegno in Calabria,
lei spiegò che l’innovazione tecnologica è “uno degli
asset vincenti per l’intero Paese”. In quel caso si riferiva
alla filiera agroalimentare, ma non crede che, in realtà,
sostenere la ricerca a favore dell’innovazione
tecnologica sia una chiave se non per risolvere,
almeno per prevenire tanti dei casi che sono ora sul
tavolo (vedi Ilva e Terra dei fuochi)?
Scegliere di puntare sulla ricerca e sull’innovazione tecnologica significa investire sul nostro futuro. Un paese
che sa prevenire i rischi ambientali non è solo più civile
e vero garante dei diritti dei cittadini, ma anche più in
salute a livello economico. La prevenzione dei rischi, l’efficienza delle risorse e una nuova politica fiscale ambientale sono la chiave di volta per ridurre i costi a carico
dello Stato e dei cittadini, liberando fondi da destinare
alle politiche di crescita.
alla realizzazione delle infrastrutture di settore
secondo logiche di sostenibilità. A suo parere, se sarà
portata avanti, come si affronterà questa riforma.
La riforma del Titolo V del 2001 ha sovrapposto competenze e moltiplicato i costi: ora c’è bisogno di una rivisitazione equilibrata e ragionata che non determini altri
effetti paralizzanti. Non è accettabile che infrastrutture
strategiche per il Paese siano sottoposte al diritto di veto
“senza se e senza ma” di piccole realtà, anche a fronte
delle massime garanzie di sicurezza e sostenibilità. Ciò
non significa che bisogna agire “manu militari” e non
ascoltare le comunità locali. Bisogna trovare un modello
di governance dei settori chiave, quali ad esempio l’energia, che riesca a conciliare il massimo ascolto di tutte le
istanze locali con la responsabilità di decisione che in alcuni temi e per alcune infrastrutture non può che essere
nazionale. I veti incrociati hanno fatto solo male al Paese.
Qual è l’agenda ambientale del governo in vista del
semestre di presidenza del Consiglio europeo?
L’Italia ha la storica opportunità, e insieme la forte responsabilità, di guidare un semestre europeo che dovrà
Nella sua precedente attività al Miur ha avuto modo di
occuparsi di smart city. Come porterà questa sua
esperienza nella nuova competenza dell’Ambiente?
Il percorso di evoluzione dei nostri centri urbani verso
modelli di innovazione sostenibile sarà fortemente sostenuto da questo ministero. Oggi il concetto di smart
city è entrato a far parte del vocabolario comune, grazie
soprattutto ai nuovi importanti spazi a esso riconosciuti
nella definizione dell’agenda del Governo, sia a livello
nazionale che comunitario.
Questo permette di dire con una ragionevole sicurezza
che non è soltanto la componente tecnologica a giocare
un ruolo determinante nello sviluppo di città intelligenti,
ma che la vera novità sta nell’individuare processi in
grado di generare un cambio di attitudine e di comportamento. Credo quindi che le smart city possano e debbano essere una grande occasione per riflettere
attentamente sul ruolo e sul futuro dei nostri centri urbani: coniugare la storia e la tradizione delle città italiane
con l’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale significa proiettare il nostro Paese nel futuro.
EIDOS
7
LA SMART CITY
NON È
QUESTIONE
DI CLASSIFICHE
L’intervista a Michael Jennings, portavoce
della Commissione europea per la Ricerca,
l’Innovazione e la Scienza, sul confronto
internazionale di settore e lo sviluppo delle
città intelligenti
Come supportare la ricerca e l’innovazione in un
periodo di crisi economica diffusa?
In Europa abbiamo visto che proprio quelle aziende che
investono di più in ricerca e innovazione tendono a resistere meglio alla crisi economica, in un mercato globale in cui solo le imprese competitive hanno successo.
In questo senso, l’Europa compete sulla conoscenza e
sulla produttività, non sull’offerta low cost.
Gli investimenti in innovazione sono dunque fondamentali e i Paesi membri hanno un target del 3% di Pil impegnato in tal senso entro il 2020. Questo è un obiettivo
vitale ma che stiamo rischiando di perdere poiché ora gli
investimenti europei pubblico-privati raggiungono il 2%.
8
EIDOS
È chiaro che la crisi ha costretto i Paesi a riflettere sui propri modelli di sviluppo, con una nuova enfasi sulle economie sostenibili. Per arrivarci sono fondamentali
proprio gli investimenti in innovazione e un buon quadro di sostegno rappresentato, ad esempio, da un migliore sistema scolastico e universitario.
Horizon 2020 aiuterà in questo. È il più grande programma di ricerca dell’UE con una dotazione di quasi 80
miliardi di euro e si concentra più che mai sulla creazione
di posti di lavoro e sul miglioramento della qualità della
vita delle persone.
Oltre a programmi come Horizon 2020, cosa possono
intelligenti in diversi modi, soprattutto contribuendo a
promuovere un ambiente migliore per l’innovazione. Per
questo l’UE monitora il sistema europeo dell’innovazione, guardando a tutti gli aspetti normativi, regolatori,
finanziari, ecc, cercando di migliorarli. Esempi possono
essere il brevetto unitario o il più facile accesso al venture capital.
C’è bisogno anche di maggior legame tra mondo della
ricerca e società?
Sì, questo aspetto è già fondamentale e lo diverrà ancor
di più in futuro. In Horizon abbiamo un budget specificatamente dedicato alla scienza con e per la società, focalizzato sul rendere questo legame più forte.
Un grande esempio è il progetto Voices, il cui tema è:
“Urban waste as a resource” (http://www.voicesforinnovation.eu/). Ciò ha prodotto 27 country report sui singoli
Stati membri e uno studio generale sull’UE contenete in
dettaglio le speranze, le paure, le preoccupazioni e le
idee di mille cittadini sul tema dei rifiuti urbani.
Queste analisi hanno confermato una serie di priorità di
ricerca in Europa, ma sottolineato anche una serie di
nuovi aspetti per regolare e rafforzare lo studio su questi
temi.
fare le istituzioni europee per lo sviluppo di processi
importanti come quello delle smart city?
I finanziamenti possono contribuire, come nel caso di
Horizon o dei fondi strutturali europei e dei fondi di investimento, che per la prima volta possono essere usati
congiuntamente sullo stesso progetto. Tuttavia, la maggior parte dei finanziamenti arriverà dai bilanci nazionale, regionali e delle città.
La Commissione ha creato una piattaforma di discussione
sulla smart city innovation: the European Innovation Partnership for Smart Cities (http://ec.europa.eu/eip/smartcities/).
Certo, siamo in grado di aiutare lo sviluppo delle città
Guardando allo scenario europeo delle smart city,
cosa potremmo insegnare al mondo e cosa invece
dovremmo imparare?
Le classifiche riguardanti città intelligenti, innovative o
creative vedono spesso le realtà europee al top o comunque ai vertici; quindi abbiamo molto da offrire. Abbiamo recentemente premiato Barcellona con il
riconoscimento “European Capital of Innovation” proprio
per aver introdotto l’uso di tecnologie che portino la
città verso i suoi cittadini.
Le realtà europee stanno assicurando sforzi pionieristici
per l’inclusione sociale, la tutela ambientale e l’implementazione di servizi ai cittadini, come nel caso della
gestione dei rifiuti e molto altro ancora.
Tuttavia, molte città e regioni in tutto il mondo fanno un
grande lavoro e non è soltanto una questione di hightech: alcune delle più grandi innovazioni che stiamo vedendo arrivano da quei Paesi in via di sviluppo che
stanno facendo “di più con meno” in un’ottica di efficienza nell’uso delle risorse.
Dunque, la vera domanda è: “Si tratta di una questione di
insegnamento e apprendimento allo stesso tempo?”.
EIDOS
9
UN SINDACO
PER LA CITTÀ
INTELLIGENTE
L’intervista a Francesco Profumo,
presidente Osservatorio smart city Anci,
sul cambio di ruolo dei primi cittadini
alla luce delle nuove competenze richieste
dalla città intelligente
Quello del sindaco negli ultimi mesi è decisamente un
ruolo tornato alla ribalta grazie alle recenti vicende politiche nazionali. Ma a rendere più sfidante il compito
del primo cittadino non è solo l’attuale congiuntura istituzionale, c’è da considerare anche la nuova complessità derivante dal difficile compito di gestire una città
che diventa smart.
Economia, finanza pubblica, bandi europei, contro urbanizzazione, diffusione di servizi e tecnologie ad altissimo tasso d’innovazione, comprensione, diffusione e
governo di nuovi processi culturali. Queste sono solo alcune delle sfide che un sindaco è chiamato a vincere se
desideroso di confrontarsi (e sempre più spesso è costretto a farlo) con un diverso modello di città.
Ne abbiamo discusso con Francesco Profumo, presidente dell’Osservatorio smart city di Anci.
10
EIDOS
Quanto i sindaci possono essere riluttanti al
fenomeno della smart city e quanto questo processo,
profondo portatore di cambiamento, è a volte in
contrasto con la necessità dell’amministratore di
assicurarsi sempre il favore politico-elettorale del
cittadino?
Intanto, credo che oggi sia il caso di parlare più di città
amichevole rispetto a realtà che sono tutte più o meno
intelligenti. Un dato che mi sembra importante è che il
messaggio della città smart sia arrivato. Certo, i Comuni
Finanziare la smart city, da questo punto di vista si
sentono sempre più citate le opportunità di Horizon
2020 e dei Fondi strutturali 2014 - 2020. Ma l’Italia è
tradizionalmente incapace di attrarre e impegnare
correttamente fondi europei. Come ovviare a ciò?
La nostra capacità di progettazione ed esecuzione europea è uno degli elementi più negativi del Paese. Rispetto ai ventisette Stati membri, siamo al ventiseiesimo
posto in termini di capacità di spesa e al ventisettesimo
posto in termini di qualità di spesa. Abbiamo ancora
trenta miliardi da spendere sulla programmazione 2007
- 2013 e sono stati pensati la follia di seicentomila progetti.
In realtà le risorse si possono trovare nelle maggiori efficienze e nel migliore utilizzo nella città più amichevole.
Servono processi per utilizzare nuove modalità di finanza legate a due elementi: bandi precompetitivi, poiché quando si vuole innovare non lo si può fare al
massimo ribasso; utilizzo della finanza connessa al possibile risparmio futuro.
È quindi fondamentale che nelle nostre città ci sia maggiore competenza rispetto a queste tematiche, con la
necessità di formazione per sindaci, assessori e dirigenti
comunali. Serve inoltre la creazione di strutture per la
gestione di questa finanza non tradizionale che è essenziale per il progresso dell’Italia.
A seguire, certamente, il tema dei fondi europei, ma io
credo che ci sia prima di tutto un tema di cultura e di gestione della pubblica amministrazione come fosse una
buona famiglia, dove le risorse sono utilizzate al meglio
e si evitano sprechi.
sono 8.600 e non si può pensare che abbia raggiunto
tutti, soprattutto i più piccoli, ma quello che manca è
l’idea che il Paese sia uno e unico, quindi con la necessità
di condividere le risorse che abbiamo e riutilizzare tutte
le esperienze fatte.
L’aspetto positivo è dunque che sindaci e assessori
hanno ricevuto e accettato il messaggio della smart city.
Quello che non c’è ancora è la sinergia, la capacità di trasferire pratiche, modalità e processi da mettere in atto;
qui c’è il passo in avanti da fare.
Prima o poi non sarà il caso di fare in modo che nella
pubblica amministrazione, a partire dai sindaci, si
possano eleggere o nominare solo persone già
obbligatoriamente formate su temi come questi,
senza dover imparare dopo, quindi risparmiando
tempo?
È un tema generale di formazione e cultura dei cittadini.
È chiaro che in tutto questo processo che sottende alla
smart city la tecnologia è un elemento, ma a monte c’è
una diversa cultura nel nostro Paese.
A fronte di questa considerazione è certamente evidente
che le persone che si candidano alla gestione delle nostre
città o della pubblica amministrazione in generale sempre più si troveranno a confronto con tematiche complesse che non sono parte della cultura tradizionale. Ciò
necessita un impegno preliminare in formazione.
EIDOS 11
ITALIA DIGITALE?
È ORA DI
ACCELERARE
L’intervista ad Agostino Ragosa, direttore
generale dell’Agenzia per l’Italia digitale,
sull’attività dell’ente che concorre a
trasformare i contesti urbani del Paese
Un team dedicato alla smart city nell’ambito dell’Agenzia per l’Italia digitale, che definisca le linee guida con
cui sviluppare il nuovo modello di città sul territorio nazionale. Ne parla a Eidos il direttore Agostino Ragosa,
facendo il punto sulle attività dell’Agenzia, ma soprattutto sottolineando la necessità del passo in più verso
la realizzazione di progetti e prospettive.
Qual è il ruolo delle smart city nello sviluppo
dell’Agenda digitale?
I progetti delle città intelligenti sono partiti e lo scorso
anno sono stati assegnati circa 655 milioni in iniziative
sperimentali. In particolare, per quanto riguarda l’Agenzia, è stato nominato un comitato tecnico che ha il compito sia di mettere a punto un sistema di monitoraggio
e valutazione dei progetti, sia di varare delle linee guida
nazionali sulle smart city.
Il lavoro è in corso, abbiamo coinvolto rappresentati delle
istituzioni, dell’industria e dei consumatori; quest’ultimi
soprattutto perché i progetti dovranno intendere un ruolo
attivo dei cittadini come utenti dei servizi nella smart city
e come origine dei dati utili alla realizzazione di tali realtà
intelligenti. Un grande lavoro che sta partendo e che contiamo dia frutti a breve almeno nelle grandi città italiane.
12
EIDOS
Lei ha citato delle linee guida nazionali. Non è raro
leggere di realtà comunali che vantano la smart city
perché provvedono alla realizzazione di semplici
parcheggi pubblici dotati di strutture fotovoltaiche o
iniziative di simile tipologia. La sensazione è che nella
società civile il fenomeno della città intelligente sia
meno diffuso di quanto si possa sperare e che la
politica locale o anche i media cavalchino a volte
questa situazione.
Questo è un problema. Dobbiamo spiegare che rendere
smart una città non significa fare tanti progetti diversi
che si accumulano uno sull’altro o inaugurare semplicemente un parco pubblico dotato di Wi-Fi. Rendere una
città intelligente significa avere a disposizione un piano
di utilizzo delle risorse del territorio integrate con i sistemi Ict. La cosa che va assolutamente evitata è proprio
far partire progetti frammentati senza avere un’idea di
sistema della smart city.
Stiamo lavorando in questo senso per supportare le amministrazioni comunali affinché si possano presentare
dei piani per la città smart che non siano solo la sommatoria di progetti eterogenei.
Agenda digitale, a che punto siamo?
Con il governo Letta avevamo avviato dei lavori, guardando in particolare a tre priorità: l’anagrafica unica nazionale, i sistemi di fatturazione elettronica della
Pubblica Amministrazione e, molto importante, il decreto sull’identità digitale.
Naturalmente, stiamo lavorando come Agenzia anche
su altri aspetti e presto ne daremo evidenza. Si sta ridisegnando l’infrastruttura della Pubblica Amministra-
zione con la nuova rete Spc (sistema pubblico di connettività), abbiamo inoltre fatto un bando di gara sul cloud
pubblico che è in corso di apertura e stiamo lavorando
sui sistemi di sicurezza del web.
Un insieme di iniziative che sono già partite, conformemente a quanto prevede la legge istitutiva dell’Agenzia,
che è il braccio operativo del governo per l’attuazione
dell’Agenda digitale italiana.
L’alternarsi degli esecutivi più rapido del consueto
incide in qualche modo anche sul vostro operato?
Noi ultimamente ci auguriamo stabilità nelle attività che
l’Agenzia sta portando avanti. Siamo sicuri con il nuovo
governo di dare un’accelerata a tutte le iniziative, come
la stessa legge prevede.
EIDOS 13
Focus story
14
EIDOS  Focus story
MOBILITÀ SOSTENIBILE,
CORRONO IN TRE
Elettricità, metano o idrogeno: quale sarà il carburante del futuro?
con il cortese contributo di Fiat, Renault, Toyota e Università dell’Idrogeno
Domeniche a piedi, blocchi del traffico, aree a percorrenza limitata: le soluzioni tampone per i problemi ambientali delle città, soprattutto quelle più grandi, sono
ormai sgradite protagoniste della vita di tutti i giorni;
anche se spesso si rileva nei convegni tecnici che non è
certamente il solo settore dei trasporti a dover essere riconvertito in un’ottica di sostenibilità (basti pensare agli
edifici che, mediamente, assorbono il 40% dei consumi
energetici di una città).
Intervenire sui trasporti è però l’elemento di più semplice e immediato impatto. Un fattore che spinge, inevitabilmente, sull’acceleratore della mobilità alternativa
e sostenibile; ma in particolare quale? Tre sono i com-
parti che appaiono potenziali protagonisti di un futuro
“green”, ognuno con livelli prestazionali, economici e di
sviluppo tecnologico alquanto differenti.
Basti pensare all’ultimo International Motor Show svolto
a Ginevra dal 6 al 16 marzo, edizione numero 84 che è
stata profondamente caratterizzata dal concetto di ecologia nei trasporti, ad esempio con un’ampia offerta di
veicoli a metano. Un settore in cui proprio l’Italia detiene
oggi una leadership mondiale in termini di know-how,
diffusione dei mezzi e anche per rete distributiva: il nostro Paese è dotato di una rete di distribuzione di mille
unità per 800mila veicoli circolanti, cioè il 70% dei mezzi
in Europa (fonte: Federmetano).
EIDOS  Focus story 15
Non da meno, in termini potenziali, l’elettrico. A tal proposito lo scorso 17 febbraio è stato organizzato a Bari il
workshop: “La mobilità elettrica: un’opportunità per una
città sostenibile”, nel corso del quale è stata presentata
l’ultima monografia della collana RSEView dal titolo:
“E… muoviti! Mobilità elettrica a sistema”.
In quell’occasione Stefano Besseghini, amministratore
delegato di Rse, ha spiegato: “L’argomento si presta a
considerare scenari tecnologici (autovetture, sistemi di
accumulo e tecnologie di ricarica) e di impatto sociale,
come quelli legati alla capacita di mutare i modelli comportamentali degli utenti e lo scenario urbano in termini
ambientali, sino a determinare la nascita di un nuovo
ecosistema infrastrutturale. La mobilità elettrica può basarsi su una infrastruttura e su tecnologie ben consolidate ed è un’opportunità per la possibile comparsa nel
sistema di una tecnologia in grado di giocare il ruolo di
accumulo diffuso”.
Il volume redatto da Rse prende in considerazione uno
scenario al 2030 nel quale si stima un’elevata diffusione
di veicoli elettrici: “Dieci milioni di mezzi in tutta Italia,
concentrati per il 50% nelle grandi città. L’analisi valuta
l’aumento annuale dei consumi di energia elettrica dovuto alla mobilita come inferiore al 5%, con una riduzione delle importazioni di energia primaria per circa 1,8
miliardi di euro e un miglior sfruttamento delle fonti di
energia rinnovabile non programmabili. Le previsioni infine - indicano una tendenza di miglioramento delle
prestazioni che porteranno entro al 2020 il prezzo di una
piccola utilitaria elettrica - con batteria di circa 20 kWh
e autonomia reale di circa 150 km - a eguagliare quello
di un modello omologo con motore a combustione interna”.
L’incrocio delle filiere
Ma quali sono le prospettive per il futuro, non solo sulle
singole filiere ma anche per la convergenza tra queste?
Ne abbiamo discusso con Nicola Conenna, fisico e presidente della Fondazione H2U - The Hydrogen University;
una realtà nata nel 2008 che, come descritto dai responsabili, “lavora sulla transizione epocale da un’economia
industriale basata essenzialmente su energie di origine
fossile a una nuova economia che fa riferimento alle strategie fondamentali adottate dalla vita su questo pianeta
e che quindi trae le sue energie da fonti rinnovabili. L’H2U
ritiene che l’idrogeno sia l’accumulatore e il vettore ideale
di questa energia. L’importanza di questo elemento,
molto versatile, sarà in un futuro prossimo tale da prefigurare una vera e propria economia dell’idrogeno”.
16
EIDOS  Focus story
Quale può essere, dunque, lo sviluppo di questa risorsa?
“Per la mobilità l’applicazione ideale - spiega Conenna riguarda le fuel cell, che però sono ancora costose e dalla
durata limitata. Di interesse sono anche le miscele,
prima quella del metano con l’idrogeno, oggi più il gasolio bruciato in atmosfera idrogenata. Occorre considerare che le grandi case automobilistiche hanno fatto un
accordo: cominciare una piccola produzione controllata
dal 2015. Nel settore stazionario, invece, andiamo rapidamente verso le smart grid, poiché le fuel cell installate
in edifici sono ottimi cogeneratori che collegati tra loro
in isola possono creare reti locali”.
Dal punto di vista tecnologico “le fuel cell - prosegue Conenna - ormai ci sono e stanno calando rapidamente nei
costi, soprattutto per il settore stazionario (nell’ordine
del 20% l’anno) e nel giro di circa quattro anni saranno
competitive. Nel campo mobile il problema resta lo stoccaggio a bordo, mancando ancora una soluzione veramente accettabile. Ci sono compressioni fino a 700
atmosfere non adatte o casi di idrogeno liquido che ha
un costo energetico ed è difficile da gestire”.
Come accennato, “possiamo lavorare con le miscele di
idrogeno, consentendoci di utilizzare i motori e la rete
di distribuzione già esistenti. Metano e idrogeno sembrava il binomio più interessante, ma ora anche quello
gasolio e idrogeno, nella quale si arriva a una migliore
combustione e un abbattimento della quantità di gasolio utilizzata, quindi un risparmio considerevole e anche
una contrazione delle emissioni. Una soluzione adatta a
mezzi pesanti e nel settore navale”.
Dunque, perché preferire questa ad altre strade? “Il metano ha i suoi vantaggi - conclude il presidente - ma è
un combustibile di transizione verso l’idrogeno. Certamente inquina meno dei carburanti tradizionali ed è già
diffuso. È un sistema di interesse soprattutto per il Gnl,
che permetterà di usare il metano anche su grossi diesel,
riducendone costi ed emissioni. Per l’elettrico i motori
sono l’obiettivo. Dobbiamo uscire da quelli a combustione interna, che tra l’altro hanno un’efficienza bassa
non oltre al 30%, e andare verso quelli elettrici che possano arrivare a efficienze del 90%. Ma come alimentare
questi motori? Con le batterie?”.
Quest’ultime “hanno dei problemi, sono pesanti, ingombranti e sono una soluzione di nicchia, adatta ad esempio ai centri storici. Tra l’altro, se le batterie caricano
energia prodotta con carbone si genera un controsenso.
Per la propulsione la strada sono le fuel cell, soprattutto
per il settore della mobilità pesante”.
METANO
TECNOLOGIA AFFIDABILE E
CONSOLIDATA
RETE DI DISTRIBUZIONE
IN ESPANSIONE
EMISSIONI BASSE
MA NON NULLE
ELETTRICITÀ
ALTA SOSTENIBILITÀ
AMBIENTALE
COSTI E PRESTAZIONI DELLA
TECNOLOGIA
MANCANZA DI UNA DIFFUSA
CULTURA DI RIFERIMENTO
NEI CONSUMATORI
IDROGENO
ALTE PRESTAZIONI
E ZERO EMISSIONI
COSTO DELLE FUEL CELL
IN CONTRAZIONE
STOCCAGGIO
A BORDO
EIDOS  Focus story 17
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Tre d
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Daniele Chiari, head of EMEA
product planning & institutional relations Fiat-Chrysler
Perché preferire oggi e in futuro la mobilità sostenibile a metano ad altre forme, come ad esempio quella
elettrica o a idrogeno?
L’utilizzo di combustibili alternativi è un elemento fondamentale della strategia di Fiat-Chrysler per la riduzione
delle emissioni. In tale ambito, siamo convinti che il metano sia la soluzione più efficace e accessibile ai clienti
tra quelle disponibili per ridurre da subito le emissioni di CO2 e i livelli di inquinamento. Una vettura alimentata
a metano emette il 23% di anidride carbonica in meno rispetto al funzionamento a benzina, garantendo anche
un beneficio economico importante: chi viaggia a metano in Italia risparmia oltre il 50% rispetto alla benzina
e oltre il 40% rispetto al diesel. Inoltre, il metano favorisce libero accesso nelle zone a circolazione limitata
per motivi ambientali. Infine, il metano ha la potenzialità per essere una fonte rinnovabile attraverso il biometano, con un elevato potenziale di sviluppo e potrà portare le emissioni CO2 well-to-wheel degli attuali
veicoli a metano a valori prossimi allo zero; ovvero, a livelli equivalenti a quelli di veicoli elettrici alimentati
da fonti rinnovabili.
La combinazione virtuosa di vantaggi ambientali e vantaggi per l’utente non è invece realizzata dai veicoli elettrici, sia ora sia nel prossimo futuro. Infatti, il veicolo elettrico, anche se disponibile sul mercato, presenta limitazioni in termini di autonomia, costo, velocità di ricarica e presenza di infrastrutture, che ne impediranno
un’ampia diffusione. Il Gruppo è impegnato anche nell’attività di ricerca sui veicoli ibridi, che potranno aiutare
nella riduzione delle emissioni di CO2 in Europa. La sfida consiste nel riuscire a sviluppare soluzioni con un rapporto costi/benefici sostenibile anche nei segmenti a più alti volumi del mercato.
2
Con quante e quali risorse portate avanti la ricerca sul settore dell'auto a metano?
Le attività di ricerca e innovazione di Fiat-Chrysler a livello mondiale sono volte allo sviluppo di soluzioni per
una mobilità sempre più sostenibile, con l’obiettivo di ridurre i consumi e le emissioni, incrementare la riciclabilità, aumentare la sicurezza dei veicoli e sviluppare nuovi modelli di mobilità.
Nel 2013 il Gruppo ha investito in R&S circa 3,4 miliardi €, pari al 4% circa dei ricavi netti delle attività industriali
e di questi investimenti una parte consistente è stata dedicata a tecnologie per la mobilità sostenibile, tra cui
il metano. Grazie a un impegno continuo nella ricerca, iniziata fin dagli anni ’80, sono stati prodotti dal 1997 a
oggi circa 600mila veicoli a metano e Fiat si è confermata per oltre 15 anni leader europeo nel campo della vetture a metano di primo impianto. Il nuovo motore TwinAir Turbo Natural Power da 80 CV, che equipaggia le
Fiat Panda, 500L e 500L Living, e la Lancia Ypsilon, è stato insignito del titolo Best Green Engine of the Year
2013, testimoniando l’impegno continuo del Gruppo Fiat nella ricerca applicata ai motori a metano.
3
Che mercato rappresenta l'auto a metano per Fiat in Italia e all'estero?
L’Italia è senz’altro il mercato principale per il metano in Europa, con più dell’80% delle vendite totali. Nonostante
una contrazione del mercato automobilistico italiano del 7% nel 2013 rispetto l’anno precedente, la domanda
di vetture a metano è cresciuta di oltre il 26%. È un dato molto significativo, considerando che le vetture a metano
dei marchi Fiat e Lancia vendute nel nostro Paese nell’anno passato hanno rappresentato il 16,5% delle vendite
totali di questi brand. In Europa, nel 2013 la leadership del Gruppo è stata riconfermata con una quota di oltre il
67%, corrispondente a più di 62.000 veicoli a metano immatricolati (un incremento del 15% rispetto al 2012).
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EIDOS  Focus story
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Tre d
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Francesco Fontana Giusti,
direttore comunicazione Renault Italia
Perché preferire oggi e in futuro l'auto elettrica a quella a metano o anche a idrogeno?
Innanzitutto ci tengo a sottolineare che l’elettrico non è sostitutivo bensì alternativo ad altre forme di mobilità. I motivi
per preferirlo possono essere vari. L’auto elettrica rappresenta la soluzione tecnologica oggi più evoluta, estremamente
efficiente dal punto di vista energetico. È attualmente l’unica soluzione accessibile con zero emissioni inquinanti in
fase di utilizzo, a differenza delle altre alimentazioni, anche quelle considerate anch’esse “alternative” come il metano
o il gpl, quindi è la più ecologica. Sottolineerei, infine, anche il risparmio nei costi di gestione: l’energia elettrica per la
ricarica ha costi sensibilmente inferiori ai carburanti tradizionali, come la benzina e il diesel; e anche le spese di manutenzione sono inferiori del 20%. Per quanto concerne l’idrogeno, per un suo sviluppo su larga scala bisognerà
aspettare ancora diversi anni sia in termini di maturazione tecnologica che di superamento di vincoli infrastrutturali.
Una cosa è certa: nei prossimi anni vedremo coesistere diverse alimentazioni, ciascuna delle quali può essere quella
più giusta e più idonea in base alle esigenze di mobilità di ogni automobilista, tutte diverse l’una dall’altra.
2
Quanto investite in ricerca per questo settore e con quali risultati sul mercato?
La mobilità elettrica significa zero emissioni inquinanti e zero rumore. Rappresenta quindi la tecnologia automobilistica oggi più sostenibile. Da questa necessaria evoluzione qualche anno fa Renault ha dato vita a un
programma per lo sviluppo della mobilità elettrica, che ci ha portato a introdurre, primi sul mercato, una gamma
completa di 4 modelli 100% elettrici: il quadriciclo Twizy, la berlina compatta ZOE, la berlina grande Fluence
Z.E. e il veicolo commerciale Kangoo Z.E. Un’offerta versatile per esigenze diverse, che traduce la visione di Renault della tecnologia elettrica non come una soluzione automobilistica di nicchia, bensì come una soluzione
da rendere fruibile al maggior numero di persone. E questo sia dal punto di vista economico con prezzi accessibili, sia dal punto di vista pratico. Un programma, quello di Renault sull’elettrico, sul quale abbiamo investito
4 miliardi di euro e che ci ha permesso di detenere sin dall’inizio la leadership del mercato europeo con più di
38.000 veicoli venduti dal lancio a oggi, di cui circa 3.000 in Italia.
3
Quali scenari possiamo attenderci in futuro in Europa?
Trattandosi di una tecnologia nuova è difficile fare previsioni, a maggior ragione se si considera lo sviluppo incerto del mercato automobilistico globale. Quello che possiamo constatare è il crescente interesse verso questa
alimentazione, spesso accompagnata da un design futuristico. Inoltre, si percepisce una sensibilità ambientale
sempre più forte, l’offerta di modelli elettrici si sta ampliando e si osserva anche un grande fermento per la mobilità alternativa come il car sharing.
Il mercato, quindi, certamente si espanderà progressivamente, ma è difficile prevedere il ritmo con il quale avrà
luogo quest’affermazione. Diversi fattori possono incidere, fra essi citerei innanzitutto i progressi tecnologici
nell’aumento dell’autonomia delle batterie, nonché la necessità di creare un’infrastruttura di ricarica sul territorio. È vero che l’autonomia dell’auto elettrica è un ostacolo soprattutto psicologico, visto che il 90% degli automobilisti percorre meno di 60 km al giorno, a fronte di un’autonomia media dei veicoli elettrici di nuova
generazione superiore a 150 km. Ma è altrettanto vero che un’infrastruttura di ricarica diffusa può giocare un
ruolo importante, ampliando il potenziale target e rassicurando gli automobilisti.
EIDOS  Focus story 19
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Andrea Carlucci, marketing strategy,
communication & lexus director Toyota Italia
1
Perché preferire l'auto a idrogeno rispetto alle altre forme di mobilità sostenibile, quali ad esempio elettrico
e metano?
Toyota considera i veicoli a celle a combustibile di idrogeno come i veicoli ecologici del futuro grazie alla loro
grande efficienza energetica (analisi WELL-TO-Wheel). L’idrogeno è un’importante risorsa per il nostro futuro,
trattandosi di un’energia ricavabile da fonti naturali quali il sole, il vento e altre ancora. Possiede inoltre una
maggiore densità energetica rispetto a quella di una batteria, ed è facilmente immagazzinabile.
Tra i meriti specifici degli FCV posso elencare la diversificazione energetica, l’azzeramento delle emissioni e una
fruibilità paragonabile a quella delle vetture convenzionali. Gli FCV dispongono del potenziale giusto per diventare i veicoli del futuro, l’ideale per una mobilità altamente sostenibile.
2
Toyota è tra le principali case a occuparsi di idrogeno per le auto. Con quali risultati fino a oggi e soprattutto
con quali prospettive nel prossimo futuro?
Toyota ha iniziato a lavorare al primo progetto sulle celle a combustibile nel 1992 e nel 2015 lancerà sul mercato
il primo veicolo alimentato a idrogeno.
Per una commercializzazione su vasta scala di un FCV (fuel cell vehicles), la cosa più importante riguarda la riduzione dei costi di produzione e, di conseguenza, del prezzo della vettura.
Abbiamo lavorato molto per ottenere sistemi più competitivi e renderli più potenti, leggeri, compatti ed economici. Il lancio sul mercato avverrà tra un anno, con il nuovo sistema che costerà il 95% in meno rispetto a
quello del precedente veicolo “Toyota FCHV-adv”.
Il sistema Fuel Cell sviluppato da Toyota ha una densità di potenza pari a 3 kW/l, più del doppio rispetto a quello
presente su Toyota FCHV-adv, e una potenza di oltre 100 kW, nonostante la riduzione delle dimensioni.
Un altro elemento fondamentale per lo sviluppo di queste vetture sarà la diffusione di un’adeguata rete di infrastrutturale rifornimento, ci aspettiamo che progressi in questo senso possano realizzarsi mediante la collaborazione tra aziende ed enti governativi.
3
Esistono in Europa difficoltà di tipo normativo per lo sviluppo di questa soluzione?
Non esistono difficoltà a livello normativo, anzi, l'Unione Europea premia e incoraggia le aziende che vogliono
investire risorse nello sviluppo delle vetture alimentate a celle a combustibile di Idrogeno.
20
EIDOS  Focus story
Stakeholder
ALTRO
CHE CINA,
PRODURRE
IN ITALIA
SI PUÒ
Il nostro know-how d’eccellenza batte i bassi costi di processo asiatici
e si rilancia nel mercato della mobilità elettrica su due ruote.
La scelta controcorrente dell’imprenditore Giorgio Giatti,
fondatore del Gruppo Termal, che vuole riportare a Bologna
la capitale del ciclo e motociclo
Silvana Pisacane
EIDOS  Stakeholder 21
Il Gruppo Termal è una realtà italiana con sede a Bologna attiva nel
settore della climatizzazione. Nel 2007 la scelta di fondare Wayel per
lanciarsi nel mercato delle bici elettriche in un momento di boom
delle vendite soprattutto in Cina. Proprio nel Paese asiatico si decide
di far produrre, presso aziende terziste, i modelli progettati e disegnati dalla casa madre in Emilia-Romagna (dopo averli testati all’Università di Bologna). Un modello di produzione, questo, già
sperimentato da altre realtà imprenditoriali in Cina, data la presenza in quegli anni di uno scenario competitivo per costo della manodopera e tasso di cambio favorevole della valuta.
Come spiega Giorgio Giatti, “a livello tecnico siamo stati i primi a introdurre in una bici elettrica la trasmissione cardanica in sostituzione di quella classica a catena, in modo da favorire l’utilizzo
quotidiano della bici elettrica senza i problemi di quella tradizionale.
Si tratta di modelli leggeri rispetto a quelli comuni in piombo perché
realizzati in alluminio idroformato e inoltre innovativi dato l’utilizzo
di piccole batterie al litio inserite nel sottosella”.
Con il passare degli anni il prodotto, il modello di business e le condizioni di mercato tendono a cambiare fino alla scelta, controcorrente, di tornare in Italia per produrre qui (nonostante il contesto
congiunturale sfavorevole per il “fare impresa”) non solo biciclette
ma anche ciclomotori elettrici appetibili per le vendite europee.
Cosa ha influito sulla scelta di lasciare la Cina?
Gli elementi sono vari, ad esempio il fatto che il mercato della bici elettrica
si sta espandendo molto in Europa e particolarmente nei Paesi del Nord,
dove c’è una cultura di riferimento molto radicata. Anche per questo tre anni
fa, insieme a uno spin-off dell’Università di Bologna, abbiamo deciso di studiare un mezzo che fosse adatto anche al Sud Europa: non una bici ma un
motorino elettrico leggero che superasse le difficoltà tipiche del settore
come l’autonomia delle batterie e la possibilità di aggredire più facilmente
i percorsi in salita al pari dei motori endotermici.
Da ciò è nato il progetto di Solingo, primo city runner a energia solare. Un ciclomotore dotato di un pannello fotovoltaico incorporato che tiene continuamente in carica una batteria d’emergenza, superando l’eventuale problema
di rimanere senza carica nelle batterie principali. Inoltre, si possono scegliere
diverse taglie di accumuli fino al massimo di 115 km di autonomia. Il ciclomotore è dotato di un doppio motore (uno sulla ruota anteriore e uno sulla ruota
posteriore) e di un sistema “buster” con cui è in grado di affrontare salite del
12%, cosa fino a ora preclusa ai mezzi di questo tipo. Un progetto che ha portato alla decisione di tornare in Italia per la produzione di questo così come
dei modelli di bici elettrica fatti in Cina, nell’ottica di realizzare il tutto in un
nuovo insediamento produttivo a Bologna particolarmente innovativo.
Uno stabilimento innovativo in che termini?
Sarà un edificio Zed (zero energy building), nel rispetto della normativa eu22
EIDOS  Stakeholder
ropea che imporrà dal 2020 la realizzazione di tali fabbricati solo con questa
caratteristica. Non solo, noi genereremo con le fonti rinnovabili l’energia
equivalente necessaria al fabbisogno di climatizzazione estiva - invernale
dello stabile e anche alla produzione dei nostri mezzi.
I lavori di costruzione sono stati già avviati e termineranno entro un anno e
mezzo. Una volta ultimata, la struttura avrà una capacità produttiva di
35mila mezzi l’anno (il 4 - 5% della domanda europea), ma abbiamo comunque deciso di avviare la produzione già da quest’anno utilizzando un piccolo
stabilimento a Borgo Panigale, pensando di immettere i primi mezzi sul mercato a luglio.
La scelta di venire in Italia è comunque dipesa anche da altri fattori. Si consideri che in questi anni la Cina ha perso la convenienza che aveva nel 2007
poiché i costi della manodopera intellettuale e manageriale sono simili a
quelli italiani. La manodopera di produzione e assemblaggio, inoltre, resta
competitiva ma in decrescita, visto che il governo cinese ha stabilito incrementi importanti dei costi nell’ordine del 20% per riportare un’equiparazione sociale nel Paese. Non solo, anche la moneta locale si è rivalutata di
anno in anno rispetto a dollaro ed euro perdendo la sua competitività. Dunque, lo scenario è cambiato.
La perdita di competitività della Cina porterà a nuove migrazioni dell’industria con opportunità nuove di collocazione che anche l’Italia dovrà cogliere.
Dal punto di vista ambientale la situazione in quel Paese è molto grave. Per
molte volte in un anno i trasporti in città grandi come Shangai o Pechino si
fermano totalmente per intere giornate, dato il superamento non tollerabile
dei livelli di inquinamento. Nell’ultima occasione in cui il nostro team è stato
a Shangai era stato superato di sei volte il limite minimo consentito di PM2,5,
particolato che si assume anche attraverso i pori della pelle e non solo per
respirazione. Essere fabbrica del mondo non è più sostenibile per la Cina.
Anche se inferiore resta comunque un gap nei costi di produzione tra Cina
e Italia.
Abbiamo innanzitutto pensato di coprire parte di questo problema con una
forte spinta sull’automazione. Realizzeremo uno stabilimento che prevede
a regime 24 persone in catena di produzione. In secondo luogo c’è un vantaggio logistico di vicinanza al mercato di sbocco, risparmiando quindi in
trasporto, e anche un bilancio energetico favorevole. Va inoltre considerato
che la zona di Bologna è stata capitale mondiale del ciclo e del motociclo
per almeno trent’anni dal secondo dopoguerra, con una localizzazione di
38 diversi produttori. Noi abbiamo intenzione di riattivare questo DNA che
vede nella componentistica di qualità un vantaggio nel produrre qui e non
all’estero. Altro elemento importante è la ricerca, confidando di poter avere
nell’Università un grande bacino di risorse preparate da inserire.
Prima di delocalizzare in Italia avete pensato all’Est Europa?
Oggi, probabilmente, le condizioni nei Paesi dell’Est sono anche migliori di
quelle che si possono trovare in Cina. Il vantaggio rispetto all’Italia c’è per
quanto riguarda la stretta produzione, ma il fatto di poter avere qui questo
rapporto con il mondo della ricerca, volendo mettere sul mercato prodotti
altamente innovativi, cambia la prospettiva.
EIDOS  Stakeholder 23
SMART GRID
INTERNATIONAL
FORUM
dalla rete alla casa intelligente
14 aprile 2014
Centro congressi Fontana di Trevi - Roma
24
EIDOS
LA SMART CITY C’È
MA NON SI VEDE
Obiettivo della terza edizione del Forum è il confronto tra le soluzioni di rete in un’ottica
di sistema integrato e interscambiabile, illustrando la città intelligente nella sua interezza
Agnese Cecchini
Parliamo di smart city già da diversi anni, vengono premiate le realtà più innovative, ma il cittadino, cliente finale del processo, e gli stakeholder coinvolti ne vedono
sempre poca di città intelligente. Forse è il processo di
lavoro che non è stato lineare e condiviso, ma tutte le rivoluzioni culturali sono così, si insediano lentamente,
avviano attività diverse, cominciando in molti casi dalla
fine. Pensiamo alle auto elettriche, qualcosa di estremamente futuristico che cambia in un sol colpo le abitudini
del cittadino, la rete di infrastruttura di ricarica, la tecnologia, il modello di uso di un mezzo... Insomma, una
implementazione di difficile e lunga attuazione ma certamente la più immediata sotto il profilo mediatico nel
catturare interesse.
Ora che il primo scoglio della diffusione è stato superato
e che la rivoluzione di pensiero smart è avviata eccoci
tornati a parlare di più di telecontrollo, internet delle
cose, illuminazione crepuscolare; tutte quelle fasi tipiche
dell'innovazione tecnologica di una città intelligente che
implementa e migliora un servizio esistente, fa meno rumore, ma avanza a passi importanti verso la meta.
Concertarsi sulla smart city che c'è e che, implementa-
zione dopo implementazione, cresce naturalmente intorno a noi è forse il più grande processo di innovazione
culturale che possiamo aspettarci e anche l'unico in
grado di pensare a come innovare davvero (penso al
waste, alle utility multimeter, all’intelligenza nella viabilità e tanto altro ancora...). Un sistema che sta rispondendo in modo sempre più efficace alle questioni
tecnologiche fondanti: architettura, interoperabilità e sicurezza.
Siamo pronti per gettare quelle che saranno le basi per
una rivoluzione tecnologica da cui non si tornerà più indietro, stiamo solo affinando le ultime mosse. Questa è
la smart city di cui vogliamo parlare, per cui il passo strategico necessario è una corretta diffusione del modello
di approccio e delle ottimizzazioni possibili: dalla generazione alla rete, dalla trasmissione alla distribuzione,
dalla logistica all’integrazione dei servizi, dall'efficienza
all'intelligenza negli edifici e nelle singole abitazioni.
Tiriamo una linea, vediamo quanto è stato fatto e iniziamo a organizzare un processo culturale e tecnologico
dall'alto al basso della filiera, vi aspettiamo a Smart Grid
International Forum.
EIDOS  Speciale eventi GIE 25
BANCHE, GLI INVESTIMENTI
NELLA RIQUALIFICAZIONE
ENERGETICA DEGLI EDIFICI
Giorgio Recanati, senior research analyst ABI Lab
Il settore del building costituisce una parte rilevante dei
consumi di energia in Italia. Di conseguenza gli interventi di riqualificazione energetica degli immobili, soprattutto quelli pubblici, costituiscono un’importante
opportunità di riduzione degli sprechi e quindi di risparmio economico, oltre a essere sempre più urgenti per lo
stato di vetustà. Infatti, più della metà del costruito italiano risale a prima della legge 373/76. In particolare il
70% è realizzato nel secondo dopoguerra e, oltre a questo, risulta che il 22% è in mediocre o pessimo stato di
conservazione, mentre solo il 2% del totale può essere
inserito in classi energetiche virtuose, cioè pari o superiori alla C (“Rapporto SAIENERGIA” di Cresme Enea).
Tuttavia, nonostante le potenzialità di miglioramento,
esistono diverse barriere all’adozione di tecnologie per
l’efficientamento. Gli elevati investimenti iniziali necessari e una difficoltà di accesso agli incentivi scoraggiano
spesso le decisioni dei piccoli consumatori (residenziale,
uffici). Nel 2013, al fine di indagare il comportamento
delle banche in merito al tema del finanziamento all’efficienza energetica, è stata realizzata la rilevazione ABI ABI Lab sul ruolo delle banche nello sviluppo degli investimenti green. L’indagine ha mostrato che il 56%
delle banche che compongono il campione ha a disposizione prodotti specifici per favorire il finanziamento
degli interventi di incremento di efficienza energetica.
Tra i prodotti di finanziamento proposti dalle banche in
questo settore si segnalano principalmente quelli inerenti la riqualificazione energetica degli immobili, come
mostrato nella figura 1.
26
EIDOS  Speciale eventi GIE
In merito agli edifici della Pubblica Amministrazione,
l’importanza di trovare soluzioni per favorire interventi
di riqualificazione energetica sull’esistente risiede nel
potenziale risparmio energetico conseguibile. A tal riguardo, secondo quanto riportato nella pubblicazione
“Green Economy - Per uscire dalle due crisi” del 2012, è
stato stimato un potenziale risparmio energetico complessivo al 2020 pari a circa 1Mtep, equivalente cioè
alla riduzione del 33% dei consumi attuali degli edifici
considerati. Tale percentuale è stata calcolata ipotizzando
interventi su 11.000 uffici pubblici (circa l’80% del totale),
su 30.000 edifici scolastici (il 57% del totale) e su 70.000
“social housing”. Per la P. A. l’impossibilità di accedere a
sistemi di detrazione fiscali e le difficoltà di autofinanziamento richiederebbero un ampio ricorso al modello
delle Energy Service COmpanies (ESCO). Tale modello,
tuttavia, si scontra con differenti criticità che di fatto
rendono il suo impiego ancora non particolarmente
diffuso. Nella rilevazione ABI-ABI Lab è stato chiesto
alle banche quali elementi potrebbero favorire l’attività
di finanziamento delle ESCO. Al riguardo, la costituzione
di fondi di garanzia potrebbe contribuire a superare la
criticità derivante dalla loro sottocapitalizzazione. Ulteriori
elementi che potrebbero favorire positivamente lo sviluppo del comparto potrebbero essere rappresentati
da fondi rotativi a supporto della riqualificazione energetica degli edifici o sistemi di incentivazione specifici.
Infine, dai lavori dell’Osservatorio Banche e Green Economy, coordinato da ABI e ABI Lab, sono emerse alcune
proposte presentate alle istituzioni competenti, che po-
Figura 1: predisposizione di prodotti per il finanziamento di progetti di efficienza energetica (fonte: ABI - ABI Lab, Il Ruolo delle banche nello sviluppo degli investimenti
green, 2013, 9 rispondenti).
trebbero semplificare il finanziamento di interventi di
efficienza energetica:
• Utilizzo dei sistemi incentivanti come strumento di
Garanzia per il finanziamento degli interventi di
efficienza energetica. Come ulteriore strumento di
garanzia, oltre alla creazione di specifici fondi,
potrebbero essere previsti proprio i sistemi
incentivanti, come in passato avvenuto per il Conto
Energia nel fotovoltaico e come recentemente
introdotto dal Gse nelle nuove regole applicative
del Conto Termico.
• Incentivazione dell’edilizia sostenibile. Stimolare
l’acquisto di immobili ad alto risparmio energetico
tramite agevolazioni fiscali e per le Pmi, incentivare
la realizzazione di immobili ad alte prestazioni
energetiche (classi A e B) ovvero operazioni di
ristrutturazione completa degli immobili a
performance di classe energetica almeno pari a D.
• Realizzazione di studi su contrattualistica evoluta
per interventi presso la P. A. Studiare sistemi di
contrattualistica evoluta che, nel caso di
finanziamento tramite terzi per interventi per la
Pubblica Amministrazione, consideri il ruolo di tutti
i soggetti coinvolti: la ESCO, il soggetto finanziatore
e il soggetto beneficiario. L’opportuna
contrattualistica potrebbe garantire le banche nei
confronti di alcuni problemi come la continuità
dell’attività interessata dall’intervento.
• Standardizzazione degli interventi di Efficienza
Energetica. Un’azione di studio e ricerca volta ad
approfondire i parametri significativi dei principali
interventi di efficienza energetica, permetterebbe
alle banche di affrontare con maggiore serenità il
gap tecnico. Su questa linea sembra muoversi
anche il lavoro avviato da alcune associazioni
imprenditoriali.
• Contesto regolamentare. Prevedere programmi
pluriennali in grado di dare stabilità al quadro
operativo di riferimento e certezze agli imprenditori
che devono assumere decisioni di investimento.
In sintesi, è possibile affermare che con l’utilizzo efficiente di strumenti di garanzia, come fondi e sistemi incentivanti e l’impiego di strumenti contrattuali che
permettano di garantire i flussi di cassa attesi, le banche
saranno sempre più stimolate a intervenire nel settore
della green economy e in particolare in quello dell’efficienza energetica.
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EIDOS  Speciale eventi GIE 27
CITTÀ INTELLIGENTE?
MEGLIO SE LOGICA
L’esperienza di Lucca per la realizzazione di un sistema di logistica sostenibile
Stefan Guerra, Logical Town Association
Giorgio Ambrosino, MemEx
Parte da Lucca, ma la sua vocazione europea è chiara e
già contenuta nel nome. Si chiama Logical Town® - International Association for Smart Eco City Logistics for
small and middle sized Historic Towns and Cities - ed è
l’associazione senza fini di lucro che nasce per promuovere e diffondere la cultura e lo scambio di buone pratiche e conoscenze a livello locale, nazionale ed europeo
sul tema della logistica urbana sostenibile. Il fine dichiarato è di attivare nuove esperienze di razionalizzazione
della distribuzione delle merci in area urbana che contribuiscano a ottimizzare i processi della mobilità complessiva, in particolare per i centri di piccole e medie
dimensioni.
In sintesi, un vero e proprio network all’interno del quale
cercare, studiare, confrontare e ispirare modelli e azioni
diversificate a seconda del contesto, ma tutte mosse
dallo stesso principio: migliorare la qualità della vita e
rendere più efficienti e vivibili le città, riducendo l’inquinamento, limitando il più possibile lo spreco di energia
e, di conseguenza, rispettando l’ambiente.
testimonianze chiuse in se stesse. Ecco che Logical Town,
invece, va proprio nella direzione opposta e ha il merito
di aver creato un luogo, virtuale, grazie al sito internet –
www.logicaltown.eu – e fisico, attraverso le cospicue
corrispondenze, i workshop europei, le conferenze e i
convegni internazionali, dove fotografare l’esistente, fare
un punto generale della situazione e consentire il dialogo virtuoso fra amministrazioni, esperti, tecnici e studiosi.
Una grande rete dove chi si sta affacciando al tema delle
smart city può informarsi, approfondire e mettersi in
contatto con gli attori di esperienze già consolidate; e
dove chi, nel tempo, ha costruito una buona base, dando
vita a centri di sapere altamente specializzati e attenti ai
cambiamenti urbanistici, sociologici e ambientali delle
città in cui operano, può stringere partnership e collaborazioni, utili anche per la partecipazione a progetti
europei, migliorare le proprie conoscenze e diffondere
un sapere prezioso, una vera cultura europea della logistica urbana sostenibile ed ecologica.
Punti di forza
Piccole città, grandi problemi
Bastano queste poche righe per percepire i punti di forza
e d’innovazione dell’associazione, che segna una sorta
di rivoluzione di pensiero nel settore. Di esperienze volte
allo studio di una logistica urbana sostenibile ce ne sono
tante in Europa, alcune anche particolarmente riuscite,
tutte però con il limite, e il rischio, di rimanere storie e
Un altro punto di forza di Logical Town è rappresentato
dai suoi interlocutori: le città di piccole e medie dimensioni, la maggior parte in Europa (il 72 per cento degli
europei vive in città con meno di 200mila abitanti),
quelle che per anni sono rimaste estranee a studi e finanziamenti sul tema della mobilità (a vantaggio di ca-
28
EIDOS
pitali e grandi città europee come Barcellona, Berlino,
Londra, Stoccolma, Parigi, ecc.) e che invece oggi ci dicono molto sullo stato di salute dei nostri Paesi e del nostro vivere quotidiano.
I ritardi, causati per lo più dalla carenza di risorse economiche hanno avuto ripercussioni notevoli, rendendo difficile un effettivo adeguamento di tali città alle
innovazioni nel campo della logistica urbana sostenibile,
non permettendo loro di adottare o aggiornare gli strumenti di pianificazione esistenti, nell’ottica di migliorare
la sostenibilità dei trasporti in ambito urbano. Inoltre,
queste città presentano limitazioni aggiuntive relative
al loro specifico tessuto sociale, territoriale ed economico, come ad esempio la difficoltà nella mobilità, l’ambiente costruito, spesso fragile, e i consistenti flussi di
distribuzione delle merci (in particolare per le città a vocazione turistica). Basti pensare che in una cittadina di
100/150mila abitanti, con circa duemila punti vendita e
una superficie d’intervento di 10 km quadrati, il trasporto merci ogni anno è responsabile della produzione
di 3.500 tonnellate di anidride carbonica, 150 chilogrammi di particolato PM10, 1.140 chilogrammi di ossidi
di azoto e, per concludere, di 2.200.000 chilowattora
consumati (pari al consumo di oltre 810 nuclei familiari).
È pertanto sempre più forte l’esigenza di sviluppare misure che presentino potenzialità di migliorare l’efficienza
energetica e la sostenibilità delle operazioni di logistica
urbana.
Quando e cosa
Logical Town nasce alla fine del 2012, nel contesto del
progetto europeo Enclose (www.enclose.eu), finanziato
dal programma comunitario “Energia Intelligente per
l’Europa” e sviluppato da alcuni soci fondatori dell’associazione stessa, come la società toscana MemEx. Progetto, di cui Lucca è tra le città pilota, assieme a
Trodheim (Norvegia) e s’Hertogenbosch (Olanda), che
mira a dimostrare e verificare la fattibilità di soluzioni
eco-sostenibili per la logistica urbana in diverse città storiche di piccole e medie dimensioni, con il fine di ridurre
significativamente il consumo energetico e stimolare
una maggiore consapevolezza da parte degli operatori
del settore e degli stakeholder locali per quanto riguarda
la distribuzione delle merci in ambito urbano. Nel giro
di pochi mesi l’associazione è diventata un centro di formazione, informazione e sperimentazione permanente,
confermando così la volontà di diventare punto di per
le città Europee. E questo grazie anche all’organizzazione
della prima Conferenza internazionale di Logical Town,
che si è tenuta a Lucca nel dicembre scorso e che ha
visto confrontarsi sul tema esperti, ideatori di esperienze
vincenti, rappresentanti istituzionali.
In quell’occasione, tra l’altro, il sindaco di Lucca ha consegnato il Logical Town Award 2013 a Burgos, la città
spagnola che spicca in Europa per la capacità di aver sviluppato il suo centro storico in accordo con i servizi di
logistica, coinvolgendo soggetti locali, piccoli imprenEIDOS 29
ditori e associazioni di cittadini. Logical Town ha sede
presso Lucense, società pubblico-privata che opera nei
settori della ricerca industriale, dello sviluppo sperimentale e del trasferimento tecnologico, nell’area del Polo
Tecnologico Lucchese. Realtà presieduta dal sindaco di
Lucca, Alessandro Tambellini, che si propone di aggregare, entro la fine del 2014, almeno altre quaranta città
europee con esperienza nel settore o interessate ad avviare piani e progetti sul tema.
Le modalità di azione sono diversificate: innanzitutto la
partecipazione a progetti di ricerca e a reti di collaborazione con soggetti pubblici e privati a livello nazionale
ed europeo, garantisce a Logical Town una visione privilegiata e d’insieme, tale da riconoscerle una certa autorevolezza nella condivisione e diffusione di buone
pratiche e soluzioni innovative, anche attraverso programmi di formazione e aggiornamento professionale,
nell’organizzazione e gestione di riunioni, convegni, visite tecniche e, infine, nella stesura di progetti. Anche in
sinergia con la pubblica amministrazione, spesso supportandola, a partire dai comuni, con i quali l’associazione lavora per predisporre i piani per la logistica
urbana e per la mobilità sostenibile.
Perché Logical Town? Il caso Luccaport
La distribuzione delle merci nelle aree urbane è, insieme
30
EIDOS
al traffico privato, una delle principali fonti di consumo
energetico, di emissioni di gas nocivi e di aumento dei livelli di rumore, ed è la causa di molti effetti negativi sulla
vita e la qualità ambientale delle nostre città. Logical
Town nasce proprio in forza di queste convinzioni, come
naturale evoluzione e messa a sistema di un impegno
crescente che, dal 2003, ha visto il comune di Lucca intraprendere un percorso sul tema della logistica urbana
sostenibile, posizionandolo oggi come uno dei principali
punti di riferimento per le buone pratiche nel settore.
L’esempio più tangibile di questo sviluppo è rappresentato senza dubbio da Luccaport (www.luccaport.it),
l’agenzia di trasporti e servizi logistici eco-sostenibili, il
centro di raccolta e distribuzione merci per la città di
Lucca. Divisione operativa di Metro S.r.l., società partecipata al 100 per cento dal comune di Lucca, Luccaport,
caso pilota in Italia e uno dei casi pilota in Europa, prende
le mosse fin dal 2003, grazie alla partecipazione a diversi
e importanti progetti europei: Merope, poi tra gli altri,
Life CEDM, cofinanziato dalla Commissione europea, Luslin e Love Lucca, cofinanziati dal Ministero dell’Ambiente, fino al progetto Enclose.
Oggi in città transitano mezzi elettrici che contribuiscono
a migliorare notevolmente la qualità dell’ambiente urbano, i servizi effettuati da questi mezzi si rivelano utili
per i commercianti, gli albergatori, gli operatori dei mer-
cati e il servizio funziona anche in senso contrario (logistica inversa). In altre parole non solo dalla periferia alla
città, ma anche dal centro storico verso l’esterno. Inoltre,
mediante una migliore efficienza dei carichi di trasporto
(il che significa che i veicoli viaggiano sempre al massimo
della loro portata) viene sensibilmente ridotto il numero
di viaggi giornalieri e pertanto il numero dei veicoli merci
circolanti nel centro storico, a beneficio di chi transita a
piedi o in bici. Tuttavia, nonostante i passi avanti e la crescente diffusione dei servizi sul mercato, Luccaport ha
ancora grande potenzialità di crescita e l’obiettivo è
quello di indire a breve una gara per l’affidamento del
servizio accrescendone così l’efficienza, l’operatività e la
capacità di investimento.
Logical Town nel futuro
Ricerca, innovazione tecnologica e sviluppo di sistemi di
trasporto pubblico e privato devono diventare sempre
più parte della cultura delle comunità. Questa è la convinzione profonda che muove l’associazione internazionale: infatti, solo comprendendone a fondo l’impatto sul
quotidiano sarà possibile raggiungere risultati importanti
per una conversione ecologica dell’intera economia di
settore. Per procedere in tal senso, Logical Town ha già
definito un’agenda fitta di impegni e scadenze per l’anno
in corso. Oltre all’attività di networking e comunicazione
con i principali progetti e stakeholder in Europa e di indagine sullo stato dell’arte, i mesi a venire saranno caratterizzati anche dalla diffusione e organizzazione di
workshop di livello internazionale specifici per le tematiche e le problematiche connesse alla logistica urbana.
Il primo, in ordine di tempo, è quello di Växjö, la città svedese considerata la più sostenibile d’Europa, realizzato
in collaborazione con diversi centri di ricerca scandinavi,
con le università e con l’associazione nazionale dei comuni della Svezia e con la partecipazione di numerose
città e dell’Agenzia europea per l’ambiente. Prima della
fine dell’anno si terrà inoltre la Conferenza internazionale
di Logical Town con la consegna del Logical Town Award,
giunto alla sua seconda edizione.
Infine, allargare la cerchia. Logical Town lo farà con una
vera e propria campagna di sensibilizzazione “porta a
porta” rivolta, intanto, a quaranta soggetti tra amministrazioni pubbliche, imprese produttrici di veicoli ecologici, operatori del trasporto, produttori di soluzioni
tecnologiche per l’ottimizzazione delle operazione logistiche, utility, centri di competenza, organismi di ricerca
ed università. Guardando l’esistente, il futuro fa ben sperare: in meno di un anno, infatti, l’associazione ha già totalizzato una raffica di proposte di adesione e almeno
una trentina di città europee sono interessate a fare rete
e a creare delle sinergie con Lucca.
Su qemag.it
Smart City,
quando i cittadini
vanno più veloci
delle amministrazioni
EIDOS 31
DARE SUPPORTO
ECONOMICO
ALLE IDEE
L’intervista a Simona Rossotti, a. d. di Olos Srl
ed euro-progettista, sul rapporto delle
imprese italiane e della pubblica
amministrazione con fondi europei e
opportunità di sviluppo
La Redazione
È recente la notizia di un rapporto della Commissione
Europea che vede l’Italia agli ultimi posti in Europa per
capacità di innovare, sia nel campo della ricerca
universitaria sia nel campo dell’impresa,
particolarmente per le Pmi. Quali sono a suo parere le
maggiori difficoltà che ci portano a questa condizione?
Evito di parlare di burocrazia eccessiva, è un tema noto
ai più, che fatica a trovare soluzioni efficaci. Esiste un
punto di debolezza generale dato dall’assenza di programmazione sia nel settore pubblico sia nel privato. Migliorare questo aspetto significherebbe trovare risposte
ai bisogni attraverso una gestione sostenibile del tempo
e delle risorse. Tradotto nel concreto significa: piani industriali monitorati per le imprese e programmi operativi realizzati nelle P. A. La formazione ha un ruolo
importante in tal senso: consente di comprendere come
trasformare i processi per renderli efficaci realmente.
In tema di innovazione, così come in tanti altri settori
chiave per lo sviluppo nazionale, molte speranze sono
riposte nei fondi disponibili grazie al programma
europeo Horizon 2020 e ai fondi strutturali 2014-2020.
Considerata la tradizionale incapacità Italiana di
captare e impegnare fondi europei dobbiamo credere
che anche in questo caso saranno speranze vane?
È indispensabile un’inversione di marcia. Serve una
nuova alleanza data dal partenariato fra il pubblico e il
privato per fare fronte alle necessità italiane, utilizzando
32
EIDOS
le straordinarie opportunità messe a disposizione dall’Europa. Stiamo parlando di mille miliardi di euro gestiti
direttamente dalla Commissione Europea attraverso le
Direzioni generali e di 325 miliardi di euro gestiti dai territori dei Paesi membri.
L’Italia a giugno inizia il suo semestre “da protagonista”
e più di sempre ha l’opportunità di indirizzare e coordinare delle scelte. Per fare il salto di qualità servono informazioni e formazioni efficaci per accompagnare i
processi di crescita e consapevolezza delle imprese e
degli enti locali italiani verso l’identità europea.
Dal canto nostro, Olos Europa guida le imprese e gli enti
locali nell’accesso ai fondi europei, ministeriali e regionali, con europrogettisti che trattano le opportunità di
finanziamento relative alla programmazione europea diretta e indiretta.
Abbiamo costruito una banca dati in cui, giornalmente,
sono inseriti bandi e appalti pubblicati a livello europeo,
ministeriale e regionale. Realizziamo un prodotto d’informazione personalizzato in cui raccoglie la selezione
delle specifiche opportunità cui accedere per finanziare
la propria idea progettuale.
Inoltre Olos Europa realizza corsi di euroformazione per
le imprese e per gli enti locali, applica una metodologia
formativa innovativa e personalizza la formazione sulla
base dei bisogni del cliente. Si occupa dell’assistenza
tecnica per l’analisi e lo sviluppo delle idee progettuali,
la preparazione della candidatura, il finanziamento e la
gestione del progetto. Segue i clienti nell’intera filiera
della progettazione: scrittura, coordinamento, gestione
e rendicontazione. Gestisce la comunicazione e la disseminazione dei risultati raggiunti e la valutazione e il monitoraggio delle attività realizzate.
Lei ha avuto ampie esperienze di amministrazione
locale ed è sindaco di Perlo (CN). Come si coniuga la
necessità degli enti locali di avvalersi di competenze
esterne per accedere a fondi e opportunità con la
congiuntura economica difficile e i lacci del Patto di
stabilità?
Per volontariato sono da dieci anni sindaco in un piccolo
Comune che non è soggetto a Patto di stabilità. Per
quanto concerne gli enti locali è indispensabile una riforma che riordini gli enti per competenze e li renda
operativi e monitorati come avviene in altri Paesi europei. Il maggiore passo in avanti va però mosso dal punto
di vista culturale: l’Italia deve decidere quale modello di
governo del territorio vuole realizzare per rispondere
alle esigenze di noi cittadini, che a nostra volta abbiamo
il compito di muovere passi di civiltà, rispetto e collaborazione, ricordandoci sempre che l’amministrazione
pubblica siamo noi, ognuno di noi.
rapporto tra persona e veicolo nell’organizzazione aziendale. Le principali fasi orientate al miglioramento della
gestione sono: analisi delle competenze alla guida; monitoraggio del lavoro di team; esame dei mezzi; ottimizzazione dell’utilizzo dei veicoli; analisi e ottimizzazione
dei percorsi; monitoraggio dei veicoli; gestione dei costi
di manutenzione e assicurativi. Per fare acquisire alla
persona maggiore consapevolezza alla guida e migliorare l’utilizzo del veicolo per ridurre lo stress, guidare in
maniera più sicura e a ridotto impatto ambientale supportiamo la gestione delle flotte con la “Guida sostenibile”: metodologia formativa sviluppata da Olos secondo
le indicazioni e le regole previste della Commissione Europea. Fra i principali vantaggi la riduzione delle emissioni di CO2, la diminuzione dell’incidentalità e il risparmio economico.
Su qemag.it
Europa,
ecco i fondi
per l’efficienza
Comportamenti che voi comprendete attraverso
l’operato nella mobilità sostenibile?
Operiamo nella “gestione delle flotte” che si focalizza sul
EIDOS 33
IL FUTURO TECNOLOGICO
PASSA PER LE NUOVE
“MINIERE URBANE”
Brevetto Enea sul processo idrometallurgico per il recupero di materiali strategici
La Redazione
Le schede elettroniche dei computer sono le miniere del
futuro: da esse, come da tutti i rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE), si possono infatti ricavare materie prime preziose per tutte le economie avanzate, come oro, argento,
stagno e piombo, metalli di alto valore intrinseco e strategico. L’Enea ha quindi sviluppato una metodologia chimica per il loro recupero e depositato la domanda di
brevetto: “Processo idrometallurgico per il recupero di
materiali da schede elettroniche”.
Questi rifiuti, che oltre tutto sono classificati come pericolosi dalla vigente normativa, rappresentano una valida opportunità di crescita sostenibile per l'Europa e in
particolare per il nostro Paese, che non dispone di ingenti risorse minerarie, poiché contengono molti elementi della tavola periodica e, tra questi, alcuni
individuati come critici dalla Commissione europea, in
quanto provenienti quasi esclusivamente da Paesi extra
UE (soprattutto asiatici), dai quali quindi dipendiamo.
I computer dismessi, così come giochi elettronici, telefoni cellulari, batterie al litio, pannelli fotovoltaici, pos34
EIDOS
sono quindi essere visti come delle vere e proprie “miniere urbane” dalle quali attingere per ricavare risorse di
primaria importanza strategica, perché fondamentali
per la produzione di molte apparecchiature tipiche delle
economie avanzate e in alcuni casi indispensabili per le
risorse energetiche alternative.
Il processo, brevettato da un gruppo di ricerca dell'Unità
Tecnica Tecnologie Ambientali diretta da Roberto Morabito, si prospetta dunque come una valida proposta di intervento sia dal punto di vista ambientale che economico.
Come riportato in Tabella 1, da una tonnellata di schede
è possibile ottenere materie prime per un valore di circa
6.500 euro, in base ai dati di mercato dei metalli e alla
quantità dei materiali recuperabili da questi rifiuti.
“La metodologia utilizza tecniche idrometallurgiche, ovvero in soluzione - spiega Danilo Fontana, ricercatore senior del laboratorio che ha finalizzato la ricerca - e può
essere condotta a temperature prossime a quella ambiente, implicando riduzione dei costi ed emissioni in atmosfera limitate, se confrontate con quelle dovute
Tabella 1. Valore ottenuto su schede prive di CPU (è stato dimostrato che con le CPU è possibile recuperare complessivamente tra 240 e 280 grammi di oro)
Valore potenziale di 1 tonnellata di schede elettroniche
Materiale
Quantità recuperabile
per tonnellata di schede
(fonte: ENEA)
Prezzo di mercato
(fonte:metalprices.com,
Febbraio 2014)
Valore potenziale
Cu
260 kg
5.30€/kg
1385 €
PbSO4
40 Kg (~ 29 kg Pb)
1.55€/kg (Pb)
45 €
Sn
33 kg
16.70€/kg
550€
Au
140 ga
30.00€/g
4207 €
Ag
0.66 kg
474 €/kg
313 €
Totale 6500 €
Figura 1
EIDOS 35
Figura 2
all'impiego della pirometallurgia come approccio al trattamento di questo tipo di rifiuti”.
Il processo offre anche altri vantaggi come:
• possibilità di trattare le schede elettroniche intere,
evitando triturazioni e macinazioni;
• recupero di oro e stagno al primo step del processo;
• possibilità di ottenere i prodotti con purezza e
tipologia variabile in base alle necessità;
• possibilità di essere utilizzato in piccoli impianti, con
conseguente accettabilità sociale; e impatto
ambientale limitato rispetto ai più diffusi impianti
pirometallurgici;
• flessibilità di esercizio.
Di potenziale interesse per le imprese coinvolte nella
raccolta e nel trattamento dei RAEE, eventualmente interessate alla realizzazione di impianti per il recupero di
materiali a elevato valore aggiunto, il processo è attualmente stato verificato in laboratorio e su scala pre-industriale. Sta per essere messo alla prova su un impianto
36
EIDOS
pilota in costruzione presso il centro Enea Casaccia.
Tale impianto è progettato a isole di sperimentazione,
in modo da poter essere utilizzato anche per lo sviluppo
e l’ottimizzazione di tecnologie di trattamento di altri
prodotti a fine vita (lampade a fluorescenza esauste, monitor Lcd, etc). Si prospetta, dunque, come banco di
prova ideale per lo sviluppo dei processi di recupero dei
metalli d’interesse strategico.
Su qemag.it
La ricerca europea
nella depurazione
LE REGOLE DELLA SMART GRID
Il Consiglio dei Regolatori Ue fa il punto sulla situazione. L’analisi del documento Ceer con il
commento di Samuele Larzeni dell’Autorità per l’Energia
Claudia De Amicis
38
EIDOS
“Una smart grid è un sistema elettrico che può integrare,
in maniera efficiente sotto il profilo dei costi, il comportamento e le azioni di tutti gli utenti connessi a esso generatori, consumatori e ‘prosumer’ - al fine di assicurare efficienza economica, sistemi sostenibili di potenza
con poche perdite e alti livelli di qualità e certezza delle
forniture e sicurezza”.
Parte (doverosamente) dalla definizione di smart grid la
seconda edizione del rapporto del Consiglio dei regolatori energetici (Ceer) “Status Review of Regulatory Approaches to Enabling Smart Grids Solutions” (SR 2013)
che, attraverso l’analisi di un questionario inviato alle
Autorità nazionali di regolamentazione, cerca di fotografare lo stato della regolazione europea in materia. Il
documento rappresenta un aggiornamento dello Status
Review pubblicato nel 2011 e si propone di raccogliere
e analizzare le informazioni relative agli approcci normativi e alla diffusione delle reti intelligenti nei Paesi
membri. I principali temi individuati vanno dalla definizione delle “sfide” regolatorie (ma anche commerciali)
collegate allo sviluppo delle smart grid, ai piani per lo
sviluppo delle reti intelligenti; dal sostegno per lo sviluppo di soluzioni innovative per le reti elettriche, all’analisi costi-benefici, fino all’individuazione di
potenziali indicatori di performance.
Il Work Programme per il 2013 stabilito dal Consiglio
stesso prevedeva la realizzazione di uno “Status Review”
interamente dedicato alle smart grid: “In futuro - scrive
il Ceer - i sistemi di distribuzione intelligenti diventeranno sempre più importanti. Pertanto, il Consiglio analizzerà gli attuali modelli nazionali di smart grid. In
particolare, verranno affrontati gli aspetti tecnologici
che rendono le reti elettriche più convenienti”.
Lo Status Review del 2011 e il Position Paper del 2010
individuano 3 priorità per i regolatori: concentrarsi sui
risultati dell’attività regolatoria attraverso la creazione
di meccanismi ‘’su misura’’; favorire la cooperazione tra
le parti interessate, con particolare attenzione alla standardizzazione anche al fine di individuare i possibili ostacoli allo sviluppo delle smart grid; favorire un adeguato
livello di innovazione, mantenendo la priorità sulla tutela dei consumatori attraverso l’individuazione di costi
e benefici relativi alle tecnologie intelligenti.
Non solo rete. Una definizione unitaria
La definizione con cui si apre lo SR 2013 è la stessa pubblicata per la prima volta dal Ceer nel 2009, tecnologicamente neutrale e focalizzata su quello che le reti
intelligenti sono in grado di fornire.
Come spiega Samuele Larzeni dell’Unità Regolazioni caratteristiche e innovative dell’Autorità per l’Energia: “Anche
se i vari regolatori utilizzano definizioni diverse tra di loro
nello svolgimento delle loro attività tutti concordano sulla
definizione data a suo tempo e ripresa dal documento che,
tra l’altro, è anche quella adottata dalla Commissione Ue”.
Quando si parla di smart grid “è opportuno operare un
distinguo di partenza tra tutto ciò che riguarda i nuovi
investimenti e le nuove installazioni di apparecchiature,
da un lato, e tutto quello che è ‘immateriale’ (interfaccia
commerciale, mercato, etc), dall’altro. La smart grid è la
tecnologia abilitante, una rete elettrica che dà, in ultima
istanza, la possibilità di creare nuovi mercati. Allo stesso
tempo, la rete intelligente non può essere ridotta a
un’unica apparecchiatura; mi riferisco allo smart meter,
la cui presenza non rappresenta una condizione necessaria né sufficiente affinché una rete possa essere definita ‘intelligente’ a livello europeo. È solo una delle
tecnologie che rendono la rete smart e innovativa, ma
alcuni contesti nazionali potrebbero ritenere prioritario
avere controlli e protezioni di rete performanti”.
D’altra parte, l’esistenza di una definizione unitaria chiara
è fondamentale in un quadro così variegato come quello
europeo, soprattutto nel caso dell’analisi costi-benefici
dove è necessario per la comparabilità delle risposte (ed
evitare la confusione, ad esempio, tra l’implementazione
delle smart grid con progetti relativi ai soli smart meter).
Le sfide per i Regolatori
Più che una fotografia, l’immagine riportata dallo SR
2013 è un mosaico di esperienze e priorità assai diverse
tra Paese e Paese. Dall’analisi delle risposte fornite
emerge che, a livello europeo, le preoccupazioni maggiormente condivise riguardano il coinvolgimento degli
stakeholder lato domanda, l’incentivazione di risposte
demand side, il superamento delle barriere normative,
la creazione di strumenti normativi per facilitare lo sviluppo delle smart grid.
“La varietà di approcci regolatori - spiega Larzeni - è figlia delle grandi differenze che esistono tra i vari Stati
nei sistemi di distribuzione elettrica (più coinvolti rispetto alla trasmissione) sia a livello di rete sia degli di
impatti che le tecnologie intelligenti stanno avendo. In
alcuni casi, ad esempio in Germania o in Italia, le sfide
regolatorie nascono dalla necessità di affrontare problematiche legate a una penetrazione già massiccia delle
fonti rinnovabili sulle reti di distribuzione”.
Secondo il documento, nel 79% dei Paesi intervistati esistono strumenti di regolazione a sostegno dello sviEIDOS 39
luppo delle reti intelligenti, mentre indicatori di perfomance sono già in uso nel 63% del panel. Altri strumenti
implementati, ma in misura minore, riguardano la regolamentazione della fornitura di informazioni, gli oneri e
le licenze. Nella maggior parte dei Paesi (76%), conclude
il Ceer, sarà necessario adeguare gli strumenti regolatori
a supporto del settore. Nonostante questa considerazione, lo studio stesso rileva che il 61% degli intervistati
ritiene di avere già un quadro che consenta la diffusione
delle smart grid, in particolare per quanto riguarda gli
incentivi agli investimenti e gli indicatori di perfomance.
“Probabilmente la sfida più importante - prosegue Larzeni - riguarda il coinvolgimento dei consumatori, la cui
partecipazione è resa possibile proprio dalla nuova intelligenza della rete- nel nuovo ruolo di soggetti attivi.
Un altro aspetto fondamentale su cui il documento si
sofferma riguarda la definizione di ruoli e compiti, ma
soprattutto delimitare i confini delle attività regolate”.
In questo contesto si tenta anche di capire a chi spetterà
il compito di promuovere lo sviluppo delle smart grid. Il
Ceer una risposta prova a darla stabilendo ruoli e priorità
dei vari attori coinvolti: nella maggioranza dei Paesi
(84%) la partita è condotta dai DSO (distribution system
operator) che “giocano un ruolo primario per lo sviluppo
delle reti intelligenti”. A seguire ci sono le Autorità di regolazione (44%), i TSO (operatori di trasmissione, 40%),
ma anche i fornitori di energia (venditori, aggregatori,
esco), i fornitori di tecnologia e i Governi (56%).
“A muovere la smart grid non è un singolo soggetto chiarisce Larzeni - ma un approccio sistemico che coinvolge tutti gli interessati e li obbliga a lavorare in sinergia
affinché vengano superate tutte le barriere regolatorie
e non solo”.
Sostenere lo sviluppo: progetti pilota,
innovazione e incentivi
La diffusione su larga scala di nuove tecnologie non può
che passare per la fase dimostrativa dei progetti pilota.
Sono 19 (su 22 rispondenti all’indagine Ceer) gli Stati europei che al momento hanno dei “dimostratori” in corso,
14 in più rispetto allo SR 2011.
Tra le principali problematiche relative alla realizzazione
di questi progetti c’è il nodo legato ai finanziamenti. La
risposta, nella maggior parte dei casi, è venuta da un mix
di fonti di sostegno pubblico-privato provenienti da
stanziamenti comunitari o investimenti da parte delle
utility: ad esempio in Italia - come anche in Francia, Austria e Finlandia - il mix è composto da oneri di rete e finanziamenti pubblici, nazionali ed europei.
40
EIDOS
In questo contesto, ai regolatori è affidato il compito di
monitorare i progressi dei progetti dimostrativi e, in alcuni casi (vedi l’Italia) il Regolatore ha stabilito i criteri di
accesso agli incentivi e ha gestito le procedure di selezione di questi progetti, seguendone la realizzazione e
curando la disseminazione dei risultati. Sul sito dell’Autorità italiana sono infatti disponibili i rapporti tecnici
dei progetti pilota selezionati e i materiali della giornata
tecnica di disseminazione svolta alla fine del 2013.
Nel 63% dei Paesi, gli incentivi impiegati per lo sviluppo
delle smart grid non sono stati creati ad hoc, ma derivano da stanziamenti generalizzati. Anche in questo
caso, il quadro risulta piuttosto frammentato: ad esempio, in Austria esistono incentivi per la riduzione dei costi
nell’ambito della normativa che impone alle aziende un
miglioramento dell’efficienza, in Belgio gli incentivi non
hanno ancora una precisa definizione mentre a Cipro
non sono nemmeno in vigore.
Costi e benefici della rete intelligente
Sebbene rispetto al 2011 sia aumentato il numero dei
Paesi che ha condotto un’analisi costi-benefici (CBA),
passando da 4 a 9, restano ancora 14 Nazioni in cui la
CBA non è stata intrapresa. Anche in questo caso permangono molte differenze: pur non essendo stata realizzata una CBA a livello nazionale, in Austria i soggetti
che presentano progetti per la richiesta di autorizzazioni
o incentivi hanno l’obbligo di dimostrare effetti e impatti
del progetto in questione sulla società; in Belgio, invece,
questo tipo di analisi viene condotta a livello locale mentre nella Repubblica Ceca la discussione in merito è ancora aperta. Svizzera, Lituania e Lussemburgo, infine,
hanno avviato analisi solo relativamente agli smart
meter.
In generale, nella maggior parte dei casi la CBA è stata
condotta per individuare i benefici associati allo sviluppo delle smart grid rispetto a uno scenario “business
as usual” mentre in Francia, Italia e Paesi Bassi l’analisi si
è concentrata solo sui progetti pilota.
Un aspetto rilevante rispetto alla valutazione dei progetti, e più in generale all’implementazione delle ‘reti intelligenti’, riguarda la definizione degli indicatori di
performance.
“Rispetto ai 34 indicatori individuati nel 2010 - secondo
Samuele Larzeni - il report ne ha selezionati 9 andando
a intercettare quelli che rappresentano un maggiore beneficio per la società. Ovviamente si tratta di valori che
devono poter essere misurati in maniera accurata e oggettiva e ‘technology neutral’, in rispetto all’approccio
europeo. Inoltre, devono poter essere in qualche modo
influenzati dall’attività del distributore”.
In particolare, questi sono:
• la capacità di accogliere l’energia provenienti dalle
fonti di generazione distribuita;
• la massima potenza iniettabile nel sistema senza
rischi di congestione sulle reti di trasmissione;
• l’energia non ritirata dalla fonti rinnovabili a causa di
rischio di congestione o per garantire la sicurezza
del sistema;
• il grado di soddisfazione degli utenti per i servizi di
rete ricevuti;
• il livello delle perdite nelle reti di distribuzione e di
trasmissione;
• la reale disponibilità di capacità di rete rispetto al
suo valore standard;
• il rapporto tra la capacità di interconnessione di un
Paese/Regione e la propria domanda;
lo
• sfruttamento della capacità di interconnessione;
• i tempi di rilascio delle licenze o delle autorizzazioni
delle nuove infrastrutture di trasmissione;
42
EIDOS
Difficile per ora capire se questi indicatori rimarranno “in
carica” anche in futuro.
“Per l’Italia si tratta di una realtà tutta da costruire sulla
base dei ragionamenti che sono stati (e che saranno)
fatti in ambito europeo e dei risultati che avremo a valle
dei progetti pilota. Un ruolo importante - conclude Larzeni - lo avranno anche le consultazioni che faremo con
gli operatori a partire dal 2015 per il nuovo periodo regolatorio. È difficile al momento stabilire quali siano gli
elementi più importanti, perché manca ancora tutta una
serie di dati che ci consentiranno di individuare gli indicatori più utili in funzione della regolazione tariffaria e
della qualità che verrà implementata”.
“Le opinioni formulate da Samuele Larzeni sono espresse
a titolo personale e non coinvolgono né impegnano in
alcun modo l’istituzione di appartenenza”.
DA NIZZA NUOVE
RETI PER NUOVI
BUSINESS
I test nel distretto solare francese
nell’intervista a Patrick Plas, senior vice
president Alstom Grid
Agnese Cecchini
Secondo l’Agenzia europea dell’energia, come condiviso
da diversi report di settore, le sfide energetiche che
l’umanità si troverà a gestire saranno sostanzialmente
quattro: crescita del consumo elettrico, integrazione nel
Quali sono le sfide maggiori che vi siete trovati a
fronteggiare in questa prova sul campo?
In questa occasione possiamo testare almeno due sfide:
l’integrazione delle rinnovabili in un sistema complesso
di rete e stoccaggio; il coinvolgimento diretto e in prima
persona degli utenti finali nelle tematiche di efficienza
e di gestione dei consumi.
sistema della generazione da rinnovabili, coinvolgimento degli utenti finali verso un novo approccio all’uso
dell’energia e aumento del suo prezzo.
Questioni chiare per Alstom Grid, che le pone al centro
della strategia con cui l’azienda approccia il mercato. Ne
parliamo con Patrick Plas, senior vice president Alstom
Grid; società partner del progetto Nizza Smart City, iniziativa GRID4EU capitanata da Erdf, con la partecipazione di Edf, Saft e Rte. Nel distretto solare francese è in
corso il test su un network smart, verificando sul campo
il rapporto tra grid e rinnovabili, tra alta e media tensione e anche la gestione dell’intelligenza del sistema e
dell’interazione con le persone.
44
EIDOS
La microgrid normalmente non è molto amata dalle
compagnie di distribuzione e voi avete come partner
in questo progetto proprio la società di distribuzione
francese Erdf. Siete riusciti a far collimare una
soluzione di gestione degli scompensi tra le reti o Erdf
ha comunque deciso di collaborare, affrontando
quella che per molte società del settore è una vera e
propria nemesi?
In effetti il tema della microgrid suscita sentimenti controversi rispetto le società di distribuzione, ma riteniamo che la tematica vada vista secondo due aspetti:
la tipica resistenza al cambiamento da vincere; le effettive difficoltà tecniche di un cambio di prospettiva dato
dalla rete.
Tali tematiche sono all’ordine del giorno nei nostri dialoghi con Erdf. Dalla nostra esperienza quello che possiamo dire è che il distributore normalmente teme la
microgrid in quanto possibile alternativa alla sua funzione, poiché pensa che i clienti possano arrivare a staccarsi totalmente dalla rete ed eliminare il suo ruolo di
gestore.
Rendendoci conto di questi timori spetta a noi, come
portatori della tecnologia e del progresso, sia proporre
le soluzioni ottimali alla gestione della rete sia proporre, capire e dare indicazioni su potenzialità e sviluppi di nuovi modelli di business. Riteniamo infatti
che proprio la semplificazione tecnologica della gestione di rete possa rappresentare un’opportunità in
tal senso per la distribuzione e in questa sede stiamo
anche proponendo e testando tali disponibilità insieme al distributore.
Avete raggiunto delle soluzioni possibili?
Un primo modello di business che stiamo proponendo
considera il cambiamento del parametro di retribuzione
del contratto elettrico. Mi spiego meglio: invece di far
pagare l’utente a consumo, posso pensare di richiedere
un forfettario mensile per la gestione della rete, come
accade oggi con la maggior parte dei contratti di telefonia mobile. Il business sarà assicurare la connessione,
la qualità e la fruizione dei servizi e gestire nel modo più
efficiente possibile la rete, micro o standard che sia, così
il cambiamento spingerà il sistema a essere più efficiente e a risparmiare kWh.
In questo contesto ci troviamo di fronte a un cambiamento tecnologico che non possiamo impedire e non
ha senso rallentare, la sfida è collettiva e riguarda noi, i
gestori di rete, i distruttori e indubbiamente l’aspetto regolatorio. Sicuramente è un lavoro da portare avanti in
modo sinergico tra tutti gli attori coinvolti, solo così possiamo pensare di effettuare le scelte più adatte.
Crede che il mercato unico dell’energia europeo, ormai
prossimo, avrà un ruolo di semplificatore di tale
processo ?
Attualmente ci sono già interscambi di elettricità tra
Paesi della Comunità europea e il mercato unico andrà
solo ad aumentare questi scambi. Non credo che potrà
dare un significativo contributo allo sviluppo di questa
realtà, in quanto riguarderà essenzialmente il livello
di trasmissione mentre la microgrid tocca più il modello di distribuzione. Certo, meglio gestisco la distribuzione locale meno devo passere per la rete
nazionale e internazionale; quindi, forse, il mercato
unico permetterà di evidenziare il funzionamento
della ottimizzazione locale.
EIDOS 45
SEU: IL PASSO
AVANTI VERSO
IL FUTURO
Con i Sistemi efficienti di utenza si apre una
nuova stagione per il fotovoltaico italiano,
basata su innovazione tecnologica e nuovi
modelli di business da adottare nel mercato
post-incentivi. Un cambiamento rivolto al
terziario e alla piccola industria che richiede
però un nuovo approccio al “prosumer”.
L’intervista a Luca Zingale, direttore scientifico
di “Solarexpo - The Innovation Cloud”
(Fiera Milano, dal 7 al 9 maggio)
Silvana Pisacane
Sono i Sistemi efficienti di utenza (Seu) il passo avanti
verso un futuro nel quale non sarà la leva degli incentivi
a garantire lo sviluppo dell’energia rinnovabile e sostenibile del sole.
Grazie all’innovazione tecnologica integrata e allo sviluppo regolatorio assicurato dall’Autorità per l’Energia,
diventa praticabile una nuova strada per fare fotovoltaico: quella di vendere l'energia producendola direttamente sul tetto del cliente grazie ai Seu; sistemi
alimentati da rinnovabili o da cogenerazione ad alto
rendimento, con potenza fino a 20 MWe, gestiti da un
solo produttore, che può essere anche diverso dal
cliente finale, realizzati all’interno di un’area di proprietà
o nella piena disponibilità del cliente stesso.
46
EIDOS
Il modello di business
L’energia, essendo prodotta e consumata all’interno del
Seu e quindi esente dagli oneri della rete di trasmissione-distribuzione e dagli oneri generali di sistema, è
garantita al cliente con tariffe inferiori rispetto a quella
prelevata dalla rete pubblica, permettendo anche al produttore di venderla a un prezzo superiore a quello del
mercato elettrico. Si rende così possibile, in un’ampia varietà di situazioni, fare fotovoltaico non incentivato, ossia
in grid parity.
Ampio il dibattito sul tema già da tempo. Lo scorso 24
febbraio a Milano, ad esempio, nel corso del seminario
Anie-Gifi dal titolo “Sistemi Semplici di Produzione e
Consumo”, il presidente Emilio Cremona ha spiegato:
“L’applicazione dei Seu rappresenta una grande opportunità che permetterà a molte aziende di pagare meno
l’energia elettrica, rendendole più competitive. Autoconsumo e generazione distribuita potranno trovare finalmente il loro dovuto sviluppo a beneficio del sistema
elettrico, abilitando allo stesso tempo l’ammodernamento della rete”.
Dello stesso avviso Luca Zingale, direttore scientifico di
“Solarexpo - The Innovation Cloud”: “Il fotovoltaico in autoconsumo e questi nuovi modelli di business hanno un
notevole potenziale, specie in un mercato con buona radiazione solare e alti costi dell’elettricità, come quello
italiano”.
Quali, dunque, gli utilizzatori finali di questa soluzione?
Quelli con un profilo temporale di consumo che coincida
il più possibile con la produzione dell’impianto fotovoltaico, come ad esempio centri commerciali e supermercati, che consumano molta elettricità nel corso delle ore
diurne. Ma anche molte aziende industriali non necessariamente “energivore” secondo la definizione classica,
ma per le quali l’elettricità è una voce importante dei
costi di produzione, quindi della loro competitività complessiva.
L’integrazione tecnologica
La diffusione dei Seu comporta la realizzazione di impianti adattati alle varie situazioni di produzione/consumo e integrati con varie tecnologie abilitanti “energy
smart”: pompe di calore per la climatizzazione, illuminazione efficiente, sistemi di building automation, ricarica per veicoli elettrici, sistemi di accumulo
dell’elettricità autoprodotta.
“Tecnologie che sono il cuore della nostra esposizione
che si terrà a maggio”, aggiunge Luca Zingale. “Questo
nuovo modo di fare fotovoltaico realizza appieno il conEIDOS 47
cetto di ‘Innovation Cloud’, la ‘nuvola’ della generazione
distribuita e delle applicazioni energetiche innovative
tra loro integrate”.
Quale sarà il rapporto tra il solare e le altre tecnologie
energy smart?
Nel fotovoltaico in grid parity diventa ancora più importante massimizzare l’autoconsumo. È chiaro come con
la fine del conto energia il rapporto tra FV e altre tecnologie energy smart sia sempre più stretto. Installare un
impianto ora non può più prescindere da un intervento
organico sui consumi: si tratta di gestirli in modo da coprirne la maggior parte possibile con la produzione del
solare. In quest’ottica è quasi indispensabile interagire
con altre tecnologie, come ad esempio le pompe di calore, che spostano i consumi per il riscaldamento dal gas
all’elettricità, le colonnine di ricarica per mezzi elettrici,
i piani cottura a induzione, gli inverter intelligenti e, ovviamente, i sistemi di accumulo. Da questo punto di vista
diventano molto interessanti anche i sistemi di domotica, capaci di coordinare tra loro le diverse tecnologie e
di gestire i consumi elettrici ottimizzandoli per aderire
al profilo di produzione del FV: un mercato che dovrebbe esplodere nei prossimi anni.
Molto si gioca sulle possibilità aperte dall’integrazione
dei sistemi di storage?
Nel massimizzare l’autoconsumo, ma anche per altri
compiti (come permettere alle rinnovabili di fornire servizi di rete), i sistemi di energy storage e in particolare
gli accumuli elettrochimici avranno un ruolo fondamentale. Sono la tecnologia abilitante per un vero e proprio
cambio di paradigma, in base al quale il “produttoreconsumatore” di energia, detto appunto “prosumer”, sarà
al centro del nuovo sistema elettrico basato su sistemi
distribuiti, intelligenti e flessibili.
Con la diffusione del FV e gli alti costi retail dell’elettricità
48
EIDOS
che abbiamo, l’Italia è un mercato ideale per lo storage
domestico. Il mercato delle batterie, quantificato in Italia
in 132 milioni di euro nel 2012, salirà a oltre 4,2 miliardi
di euro nel giro di 6 anni, di cui circa l’85% per impieghi
on-grid, la metà circa diffusi nel residenziale. La normativa in questo ultimo anno si è sbloccata, dovrebbe essere completata a breve e gli operatori si stanno
preparando: saranno diverse le novità di prodotto che
si potranno vedere a Solarexpo-The Innovation Cloud a
maggio.
A livello residenziale quali tecnologie potranno
favorire l’autoconsumo da fotovoltaico?
Le tecnologie che possono entrare in gioco nel massimizzare l’autoconsumo sono molte. Alcune hanno già
ottimi tempi di rientro dell’investimento, per altre, come
gli accumuli, i prezzi sono ancora alti. Nella prima categoria metterei le pompe di calore, che attualmente accedono agli incentivi del conto termico o, in alternativa,
alla detrazione fiscale del 65% per l’efficienza energetica, che scenderà al 50% dal 2015.
A seconda della tecnologia e della zona climatica, un impianto per una villetta monofamiliare, da 10 kWt, con un
costo compreso tra 7 e 11mila euro, si ripaga tra i 5 e i
10 anni. A questo si aggiunga che da luglio, grazie alla
nuova tariffa elettrica dedicata (D1), installare una
pompa di calore sarà ancora più conveniente, migliorando il bilancio dell’utente di diverse centinaia di euro
l’anno, a seconda dei consumi. Per gli accumuli il discorso è diverso: abbinare una batteria ad un impianto
FV da 3 kW è ancora relativamente costoso; per un accumulo da 5,5 kWh dovremmo aggiungere al costo dell’impianto oltre 7mila euro. Usufruendo della detrazione
fiscale del 50%, già con i prezzi attuali, si hanno tempi
di ritorno comunque accettabili, tra 9 e 11 anni. Il vero
boom dello storage si avrà nei prossimi anni.
COMBUSTIBILI SINTETICI:
IMITIAMO LA NATURA
Ivonne Carpinelli
Replicare il processo di fotosintesi clorofilliana per produrre
combustibili sintetici. Progetto troppo futuristico? No, secondo Gabriele Centi, professore della Facoltà di Scienze
matematiche e fisiche naturali dell’Università di Messina.
“Vogliamo ripetere su scala sintetica il processo fotosintetico e, adoperando l’acqua e l’anidride carbonica, produrre combustibili in presenza di luce solare”, spiega
Centi. “Questi carburanti alternativi, pienamente equivalenti a quelli attualmente distribuiti, avranno molteplici impieghi, dalla mobilità elettrica all’uso domestico.
Inoltre,i combustibili ‘di base’ inizialmente ottenuti saranno ulteriormente convertiti per produrne di più elaborati da adoperare in numerosi altri ambiti”.
Anche questa volta la ricerca risponde alla chiamata del
Paese: “Oggi esistono forti condizionamenti da parte dei
pochi produttori e distributori di energia. In Italia il
prezzo dell’energia è maggiore del 30% rispetto ad altri
Stati europei a causa di una serie di imposizioni e problemi legati al sistema distributivo e all’assenza di competitività”, afferma il professore, che continua: “Si è
creata, infatti, una condizione di monopolio che ha aggravato ulteriormente le carenze della rete distributiva.
L’obiettivo, quindi, è svincolarsi da questa privativa e ricreare un contesto più egualitario in senso energetico.
50
EIDOS
Per farlo bisognerà anche sensibilizzare i cittadini, facendo loro capire che sarà possibile produrre combustibili liquidi anche senza l’allaccio alla rete”.
Un sistema più democratico, quindi, quello prospettato
da Centi: “Dall’applicazione dei nostri studi nasceranno
impianti di accumulo capaci di sostituire quelli attualmente adoperati per i combustibili fossili liquidi, che incidono negativamente sull’ambientale. I nostri sistemi
di storage potranno essere utilizzati sia in grandi comparti industriali sia nelle abitazioni. Questa vuole diventare una forma di produzione alternativa al geotermico
e/o al fotovoltaico, favorendo l’utente e - forse - sfavorendo le grandi aziende”.
Purtroppo, però, “mentre altri Paesi europei accolgono
positivamente i piani energetici che hanno scadenze a
lungo termine (come la Germania che stanzia importanti investimenti per la ricerca), in Italia questo non avviene a causa degli ingenti ostacoli burocratici e della
distanza che intercorre tra le istituzioni e le università.
In Italia non bisognerebbe parlare di crisi, ma far capire
alle istituzioni che da questa si esce investendo nella ricerca. Stimolare l’innovazione, quindi, per accrescere la
competitività dello Stato e aumentare la visibilità della
ricerca per raggiungere anche i comuni che, pur firma-
tari del Patto di stabilità, ancora non prestano attenzione
al nostro operato”.
Per uscire dall’attuale situazione di impasse bisogna “iniziare a percorrere questo lungo cammino e attingere dai
fondi a disposizione. Il prossimo passo consiste nel
creare un network scientifico per collaborare sia con le
industrie e le università del Paese, sia con l’estero; magari
con la Germania dove queste tematiche dominano il panorama della ricerca”.
“Stiamo lavorando per superare le difficoltà tecniche e
rendere questa tecnologia più economica e accessibile.
Come per il fotovoltaico, fino a 10 anni fa adottato da
pochi e considerato una fonte energetica troppo costosa, sarà possibile abbassare i costi del dispositivo e
favorirne la diffusione anche su larga scala, magari supportati da un adeguato sistema di incentivi. Continueremo, quindi, su questa strada per far uscire il progetto
dalle mura del laboratorio e sensibilizzare i cittadini.
Molte aziende, per contro, risultano già interessate alle
applicazioni della nostra ricerca, che potrebbe aiutarle
nella partecipazione ai bandi di Horizon 2020. Tra pochi
anni ultimeremo i primi prototipi”.
Molteplici sono le possibili applicazioni della ricerca: “Il
processo che studiamo è di tipo fotoelettrocatalitico:
grazie alla componente foto è possibile trasformare
l’energia solare in energia utilizzabile, mentre con la
componente di catalisi si possono realizzare prodotti di
uso più generale nell’ambito chimico”.
Un progetto, questo, che rompe le barriere del laboratorio per straripare nella sfera sociale: “La tecnologia e
la scienza hanno il compito di servire la collettività per
riuscire a migliorarla. Questo dovrebbe essere l’obiettivo
di ogni studio e di ogni ricerca. In questo senso continueremo a lavorare per una società svincolata dagli interessi politici e maggiormente democratica”. Parola di
Gabriele Centi.
Su qemag.it
L’energia delle stelle
non è più così lontana
EIDOS 51
sostenibilità
innovazione
ambiente
tecnologia
pimby
cultura
nimby
infrastrutture
solidarietà
società
povertà energetica
Da quest’anno l’ultima sezione di EIDOS (così come di CH4 - la rivista italiana del gas) interpreta la
volontà di dare giusta dignità a quelle iniziative ambientali, culturali, sociali e di divulgazione
scientifica per le quali i player del mondo smart city e smart grid hanno saputo distinguersi.
Sarà questa l’occasione, ad esempio, di dare risalto a: realizzazione di opere infrastrutturali abilitanti
e strategiche capaci di integrarsi con l’ambiente in un’ottica di compatibilità, salvaguardia e
sostenibilità; iniziative di dialogo tra gli attori coinvolti nel mondo “smart” e la società civile, in modo
da diffondere una maggiore cultura su questi fenomeni, favorendone la condivisione e l’accettabilità,
anche in contrasto a fenomeni come la sindrome Nimby (not in my back yard); progetti di lotta alla
povertà energetica e di utilizzo della tecnologia e dell’innovazione nella risoluzione di specifiche
problematiche sociali.
52
EIDOS  Sostenibilità, solidarietà e società
TRASFORMARE
LA SABBIA IN ENERGIA
Storia di un ingegnere siciliano che vuole mutare il deserto in una grande risorsa
Claudia De Amicis
“Il progetto ha le potenzialità per trasformare il deserto
in oro’’. Così la commissione esaminatrice ha commentato l’iniziativa di Davide Garufi, ingegnere siciliano nato
a Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina, assegnandogli il premio “NRGbattle Europe”; competizione nella
quale si valutano le idee innovative su uso, produzione
e gestione dell’energia.
Insieme a Davide altri quattro giovani nel team vincitore:
gli indiani Gautham Ram, ingegnere elettrico di 23 anni;
Ankit Agarwal, ingegnere aerospaziale di 23 anni; Bedashrita Chattoraj, laureanda in Management of Technology; oltre all’olandese Koen Hermans, 24 anni,
ingegnere specializzato in sustainable energy technologies.
Il progetto premiato, spiegano i responsabili, “consiste
nella conversione di elettricità e calore dai picchi di produzione provenienti dalle fattorie eoliche off-shore e da
tutte le rinnovabili on-shore allacciate alla rete elettrica.
Tale eccesso di elettricità dalle rinnovabili può essere
usato per convertire la sabbia in silicio elementare, che,
a sua volta, può essere ‘bruciato’ come il carbone per generare l’energia necessaria a produrre il cosiddetto ‘baseload power’, ossia la quantità minima di energia che
un’azienda elettrica deve garantire ai propri clienti”.
Il tutto con evidenti vantaggi poiché, “nonostante il silicio abbia proprietà chimiche molto simili al carbonio, a
differenza di quest’ultimo non produce CO2 durante il
processo di combustione”.
Garufi, dopo avere studiato Ingegneria Edile e Architettura
all’Università di Catania, ha preso parte a un programma
post laurea chiamato ‘’Smart Energy Buildings & Cities’’
con base a Eindhoven, in Olanda. A margine della pre-
miazione ha dichiarato: “Sono molto contento di questo
premio che è la testimonianza di come i giovani siano i
veri protagonisti del cambiamento energetico del domani.
Collaborare con studenti e professionisti internazionali
in gruppi eterogenei ha rappresentato un’occasione di
crescita enorme. Il mondo intero si relaziona ogni giorno
con il controverso uso e l’eccesso di anidride carbonica,
noi proponiamo una rivoluzione nel campo dell’energia,
un cambio radicale: dall’era della carbon economy a
quella della silicon economy’’.
Esistevano già degli approcci di questo tipo?
Esistevano degli studi in Germania su questi processi
e sul ciclo, noi abbiamo adattato questi principi alla situazione della sovra generazione da rinnovabili. I parchi di Fer, ad esempio quelli eolici off-shore, generano
a volte un eccesso di produzione che occasionalmente
portano addirittura al distacco momentaneo dalla rete
elettrica, buttando via l’energia in eccesso. La nostra
idea sta nel non disperdere ma utilizzare quest’energia.
La sabbia è il bene non utilizzato più abbondante al
mondo, una risorsa da cui si possono generare molti
prodotti, ad esempio nella farmaceutica o per il vetro.
Inoltre, bruciando il silicio non si genera CO2 ma SiO2,
cioè silice, utilizzabile per molti prodotti come i pannelli fotovoltaici.
Il ciclo avrà una sua sostenibilità economica oltre che
ambientale?
A livello teorico funziona. A livello pratico spero di avere
a breve delle risposte da alcuni sponsor per portare
avanti la ricerca, in modo da fare applicazioni pratiche e
EIDOS  Sostenibilità, solidarietà e società 53
sperimentazione. Abbiamo contatti con varie aziende
tra cui una italiana in Piemonte.
Quali sono i Paesi dove si potrà applicare questa
soluzione?
Basti pensare al fatto che ci sono tanti progetti nel deserto nordafricano, anche solo teorici, che vogliono nel
futuro installare concentratori solari. Li ci sarà molta
energia disponibile per questo processo. Iniziative sono
presenti anche in Sud America, dove i fondali marini non
sono troppo profondi e si pensa, dunque, di sviluppare
l’eolico off-shore.
In generale il progetto è applicabile ovunque perché si
possono utilizzare tanti tipi di sabbia da diversi tipi di
terreni. L’applicazione è data in tutti quei Paesi che vogliono fare un uso intensivo di rinnovabili, magari senza
il bisogno di puntare su batterie per l’accumulo che implicano l’utilizzo di acidi.
Accesso all’energia per i rifugiati siriani:
un aiuto tecnologico dall’Olanda
L’accesso alla luce e all’energia è un fattore fondamentale in Siria, dove si
stima che circa 7 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa della guerra civile. Solease, una start up olandese, ha
così collaborato per rifornire di dispositivi solari tascabili i campi dei rifugiati con il supporto di Climate-KIC (iniziativa europea di partenariato
pubblico-privato per lo sviluppo di sistemi e tecnologie innovative a favore della sostenibilità).
I kit in questione, sulla base di una tecnologia prodotta da una seconda
compagnia olandese, la WakaWaka, sono di dimensioni ridotte e permettono di avere luce e ricarica per i cellulari negli accampamenti. Solease
ha fornito 50 dispositivi ai rifugiati, che possono essere utilizzati da cinque
persone per ogni singolo kit.
Dal canto suo WakaWaka, invece, ha lanciato una campagna con la quale
ha donato ai rifugiati siriani un kit per ognuno di questi sistemi venduto
ai propri clienti, collaborando con l’International Rescue Committee e la
Dutch Refugee Organisation. In questo modo sono stati distribuiti 25.000
dispositivi solari per una copertura di 250mila rifugiati.
54
EIDOS  Sostenibilità, solidarietà e società
I RIFIUTI
MESSI
A SISTEMA
Un nuovo meccanismo produttivo tra
valorizzazione delle risorse ambientali
ed etica della responsabilità sociale
Ing. Francesco Antonio Fagà
Arch. Nicola Tucci
A causa delle pesanti emergenze ambientali che in questi ultimi tempi hanno interessato le nostre comunità
(dissesto idrogeologico diffuso, “terra dei fuochi”, emergenze rifiuti, etc) sale oggi dal territorio una forte domanda per la sua corretta gestione; un tema che occorre
affrontare contemporaneamente alla forte crisi economica che attanaglia il mondo occidentale e nella consapevolezza che non solo il territorio è una risorsa limitata
e irriproducibile, ma lo sono anche le materie prime che
quotidianamente utilizziamo.
Rispetto a tale contesto, nei nuovi sistemi di gestione
dei rifiuti in ambito locale appare opportuno un approccio integrato che, in maniera dinamica e competitiva, sia
capace di superare le criticità che oggi si presentano:
• disponibilità di risorse economico-finanziarie limitate
nella Pubblica Amministrazione e nelle imprese;
• minore disponibilità di suolo;
• sistemi ambientali locali già al limite del collasso.
Su questo tema l’integrazione tra P. A., imprese, mondo
della ricerca e società civile, tutti concentrati verso il ragEIDOS  Sostenibilità, solidarietà e società 55
Grafico: quadro delle Responsabilità sociali nel Sistema “Argentalia©”
Componente
del Sistema
PPAA
Imprese di gestione
Imprese del sistema produttivo locale
Mondo della ricerca
Società Civile, associazionismo e parrocchie
Cittadino e/o gruppi di cittadini
Sistema creditizio etico
Comportamento
di Responsabilità sociale
Avviare il sistema e garantirne la corretta
gestione nella sua sostenibilità finanziaria,
economica e ambientale.
Stimolare imprese e singoli cittadini a
comportamenti “socialmente responsabili”
Abbattimento costi di investimento e di
gestione del proprio sistema di trattamento
degli RSU.
Aumento delle proprie disponibilità finanziarie
per sostenere le politiche di intervento sul
territorio
Partecipare all’investimento per la realizzazione
del sistema.Indirizzare, in maniera misurabile,
parte dei propri utili alla gestione complessiva
del sistema ed alla Ricerca.
Avviare politiche aziendali di premialità atte a
stimolare il ruolo attivo dei propri lavoratori e il
senso di appartenenza e partecipazione a un
progetto socialmente responsabile
Aumento complessivo dei propri utili.
Aumento dell’immagine positiva come impresa
“socialmente responsabile”.
Linea preferenziale per la realizzazione e/o
gestione di interventi della PPAA sul territorio
locale.
Utilizzare energie e materie prime seconde
prodotte dal sistema.
Partecipare a progetti di responsabilità sociale.
Minor costo di energie e di materie prime che
vengono utilizzate nei propri processi
produttivi.
Sostenere l’innovazione tecnologica e
gestionale del sistema
Risorse finanziarie per la Ricerca e
pubblicazioni.
Incrementare, attraverso specifici progetti, con
il volontariato, la capacità di impatto positivo
delle politiche di salvaguardia dell’ambiente e
della sicurezza del territorio.
Partecipare a progetti di rete mettendo a
disposizione specifiche competenze.
Crescita della qualità sociale, tecnica e
operativa delle attività del volontariato
Comportamenti eticamente ed
ecologicamente attivi e compatibili per il
funzionamento del sistema
Premi individuali, concreti, in beni, servizi e
benefit.
Sostenere la realizzazione e la gestione del
sistema con strumenti finanziari a tassi “etici”
Incremento del mercato creditizio locale
attraverso la gestione dei flussi finanziari interni
al sistema.
giungimento della creazione di sistemi sostenibili, sia
economicamente sia ecologicamente, sembra essere
l’unica via percorribile. Consapevoli che ciascuna delle
componenti ha un suo ruolo e una sua storica missione,
bisogna trovare nel gioco di squadra l’amalgama attraverso una nuova componente delle relative missioni: la
responsabilità sociale.
Bisogna ribaltare la logica per cui oggi la questione rifiuti
si presenta come un problema, proiettando i nuovi sistemi locali di gestione verso la visione di moderni sistemi produttivi ecosostenibili, capaci di dare risposte
all’economia, al territorio e all’ambiente, ma anche ai singoli cittadini.
In questo spirito etico si muove il metodo “Argentalia©”,
elaborato dal Centro Studi D.E.I. - Desarrollo Etico Internacional - che prefigura sistemi locali di gestione dei rifiuti composti dall’integrazione di:
56
EIDOS  Sostenibilità, solidarietà e società
Vantaggio per il componente
del sistema
a. messa a sistema di nuove tecnologie impiantistiche
per il trattamento e la valorizzazione dei rifiuti per la
produzione di materia ed energia;
b. sistemi e tecniche gestionali di ottimizzazione della
raccolta differenziata;
c. tecniche di localizzazione e di supporto alle decisioni delle P. A.;
d. ottimizzazione dei sistemi gestionali, di regolamentazione e fiscalizzazione delle P. A.;
e. premialità collettive e individuali;
f. aumento della competitività del sistema produttivo
locale;
g. minimizzazione delle quantità di RSU avviati a discarica (abbattimento fino al 94%);
h. eliminazione/abbattimento delle emissioni contaminanti;
i. auto-riproducibilità del sistema.
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