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Sommario
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Uilcom per un futuro necessario
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Politiche Organizzative
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Politiche del Lavoro
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Filiera della Carta Stampata
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Settore Radio Televisivo
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Produzione Culturale
40
Settore Telecomunicazioni
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Pari opportunità e Politiche di Genere
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Agenda Digitale
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Prospettive e Positività dell’Arbitrato in materia di Lavoro Privato
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UILCOM, PER UN FUTURO NECESSARIO
Tesi di Categoria
Premessa
É stata sempre buona norma e prassi della UILCOM, elaborare proprie tesi di categoria integrative a quelle
Confederali, affinché potessero essere utili e necessarie, al fine di consentire un completo ed efficace
dibattito durante le assemblee congressuali nelle nostre Aziende e nei congressi di Federazione.
In una società che sta cambiando profondamente, resta tuttavia ancora valido l’obiettivo della promozione
sociale, culturale e politica del mondo del lavoro, in modo da rispondere alle disuguaglianze prodotte dalle
politiche finalizzate all’interesse di pochi. Obiettivo che é stato da sempre al centro della nostra azione
sindacale.
Si pone il problema di come questo obiettivo possa essere tradotto in un concreto programma di azione del
sindacato, ispirato all’idea della costruzione di un mondo e di una società migliore.
L’appuntamento congressuale offre a tutti una opportunità da non perdere, non tanto per celebrare un
passato sicuramente positivo, ma soprattutto per proiettarci nel futuro, senza ovviamente recidere le nostre
radici.
Bisogna ripristinare la concezione di una Società laica, che rafforzi conseguentemente il principio della
laicità dello Stato. É il modo, secondo noi, di ridare ideali e motivazioni ed anche credibilità al Sindacato,
perché solo chi non accetta dogmi, quali che siano, è in grado di rappresentare ma anche di far partecipare
attivamente ognuno, con la sua coscienza e con la sua mente.
Non una contrapposizione sterile fra valori cattolici e laici, ma una maggiore laicità per una scelta di vita in
cui la persona costruisca autonomamente il suo presente ed il suo futuro.
Per sviluppare nel modo migliore questo percorso congressuale, occorre un dibattito improntato alla
trasparenza e alla chiarezza e caratterizzato dalla ricerca di una coesione che sia sintesi di un confronto
reale. Un confronto che non deve essere condizionato dal timore di eventuali divisioni. Al contrario,
comportamenti prodotti dalla paura del confronto, così come l’irrealistico ottimismo o il pessimismo a tutti i
costi, producono solo paralisi e burocratizzazione.
La UIL ha una sua proposta economica e sociale di grandissima qualità e valore, intuizioni che tutti ci
copiano, dalla riforma del fisco alla riduzione dei costi della politica e a tanto altro ancora. Spesso
sacrifichiamo le nostre proposte in nome di tatticismi per contrastare i comportamenti della CGIL.
La contestazione semipermanente della CGIL non può essere la nostra prima preoccupazione. Una
preoccupazione che ci spinge a ridosso della CISL, lungo un percorso che non ci appartiene, che ci
indebolisce. Marginalizza il nostro ruolo nel sistema della rappresentanza e non fa avanzare di un passo le
nostre proposte. Le iniziative comuni con gli amici della CISL possono essere opportune ma vanno valutate
caso per caso, non devono diventare una consuetudine.
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Gli Iscritti/e, i Delegati/e, i Quadri, la spina dorsale della nostra Organizzazione soffrono questa situazione,
di cui non comprendono e non condividono la finalità.
I lavoratori/trici che si iscrivono alla UIL lo fanno non solo per un “sentire” di tipo ideologico ma,
soprattutto, perché sicuri di potersi AFFIDARE ad una Organizzazione che rappresenta i loro interessi, una
Organizzazione sempre pronta a sostenere le sue tesi anche nel momento in cui, per ragioni di opportunità,
condivide le battaglie con altre sigle.
Gli iscritti/e sanno che quando la UIL unisce CGIL e CISL i loro interessi sono meglio tutelati, che con un
sindacato unito sono più forti.
Sono disposti a battersi per difendere le ragioni della UIL dalla altrui arroganza e dai presunti e pretesi altrui
diritti di veto, ma a patto che ne sia molto chiaro il perché.
Ricordo una frase durante una riunione sindacale “esistono sempre tre ragioni, la mia, la tua e quella
giusta”.
Io penso che la UIL sia nata per costruire la ragione giusta, quella che unisce, quella che promuove gli
accordi sostenuti dal consenso, quella che ci rende protagonisti, non succubi.
É nel nostro DNA, è nella nostra storia, è quello che ci viene chiesto dai nostri iscritti.
É ovvio quindi che le nostre riflessioni rappresentano una parte rilevante del dibattito più generale che deve
trovare spazio nel nostro Congresso e poi in quello della UIL.
Una riflessione che, se non dovesse produrre risultati concreti, farebbe del Congresso del 2014 un’occasione
persa.
Buon lavoro a tutti.
Roma, 17 marzo 2014
Bruno Di Cola
Segretario Generale Uilcom
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1. POLITICHE ORGANIZZATIVE
A cura di Rossella Manfrini e Giuseppe Fabio Gozzo
I cambiamenti sociali e l’evoluzione tecnologica che hanno caratterizzato l’ultimo decennio hanno inciso
profondamente, indipendentemente dalla crisi economica, sul mondo del lavoro modificando il “sistema
lavoro” e di conseguenza bisogni, esigenze ed aspettative dei lavoratori e delle lavoratrici.
Si è passati da un agire sindacale prioritariamente e/o quasi totalmente centralizzato sulla contrattazione
Nazionale ed Aziendale ad un modello che, fermo restando il valore fondamentale della contrattazione,
offre modalità di tutela ed assistenza anche attraverso i servizi.
Lo spirito innovativo della nostra Organizzazione, si è dimostrato in diverse occasioni ed in particolare alla
fine degli anni ‘80, attraverso lo sviluppo del progetto definito “il Sindacato dei cittadini”
Il progetto di SINDACATO A RETE tracciato a Bellaria nella VIII Conferenza di Organizzazione UIL ad ottobre
2012 , che abbiamo a sua volta fatto nostro alla Conferenza nazionale di Organizzazione del marzo 2013,
risulterà efficace ed all’altezza degli obiettivi solo se verrà assunto e consolidato nel suo insieme.
Ma cosa significa Fare Rete ? Significa, ed è bene ricordarcelo sempre, valorizzare tutte le presenze ed i
punti di connessione sul territorio che già ci sono e che si ha l’ambizione di sviluppare ulteriormente.
Significa anche riportare a sistema tutto il complesso meccanismo rendendo organici i collegamenti,
regolarne i rapporti e l’attribuzione di responsabilità ed i compiti, valorizzarne le sinergie, rendere
individuabili gli snodi di sistema per poter fornire risposte adeguate sui diversi fronti dell’azione sindacale.
In altre parole , la sfida che ci troviamo ad affrontare è quella di strutturare un sistema organizzativo
capace di offrire risposte ai nuovi bisogni in grado di sviluppare e potenziare competenze, valorizzare le
donne e gli uomini che quotidianamente sono impegnati nei luoghi di lavoro e nelle strutture sindacali,
coinvolgere e dare rappresentanza ad una platea sempre più vasta di lavoratrici e lavoratori presidiando
sempre di più e meglio il territorio e dando valore aggiunto alle iniziative a maggior potenziale di crescita,
alcune delle quali finora rimaste ai margini, anche attraverso la bilateralità.
Declinare questi assunti vuol dire valorizzare ulteriormente il ruolo e la centralità della RSU /RSA , cosa che
come UILCOM già da tempo perseguiamo e che andrà ulteriormente focalizzata ed implementata, ma
anche considerare come figure rilevanti di sistema le RLS , i Delegati/e di Bacino e le RLST dell’Artigianato, i
Delegati/e a tutti i livelli di responsabilità negli Istituti, nei Fondi Previdenziali ed Assistenziali integrativi,
negli Enti bilaterali.
Il Territorio, disegnato non più e non solo sulla logica dell’equivalenza con una Provincia, sarà base
portante del rapporto tra iscritti/e , lavoratori/trici e cittadini/e con la UIL e dovrà valorizzare a livello di
categoria la capacità di fornire risposte a 360 gradi, sia di natura più squisitamente sindacale che di ogni
altro tipo per il tramite dei servizi UIL, mentre il livello Regionale sarà chiamato a svolgere precipuamente
un ruolo di coordinamento e di presidio della contrattualistica , che potrà diventare ancora più marcato
laddove questa assuma connotazioni più decentrate sulla base dell’evoluzione di passati accordi
interconfederali.
In relazione a quanto appena sopra enunciato due considerazioni di merito sono altresì necessarie.
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Fermo restando il rispetto delle prerogative di ognuno più volte riaffermato in ogni sede, é importante
ribadire , nel ruolo che ci caratterizza e ci compete, il messaggio che la Conferenza di Organizzazione Uil, e
la nostra , hanno voluto dare, che la fase Congressuale dovrà attuare, e cioè che il rafforzamento sul
territorio corrisponde a trovare quelle soluzioni di accorpamento , o di eventuali riconfigurazioni
disaggreganti, che permettano di sostenere al meglio , localmente, i compiti e gli obiettivi che sono ivi
assegnati.
Non ci sono , in linea di massima, modelli ai quali conformarsi a “fotocopia”, ma c’è la necessità , ad
esempio, di intervenire in tutte quelle realtà che sono oggettivamente marginali rispetto ai loro riferimenti
regionali e dove si registrano storiche assenze, pur in presenza di bacini dove ci sono opportunità anche
rilevanti, che non possiamo più permetterci di lasciare ad altri.
La seconda considerazione riguarda il tema dei SERVIZI, e della realizzazione di un suo Sistema integrato
che ha certamente una valenza essenzialmente Confederale.
Da parte della nostra categoria può comunque arrivare un contributo significativo laddove si parli di
WELFARE AZIENDALE e di come se ne possano ridefinire gli ambiti adeguandoli a mutati scenari. Tale
argomento è oggetto di apposita trattazione in altra parte delle Tesi. Il Coordinamento Pari Opportunità e
Politiche di Genere, costituito a regime dalle relative Responsabili dei vari territori, sarà un altro
importante elemento della rete con il duplice compito di perseguire e promuovere l’inserimento
femminile negli organismi e negli incarichi operativi della Uilcom e di proposizione politica in grado di
declinare le politiche di genere a livello di piattaforme contrattuali di categoria e di proposte più generali
da riportare in ambito confederale. Anche di tale argomento le tesi sviluppano una specifica sezione.
Le modifiche statutarie attuate ci impegneranno nei prossimi mesi a ragionare concretamente sui
cambiamenti, non solo strutturali, ma anche culturali.
Il limite massimo di mandati, l’età anagrafica, l’equilibrio di genere nella composizione di Organismi e
Strutture, sono regole che viaggeranno di pari passo con le scelte organizzative di ampliamento dei ruoli
operativi.
Gli stessi nostri organismi dovranno trovare una dimensione più snella che consenta di organizzare e gestire
con più rapidità i nostri processi decisionali e dare risposte più celeri alle problematiche che si
presenteranno.
Verificare la STRUTTURA ORGANIZZATIVA ed intervenire per renderla sempre più funzionale alla realtà
sociale, politica, economica e sindacale che è in costante evoluzione, migliorare la comunicazione interna
ed esterna, investire risorse sulla formazione dei Quadri, delle RSU/RSA/GAU/Delegati di Bacino ed RLST,
sono solo alcuni esempi delle priorità sulle quali saremo chiamati a lavorare concretamente nei prossimi
mesi. Diventa altresì fondamentale definire progetti comuni finalizzati alla crescita quantitativa e qualitativa
dell’Organizzazione, condividendo obiettivi e tempi di realizzazione ed attuando le strategie più adeguate a
ciascun territorio a seconda delle sue tipicità.
Si rende dunque necessario un approccio flessibile, disponibile e scevro da pregiudizi che possono talvolta
condizionare alcune scelte; le scelte organizzative dovranno essere concertate ed in equilibrio tra Struttura
Nazionale e Struttura Territoriale, conditio sine qua non, per realizzare concretamente la RETE.
A dodici anni di distanza dall’accorpamento possiamo affermare che la Uilcom ha fatto grandi passi avanti,
e altri ancora ne faremo se avremo la capacità di vivere questa fase di grande cambiamento come
un’opportunità. Ciò significa, anche e soprattutto, intervenire sulla nostra struttura organizzativa
modificando i nostri comportamenti e definendo obiettivi e progetti per realizzarli.
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Le nostre competenze devono migliorare, la polivalenza è un valore ed un’opportunità che abbiamo
l’esigenza di cogliere. Ciò non significa diventare “tuttologi”, ma in una struttura come la nostra che
comprende tipologie merceologiche molteplici e differenti tra loro, risulta indispensabile allargare le
proprie competenze e conoscenze uscendo fuori dagli schemi limitanti di “settore”.
Tutte le Segreterie UILCOM dovranno essere impegnate a conseguire LIVELLI DI RAPPRESENTANZA
CONGRUI, razionalizzando le politiche organizzative, riducendo i costi dell’apparato politico , rilanciando la
strategia della sinergia tra la Segreteria Nazionale e Territoriale.
Il proselitismo dovrà realizzarsi in tutti gli ambiti, valorizzando tutte le attività dell’Organizzazione, sia per
quanto riguarda i Servizi UIL, (Ital, Caf, etc.), sia per quanto attiene i fondi di previdenza ed assistenza
integrativa, che non hanno ancora raggiunto in tutti i settori di riferimento un soddisfacente livello di
adesione, sia per gli Istituti (es. CRALT), sia per quanto concerne la conoscenza e lo sviluppo della
bilateralità peraltro già presente in diversi nostri comparti
In particolare sarà fondamentale sviluppare maggiormente iniziative di informazione e formazione e, ove
possibile, strutturare appositi presidi finalizzati a garantire l’adeguato livello di interazione
Vanno favoriti e messi in pratica tutti gli strumenti di proselitismo sindacale verso i giovani perché solo loro
rappresentano davvero il Futuro. Dobbiamo prendere coscienza che, l’esperienza di decenni, l’energia e la
voglia di fare che ancora ci accompagnano non sempre sono elementi sufficienti per godere di
rappresentatività e rappresentanza all’interno dell’Organizzazione se non abbinati ad una “carta di identità”
che ci possa accomunare a chi ci da fiducia, ai nostri Iscritti/e. Potrà sembrare “brutale” ma la realtà che ci
circonda richiede coerenza anche da questo punto di vista. Un Sindacato nuovo, riformato, moderno deve
poter guardare al futuro non con occhi stanchi ma con la vivacità e la determinazione che con buone
probabilità solo i giovani possono offrire.
Esperienza e maturità, che pure restano valori fondamentali per l’Organizzazione,
necessariamente essere messe al servizio dei Giovani e non viceversa.
dovranno
Come già evidenziato, in questa particolare fase della nostra Organizzazione, diventa fondamentale
sfruttare tutte le sinergie tra struttura Nazionale e strutture Territoriali, capitalizzando e valorizzando il
patrimonio di risorse umane ed economiche, perché la UILCOM ha tutte le carte in regola per gestire il
cambiamento e affrontare le sfide del futuro. Il ruolo del Segretario Organizzativo sarà sempre più
strategico e dovrà svolgere anche una funzione di collettore e nodo della RETE tra e con le diverse strutture
e livelli dell’Organizzazione.
Con l’introduzione delle BANCHE DATI, la UIL ha voluto strutturare il lavoro dell’Organizzazione in modo
capillare ed organizzato in quanto solo veicolando e gestendo in modo ottimale le informazioni avremo
l’opportunità di intervenire in modo efficace ed immediato nella soluzione delle problematiche legate
all’Iscritto/a non solo dal punto di vista lavorativo ed economico ma sociale. La UIL offre servizi molteplici e
diversificati per mezzo delle sue strutture collaterali le quali, attraverso la piattaforma ESA ed i dati in essa
contenuti, avranno l’opportunità di proporre strumenti operativi ed utili al Cittadino/a.
É di fondamentale importanza portare a regime il progetto Banche Dati/ESA , facendo nostro il concetto
che questo rappresenta un’opportunità di crescita e non un inutile aggravio di lavoro. La costituzione di
una banca dati sarà introdotta anche in materia di agibilità sindacali. Questa soluzione è stata presa in seria
considerazione alla luce del fatto che la nostra Organizzazione non può permettersi di non essere
rappresentata, a livello capillare, su tutto il territorio nazionale attraverso i suoi Funzionari/rie , RSU/RSA,
Delegati/e; attraverso strumenti già ampiamente collaudati dalla UIL stessa all’interno dei suoi Organismi,
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verrà progettato un sistema
organizzative/sviluppo/solidarietà.
di
compensazione
strutturato
sulla
base
di
necessità
Dal punto di vista economico-finanziario ed amministrativo, la TRASPARENZA e la RESPONSABILITÀ sulla
gestione delle risorse sono da considerare elementi primari ed indiscutibili.
Quello dell’efficace utilizzo delle risorse economiche nell’Organizzazione è questione da porre con
attenzione, per definire in modo condiviso e strategico le regole che devono presidiare la problematica.
Va perseguito con impegno l’obiettivo di un reale incremento delle entrate finanziarie da parte di tutti i
soggetti; ogni struttura della UILCOM
deve condurre un esame circostanziato su come le risorse
economiche vengono impiegate, con impegno alla riduzione dei centri di costo e contenimento dei costi
per gli apparati, assicurando altresì ad ogni livello molta attenzione e scrupolo nell’utilizzazione delle
stesse.
I bilanci verranno analizzati dalla Tesoreria Nazionale nella forma attraverso il riscontro della loro
adeguatezza alle regole della piattaforma UIL e nella sostanza per la verifica delle destinazioni di spesa che
dovranno essere ripartite secondo le ben note proporzioni: 1/3 costi gestione struttura, 1/3 costi attività
sindacale, 1/3 valorizzazione dei processi di sviluppo, formazione, proselitismo, servizi, comunicazione, in
quanto non risulta più possibile poter prevedere o progettare una qualsiasi iniziativa o attività legata al
nostro agire senza tenere conto di tali presupposti. L’Organizzazione, a tutti i livelli, deve impegnarsi a far
affluire un maggior quantitativo di risorse finanziarie al fine di renderle disponibili per garantire la rete delle
presenze UIL nei luoghi di lavoro e di vita dei cittadini/e, per compensare l’impegno diretto nelle attività di
servizio, per praticare politiche di sviluppo e di proselitismo.
Partendo da questa base, considerando gli investimenti futuri che la UILCOM, a tutti i livelli, dovrà
necessariamente mettere in atto affinché gli obiettivi stabiliti dall’Organizzazione possano essere raggiunti
si ritiene necessario rivisitare l’attuale assetto decentrato di attribuzione delle quote. In questa prospettiva,
verrà istituito un gruppo tecnico-politico al fine di adeguare i comportamenti , razionalizzare le risorse
disponibili e omogeneizzare le impostazioni.
La UILCOM deve necessariamente essere in grado di cogliere il talento, la capacità e l’impegno di ogni
singola persona affinché il suo agire quotidiano sia finalizzato alla tutela del lavoro e dei diritti ad essa
associati, senza dimenticare o sottovalutare la tutela dei diritti di cittadinanza e i valori fondamentali di
libertà, solidarietà e pari opportunità.
Valorizzare le presenze sui luoghi di lavoro e qualificare i gruppi dirigenti diventano quindi obiettivi centrali
da continuare a perseguire attraverso adeguate iniziative formative che permettano alle nostre persone di
operare al meglio.
Per noi della UILCOM la FORMAZIONE è ormai da anni “normale amministrazione” nel senso che essa è
diventata una buona pratica portata sui territori con programmi apprezzati e secondo una precisa
pianificazione.
Mantenendo queste caratteristiche, vogliamo quindi evolverla ai nuovi bisogni riprogettandone dei moduli
in modo da dare risposte ad alcune esigenze emerse. Percorsi più mirati per RSU/RSA, quadri, dirigenti
territoriali/ nazionali, e “formazione di formatori” in modo da poter disporre anche a livello locale,
laddove conveniente, del necessario bagaglio per formare le “nuove leve” , evitando così di dover
sottoporre nuovamente e più volte gli stessi corsi alle stesse persone .
La COMUNICAZIONE, per noi che siamo il Sindacato di categoria che la rappresenta, è certamente
argomento con il quale avere grande dimestichezza ed in cui non dover essere secondi a nessuno.
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Seguendo questo principio, nel corso di questi ultimi anni ci siamo velocemente attrezzati, a livello
centrale, così come il contesto tecnologico richiede, per poter avere una pluralità di strumenti di
comunicazione che oltre alla nostra testata istituzionale CONTATTO , vanno dal Sito Web , al CONTATTO
NEWS con le principali notizie diffuse settimanalmente via e-mail, ai profili aperti sui social più diffusi
(Facebook, Twitter, YouTube), ai siti dedicati costruiti per dare visibilità ai nostri candidati/e ed alle nostre
idee in occasione di importanti eventi elettorali (RSU, Istituti e Fondi vari), agli opuscoli, locandine ,
materiale editoriale di vario genere finalizzati anche questi ad eventi importanti (es. elezioni RSU) o a
diffondere la conoscenza di particolari strumenti (es. Previdenza Integrativa). A livello regionale, pure sono
state sviluppate iniziative di vario tipo, variegate sia nei contenuti che nelle modalità di implementazione.
Anche da parte della nostra Confederazione abbiamo registrato grande sensibilità sul tema Comunicazione
che si è tradotta , come è chiaramente sotto gli occhi di tutti, in una maggiore qualità e pluralità di
strumenti e nella accuratezza e tempestività dei contenuti.
Riteniamo che per continuare a perseguire in pieno gli obiettivi di una Comunicazione efficace nelle
modalità attuative, oltre che per i contenuti che intende veicolare, la UILCOM debba presidiare questo
processo con conoscenze specialistiche di prim’ordine che d’altra parte , abbiamo anche, per così dire, la
fortuna di avere all’interno del perimetro di lavoratori che rappresentiamo. É chiaro che tutto ciò non è per
noi a costo zero e necessita di risorse non soltanto economiche ma anche di capacità di scoprire e
valorizzare persone all’interno dei nostri ambiti di riferimento che abbiano le necessarie competenze.
Con queste premesse, procederemo a riprogettare e a rendere adeguati ai tempi tutti i nostri strumenti a
partire dalla nostra rivista CONTATTO UILCOM e dal sito WEB UILCOM. In questo ragionamento, sempre
nell’ottica della Rete e dell’ottimizzazione delle risorse oltre che delle conoscenze, il livello centrale
potrebbe diventare polo di riferimento per i livelli periferici regionali, permettendo di raggiungere
sinergicamente risultati sempre più significativi ed apprezzabili che massimizzino il ritorno verso gli iscritti, i
simpatizzanti e le lavoratrici ed i lavoratori tutti.
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2. POLITICHE DEL LAVORO
Augurandoci che negli obiettivi del prossimo Governo ci sia il tema della crescita ponendo mano al mercato
del lavoro, alle norme e consuetudini che lo regolano, ben sapendo che i tassi di occupazione italiana sono
tra i più bassi dei 27 Paesi UE e così pure le retribuzioni nette. Il tema dovrebbe essere affrontato su tre
livelli: semplificazione, agevolazioni e incentivazioni.
Per quanto riguarda la semplificazione le considerazioni sono varie. In primo luogo, le leggi e le norme che
regolano il mercato del lavoro assommano a una enciclopedia di oltre 1500 pagine; occorre una drastica
riduzione, realizzando un libretto che ogni lavoratore insieme al CCNL di riferimento possa leggere,
comprendere e discutere in fase di assunzione.
Inoltre non é accettabile che manchi una norma sulla retribuzione oraria minima: esistono retribuzioni di
1,5 euro l’ora, inaccettabili. Lo Stato, non i contratti, deve prevedere un salario minimo: può essere indicato
in 5 euro l’ora, si può discuterne ma occorre come in Francia, assolutamente prevederlo.
Un terzo punto importante è che la flessibilità del lavoro é indispensabile ma che una Azienda abbia il 50%
e più di dipendenti flessibili con i più disparati contratti di staff-leasing, interinali, a progetto, a finta partita
IVA, a tempo determinato, ecc., non è accettabile. Si ponga un limite massimo: il 25 – 30%. Ma se ne parli.
Occorre poi una riduzione, unificandoli e semplificandoli, per aree merceologiche degli innumerevoli
contratti di lavoro, riconfermando la centralità del CCNL per la garanzia della certezza dei trattamenti
economici e normativi dei lavoratori tutti. Trasferendo alla contrattazione integrativa tutto il resto.
C’é poi il capitolo agevolazioni: si è detto più volte che salari e stipendi in Italia sono assai bassi rispetto alla
media europea e per la maggior parte dei lavoratori si attestano sui 1200-1300 euro netti al mese; è difficile
pensare di poterli aumentare almeno del 25% in una situazione economica così difficile. Tuttavia se si esce
dalla ormai stanca liturgia contrattuale e ci si incammina verso forme avanzate di Welfare integrativo e
aziendale e si rivede il regime della tassazione e delle deduzioni, le cose possono davvero migliorare e di
molto.
Anche qui in sintesi alcune idee che si potrebbero agevolmente mettere a regime senza invenzioni ma solo
attualizzando il Testo Unico delle Imposte sui Redditi: 1) aumentare l’importo deducibile per le imprese - e
che non costituisce reddito assoggettato a Tasse e contributi per il lavoratore – del buono pasto; 2)
introdurre il buono trasporti, come accade in molte parti d’Europa, deducibile dall’Impresa e non soggetto
a tasse e contributi per il lavoratore; 3) una serie di benefici in natura che possono migliorare le condizioni
economiche dei lavoratori, quali il “pacco spesa, il buono libri”, ecc., costi deducibili per le Imprese e che
non costituisca reddito per il lavoratore, migliorando le condizioni dei lavoratori e anche i consumi,
generando quindi un circolo virtuoso, più consumi, più occupazione.
Di proposte utilizzando il Welfare integrativo ce ne sarebbero molte e tali da cambiare ed equiparare i
dipendenti ai lavoratori autonomi che molte di queste agevolazioni le hanno già.
Infine le incentivazioni: si può pensare all’istituzione di un credito d’imposta per le nuove imprese e per
tutte le assunzioni di giovani o di soggetti con meno di 60 anni espulsi dal mercato del lavoro, eliminando
tutte le riduzioni di contributi sociali e le sottocontribuzioni introdotte negli ultimi anni, che rappresentano
un debito occulto per lo Stato, oltretutto responsabile di oltre il 50% del deficit previdenziale.
Idee fresche per svecchiare liturgie corresponsabili della stagnazione italiana.
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2.1 WELFARE AZIENDALE
Il Welfare aziendale può essere lo strumento per creare un clima migliore tra Azienda e lavoratori,
soprattutto in tempi di crisi economica.
All’interno delle Imprese, la responsabilità sociale si sta affermando come elemento chiave per intervenire
sull’impatto sociale della propria attività, indipendentemente dagli obblighi di legge o dai vincoli
contrattuali. Non si tratta di filantropia, né di marketing o mera politica di comunicazione: la responsabilità
sociale é integrata col core business aziendale ed é essenziale, oggi più che mai, per il successo a
medio/lungo termine delle politiche aziendali.
Il tema della responsabilità sociale pone le basi per riflettere sui modelli di relazioni tra impresa,
dipendenti, rappresentanza sindacale, e non solo. Da i vari confronti scaturisce una nuova forma di Welfare
aziendale che, a maggior ragione in un momento di crisi economica, può diventare strumento per venire
incontro alle esigenze dei lavoratori, creando un clima più coeso.
L’attuale sistema di Welfare é in crisi da tempo, e non è una novità, dal momento che lo stesso sistema è
sempre stato basato sul debito.
La complessità di bisogni, l’invecchiamento della popolazione, i mutati rapporti tra generazioni, i limiti di
spesa della finanza pubblica sono destinati ad assegnare alla persona, alla famiglia e ad altri Enti la
responsabilità della tutela delle fasce più deboli.
In tale contesto si sta pertanto diffondendo una nuova sensibilità nelle aziende con politiche umane
innovative, che daranno vita ad un sistema di Welfare aziendale diverso e flessibile.
Per “Welfare Aziendale” si intende l’insieme di iniziative e dei servizi che le aziende realizzano, con accordo
con le rappresentanze sindacali, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori nei campi più vari,
dall’assistenza sanitaria alla necessità di cura dei figli, dall’accesso al credito agevolato al tempo libero. Il
Welfare Aziendale è diffuso nelle aziende di grandi dimensioni, molto limitato se non assente nelle piccole
e medie imprese.
Gli strumenti più diffusi sono l’assistenza sanitaria integrativa, vaccinazioni, convenzioni con banche e
assicurazioni, ticket restaurant e checkup medico, corsi di formazioni e convenzioni con agenzie di viaggi.
Rari i servizi legati alla palestra e al nido aziendale, ancora meno rilevanti i servizi alla famiglia, borse di
studio, sportelli di assistenza sociale, acquisto di testi scolastici e carrelli di spesa gratuiti. Oggi il tema gode
di una nuova vita dal momento che in passato era stato visto dal Sindacato come un depotenziamento del
ruolo delle contrattazioni aziendali in favore di una logica paternalistica.
Il Welfare comunque non deve essere lasciato all’iniziativa individuale, ma utilizzato verso una forma di
coordinamento e pianificazione in modo da creare una logica di sistema, evitando sovrapposizioni o
sfruttando al meglio le economie di scala.
Più soldi in busta paga o servizi alle famiglie? Premi in denaro o frammenti di Welfare?
É l’obiettivo della ricerca che la UILCOM ha condotto con il questionario sottoposto ai propri iscritti, e che
sarà presentata ufficialmente in occasione del nostro Congresso.
Una prima presentazione è avvenuta in occasione dell’Assemblea Nazionale delle RSU, tenuta a Rimini nei
giorni 23, 24, 25 settembre 2013, con i resoconti pubblicati nel nostro giornale “Contatto” nel numero 78/2013.
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Molti accordi “innovativi” sono stati sottoscritti negli ultimi tempi, che disegnano una contrattazione di
secondo livello sempre più spostata verso prestazioni sociali.
Le vie del nuovo Welfare aziendale, meritano di essere incoraggiate. Ponendola ancora più fuori del cono
d’ombra del cuneo fiscale.
Sottoporre a tassazione di maggior favore i servizi erogati dal Welfare aziendale potrebbe infatti
configurarsi come un gioco in cui tutti guadagnano e nessuno perde. Se lo Stato non può fare, almeno lasci
fare premendo meno su chi fa.
2.2 WELFARE CONTRATTUALE E PREVIDENZA COMPLEMENTARE a cura di Riccardo Catini
Affrontare oggi i temi di welfare contrattuale, le sue articolazioni e i suoi benefici, diventa per il sindacato
ed i lavoratori/trici un progetto strategico per il futuro, attraverso i rinnovi contrattuali dei vari comparti
merceologici e d’intrattenimento nelle aree di comunicazione ai vari livelli.
Purtroppo siamo in una fase perdurante di crisi, che sta minando alla base la fiducia nei confronti dei
sistemi previdenziali a contribuzione definita: ma le forme di previdenza complementare restano più che
mai una necessità, probabilmente la risposta più tangibile a lungo termine. Occorre quindi rilanciare
un’offerta previdenziale socialmente ed economicamente sostenibile per i lavoratori e le imprese.
Nella G.U. n. 300 del 27 dicembre 2011 è stata pubblicata la Legge 22 dicembre 2011, n. 214 di conversione
in legge, con modificazioni, del Decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201: “Disposizioni urgenti per la crescita,
l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, che ha introdotto importanti novità e rilevanti modifiche in
materia previdenziale. Tra i principali interventi è prevista l’applicazione del metodo di calcolo contributivo
“pro quota” per tutti i trattamenti pensionistici.
Ne consegue che, ha partire dal 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da
tale data, la quota di pensione corrispondente a tale anzianità è quantificata secondo il metodo di calcolo
contributivo. Cioè l’importo della pensione è determinato dai contributi versati nell’arco dell’intera vita
lavorativa e non più dalla retribuzione percepita nell’ultimo periodo lavorativo.
L’introduzione del criterio contributivo comporta un brusco/forte abbassamento del trattamento
pensionistico, tanto è che a regime l’importo della pensione sarà circa il 50% dell’ultima retribuzione. con
oltre 40 anni di contributi e 67 anni di età.
Pertanto, è fondamentale/vitale affrontare con decisione l’argomento previdenziale, nonostante la
dilagante crisi economica, la precarietà del lavoro e gli impellenti/pressanti bisogni quotidiani.
Alla luce del debito pubblico fin qui accumulato dal nostro Paese, le istituzioni e le parti sociali dovrebbero
considerare con la massima attenzione il legame fra previdenza e sanità integrativa, campi che, seppure
contraddistinti da differenze temporali delle fasi di accumulo dei capitali e di erogazione delle prestazioni
sono, se adottati entrambi, in grado di offrire alle persone una piena copertura integrata di Welfare.
I percorsi di sinergia tra forme pensionistiche e fondi sanitari, nonché controlli unificati ed omogenei,
potrebbero consentire un migliore uso delle risorse complessive, le riduzioni dei costi di amministrazione e
gestione, servizi più flessibili ed efficienti: in sintesi un migliore Welfare, forse a costi minori, non limitata
ad esclusive forme assicurative, ma legata ad un ruolo di prevenzione, informazione sanitaria e di
solidarietà. Da qui, pur se il problema è complesso, deve partire la nostra riflessione.
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Tutti sappiamo che l’Italia è caratterizzata da un progressivo e rapido invecchiamento della popolazione,
stanno aumentando gli anziani con età superiore ai 65 anni; l’indice di dipendenza delle classi in età di
lavoro crescerà. Tale condizione potrebbe richiedere interventi correttivi sul Welfare, da attuare con misure
solidali e condivise.
Al contempo vanno fronteggiati, con un patto fra generazioni, gli effetti derivanti dalla crescente presenza
di anziani.
Per questo si deve ribadire che vanno apportati da parte del legislatore interventi necessari, diretti a
colmare tutte le lacune normative ancora presenti; la richiesta alle parti istitutive è quella di ricercare
strumenti contrattuali innovativi, funzionali allo sviluppo delle adesioni e delle contribuzioni. In sostanza si
tratterebbe di un modello previdenziale integrativo che possa assicurare certezze alle nuove generazioni e
serenità del sistema previdenziale di primo livello per i meno giovani. Ma, soprattutto, bisogna sfatare il
richiamo persistente all’alto costo degli strumenti della previdenza complementare che, a detta di alcuni,
sono considerati una sorta di lusso che non ci si può permettere.
É una sfida che dobbiamo combattere, anche per resistere al clima negativo della crisi che investe il Paese,
per lenire le ansie su lavoro e reddito.
All’obiezione di quanti valutano eccessivo il costo dell’adesione alla previdenza complementare,
considerandola un’opzione che possa essere messa in secondo piano rispetto sia a destinazioni più urgenti,
che ad altre forme di tutela economica nelle quali si ripone maggiore fiducia, bisogna controbattere con
una più dettagliata informazione: affinché un lavoratore non possa più pensare che la pensione pubblica
sarà un domani sufficiente per una vita dignitosa e serena. Prima delle ragioni soggettive e oggettive di
coloro che sul momento non si rivolgono alla previdenza complementare, vi è in pratica uno spazio di
argomentazione che trova risposta negli strumenti di contrattazione che generano reddito.
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3. FILIERA DELLA CARTA STAMPATA
A cura di Roberto Di Francesco e Luciano Savant Levra
3.1 ANALISI DEL SETTORE
Il sistema produttivo italiano sta attraversando, negli ultimi anni, un periodo di estrema debolezza, con
perdite pesanti di produttività soprattutto nella manifattura e relative perdite di quote di mercato.
La crisi si è aggravata dal 2008, quando alle debolezze strutturali del nostro paese si sono aggiunte le
ripercussioni della crisi finanziaria che ha avuto origine negli Stati Uniti, che si è trasformata presto in crisi
industriale prima e sociale poi, con la relativa perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
É una crisi profonda, da cui ancora oggi stentiamo ad uscire. Scontiamo la mancanza di una politica
industriale da almeno due decenni.
I problemi che affliggono il nostro sistema produttivo sono noti: infrastrutture obsolete, costo dell’energia
e delle materie prime troppo alto e non in linea con gli altri paesi europei nostri diretti concorrenti, un
sistema fiscale che grava prevalentemente sulle imprese e sui lavoratori con relativa asfissia del mercato
interno, difficoltà di accesso al credito per imprese e famiglie.
La risoluzione di questi problemi è fondamentale per tutto il nostro sistema produttivo, ma per il settore
della carta è vitale.
Per la filiera i maggiori costi industriali sono: il costo delle materie prime, il costo dell’energia (che in Italia
è superiore del 30% ad altri paesi europei), la logistica, e solo per ultimo il costo del lavoro che spesso non
raggiunge il 10/15 % dei costi industriali.
Solo per il costo eccessivo dell’energia chiudono cartiere che altrimenti sarebbero competitive, ma per le
aziende è un costo incomprimibile e quindi sono costrette a licenziare o a chiudere definitivamente.
Il settore della carta è molto variegato e va:
 Dalla produzione di macchine per la grafica e la cartotecnica rappresentato dalle associazioni datoriali
(Acimga e Argi).
 Dell’ editoria (Aie, Anes, Fieg).
 Dalla stampa di periodici e quotidiani (Asig).
 Stampa, cartotecnico e trasformazione (Assografici).
É un settore manifatturiero, ancora, tra i più importanti del nostro Paese, che non dimentichiamo è il
secondo paese manifatturiero d’Europa, secondo solo alla Germania. Per avere un’idea dell’importanza
che ancora ha questa filiera, diamo alcuni dati. Il fatturato dell’intero settore ha toccato il suo massimo nel
2006 con 41.686 mln di euro, per poi scendere nel 2013 intorno ai 30.000 mln di euro.
Per avere un’idea della crisi che lo ha investito ricordiamo che ha perso il 5,6% nel 2008, il 18,8% nel 2009, il
7,9% nel 2012. Gli addetti diretti sono passati da 259.000 nel 2003 a poco più di 200.00 nel 2013, ma
rappresentano ancora il 5% degli addetti dell’intero settore manifatturiero del nostro paese.
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I dati che emergono dall’analisi degli ultimi dieci anni sono impietosi.
Nell’ultimo biennio il fatturato ha toccato i minimi storici, scendendo in percentuali superiori rispetto alla
già debolissima industria italiana, sottolineando con ciò la debolezza strutturale del settore a cui si somma,
come già sopra riportato, la debolezza del mercato interno.
All’interno della filiera, poi, alcuni settori, quali l’editoria libraria, l’editoria dei quotidiani, l’industria della
stampa in generale e la produzione di carta per usi grafici, soffrono più di altri.
L’export va sicuramente meglio dei prodotti per il mercato interno, infatti la componente export passa da
un 18% del 2000 a un 28% circa nel 2013.
Questo è un aspetto positivo, e significa che è in atto un’apertura della filiera al mercato internazionale.
Il forte peso, però, che la produzione per il mercato interno ha sulla produzione totale della filiera, e il
relativo drastico calo della domanda interna, ha inciso negativamente, comunque, sui livelli produttivi e
occupazionali.
Il mondo della carta, anche se considerato un settore maturo della old economy, è un settore che occupa
circa 200.000 addetti diretti (il 5% dell’occupazione totale nella manifattura), e un’occupazione indotta di
circa 500.000 unità.
Nel quinquennio 2009- 2013 ha subito la più grave crisi della sua storia, per effetto della crisi economica in
atto, di innovazioni tecnologiche concorrenti (Pc, smartphone, tablet, ecc.), e problemi strutturali mai
risolti.
Il comparto “carta e prodotti in carta”, dagli anni 90 ai primi anni del 2000, aveva avuto un’accelerazione di
sviluppo superiore al sistema industriale italiano.
Nell’ultimo decennio, invece, per ragioni più strutturali che congiunturali, è andato fortemente
deteriorandosi.
Nella filiera ha pesato particolarmente il fortissimo peggioramento del settore della “stampa” che ha
risentito:
 della minore propensione delle famiglie per spese culturali,
 della caduta libera degli investimenti pubblicitari,
 della concorrenza dei nuovi media elettronici,
 della crescita nel mercato mondiale della produzione e della stampa dei paesi emergenti (Cina e
India)
3.2 GLI AMBITI CONTRATTUALI/AZIENDALI
Per cercare di comprendere meglio i problemi che affliggono il settore ed individuare le misure per la
ripresa della filiera è utile analizzare i macro comparti che la compongono e i relativi CCNL.
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a) Il comparto della carta e cartotecnica
Il comparto della carta si divide in produzione della carta e trasformazione.
All’interno della produzione della carta abbiamo i sottocomparti delle carte per usi grafici, delle carte per
imballaggi, delle carte tissue (per uso igienico sanitario).
Infine abbiamo il comparto della trasformazione della carta, detto anche della cartotecnica, cioè tutto ciò
che riguarda la produzione del packaging rigido (cartone), o flessibile (materie plastiche, astucci, ecc.).
Il settore che soffre più la crisi è sicuramente il settore delle carte per usi grafici, in quanto risente
direttamente della forte crisi dell’editoria che ha ridotto sia il numero delle copie da produrre che la
foliazione.
La produzione della carta per usi grafici, sia le patinate con legno e senza legno, sia le carte naturali che le
carte da giornale, seguono direttamente la crisi dell’editoria e del tracollo della pubblicità su carta stampata
e la forte diminuzione del numero delle copie stampate e della foliazione.
La crisi è fortissima nella stampa di libri, ma ancora di più nei periodici e nei quotidiani (siamo a solo
quattro milioni di copie stampate).
Per fare un esempio, lo scorso anno ha chiuso definitivamente l’unica cartiera rimasta in Italia che
produceva carta da giornali, la storica cartiera Burgo di Mantova.
Gli altri due settori sono, invece, collegati direttamente al calo dei consumi alimentari e della produzione
industriale che hanno subito diminuzioni di fatturato minori dell’editoria.
Nonostante il momento di crisi, il 13 settembre del 2012 dopo quattro mesi dalla scadenza del contratto,
siamo riusciti a chiudere positivamente il CCNL della carta e cartotecnica, che avrà validità fino al 30 giugno
2015.
In questo contratto sono state introdotte diverse novità normative quali: l’Osservatorio paritetico di
settore, “Il fondo sanitario integrativo” per tutti i lavoratori, strumenti di flessibilità oraria che vanno
dall’introduzione della banca delle ore, del cambio turno obbligatorio , della reperibilità, e il miglioramento
sostanziale della normativa sulla malattia per tutelare meglio le malattie lunghe e gravi. Questo contratto,
innovato, si sta dimostrando uno strumento indispensabile per governare le innumerevoli crisi nel settore e
un fattore di forte tenuta unitaria del sindacato.
b) Il comparto delle aziende grafiche e delle aziende editoriali anche multimediali
É il comparto che impiega più lavoratori nel mondo della carta. É composto da aziende grafiche, aziende
editoriali e da aziende che operano nell’editoria specializzata.
Anche la rappresentanza datoriale è composita e rispecchia la varietà e la peculiarità delle aziende che lo
compongono.
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Assografici, è l’associazione che rappresenta le industrie grafiche, cartotecniche e trasformatrici; l’AIE è
l’associazione degli editori italiani; l’Anes rappresenta l’editoria specializzata.
É il comparto che soffre più pesantemente la crisi insieme ai poligrafici.
Le ragioni sono molteplici, e vale la pena ricordarle: le nuove tecnologie e la penetrazione dei nuovi media,
la crisi economica con relativo calo delle vendite e degli investimenti in pubblicità, scelte industriali fatte
negli anni precedenti non sempre giuste.
Complice la crisi, in questi anni si sta definitivamente attuando un processo di separazione della parte
editoriale da quella industriale.
Il calo delle foliazioni e delle tirature ha messo in seria difficoltà settori notoriamente, in passato, ricchi
come la rotocalco.
Settori come quello dei periodici hanno subito un tracollo che sfiora il 50%, con relativa chiusura di molte
testate.
Il mercato del libro che ha avuto un trend più costante almeno fino al 2011 sta subendo anche esso delle
ripercussioni, soprattutto quello dei libri di testo per le scuole.
Il CCNL è scaduto il 31 marzo 2012 e dopo la proposta sindacale che intendeva mettere in campo tutte le
azioni tendenti ad arrivare ad un contratto unico di filiera, si è arrivati alla presentazione della piattaforma
per il rinnovo del contratto in tempi brevi.
La piattaforma, se pur molto qualificante è stata definita “snella” nella convinzione che il CCNL debba
essere rinnovato in tempi brevi per permettere al settore di affrontare le sfide cha ha di fronte con lo
strumento principe che è e rimane il contratto nazionale di lavoro.
c) Il comparto dell’industria dei quotidiani ed Agenzie di Stampa
Questo è il settore che sta rischiando l’estinzione. Basta ricordare alcuni dati; solo alcuni anni fa occupava
più di 13.500 addetti, oggi sono circa 5.700.
Per la prima volta, nel 2012, la diffusione media giornaliera dei quotidiani è scesa al di sotto dei quattro
milioni. Le vendite dal 1990 al 2012 sono calate del 41,4%.
Negli ultimi dieci anni si sono perse due milioni di copie. Le tirature sono passate tra il 2009 e il 2012 da
sette a sei milioni di copie al giorno.
L’unico dato positivo è il digitale che oggi rappresenta il 4% delle copie prodotte e del 6% della diffusione
utile, ma che in termini di fatturato e di lavoratori non è, per il momento, in grado di compensare
minimamente la perdita di posti di lavoro nella stampa e le perdite di fatturato.
Anche il segmento della free press che per alcuni anni era sembrato essere un elemento di novità positiva,
negli ultimi anni, con la crisi degli investimenti pubblicitari, si è praticamente dimezzato. Questo settore ha
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urgente bisogno di rinnovarsi profondamente, sia attraverso l’evoluzione tecnologica, sia attraverso una
riorganizzazione strutturale.
Il problema principale è la sua straordinaria sovra capacità produttiva.
Insistono in Italia, ad oggi, 91 centri stampa, 11 agenzie di informazione,oltre 150 testate editoriali
sostanzialmente strutturate sul prodotto tradizionale.
É evidente che assisteremo in tempi brevissimi, ad un processo, se non governato, di darwinismo
industriale, in cui rimarranno in vita un numero molto limitato di aziende.
Le enormi difficoltà del settore si ripercuotono negativamente sul rinnovo del CCNL per i dipendenti di
aziende editrici e stampatrici di giornali quotidiani e agenzie di stampa.
Infatti il contratto è scaduto il 31 dicembre 2011, e nonostante la risoluzione dell’annoso problema del
fondo Casella, che altrimenti sarebbe andato in default, attraverso un contributo di solidarietà del 25%, da
parte dei pensionati che ha reso possibile la prosecuzione del fondo stesso, che per lungo tempo aveva di
fatto inibito la prosecuzione della trattativa sul contratto, la risoluzione positiva non sembra vicinissima. In
effetti l’intervento sul fondo Casella era improcrastinabile, in quanto dovendo sostenere un rapporto di
circa 15000 pensioni con meno di 5.700 lavoratori attivi, è arrivato ad incidere sul costo del lavoro per una
percentuale del 25,5%, ormai insostenibile.
Per affrontare gli enormi cambiamenti tecnologici e organizzativi in atto, lo strumento del CCNL è più che
mai indispensabile.
d) Il CCNL delle Imprese artigiane della Comunicazione e la bilateralità artigiana
I contratti nazionali di lavoro che la UILCOM affronta e sottoscrive sono decine, nel comparto industria,
oltre ai contratti più conosciuti, per intenderci quelli dei Grafici-Editoriali, Poligrafici e cartai-cartotecnici, ci
sono però altri che sono significativi e di notevole importanza per la vita della nostra federazione. Il
contratto delle imprese artigiane della comunicazione è uno di questi.
É un contratto di filiera, perché annovera non solo la parte industriale delle arti grafiche, grafica
pubblicitaria e delle cartotecniche ma anche quella dell’ICT, ovvero, Informatica, servizi innovativi e
multimediali di rete e commercio elettronico, per arrivare al telemarketing, call center, agenzie di certificati
e spingersi a quello della fotografia. Un vasto e interessante campo di applicazione che coinvolge circa
300.000 lavoratori impiegati in aziende che applicano il CCNL delle imprese artigiane della comunicazione.
Un tessuto produttivo tipico della nostra Italia presente in maniera radicata sul territorio e distribuito
capillarmente dove la media dei lavoratori occupati in questa realtà imprenditorialità è di circa 2,5
dipendenti, dato che configura la cosiddetta “impresa artigiana” ma dove possono insistere anche alcune
realtà più grandi cioè le microimprese (da 1 a 9 addetti).
Questo significa che è un comparto difficile da rappresentare? No, perché la lungimiranza delle parti
sindacali ed imprenditoriali ha costruito in questi anni un interessante ed efficiente sistema relazionale che
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permette alle Organizzazioni sindacali, sia in sede nazionale che in quella regionale, di essere parti attive e
fornire ai lavoratori significativi supporti e servizi sociali.
L’applicazione di quanto indicato si materializza nella sottoscrizione del CCNL della Comunicazione,
attualmente in fase di rinnovo, e nella bilateralità che ha molteplici strumenti operativi. Il fondo SANARTI sanità integrativa per i lavoratori artigiani avviata nel 2013 che in pochi mesi ha visto aderire migliaia di
imprese/lavoratori, FONDARTIGIANATO per la formazione continua che nei piani formativi appena conclusi
e relativi al quadriennio 2009-21012 ha erogato 33,5 milioni di finanziamento ed al comparto della
comunicazione circa 2 milioni di Euro. EBNA Ente bilaterale nazionale dell’artigianato che svolge il
coordinamento degli Enti Bilaterali Regionali, ha ruolo di presenza e rappresentanza nelle sedi istituzionali,
realizza interventi di solidarietà e forma ed aggiorna i gruppi dirigenti. Ultimamente è stato firmato
l’accordo interconfederale per l’avvio del fondo di solidarietà bilaterale alternativo dell’artigianato - FSBA nato per dare operatività a quanto previsto dalla legge 92 del 2012 (Legge Fornero) in materia di tutele
sostegno al reddito. Infine OPNA il fondo per salute e sicurezza che ha negli RLST territoriali il suo braccio
operativo.
Il sistema nazionale dell’artigianato trova sbocco, nell’ambito del proselitismo, con i delegati di bacino,
operatori sindacali territoriali intercategoriali, che hanno l’obiettivo di svolgere questa funzione.
Tutta questa “galassia” del mondo artigiano vuole essere rappresentata al meglio dalla UIL che si è data
recentemente un nuovo regolamento con delle specifiche competenze nazionali e regionali che vedono il
coinvolgimento della Confederazione e delle Categorie che sottoscrivono i contratti dell’artigianato.
É quindi necessario che la UILCOM, sia presente ed attiva in queste dinamiche che prevedono continui
confronti nazionali, nel consiglio nazionale dell’artigianato, e regionali, nei consigli regionali dell’artigianato.
e) CCNL CONFAPI / UNIGEC-UNIMATICA - area Comunicazione
É un contratto di lavoro che ha un esteso campo di applicazione similare a quello dell’artigianato. Viene
stipulato da due categorie datoriali, la prima è UNIGEC unione nazionale della piccola e media industria che
rappresenta aziende grafiche ed affini, aziende editoriali, aziende cartotecniche, della produzione e
trasformazione della carta e del cartone. La seconda è UNIMATICA che rappresenta aziende dell’ICT
Information Technology cioè del settore informatico e dei servizi innovativi.
La differenza con il comparto artigiano è nelle dimensioni di queste realtà imprenditoriali, in Italia sono
associate a CONFAPI/UNIGEC–UNIMATICA circa 3.700 imprese che hanno complessivamente circa 26.000
dipendenti (dati INPS codici contratti Confapi) quindi una media nazionale di 7 dipendenti ad azienda ma
con picchi che al Nord Italia toccano 11,5 addetti di media.
Sono quindi coinvolte aziende di piccola e media impresa ma questo contratto, su richiesta delle aziende,
può essere applicato anche alle microimprese. Per chiarezza secondo la raccomandazione della
Commissione Europea 2003/361/CE Le microimprese, le piccole o medie imprese vengono definite in
funzione del loro organico e del loro fatturato ovvero del loro bilancio totale annuale secondo le modalità
di seguito evidenziate:
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Una media impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 250 persone e il cui fatturato
non superi 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuale non sia superiore a 43 milioni di euro.
Una piccola impresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 50 persone e il cui fatturato o
il totale del bilancio annuale non superi 10 milioni di euro.
Una microimpresa è definita come un'impresa il cui organico sia inferiore a 10 persone e il cui fatturato o il
totale di bilancio annuale non superi 2 milioni di euro.
Il CCNL Confapi è stato rinnovato il 29 luglio 2013 con importanti elementi di novità in particolare nella
normativa, dove sono stati inseriti ed implementati gli accordi confederali, stabilendo le modalità di
intervento degli istituti di bilateralità in materia di salute (SANAPI) e sicurezza (OPNC), di sostegno al
reddito, alla sviluppo della bilateralità, dell’osservatorio della contrattazione e del lavoro (Enfea). Inoltre
sono confermati il ruolo centrale della previdenza complementare (FONDAPI) e della formazione (FAPI).
Infine per la parte economica si è definito a regime un aumento nel triennio pari a 108 Euro per i livelli di
riferimento C1 per cartotecniche e 6 per grafici/informatica-servizi innovativi, un aumento corrispondente
a circa il 6,2 %.
3.3 LE NOSTRE PROPOSTE
I problemi che affliggono il settore della carta sono evidenti e chiari. C’è bisogno di una politica industriale
con una prospettiva di medio e lungo periodo.
Alcune misure sono più urgenti, come il costo dell’energia da diminuire attraverso diverse politiche
energetiche nazionali, per il settore della produzione della carta, incentivi all’innovazione attraverso il
rifinanziamento del credito agevolato per le imprese della filiera e credito d’imposta a favore delle imprese
produttrici di prodotti editoriali, dell’industria grafica, cartotecnica e cartaria per gli investimenti in beni
strumentali, e in aggiornamento professionale e formazione continua dei lavoratori, nell’ambito del
necessario adeguamento tecnologico e produttivo.
Accesso al credito di imposta per investimenti pubblicitari e di comunicazione sulla stampa. E credito di
imposta per l’acquisto della carta per le imprese editrici e/o stampatrici.
Il Sindacato, insieme alle parti datoriali ed alle Istituzioni, ha oggi più che mai, la grande responsabilità di
governare questo processo e non lasciarlo andare al duro Darwinismo sociale ed economico.
Lo strumento principale per tentare di governare questo cambiamento epocale rimane il Contratto
Nazionale di lavoro.
L’intuizione della Uilcom, di creare un contratto unico di settore che rappresenti tutti i lavoratori della
filiera della carta è oggi più che mai attuale ed a questo punto indispensabile.
Le notevoli difficoltà che stiamo incontrando nel rinnovare i contratti per i lavoratori poligrafici e grafici, ci
convincono sempre di più del fatto che arrivare all’elaborazione e condivisione di un contratto unico di
settore, che dovrebbe rappresentare più di 200.000 lavoratori, ci permetterebbe di avere a disposizione
uno strumento indispensabile per affrontare questa crisi drammatica del settore e non sprecare
un’occasione storica, per la miopia e gli interessi di parti datoriali estremamente frammentate, e ormai
sempre meno rappresentative e autorevoli.
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4. SETTORE RADIO TELEVISIVO
A cura di Pierpaolo Mischi, Maurizio Lepri, Ottavio Bulletti
4.1 ANALISI DEL SETTORE
Il perdurare di una crisi economico finanziaria mondiale, tra la più crude degli ultimi decenni, la cui analisi di
molti Economisti e Sociologi cominciano a pensare che l’uscita non porterà assolutamente a modalità di
vita e di consumi uguali a come si era entrati, insomma difficilmente si tornerà a vivere come prima tanto è
vero che si sta coniando appunto il termine anglofono “NEW NORMAL”, ovvero che il mondo più sviluppato
si dovrà adattare al periodo di post crisi: tassi crescita più moderati che in passato, ma soprattutto
ripensare ad una società diversa, alla luce della nuova situazione.
Tale crisi non ha risparmiato neanche il settore dei media, nel mondo, in Europa e di conseguenza in Italia.
Un settore che vive da sempre di introiti pubblicitari o di abbonamenti alle Pay TV. In questo contesto che
ha travolto tutto, come fiume in piena, lasciando dietro di se macerie nella finanzia, nell'industria
tradizionale ma anche nel mondo dei servizi e della new economy, il 2013 è stato sicuramente l'anno più
difficile per l'intero comparto. La crisi della pubblicità si è fatta sentire, contribuendo a distruggere in
maniera irreversibile un patrimonio culturale importante riguardo le piccole tv o radio locali, e
determinando grosse novità, riorganizzazioni aziendali, cessioni di interi asset per le grandi realtà televisive
nazionali.
Si sta, non tanto paradossalmente, ridefinendo una nuova concezione di fare e di dare informazione e
intrattenimento; in breve, stanno avanzando nuove idee di offrire TV, avvalorate dalle nuove tecnologie
dalle nuove piattaforme (Internet, Pay tv, TV via cavo, Satellite, Digitale avanzato), ma soprattutto dai
cosiddetti Over the Top(OTT): Google, Amazon, Facebook, Netflix, NowTV ed altri o dei cosiddetti User
Generated Content (UGC) che stanno sconvolgendo l'intero scenario mondiale. La comunicazione, sia essa
d’informazione, formativa o d’intrattenimento è oggi sempre più audiovisiva. Lo sviluppo inarrestabile di
Internet ha introdotto un canale distributivo, che utilizzando infrastrutture di rete TLC già esistenti, ha
annullato di fatto i confini tradizionali della comunicazione.
Il risultato è quello di una sovrabbondanza nazionale ed internazionale di comunicazione, la
contemporanea crescita di consumi di comunicazione ed un forte processo di concentrazione dei player più
forti che assumo una forma sempre più meta-nazionale, quindi un nuovo modo di comunicare, un nuovo
modo di intercettare le nuove generazioni, il nuovo pubblico.
Siamo al centro di una nuova era, non solo tecnologica ma anche di visione socio-culturale, si apre il
dibattito sulla cittadinanza digitale, vero e proprio incrocio tra tecnologia e umanesimo. Qualunque nuova
tecnologia si misura non solo sulla conoscenza del suo funzionamento ma anche sul know how del suo uso.
Qui si apre un ulteriore ragionamento di grande attualità: i contenuti Over the Top (OTT) in riferimento alla
fornitura di video e audio su internet la cui fruizione non prevede la presenza di un gestore di sistemi
multipli. Di fatto l'OTT anche se a conoscenza dell’ Internet Protocol del pacchetto dati, può non essere
responsabile , ne di controllare la capacità di visualizzazione, copyright o altro modo di distribuire i
contenuti. Quindi in netto contrasto con l'acquisto o l'affitto di contenuti video o audio da un provider ISP
quali la Pay TV, l’On Demand o l’IPTV.
In definitiva il consumatore finale può accedere a tali infiniti contenuti, attraverso internet, utilizzando i
nuovi dispositivi portatili o fissi (computers, tablet smrtphone, Smart Tv di ultima generazione o addirittura
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semplici console da gioco: Playstation, Xbox, Wii). Nel 2012 il mercato video OTT è stato stimato in c.a. 8
mld di Dollari e si prevede raggiunga nel 2015 oltre i 20 mld di Dollari (fonte ABI RESEARCH). I Telespettatori
del WEB sono 27,5 milioni ( di cui 10 ml tramite smartphone) fruitori di 5 miliardi di video web. 23,5 ml
guardano You Tube di Google, 3,5 Mediaset, 1,8 Rai a cui vanno aggiunti3,5 ml che vedono programmi Rai
su You Tube (nel 2010 erano 3,2 ml). 20 su 22 milioni di famiglie possiede un televisore. Il 97% degli italiani
over 16 possiede un cellulare di cui il 62% uno smartphone ( fonte studio Prof. Celata).
Di qui l’innesco verso un meccanismo di concorrenza non propriamente leale a cui si aggiunge il fenomeno
della cosiddetta “Pirateria informatica “, problema legato al download illegale che da solo può valere circa 3
mld di € tutto a scapito dei soli Player tradizionali. Ci potrebbe essere un grande rischio di implosione di
sistema, non ultimo per importanza un grande rischio sull'occupazione del settore e dell'indotto che oggi si
attesta a oltre 25000 posti di lavoro comprendendo anche la RAI.
Ormai questo terzo millennio ci ha portato un nuovo potere, il sesto; ai tre poteri conosciuti, legislativo,
esecutivo e giudiziario, a cui si era aggiunto il quarto potere, quello della stampa, interprete dell’opinione
pubblica da parte di chi sapeva trainarla.
Negli anni ’70, si considerò la TV e Radio un nuovo quinto potere svincolato dai media cartacei e dal
tradizionale metodo di proporre notizie. Le nuove piattaforme, app, multimedialità, siti web, tutto ciò che
può essere considerato rete internet, utilizzabile dai diversi apparati, ha le caratteristiche del nuovo sesto
potere. Il digitale in definitiva, presenta i contenuti e le forme della stampa e della TV, in forma elettronica;
si rivolge allo stesso pubblico, a cui poi aggiunge quello dei servizi informatici e di tlc. Gli contende il
mercato di accesso alle notizie e alla pubblicità: punta all’eliminazione inesorabile del supporto cartaceo
della stampa, in favore del proprio supporto a schermo, provando quindi ad inglobare anche il supporto
dello schermo tv, nel proprio schermo grazie al vantaggio di trasmettere gli stessi contenuti con molti più
servizi di raccordo e contorno.
Se stampa e TV (quarto e quinto potere) erano riusciti a coesistere per qualche decennio: la prima con la
notizia, la seconda con l’intrattenimento e lo spettacolo. Il digitale, quale attuale media omnicomprensivo
potrebbe decretare nel tempo, purtroppo lo aggiungiamo noi, la possibile fine dell’era della stampa
cartacea.
Diverso ragionamento per la TV. La digitalizzazione in Europa, l’utilizzo della banda larga e ultra larga negli
USA può, in definitiva ridefinire le condizioni della TV, quale attore digitale completo.
4.2 GLI AMBITI CONTRATTUALI/AZIENDALI
a) Gruppo Mediaset
In piena riorganizzazione da due anni, forte concentrazione nella riduzione dei costi, compreso il costo del
lavoro (risparmi complessivi nel biennio, - 450/-500 milioni di €).
Forte accelerazione nella diversificazione delle piattaforme di utilizzo del cliente fruitore o dell’abbonato a
premium.
Investimenti in tecnologia, lancio di nuovi canali tematici sul Digitale terrestre dopo lo switch off , lancio di
nuove formule sulla pay tv (infinity, on demand), CANALE ALL NEWS.
Sicuramente il gruppo Mediaset, pur mantenendo il profilo core tipico della TV Generalista più tradizionale
sta intraprendendo nuove vie che il nuovo mercato TV sta proponendo, come accennavamo in precedenza,
sicuramente la Pay TV: si cercano nuovi partners stranieri (Fondi Arabi, Gruppi Spagnoli) che portino capitali
freschi da investire in acquisizioni di diritti sportivi e intrattenimento (films, serie tv, etc.) o possibili fusioni
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di asset. L’acquisizione, magari in esclusiva (vedi Diritti Tv della Champions League nel prossimo triennio)
sono fonte indispensabile, molto dispendiosa per poter essere al passo con una concorrenza sempre più
agguerrita.
b) La 7
Nell’autunno 2012 il gruppo televisivo passa dal mondo Telecom a Cairo Editore.
Lo scorso anno è stato un anno di studio da parte della nuova proprietà; riposizionamento e ridefinizione
anche sui palinsesti con la contemporanea finalità del ripianamento del bilancio e della contrazione dei
costi. Non ultimo il costo del lavoro.
Il 2014 ci auspichiamo sia un anno di svolta, l’audience è comunque in crescita il posizionamento del nuovo
palinsesto, non più solo di nicchia e fortemente caratterizzato, come in passato su talk e dibattiti politici.,
bensì anche verso l’intrattenimento tradizionale.
L’occupazione a nostro dire dovrà comunque traguardare ad una sempre maggiore stabilità interna.
c) Gruppo Sky
Anch'esso in continua lotta continua con riduzione di costi, siamo nel mezzo di una riorganizzazione interna
che vede il possibile trasferimento di lavoratori da Roma a Milano. Inevitabili gli investimenti in tecnologia:
trasmissione degli eventi sportivi, intrattenimento e news in HD e 3D. Non dimenticando comunque la
continua ricerca per l'acquisto dei diritti in esclusiva non solo degli eventi sportivi. La diversificazione delle
piattaforme di utilizzo (tablet, smartphone) e non ultimo anche l'ampliamento del raggio di azione sui
palinsesti anche verso l'intrattenimento puro. Il tutto per continuare a fidelizzare il cliente oggi non più in
grado di spendere cifre importanti sull'abbonamento alla Pay TV.
d) RAI
La flessione del settore, come abbiamo già accennato, si fa ancora più seria riguardo i ricavi delle TV
generaliste "gratuite". Come è facile intuire, questi dati possono incidere tanto sull'offerta quanto sui
modelli occupazionali.
La crisi di sistema, oltre a mettere a repentaglio migliaia di posti di lavoro, cosa già accaduta tra le piccole
emittenti locali, può porre in seria discussione il diritto fondamentale dei cittadini di essere formati e
informati.
Di qui il ragionamento sulla RAI, che, resta uno dei maggiori media di servizio pubblico a livello europeo. Va
comunque sottolineato come anche la Rai abbia dovuto fare i conti con ristrutturazioni interne, peraltro
gestite in maniera responsabile a cominciare dalla UILCOM, attraverso l’accordo della scorsa estate e
problemi sempre maggiori di bilancio, anche se si ipotizza il pareggio nell’anno in corso. Il tutto mentre si
sta completando il passaggio alla digitalizzazione. Perdere terreno sul fronte tecnologico, avrebbe avuto
come diretta conseguenza quella di perdere quote di mercato o fette pubblicitarie a totale vantaggio dei
competitor, mentre le Pay Tv continuano a fidelizzare il proprio pubblico con offerte sempre più allettanti.
Non volendo, con questo mettere in discussione il valore delle altre aziende radiotelevisive, si vuole
evidenziare come la mission del servizio pubblico RAI abbia un ruolo diverso rispetto a quello dei suoi
maggiori competitor.
Le differenze sono di ordine ontologico: le Pay Tv, e le offerte private più in generale, non hanno una
missione specificatamente formativa che dovrebbe invece contraddistinguere la Rai. Ed è proprio il valore
pedagogico/culturale che in un periodo di grande crisi di identità, quale quello do oggi, torna a farsi sentire
come essenziale.
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Non dovendo seguire stringenti logiche di mercato, la Rai ha una responsabilità maggiore nei confronti dei
cittadini. Responsabilità che, se da una parte la grava di maggiori oneri, di contro le rende un ruolo di primo
piano come fabbrica culturale del paese.
Per questo apprezziamo la recente decisione RAI di un cambio di rotta verso l’internalizzazione della
produzione televisiva, segnale in controtendenza anche rispetto alle delocalizzazioni, con tutte le
caratteristiche per essere considerata come importante fonte di occupazione, come nuovo elemento
identitario, come progetto da mettere a sistema perché in grado di competere con le produzioni
internazionali.
Un breve passaggio sul rapporto tra pubblicità e Rai. Tutto il servizio pubblico europeo ha un sistema misto.
Le quote degli introiti pubblicitari sono variabili e l'Italia si colloca tra i paesi in cui tale cifra è più
consistente. A questo, però, va aggiunto come il nostro sia uno tra i paesi che meno investe nel servizio
pubblico in rapporto al PIL prodotto (0.17% contro lo 0.40% degli inglesi e lo 0.34% dei tedeschi).
In questo periodo é oggetto di appassionato dibattito l'argomento connesso al rinnovo della convenzione
Rai/Stato ovvero la possibilità, attraverso l'introduzione di uno specifico bollino, di dividere ciò che è
finanziato dal canone da quello proveniente da introiti pubblicitari. Questo sarebbe un avvenimento unico
in tutto il panorama europeo, impattando negativamente sul ruolo del servizio pubblico.
e) Tv Locali
Un accenno anche Tv locali, la crisi ha colpito in modo particolare questo segmento già storicamente in
difficoltà, come affermavamo in precedenza, sta disperdendo e distruggendo un vero patrimonio culturale,
e d'informazione localizzato. Moltissime emittenti hanno chiuso i battenti riconsegnando addirittura le
concessioni sulle reti trasmissive, altre sono in condizioni di mera sopravvivenza, attraverso ristrutturazioni
pesanti che hanno coinvolto centinaia di addetti: tecnici, operatori, impiegati, giornalisti, costretti a
processi di mobilità cassa integrazione o contratti di solidarietà con il ricorso, attraverso accordi sindacali
ai cosiddetti Ammortizzatori in Deroga che purtroppo hanno interessato solo parte dei lavoratori.
La trasformazione che accennavamo in precedenza, il cambiamento tecnologico in atto così dirompente,
così veloce accompagnato anche dal sistema di regole vigenti in Europa ed in Italia che vede l'attuazione
ormai definitiva del digitale terrestre (DDT) impone un focus anche su possibili nuove alleanze e strategie
dei grandi network nazionali sul sistema trasmissivo e delle reti/frequenze con una interconnessione
sempre più spinta verso i grandi operatori di reti tlc.
f) Radio
Il mondo delle Radio in apparenza sembra vivere in un contesto diverso, seppur attraversato da questa
lunga crisi, con forti ridimensionamenti sugli introiti pubblicitari, i segni negativi sono di fatto minori che nel
mondo TV, questo scenario non può comunque ingannarci.
Il fenomeno Radio in Italia sia per le Nazionali, Locali e Pubblica è un fenomeno anomalo. Lo sviluppo
tecnologico è di fatto più lento. La tecnologia digitale e la conseguente digitalizzazione ( DAB+), iniziata già
da qualche anno in Europa, (la sola Norvegia ha stabilito nel 2017 la data dello switch off , spegnimento
dell’ analogico) è ancora non molto diffusa in Italia e registra difformità territoriali: più ampia al nord, meno
evidente al centro/sud. Tale diffusione è oltre modo rallentata per via di un ricambio sugli apparecchi radio,
predisposti al DAB nelle auto e nelle case, ancora poco commercializzati.
Una riflessione va invece assolutamente fatta sui nuovi sistemi di diffusione e memorizzazione della musica
tra i vari utenti e tra le varie generazioni: il download, sistemi avanzati sul cloud, nuove app su smartphone
e tablet (iTunesradio, Spotify etc.) che danno l’opportunità di avere veri propri archivi musicali
personalizzati, attraverso proprie playlist stanno radicalmente cambiando il modo di ascoltare, catalogare,
visionare la musica. In questo nuovo mondo la Radio quale futuro avrà?. Riuscirà ancora una volta a
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superare, in modo pressoché indenne, gli usi e le abitudini delle nuove generazioni di fruitori, così come è
accaduto fino ad oggi?
g) Le Reti/Frequenze
Il gruppo Mediaset ha nuovamente acquisito il gruppo DMT, costituendo una nuova azienda E.I. Towers.
E’ proprio di queste settimane la possibile integrazione e possibile futura fusione del gruppo RETE A
(l'Espresso) in TIMB (Gruppo Tlecom) lo stesso Gruppo Telecom potrebbe acquisire le torri di 3G (qualora 3
e Wind si fondessero).
Quanto alle paventate operazioni su RAY Way tese alla vendita dei ponti radio, poi rientrate, la posizione
della UILCOM resta quella, di netta contrarietà, già affermata in tutte le sedi istituzionali.
A nostro parere il risultato di questa politica industriale avrebbe comportato per la RAI la perdita
dell'autonomia e della fisionomia aziendale che costituisce tratto essenziale per l’erogazione di un servizio
super partes.
In breve, quello delle frequenze è uno scenario nuovo che vede un riassetto in continua evoluzione, visto
l'avvento di nuove opportunità di business (affitto/ cessione frequenze e torri) non ipotizzabili fino a
qualche mese or sono.
h) Le Parti Datoriali
L'altra grande novità che si è delineata nel comparto televisivo è stata quella di un definitivo riassetto del
mondo associativo datoriale del settore.
La FRT confluendo nella nuova CONFINDUSTRIA TV ha dato modo di completare un progetto, partito anni
or sono che per la prima volta vede in prima linea anche la RAI.
La UILCOM considera tale iniziativa molto importante e meritevole della massima attenzione: avere un
interlocutore unico in questo scenario di grandi cambiamenti strutturali, tecnologici e culturali, quali quelli
attuali, pone le basi per affrontare al meglio possibili nuovi sviluppi, in un contesto di filiera vera e propria
e non attraverso interventi spot non sempre collegati tra loro.
4.3 LE NOSTRE PROPOSTE
Occorre oggi far maturare quanto prima, congiuntamente alle Imprese, l'idea di rinnovare il contratto del
settore Radiotelevisivo privato, parallelamente a quello Rai, anche esso scaduto .
Per l'Emittenza Privata crediamo sia auspicabile nell'immediato prospettare una soluzione transitoria, che
compensi in maniera adeguata le spettanze economiche nel rispetto delle naturali decorrenze contrattuali
e parallelamente porre le basi per il futuro assetto delle aziende del comparto.
E’ indispensabile affrontare, attraverso i fondi bilaterali di solidarietà, la tematica degli ammortizzatori
sociali specifici del settore, indispensabili a garantire una buona tenuta occupazionale, senza ricorrere alle
deroghe la cui ultima legge di stabilità ha fortemente modificato e ridimensionato. Così come, occorre
aggiornare e rivisitare tutto il capitolo del mercato del lavoro, le cui recenti riforme hanno di fatto reso
inapplicabili le normative in essere.
In ultimo, e non per importanza, occorre dare attuazione ,contestualmente al rinnovo del contratto stesso,
all'assistenza sanitaria di settore e al recupero salariale nelle aziende in cui non c'è stata mai la possibilità di
sviluppare una contrattazione aziendale specifica.
Per la Rai occorre senza dubbio affrontare in modo sempre più convinto una revisione dell'intera struttura
salariale, ormai superata dai tempi, ed affrontare in modo deciso i nuovi modelli venutasi a creare sia con
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l'avvento delle nuove tecnologie, sia con le nuove figure professionali che su tali tecnologie dovranno
operare. Non ultimo per importanza, affermiamo sia giunto il momento di dover regolare un nuovo
perimetro attinente le attività. Quale è e quale sarà la giusta attività svolta dal giornalista. La possibilità di
scrivere e commentare una notizia, uno scoop o anche quella di montarla tecnicamente e o mandarla in
onda su qualsiasi piattaforma tecnologica, complessa e non.
Questo è un altro interrogativo che ci poniamo. É condivisibile affermare che i nuovi sistemi d’integrazione
e montaggio, sia audio che video si sono semplificati nel tempo, ma non per questo si è autorizzati ad
erodere attività squisitamente tecniche alle attuali figure professionali.
Dalla TV pubblica, cosa ci aspettiamo invece? Uno slancio che la riposizioni al centro della scena italiana e le
restituisca un’immagine di primo piano anche in Europa.
Essere leader significa essere in grado di andare controcorrente anche con il rischio di risultare impopolare.
Non accontentare un pubblico con format di largo consumo ma formare una società informata e curiosa.
Ecco perché pensiamo che non siano ancora maturi i tempi affinché si possa pensare di convogliare tutte le
realtà – pubbliche e private – all’interno di un unico contratto di servizio.
Non avendo la stessa mission, la stessa filosofia, esse non potrebbero coabitare in uno stesso spazio. E se
questo può andar bene per altri settori, è forse ancora poco maturo il nostro mercato per pensare che
possa essere lo stesso per la famiglia dei MEDIA. Un altro tipo di “avvicinamento” sarebbe invece non solo
possibile ma bensì auspicabile.
Pensare di creare una rete di TV pubbliche europee che lavorino fattivamente e si integrino per dare vita a
produzioni su larga scala o per competere con gli attori privati, è assolutamente realizzabile.
Immaginare che Rai, BBC etc, possano collaborare è assolutamente coerente con quelle che sono le loro
linee guida. Formare i cittadini dando loro un quid in più in termini di qualità e contenuti dal tratto europeo
e quindi comunitario, farebbe assolutamente bene in un momento come questo in cui è forte il bisogno di
riaffermare una comune appartenenza.
Concessione del servizio pubblico radiotelevisivo. Il 9 maggio 2016 scade la Convenzione con la quale lo
Stato affida in esclusiva alla Rai la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo. Iniziare a discuterne
due anni prima può sembrare prematuro, ma se il confronto sul futuro della Rai dovesse aprirsi solo a
ridosso di questa scadenza, la ridefinizione della sua mission e la sua nuova configurazione sarebbero
inevitabilmente pregiudicate dall’attuale assetto istituzionale e legislativo, a partire da una legge che si è
rivelata non adeguata come la Gasparri.
Noi crediamo sia giusto che nascano iniziative tendenti ad affermare un metodo nuovo, partecipato e
trasparente; avviando un’ampia consultazione sul rinnovo della Concessione che coinvolga non solo i
rappresentanti delle istituzioni ma anche la scuola, le università, le associazioni culturali, i dirigenti e i
dipendenti della Rai e le forze intellettuali più vivaci dell’industria audiovisiva e dell’editoria (produttori,
sindacati, autori, giornalisti, ecc.). Con questa iniziativa intendiamo trasformare un semplice atto
amministrativo in una riflessione collegiale sul ruolo del Servizio pubblico rispetto ai diritti di cittadinanza,
al diritto d’accesso, alle modalità di diffusione della cultura e dell’informazione, e allo sviluppo dell’industria
della comunicazione del nostro paese.
Il contesto entro il quale prenderà corpo la nuova Convenzione non avrà nulla a che fare con l’angusto
oligopolio televisivo degli ultimi trent’anni, bensì con i nuovi confini tracciati dalla “rete che avvolge tutto il
mondo”: un territorio popolato da miliardi di persone, espressione di una intelligenza collettiva, ma già
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stabilmente presidiato dai grandi network della comunicazione globale che dispongono di tecnologie
proprietarie e chiuse che, di fatto, plasmano valori, comportamenti e modelli di consumo culturale.
A livello nazionale la sovrabbondanza di canali informativi ed entertainment pone una riflessione serissima
di utilità del ruolo del Servizio Pubblico. Né questa criticità può essere sanata assegnando al Servizio
Pubblico, specie per l’informazione, una sorta di ruolo di garanzia che può venire soltanto dalla molteplicità
di operatori. La proiezione sulle piattaforme web risulta sempre più decisiva per concorrere nelle audience
che si affacciano sui siti web e che tendono a crescere con lo spostamento anagrafico dei più giovani.
In questo contesto, è ancora valida la mission attuale del Servizio pubblico, cioè la Rai, per come si esprime
nei contratti di servizio, nella convenzione con lo stato e per come si esprime nella sia gestione effettiva?
La Rai è ancora oggi la più importante industria culturale del nostri Paese?
Nello scenario sopra delineato, com’è possibile declinare questa importanza?
L’industria culturale italiana, salvo alcune eccezioni, ha affrontato con qualche ritardo e con qualche
timidezza sul piano del pricing e delle nuove forme di pubblicità le nuove sfide delle piattaforme digitali e
marca ancora ritardi, salvo alcune eccezioni, sulla sua proiezione internazionale, che non è proporzionale ai
risultati che libri, film, serie televisive hanno conseguito sul mercato nazionale.
A nostro parere la mission che deve assumere la Rai è quella non solo di mantenersi come la più importante
industria culturale del nostro Paese ma è quella di assumere il ruolo di attivatore della proiezione
complessiva dell’industria culturale italiana sul web e sul mercato internazionale. Questo nella
consapevolezza che oggi la proiezione sul mercato internazionale può utilizzare lo straordinario strumento
del web.
Domanda: questo ruolo può essere meglio svolto con un’alleanza tra l’industria dei contenuti nel suo
complesso e l’industria delle telecomunicazioni considerando anche la possibilità di aggregazione a livello
europeo? Se si quali garanzie per il mantenimento di alcune specificità e controllo nazionale sui sistemi di
diffusione ?Le risposte a queste domande vorremmo si sviluppino anche nei dibattiti congressuali.
Questo elaborato relativo al settore Radio-Televisivo nel suo complesso è il frutto di alcune analisi e
proposte che la Segreteria Nazionale ha inteso fornire alla discussione e al dibattimento che, partendo dalle
assemblee congressuali nelle aziende del comparto e via via nei contesti Territoriali e Regionali, si
svilupperà nella fase congressuale UILCOM per arricchirsi, come ci auspichiamo, con il contributo di tutti.
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5. PRODUZIONE CULTURALE
A cura di Fabio Benigni , Romeo Ballarini
5.1 ANALISI DEL SETTORE
Ciclicamente, dalla 13° Legislatura , proponiamo riflessioni e ragionamenti di intervento sulle coordinate
che regolano i Settori della produzione culturale.
Alcune, pur se costanti e storiche quali Risorse , Leggi di Sistema (Cinema-Spettacolo dal vivo -Welfare)
rimangono da sempre attuali e, oggi più che ieri, hanno urgenza di essere affrontate .
Tra le priorità, la protezione sociale dei lavoratori, il ridisegno dei modelli contrattuali, il mantenimento
delle professionalità e dei mestieri che garantiscano la qualità produttiva, sono titoli che racchiudono ritardi
e urgenze e che hanno registrato significative convergenze in più di una piattaforma comune fra le parti
sociali del Settore.
Abbiamo riscontrato anche in questa ultima Legislatura un modello relazionale istituzionale con le parti
sociali del tutto insufficiente , anche se va registrata una positiva controtendenza da parte dell’ormai ex
Ministro Bray che ringraziamo per la sensibilità manifestata su molti dei problemi da noi sollevati, che
purtroppo non hanno avuto le dovute risposte in modo compiuto.
Prima di affrontare il tema delle protezioni sociali (disciplina pensionistica - reti protettive –forme
occupazionali) e sui recenti provvedimenti delineati dai conseguenti decreti e disegni legislativi vorrei
inquadrare dentro a quali peculiari coordinate è inserito il nostro mondo del lavoro.
La caratteristica dell'occupazione nei nostri Settori è "per lo più" strutturalmente discontinua e
intermittente . I dati ex-ENPALS ci dicono che nei comparti cinema-musica-teatro i lavoratori discontinui
rappresentano, nel 2012,circa l'85% degli iscritti al Fondo
Le tipologie di contratto sono a tutt'oggi molto articolate: lavoro dipendente, lavoro autonomo (partite iva
e collaborazioni varie), contratto di scrittura ( a metà tra lavoro autonomo e subordinato) che prevede una
serie di obblighi per l'artista che sono tipici del rapporto di lavoro subordinato e che le prestazioni artistiche
dal punto di vista previdenziale ancorché effettuate in forma autonoma , hanno il carattere della
subordinazione.
Nelle produzioni cine-tv la delocalizzazione abbatte l'occupazione italiana e uccide tutto l'indotto
industriale (teatri di posa, mezzi, tecnologie, artigiani) oltre al danno per la collettività per minori
versamenti Irpef, Enpals/Inps, I.V.A, etc.
La delocalizzazione per noi è sempre stata un errore, un investimento mancato nelle professionalità
nazionali, un uso sbagliato, soprattutto per il Soggetto Pubblico, di economie nazionali. Non perderemo
occasione di denunciarne l'infondatezza, anche perché non ci è stato dimostrato l'effettivo ritorno
economico nel perseguire la delocalizzazione produttiva e rimane forte il dubbio che, se ci sono, le
convenienze siano del tutto individuali. Comunque danneggiano il sistema e l'industria del Cineaudiovisivo.
Le giornate lavorative annue complessivamente intese nel settore, in tutte le sue articolazioni professionali
sono mediamente 100 (ne occorrono 120-260 per l'accredito annuo pensionistico per i gruppi A ( Lavoratori
a tempo determinato direttamente connessi alla produzione di spettacolo o di intrattenimento) e B
(Lavoratori sempre a tempo determinato, ma non direttamente connessi direttamente alla produzione).
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Altro elemento è la frammentazione contributiva in altri regimi pensionistici pari in alcuni settori di media
a un terzo delle giornate annualmente lavorate (giornate lavorate fuori dall'ambito della produzione
culturale e dello spettacolo con problemi connessi alla eventuale ricongiunzione di tipo oneroso).
Sul versante previdenziale, come parti sociali abbiamo sempre stigmatizzato come i decreti legislativi 182 e
166 di forzata e approssimata "armonizzazione" del nostro Ente Previdenziale (ex ENPALS) alla L.335
(riguardante la riforma dell'assicurazione generale obbligatoria che ha innalzato per esempio, il numero
delle giornate per l'accredito annuo e vari fattori -es: la breve durata e la discontinuità strutturale dei
rapporti di lavoro con il conseguente difficoltoso accesso alle prestazioni pensionistiche - ) hanno
determinato un forte squilibrio nell’ erogazione delle pensioni.
Basti pensare che (fonte ex-ENPALS) a fronte di oltre 300.000 posizioni assicurative attive c’è oggi una
effettiva erogazione previdenziale di sole 55.000 pensioni comprensive di quelle di anzianità/vecchiaia,
invalidità e superstiti/reversibilità ed un avanzo di bilancio dell'ENPALS di 2 miliardi di euro con un trend di
crescita annua di 300 milioni annui tutti finiti nel fondo dell’INPS.
Questi numeri, sono la rappresentazione plastica di quanta flessibilità e precarietà esiste nel Settore tale
da non consentire a gran parte dei Lavoratori interessati il possibile raggiungimento delle 120 giornate di
lavoro annue minime utili per i tempi determinati al fine di ottenere l’accreditamento di un anno di
anzianità ai fini previdenziali.
I profili artistici sono esclusi a tutt'oggi da un R.D.L.(n. 1827 del 1935) dall'assicurazione obbligatoria contro
la disoccupazione involontaria, anche se sembrerebbe ravvisarsene il superamento tra le norme collegate
all'istituzione dell'ASPI.
Abbiamo una molteplicità di contratti collettivi desueti e non inclusivi dell'insieme delle figure professionali
del Settore (in particolare quelle artistiche) che, se pur importanti, sono incagliati nelle secche del non
rinnovo.
Esiste un dualismo, sempre meno sostenibile, tra i pochi comparti che mantengono una capacità negoziale
forte e una precarietà diffusa che si traduce in una sistemica riduzione del livello dei diritti e una
mortificazione della qualità professionale, un abbassamento di attenzione sulla sicurezza del lavoro, in
sintesi un humus ideale per un’alta evasione ed elusione sia contributiva che fiscale.
Registriamo per la prima volta positivamente che nella proposta di riforma del mercato del lavoro esiste
l'estensione dell'assicurazione sociale per l'impiego (ASPI) e l’auspicabile estensione del mini ASPI
(sostitutiva dell'attuale sostegno alla disoccupazione con requisiti ridotti) anche per il settore Artistico.
Perdura lo stallo nella programmazione e il crollo della produzione culturale teatrale sia di Prosa che di
Musica che certamente è anche da ricondurre ad un vuoto di leggi di Sistema regolatrici dei Fattori
Economici e del Welfare. Siamo orfani di disegni riformatori veri, solo interventi per singoli comparti si è
riusciti ad attivare con grande fatica: basti pensare a cosa abbia significato, in positivo, l'attivazione delle
leve fiscali per il Cinema.
A fine 2013 è stato sottoscritto un accordo storico tra l’Anica e le OO.SS. di Categoria finalizzato ad offrire
anche ai Lavoratori del Cineaudiovisivo, con prestazioni tipicamente occasionali e intermittenti, la
opportunità di fruire della Previdenza Integrativa Byblos come previsto contrattualmente per i pochi
Lavoratori dello Spettacolo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Questo risultato frutto dell’impegno da tempo profuso dalla nostra Organizzazione, si inserisce in un più
ampio programma di interventi di welfare per il Settore dello Spettacolo, Sport e Intrattenimento
fortemente caratterizzato da prestazioni autonome, discontinue e occasionali che per loro natura, sono da
sempre poco tutelate in ambito di welfare sociale.
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5.2 AMBITI CONTRATTUALI/AZIENDALI
a) Fondazioni Lirico Sinfoniche
Purtroppo tutte le contraddizioni insite nella trasformazione degli enti lirico sinfonici stanno arrivando a
maturazione.
Costituire Fondazioni senza patrimonio, ma alimentate soltanto da risorse correnti mentre le risorse
pubbliche diminuiscono a causa delle manovre di rientro dal deficit; Ritenere possibile trasferire e imputare
consistenti finanziamenti pubblici statali sugli Enti Locali territoriali e ai soggetti privati senza elementi di
efficace vantaggio; Il prevalere di un pregiudizio ideologico verso le forme di produzione culturale e puntare
su un modello produttivo di non stabilità occupazionale e qualità produttiva (Petruzzelli); Pensare che la
privatizzazione e il cambio della natura giuridica delle Fondazioni, avrebbe consentito di far nascere
manager efficienti e responsabili, si sono dimostrati tragici errori concretizzatesi nel fallimento della Legge
367 che, pur frutto di una intuizione importante, non ha avuto le strumentazioni indispensabili per potersi
tradurre con efficacia.
L'ultima relazione della Corte dei Conti ed un rapido esame dei bilanci consuntivi 2010/2011 evidenzia un
debito strutturale delle Fondazioni Lirico sinfoniche di oltre 340 milioni di euro che cresce tra i 40 e i 50
milioni l'anno, in molte fondazioni il patrimonio è stato abbattuto di oltre il 30% e si è proceduto per lo più
da commissariamento in commissariamento senza soluzione di continuità e senza risolvere i problemi
strutturali. La produzione di spettacoli si è notevolmente ridotta per provare a correggere l'andamento
economico, in modo tale da non far svolgere più a molte Fondazioni il prioritario interesse pubblico per cui
sono state costituite; parte dei Sovrintendenti sono paralizzati dalle loro paure (non tutti ovviamente) ed
incapacità imprenditoriali aspettando che il Governo risolva per loro i problemi.
I debiti sono per circa il 70% nei confronti del sistema bancario, a breve termine ed in molti casi
difficilmente esigibili, i rimanenti nei confronti di fornitori, artisti ed istituti; questo genera illiquidità,
sfiducia e rischi di insolvenza. Se si fosse in un sistema di impresa normale oltre il 60% delle Fondazioni
avrebbe dovuto portare i libri in tribunale.
Il Governo ed il legislatore nel corso di questi ultimi anni, mentre continuavano a tagliare le risorse, causa
del meccanismo perverso sopra indicato, hanno trovato facile individuare nel costo del lavoro l'unico
elemento responsabile di tale situazione e con atti di dirigismo inaccettabili hanno minato l'autonomia delle
parti, il contratto nazionale e la contrattazione aziendale, gli elementi economici della retribuzione, la
possibilità di avere organici coerenti alla programmazione artistica.
Pensiamo sia stata una scelta facile, irresponsabile e che non ha affrontato i problemi che stanno alla radice
del sistema. Occorre affrontare l'emergenza e la soluzione di alcuni nodi strutturali, crediamo che il nodo
vada sciolto intorno ad un sistema nazionale articolato su base territoriale riprendendo lo spirito della
Legge 800 ed intorno ad un contratto nazionale che deve riacquistare il ruolo fondamentale di autorità
regolatoria salariale e normativa con una autonomia sempre più sviluppata delle Fondazioni centrata sulla
responsabilità in solido dei Sovrintendenti e dei Consigli di Amministrazione.
b) Cine-audiovisivo
La platea dei lavoratori ha subito nel tempo un continuo prosciugamento delle occasioni di lavoro nel
cinema, quello “importante” , riconosciuto in tutto il mondo, che ha segnato e imposto uno stile di vita.
Abbiamo assistito ai vari tagli nel Settore e a minori investimenti delle committenze, con crisi di parte
dell'imprenditoria storica del cinema, tutti fattori che hanno portato stagioni da 300 film all'anno alle
riduzioni degli ultimi anni con molti produttori che si sono dovuti rifugiare nella produzione televisiva che
almeno cuba complessivamente più settimane di lavoro per gli addetti.
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Nel 2008, ad esempio, i film prodotti in Italia sono stati 82 per 512 settimane di lavoro contro le 49 fiction
che hanno però generato 1058 settimane; nel 2009 - 77 film per 493 settimane contro le 60 fiction per 954
settimane; nel 2010 - 63 film per 435 settimane contro le 63 fiction per 891 settimane; nel 2011 83 film
per 527 settimane contro le 53 fiction per 746 settimane ed il trend sta proseguendo con andamenti simili.
La migrazione dei lavoratori dal cinema alla produzione televisiva ha avuto il vantaggio dell'alta
professionalità che questi hanno portato per quel tipo di prodotti, per cui la stagione di quel tipo fiction è
stata sicuramente memorabile. In Italia più che altrove è stato evidente il passaggio dallo sceneggiato
televisivo alla fiction.
Ora la costante generale diminuzione di settimane lavorative, nel cinema e nella televisione,
contemporanea alla crisi della produzione di spot pubblicitari, legate sicuramente ai temi generali della crisi
globale ma anche ad una scellerata scelta politica di riduzione di investimenti per questa industria, ha
portato alla perdita di tante capacità professionali.
In particolare la produzione televisiva, legata sostanzialmente al duopolio Rai-Mediaset, ha subito altri
contraccolpi. Il tema prioritario, si chiama delocalizzazione, evento partito con le prime esportazioni di
progetti italianissimi ambientati in località straniere dal 2008, arrivati a 183 settimane di lavoro nel 2010
con una timida anche se importante flessione solo nel 2011.
Ultimamente, la decisione presa in RAI di internalizzare la produzione televisiva, al di là della legittimità
della decisione aziendale, pur condizionando un progressivo smantellamento di un'industria
cinematografica, penso che abbia tutte le caratteristiche per essere considerata in prospettiva come
importante fonte di occupazione, come nuovo elemento identitario, come progetto da mettere a sistema
perché in grado di competere con le produzioni internazionali.
É necessario proprio partire dalle politiche produttive della Rai per dare un chiaro segno di inversione di
tendenza.
Il Tax-credit e Tax-shelter hanno attenuato un pò i processi di delocalizzazione produttiva ma all'aumento
del prodotto italiano non sempre ha corrisposto un dato positivo al box-office
Un giudizio positivo va espresso su come abbiamo affrontato il ridisegno organizzativo-funzionale di
Cinecittà- Luce coerenti agli atti di indirizzo e alla "messa in sicurezza dei Lavoratori" in una ottica di non
dispersione delle professionalità. Speriamo di ripartire da qui per il futuro ridisegno e impegno sul Cinema
Pubblico che dovrà trovare una sua ossatura nella legge di Sistema.
c) Teatri
L’Ente Teatrale Italiano (ETI), nato con la Legge 365 del 19/03/1942 avente lo scopo di promuovere e
diffondere le attività teatrali e di prosa, musica e danza sul territorio Nazionale e Internazionale, attraverso
una politica di valorizzazione e scambi del patrimonio culturale è stato soppresso, con la nostra ferma
opposizione, dal Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010 . Ad esso era anche legata la gestione dei quattro
Teatri: il Valle e il Teatro Quirino di Roma, il Teatro Duse di Bologna e il Teatro della Pergola di Firenze.
Questo enorme patrimonio culturale, è stato immolato sull’altare della logica dei tagli pubblici nel nostro
Paese, non rendendosi assolutamente conto, per assai poca sensibilità culturale, del grave danno che si
andava realizzando.
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Oggi, non abbiamo più una visibilità internazionale della nostra elevatissima scuola teatrale che avrà grandi
difficoltà a mantenersi sul piano della formazione professionale. Non vengono inoltre più promosse
all’estero le nostre opere riconosciute e apprezzate da sempre in tutto il mondo.
Tutto questo si è portato dietro gravi problemi di tenuta sociale nell’indotto, siamo almeno riusciti con leggi
mirate a salvaguardare tutta l’occupazione ora impegnata presso il MIBAC.
Anche la tenuta e i tempi delle rinnovazioni contrattuali, del Settore teatrale, hanno registrato un forte
arretramento in quanto l’ETI aveva da sempre svolto nel comparto un ruolo trainante e di riferimento nelle
politiche contrattuali. Ad oggi infatti abbiamo ancora i tre contratti scaduti ( Teatri Stabili, Teatri Privati e
Compagnie di giro) da diversi anni e una dichiarata difficoltà datoriale a poterli rinnovare, data la loro non
sostenibilità economica. Ci sono comunque affidamenti con la nuova presidenza Agis, che a breve
potranno partire i primi confronti di merito.
d) Esercizi Cinematografici
Il 31 dicembre 2013 avrebbe dovuto segnare la “morte” della pellicola cinematografica con la totale
digitalizzazione delle sale cinematografiche.
C’è un qualche ritardo specialmente per i circuiti più piccoli che hanno più difficoltà economiche ad
effettuare i necessari investimenti e così , tolti i grandi gruppi THE SPACE e UCI CINEMAS, si è ad inizio
2014 intorno al 70% circa della copertura digitale delle sale.
Il passaggio al digitale ha comportato , di fatto, la fine della figura professionale del proiezionista,
soppiantato dalla nuova tecnologia, che ha modificato e ridotto i suoi tempi di lavoro almeno dell’80%.
Potete immaginare la ricaduta sociale di questo processo che ci ha obbligato ad un confronto di
riorganizzazione con le Aziende del Settore con “appesi sulla testa” centinaia di esuberi strutturali.
Siamo alla fine riusciti a salvare tutta la qualità occupazionale degli addetti, ma all’alto prezzo di un
demansionamento professionale, a parità di retribuzione, e con forme di flessibilità dell’orario che hanno
consentito di utilizzare le maestranze complessivamente connesse, utilizzabili per aree, sulle varie esigenze
tipiche del settore di intrattenimento, che prevedono per la loro natura di servizio, punte di presenza
maggiore nelle ore serali prefestive e festive.
É stato un grande risultato apprezzato sia dai Lavoratori che dalle Aziende che ha fatto da caso di scuola per
affrontare le ormai imminenti ulteriori modifiche organizzative che coinvolgeranno altri segmenti
dell’organizzazione del lavoro dell’impresa come le casse.
5.3 IL DIRITTO D’AUTORE ED I DIRITTI CONNESSI
Il diritto d'autore costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo economico e culturale di ogni
società: anche nell'ordinamento giuridico italiano ha avuto un riconoscimento di rilievo costituzionale, in tal
senso da leggere la sentenza della Corte Costituzionale del 1995 (n. 108, depositata il 6 aprile 1995) che
ribadisce con forza la stretta connessione tra tutela degli autori e tutela della cultura.
“Una rilevanza d'interesse generale, e quindi pubblica del diritto d'autore tale da indurre il legislatore alla
predisposizione di particolari mezzi di difesa sia penali che civili; la conciliabilità della tutela del diritto
d'autore non riducibile ad un mero diritto a compenso con la libertà dell'iniziativa economica, con i diritti di
tutti alla fruizione dell'opera artistica, e con l'interesse generale alla diffusione della cultura, la protezione
31
dei diritti patrimoniali e non patrimoniali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica - si
legge nel testo della sentenza - viene giustificata, per tradizione ormai secolare, dal doveroso
riconoscimento del risultato della capacità creativa della personalità umana, cui si collega l'ulteriore effetto
dell'incoraggiamento alla produzione di altre opere, nell' interesse generale della cultura”.
Nella funzione sociale ed economica del diritto d'autore sono quindi presenti due componenti, che devono
essere adeguatamente bilanciate:
1) un interesse privato dei titolari delle opere dell'ingegno - autori ed editori - che hanno diritto ad una
remunerazione per tutte le forme di utilizzazione delle loro opere (utilizzazioni che tendono sempre più ad
ampliarsi anche per via delle nuove tecnologie);
2) un interesse pubblico che mira alla difesa della proprietà intellettuale come bene collettivo per il
mantenimento di un ambiente idoneo alla creazione artistica, che garantisca la diffusione della cultura e
l'incoraggiamento alla produzione di altre opere creative (che, a loro volta, alimentano un importante
indotto economico e culturale).
Negli ultimi anni la Siae (della cui Società come UILCOM, ne rivendichiamo ancora la titolarità contrattuale e
di rappresentanza ) ha tentato di avviare un percorso di riforme che, tuttavia, è miseramente naufragato,
oltre che a causa di evidenti responsabilità gestionali, anche in ragione delle continue battaglie interne tra
le variegate componenti della base associativa.
Da un lato, infatti, si è costituito uno schieramento che fa capo alle cd. Major della Federazione Editori
Musicali, che si sono adoperate per una avere una società più snella e meno articolata che focalizzasse la
propria attività solo sul diritto d'autore, escludendo o limitando al massimo le ulteriori attività.
Dall'altro lato, i piccoli e medi autori ed editori cd. indipendenti che invece hanno richiesto un impegno
sempre maggiore in ambito locale, con una raccolta più capillare ed analitica dei diritti d'autore.
Si è pervenuti, pertanto, all'ennesimo ed inutile commissariamento, che ancora una volta ha estromesso
dalla gestione societaria la base associativa. Commissariamento, che sembra si sia concentrato in questi
mesi, invece che sul rilancio della società, sul diffondere, anche a mezzo stampa, l'immagine di un Ente
pubblico/carrozzone indifendibile dando voce a chi vedrebbe di buon occhio la nascita di altre società di
collecting, molto gradite alle multinazionali della musica e a pochissimi autori ricchi e famosi, ma deleterie
per la sopravvivenza degli oltre 80.000 piccoli autori ed editori che dalla SIAE ricevono il loro
sostentamento, nonché per l'intero sistema culturale italiano.
Quella del diritto d'autore e della Siae, è una materia delicata che sarebbe bene trattare con cura e
competenza, e non affidarla ad emendamenti corsari che, dietro la facciata di una non ben definita libertà,
nascondono i grandi interessi economici di chi vorrebbe fare business e facile profitto con le opere
dell'ingegno, cercando di non pagare chi le crea, recuperando per questa Azienda-Sistema, al di là degli
appetiti per una sua privatizzazione, anche la valenza sociale e di sostegno della creatività .
Altro tema aperto è quello della (sciagurata) liberalizzazione dei diritti connessi al diritto d'autore, così
come disposto dal decreto legge n.1 del 2012 convertito dalla legge n.27/2012, che resta una questione
aperta.
Un provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri in vigore dal marzo 2013, ha permesso di
riconoscere a tre imprese Nuovo IMAIE, Itsright, SCF - Consorzio Fonografici la facoltà di esercitare
l'intermediazione, ma l'entrata in vigore della liberalizzazione, (parole dello stesso governo per bocca
dell’ormai ex sottosegretario Legnini), ha comunque "creato diversi problemi interpretativi e applicativi di
armonizzazione con la normativa previgente".
32
Da segnalare infine una iniziativa del NUOVO IMAIE promossa e sostenuta dalle rappresentanze sindacali,
Uilcom in testa, che ha destinato una quota dell'avanzo di gestione al sostegno economico di artisti
interpreti o esecutori indigenti .
5.4 LA PIRATERIA
Questo per i nostri settori è il problema dei problemi, già l’industria della musica nel nostro Paese è
scomparsa industrialmente con pesanti ricadute occupazionali pur aumentando volumi e consumatori nel
mercato, il rischio che anche altre realtà dell’intrattenimento culturale possano fare la stessa fine è reale. E’
urgente pertanto trovare risposte, non di protezionismo ma regolatorie di un mercato in via di profonda
trasformazione economica e produttiva.
La questione è complessa, travalica anche i confini nazionali, però esistono dati ormai incontrovertibili quali
ad esempio il fatto che i film “ sono ovunque”. Ce li portiamo dietro nei nostri tablet, nei display dei nostri
telefonini, sui monitor dei nostri computer. Non abbiamo mai visto tanti film, tanto che l’ampiezza
dell’offerta fa diminuire l’appetibilità del prodotto e questo nel nostro Paese, a differenza di altri, fa
diminuire la crescita al botteghino di percentuali significative. Servono quindi politiche mirate sia sul piano
fiscale che culturali tali da farci riappropriare del gusto di vivere il piacere della sala cinematografica.
Sappiamo che su questi temi, ormai alla ribalta, ci sono diverse attenzioni sia politiche che finanziarie, non
resta che auspicarci interventi che appunto non rischino di farci rivivere la inquietante storia vissuta con la
musica che ancore non riesce, nonostante la qualità che esprime, a trovare le giuste condizioni
economiche per indirizzarsi sui terreni dello sviluppo e degli investimenti.
5.5 MODELLI ED ASSETTI CONTRATTUALI
Ad oggi questi risultano essere i Contratti presenti nel Settore Spettacolo, Sport, Gioco e Intrattenimento
che noi come UILCOM vorremmo accorpare in specifici contenitori di riferimento:
Settore Cinema

CCNL - Industrie del Cineaudiovisivo;

CCNL – Troupes;

CCNL – Doppiaggio;

CCNL – Generici;

CCNL – Attori;

CCNL – Esercizi Cinematografici.
Settore Musica

CCNL – Fondazioni Lirico Sinfoniche;

CCNL – Figure Artistiche Pubblici Esercizi;

CCNL – ICO.
33
Settore Teatro

CCNL – Teatri Privati;

CCNL – Teatri Stabili;

CCNL – Compagnie di Giro.
Settore Gioco

CCNL – Case da Gioco – Casinò.
Settore Sport e Tempo Libero

CCNL – Ippodromi;

CCNL –Artieri Trotto;

CCNL –Artieri Galoppo;

CCNL –Sport Fitness, Centri Benessere e Impianti Sportivi;

CCNL –Totalizzatori;

CCNL –Discoteche e Locali notturni.
CONTRATTI DA CONCRETIZZARE

CCNL – SIAE;

CCNL – Broad-Cast;

CCNL – Cooperative Spettacolo;

CCNL – Associazioni Sportive e del Tempo Libero; es AICS – LIBERTAS etc.
Tutti i suddetti raggruppamenti contrattuali soffrono di forti ritardi nella loro rinnovazione sulle cui cause ci
siamo già ampiamente soffermati.
Per il comparto dello Sport e dell’Ippica in particolare, c’è da aggiungere che è stato addirittura soppresso
l’Ente pubblico di gestione (UNIRE) che sovraintendeva sia l’attività dello sport equestre che alla
regolamentazione e riscossione della scommessa ippica, fonte dalla quale venivano ripartiti i proventi
economici fondamentali per l’attività sportiva del settore. Oggi tutto questo è lasciato alla gestione di
semplici servizi del Ministero dell’Agricoltura e Foreste che come si può ben immaginare vede questa come
un’attività residuale rispetto a quelle prevalenti del dicastero.
A questo vanno aggiunti contratti che da tempo rivendichiamo alle parti datoriali, un esempio per tutti è
quello per il Broadcasting , compartimento che nasce con le esternalizzazioni dei tecnici di ripresa delle
emittenze televisive. In effetti l’esigenza non è quella di voler creare nuovi contenitori contrattuali ma di
dare disciplina compiuta a settori nati dall’attuazione di nuovi modelli organizzativi che , usciti dal
perimetro dei previgenti modelli, si trovano oggi senza nessuna tutela normativa o economica.
34
5.6 LE NOSTRE PROPOSTE
a) Legge di Sistema per lo Spettacolo dal vivo
Ci rendiamo conto che non vogliamo appesantire troppo di aspettative non realizzabili la nuova Legislatura,
però dobbiamo necessariamente porre alcuni temi sul tappeto che a nostro giudizio, vanno affrontati con
determinazione , tanta competenza e poca approssimazione.
Riteniamo che una legge di Sistema in questa Legislatura sia urgente. In particolare esiste già una proposta
di legge quadro dello Spettacolo dal vivo, frutto di importanti convergenze parlamentari da noi largamente
condivisa, che si presenta strutturata sugli indirizzi generali, le finalità e sulle attribuzioni e titolarità delle
competenze istituzionali come previste dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, e delinea nel
fare impresa la corresponsabilità nella filiera delle istituzioni con impegni sulle risorse quali leve fiscali
sugli investimenti.
Per le Fondazioni lirico-sinfoniche , per i problemi dell'emergenza e quelli strutturali abbiamo indicato
alcune proposte tra cui:
 patrimonializzare le Fondazioni restituendo fiducia al sistema bancario (acquisto Btp decennali almeno
per due terzi del debito consolidato);
 creazione di un fondo rotatorio per tutte le fondazioni a tassi particolarmente agevolati ( per evitare
che gli interessi strozzino la gestione caratteristica);
 all'interno della discussione sui nuovi ammortizzatori sociali definire meccanismi adattivi per l'insieme
del mondo dello spettacolo e per dare strumenti maggiori di gestione alle Fondazioni dichiarate con la
Legge 1 00 in stato di crisi;
 una rinnovata ed efficace strumentazione fiscale per favorire l'intervento dei privati nei confronti di
cultura e ricerca (anche in considerazione delle difficoltà oggettive della banche e delle fondazioni
bancarie);
 certezza pluriannuali delle risorse pubbliche (Stato ed enti locali territoriali, anche attraverso accordi di
programma Stato - Regioni - Comuni);
 responsabilità in solido degli amministratori;
 costituire un sistema duale di relazioni industriali che nel rafforzare strumenti partecipativi, trovi anche
un sistema regolatorio del conflitto.
É quindi forte la necessità, se si converge sui punti illustrati dell'apertura di una sede di confronto
interministeriale (Mibac, Lavoro, Economia e Sviluppo economico) allargata alle strutture di rappresentanza
delle Regioni e degli Enti Territoriali, con le parti sociali, per disegnare il rilancio di un patrimonio culturale
immateriale costituzionalmente protetto che viene riconosciuto al nostro paese in tutto il mondo come
dato identitario e di grande eccellenza e oggi in forte crisi di Settore.
b) Interventi sul Welfare
Nel nostro Settore il governo dei tempi di non lavoro, vista la composizione occupazionale e della
prestazione, è il tema dei temi ; l'universalità di una rete protettiva è tale se è fruibile altrimenti è solo
propaganda, per questo mi sento di avanzare alcune riflessioni e proposte riprese da più parti.
Si estende l'Assicurazione sociale per l'impiego essenzialmente ancorata al lavoro dipendente, saranno
escluse le prestazioni di natura autonoma e i contratti a progetto ?
I requisiti per l'accesso all’ASPI prevedono 2 anni di anzianità assicurativa e 52 settimane nell'ultimo
biennio, mentre per il mini ASPI almeno 13 settimane ( uguale a 72 giornate ) questo sbarramento se non vi
35
è almeno il cumulo con le diverse prestazioni su base biennale (ricordiamo che di media circa un terzo
lavorativo annuo per una buona parte di lavoratori è fuori dall'ambito della produzione culturale e dello
spettacolo), di fatto nega per il Settore l'universalità dell'istituto in quanto ne viene negato l'accesso.
Evidenziati questi aspetti, su cui ci sarà da lavorare in termini correttivi , credo anche che andrebbero
definiti, per gli artisti, criteri coerenti con quanto la legge e le norme previdenziali prevedono già oggi,
abbandonando i ragionamenti impostati su settimane lavorate per passare alle giornate lavorate,
ricordando che si opera in un contesto dove solo una esigua minoranza, come si diceva, è in grado di
lavorare quelle 120 giornate minime previste per conseguire una annualità contributiva.
È appunto per sopperire a questo handicap sociale che la UILCOM ha inteso prioritariamente dare una
positiva risposta attraverso lo strumento contrattuale, iniziando a prevedere per i Lavoratori delle Troupes
del Cineaudiovisivo, solitamente impegnati parimenti alle altre diverse attività dello spettacolo, in
prestazioni giornaliere di almeno 11 ore di lavoro, di porre quindi un tetto di 66 ore settimanali nel rispetto
delle normative in materia vigenti, con la possibilità di trasformare, l’eccedenza dalle 6.40 h ordinarie
giornaliere, attraverso l’istituto della banca ore, in riposi compensativi, consentono al Lavoratore, di
ottenere un aumento delle giornate lavorative contrattuali, tali da consentirgli di raggiungere le 120
giornate annue utili al fine dell’ accreditamento dell’anno previdenziale contributivo.
Ovviamente questa nostra proposta, una volta fatta propria dal CCNL nel settore Troupes del
Cineaudiovisivo, dovrà per noi essere estesa e mutuata in tutte le altre forme contrattuali esistenti nel
Settore dello Spettacolo, Sport Gioco e Intrattenimento, in quanto i Lavoratori nei vari Settori, sono quasi
tutti coinvolti in modo prevalente ad effettuate prestazioni compresse in poche giornate di lavoro ma con
una alta incidenza di ore giornaliere lavorate.
Inoltre va richiamata l'attenzione del Governo e delle Forze Politiche che il problema delle Partite IVA, con
le quali viene mascherato il lavoro subordinato degli artisti, non trova soluzione nelle nuove norme
previste. É infatti impensabile che in un contesto lavorativo attraversato da gravi difficoltà e sempre più
frammentato si possano avere contratti "mono-committenti " per periodi di 6 mesi ed oltre. Occorre poi
aprire un "focus" sui contratti a tempo determinato e nella fattispecie sui contratti di scrittura il cui
incremento contributivo, considerata la particolare situazione economica gestionale e occupazionale,
rischia di essere scaricato sui compensi dei lavoratori, peraltro già fortemente penalizzati.
Infine una proposta per quanto riguarda le normative sulla salute e sicurezza. Qui registriamo delle
arretratezze a causa di impianti normativi non aderenti al Settore Spettacolo e ci accade di essere esclusi ,a
vantaggio di altri ( es. meccanici, edili), dai bandi di concorso per l’accesso a corsi formativi specifici a
causa del basso punteggio che ci viene attribuito rispetto alla tabella di rischio INAIL in cui siamo inseriti.
Risulta invece che il rischio dei nostri Lavoratori è , purtroppo, parimenti importante in quanto realizzano
opere di costruzione o montaggio scenico, per eventi di intrattenimento, concerti, films, opere teatrali o
concertistiche.
E’ necessario quindi un intervento, per non essere esclusi dai necessari cicli formativi, che allinei le tabelle
di rischio dello Spettacolo a quelle previste per gli altri Settori.
c) INPS (ex ENPALS)
Dopo la soppressione del nostro Ente Previdenziale con il decreto "Salva Italia”, bisogna assolutamente
evitare che, sia nella forma istitutiva che nel ridisegno della nuova governance del super INPS , si operi un
processo di sola annessione.
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Noi della UILCOM crediamo che all'interno dell'INPS le particolarità e le peculiarità del nostro mondo del
lavoro vadano salvaguardate a partire da uno status "di gestione speciale" del Fondo, con una
rappresentanza delle parti sociali. Non ci convince il vestito di Fondo separato nella "governance" che non
è corrispondente alle esigenze del comparto.
In genesi il nostro Ente Previdenziale proprio per la natura allora particolare dei suoi contribuenti è nato e si
è dotato di norme di tutela specifiche che qualora venissero modificate comprometterebbero
ulteriormente il già precario diritto alla pensione .
Alcuni punti istitutivi a garanzia sono fondamentali:
 Individuazione dei requisiti contributivi e delle modalità di calcolo delle contribuzioni e prestazioni
indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro (la contribuzione è del
3 3 % indistintamente);
 Riferimenti al sistema di retribuzione articolato su base giornaliera
 Pensione di vecchiaia anticipata per alcune categorie artistiche
 Offrire risposte valide alla concentrazione di elevate retribuzioni percepite in un ristretto arco
temporale (che andrebbe omologato, questo sì, alla normativa INPS).
Quanto all’avanzo della gestione ex-ENPALS ( circa 2 miliardi di euro), continuiamo a sostenere che una
buona parte di queste risorse debba essere utilizzata per l'insieme delle economie del Settore, le necessità
sono tante bisogna verificarne la praticabilità di utilizzo. Già da tempo iniziative e percorsi erano stati
identificati con il CIV dell’Enpals ipotizzando addirittura modifiche statutarie dell'Ente per finalità precise
sugli avanzi di gestione, dal sostegno al reddito alle reti protettive, al Testo Unico sul Welfare o alla tenuta
dei centri di produzione culturale in profonda crisi ecc …queste importanti risorse non debbono confluire
assolutamente in un tutto indistinto ma ricondotte in modo solidaristico alle esigenze sociali del Settore.
d) Mercato del lavoro, Contratti, Bilateralità
É del tutto evidente che sono indispensabili e urgenti politiche di stabilizzazione, sviluppo e valorizzazione
del Settore che non possono prescindere, considerata la sua particolarità, da altrettanto impegno sul piano
della rispondenza delle regole che si prospettano sul mercato del lavoro, la contrattazione, la formazione e
l’'aggiornamento professionale. É pertanto indispensabile mettere in agenda obiettivi di riforma del
mercato del lavoro che assumano le specificità di quest'area ridimensionando drasticamente le tipologie
giuridiche dei rapporti di lavoro con particolare riferimento all'area artistica, concretizzando una rete di
"protezione sociale" in grado di sostenere e valorizzare anche quella parte importante di lavoro
strutturalmente caratterizzato da discontinuità e precarietà garantendogli il diritto ad una pensione
dignitosa e rendendo disponibile un ventaglio di "ammortizzatori" che, nelle fasi di inattività, connessi
anche con momenti di formazione e di aggiornamento che siano di adeguato sostegno al reddito del/la
lavoratore/trice.
Unitamente a questo percorso vanno agevolati con convinzione "contenitori contrattuali" che, pur non
negando l'articolazione dell'area, siano in grado di unificare la sfera dei diritti e di armonizzare sia sotto il
profilo normativo che economico il valore minimo da attribuire alle specifiche professionalità e che aprano
a modelli di "flessibilità" dell'organizzazione del lavoro, negoziati e regolati, più funzionali alle esigenze
produttive e rispettosi dei diritti individuali e collettivi dei prestatori d'opera con particolare riferimento agli
aspetti connessi alla sicurezza.
E qui un preciso richiamo alle Associazioni datoriali con il pressante invito a chiudere i contratti ancora
aperti lavorando tutti questa direzione.
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Altro fronte sul quale la UILCOM è fortemente impegnata riguarda la concretizzazione di un tavolo
interministeriale, al quale le istituzioni si sono più volte impegnate, finalizzato alla verifica di poter dare
attuazione a quanto previsto dall’art 3 della Legge 92/2012 ( cosiddetta legge Fornero).Ci riferiamo in
particolare alla costituzione, attraverso accordi collettivi o contratti collettivi anche intersettoriali,
sottoscritti tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello
Nazionale, di Fondi di Solidarietà Bilaterali obbligatori per i Settori non coperti dalla normativa in materia di
integrazione salariale come appunto è quello dello Spettacolo, con la finalità di assicurare ai Lavoratori una
tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause
previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.
Inizialmente come UILCOM, avevamo proposto di destinare una percentuale di sgravio contributivo
previdenziale ( vista l’alta platea che concorre a pagare gli oneri previdenziali e alla piccola percentuale di
fruitori della pensione), sia da parte delle Imprese che dei Lavoratori, al costituendo Fondo Bilaterale per le
finalità previste dalla Legge stessa che ricordiamo essere:
 Assicurare ai Lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto
all’assicurazione sociale per l’impiego; ( su questo punto va considerato che i Lavoratori dello
Spettacolo per le modalità di computo con il quale è costituito, non avrà mai il sostegno dell’Aspi in
quanto per il sussidio servono o 52 settimane pari a 312 giornate di lavoro in un biennio o 78 giornate
consecutive per il mini Aspi);
 Prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di
agevolazione all’esodo, a Lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di
vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
 Contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale,
anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione Europea.
Questa strada ritenuta purtroppo poco praticabile sia dai Ministeri competenti, anche perché poco
sostenuta dalla scarsa sensibilità dimostrata dalle parti datoriali del Settore, ha comunque promosso uno
studio approfondito di fattibilità, per verificare quale altra possibilità di intervento possa essere perseguita.
Sembra che il ragionamento si stia spostando su di una nostra nuova proposta, che tende ad utilizzare
l’eccedenza dei proventi determinati dalla trattenuta economica di solidarietà aggiuntiva del 5% a
Lavoratori ed imprese nella misura del 2,5% ciascuno, sui massimali di retribuzione annuali o giornalieri utili
al fine della determinazione dell’imponibile per il calcolo previdenziale, così come prevista dal decreto
legislativo del 30 Aprile 1997 n. 182, da allora destinati ad un fondo speciale di accantonamento in caso di
problemi sulla tenuta economica dell’Ente previdenziale a garanzia delle fasce più deboli e oggi finiti
insieme all’avanzo di bilancio nel fondo residuale dell’INPS.
Rivendichiamo come per altri Settori con caratteristiche di prestazioni giornaliere quali l’edilizia,
l’agricoltura e il terziario, la salvaguardia dei diritti universali in tema di Welfare Sociale.
Ribadiamo ancora con più fermezza, la necessità di dotare l’intero Settore di un Ente Bilaterale Paritetico
tanto più alla luce delle novità poste all’art 1, comma 184, Legge di Stabilità del 27-12-2013 n. 147, nella
quale il Legislatore, con l’introduzione all’art, 3 della Legge 92/12, dei commi 19-bis e 19-ter, ridefinisce il
quadro normativo prevedendo la possibilità di realizzare accordi per la costruzione di Fondi di cui al comma
4 (presso l’INPS) anche successivamente alla data di decorrenza del Fondo residuale e dei relativi obblighi
contributivi.
In questo caso le imprese del Settore che raggiungessero l’intesa non saranno più soggette alla disciplina
del Fondo Residuale, fermo restando che la contribuzione sino ad allora versate non sarà restituita e che,
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nel caso di prestazioni già deliberate, venga corrisposta la contribuzione necessaria per far fronte al
finanziamento delle prestazioni stesse..
Viene inoltre previsto con il comma 19-ter, che nel caso in cui al 1 gennaio 2014 vi siano procedure in atto
per la costituzione di Fondi di Solidarietà presso l’INPS, venga sospeso, con decreto interministeriale,
l’obbligo di contribuzione al Fondo Residuale per dar modo di completare le procedure e comunque non
oltre il 31 marzo 2014.
In caso di mancata costituzione entro tale data l’obbligo al versamento della contribuzione al Fondo
residuale e ripristinato anche in relazione alle mensilità pregresse.
Un’ulteriore modifica ( quella per noi più significativa ) riguarda il comma 185 CHE DEFINISCE ED INTEGRA IL
QUADRO NORMATIVO dei Fondi di Solidarietà Bilaterali introdotti dalla Legge 92/2012 con le lettere a) e abis) con cui si sopprimono i termini entro i quali si sarebbe dovuto procedere alla sottoscrizione degli
accordi quadro per la costituzione dei Fondi. Il Legislatore per dare immediata operatività ha fissato
l’aliquota contributiva in fase di prima applicazione allo 0,50%, importo che anche chi non costituisce il
Fondo deve versare. Per questo TANTO VALE COSTUTUIRE IL FONDO DI SOLIDARIETÀ DI SETTORE PER
DIROTTARE lo 0,50% ai problemi di riorganizzazione, di formazione e di sostegno all’Aspi e mini Aspi, per i
LAVORATORI STESSI.
e) Diritti d’autore e diritti connessi
Per quanto riguarda questi ambiti, già ampiamente trattati in precedenza, dobbiamo innanzitutto
continuare ancora a rivendicare , come UILCOM, la piena titolarità contrattuale e di rappresentanza
sindacale di entrambe le società che li rappresentano, finora disattesa per quanto riguarda la SIAE.
Come UILCOM rivendichiamo anche l’inserimento di specifiche norme sull’equo compenso già nel
Contratto degli Attori e per la Nuova IMAIE il mantenimento della sua natura mutualistica nella
distribuzione dei proventi ai non iscritti alle associazioni di collecting.
Da parte nostra sosteniamo, e continueremo a sostenere, che la liberalizzazione di questo “diritto” porta
ad una
totale deregulation che non consente di tutelare gli interessi dei soggetti più deboli
economicamente e quindi meno redditizi per le nuove imprese di collecting. Inoltre, la situazione di
incertezza che potrebbe determinarsi circa l'esatta individuazione degli aventi diritto potrebbe portare ad
una paralisi del mercato, a danno di tutti gli interessati. Infine è necessario mantenere in capo al Nuovo
IMAIE, in qualità di unico soggetto sottoposto a vigilanza pubblica, funzioni generali di carattere
pubblicistico a favore dell'intera categoria degli artisti interpreti o esecutori.
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6. SETTORE TELECOMUNICAZIONI
A cura di Salvatore Ugliarolo, Giuseppe Fabio Gozzo, Angelo Ughetta
6.1 ANALISI DEL SETTORE
“ La dieta mediatica dei cittadini è composta da un numero sempre crescente di servizi digitali che nutrono
i bisogni di comunicazione, di informazione e di intrattenimento soddisfatti dagli operatori di
telecomunicazione, dalle imprese radiotelevisive, del comparto editoriale e del settore postale.
Le comunicazioni personali, orali e in forma scritta, si traducono in servizi vocali di telefonia e di
videochiamata o in servizi testuali come sms, messaggistica istantanea, posta elettronica, oltre che nei
tradizionali servizi di corrispondenza.
Le comunicazioni di massa si declinano nei servizi media radiotelevisivi e a stampa, cui si associano i servizi
di editoria elettronica e audiovisivi su internet (variamente composta da servizi IPTV, web-tv, internet tv,
nonché dalla over-the-top tv (OTT-tv) e aggregatori di video online).
Trasversali sono i servizi di social networking, i giochi interattivi, i blog e le trasmissioni attraverso la nuvola
(c.d. cloud).
L’insieme di questi servizi è comunemente utilizzato dagli utenti e la dieta mediatica rimanda agli stili di
vita e alle abitudini dei cittadini, che in questi ultimi anni appaiono in continua e profonda trasformazione”.
I servizi di comunicazione – Consumi giornalieri per persona in Italia nel 2012- Fonte AGCOM R.A. 2013
Abbiamo voluto aprire queste pagine dedicate al settore delle TLC in modo forse non convenzionale
ricorrendo ad una definizione, quella di dieta mediatica, tratta dal Rapporto Annuale AGCOM 2013, che ci
sembra perfetta per riassumere, già dal titolo, le dinamiche del comparto allargato della Comunicazione
che in questi ultimissimi anni hanno avuto una trasformazione epocale che il diagramma soprariportato
(relativo ai consumi giornalieri degli italiani riferiti alla dieta mediatica anzidetta) ben fotografa meglio di
ogni parola.
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Ed ancora un altro, ed ultimo, diagramma ci fa comprendere in un attimo le dimensione “a valore” del
comparto della Comunicazione di cui le TLC (Telecomunicazioni) sono certamente la parte più rilevante,
anche se non unica.
Il settore delle comunicazioni – Ricavi (2012, miliardi di euro)- Fonte AGCOM R.A. 2013
I fattori abilitanti alla base dei mutamenti cui si faceva riferimento poc’anzi, che sempre più si
accelereranno nei prossimi 3 -5 anni anche con cambi repentini di scenari non tutti oggi prevedibili nella
portata, sono ovviamente quelli innescati dalla digitalizzazione dei segnali e dei supporti trasmissivi, dalla
progressiva affermazione delle reti e dei servizi basati sul protocollo internet, cui ora si aggiunge la
diffusione di piattaforme di social networking la cui pervasività potrà rendere labili, nel lungo periodo, i
confini tra le comunicazioni personali e quelle di massa.
Gli sviluppi, non sempre facilmente prevedibili come si diceva, sembrano andare verso fenomeni di
sostituzione nel campo della voce e delle comunicazioni di testo, con i servizi VoIP e di instant messaging
forniti dagli operatori di tlc (c.d. servizi gestiti ) e dagli over-the-top (c.d. servizi non gestiti, es. Whatsapp),
nonché nel mondo dei media, tra i servizi lineari tradizionalmente appannaggio dei broadcaster e i servizi
non lineari che sono terreno di conquista per i colossi di internet.
Gli impulsi al cambiamento provengono non solo dalle trasformazioni tecnologiche suddette, ma anche
dal dispiegarsi di nuovi comportamenti sociali e dalle strategie commerciali attuate dalle imprese. Tra i
primi è necessario ricordare sia la struttura demografica che quella sociale (età, livello di istruzione,
reddito) che incide sulle modalità di fruizione dei contenuti cioè sulle abitudini di consumo. Ad esempio in
Italia il 52% dei nativi digitali (giovani di età compresa tra 14 e 29 anni) utilizza gli aggregatori online (es.
Youtube) come canale di accesso a prodotti audiovisivi a fronte di un rapporto di uno su quattro stimabile
per le altre fasce della popolazione (i c.d. immigranti digitali).
Quanto alle strategie commerciali si va verso l’evoluzione delle proposte basate sull’offerta congiunta di più
servizi dietro il pagamento di un unico prezzo (c.d. cross-selling) , come ad esempio la vendita di servizi
televisivi erogati via satellite congiuntamente ai servizi tlc o la vendita congiunta di servizi di rete (accesso a
internet e servizi di connettività) e contenuti.
Questo contesto può essere favorevole a processi di concentrazione aziendale sotto varia forma nel segno
della convergenza tra mercati/comparti. Ad esempio citiamo tra le operazioni avvenute: l’acquisizione
delle attività di rete mobile in Austria del gruppo internazionale Orange da parte di H3G, già attiva nel
41
paese con il marchio 3; quella ,nella stessa direzione, tra il secondo operatore pay-tv del Regno Unito,
Virgin Media, e il più grande operatore via cavo d’Europa, Liberty Global, conclusa nell’aprile del 2013;
l’acquisizione da parte di Google , per una somma pari a circa 12,5 miliardi di dollari, di Motorola Mobility,
l’impresa manifatturiera specializzata nella produzione di smartphone e tablet; la scelta di Microsoft di
sopprimere il servizio MSN Messenger a seguito dell’acquisizione di Skype; la recentissima acquisizione di
Whatsapp da parte di Facebook per 19 miliardi di dollari.
La filiera delle TLC , definita nelle sue 6 componenti di 1)Infrastrutture di Rete, 2)Fornitori di apparati e
servizi di rete, 3) Fornitori di terminali , 4) Fornitori di software, 5) Operatori TLC, 6) Outsourcer di customer
care e vendita (call center), ha confermato il suo periodo di difficoltà, accentuato dalla crisi economica, con
un’ulteriore diminuzione dei ricavi che si è ripercossa sulle marginalità.
In sintesi estrema ecco alcuni dei fattori caratterizzanti di contesto (fonte dati: Rapporto Annuale AGCOM
2013; Rapporto Filiera TLC in Italia 2013- Analysys Mason).
 Peggioramento della situazione economica: PIL Italia 2011=1.579 mld, PIL 2012= 1.566 mld.
Negli ultimi due anni abbiamo assistito ad una diminuzione del PIL reale sia a livello UE che, in
misura maggiore, a livello italiano con effetti negativi su investimenti e consumi. È infatti
sensibilmente calato il reddito disponibile delle famiglie anche a causa del significativo aumento
della disoccupazione (tasso Italia 2012 = 10,7% , tasso Italia 2013 = 12,3% )
 Contributo delle TLC all’economia sceso ai livelli minimi degli ultimi 15 anni. Anche se le TLC
rimangono un tassello chiave per la crescita economica dell’intero Paese , il loro contributo
all’economia è sceso ai livelli minimi degli ultimi 15 anni. La flessione delle TLC, cominciata già nel
2006 ( che ha visto un massimo di 57,1 mld per ricavi per il settore) è quindi di natura strutturale
e si è ulteriormente aggravata con il peggioramento della situazione economica nell’ultimo
quadriennio. Il Fatturato complessivo della filiera nel 2012 (ultimo anno con dati consolidati
disponibili) è stato di 48,6 mld/euro (-2,4% rispetto al 2011) suddiviso tra Operatori = 38,4 mld e
Resto della filiera =10,2 mld .
 Ricavi degli operatori in calo( -6,4%) : 2011 = 40,5 mld, 2012 = 37,9 mld . Riduzione dei prezzi dei
servizi di tlc a beneficio dei consumatori e riduzione dei volumi di traffico voce su rete fissa
commutata. Acuirsi della perdita di ricavi sia da rete fissa (segmento in cui la riduzione dei ricavi
voce non è compensata da uno stagnante mercato della banda larga) sia da rete mobile a causa
della forte competizione con crollo delle tariffe, dell’azione regolamentare e della crisi economica
che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie . Basti pensare che L’Italia è, insieme al Regno
Unito, il mercato dove l’ARPU mobile (Ricavo medio per Utente) è sceso di più negli ultimi cinque
anni, perdendo ben il 9% nel solo 2012 a causa della guerra dei prezzi innescatesi.
 Aggravarsi del ritardo italiano sulla banda larga , nonostante la leadership nella banda larga
mobile. Nel panorama europeo l’Italia si posiziona all’undicesimo posto della classifica europea sul
grado di copertura delle reti a banda larga. L’Italia resta il Paese con la più bassa diffusione della
banda larga nelle famiglie tra i Paesi UE5 con il 55% (Uk 86%, Francia 77%, Germania 82%, Spagna
67%). Ma gli indicatori italiani correlati all’utilizzo della Rete sono tutti assai negativi:

Popolazione che usa regolarmente internet: 48,6 % contro 70% della UE27;
42

Famiglie con accesso a internet : 63 % contro 76% della UE27;

Famiglie con accesso a internet BroadBand: 55% contro 76% della UE27.
 Investimenti: rete Fissa-6,5%, rete Mobile +7,7%. Gli investimenti del settore tlc restano nel loro
complesso a livelli molto inferiore (6 mld nel 2012) rispetto a quelli del passato (erano 7,3 mld nel
2006) anche se, in percentuale dei ricavi, superiori con la media dei Paesi UE5 e beneficiano in
misura maggiora le reti mobili.
 Assetto concorrenziale dei principali operatori del mercato retail dei servizi di telecomunicazioni:
ha visto ridurre ( 2012) il peso di Telecom Italia (-0,7%) e soprattutto quello di Vodafone (-1,7%), a
vantaggio, in particolare, di Wind (+0,7%) ma soprattutto di H3G, che guadagna l’1,5%.
 Calo dell’occupazione nella filiera: -16% dal 2006, -5% nel 2012. É purtroppo un tasto molto
dolente in quanto continua a registrare un costante calo dal 2006. In quell’anno gli addetti della
Filiera erano 143mila (87mila negli Operatori Tlc) . Nel 2012 sono 120mila (68mila negli Operatori
Tlc).
6.2 GLI AMBITI CONTRATTUALI/AZIENDALI
a) CCNL TLC
Dopo una lunga vertenza supportata da due scioperi nazionali e da una grande manifestazione , il CCNL TLC
nel febbraio 2013 ha visto concludersi positivamente il suo lungo percorso di rinnovazione essenzialmente
incentrato sulla richiesta di maggiori garanzie nei confronti delle attività di call center gestite tramite
appalto.
Su tale tema è stato ottenuto un avanzamento significativo che ha già trovato alcune applicazioni che
hanno consentito di risolvere alcune situazioni di difficolta e di tensione occupazionale con i così detti
“tavoli triangolari”, ovvero con il confronto tra appaltante , sindacato e appaltatore per trovare le
necessarie soluzioni.
Entro il prossimo mese di giugno saremo chiamati ad iniziare i percorsi per la rinnovazione del CCNL che
scade a dicembre 2014. In tale sede , facendo tesoro delle esperienze maturate, dei protocolli confederali
nel frattempo perfezionatisi e delle necessità emerse, dovremo trovare percorsi che individuino tempi certi
( e brevi) di rinnovo e soluzioni ai problemi del comparto a partire dalle coperture di integrazione all’ASPI
in accordo a quanto previsto in materia dall’art. 3 della legge 92/2012.
b) Accordo per i Collaboratori a Progetto dei call center
Ad agosto 2013 è stato poi firmato un significativo accordo unitario con Asstel ed Assocontact
(associazione confindustriale che rappresenta le aziende di call center in outsourcing) per normare le
attività dei collaboratori a progetto che svolgono attività in modalità outbound. L’intesa ha garantito
minimi contrattuali agganciati al CCCNL TLC a fronte di una totale deregulation prima imperante nel
comparto.
L’accordo, che riguarda circa 30.000 addetti, ha rappresentato un’importante novità nel panorama delle
relazioni industriali, in quanto ha stabilito una piattaforma di regole, diritti e welfare per lavoratori non
43
subordinati su cui il comparto potrà basare il suo modello di sviluppo. Oltre alla garanzia di continuità
occupazionale stabilita attraverso un meccanismo di prelazione attivabile dal collaboratore (liste di
prelazione) è da sottolineare l'istituzione di un Ente bilaterale , per il quale sono in fase di attuazione i
regolamenti attuativi, finanziato in misura diversa da aziende e collaboratori, che offrirà da luglio 2014
coperture economiche in caso di malattie di lunga durata e di gravidanza.
6.3 ACCORDI PER LA GESTIONE DELLA CRISI
E’ stato il tema ricorrente dei lunghi mesi trascorsi, apertosi a fronte della situazioni di grande difficoltà del
settore ampiamente esplicitate nel precedente capitolo che si sono tradotte, da parte delle aziende, in
massicce e diffuse dichiarazioni di esubero di personale. Come Sindacato confederale abbiamo perseguito
“in primis” l’obiettivo prioritario di salvaguardia dei livelli occupazionali andando a realizzare accordi,
laddove non ci fossero realmente altre vie di uscita, per ammortizzatori sociali , ordinari e in deroga, che
consentissero di “passare la nottata” (citando il grande Eduardo) e di rendere competitive le diverse aree
operative/lavorazioni presenti in azienda (es. rete, customer, staff, It) per conseguire nelle stesse
incrementi del valore aggiunto per addetto. D’altra parte , la riforma previdenziale, con l’azzeramento delle
basi esodabili, ha imposto altresì di perseguire, laddove attuabile, una strategia di internalizzazione delle
attività per compensare la riduzione dei volumi di lavoro , che come Sindacato da tempo avevamo fatto
nostra anche se con risultati che non sempre avevano dato ragione alle nostre rivendicazioni.
Più avanti ricapitoleremo in modo più dettagliato gli accordi raggiunti nei grandi gruppi della filiera sia
perché da essi può nascere spunto per ulteriori considerazioni più generali e prospettiche, sia per meglio
testimoniare il grande lavoro sindacale svolto, e che ci resta da svolgere per la verifica dei percorsi
concordati, per gestire questa fase così difficile e delicata per la vita dei lavoratori e delle lavoratrici che
rappresentiamo e delle aziende nelle quali essi operano.
a) Gruppo Telecom Italia S.p.A.
Delle vicende del nostro più grande gruppo di tlc, ex monopolista nazionale e , fino agli anni ’90, tra i primi
cinque gruppi al mondo , si sono scritti libri interi soprattutto da quando si sono riaperti i giochi intorno al
suo controllo proprietario.
Da parte nostra vogliamo qui solo ricordare due aspetti che ci sembrano fondamentali. Il percorso
intrapreso con gli accordi del 27 marzo 2013 che, con grandi sforzi e sacrifici dei lavoratori, hanno segnato
un punto di superamento della crisi aziendale che ci ha permesso di traguardare il futuro con maggiore
speranza ed i percorsi ancora da compiere (vedi al capitolo NOSTRE PROPOSTE) , sia a livello aziendale che
di sistema/paese, necessari a nostro parere per gettare le basi di quell’inversione di tendenza che dia
nuova centralità al Gruppo, dai quali partire nelle necessarie analisi e confronti che sicuramente ci
vedranno coinvolti sin dalle prossime settimane.
Accordi del 27 marzo 2013. Due le “direttrici” che ci hanno guidato per gestire la crisi dichiarata
dall’azienda ad inizio 2013 dovuta alla sua ben nota situazione.
Da una parte lavorare per incrementare la produttività interna e la competitività delle diverse aree/funzioni
a partire dalle realtà a più alta concentrazione di personale e più alta presenza di volumi esternalizzati.
Dall’altra investire il recupero di produttività nell’avvio di processi di formazione e riconversione
professionale necessari a conseguire già nel biennio 2013-2015 una significativa quantità di
reinternalizzazioni. Si è altresì evitata la societarizzazione del Caring fortemente ostacolata dal Sindacato e
dai lavoratori per la preoccupazione di una successiva vendita e la possibile uscita dal perimetro del Gruppo
44
Telecom delle attività di servizio alla clientela , prevedendo accorpamenti di sedi nelle aree metropolitane
nel 2013 e la chiusura di 47 sedi periferiche a livello nazionale nel 2014 e strumenti di efficientamento e
recupero di produttività nell'organizzazione del lavoro.
Per ridurre l'impatto sull'occupazione sono state previste internalizzazioni nei customer care, nella rete e
nell'informatica. Gli esuberi sono stati individuati in 3000 risorse da gestire con 2500 contratti di solidarietà,
500 mobilità (volontarie) in ambito Telecom Italia; 322 contratti di solidarietà e 28 mobilità in ambito
Telecom Italia IT, 24 mobilità (volontarie) in ambito Sparkle.
Telecom si è impegnata a mantenere nel perimetro del Gruppo per il biennio 2013-2014 le attività core Informatica -Rete - Caring - Sparkle e Staff escludendo la vendita o l'esternalizzazione. Nel corso della
trattativa è stata sanata anche una pendenza economica dell'azienda nei confronti dei lavoratori con una
erogazione di 1000 euro per il premio del secondo semestre 2012 ed è stato sottoscritto il nuovo premio di
produttività per il triennio 2013 -2015.
Bilancio 2013. I risultati 2013 di Telecom Italia pur continuando ad essere influenzati dalla fragilità della
cornice economica nazionale e dal permanere di una forte dinamica competitiva nel settore, hanno
evidenziato un'inversione di tendenza rispetto ai precedenti esercizi , soprattutto con segnali incoraggianti
che arrivano dall’ultimo trimestre, sia sul fronte della riduzione dell’indebitamento sia sul versante
dell’andamento del mercato domestico.
Il fatturato consolidato si attesta a 23,4 miliardi di euro, con una riduzione rispetto all’esercizio precedente
del 5,2% in termini organici. L’utile di esercizio consolidato si chiude in negativo per 674 milioni di euro,
scontando la svalutazione dell’ avviamento per 2,2 miliardi di euro effettuata nel primo semestre dell’anno
(senza di questa l’utile del Gruppo sarebbe stato di 1,5 miliardi di euro). Conseguito l'obiettivo di
indebitamento sotto i 27 mld a 26,807 miliardi di euro non distribuendosi dividendi alle azioni ordinarie.
b) Wind
Con gli accordi di ottobre 2012 si è salvaguardato il perimetro aziendale esistente da cessioni di ramo
d’azienda o societarizzazioni ( già studiata e quindi implementabile quella della Rete per 1700 persone) per
l’intera durata del piano 2012-2017.
L’azienda si è impegnata, nell’ottica di ridurre i costi e internalizzare nuove attività, a mettere a punto un
piano di revisione delle consulenze e delle esternalizzazioni di attività. Si è messo mano ad una revisione
degli istituti contrattuali , temporanea e finalizzata al recupero di competitività dell’azienda, stabilendo una
nuova struttura del PdR che ha però dovuto scontare un ridimensionamento in termini economici. Si è
altresì formalizzata una clausola che fa assumere la responsabilità sociale dell’impresa nei confronti dei
lavoratori occupati negli appalti.
A livello economico, il bilancio 2013 appena annunciato vede scendere i ricavi a poco meno di 5 mld/euro
(-8,2%), con Ebitda a 1,94 mld (-5,8%), con ARPU scesa a 12 euro(-13%) ma con clienti in aumento del 3%
(22,3 milioni). Tutto ciò a testimonianza della forte pressione sui prezzi e del taglio dei costi effettuati.
c) Vodafone
La vertenza dei 700 esuberi annunciati da Vodafone a marzo 2013 ha trovato un accordo con percorsi
volontari escludendo sia licenziamenti sia trasferimenti unilaterali.
Con l’intesa di maggio 2013 oltre alla mobilità volontaria di 700 unità all’interno di un bacino di oltre 2100
lavoratori accompagnata da un sistema di incentivazione (tutta realizzatasi) si è formalizzato un impegno
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aziendale basato su tre garanzie. Il non avvio di ulteriori procedure di licenziamento per un periodo di 36
mesi; la previsione che non saranno avviate, sempre per un periodo di 36 mesi, procedure di cessione di
rami aziendali; l’impegno a puntare sul Paese Italia per il sevizio di customer attraverso il vincolo a non
delocalizzare ulteriori volumi e attività aggiuntive a quelle attuali, con la previsione che i processi di
automazione del servizio di care dovranno diminuire i volumi gestiti all’estero.
La garanzia sulle delocalizzazioni , assoluta novità nel sistema di relazioni industriali del settore tale da
permettere un rilancio dell’iniziativa sindacale contro lo spostamento del lavoro in Paesi a basso costo del
lavoro, deve essere oggetto di un attento monitoraggio da parte sindacale, ancora più stringente alla luce
dei problemi riscontrati sul settore Call Center di cui si dirà più avanti.
L’ultimo bilancio (chiuso il 31 marzo 2013) ha visto i ricavi da servizi pari a 6.997 milioni di euro, registrando
un calo organico dell’8,3% al netto dell’impatto della riduzione delle tariffe di terminazione mobile. Ed il
trend negativo non sembra essersi arrestato essendo gli ultimi dati disponibili (trimestrale al 31 dicembre
2013 ) ancora in calo (ricavi - 12,4%).
Sul fronte investimenti , con il Piano Spring annunciato a fine anno, Vodafone intende raddoppiare gli
investimenti in Italia per lo sviluppo delle reti e servizi a banda ultralarga mobile e fissa, aggiungendo 3,6
miliardi di euro nei prossimi due anni ai 900 milioni di investimento già pianificati. Vodafone dichiara che
raddoppierà la copertura della rete mobile 43.2 Mbps (HSDPA+), che oggi copre già circa 600 comuni
italiani, triplicherà l’estensione della rete 4G, già attiva in 57 dei principali comuni e realizzerà la copertura
in fibra ottica di 150 città (oggi disponibile in 37 città), per raggiungere entro il 2016 6,5 milioni di famiglie
e imprese.
d) 3 Italia
Il Gruppo Cinese che opera in Italia ormai da molti anni è forse l’unico operatore che delinea una leggera
controtendenza nel panorama nazionale. Grazie ad una politica commerciale molto aggressiva nel 2013, ha
registrato un +2% della base clienti (9,7 ml) con aumenti significativi nelle fasce commerciali dei tablet e
smartphone. Di contro i ricavi complessivi registrano un -11% (nel 2012 sono stati pari a 1,96 mld/euro) per
effetto anche del taglio sulle tariffe di terminazione del mobile.
L’azienda continua ad investire sia sul fronte tecnologico, potenziando la rete 4G-LTE, sia su quello
commerciale con campagne promozionali appetibili per la clientela ma che di fatto incidono sulla
marginalità che resta ben inferiore a quella degli altri competitor del mobile.
Dal punto di vista occupazionale è l’unico gruppo tra i grandi, che non ha avuto necessità di ricorrere
all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Si è comunque resa indispensabile una riorganizzazione interna
nell’area Customer con un inevitabile efficientamento degli organici interni ed un azzeramento netto sul
turn over anche temporaneo. 3 Italia utilizza comunque attività in outsourcing avendo ceduto da anni
segmenti importanti della propria rete, oltre ad attività del mondo customer, anche in delocalizzazione.
e) Fastweb
Di fronte alla irrevocabile scelta aziendale di esternalizzare due rami d’azienda (Customer e Rete) verso
Visiant Next e Huawei , come sindacato siamo riusciti a disciplinare con gli accordi di maggio 2012 clausole
sociali che stabiliscono tutte le norme di garanzia nei confronti del personale ceduto, introducendo
anche la re-internalizzazione in Fastweb in caso di crisi occupazionale, fissando principi innovativi e
fondamentali per la tutela delle condizioni economico-normative del personale.
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Infine, l’accordo disciplina anche i comportamenti delle aziende quando il contratto di appalto andrà
in scadenza. Per i lavoratori ceduti a Huawei Technologies S.r.l è previsto che il nuovo contratto di
appalto (da rinnovarsi dopo 5 anni) dovrà essere realizzato con la previsione dell’assunzione di tutto
il personale oggetto della cessione originaria e alle medesime condizioni normative ed economiche.
Per Visiant Next è previsto che alla fine del 6° anno (1 anno prima della scadenza del contratto)
ci sia un’operazione di fusione per incorporazione dentro Visiant Contact (azienda di 4000
dipendenti che opera nel settore dei customer).
I dati economici 2013. Clientela in crescita del 10% (1,94 milioni), ricavi a 1.6 mld/euro (-1%), Ebitda in
crescita dell’1% a 505 mln con marginalità in aumento al 31%, investimenti totali pari al 35% del fatturato.
f) Tiscali
La perdurante riduzione di fatturato dovuta ai noti fattori congiunturali, a fronte di 105 esuberi dichiarati
dall’azienda già nel 2011, ha portato al rinnovo dei contratti di solidarietà (i primi della durata di 2 anni
erano scaduti a novembre 2013) per 825 lavoratori di tutte le funzioni aziendali fino a novembre2015. Le
percentuali di solidarietà vanno da un minimo del 3,1% ad un massimo del 30% a seconda delle funzioni
aziendali. Durante la vigenza dell’accordo l’azienda non potrà aprire alcuna mobilità su base territoriale.
Tiscali ha fatturato nell’esercizio 2012, 234 mln/euro con un Ebtda di 44 ed una base clienti di circa 825mila
clienti. I dati relativi all’esercizio 2013 non sono ancora noti.
g) BT Italia
Con l’accordo raggiunto il 31 gennaio 2014 e grazie alla Uilcom, che a dicembre ha riaperto con Fistel il
tavolo di trattativa abbandonato da Slc-Cgil, si sono scongiurati i i 147 tagli annunciati poi portati a 122 su
un totale di circa 950 lavoratori. Fino ad aprile 2014 resterà aperta una finestra per aderire all’esodo
volontario incentivato, avendo l'azienda ritirato le lettere di licenziamento già partite e rinunciato al tetto
minimo di 80 esodi volontari, e da quel momento partiranno 24 mesi di contratti di solidarietà.
Per finire l’excursus sugli operatori tlc ricordiamo la vicenda di Cloud Italia. Dopo un anno e mezzo di
commissariamento straordinario dell’ex-Eutelia e l’accordo del 2012 che ha fatto partire la nuova azienda,
ci troviamo ora di fronte alla richiesta di mobilità degli 88 lavoratori ancora in CIGS non rientrati nel
perimetro operativo. Siamo convinti che, in caso di diniego di ulteriore concessione di ammortizzatori
sociali, Cloud Italia si debba far carico delle sue responsabilità mantenendo fede agli impegni a suo tempo
presi in sede di Ministero dello Sviluppo Economico.
h) Ericsson
Mobilità volontaria incentivata e contratti di solidarietà. Sono queste le soluzioni concordate tra Ericsson e
sindacati a fine luglio 2013 per risolvere i 335 esuberi annunciati. Dopo una complessa trattativa abbiamo
trovato un accordo che, seppur difensivo, tende a salvaguardare l’occupazione e anche la tenuta
dell’azienda che risente della diminuzione degli investimenti sulle reti da parte degli operatori. Il piano
congiunto di mobilità e contratti di solidarietà sarà spalmato fino al 2015. Se persisteranno ancora esuberi
l’intesa prevede che si attivino percorsi di riqualificazione e formazione. A latere della gestione degli
esuberi sono stati rimodulati gli istituti della trasferta e della reperibilità.
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i) Sielte
Le difficoltà nel settore delle società operanti nelle Reti Tlc, che hanno appaltate attività dai grandi
committenti tlc, Telecom Italia in testa, hanno raggiunto un punto di massima intensità nel 2013. Nel
contratto TLC ricade Sielte che a giugno 2013 ha dichiarato 650 esuberi nelle 23 sedi territoriale nelle quali
opera. L’accordo raggiunto in sede ministeriale ha esteso la CIGS già attuata per ulteriori 12 mesi (per un
massimo di 500 persone) stabilendo criteri di rotazione per attività formative on the job e 150 mobilità da
attuarsi su base volontaria. L’accordo ha previsto anche un importante rimodulazione del mix
occupazionale, con il graduale inserimento di 40 giovani ed interventi volti al recupero di produttività ed
alla reinternalizzazione di attività precedentemente svolte da subappaltatori.
6.4 CALL CENTER
Legate alla liberalizzazione del mercato ed alla nascita di una pluralità di operatori tlc , negli anni c’è stata
una forte espansione di questo comparto con la nascita di tante realtà (outsoucer) che si sono sviluppate su
tutto il territorio nazionale, con una forte prevalenza nelle aree del mezzogiorno, che hanno dato risposte
occupazionali a tante giovani, donne (soprattutto) ed uomini.
Nel tempo queste aziende si sono aperte a committenze non solo tlc ma anche di altri settori (utilities,
servizi finanziari e recupero credito, banche ed assicurazioni) diventando di fatto, veri e propri canali
specializzati nella gestione del rapporto con la clientela (attività inbound) e per la vendita di servizi
(attività outbound).
Un settore che ha avuto una forte accelerazione subito dopo la ormai famosa Circolare Damiano n. 17 del
2006 che ha gettato alcune basi e regole all’interno del mondo dei call center; su questo punto, la UILCOM
e la UIL, hanno lavorato fin dalla fase iniziale nella realizzazione del Settore, riportando i Call Center al
contratto dalle Tlc.
In tempi recenti, con la crisi, il settore Call Center è stato forse quello su cui questa, all’interno della filiera,
si è fatta maggiormente sentire anche per la forte deregulation che lo caratterizza.
Le politiche sbagliate dei committenti nel mettere a gara al massimo ribasso le attività, un vuoto legislativo
sulla materia, l’utilizzo delle delocalizzazioni, un costo del lavoro( tassazione Irap compresa) pari all’80%, le
basse marginalità stanno mettendo a dura prova la tenuta complessiva di un settore che oggi occupa circa
50 mila addetti, nello specifico, il 63% nelle aree del Sud, il 37% nelle aree del Centro-Nord, occupando
prevalentemente giovani donne (62%) ed uomini soprattutto nelle aree del mezzogiorno. In quasi tutte le
aziende del settore (con pochissime eccezioni) si è fatto ricorso ad ammortizzatori sociali , la maggior parte
“in deroga” ed ancora in corso, ed il cui rinnovo è sempre più problematico alla luce della stretta
governativa sui finanziamenti di tali strumenti. Il tutto mentre molte di queste aziende hanno trovato il
modo, dopo aver avuto contributi per installarsi grazie alla legge 407/1990 e a sovvenzioni di carattere
regionale o locale , di delocalizzare il lavoro all’estero man mano che tali agevolazioni sono venute a
scadenza.
Secondo i calcoli di parte sindacale , la spesa che lo Stato ha sostenuto in tre anni per il settore tra
incentivi, ammortizzatori e mancato versamento di contributi si aggira sui 480 milioni di euro.
Un primo importante segnale “politico” di voler trovare regole per arginare il disastro, si è avuto nel
Decreto Sviluppo del 2012, dove come UILCOM ci siamo impegnati a dare il via ad una regolamentazione
partendo dall’esclusione dell’erogazione di nuovi incentivi sull’occupazione per tutte quelle aziende che
portano il lavoro fuori dal nostro Paese.
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Ma tali disposizioni sono , di fatto, rimaste lettera morta. Per questo, proprio in questi giorni la Uilcom , con
Slc e Fistel, ha fatto partire la campagna di denunce indirizzate alla Procura generale della Repubblica, al
Ministero del Lavoro, al Garante della Privacy ed all’Authority della concorrenza nei confronti di quelle
aziende che delocalizzino all’estero sedi ed attività violando le disposizioni di legge contenute nel “Decreto
Sviluppo” n. 83 del 2012,art. 24 e segnalando l’erogazione degli incentivi pubblici di cui alla Legge
407/1990 ove questi siano erogati.
6.5 LE NOSTRE PROPOSTE
Riteniamo il Settore ITC strategico per la ripresa del Paese, partendo dagli obiettivi dell’Agenda Digitale.
Per fare questo occorre velocizzare lo sviluppo delle Reti, superare il Digital Divide, sviluppare la Banda
Larga, modernizzare la Pubblica Amministrazione.
La ripresa dell’intera filiera delle Tlc, oltre che da un mutato quadro economico di sistema-paese, si realizza
attraverso gli investimenti nell’ICT, nell’evoluzione e nel cambiamento di business da parte delle aziende a
fronte del mutamento della domanda da parte della clientela.
Sembrerebbe che, finalmente, a partire dal precedente Governo Letta a quello appena insediato a guida
Renzi, il tema dello sviluppo digitale sia entrato tra le priorità di governo.
Il rilancio del Paese e l’uscita dalla crisi economica si attua anche con la modernizzazione e razionalizzazione
della PA. Per fare questo occorre passare, però, dalla teoria alla pratica con la necessità di una forte
accelerazione per recuperare il tempo perduto fino ad oggi.
Gli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale e dal Decreto 2.0 richiedono forti investimenti sulla Rete, essendo
l’Italia , sulla diffusione della ultrabroadband, in ritardo rispetto agli altri Stati Europei.
Bene allora la possibilità di accorpare in un’unica struttura le deleghe delle Telecomunicazioni e quelle
dell’Agenda Digitale, in quanto entrambi obiettivi strategici
e visto il ruolo che le Reti di nuova
generazione si troveranno a giocare come abilitatori dei servizi innovativi.
In questi mesi, nelle occasioni di incontro con forze politiche, istituzioni, commissioni parlamentari,
convegni di settore, come Sindacato abbiamo espresso forti preoccupazioni sulle voci che erano circolate
sul futuro della Rete esternando la nostra visione su quali possano essere gli scenari auspicabili per il più
grande grande gruppo nazionale di tlc, Telecom Italia.
Abbiamo sempre detto, e continuiamo a sostenere, che guardando lo scenario internazionale nessun
Paese di un qualche rilievo , a livello mondiale, ha percorso la soluzione di conferire ad una società terza
il patrimonio infrastrutturale (la rete) dell’incumbent. Tale soluzione non è richiesta da nessuna
disposizione regolamentare, né italiana né europea. Il modello di “seperazione” più spinto è quello inglese
dove nel 2006 BT (British Telecom) ha creato OPENRECH, una divisione societaria al 100% posseduta da BT
che ne governa le politiche e le strategie industriali, con un proprio bilancio, che ha come compito
fondante quello di assicurare la così detta equivalence of input ovvero la parità di condizione di accesso tra i
vari gestori.
Nel caso di Telecom Italia sarebbe auspicabile arrivare alla costituzione di una Pubblic Company con
l’ingresso del Governo, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, che garantirebbe risorse per lo sviluppo della
Rete superando così l’anomalia tutta italiana che vede, ad oggi, lo Stato disinteressato ed assente da un
settore strategico quale quello delle Tlc.
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Questo permetterebbe al Gruppo di continuare ad essere solido punto di riferimento per l’economia del
Paese e per il perseguimento degli obiettivi strategici fissati dall’Agenda Digitale garantendo, grazie a
sostenibili politiche economiche di ricavi e di investimento, i livelli occupazionali interni e nell’intera filiera
dell’ICT nazionale ed il suo ruolo internazionale.
Nei mesi scorsi il Sindacato ha richiesto a gran voce ed insistentemente un Tavolo Governativo per la
definizione , unitamente a Telefonica, di precise garanzie sugli investimenti, sulla ricapitalizzazione di
Telecom Italia e sul mantenimento dell’attuale perimetro occupazionale del Gruppo Telecom e degli
appalti e, perchè no, tornando anche ad assumere giovani cosa che non avviene dagli anni ‘90. Siamo
rimasti inascoltati.
Chiedevamo inoltre un Piano di Sistema per l’attuazione dell’Agenda Digitale che assegnasse a Telecom
Italia ruoli e risorse specifiche, il ritiro dell’azienda del piano di vendita delle torri trasmissive e Mux (canali
digitali), una “cabina di regia” centralizzata , l’approvazione di una nuova normativa sull’ OPA. Torneremo
alla carica per portare avanti queste nostre proposte.
Per il settore dei Call Center occorrono ora politiche economiche che defiscalizzino gli investimenti e
soprattutto che tengano conto del costo del lavoro (elevato) cui le aziende sono soggette.
A nostro avviso va ridefinito un nuovo modello di incentivazione sull’occupazione ( legge 407/91), con una
riduzione degli oneri sociali per le nuove assunzioni, e soprattutto si rende necessario agire sulla riduzione
dell’IRAP in quanto il costo del Lavoro in questi contesti labur intensive ha una rilevanza enorme e non più
sostenibile.
Servono regole chiare in materia di gare, assegnazioni dei volumi di attività, ponendo un freno a quelle in
continuo ribasso, sia nel privato che nel pubblico , ricercando un punto di equilibrio tra i vari soggetti e
bloccando un fenomeno che comporta, ad ogni rinnovo, una diminuzione del costo minimo contrattuale del
CCNL delle TLC.
In un momento così delicato dell’economia italiana, risulta ormai intollerabile il rischio di perdita
occupazionale considerando che altre nazioni quali Francia, Germania, Regno Unito, USA, stanno attuando,
in particolar modo in questo settore, politiche di internalizzazione delle attività portate al di fuori dei
confini dei singoli stati. Dobbiamo procedere anche noi ad una inversione di tendenza richiedendo la
ricostituzione (si era già attivato nel 2010) di un tavolo permanente presso i Ministeri competenti (Sviluppo
Economico/Lavoro) unitamente alle parti datoriali- committenti compresi - , al fine di affrontare e
risolvere le problematiche del comparto.
Per quanto riguarda il CCNL, come si diceva all’inizio, entro il prossimo mese di giugno prossimo saremo
chiamati ad iniziare i percorsi per la sua rinnovazione, scadendo a dicembre 2014. Facendo tesoro delle
esperienze maturate, dei protocolli confederali nel frattempo perfezionatisi e delle necessità emerse,
dovremo trovare percorsi che individuino tempi certi ( e brevi) di rinnovo e soluzioni ai problemi del
comparto a partire dalle coperture di integrazione all’ASPI in accordo a quanto previsto in materia dall’art.
3 della legge 92/2012.
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LE SCHEDE
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7. PARI OPPORTUNITÀ E POLITICHE DI GENERE
A cura di Roberta Musu
“Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E, all’improvviso, vi sorprenderete a fare
l’impossibile!”
Il presente documento è una prima sintesi del lavoro sinora prodotto, che il Coordinamento Nazionale
Uilcom P.O. e Politiche di Genere vuole mettere a disposizione dell’organizzazione auspicando che possa
costituire un contributo di idee, valutazioni e proposte con l’obiettivo di fornire elementi di riflessione per
migliorare il nostro agire quotidiano e tracciare le future linee strategiche.
Gli incontri del Coordinamento e le iniziative organizzate dal Coordinamento, hanno permesso un confronto
- strutturato e non occasionale - su temi di carattere contrattuale, sociale e politico, con attenzione anche
agli aspetti organizzativi e quotidiani concernenti la vita dell’organizzazione.
Il gruppo di lavoro, composto da donne che ricoprono ruoli diversi all’interno della UILCOM, in diversi
territori, con modalità operative e risorse strutturali ed economiche differenti, è stata la conferma del
patrimonio di risorse dell’organizzazione e della volontà delle persone di contribuire all’attività sindacale in
modo attivo e partecipativo.
L’eterogeneità del gruppo di lavoro è stata una vera e propria risorsa dalla quale trarre ispirazione,
rendendo la discussione stimolante e dimostrando concretamente che la volontà di lavorare INSIEME,
l’ascolto reciproco e la comprensione di bisogni diversi dai propri, rende attuabile l’elaborazione di idee e
proposte concrete.
Il metodo di lavoro che il gruppo ha condiviso sin dalla prima riunione, ha consentito l’inserimento proficuo
di altre colleghe - come in occasione del Seminario di Rimini - creando così nuove opportunità di confronto e
crescita di tutte le persone coinvolte.
Coinvolgimento, confronto, condivisione.
Queste le parole chiave che abbiamo scelto, tanto il lavoro che ci aspetta, e che affronteremo Insieme.
7.1 PREMESSA
L’azione sindacale dell’ultimo quadriennio è stata prioritariamente rivolta alla difesa dell’occupazione,
messa fortemente in discussione dalla crisi internazionale che ha investito pesantemente anche l’Europa e
che tuttora persiste nel nostro paese, nonostante gli annunciati segnali di ripresa.
I rinnovi dei C.C.N.L. realizzati nell’ultimo quadriennio rappresentano certamente un risultato positivo,
tenuto conto dello scenario generale caratterizzato dalle gravi difficoltà economiche e occupazionali, anche
se ciò non è stato percepito a pieno dalle lavoratrici e dai lavoratori dei nostri settori; se da una parte si è
riusciti a dare risposte sotto il profilo salariale, dall’altra la rinuncia e/o modifica delle condizioni normative
esistenti, è stata interpretata come una “resa” da parte del sindacato.
La UILCOM è sempre stata in grado di sostenere e argomentare le proprie scelte in ogni situazione, anche
quando si sono rese necessarie azioni che hanno comportato sacrifici a salvaguardia dell’occupazione.
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Tale metodo non ha trovato purtroppo sempre coerenza da parte di Slc, che ha scelto in più occasioni di
assecondare logiche demagoghe, scaricando su altri le responsabilità, ma nemmeno da parte di Fistel che
ha spesso sostenuto atteggiamenti ambigui e talvolta opportunisti, non assumendo di fatto – in molte
occasioni – posizioni precise.
Le scelte operate negli ultimi anni dalle grandi aziende dei nostri settori di riferimento, hanno confermato
una mancanza di volontà a investire concretamente su qualità, formazione e innovazione.
Per le nostre controparti, l’unica logica applicabile per rispondere alla crisi economica è quella di attuare
tagli al costo del lavoro, scaricati interamente su lavoratori e lavoratrici, anche a costo di rinunciare a
“risorse umane” qualificate.
Il problema del costo del lavoro nel nostro paese viene affrontando scaricando l’intero onere sulle
retribuzioni, mentre la pressione fiscale che grava sul costo del lavoro anche per la parte datoriale, rimane
un tema da talk show televisivo, di cui si discute, senza mai intervenire in modo concreto.
Rallentare, ridurre o fermare (come avvenuto per il settore del pubblico impiego) il recupero del costo della
vita sulle retribuzioni significa continuare ad erodere le retribuzioni stesse (quando va bene), ridurre
quantità e qualità occupazionale, e continuare a rallentare – e impedire - qualsiasi speranza di rilancio dei
consumi, rimanendo imprigionati in un circolo vizioso dal quale diventa difficile intravedere scenari positivi.
Gli interventi di defiscalizzazione dei PDR e degli straordinari, seppur importanti dal punto di vista del
principio, hanno avuto un valore meramente simbolico, attuati in un momento di grave crisi, dove il
problema prioritario è l’occupazione e l’erogazione di PDR appare un miraggio.
Anche il tema dell’evasione fiscale, a cui la nostra organizzazione ha sempre posto una grande attenzione, è
argomento da “campagna elettorale”, ma gli interventi attuati sinora risultano insufficienti e inadeguati
rispetto alla gravità del problema stesso.
La situazione politica desta altrettanta preoccupazione, il sentimento di sfiducia che serpeggia nel paese è
ormai evidente, la costante messa in discussione della stabilità del Governo – spesso per interessi personali
di diversi soggetti, nulla ha a che vedere con il benessere del paese – e tale condizione ha contribuito
fortemente a minare profondamente il rapporto tra istituzioni e cittadine/cittadini.
Politica, dal greco POLITIKÈ, secondo una definizione di Aristotele significa “arte di governare gli stati”, arte
che strillatori e demagoghi non possiedono.
Il paese ha bisogno di un segnale forte che dia fiducia, speranza e soprattutto che abbia valore morale ed
etico, la riduzione dei costi della politica, seppur non risolutoria dei gravi problemi economici del nostro
paese, è un atto imprescindibile se si vuole recuperare un minimo di credibilità da parte della cittadinanza
e, insieme alla riforma elettorale, sarebbe un concreto segnale di un cambiamento tanto invocato.
Le riforme vanno attuate concretamente, evitando provvedimenti utili solo a tamponare o creare maggior
confusione (vedi riforma Fornero).
Il modello anglosassone che viene costantemente citato come esempio positivo di flessibilità – in
particolare in uscita – appartiene a un sistema sociale profondamente diverso da quello presente nel
nostro paese, in un “sistema lavoro” differente e soprattutto con una cultura imprenditoriale differente.
Ciò non significa che non si possa o non si debba cambiare, ma la modifica di un sistema passa attraverso
un processo culturale lungo decenni, che deve essere accompagnato e monitorato.
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Così come i processi di evoluzione tecnologica devono essere guidati, gestiti e monitorati; nei nostri settori
l’evoluzione tecnologica ha prodotto cambiamenti importanti che hanno avuto forti ricadute
sull’occupazione, e hanno portato a profonde modifiche sul piano professionale.
In alcuni casi il processo di cambiamento non è stato adeguatamente supportato e accompagnato, la
formazione professionale viene spesso sottovalutata, mentre potrebbe essere una risorsa fondamentale
per integrare, modificare, consolidare nuove e vecchie competenze.
Così come l’assenza di investimenti e i continui tagli ai contributi destinati alla cultura sono un tema sul
quale dovremo continuare ad agire, per tutelare il patrimonio artistico del nostro paese che rischia di
essere fortemente compromesso.
In questo contesto, il sindacato ha il dovere di essere più che mai vicino ai bisogni delle persone, e di
contribuire ad un cambiamento culturale che promuova i i valori della solidarietà, dell’etica, del merito.
Un sindacato che elabori proposte e sia protagonista del cambiamento.
Mettere al primo posto le persone.
Questa è la missione che, secondo noi, la UILCOM dovrà continuare a perseguire nei prossimi anni, con
orgoglio, coraggio e passione: solo così scopriremo di essere capaci di fare “l’impossibile”.
a) La contrattazione Nazionale e di II Livello
La contrattazione è lo strumento principale attraverso il quale realizziamo i nostri obiettivi di tutela,
emancipazione e miglioramento delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il Coordinamento P.O. UILCOM ha dibattuto a lungo sullo strumento contrattuale e sulle difficoltà
incontrate, in particolar modo negli ultimi anni, ma anche sulle esigenze manifestate e raccolte nei diversi
territori di provenienza delle colleghe del coordinamento.
Le trasformazioni e l’evoluzione della società hanno visto nel tempo un numero sempre maggiore di donne
che per scelta o per necessità si sono inserite nel mondo del lavoro.
Nella nostra categoria, in alcuni settori la percentuale di occupazione femminile è pari se non superiore a
quella maschile, ma nonostante ciò sono ancora molto diffuse situazioni di discriminazione – diretta e
indiretta – compresa l’esclusione delle donne dalle posizioni professionali di responsabilità.
Nonostante i progressi fatti sotto il profilo culturale e legislativo in materia di parità e pari opportunità,
continuano ad emergere casi di demansionamento lavorativo o professionale al rientro dalla maternità,
assegnazione di orari di lavoro che costringono le neomamme a lasciare l’occupazione perchè inconciliabile
con gli orari di asili nido e/o scuole materne, elementari etc.
Il riconoscimento di uguali diritti non è sufficiente se non accompagnato da un cambiamento culturale e da
misure concrete di sostegno per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la cura della famiglia.
Attualmente il lavoro di assistenza e cura scelta ricade ancora prevalentemente sulle donne, anche a causa
dell’inquadramento professionale inferiore in cui purtroppo risultano troppo spesso relegate rispetto ai
colleghi uomini, di conseguenza anche all’interno della coppia la carriera professionale e lavorativa della
donna viene ancora considerata più improbabile e quindi più facilmente sacrificabile.
54
In questa situazione, la parificazione dell’età pensionabile ha penalizzato fortemente le donne, occorre
quindi agire e intervenire in modo incisivo in tutti gli ambiti – territoriali, aziendali e istituzionali – per
promuovere e contrattare forme si sostegno per la cura della famiglia.
La UILCOM può e deve farsi carico di attuare iniziative di sensibilizzazione e di informazione sui diritti di
padri e madri, finalizzate a promuovere la condivisione dei compiti e a creare servizi di welfare aziendale
e/o territoriale che siano un concreto sostegno per la cura della famiglia.
La contrattazione diventa quindi anche uno strumento per incoraggiare e stimolare le aziende a facilitare la
conciliazione della vita professionale, familiare e privata delle donne e degli uomini, e incoraggiare e
stimolare gli uomini ad avere un ruolo più partecipe nelle responsabilità familiari.
b) Diritto di informazione
Le informazioni sui dati occupazionali previsti dai CCNL, possono essere integrate con le informazioni
previste dall’ex art. 9 Legge 125/91.
Ciò consentirebbe di avere un quadro di riferimento - nelle aziende con più di 100 dipendenti - più
dettagliato della forza lavoro, delle dinamiche del mercato del lavoro nei diversi settori, e delle dinamiche
retributive attuate nelle imprese, con cadenza annuale.
c) I Codici di Condotta
Sulla base delle indicazioni fornite in ambito Europeo e delle esperienze maturate in altri settori (pubblico e
privato), il Codice di Condotta è uno strumento importante per prevenire e gestire situazioni di molestie,
mobbing e stalking. Diventa fondamentale inserire all’interno dei C.C.N.L. i Codici di Condotta e favorire,
iniziando dalle imprese di dimensione nazionale, la costituzione di Comitati per le Pari Opportunità.
d) Congedi per la cura della famiglia
La modifica normativa in tema di godimento dei congedi parentali andrà recepita e resa esigibile nei
prossimi rinnovi dei C.C.N.L..
Vanno perseguite - anche creando reti di collaborazione con gli Enti Locali - tutte le iniziative finalizzate allo
sviluppo di strutture per la cura della famiglia (anzian* e bambin*), che siano accessibili dal punto di vista
economico e offrano servizi di qualità.
A tal fine una contrattazione di carattere territoriale potrebbe rivelarsi un utile strumento, anche in sinergia
con altre categorie.
I congedi per malattia dei figl* (attualmente 5 giorni annui non retribuiti per ciascun genitore sino agli 8
anni di età) vanno estesi anche attraverso l’utilizzo della banca ore, il possibile godimento di R.O.L., forme
di orario elastico (maggiore se utilizzata dagli uomini).
Laddove è possibile è utile prevedere la possibilità di lavoro da remoto, anche fissando un numero massimo
di giornate all’anno.
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e) Congedo matrimoniale
Anche alla luce della recente sentenza della Corte Europea (Causa C-267/12), e delle indicazioni fornite
dalla Comunità Europea in merito, va modificata la normativa sul congedo matrimoniale prevista dai
C.C.N.L., prevedendo che il congedo possa essere usufruito anche da coloro che sposano un partner dello
stesso sesso, contraendo matrimonio in un paese dell'Unione Europea.
f) La formazione professionale
La formazione deve essere svolta all’interno degli orari di lavoro e presso la sede aziendale, per agevolare la
partecipazione delle donne e rendere la formazione stessa fruibile.
Le lavoratrici in congedo di maternità devono avere la possibilità – compatibilmente con le disponibilità
tecnologiche e le attività professionali svolte – di ricevere gli aggiornamenti relativi alla vita aziendale e alle
eventuali iniziative in programma.
Altresì devono essere previsti momenti di aggiornamento al rientro dalla maternità e da periodi di congedo
dei genitori per cura della famiglia.
g) Orario di lavoro
Il cambiamento culturale sulla condivisione dei compiti e la contrattazione di un sistema di welfare a
sostegno delle famiglie, sono gli elementi sui quali riteniamo si debba agire con incisività, ma è bene porre
una particolare attenzione nei confronti del lavoro a tempo parziale, che riguarda prevalentemente
l’occupazione femminile. Articolazioni esasperate di flessibilità rischiano di penalizzare fortemente le
donne, compromettendo l’equilibrio tra tempo di lavoro e tempo di cura. É bene ricordare che spesso la
scelta del part-time per le donne è condizionata fortemente dalla necessità di dedicare tempo alla cura
della famiglia, che ancora oggi ricade prevalentemente sulle donne stesse.
h) Aspettative e conservazione del posto di lavoro
All’interno dei nostri contratti va riconosciuta la possibilità, per le vittime di violenze, di usufruire di congedi
e conservare il posto di lavoro per il tempo necessario alla cura della persona. Per garantire la privacy della
persona interessata si può ricorrere alla figura del medico competente, o a certificazione redatta da
specialisti. Va altresì prevista la possibilità, in queste situazioni, di accedere anticipatamente al T.F.R.
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8. AGENDA DIGITALE
A cura di Giuseppe Mele
8.1 PREMESSA
In questi giorni, Uomini delle Istituzioni, dall’Agenzia Digitale al Mise, lamentano che la classe dirigente
politica, industriale e burocratica italiana non si renda conto di trovarsi in piena era digitale, una delle più
grandi rivoluzioni nella storia dell’uomo. Il progresso tecnologico è passato dallo sviluppo lineare a quello
esponenziale grazie all’information technology, alle nanotecnologie, alle biotecnologie, alla robotica, alla
Rete Internet. La conseguenza è l’estrema rapidità d’introduzione delle innovazioni tecniche e economiche,
che divengono sociali, nella vita quotidiana. Uomini delle Istituzioni e del mercato privato mettono al
centro una politica industriale di breve, medio e lungo periodo fondata sulla digitalizzazione dell’economia
e paventano che, senza una tale politica, comunque la digitalizzazione ci sarà e sarà eteroguidata da attori
esterni all’Italia. Ugualmente parlano di necessità di riformare la Costituzione alla luce dell’innovazione
tecnologica. Dichiarano che l’Italia, a partire dalla Pubblica Amministrazione, è ancora governata
analogicamente.
Esagerano?
Circa il 78% delle attività economiche europee, sia nell’organizzazione interna che nella catena dei rapporti
esterni, è fondato sulla gestione di dati digitali. Conseguentemente, il 55% dei lavoratori europei opera su
dati digitali, con competenze basse, medie, alte, sia nei settori più innovativi, sia in quelli tecnologici, sia in
quelli tradizionali. Dall’economia digitale risulta esclusa una minoranza (il 22%), costituita da alcuni settori
economici e dalle attività materiali presenti nel resto dei settori economici. L’economia digitale non è una
prospettiva, ma una realtà. É cresciuta sia con l’espansione del settore dei servizi, ma anche con la crescita
della digitalizzazione delle attività amministrative e dei servizi negli altri settori economici. Ancora nel 2003
i ministri del Consiglio d’Europa chiarirono che “L'innovazione non riguarda solo la tecnologia e può
assumere forme diverse, per esempio lo sviluppo di nuovi concetti commerciali e nuovi mezzi di
distribuzione, la commercializzazione e la progettazione o i cambiamenti organizzativi e d'immagine”.
8.2 STATO DELL’ARTE
Da vent’anni, dall’epoca di Delors a noi, gli indirizzi internazionali ed europei hanno ribadito che l’economia
digitale è la sfida decisiva per la crescita e lo sviluppo di ogni Paese. In Europa le relative competenze sono
affidate alla Dg Connect. A riguardo l’Italia istituzionale ha speso molti atti normativi e programmi, due
ministri ad hoc (Stanca e Nicolais) o quasi ( Bassanini e Brunetta), diverse agenzie, società pubbiche, enti e
dipartimenti ministeriali. Ugualmente dicasi per gli Enti locali e le organizzazioni datoriali. Il Governo negli
ultimi anni ha ridotto l’impegno dall’Innovazione tecnologica volta alla gestione dell’economia digitale alla
semplificazione della macchina burocratica pubblica. Oggi dall’interno delle Istituzioni si torna a chiedere il
ripristino del soppresso Ministero per l’innovazione tecnologica. Il motivo è la confusione dei ruoli. Viene
denunciata la compresente presenza del Commissario all'Agenda digitale, del Comitato di indirizzo
dell'Agenda digitale, della Cabina di Regia, dell'Agenzia per l'Italia Digitale, delle Authority, dei Dipartimenti
Comunicazioni e PMI del MiSe, Innovazione e competenze digitali del Miur, di Sogei e Consip c\o MEF, del
coordinamento di Palazzo Chigi.
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8.3 IL PUNTO DI VISTA SINDACALE
Non sfugge al Sindacato che la rivisitazione del rapporto tra fornitori dell’industria e servizi privati ed i
clienti della Pa non possa significare un peggioramento delle regole sugli appalti e subappalti come
denunciato ultimamente da un documento unitario confederale.
Che la rivisitazione della politica infrastrutturale non poggi le necessità di diffusione dei servizi di banda
soprattutto sugli operatori privati sollecitati dal quadro normativo europeo e dall’Authority ad ulteriori
sforzi in un contesto di riduzione dei ricavi e di conseguente stretta occupazionale.
Che la digitalizzazione dei media indebolisca i settori tradizionali senza che vengano sostenuti gli strumenti
adatti al presidio della domanda aggregata interna europea di informazione e comunicazione. Che .la
diffusione dei sistemi intelligenti di trasporto e delle Smart cities pongano problemi strutturali a partire
dalla diffusione della videosorveglianza sulla privacy e sul controllo dei lavoratori.
Che la diffusione del Cloud non concretizzi l’opportunità di maggiore delocalizzazione soprattutto per i call
center.
Che la progressiva aumentata automazione dovuta ai servizi di prossimità nell’ambito dell’Internet of Thing
ed ai pagamenti elettronici mobili non comportino un necessario aumento produttivo assieme a stretta
occupazionale in diversi ambiti, da quello bancario a quello turistico.
Che la rivisitazione digitale dell’organizzazione e del lavoro delle Pa una forte riduzione occupazionale, un
significativo sforzo produttivo nel’ambito di un blocco contrattuale quadriennale e del ricorso a 400mila
consulenti.
Che su tutta l’economia la digitalizzazione imponga nuove regole di trasparenza e di velocità informativa,
destinate a cadere sull’impegno dei lavoratori.
Che la digitalizzazione imponga di cambiare modalità operative e strutturali di sicurezza, di privacy e di
mobilità.
Che già oggi la digitalizzazione si è tradotta in un ulteriore impegno di obblighi digitali per le imprese,
elemento di ulteriore difficoltà gestionale.
Che in un futuro vicino anche i cittadini dovranno sobbarcarsi i medesimi obblighi digitali, venendo meno
alla fornitura dei servizi tradizionali da parte pubblica e privata.
Nell’attuale contesto di estrema difficoltà economia, dopo aver perso in tre anni 1,5 milioni di posti di
lavoro, i rischi sulla produzione e sulla occupazione indotti dal digitale non sono percentualmente alti. Sono
però indicativi della mancata promessa finora riscontrata da parte dell’economia digitale.
L’economia digitale non ha portato il grande aumento occupazionale promesso, per la quale i sindacati
avevano dato il loro sostegno politico.
Dal punto di vista sindacale quindi non è solo necessario un governo puntuale e stabile dell’economia
digitale. É necessario per il sindacato che l’economia digitale si traduca in maggiore produzione digitale, in
maggiori ricavi, in una migliore redistribuzione che determini maggiori salari, in una quota di salario
digitale, dovuta ai miglioramenti innovativi del lavoro, nel presidio e sviluppo dell’offerta digitale europea
capace di soddisfare la domanda digitale europea.
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Solo a queste condizioni il Sindacato, in tutte le sue ramificazioni, si interesserà proattivamente
dell’economia digitale. Fino ad allora, ne sentirà implicazioni, regole e condizioni come negatività capaci
solo di far perdere salari e posti di lavoro.
8.4 AGENDA DIGITALE EUROPEA
L’Agenda Digitale Europea, programma faro di Europa 2020, si fonda su 7 pilastri:
1. Mercato digitale unico
2. Internet veloce e superveloce
3. Interoperabilità e standard
4. Fiducia e sicurezza informatica
5. Ricerca e innovazione
6. Alfabetizzazione digitale (Enhancing digital literacy, skills and inclusion)
7. ICT per la società.
8.5 AGENDA DIGITALE ITALIANA
1. e-commerce
2. e-government e open data
3. alfabetizzazione informatica
4. ricerca
5. smart communites
6. infrastrutture e sicurezza.
L’Agenda europea si concentra più sul mercato privato; quella italiana alla PA ed alla spesa pubblica
informatica relativa di ca. 5 miliardi l’anno.
Nondimeno il mercato digitale ed il relativo lavoro sono sia pubblici che privati. Coinvolgono quasi il 78%
dell’intera economia, tramite le filiere della comunicazione, dell’industria elettronica e dell’Ict, del
commercio Ict, della finanza Ict, della conoscenza digitale e della amministrazione digitale. Risultano
presenti nel lavoro dipendente ed autonomo e nei contratti pubblico, dei servizi e di parte dell’industria. In
linea con le aspettative dei lavoratori, i Sindacati si attendono che l’economia digitale contribuisca alla
crescita dell’occupazione ed alla diffusione di lavoro di qualità, che valorizzi le capacità e lo sviluppo
professionale dei lavoratori.
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8.6 PUNTO DI VISTA DEL LAVORO
I pregi dell’Agenda Digitale sono spesso misurati per risparmio di spesa pubblica e delle imprese, indicato
rispettivamente in 35 miliardi e 25 miliardi, calcolato anche con la riduzione del lavoro pubblico attuale del
10% e di quello privato per 7 miliardi di h\lavoro.
É evidente che promuovere un obiettivo di depressione dell’occupazione non trova consenso, tanto più se,
per aumentare il lavoro dello 0,8%, c’è bisogno di un 10% di incremento della banda larga.
Al netto della crisi che ha fatto perdere 1,5 milioni di posti di lavoro, le diverse filiere produttive sopra
elencate sono in forte crisi, alla quale non poco ha contribuito il sostegno europeo alla competizione
interna, che ha indebolito fino allo stremo i comparti produttivi sotto la concorrenza di grandi società
extraeuropee monopoliste.
Alla riduzione dei costi, deve corrispondere in una prospettiva di lavoro, il sostegno all’offerta per
aumentare la quota di copertura europea del mercato mondiale.
Senza produzione, si perde via via anche il know how del lavoro digitale; e successivamente anche la
capacità di controllo normativo e democratico poiché l’e-democracy viene gestita e ospitata da
infrastrutture e servizi né nazionali, né europei. Più che soffermarsi sul rilancio della produzione digitale, il
dibattito in genere enfatizza l’insufficienza su cultura e cittadinanza digitale espressi dal digital divide, che
non meraviglia dato il dualismo economico nazionale.
L’espansione del settore privato e la modernizzazione della PA in realtà vanno di pari passo; senza l’una o
l’altra il processo della dematerializzazione è destinato a fermarsi, come già avvenuto negli ultimi dieci anni.
Per il sindacato si prospettano due sfide: 1) riuscire ad avere una visione d’insieme dei diversi mercati
digitali e dei relativi lavori senza restare prigioniero delle politiche pubbliche e datoriali spesso di corto
respiro; costruire, con il proprio network e quello istituzionale un’informazione chiara, accurata ed
accessibile sul mercato del lavoro digitale; 2) rendere a partire dalla PA, ma non solo, massivo il lavoro
mobile, con un rapporto più umano con il territorio, recuperando spazi pubblici comuni, oltre l’esperienza
residuale del telelavoro.
Solo migliore reddito però ottenuto dai risparmi della deconcentrazione fisica può far esplodere una
modalità lavorativa per la quale ci sono tutte le conduzioni tecnologiche. L’Europa cerca e-leader
protagonisti dell’innovazione quotidiana.
I lavoratori che sostituiscono i tornelli con gli smartphone possono diventarlo, attraverso l’esempio
quotidiano per minore ore di lavoro consumate e non per riduzione occupazionale.
L’ e-leadership, concetto sostenuto in ambito europeo, sottolinea l’importanza dei manager pubblici e
privati ma cozza contro la tendenza del lavoro digitale e su Internet, fondata sull’eguaglianza delle persone
e sul lavoro collaborativo nei network. Probabilmente è più importante coinvolgere i livelli intermedi e bassi
che i manager.
8.7 DOMANDE
Il Sindacato deve farsi parte attiva sulle questioni digitali, non accettando passivamente le impostazioni
degli altri attori economici. A 18 anni dall’avvio della società dell’informazione europea, 4 dall’agenda
digitale europea e 2 dall’agenda italiana, è lecito dunque chiedere dati precisi sul rapporto tra
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digitalizzazione e lavoro, oltre quanto non siano riusciti i teorici obblighi di comunicazione definiti in Europa
dagli istituti dei Cae e della “spa europea”.
1) quale e quanto sia il lavoro coinvolto;
2) quanto sia cresciuto o diminuito;
3) quanto siano cambiate per effetto della digitalizzazione; le competenze, conoscenze e abilità;
4) quali sano gli effetti salariali e stipendiali;
5) quali siano i cambiamenti contrattuali di profili e mansioni;
6) se siano riconoscibili tendenze costanti di cambiamento.
Dal punto di vista sindacale si possono notare i seguenti punti
É positiva la realizzazione di tavoli di discussione delle linee guida tra diversi soggetti, inclusi i sindacati.
Desta perplessità che con i principali soggetti (istituzioni, parte datoriale e parte sindacale) siano presenti
molti enti di piccolo peso. D’altra parte le istituzioni sono rappresentate da una pletora di soggetti
ministeriali e istituzionali, e di soggetti a loro interni.
Telecomunicazioni (Dai servizi di telecomunicazione al digitale). In due decenni il senso delle
Telecomunicazioni (TLC) è cambiato completamente. Dal mero trasferimento della voce è passato a
trasferire, sul piano mondiale, dati informatici, detti digitali.
Parallelamente, ogni contenuto, nel processo di creazione e gestione, è stato trasformato in un dato
digitale.
Le apparecchiature utilizzate nei diversi settori economici con specifiche caratteristiche, si sono trasformate
in apparati capaci di gestire tutti i dati digitali. Infine, tramite una rete mondiale di gruppi di questi apparati,
la creazione e gestione dei processi di comunicazione, economici e finanziari è stata spostata su grandi
memorie virtuali gestibili da diverse parti del mondo per tutto il mondo.
Sono queste trasformazioni, avvenute in un tempo breve, ed ancora in corso di sviluppo, ad avere reso gran
parte dell’economia, digitale.
L’economia digitale, completamente virtualizzata, poggia sul sistema materiale delle infrastrutture delle
telecomunicazioni, delle backbones sottomarine, dei satelliti, delle centrali telefoniche, delle stazioni radio
mobili, degli hotbox wifi.
8.7 FILIERA
Tradizionalmente il settore delle Telecomunicazioni riguarda le infrastrutture di reti telefoniche mobili e
fisse ed i relativi servizi di fonia e dati.
Le imprese del settore sono oggi meglio definite come l’insieme della filiera delle Telecomunicazioni, dove
sono presenti sia gli operatori delle Telecomunicazioni che i loro fornitori di servizi, apparati ed
infrastrutture.
Il modello della filiera trova riscontri nazionali ed internazionali nella normativa, nei modelli di business e
negli accordi sindacali.
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La normativa nazionale ed europea, attraverso specifiche licenze, definisce le attività degli operatori delle
Telecomunicazioni che si occupano dello sviluppo delle reti, della fornitura e della gestione dei relativi
servizi di fonia/dati. Si distingono nella filiera 1) le aziende delle infrastrutture di rete, 2) fornitori di
apparati e servizi di rete, 3) fornitori di terminali, 4) fornitori di prodotti e servizi informatici, 5) operatori
delle Telecomunicazioni, 6) aziende di call center, customer care e vendite.
8.8 C.C.N.L.
Conseguentemente nei CCNL delle Telecomunicazioni,(dal primo firmato il 28 giugno 2000, ai rinnovi del
2005, del 2009 fino all’ultimo del 1° febbraio 2013) sono state concordate le regole economiche e
normative relative alle attività di lavoro dell’intera filiera. Viene sempre distinta l’attività di gestione della
rete da quella dei fornitori di applicazioni.
8.9 OCCUPAZIONE
I lavoratori delle Telecomunicazioni sono passati da ca. 143mila a 120 mila tra il 2006 ed il 2013, con un calo
del 5% negli operatori ed un aumento del 6% presso i fornitori di apparati. Tempo determinato e
apprendistato rappresentano il 3% dei rapporti di lavoro.
Il cuneo fiscale è ca. il 48% del costo del lavoro.
É aumentato l’impiego femminile (+1%.) ed il part-time (+2%).
Si è alzata l’età media del personale nel quale gli ultra 40enni sono il 55% e gli under 30 solo il 9%.
Gli occupati dei call center sono ca. 80 mila. Il calo del costo degli addetti (1%), e l’utilizzo di alcuni
ammortizzatori sociali, tra cui la solidarietà, non hanno aiutato le imprese del settore che stanno subendo
una flessione strutturale di settore nell’ambito della crisi. Il settore ha molti accordi di telelavoro.
L'Italia resta il quarto mercato europeo delle Telecomunicazioni per fatturato con un bacino occupazionale
tra più ridotti.
8.10 VALORE
La filiera oggi vale un fatturato da 42 miliardi, di cui 32 miliardi degli operatori e dell’informatica, 5 dei
terminali, 4 dei per apparati e servizi di rete, 1 dei call center.
Nel 2006 il valore era di 57 miliardi (di cui 47 della telefonia e dell’informatica).
La quota del 4% sul Pil raggiunta nel 2009 è scesa sotto il 2%. I fatturati complessivi sono in continua
contrazione, con una perdita del 7,3% in 8 anni ( meno 2,2% nel 2013, 2.4% nel 2012). Il calo della telefonia
fissa è cominciata nel 2005, quella del mobile nel 2009 (-4.7% nel 2012). É una tendenza riscontrabile anche
in Europa dove i ricavi delle Telecomunicazioni in dieci anni sono scesi da 266 a 234.6, con meno 3,3% solo
negli ultimi 2 anni. L’aumento dei servizi dati per più del 10% (6.3% mobile e 3.5% fisso) non copre il calo
dei ricavi da telefonia fissa del 7% e del mobile del 2,7%. Per un termine di paragone, antecrisi la filiera
della carta valeva 35 miliardi, i mercato dei media 27 miliardi, quello della moda 60, la pubblicità 5, il
turismo culturale 60.
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8.11 INFRASTRUTTURE
La copertura delle reti telefoniche a fine 2013 si rivela migliore del previsto. 21 milioni di linee fisse ( un
milione meno rispetto al 2011), 14 milioni in larga banda, 92 milioni di mobili (da 2 anni stazionarie), 45
milioni in larga banda, 5,2 milioni di linee degli operatori virtuali (con Poste Italiane al 52,4%). 63 milioni di
linee mobili hanno usufruito della portabilità da un operatore all’altro. Il traffico dati è cresciuto in n ìn
anno del 34,6%.
In un anno le associazioni dei consumatori rilevano ca. 9000 reclami, un dato esiguo sull’insieme milionario
delle connessoni.
L’importanza delle infrastrutture, come è noto, va ben oltre l’originario diritto universale alla telefonia,
perché queste sono oggi la via d’accesso ad Internet. La diffusione esponenziale dell’accesso e del trasporto
dati digitalizzati rivela la nuova collocazione, centrale, delle Telecomunicazioni nel mondo digitale.
L’importanza della banda larga ( a 2 mega, a 10 mega, a 100 Mega di scaricamento dati\s) sta appunto
nella disponibilità per tutte le persone e per tutti i settori economici di operare su dati digitalizzati
direttamente e indirettamente.
8.12 INTERNET
Circa il 78% delle attività economiche sono fondate sulla gestione di dati digitali. Il 55% dei lavoratori
europei sono lavoratori digitali, ad alta o media competenza.
In Italia il 96% delle persone fruisce della Tv (divenuta digitale tra 2008 e 2012), l’86% della telefonia
mobile, il 63,5% di Internet che è cresciuta in 7 anni del 25%, (esattamente quanto sono calati i quotidiani).
Il contesto Internet e la crescente digitalizzazione di settori come la PA, il sistema bancario, l’industria, il
commercio, i trasporti, ricollocano economicamente la filiera delle Telecomunicazioni. Non a caso il
cambiamento operato nel 2007 dalla classificazione.
Ateco delle attività economiche dell’Istat, in linea con il NACE Eurostat fonde nel settore J le
Telecomunicazioni con i Servizi di informazione e comunicazione (audiovisivi, attività editoriali, software,
web), ed il Regolatorio le ha inserite nel Sistema integrato della Comunicazione (con media e TV).
Le Telecomunicazioni vengono ad assolvere il ruolo di perno centrale di trasmissione della comunicazione,
dell’amministrazione privata e pubblica, dell’organizzazione economica, di ogni contenuto. Sono divenute
centrali nella convergenza degli apparati di sistemi economici diversi e delle competenze professionali.
Questo ruolo ha giustificato in Europa regole pesanti, dai prezzi definiti per legge, all’innalzamento della
competività, al superamento dei mercati nazionali con la quasi eliminazione dei ricavi da collegamento tra
reti nazionali. Lo sviluppo di Internet nel mondo e queste regole hanno via via abbassato la quota mercato
delle Telecomunicazioni europee rispetto alle americane ed alle asiatiche.
8.13 PROBLEMI
Si è sottolineato il grosso rischio di esclusione dalle attività digitali per territori e parte della popolazione.
Ad oggi come si vede dal grafico, l’Italia è dietro l’Europa in alcune modalità trasmissive ed avanti in altre; la
diffusione di cellulari intelligenti ( più di 20 milioni) e del’uso dei social network, fa del paese uno dei
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mercati più ricettivi della domanda digitale. Il punto dolente, in Italia ed in Europa, è il calo dell’offerta
digitale.
É ormai necessario separare, anche nella politica e nel Sindacato, come già avvenuto nei modelli di
business, le reti di Telecomunicazione dalle altre infrastrutture “materiali”. Oggi la filiera delle
Telecomunicazioni opera nell’ambito dei contenuti e dell’amministrazione. Non esiste più una distinzione
tra Telecomunicazioni e Digitale ( cioè Informatica).
Non è vero come sostenuto in alcuni ambiti confindustriali ed anche sindacali europei che in Italia non
esista il cosiddetto CCNL “informatico” o “digitale”. Questo “informatico è parte integrante del CCNL delle
Telecomunicazioni. Il digitale n questo senso è un a tendenza generale, non un settore di nicchia e come
tale va considerato nell’approccio delle tesi sindacali, poiché tutta l’organizzazione e la maggioranza delle
categorie devono e stanno affrontando le opportunità ed i problemi dell’economia digitale, il cui sviluppo di
per sé garantisce efficienza e migliore allocazione delle persone, ma non il welfare e l’occupazione. Perciò il
Sindacato deve governare il processo dello sviluppo digitale o questo gli si ritorcerà contro.
A gennaio dell’anno corrente, la Uil ha definito una propria agenda sulla quale confrontare l’azione del
Governo e delle istituzioni politiche , in relazione a questa sui può ipotizzare una AGENDA DIGITALE UIL
AGENDA UIL
AGENDA DIGITALE UIL
Ridurre le tasse sul lavoro
Ottenere risparmio fiscale dalla digitalizzazione
Difendere e creare lavoro
Difendere e creare lavoro digitale diretto ed indiretto
Rivalutare le pensioni
Trasparenza e tracciabilità digitali dai contributi sociali alle
pensioni
Ridurre i costi della politica
Trasparenza e tracciabilità digitali dei minori costi della
politica
Ammodernare la Pubblica
Amministrazione
Digitalizzazione adatta, necessaria e non pretestuosa del
lavoro della Pubblica Amministrazione
Rappresentanza e partecipazione
Trasparenza della Rappresentanza e maggiore partecipazione
digitale
Il valore della coesione sociale
Coesione digitale nello standard dei dati di riferimento e
maggiore trasparenza digitale nei settori sensibili e nei
processi decisionali
L'impegno per l’Europa Federale
L'impegno per l’Europa Digitale. Maggiore trasparenza
digitale nei processi decisionali ed attuativi dei Fondi
Strutturali per l’Agenda Digitale
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9. PROSPETTIVE E POSITIVITA’ DELL’ARBITRATO IN MATERIA DI
LAVORO PRIVATO
A cura di Fabio Benigni
A premessa di questo mio breve intervento, che non avrà carattere dottrinale, mi preme precisare che
appartengo a quella scuola di pensiero politico/sindacale che ritiene il fattore produttivo lavoro, e quindi il
prestatore d’opera, compreso il management, una parte integrante del capitale d’impresa, così come
considerato in micro economia l’insieme di terra, capitale, lavoro ed organizzazione.
Pertanto, il lavoratore o prestatore d’opera, deve acquisire pari dignità degli altri soggetti facenti parte dei
fattori produttivi, specialmente quando lo stesso assume, tramite la sua rappresentanza, il ruolo di parte
contraente di un accordo collettivo o individuale di fonte contrattuale pattizia.
Questo principio mi porta ad approvare e sostenere tutte le iniziative politiche e negoziali che, nel campo
della micro economia, tendono a rafforzare i valori della cosiddetta democrazia economica, in sintonia con
la garanzia dei diritti sul lavoro espressi dagli artt. 4 e 35 della Carta Costituzionale.
Art. 4 – Principi Fondamentali. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale
della società.
Art. 35 – Titolo III Rapporti Economici. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le
organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di
emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano
all’estero.
Questi principi sia politici che istituzionali, si collocano perfettamente all’interno della rappresentazione
dei valori che, come detto, intendo, personalmente e come organizzazione sindacale, rappresentare e
valorizzare.
Nel merito, ritengo che sulla materia sia già in atto un percorso che vede la partecipazione attiva dei vari
soggetti che concorrono alla definizione dell’arbitrato in materia di lavoro. In questo percorso si inserisce il
“termine concetto” della conciliazione e dell’arbitrato volontario; sta ora a noi, che crediamo fortemente in
tale strumento, ampliarne le sfere di competenza e di applicazione.
Mi riferisco, in particolare, a tutta la materia già regolata nei contratti di lavoro relativamente ai “codici o
procedure di raffreddamento”, alcuni vincolati dalla L. 146/90, così come modificata dalla L. 83 del 2000,
poiché rivolti ai servizi di pubblica utilità, altri soltanto ispirati dalla stessa ratio della conciliazione e degli
arbitrati volontari, tendenti, per quanto possibile, a superare momenti che determinano un conflitto
collettivo inteso da sempre dalle parti contraenti, come l’unico contrappeso naturale nella difesa dei diritti
collettivi e limitativo alla maggiore discrezionalità datoriale prevista sia nell’applicazione delle norme
regolatrici della prestazione che sanzionatorie nei confronti del lavoratore.
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Oggi questo strumento viene ritenuto dai più, dannoso per gli obiettivi strategici dell’impresa nel suo
complesso a causa della sospensione della produttività aziendale si ritiene a tal proposito sempre più
auspicabile un costruttivo confronto tra le parti, nei suoi vari livelli di rappresentanza, con appunto il ricorso
alle richiamate procedure di raffreddamento.
C’è inoltre un’altra ragione, di natura pragmatica, che non può più essere sottaciuta: mi riferisco ai dati
relativi all’anno giudiziario 2011, che ci impongono una reazione immediata e positiva per non restare
vittime di atteggiamenti inerziali.
In termini strettamente giudiziari possiamo constatare che sono rispettivamente 5.602.616 e 3.920.950 i
fascicoli giacenti per cause civili e penali pendenti; 845 sono, invece, i giorni di attesa per giungere ad una
sentenza di primo grado, un risultato che ci colloca al terz’ultimo posto in Europa e che ci pone in termini
assoluti solo davanti a Cipro e Malta. Nell’anno di riferimento i cittadini che si sono opposti a sanzioni sono
stati ben 935.491 e ascende ad oltre un milione il contenzioso che riguarda la sola INPS. Da notare, poi, che
nell’anno preso in esame si è registrato un aumento del 24% dei fallimenti per crisi economiche, che hanno
raggiunto la ragguardevole cifra di 34.033 dissesti. Ogni giorno si sono registrati 320 nuovi ricorsi per
Cassazione e, cosa assai allarmante, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea, in forza
della Legge Pinto, a risarcire 81 milioni di euro per aver violato le tempistiche relative al “giusto processo”.
Mi permetto ancora di aggiungere la problematica del sovraffollamento carcerario. Al riguardo l’Italia viola
pesantemente i diritti dei detenuti, tanto che la Corte Europea dei diritti umani ha condannato il nostro
Paese per comportamento inumano e degradante. Più in particolare, in Italia un detenuto dispone in media
di meno di 3 mq, mentre lo standard minimo fa ascendere lo spazio vitale ad almeno 7 mq per ogni persona
che vede ristretta la propria libertà in una casa circondariale.
È nell’ambito di un contesto giudiziario, che definire allarmante è assai benevolo, che si cala la
problematica che oggi vi sottopongo al dibattito: le cause di lavoro giacenti nel nostro anno di riferimento
ascendevano a 60.786 nel settore pubblico e ben 194.031 in quello privato. Se guardiamo oltre la secchezza
dei numeri, riusciamo a comprendere come sia vitale per il nostro Paese far affermare le politiche
dell’arbitrato in materia di lavoro.
I dati che ho appena ricordato indirizzano l’azione istituzionale ad intervenire prontamente ed
incisivamente sul fronte giurisdizionale e negoziale. Compito di consessi come quello odierno è far sentire
alle istituzioni la voglia che trasuda da chi, come noi, porta avanti con coerenza e con mordente una delle
problematiche più rilevanti per la giustizia italiana. Al riguardo, credo sia opportuno, a partire da qui ed ora,
sollecitare le nostre istituzioni ad acquisire e valutare sistemi vigenti in altri Paesi, che sulla materia sono
più avanti di noi. Se non saremo in grado di fare ciò, finiremo per essere noi stessi complici e artefici della
conservazione di un sistema da Paese incivile. All’uopo possiamo già dire che a poco servono le novellate
norme introdotte dal Decreto 69/2013 cosiddetto del fare, che estendono anche alle materie del lavoro
l’istituto della mediazione obbligatoria finalizzata a formulare una proposta transattiva o conciliativa da
parte del giudice, in quanto non assolvono alla primaria necessità di evitare l’ingolfamento delle aule dei
tribunali. Viene in secondo luogo a mio parere ampliata a dismisura la insindacabilità del giudice che può
assumere decisioni nei confronti delle parti, anche solo per la manifesta non volontà di una delle due, ad
adire al tentativo di conciliazione in quanto la proposta indicata, viene ritenuta non congrua.
Avverto su questo tema il pericolo di derive già consumate nel nostro Paese come quelle riferite alle
Autority, che a mio avviso agiscono al limite della legittimità in quanto avocano a se le tre funzioni
fondamentali dei regimi democratici. Le stesse infatti assumono integralmente nell’unico soggetto
giuridico, le funzioni regolatrici, attraverso la promulgazione di norme o regolamenti attuative, funzioni di
controllo attraverso i propri organi ispettivi e sanzionatorie attraverso l’irradiazione di pene inibitorie o
pecuniarie.
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Ecco perché la UILCOM, da sempre mossa da animus trattativista, si batte per superare lo stato comatoso
del nostro sistema giudiziario in materia di lavoro, al fine di restituire dignità e diritti ai prestatori d’opera
che rappresentiamo.
Ecco perché la Uilcom sollecita proposte e impegni fattivi di tutte le parti sociali; in particolare, il nostro
obiettivo è ricercare nei settori di riferimento forme di rappresentanza, che nell’ambito di comportamenti
ispirati da un rapporto civile, semplifichino tutti i rapporti di democrazia economica, incluso l’arbitrato in
materia di lavoro, cercando con ciò di ridurre gli intasamenti che sono una peculiarità delle nostre aule di
tribunale.
Ecco perché la Uilcom promuove soluzioni in contesti di arbitrato volontario, sia di natura individuale che
collettiva, disciplinato da fonti contrattuali e pattizie, così come previsto dall’art. 31 della L. 183 del 2010,
che introduce la materia attraverso il Collegato Lavoro, definendo tre diverse forma di arbitrato quali:
 l’arbitrato che si può instaurare durante o all’esito del tentativo di conciliazione dinanzi alla
Commissione di Conciliazione (art. 412 c.p.c.);
 l’arbitrato previsto dai Contratti Collettivi Nazionali sottoscritti dalle Associazioni Sindacali
maggiormente rappresentative (art. 412 ter c.p.c.);
 l’arbitrato presso le Camere Arbitrali costituite dagli organi di certificazione, l’arbitrato dinanzi al
Collegio di Conciliazione e l’Arbitrato Irrituale, costituito a iniziativa delle parti individuali per risolvere
una controversia di lavoro (art. 412 quater c.p.c.).
La Uilcom osserva che nei Contratti Collettivi Nazionali risiede l’opportunità di costituire strutture bilaterali
deputate a realizzare tentativi di conciliazione e arbitrato volontario, attraverso la pronuncia di arbitrati
irrituali, che si vanno ad aggiungere a quello obbligatorio previsto all’art. 80, comma 4, del Decreto
Legislativo n. 276 del 10 settembre del 2003 (così come modificato dal D.Lgs del 6 ottobre 2004 n. 251,
dalla Legge n. 80/2005, dalla Legge 248/2005 di conversione del D.L. 203/2005, dalla Legge n. 266/2005 e
dalla Legge 248/2006 di conversione del D.L. 223/2006).
In particolare, con riferimento ai Rimedi esperibili nei confronti della certificazione, il D.Lgs preso in esame
recita che “Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei precedenti commi 1
e 3, deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto
di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura
civile”, cioè e nello specifico per erronea qualificazione del contratto, oppure per difformità tra il
programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione; si esclude la materia del licenziamento in
quanto sottratta alle decisioni arbitrali volontarie, ma soggetta a tentativo di conciliazione obbligatoria da
parte del giudice.
Serve pertanto al più presto dotare anche i nostri Settori di regole e strumenti normativi che superino quelli
oggi centrati sui sistemi negoziali e organizzativi/produttivi del modello Renano, per rispondere
efficacemente alle esigenze dei nuovi processi produttivi imposti dalla globalizzazione dei mercati, gestiti
con rapporti relazionali, a sistema duale; anche se questa gestione è prevalentemente tipica del sistema
Anglosassone.
Tale azione deve avvenire attraverso organismi di indirizzo e di controllo, proiettati sui valori della
convergenza, della partecipazione, della formazione e informazione continua, per tentare di rispondere
positivamente al quesito della dottrina ispirata da Dahrendorf sulla famosa quadratura del cerchio:
“riuscire a tenere insieme programma economico, diritti sociali e libertà democratiche”, nella
consapevolezza che le classi dirigenti, per quadrare il cerchio, devono avere la grande capacità di
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raffreddare e governare il conflitto sociale, che nasce dalla contrapposizione tra chi dà ordini e chi li esegue;
ciò deve avvenire nel rispetto dei diritti, delle esigenze e delle regole dettate dal mercato.
Una globalizzazione, che impone, per competere ed intercettare l’innovazione, sviluppi organizzativi ispirati
a comportamenti gestiti con strumenti di spiccata flessibilità; è necessario, pertanto, passare dalle teorie di
gestione e dai modelli organizzativi della Old-Economy, basati sui rapporti di forza tra interessi diversi, ai
modelli della New-Economy, secondo cui il prestatore d’opera è un soggetto integrato nei processi
produttivi e contribuisce a perseguire gli obiettivi Aziendali.
Come testimoniano esperienze di altri Paesi, quando nelle Aziende si instaura un rapporto relazionale Top
Down, basato su convergenza e partecipazione e finalizzato ad affrontare le sfide imposte dall’innovazione
e dalla net-economy, si raggiungono ottimi risultati sia in termini qualitativi che quantitativi. L’obiettivo,
d’altro canto, è assicurare al Paese competitività nel mercato globale, anche attraverso l’E-Business e l’ECommerce.
Per quanto è stato esposto, dobbiamo necessariamente traguardare gli obiettivi individuati, perché al
contrario saremo destinati ad essere relegati su posizioni di arretratezza sia economiche che socio-culturali.
I processi legati all’arbitrato in materia di lavoro privato possono trovare nei Codici Etici, che vedono i
lavoratori coinvolti in qualità di Stakeholders, uno spazio ideale di inserimento. A parere della Uilcom tale
eventualità rappresenterebbe una importante leva, in grado di fare la differenza nei sistemi dei processi
produttivi. Occorre guardare con lente presbite alle opportunità offerte dall’arbitrato, consapevoli che
disciplinarlo nei contratti di lavoro assumerebbe la stessa importanza che rivestono le politiche dello
sviluppo del potenziale, attraverso le tecniche di Assessment Center. Non ci si deve rassegnare all’idea che
all’ingente investimento di risorse, tese alla formazione e all’informazione, non corrispondano prestatori in
sintonia con gli obiettivi strategici aziendali; nella pratica, si rischia di gettare alle ortiche quanto fatto, solo
perché non si riescono a rimuovere e governare i momenti di conflittualità individuale.
I tanti buoni motivi legati allo sviluppo delle politiche di arbitrato, di cui si è accennato in questo mio
intervento, ci impongono un confronto sempre più serrato, ancorché fruttuoso, che coscientizzi sempre più
alla ricerca delle risposte attese, per contribuire a scongiurare la deriva di inciviltà sociale verso la quale
sembra essere destinato il nostro Paese.
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