IL CUSNA N. 4 INVERNO 2014 Giornale del CAI di Reggio Emilia fondato nel 1951 www.caireggioemilia.it Trimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004) n. 46 art. 1, comma 1, DCB - Contiene I.P. Dolomiti… Sui sentieri della Intervista a Massimo Bizzarri di Sandra Boni A cura di Iglis Baldi Per ben quattro anni, ogni prima settimana di Agosto, il G.E.B. si è avventurato tra i sentieri delle nostre Dolomiti, percorrendo a piedi chilometri e chilometri sia in luoghi arcinoti, sia in luoghi meno conosciuti, ma altrettanto importanti. Abbiamo tracciato grandi anelli che a volte si sono incontrati e che sarebbe bello poter trasformare in un unico circuito. E’ stato anche un crescendo di difficoltà, lunghezza dei percorsi e di dislivelli, sempre con l’obiettivo di conoscere sempre meglio questo nostro territorio così noto al mondo nella sua veste di star alla moda, ma forse ancora poco conosciuto nella sua essenza più vera, vissuta, l’anima di luoghi da secoli abitati e purtroppo anche calpestati e violati da guerre sempre e comunque assurde. “Nel mezzo del cammin di nostra vita …” citiamo il Sommo per stimolare l’eventuale vena poetica del nostro presidente Massimo Bizzarri e per sentire il suo pensiero, cominciando proprio con questa sua introduzione: “Siamo giunti a metà del nostro mandato e seppure nessun obbligo ci impone questa breve relazione, siamo convinti che farvi partecipi della vita sezionale sia un nostro dovere ed un vostro diritto, perché quello che succede in sezione è qualcosa che vi appartiene intimamente. Il CAI non vive di bollini ma cresce e si rafforza con soci che partecipano e aderiscono alla vita associativa.” Quali sono state le principali necessità che hai dovuto affrontare all’inizio del tuo mandato? Appena insediati, ci siamo ritrovati con il grattacapo della legge regionale N. 14/2013 REER (Rete Escursionistica dell’Emilia Romagna e valorizzazione delle attività escursionistiche). Ad oggi, nonostante tanti discorsi, nonostante tante polemiche ed attacchi più o meno feroci nei confronti del CAI e complice pure la disgraziata vicenda in regione terra delle meraviglie. Intervista a Umberto Martini, Presidente Generale del CAI segue a pag. 2 A cura di Iglis Baldi Pensiamo di fare cosa oltremodo gradita ai lettori de IL CUSNA offrendo in questo numero di fine anno una intervista al Presidente Generale del CAI Umberto Martini, che ringraziamo sentitamente per la cortesia e la disponibilità. Umberto conosce di fatto già il nostro giornale, in quanto aveva scritto nel 2012 la prefazione del libro “Una montagna di parole” uscito in occasione dell’anniversario dei sessanta anni dello stesso. Ma entriamo subito nel vivo e chiediamo al presidente: La tua elezione avvenuta a Riva del Garda nel 2010 “passava”, consentimi questo termine, anche attraverso una mozione approvata a maggioranza dall’Assemblea dei Delegati, firmata tra gli altri dal compianto Giorgio Bettini, in cui si chiedeva un impegno da parte del Presidente Generale e di tutti gli organi ad attivarsi per - cito: “correggere in termini rapidi le procedure per l’elezione del Presidente Generale, onde rendere l’Assemblea dei Delegati sovrana nella scelta dei candidati e dei loro mandati programmatici”. Mi rendo conto che non è facile apportare velocemente cambiamenti alla “struttura” regolamentare del nostro sodalizio, ora però, che sei giunto a metà del secondo mandato, sei riuscito finalmente a far pubblicare e diffondere il documento “Il Cai del domani”; pensi che tale documento vada nella direzione auspicata dalla mozione? Il documento elaborato dal Gruppo di lavoro va ben oltre il contenuto della mozione approvata all’Assemblea di Riva del Garda. Quando il 17 giugno del 2011 furono nominati i componenti del Gruppo di lavoro si dette loro il compito di rispondere oltre che alla mozione di Riva anche a quanto era emerso al 98° Congresso di Predazzo dell’ottobre 2008. Di ipotizzare quindi uno scenario nel quale il CAÌ potesse vedere un posizionamento più rispondente alla realtà sociale nella quale si trova e soprattutto si troverà ad operare nel prossimo futuro. Le tre Cime di Lavaredo (foto Sandra Boni) Presidente del CAI di Reggio Emilia Imbros segue a pag. 5 Esperienze di Montagnaterapia Successo dell’iniziativa organizzata dal Cai e dall’Ausl E’ stata una bella sensazione vedere la Sala del Buco Magico gremita per una iniziativa come quella organizzata il 3 ottobre dal Cai e dal Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche (DSMDP) dell’Ausl. Perchè il titolo della serata, “Sentieri e pensieri: esperienze di montagnaterapia” poteva sembrare ai più incomprensibile. La presenza di un pubblico numeroso e qualificato ha rimosso ogni dubbio, e i temi affrontati dai qualificati relatori hanno colpito sicuramente tutti i presenti. Ma cosa si intende per “montagnaterapia”? Maria Domenica Tondelli ANDAR PER GOLE A CRETA In vetta al Bishorn di Alberto Fangareggi Le montagne della Corona Imperiale, situate in Svizzera nella regione del Vallese, hanno avuto un ruolo importante nella romantica epoca d’oro dell’alpinismo quando erano soprattutto gli alpinisti inglese ad esplorare e conquistare le cime più alte delle Alpi. La Corona Imperiale conta ben cinque vette superiori ai 4000 metri. La più alta, ma anche più bella ed elegante, è certamente il Weisshorn (4505m). Le altre sono Dent Blanche (4357m), Zinalrothorn (4221), Bishorn (4135m) e Ober Gabelhorn (4063m). Il Weisshorn venne salito per la prima volta nel 1861 da John Tyndall, alpinista e scienziato inglese. Il Bishorn venne salito nel 1884 da una cordata di due alpinisti e due guide alpine. Solo due settimane prima la fortissima alpinista inglese Elizabeth Burnaby conquistò l’anticima del Bishorn a 4134 mt, ma, leggendo la relazione della scalata, pare che non arrivò alla cima principale distante circa mezzo chilometro. L’anticima del Bishorn è chiamata, in sua memoria, Punta Burnaby. Partiamo per salire il Bishorn dal paesino di Zinal, incantevole nella sua parte più vecchia. Su una piccola casa in legno e pietra leggiamo la scritta “ca me suffit”. segue a pag. 2 Pag. 4 sulle “problematiche” relative alle dimissioni di Errani, il regolamento attuativo, ossia le regole specifiche e le direttive per l’applicazione delle norme contenute nella predetta legge, non ha ancora visto la luce. Sono già state svolte alcune sedute dei vari componenti la commissione che lo dovrà redigere. Vedremo gli sviluppi. Per ora siamo concentrati a recuperare il terreno perso in questi mesi, proponendo autonome convenzioni per il tracciamento/ manutenzione dei sentieri ai Comuni sul nostro territorio. Altra novità di non poco conto è la nuova piattaforma di tesseramento. Dal 2014 tutto, ma proprio tutto, passa in digitale e le operazioni possono essere svolte e quindi essere effettive e valide, solo se inserite con la nuova modalità informatica (è letteralmente sparito ogni supporto cartaceo). Abbiamo certamente creato incertezza e ritardi nel tesseramento nei primi tre mesi del 2014 a tutti i soci, ma ci abbiamo messo il cuore ed anche il fegato. Nel corso dell’anno, come sempre accade quando si rivoluziona un sistema, sono stati implementati tanti servizi, sono state apportate correzioni in corso d’opera dalla sede centrale, soprattutto su sollecitazione delle singole sezioni. segue a pag. 2 All’interno... segue a pag. 2 Il Bishorn e la Corona Imperiale [email protected] Sentieri e pensieri pag. 2 “Parole appese” del premio ITAS al Battisti pag. 3 Di norma (Il Cai e le competizioni) pag. 4 Stockalperweg pag. 5 La distorsione alla caviglia Dr. Roberto Citarella (Direttore Sanitario CTR) pag. 6 La mia prima uscita col Cai di Reggio Emilia pag. 6 ...I RISCHI DI UNO SPORT AFFASCINANTE Val di Vermiglio … Una ferrata fra i ricordi della Grande Guerra pag. 7 Per gli appassionati della montagna par ticolari ed interessanti coperture assicurative, estese all’alpinismo con scalata di qualsiasi grado di difficoltà, accesso ai ghiacciai, sci, sci-alpino e speleologia. Cerreto Alpi tra tra natura e vita vissuta pag. 7 L’incantevole bellezza dell’autunno è la cornice pag. 7 Lo scaffale del Cusna pag. 8 Lasciamo esprimere “l’ANIMA MONTANARA” che c’è in ognuno di noi Sub Agenzia di Montecchio Emilia Via XX Settembre, 25 - Montecchio - Tel. e Fax 0522.866389 pag. 8 Sub Agenzia di S. Ilario d’Enza - Donelli G. e Donelli M. Via Libertà, 59 - S. Ilario d’Enza - Tel. 0522.672142 - Fax 0522.472321 INSERTO: LA NOSTRA STORIA (ultima parte) A cura di Iglis Baldi REGGIO ASSICURA s.n.c. - di Morani W., Prampolini G. e Salsi G. Via Emilia Ospizio, 118 - R.E. - Tel. 0522.267011 - Fax 0522.267026 i n t e r n e t We b : w w w. r e g g i o a s s i c u r a . i t – E . m a i l : i n f o @ r e g g i o a s s i c u r a . i t Sub Agenzia di S. Polo d’Enza - Conti Alessandra Via G. Bonetti, 10 - S. Polo d’Enza - Tel. e Fax 0522.241129 PER I TUOI WEEKEND E LE TUE VACANZE IN MONTAGNA pag. 2 «IL CUSNA» Esperienze di Montagnaterapia Il termine “montagnaterapia” - spiega Guido Zini del DSMDP di Reggio Emilia - è stato coniato in Italia nel 1999, in un convegno su “Montagna e solidarietà” a Pinzolo, a seguito della presentazione di un particolare approccio che univa la montagna (“che aiuta a vivere”) con le realtà del disagio e del disturbo psichico e fisico. L’anno successivo in Lazio nasceva il “Gruppo di Lavoro per la montagnaterapia” da un gruppo di operatori delle Asl operanti come soci, volontari, od istruttori Cai, e con una significativa esperienza nel campo psichiatrico e psicoterapeutico, dell’animazione dei gruppi e nel campo dell’alpinismo ed escursionismo. In Italia operano diversi gruppi ed equipe di operatori della “salutesanità” (psicologi, medici, educatori, infermieri, fisioterapisti) e di esperti del settore “montagna-natura” (istruttori Cai, Guide Alpine, Accompagnatori di media montagna, Guide Ambientali Escursionistiche, Maestri di Sci, esperti del Cai e di Associazioni sportive e del settore della montagna) che dopo alcuni anni di lavoro insieme hanno costruito un protocollo operativo. Nel settembre 2006 gruppi di lavoro misti (Cai e Usl) del Trentino e del Lazio, al termine delle Giornate Culturali del Cai sulla Montagnaterapia, costituiscono il Coordinamento Nazionale per la Montagnaterapia. “Con il termine montagnaterapia - si intende definire un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso é progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna. Le attività di Montagnaterapia vengono progettate ed attuate prevalentemente nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, o in contesti socio-sanitari accreditati, con la fondamentale collaborazione del Cai, e di altri Enti o Associazioni (accreditate) del settore. Le prime esperienze di” Montagnaterapia”, in Italia risalgono alla seconda metà degli anni 90: la montagna non è da considerare terapeutica perché “semplicemente fa bene” ma perché produce dei cambiamenti efficaci ai fini riabilitativi. La montagna, dunque - prosegue Zini - diventa ambiente di riabilitazione, in cui si coniugano le dimensioni, corpo, mente, ed ambiente individuo e gruppo: in questa esperienza, il gruppo è lo spazio per condividere emozioni, rendere sostenibili le paure, riconoscere i propri limiti e rispettare quelli degli altri. La Montagnaterapia si attua prevalentemente nella dimensione dei piccoli gruppi (dai tre ai dieci partecipanti) anche coordinati fra loro; utilizza controllate sessioni di lavoro a carattere psicofisico e psicosociale (con forte valenza relazionale ed emozionale), ISCRIVETEVI AL CAI La sezione è aperta dal mercoledì al venerdì dalle 18,00 alle 19,30 e il sabato dalle 17,30 alle 19,00. Vi aspettiamo! dalla prima che mirano a favorire un incremento della salute e del benessere generale e, conseguentemente, un miglioramento della qualità della vita. Le attività di Montagnaterapia richiedono l’utilizzo di comprovate competenze cliniche e l’adozione di appropriate metodologie; che riguardano anche la specifica formazione degli operatori e la verifica degli esiti”. Perchè di “montagnaterapia” si è parlato a Reggio Emilia? Proprio quest’anno è nata una bella collaborazione tra il DSMDP, che già da alcuni anni ha avviato esperienze positive di montagnaterapia, e la nostra Sezione del Cai. L’idea di effettuare un trekking con utenti del Dipartimento di Salute Mentale di Reggio Emilia, in collaborazione con l’Associazione Sostegno e Zucchero è nata nel 2003. Il progetto si è concretizzato nell’estate del 2004 con una prima esperienza di soggiorno/trekking nelle Marche e nel 2005 presso il Parco della Maremma e Monti dell’Uccellina. Dopo queste prime esperienze si consolidano uno o due trekking all’anno che vengono effettuati prevalentemente sull’Appennino Tosco Emiliano. Queste esperienze hanno coinvolto 40 utenti per complessivamente 13 soggiorni/ trekking fino al maggio 2014. La media dei partecipanti è stata di circa. 8 utenti, 3 operatori dell’Ausl e una Guida Ambientale Escursionistica. Nella primavera 2014 è iniziata la collaborazione con il Cai che ha visto la partecipazione di due soci alla gita sulle Alpi Apuane. Di questo interessante progetto si è appunto parlato nella serata al Buco Magico, organizzata nell’ambito della Settimana della salute mentale. Dopo i saluti di Gaddomaria Grassi, direttore del DSMDP dell’Ausl Reggio Emilia, del presidente del Cai Massimo Bizzarri e di Claudia Casoni dell’Associazione Sostegno e Zucchero, sono intervenuti Matteo Tonna, psichiatra della Clinica psichiatrica dell’Università di Parma, alpinista ed esperto di montagnaterapia, e Gianluca Giovanardi, vice presidente del Cai Parma. Tonna e Giovanardi hanno illustrato in maniera approfondita l’intensa attività di montagnaterapia che da anni viene portata avanti dal Cai di Parma in collaborazione con l’Ausl. Una attività che viene sviluppata con grande competenza e passione dagli operatori pubblici e da numerosi volontari del Cai, molti dei quali titolati. Il livello e la complessità del progetto di montagnaterapia di Parma hanno suscitato in sala una grande attenzione. E’ poi seguito l’intervento di Guido Zini, operatore del DSMDP di Reggio Emilia, e di Napoleone Villani, consulente dello stesso Dipartimento e Gae (guida ambientale escursionistica), che hanno illustrato l’esperienza reggiana, con l’ausilio anche di un bellissimo filmato che ha raccontato in maniera toccante le uscite svolte dagli utenti, dagli operatori e dai soci del Cai. Due utenti del DSMDP, che hanno partecipato a diverse uscite in montagna, hanno poi raccontato la loro esperienza e le loro sensazioni. E infine un applauso a Mario Soncini e Raffaele Frazzi, i due soci del Cai reggiano che per primi si sono cimentati in questa esperienza, ritornando a casa entusiasti. Il loro impegno, supportato dalla Commissione escursioni del Cai, dovrà essere di esempio per altri soci del Cai. L’intenzione per il 2015, oltre a sviluppare ulteriormente l’attività di montagnaterapia, è di promuovere la partecipazione degli utenti del DSMDP alle iniziative del Cai, come già avviene con il Cai di Parma. Alla fine una bella sorpresa: grazie agli sponsor della serata (Ginetto Sport, Reggio Gas e Alpen Sport) è stata donata al gruppo reggiano di montagnaterapia dell’attrezzatura escursionistica. Sentieri e pensieri di Marina Davolio Meno male che al volante c’è Anna, la più svelta furba (e bella) delle tre. Senza di lei sarebbe stato impossibile raggiungere Il Buco Magico e, sempre senza di lei, sarebbe stato impossibile partecipare alla conferenza “Sentieri e pensieri” che il Cai e l’Ausl di Reggio Emilia hanno organizzato questa sera, che è il primo venerdì d’ottobre 2014. Poi, per dirla tutta tutta, senza di lei sarebbe stato anche impossibile evitare il piccato rimprovero del reggente Giordano: - Ma come! Chiedo, una volta tanto, a qualcuno (diverso da me) di rappresentare la Sottosezione Cai di Novellara e guarda cosa succede: questo qualcuno (cioè voi tre) magia delle magie, riesce a perdersi, addirittura, per le vie di Reggio! Beh! Fortunatamente così non è stato. Abbiamo raggiunto la meta. Siamo al Buco Magico ed entriamo nella sala dove, ci dicono due viandanti incontrati per caso lungo un cupo pedonale, si tiene l’iniziativa. La sala è piena, straborda di persone ragazzi e voci. Gli unici posti rimasti liberi sono in prima fila. Che fare? Con un certo imbarazzo e un palese timore ci sediamo lì, chiedendoci l’una con l’altra cosa rispondere al presidente Bizzarri se ci pone una domanda sul Cai oppure cosa dire all’imponente Possa se ci chiede qual è l’ultimo libro di montagna che abbiamo letto. Beh! Di nuovo, fortunatamente, così non è stato. Bizzarri e Possa non sono interessati a noi. Sono impegnati invece nella presentazione dei protagonisti (veri) della serata, che sono i significati, le persone, i luoghi fondanti la “montagnaterapia”. Ed è da questo momento in poi che parole, testimonianze, fatti catturano le nostre menti e che gli occhi di tutti cominciano a vedere prospettive, orizzonti, sfide e traguardi nuovi: la montagna (e il Cai) come luogo che accoglie la “realtà del disagio e del disturbo psicofisico”, la “realtà del disagio e del disturbo psicofisico” come luogo che accoglie la montagna (e naturalmente il Cai). Effetti aspecifici sulla dimensione interpersonale (imparare a stare in gruppo, accettare realtà altre) effetti specifici sulla dimensione personale (sviluppo di una corporeità, decodifica di pensieri sentimenti e paure, cura del disagio) sono solo alcuni dei tanti risultati ottenibili dalla “montagnaterapia”, cioè dall’andare insieme sui monti. Da questa esperienza il Cai e tutti quelli che vanno per sentieri, pareti e ottomila, non possono far altro che imparare quanto la passione per la montagna impreziosisce e migliora il sociale. Gli operatori e gli esperti dell’Ausl testimoni del progetto e i soci Cai che hanno collaborato con loro, ci svelano come, anche solo poche “gocce di montagnaterapia” fanno star bene e come, sempre le stesse poche “gocce”, fanno star bene anche chi crede di non averne bisogno. «Sono momenti molto belli, e ho scoperto che la montagna mi piace. Mi piace anche andare per sentieri, in mezzo ai boschi e nell’acqua. Salire. Salire. Non ho paura perché so che c’è qualcuno che mi sta vicina e che, se sono in difficoltà, mi dà una mano. Mi piace molto anche mangiare e dormire con gli altri, nei rifugi.» «Io, in montagna, scrivo, scrivo i miei pensieri su fogli di carta, su un quaderno. Scrivo di me, di quello che provo, scrivo quello che con le parole non riesco a dire. Mi libero. Mi sento leggero, più tranquillo. Il camminare con gli altri mi fa stare bene. Lo consiglio a tutti.» Questi “pensieri viandanti” di fine serata, così intimi e sinceri, ci dimostrano quanto montagna e persone possono diventare fonti incommensurabili di libertà poesia e bellezza e quanto, per davvero, «La mente umana è paragonabile a una farfalla che assume il colore delle foglie sulle quali si posa… Si diventa ciò che si contempla» (Gustave Flaubert). Il Bishorn e la Corona Imperiale dalla prima Saliamo il ripido sentiero nel bosco, seguito da un lungo traverso, per poi ricominciare a salire fino alla Cabanne de Tracuit. La salita per il rifugio è lunga e faticosa, sono 1600 metri di dislivello! Normalmente, in estate, si arriva al rifugio senza praticamente toccare neve. Quest’anno invece troviamo neve già 500 metri sotto il rifugio e nevica quando arriviamo finalmente alla cabanne. La mattina successiva quando ci alziamo sta ancora nevischiando ma poi, fortunatamente, si apre una finestra di sereno. La salita dal rifugio alla cima, altri 800 metri di dislivello, non è difficile (F+). Un poco più impegnativo il tratto finale più ripido. Il ghiacciaio, normalmente crepacciato, è ricoperto di neve fresca, per cui bisogna prestare attenzione in quanto i crepacci non si vedono. Perfino la crepaccia terminale, anche se si vede, è ricoperta di neve. Dalla cima del Bishorn la vista è spettacolare, soprattutto sul vicino elegantissimo Weisshorn. Dopo breve sosta iniziamo la discesa alla cabanne e quindi il lunghissimo ritorno fino a Zinal. Le ultime due ore di discesa sono sotto la pioggia, ma non crea problemi. E’ andata benissimo. Per tutti noi è stata la prima esperienza nelle montagne della Corona Imperiale. Bisogna ritornarci. (Escursione al Bishorn del CAI RE, sottosezione di Cavriago – Cani Sciolti) Intervista a Massimo Bizzarri dalla prima Oggi, pronti ormai per il nuovo anno 2015, dovremmo essere a regime. Una domanda, o meglio un aggiornamento, sui lavori previsti al rifugio Battisti è d’obbligo. “Battisti” nota certamente positiva per la qualità del nostro rifugio ma altrettanto e certamente nota delicata sia per le ulteriori e costose opere di ammodernamento ed efficientamento che stiamo per terminare in queste settimane e i non pochi problemi che si sono creati questa estate sia al gestore ma anche e soprattutto agli escursionisti che vi hanno soggiornato (non nego di aver ricevuto qualche lamentela, tra cui qualcuna con accenni polemici). Come già sapete, oggi abbiamo un nuovo gestore, Gianluca Bigi, che ha, sì, sbuffato per il caos creatogli, ma che si è reso assolutamente disponibile e comprensivo, ben consapevole che poi il risultato sarà di tutto rispetto ed anche lui avrà da proporre un “prodotto” di alta qualità. Come pensi di migliorare il rapporto con i soci e la nostra sezione? Ci siamo veramente dati da fare per cercare di ottimizzare e coordinare le numerose attività della nostra sezione. Dobbiamo ancora lavorare, non tutto riesce al primo tentativo, ma abbiamo la testa dura e spigolosa, da buoni reggiani e quindi avanti. Stiamo organizzando tante serate culturali, stiamo promuovendo il territorio, stiamo cercando di creare altre occasioni di incontro. Visto il numero sempre crescenti di partecipanti, tanti eventi dobbiamo organizzarli fuori perché la nostra sede non è abbastanza capiente. A tal proposito vi invito a tenervi informati perché spero di riuscire ad organizzare e tenere aperta la sede alcune sere durante il 2015, per permettere a tutti (soci e curiosi) di incontrare chi gestisce le varie attività tecniche (ferrate, piuttosto che arrampicata libera, scialpinismo piuttosto che “ciaspole”, escursionismo, alpinismo o attività scientifica) ed avere così un riscontro ed un contatto diretto e personale. Ti chiedo, brevemente, di parlarci del “mondo” che ruota attorno al nostro sodalizio; i nostri soci è bene che conoscano e che si rendano conto della complessità organizzativa che la sezione di Reggio necessita. Le nostre sottosezioni, a cui, dallo scorso anno, si è aggiunta Novellara, funzionano benissimo con tante attività sia in abito escursionistico/alpinistico che a livello di manifestazioni locali e di partecipazione alla vita dei vari comuni. Abbiamo non solo mantenuto, ma incrementato, in controtendenza con tante sezioni, il numero dei soci e questa è la prima dimostrazione di come stiamo lavorando. I nostri sentieri sono mantenuti in ottimo stato e la gente si complimenta con noi. Le nostre scuole di escursionismo e di alpinismo/scialpinismo/arrampicata libera propongono un alto numero di corsi annuali e di escursioni, offrendo così stimoli ai principianti e neofiti e continuità di crescita per chi ha già passato le prime fasi, non dimenticando la palestra ove sono tenuti brevi corsi di arrampicata. Lo sci di fondo è da anni impegnato in vari corsi, sempre sold out. Il sito www.caireggioemilia.it è stato completamente rinnovato e viene costantemente aggiornato. Tanti contatti mensili e soprattutto anche da fuori provincia, a dimostrazione delle interessanti notizie che si alternano sulla home page. La crisi globale che colpisce ormai tutti noi come si ripercuote sulla nostra sezione? Nota dolente: la crisi economica non risparmia il CAI e le problematiche relative ai mancati introiti, come sopra riferito anche da parte di enti pubblici, sono certamente preoccupanti. Mantenere la sede efficiente e tecnologicamente al passo coi tempi, riscaldarla, promuovere eventi ed incontri, le locandine ed i manifesti, i programmi, mantenere aggiornati i vari istruttori, accompagnatori ed operatori è costoso. Sono così a richiedere a tutti voi di indirizzare in sezione nominativi di aziende che potrebbero essere interessate a pubblicizzare la loro attività sul nostro sito e sul CUSNA. Sarà nostra cura prendere poi contatto. Qualche introito lo riceviamo con il 5/1000 dalle dichiarazioni dei redditi. Vi invito così, per il 2015, a fare un “pensierino” per la sezione. Rivolgo un caloroso invito a tutti coloro che avendo un po’ di voglia e tempo libero, si rendessero disponibili per partecipare alla vita di sezione, sia prestando opera in sede sia andando all’aria aperta per segnare i sentieri… Permettimi di rivolgerti una domanda da “past president”, dopo circa un anno e mezzo dall’inizio di questa “avventura” ti aspettavi questo genere di impegno che la nostra sezione richiede, sezione che ho avuto modo di verificare personalmente è rispettata e apprezzata sia dalle altre sezioni e all’esterno del nostro sodalizio? So che non si finisce mai di imparare ma fare il presidente è un buon banco di prova! Caro Iglis, nel momento in cui ho deciso di mettermi in gioco, certamente ero consapevole dell’impegno che sarebbe stato necessario per tenere alto e, possibilmente migliorare, il livello della nostra sezione, nei confronti del territorio ma anche e soprattutto all’interno del sodalizio. Ma lasciamelo dire, questo è quasi diventato un secondo lavoro, tanto sono i contatti e gli impegni che quotidianamente occorre affrontare. In ambito regionale, per concludere, grazie comunque anche a te, quale consigliere, Giovanni Catellani tesoriere e Claudia Ferroni revisore dei conti, senza ovviamente dimenticare Paolo Borciani, già presidente del GR ed ormai salito ai vertici della sede centrale, ritengo che la nostra sezione sia apprezzata per quanto stiamo facendo, sia collaborando in eventi culturali sovrasezionali che contribuendo fattivamente per migliorare il CAI, nel senso di imprimere sempre più una visione che tenga conto ed in debita considerazione la base sociale, ossia le aspettative e le esigenze dei soci. Così, nel ringraziarti per questa opportunità di condivisione, ricordo che tante situazioni, tanti “problemi” più o meno urgenti abbiamo affrontato e risolto, altri, invece, stentano a realizzarsi, ma noi non cediamo e, forti anche della stima che quotidianamente riceviamo in sezione, continueremo a lottare per il bene del CAI, perché far bene a Reggio vuol dire far bene a tutto il sodalizio. Colgo infine l’occasione, a nome di tutto il consiglio, per porgere a tutti voi un caloroso augurio per le imminenti e prossime festività Natalizie, sperando in un 2015 pieno di felici e rilassanti escursioni in montagna. pag. 3 «IL CUSNA» Dolomiti… Sui sentieri della Dolomiti… terra delle meraviglie. dalla prima Nello stesso tempo è stato un lungo percorso per conoscere meglio anche noi stessi e le nostre capacità, i nostri limiti, ma sempre in assoluta sicurezza. Dai 90 Km. del primo anno siamo arrivati ai 140 km. del 2014, dai + 4000 – 5000 mt. di dislivello del 2011 siamo arrivati ai circa 7000 sia in salita che in discesa del 2014. L’unica costante è stata sempre l’unicità dei paesaggi e l’assoluta voglia di stare insieme e di condividere gli spettacoli offerti da madre natura. Il “mio” luogo del cuore di questi quattro anelli? A parte le Tre Cime di Lavaredo, che riescono sempre a farmi battere forte il cuore ed esulano da qualsiasi classifica per manifesta superiorità, metterei senz’altro al primo posto il lunare Vallone d’Antermoia con relativo lago nato dalle lacrime di una fanciulla, dice la leggenda, e non tanto per la bellezza dell’insieme che pure è notevole, ma forse perchè è stato il primo a darmi una emozione intensa ed inspiegabile. Sinceramente però è molto difficile fare una classifica. Il nostro circuito partì nel 2011 da Pera di Fassa-Rifugio Gardeccia, per entrare nella “grandeur” delle Dolomiti con lo spettacolo delle Torri del Vaiolet, del piccolo Rifugio Principe, del Catinaccio d’Antermoia. Per me dotata di scarsa conoscenza dell’ambiente dolomitico, è stato l’aprirsi di un mondo, il classico colpo di fulmine. Dopo quattro anni la mia conoscenza è leggermente aumentata (poco), ma non riesco a non stupirmi, a non emozionarmi ogni volta come allora. L’arrivo a Passo di Dona fu un ulteriore insieme d’emozioni, davanti a noi a 360° gradi la pura e semplice bellezza, per citare solo alcuni nomi si passa dalla Marmolada, al Gruppo del Sella, al Sassolungo e Sassopiatto allo Sciliar e scusate se è poco… Successivamente abbiamo fatto il periplo del Sassolungo-Sassopiatto, dal Rifugio Vicenza siamo saliti al Rifugio Demez per poi scendere dalla forcella fino alla Città dei Sassi. Il Gruppo del Sella ci ha visto percorrere il suo altopiano lunare, salire alla Capanna Fassa avvolta nella nebbia più fitta, scendere dalla Forcella Pordoi per poi percorrere tutto il sentiero che costeggia una parte dell’immenso gruppo roccioso fino al Rifugio Kostner e poi a Corvara. Tutto è già stato detto e scritto di questo immenso panorama al cui cospetto ci si sente così piccoli ed inutili, ma quasi protetti da questa enorme massa di forza pura. Attraverso la Forcella Medesc (salitona) si saluta la Val Badia e si passa all’altopiano che porta al Rifugio Fanes nel Parco Naturale Fanes Braies dal quale dopo una lunga discesa e non prima di aver visitato le famose Cascate Fanes con passaggio dietro al muro d’acqua, si arriva a Cortina nel cuore del Parco naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. Per me era la prima cosiddetta “settimana verde” e penso che cuore e mente non la dimenticheranno. Da qui (o meglio da Pocol) inizia il secondo anello con il Gruppo della Croda da Lago e il Bec de Mesdì che sembra proiettarci in un angolo di Arizona con la sua figura solitaria ed imponente, con le sue dita di roccia arrossate dalla luce del tramonto che si stagliano contro un cielo ancora grigio. Forcella Ambrizzola e Val Fiorentina e poi il Pelmo. Per ben due anni abbiamo cercato di percorrere il sentiero delle Orme dei Dinosauri, ma per ben due volte la pioggia (con grandine) ci ha fatto cambiare programma. Ci rifaremo… Dal Gruppo del Pelmo si passa al gruppo del Civetta che ci ha visti percorrere la base della parete Nord, pernottamento al delizioso Rifugio Tissi, poi tutta la restante parte del Gruppo montuoso fino alla congiunzione con il Gruppo della Moiazza. Cambio di panorama e vanno in scena Passo Falzarego, 5 Torri, Averau, Nuvolau, Passo Giau.. Inutile ripetere che ogni scenario è pieno di fascino ed è un privilegio scoprirli così tramite sentieri che permettono di apprezzarne la grandiosità, ma anche il piccolo dettaglio, fiori più o meno rari, fermare con una foto un’immagine che poi ci ricorderà un’emozione particolare, come ad esempio l’arrivo alla terrazza del Rifugio Nuvolau con visione a 360° su un panorama unico. Dalle dolomiti di Cortina, alle Tofane, alle 5 Torri, Pelmo e Civetta, Marmolada, Sella e altre ancora, sono lì a “miracol mostrare” mentre la mente prende il volo, perché solo la voce del vento può essere compagna di tanta maestosità. Dal Passo Falzarego attraversiamo virtualmente la strada per il Rifugio Lagazuoi, ma in realtà facciamo un lungo percorso che da Valparola-Capanna Alpina ci porterà fino al Rifugio Lagazuoi e ai resti dei baraccamenti della 1° Guerra Mondiale. Poi la Val Travenanzes lunghissima e di molteplice aspetto: si parte dal roccioso terreno del Lagazuoi per passare alle pratine di quota, poi il torrente prende il sopravvento e il canyon si profila prima con un largo letto di bianchissimi sassi, per poi stringersi in una vera e propria gola selvaggia e profonda ed eccoci di nuovo alle Cascate Fanes e nel Parco Naturale Fanes-Braies punto di contatto con il primo anello. In una ideale continuazione saliamo a Malga Ra Stua e al verde e bucolico pianoro che si estende alle sue spalle, siamo in una zona di pascoli d’alta quota, Bel de Mesdì di alte cime che li circondano, di piccoli gruppi di case come Fodara Vedla che sembra il paesino di Heidi. E dopo tanta strada comunque non impegnativa, si arriva all’invisibile Rifugio Biella. Invisibile perché immerso in un ambiente di un bianco abbagliante, l’alta roccia che lo sovrasta vista da lontano ha una stranissima forma e sembra arrotolata su se stessa, liscia e lucente. E ancora, invisibile perché in questo grandioso nulla si perde, sembra un insignificante puntino non colorato, in realtà il Rifugio è delizioso ed accogliente. Dal Biella si scende, molto, e finalmente eccolo…l’occhio azzurro del Lago Braies. Da tanto desideravo vederlo, ma esserci ed esserci arrivati in questo modo è un’altra cosa. E qui si chiude il secondo anello. Torniamo in Trentino Alto Adige con il terzo anello partendo da Alba di Canazei e dirigendoci al Rifugio Contrin sotto la parete sud della Marmolada. E comincia l’avventura perché dobbiamo arrivare alla Forcella Ombrettola cosa facile da dirsi ma meno da farsi tra briciolino, nevai e senza un segno direzionale. Alle nostre spalle la Val San Nicolò e tutti i resti della guerra ci chiamano ad un prossimo appuntamento, il Sassolungo/Sassopiatto ci saluta. Dalla Forcella il paesaggio è naturalmente uno spettacolo e le catene di monti si susseguono sempre più diafane nella distanza. Dopo una lunga discesa riguadagnamo il bosco, poi finalmente il Rifugio Falier e Malga Ciapela. Attraversiamo i Serrai di Sottoguda, cioè un canyon profondo attraversato da una strada asfaltata tra due altissime pareti rocciose con spaccature nella roccia attraverso le qualiil sole gioca con la propria luce, varchiamo “Porta d’Oro di Re Ombro”, come narra la leggenda, poi spostamento a Corvara e salita al Rifugio Gardenacia eletto dal nostro gruppo Rifugio dell’anno 2013. Ed eccoci sull’altopiano del Puez un altopiano assolutamente lunare, reso ancora più intrigante ed abbagliante dalla luce solare molto intensa, un insieme di sassi è vero, ma con forme suggestive e quasi addolcite dalla bassa vegetazione che cerca in ogni modo di colonizzare gli anfratti. Più cammino per questo comprensorio più capisco perché è stato dichiarato “Patrimonio dell’Umanità”. Nel punto più alto dell’altopiano si apre un ventaglio di cime, pinnacoli, pianori che si perdono sull’orizzonte e lasciano incantati chi ha il privilegio di ammirarlo. Ma ora ci tocca la Forcella Puez, cioè un “buco” mooooolto ripido da scendere dentro un canalone, su gradoni cosparsi di sassolini, poi inizia la Val d’Antersass sempre accompagnati Gruppo del Setsass (Foto Sandrea Boni) Catinaccio (Foto Sandrea Boni) Roda de Vael, il Rosengarden, l’Antermoia e più lontano le cime della Valle Aurina, solo per citare i più famosi. L’anello sta per chiudersi, ma non prima di essere passati dall’Alpe di Tires, di aver percorso la base dei Denti di Terra Rossa e la lunghissima, verde e quasi disabitata Val di Dona. Calalzo di Cadore ha dato il via al quarto anello, si torna in Veneto, ma siamo sempre in quella straordinaria zona che si chiama Dolomiti e non ha importanza la Regione di appartenenza, la montagna appartiene a tutti. Questa volta abbiamo cercato di unire l’interesse e l’amore indiscusso per la montagna al ricordo della 1° Guerra Mondiale di cui ricorre il centenario. Siamo saliti al Monte Rite ed abbiamo visitato il Messner Museum Dolomites, siamo saliti al Col di Lana dal Castello di Andraz, per vedere alcuni luoghi dove si combattè e i resti delle postazioni militari, con sullo sfondo la splendida visione della catena dei Setsass. A fine giornata, dopo più di 20 km. di salite e discese, siamo arrivati al Forte Tre Sassi, vicino al Falzarego, con le postazioni austriache ed il fortino recentemente restaurati. Dal Passo Falzarego, punto di contatto con il secondo anello, abbiamo costeggiato la Tofana de Rozes con i resti degli ospedali di guerra, poi, per non farci mancare nulla, siamo saliti fino al Rifugio Pomedes, quindi trasferimento a Rio Gere e salita al Rifugio Faloria con la superba visione del susseguirsi di cime. monti e pinnacoli della Wonderland al tramonto con le luci di Cortina che punteggiano la notte. Dal Faloria, costeggiando il Sorapiss e con davanti il gruppo del Cristallo, siamo scesi a Passo Tre Croci, poi Misurina. Le loro maestà, le Tre Cime di Lavaredo, ci hanno accolto nella sesta tappa con tutto il loro carico di bellezza, potenza e magnetismo e ci hanno seguito nel nostro vagabondare tra il Sasso di Sesto, le sue grotte, la Torre Toblin e le gallerie del Paterno, ci siamo raccolti in rispettoso silenzio ed attimi di meditazione, ci siamo riempiti gli occhi di paesaggi immensi e abbiamo camminato tra le tracce e i resti del conflitto. La settima tappa è stata la più grandiosa facendoci passare dal superbo scenario delle Tre Cime a quello aspro ed affascinante delle Crode Fiscaline, dal Rif. Pian di Cengia al Rif. Comici, poi Forcella Giralba e poi giù fino ad Auronzo di Cadore. Lunga, tosta ma bellissima. Ed infine Monte Agudo, sopra ad Auronzo e Rifugio Baion nel cuore delle Marmarole. E qui il diario si chiude, ma abbiamo lasciato il segnalibro in questa pagina per una, speriamo, prossima ripartenza ed un quinto anello. “Parole appese” del Premio Itas al Battisti di Massimo Bizzarri Lago d’Antermoia (Foto Sandrea Boni) (Foto Sandrea Boni) dalle magnifiche guglie del Puez. I continui cambi di scenario rendono ogni giornata ricca di emozioni, ora saliamo al verdissimo e pieno di sole altopiano ai piedi del Sas de Putia, con le sculture di legno di Passo Goma, i prati e le Malghe, poi tutto cambia e diventa roccia, dura salita fino a Forcella Putia, poi Rifugio Genova tra pioggia battente e vento forte e finalmente riposo. Faticosamente saliamo fino alla Furcela d’la Roa, poi iniziamo la lunga discesa verso Ortisei accompagnati dal maestoso Gruppo delle Odle che gradualmente ci lascia mentre ricompare il Gruppo del Sella. Trasferimento all’Alpe di Siusi per la realizzazione di un altro desiderio: la salita al Rifugio Bolzano. Sono 1300 mt. di dislivello, ma li merita tutti. Su un altopiano verdeggiante sorge questo antico monastero modificato in Rifugio, bello, solitario, invitante ed austero nello stesso tempo, circondato a 360° da un panorama da lasciare senza respiro. Veramente non si sa dove guardare! La Presso il nostro rifugio Battisti, in data 6/9 si è tenuta la seconda delle tre tappe di “Parole appese” del Premio ITAS del Libro di Montagna, una manifestazione nata da oltre quarant’anni ma che, su fattiva collaborazione e volontà di Calzolari Luca, direttore della rivista Montagne 360, quest’anno ha oltrepassato il Po ed è salita sugli appennini emiliani. Ero ovviamente presente, in qualità di presidente, per fare gli onori di casa, mentre a rappresentare il GR era salito il Vice Presidente Remo Dai Prà. Durante i saluti di rito, ho sottolineato, così come riportato anche su “Lo Scarpone”, che i rifugi del CAI “sono anche presidi culturali, non solo luoghi di ricovero, e quest’iniziativa intende confermarlo”. I rifugi CAI sono “luoghi dove si incontrano persone che vivono la montagna in modo diverso: dagli escursionisti esperti alle famiglie, fino ad arrivare a chi in montagna ci vive, come i pastori che portano al pascolo le loro greggi proprio qui, attorno al Battisti”. La chermesse è quindi iniziata con la lettura da parte di Max Goldoni, di vari brani tratti da libri partecipanti al premio ITAS ed accompagnati in modo egregio dal saxofonista Daniele Faziani. Le parole si sono spesso confuse con le note e con i suoni, in una sorta di “gioco/rumore onomatopeico”, giungendo al culmine durante la lettura di una uscita scialpinistica. Socchiudendo gli occhi ed isolandosi per un istante, si aveva la netta sensazione di essere lì, ascoltando le parole sussurrate da Goldoni, sulla neve, tanto era realistico il fischiare del vento, lo scivolare degli sci, lo scricchiolio del manto nevoso che cede sotto il peso dello sci, suoni, rumori, sibili tutti prodotti dal saxofono. Terminata la rappresentazione, Gianluca, nostro bravissimo e compente gestore, ci ha deliziato con un ricco e prelibato buffet, accompagnato da ottimo vino. Dopo cena, nella sala da pranzo, è stato proiettato “Il vento fa il suo giro”, film del regista Giorgio Diritti, basato su una storia vera e relativa al tentativo di un pastore francese di iniziare una nuova vita agreste ad Ostana in valle Po. Siamo convinti di aver stupito, con la nostra cortesia, con la nostra storia e con i nostri monti, tutti i numerosi componenti dell’organizzazione del premio Itas che, come promessoci, rafforzeranno il loro impegno per proseguire su questa strada. Ci auguriamo quindi, come poi confermato dal Presidente del GR Vinicio Ruggeri anche in occasione dell’ultima tappa al rifugi Mariotti (la prima si era svolta al rifugio Scafaiolo), che queste iniziative vengano inserite nei vari calendari sezionali e dei rifugi in modo tale da organizzare e pubblicizzare per tempo gli eventi e permettere una sempre maggiore partecipazione e frequentazione dei rifugi. Attendiamo così fiduciosi il prossimo anno, augurandoci una buona presenza dei soci. pag. 4 «IL CUSNA» Di norma (Il Cai e le competizioni) ANDAR PER GOLE A CRETA di Carlo Possa Avendo 53 anni di iscrizione al Cai non ho problemi se qualcuno, dopo aver letto queste riflessioni, dirà che sono vecchio. Ma d’altra parte, essendo uno dei promotori della Pace coll’Alpe, cerco di mantenere una certa coerenza. Bene, entro subito nel merito della questione: sono contrario alle attività praticate in montagna in forma agonistica. O meglio: sono contrario al fatto che l’agonismo sia una delle attività praticate dal Cai. Poi ognuno, giustamente, in montagna fa quello che vuole. Quindi nulla da dire se ci sono gare di sci-alpinismo, arrampicata, corsa in salita, skyrunning, endurance trail. Il sano agonismo è una cosa che va bene e fa anche bene (o almeno dovrebbe). Per quanto mi riguarda sono contrario all’agonismo nel Cai. Sarò vecchio, ma la penso così. La pensavo così anche quando 40 anni fa arrampicavo con la bandana in testa, i jeans stracciati, e aprivo la “Via le dita dal naso”. Frequentavo le Calanques, il granito della Gallura quando non c’era stato ancora quasi nessuno, conoscevo a memoria gli articoli di Bernard Amy, organizzavo bivacchi sulle cenge della Pietra di Bismantova con il mangianastri per ascoltare i Jefferson Airplane e i Pink Floyd, ma non mi piacevano le gare di arrampicata. Per due motivi molto semplici: 1) la montagna è già pericolosa di sua, se la percorriamo anche di corsa, la cosa mi da da fare; 2) la montagna è così bella che non capisco perchè la si debba percorrere di corsa.Ma specialmente, non capisco cosa c’entri il Cai con le corse in montagna. Ha già tante cose da fare, perchè mettersi a correre? Da giovane insegnavo ai miei allievi ai corsi di alpinismo e di escursionismo ad andare piano, a guardarsi attorno, ad ammirare il panorama, ad affrontare la montagna in pace e non in lotta. E se il Cai è la più antica organizzazione italiana, secondo me lo è anche perchè i suoi soci hanno affrontato la montagna con passo lento e sicuro, interpretandola come un terreno di gioco (per dirla alla Rebuffat) e non come un campo di gara. Sarò vecchio, ma la penso così. Dobbiamo stare al passo coi tempi, come dice qualcuno, confrontarci con le tendenze attuali? Beh, se le tendenze attuali sono quelle di far diventare ogni disciplina estrema, sempre più estrema, ancora più estrema, io non è che sia tanto contento. E’ proprio così sano che non ci sia mai un limite al limite? Poi, chiaramente, le mode non si fermano, tutto deve finire in “ing”, le trasformazioni sociali attraversano anche il modo di andare in montagna (trasformando non solo le coscienze, ma anche le montagne). Sarò antico, lo confesso, ma a me piace quello che scrisse un illustre socio del Cai, Giovanni Mariotti “…… io stesso, nel 1874, me lo ricordo ancora benissimo, mi sono fatto Alpinista della Sezione di Torino dopo la lettura della relazione di una gita, nella quale si era studiato molto e mangiato moltissimo.” Preciso che Mariotti non era un hippie ante litteram, ma era il senatore Mariotti, archeologo e fondatore della Sezione dell’Enza del Cai, un padre nobile - in sostanza - del nostro sodalizio. A me piace un Cai che affronta le montagne con calma. Per correre ci sono tante altre associazioni, nate apposta per praticare l’agonismo. Poi c’è una questione di coerenza. E’ vero che il molto citato Bidecalogo del Cai non è la Bibbia, ma sarebbe bello che almeno ogni tanto venisse letto. Dice il Bidecalogo, al punto 15 SCIALPINISMO E ALTRE ATTIVITÀ PRATICATE IN FORMA COMPETITIVA (GARE): “Come noto, molte attività in montagna, che in origine erano praticate in forma esclusivamente ludica e amatoriale, hanno trovato, in tempi più o meno recenti, la loro evoluzione agonistica o competitiva. Si pensi allo sci di discesa, di fondo, all’arrampicata sportiva, alla mountain bike, alla corsa in montagna e perfino alle racchette da neve. L’impatto sull’ambiente di tali attività praticate in occasione di gare e/o competizioni è spesso devastante, sia per la forte richiesta di infrastrutture sia per il tipo di persone coinvolte (atleti, organizzatori, spettatori), spesso dotati di scarsa sensibilità ai problemi ambientali.” E quale deve essere la posizione del Cai, di fronte a questo fenomeno? “Il Cai - afferma il Bidecalogo - consapevole che alcune proprie Sezioni storicamente organizzano, anche in collaborazione con altri enti territoriali, importanti manifestazioni a carattere competitivo, a volte, anche di rilevanza mondiale, di norma indirizza i propri Soci verso la pratica delle diverse attività in forma ricreativa-amatoriale, individuale e/o nelle gite sociali.” Di norma, dice il Bidecalogo. E’ vero che di norma potrebbe prevedere anche qualche scappatoia, come infatti si legge successivamente nel Bidecalogo (la in-certezza del diritto ha qualche amico anche nel Cai!), ma a me verrebbe da pensare che di norma voglia dire quasi sempre, e che le scappatoie siano al massimo delle rare eccezioni. In realtà vedo che la tendenza ad organizzare manifestazioni agonistiche non è solo di alcune Sezioni, ma di molte Sezioni. Allora mi chiedo: chi è che di norma deve ottemperare ai dettami del Bidecalogo? E chi è che deve far rispettare, di norma, il Bidecalogo? Concludo con una poesia di Giorgio Caproni, che sintetizza benissimo la situazione. Conclusione -quasi al limite della salita Signore, deve tornare a valle. Lei cerca davanti a sé ciò che ha lasciato alle spalle. Il CUSNA augura un felice Natale e un 2015 pieno di soddisfazioni e di serenità a tutti i lettori. di Maria Domenica Tondelli Aradera Creta, che si adagia morbidamente nel mare Mediterraneo come una bella e ricca signora, è divisa in quattro prefetture Hanià sul lato occidentale dell’isola, Rethymno, la più piccola e più montuosa, Iraklio la più grande, Lassithi la più orientale. Verso le 23 arriviamo all’aereoporto della capitale e dopo più di un’ora di pullman ci sistemiamo nel villaggio vacanze situato nella costa sud occidentale al confine tra Hanià e Retymno, a pochi chilometri dall’unico lago dell’isola, il lago di Kournà. Il territorio cretese è per la maggior parte montuoso, le coste a nord sono basse e sabbiose, a sud rocciose ed alte spesso caratterizzate da gole che terminano sul mare Libico. Lunedì ci dirigiamo sui monti per l’escursione alle Gole di Imbros, nel paesaggio domina il colore giallo ocra degli arbusti che coprono quasi totalmente il suolo, il grigio dei sassi ed il verde degli alberi. Il punto di partenza si trova nel piccolo villaggio di Imbros a 700 metri di altitudine; il sentiero, in leggera discesa, che si snoda per sette chilometri tra pareti molto alte e scoscese, non presenta difficoltà; le alte mura di roccia in alcuni punti si avvicinano a creare uno stretto passaggio, in altri sono caratterizzate da caverne ed in un punto si uniscono e creano un monumentale arco di pietra. Il tragitto è magico, mentre sui pendii e in fondo si scorge una marea di pini, cipressi e querce spinose, a terra giacciono grandi tronchi di alberi simili a sculture in una galleria d’arte costruita dalla natura; dopo circa tre ore di cammino ecco apparire il mare, siamo arrivati al villaggio di Komitadhes. Il pullman, con il resto del gruppo che ha visitato Frangokastello, una fortezza solida e quadrata costruita dai Veneziani, ci carica e ci dirigiamo per una strada a tornanti a Sfakià, un tempo famosa per la fierezza e bellicosità degli abitanti, ora frequentata dai turisti come punto di partenza o di arrivo delle numerose escursioni che da qui si possono fare. All’arrivo ci rimane il tempo per fare un passeggiata sulla lunga spiaggia sabbiosa di Georgioupolis in una giornata molto ventosa con il mare agitato che si increspa ((FFoto Maria Domenica Tondelli) in grandi onde di schiuma bianca. Martedì tutto il gruppo parte per Iraklio: la prima meta è il museo archeologico della città, molto ricco e rinnovato recentemente, ha riaperto il 1 agosto 2013 dopo una in fase di ampliamento e ristrutturazione. Qui ci soffermiamo sui reperti più importanti della cultura minoica, l’essenzialità e l’eleganza delle forme si trovano in tutte le opere: nelle due statuette in maiolica delle “dee dei serpenti”, elegantemente vestite con i seni scoperti; nella statuetta in avorio dell’”acrobata” che raffigura un atleta che salta su un toro; nel “rhyton” a testa di toro, vaso in steatite incrostata; negli orecchini d’oro a forma di api che sorreggono una goccia di miele. La sala che conserva gli affreschi originali che ornavano i palazzi minoici è la più spettacolare, i nostri occhi spaziano estasiati dal dipinto raffigurante i delfini, rinvenuto nella sala da bagno della regina nel palazzo di Cnosso a quello che rappresenta la tauromachia rituale in cui un acrobata compie un doppio salto mortale sulla schiena di un toro, da quello denominato “il principe dei gigli” a quello raffigurante “le dame azzurre”. Iraklio ha avuto un ruolo di spicco nella storia dell’isola, dominata dai Saraceni, conquistata dai Veneziani, fu capitale sotto la dominazione turca; i Crociati l’avevano chiamata Candia e questo nome rimase durante il dominio veneziano che, durato quattro secoli, ne aveva fatto una delle città più potenti d’Europa. La Serenissima ha lasciato molte tracce, come la Fortezza, le mura, la fontana Morosini, la Loggia e San Marco, una chiesa ora utilizzata per mostre e conferenze. Nel pomeriggio dopo pochi chilometri arriviamo a Cnosso, i palazzi, che costituivano l’elemento portante del sistema sociale, non erano solo la residenza della famiglia reale, dei cortigiani, dei servi ma asse della vita comunitaria; con intorno estesi centri abitati e ricche ville, avevano funzioni giuridico-amministrative, religiose ed economiche. Camminiamo lungo le passerelle che ci conducono agli appartamenti del re, della regina, alla suggestiva sala del trono, al teatro. Anche se si è ormai stabilito che “labrys” non significa labirinto ma si riferisce all’ascia bipenne, sacra per gli abitanti di Cnosso, sentiamo vagare le ombre dei personaggi del mito, il re Minosse, Dedalo che costruì il labirinto, la regina Pasifae che si innamorò del toro e da lui ebbe Minotauro metà uomo e metà animale, Teseo che uccise il mostro ed Arianna che lo aiutò. Ed infine sostiamo a Retymno, mentre ci aggiriamo per le strette stradine piene di botteghe e dense di profumi, incontriamo tracce della dominazione veneziana come la Loggia e, in piazza Platanou, la fontana Rimondi, costruita nel 1626 con tre bocche d’acqua a forma di teste di leone e, lontano, la Fortezza. Mercoledì saliamo verso l’altipiano di Anopoli, la prima cosa che attira l’attenzione è il ponte di acciaio verso l’altipiano di Aradena dal quale le vedute sulla gola sono vertiginosamente spettacolari. La gola è selvaggia, a tratti il letto roccioso del torrente diventa un varco estremamente stretto tra lisce pareti di roccia, a tratti comporta salite impegnative e a tratti discese difficili. L’inquietante presenza di scheletri completamente spolpati di capre, che si presume siano cadute dall’alto oppure trascinate dalla piena del torrente, ci invita ad essere molto prudenti nelle discese rese scivolose dai sassi levigati. Arrivati a Marmara, dove ci aspetta un mare dal colore indescrivibile tanto è bello, dopo un bagno ristoratore riprendiamo il cammino alla volta di Loutro; il sentiero è interessante perchè nel primo tratto passa attraverso aziende agricole rimaste inalterate nel tempo, basate sulla coltivazione degli ulivi e sull’allevamento delle capre. Poi diventa piuttosto impegnativo perchè a picco sul mare, stretto e sassoso. Giunti a Loutro, pittoresco paese tutto di case bianche con persiane e finestre blu ci rendiamo conto che, data la difficoltà del percorso e l’orario, è improponibile arrivare fino a Sfakià, decidiamo allora di prendere la barca ma ci accorgiamo che all’appello manca Adriano, lo cerchiamo e lo chiamiamo ma sembra essere sparito. Alla fine pensiamo che si sia avviato a piedi verso Sfakià e dal mare, fortunatamente, lo vediamo camminare a passo svelto, lo chiamiamo felici e sollevati come se fosse Ulisse ritornato in patria. La meta di giovedì è Margarites e, mentre un gruppo si dirige al monastero di Arkadi simbolo della lotta per l’indipendenza dell’isola, camminiamo attraverso colline piene di ulivi, tra i quali non mancano piante più che centenarie; saliamo a Eleftherna dove ci sono i resti di un acropoli e di un ponte romano. Al ritorno, dopo un gradito pranzo con l’immancabile insalata greca e una squisita moussakà, non tralasciamo di visitare le botteghe di ceramiche in cui gli artigiani hanno mantenuto le tradizionali tecniche di lavorazione. La grotta di Melidoni, dove la natura ha costruito grandi sculture di stalattiti e stalagmiti a forma di canne d’organo, di alte pieghe, di tendaggi, è un altro simbolo dell’eroismo dei patrioti cretesi; fu lo scenario di una terribile atrocità avvenuta durante la lotta per l’indipendenza di Creta, nel 1824 vi si rifugiarono più di trecento abitanti del villaggio che, rifiutatisi di uscire, trovarono la morte asfissiati dal fuoco acceso dai Turchi all’ingresso. Nella parte più occidentale dell’isola, a nord, la penisola di Gramvoussa e quella di Rodhopou formano un golfo naturale molto ampio, venerdì ci imbarchiamo a Kissamos e, dopo un viaggio piuttosto movimentato a causa del mare agitato, sostiamo nella laguna di Balos dove lo scenario è magnifico: spiaggia di sabbia bianchissima, dalla quale escono cespugli fioriti di rosa acceso, il mare turchese, poi, ritornati alla penisola di Gramvoussa dopo una salita di una ventina di minuti visitiamo il castello che sorge nel punto più alto a 1579 metri dove la vista sul mare e le coste è ampia e stupenda. Sabato ci dirigiamo sulle montagne per raggiungere il freddo e nebbioso altopiano di Omalos da dove scendono le gole di Samaria, lunghe 16 chilometri; scavate nel corso del tempo da un corso d’acqua, violento torrente in inverno e docile ruscelletto in estate, che scorre tra il monte Volakiàs e Lefkà Ori, i Monti Bianchi, innevati nella stagione fredda. Emozionati dalla bellezza del sentiero, ci disponiamo in fila indiana, in apertura il giovane che ci fa da guida, fiero come un eroe greco, biondocrinito ed occhi cerulei, avrebbe detto Omero, a metà Gianna e Claudia a fare da tramite tra l’avanguardia e la retroguardia e alla fine Sergio. La discesa ha inizio sullo Xiloskalon, scala di legno, un percorso di gradini tagliati nella roccia a cui ne sono stati aggiunti altri ricavati da tronchi d’albero e una ringhiera di legno; questa scende rapidamente a zigzag fino alla base delle gole, immergendosi di 1000 metri nei primi due chilometri. La selvaggia natura può essere osservata in tutta la sua magnificenza; lo sguardo si perde nel denso fogliame dei cipressi e dei pini secolari, si innalza sulla rocciosa e argentata sommità del Gigilo e sulle lontane cime dei Lefkà Ori. Arriviamo alla prima sorgente ombreggiata, Neroutsiko, qui incontriamo le caprette Kri Kri che vivono nella gola. Dopo un pò la successiva Riza Skyas e, vicino, la cappella di Agios Nikolaus che si erge su una piccola terrazza di conifere. Il sentiero inizia gradualmente a livellarsi per seguire il letto del torrente; a metà percorso ci fermiamo nel villaggio abbandonato di Samaria, gli abitanti furono trasferiti nel 1962 per l’apertura del parco, l’insediamento è molto antico, la chiesa di Ossia Maria, dalla quale hanno preso il nome sia il paese che le gole, fu costruita all’inizio del XIV secolo. Dopo Samaria le pareti rocciose iniziano a restringersi progressivamente e il sentiero è spesso costretto a passare da una parte all’altra del torrente, su pietre da guado o ponticelli in legno. Le contorte striature delle rupi sono sempre più spettacolari, ma il luogo più suggestivo dell’escursione si incontra dopo il punto di ristoro Christòs con le Sdherespòrtes, porte di ferro, è il passaggio più stretto delle gole, le pareti rocciose, alte 600 metri si fronteggiano, separate soltanto da pochi metri, il cielo è ridotto ad una striscia azzurra. Dopo più di cinque ore di cammino, quasi improvvisamente, la spaccatura della montagna si apre su un largo tratto brullo e senza ombra, le pareti sono scomparse e ci si ritrova in un’arida regione selvaggia, si arriva ad Agia Roumeli dove c’è un cancello dal quale si lascia il parco ma questa non è la fine della camminata perchè la vecchia Agia Roumeli è stata abbandonata a favore della nuova comunità sulla spiaggia: alcuni continuano a camminare fino al nuovo insediamento, altri prendono il bus per avere un pò di tempo per poter immergersi nel limpido mare per l’ultima volta. pag. 5 «IL CUSNA» Intervista a Umberto Martini, STOCKALPERWEG A piedi tra Vallese e Ossola attraverso il Passo del Sempione e le Gole di Gondo di Carlo Possa Con un cognome così, il barone Kaspar Jodok Stockalper non poteva che avere uno stretto legame con le montagne. Nobile e ricchissimo commerciante svizzero di Briga, la sua fama e la sua importanza è legata indissolubilmente al Passo del Sempione, che attraversa le Alpi mettendo in collegamento la Valdossola con il Vallese, in un paesaggio che alterna bellissimi pascoli a orridi strettissimi (le famose Gole di Gondo). Il Passo del Sempione è stato un valico utilizzato fin dai tempi dei Romani: una prima mulattiera era stata realizzata dall’Imperatore Settimio Severo nel 196 d.C. Nel Medioevo però i traffici commerciali (peraltro intensissimi) tra la Valdossola e la Svizzera preferivano utilizzare altri passi, come il Gries, nell’alta Formazza o la Bocchetta d’Arbola, sopra Devero. Nella prima metà del ‘600 il barone Stockalper, che deteneva anche il monopolio del commercio del sale in Vallese, pensò di valorizzare il Passo del Sempione per potenziare i traffici commerciali tra la Valle del Rodano e l’alta Pianura Padana. Ripristinò la vecchia mulattiera con opere ardite, edificò nel 1666 un ospizio, l’Alter Spittel, poco sotto il passo (struttura imponente e suggestiva), una torre a Gondo (la torre Stockalper), e per tenere buoni rapporti con gli Ossolani (cosa che poi gli tornò utile), contribuì alla realizzazione del Calvario di Domodossola, oggi Patrimonio dell’Unesco. Il Passo del Sempione, sotto lo stretto controllo di Stockalper, diventò ben presto una delle vie commerciali più importanti d’Europa, dove passava anche un servizio postale che riusciva a recapitare una lettera da Ginevra a Milano in otto giorni d’estate e dieci d’inverno. Ma la ricchezza e la potenza economica e politica del barone (che era chiamato anche il “re del Sempione”) furono ad un certo punto causa di attrito con i maggiorenti del Vallese, che lo esiliarono. Il barone si rifugiò a Domodossola (dove aveva preparato il terreno), accolto con entusiasmo e dove si fece apprezzare per il suo mecenatismo. Dopo qualche anno riuscì però a tornare nel suo bellissimo palazzo di Briga. Con gli anni, dopo la scomparsa di Stockalper, l’importanza del Sempione cominciò a scemare, per poi ritornare in auge con Napoleone, che utilizzò il Passo per attraversare le Alpi con il suo esercito e conquistare l’Italia, non senza aver realizzato opere di ripristino della strada per permettere il passaggio delle truppe. Non va poi dimenticato che sotto il Sempione venne realizzata una delle più imponenti opere di ingegneria civile a cavallo tra ‘800 e ‘900, la famosa Galleria ferroviaria del Sempione, dove ancora oggi transitano i treni che dall’alta Italia portano a Parigi. Questa è la storia, che potrebbe Simplon Dorf continuare con i resoconti dei viaggiatori del Grand Tour, le incisioni degli artisti romantici che resero famose le Gole di Gondo, o con il passaggio dal Sempione di personaggi come Gervasutti o il poeta Dino Campana, per finire con l’avventura alpinistica avviata nel 1979 dalla prima salita della Pala di Gondo, ad opera della cordata Paleari-Rossi. Ora una comoda strada percorribile anche d’inverno attraversa il Passo, passando sotto vertiginose pareti di roccia (come la Pala), in mezzo ad alpeggi che più svizzeri di così si muore, e tra a montagne imponenti come il Fletschorn o l’Hűbschorn, (nomi che da soli incutono timore), in un ambiente che è il compendio del paesaggio alpino. Per ricordare il barone Stockalper da alcuni anni è stato realizzato la Stockalperweg (o Sentiero Stockalper), che da Briga (700 m) sale al passo del Sempione.(2040 m), scende a Simplon Dorf (1507 m) e Gondo (839 m), Da qui parte un prolungamento che si infila nella Val Vaira (Zwischbergental), sale al Passo di Monscera (2103), da dove scende in Val Bognanco, per raggiungere poi Domodossola (280 m), da dove con un percorso suggestivo si può salire al Calvario, un’opera monumentale simile e quasi coeva al Sacro Monte di Varallo. E’ un itinerario a dir poco spettacolare, che si può fare in 4/5 giorni, chiaramente con dislivelli sensibili ma fattibile da qualunque escursionista. C’è poi la comodità che Briga e Domodossola sono collegate sia dal treno che da autobus di linea (i famosi postali gialli svizzeri), e quindi è un percorso che si può anche fare a rate, come ho fatto io. Mi manca in realtà il pezzo da Briga al Passo del Sempione, che prima o poi farò, casomai in discesa, per arrivare dall’alto sui bellissimi paesi che sovrastano Briga. Il tratto più affascinante (e anche più comodo) è quello che dal Passo porta a Gondo. Si fa comodamente in una giornata, lungo un sentiero che nel primo tratto, dopo essere passato davanti all’imponente edificio dell’Alter Spittel (Ospizio vecchio) percorre un’ampia valle tra pascoli, boschi di larici e graziosi paesini fino ad arrivare a Simplon Dorf, dove c’è anche l’Ecomuseo del Sempione e la favolosa panetteriapasticceria Arnold, sosta obbligata per tutti gli escursionisti che percorrono lo Sockalperweg. Da Simplon Dorf (sarebbe quasi indispensabile una deviazione di 3/4 ore per entrare nella magnifica Laggintal, Parco Naturale delle farfalle), si scende ancora per prati per entrare poi nel tratto delle Gole di Gondo. Qui l’abilità sentieristica degli Svizzeri si è superata. Il sentiero attraversa comodamente strette forre, passa sopra altissime gole, il tutto sormontato da pareti impressionanti, come la Pala. Questo tratto è consigliabile anche a sé stante: col postale si può tornare comodamente al Passo. (Foto Carlo Possa) Gole di Gondo (Foto Carlo Possa) Per le tappe successive devo scavare nella mia memoria. Il percorso da Domodossola a Gondo (o viceversa), l’ho fatto a più riprese diversi anni fa, quando in realtà lo Stockalperweg non esisteva ancora. Il percorso è molto bello, e risale tutta la Val Bognanco dai paesi più bassi fino ai laghi e agli alpeggi d’alta quota. Il dislivello di quasi 2000 metri viene distribuito abbastanza gradevolmente, e permette di ammirare nelle sue stratificazioni verticali le caratteristiche paesaggistiche della valle. Dalla borgata di Mocogna, alle porte di Domodossola, si sale per bei sentieri a Cisore e Monteossolano (se può interessare passando a poche centinaia di metri dalla mia baita a Barro). Poi quasi in piano si prosegue per un tratto fantastico, tra vigneti, chiesette, piccole borgate e passando sulla forra del Dagliano fino ad arrivare a Bognanco Fonti (668 m). Da qui si inizia a salire prima tra piccole borgate e graziosi paesi come San Lorenzo e Graniga, passando anche per una borgata che si chiama Possa (*), poi per prati e alpeggi fino alla Alpe di San Bernardo (1628 m) con la sua bella chiesetta, e un accogliente rifugetto nei pressi. Da qui si prende la comoda sterrata che - prima in mezzo a bellissimi boschi di larice e poi tra pascoli che danno buona erba a mandrie di vacche - sale All’Alpe Arza, all’Alpe Monscera e all’omonimo passo (2103 m), da dove ci si affaccia su un bel pezzo di Alpi Svizzere, tra cui troneggia un famoso 4000, la Weissmies.(**). Superato il Passo di Monscera si è già in Svizzera, e si scende verso il fondo della Laggintal (o Val Vaira), per me intrigante per gli strani toponimi dei luoghi, tra cui un Alpe Possetta. Arrivati in fondo alla valle, percorsa da un bellissimo torrente e ammantata da folti boschi che in autunno si infiammano di colori, si prende la strada, oggi asfaltata, che porta fino a Gondo. Utile la Carta Escursionistica Transfrontaliera al 50:000, edita da La Fabbrica di Carta e dal Cai Sezioni Est Monterosa (Foglio Valle Antigorio, Divedro, Sempione, Briga e foglio Valle Anzasca, Valle Antrona, Val Bognanco). Per informazioni sul Passo del Sempione: www.simplon.ch (*) Possa era il luogo dove le donne e gli uomini della Val Bognanco, salendo per ripidi sentieri con pesanti gerle, si fermavano per riposarsi, appoggiando la gerla senza togliersela dalle spalle. E a Possa, vicino alla cappella, c’è un posto molto bello dove mi sono fermato a riposare, anche senza gerla. (**)Da San Bernardo si può salire al Passo di Monscera per un percorso parallello e molto bello. Parte nei pressi del rifugetto dell’Alpe San Bernardo, e tra pascoli, radure e boschi di larice arriva all’incantevole Lago Ragozza. Da qui in breve si arriva al Rifugio Gattascosa,(1993 m) magnifico ed accogliente esempio di rifugio d’alta montagna, costruito in legno e sasso non molti anni fa, senza utilizzare archistar alla moda o tecnologie d’avanguardia. Dal Rifugio in breve si raggiunge tra vasti alpeggi il Passo di Monscera. Ricordo che il documento è stato presentato al Comitato direttivo il 18 ottobre 2012, presentato Al Comitato di indirizzo e controllo il 1° dicembre secessivo e illustrato ai Presidenti regionali il 9 febbraio del 2012, con l’invito ai rappresentanti del territorio di portarlo in discussione nelle rispettive Assemblee. Invito sollecitato in occasione delle conferenze dei Presidenti regionali di Biella (19.10.2013) e, vista la scarsa attenzione rivolta, sollecitati ulteriormente nel settembre scorso. Ora, nelle Assemblee d’autunno di diverse regioni il tema è stato finalmente trattato e ne attendiamo le proposte emerse da tali incontri. Questo per precisare che la volontà di dare seguito ai contenuti della “mozione” di Riva è in atto da tempo. Gli estensori del documento non hanno volutamente ridisegnato la struttura del Caì ma hanno preferito evidenziare talune necessità che si sono ritenute prioritarie sottolineare lasciando ad altri (vedi GR con il coinvolgimento del territorio / Sezioni) il compito di “riempire” di proposte operative il disegno complessivo. Ora è aperta la discussione e a questa debbono principalmente partecipare le Sezioni perché è all’interno delle stesse che il Caì si esprime e opera nel territorio. Non sta quindi al presidente valutare se il documento risponde ai contenuti della “mozione” di Riva del Garda. E’ anche mio l’auspicio che si impieghi si il tempo necessario ma soprattutto si ragioni pensando non solo alla nostra attuale struttura ma soprattutto cosa desideriamo e conviene che essa sia, sempre fedele ai principi statutari, ma attuale in una società decisamente trasformata e proiettata, per quanto possibile, in un futuro dove Associazioni come la nostra hanno e avranno spazi per garantire quella funzione sussidiaria che da oltre 151° svolgiamo. … Una raccomandazione però mi sento di fare: si legga bene il documento predisposto prima di esprimere affrettati giudizi. Dico questo perché sento spesso valutazioni che dimostrano il contrario, gli estensori sono inoltre disponibili a chiarire il percorso fatto per giungere al testo poi presentato. A che punto è la discussione in materia di assetto degli Organi Tecnici, discussione che aveva creato, oltre un anno fa, qualche malumore all’interno del CAI? Dopo un non semplice avvio la collaborazione tra organi tecnici … ha trovato una sua strada che auspico prosegua con fattive collaborazioni peraltro già iniziate. Percorso non facile dopo anni nei quali si è spesso operato in maniera separata. Il lavoro da fare è ancora molto ma la buona volontà e il lavoro fatto assieme … sono buoni ingredienti per giungere a buoni risultati. Certo non è questo un problema riservato agli Organi tecnici ma di tutto il Caì. Può risultare banale ricordarlo, ma sento l’opportunità di farlo: il Club Alpino Italiano è l’insieme dei Soci che vi aderiscono organizzati in Sezioni, è la volontà di questi, espressa nelle forme di partecipazione dove si decidono le regole organizzative. Spesso ce ne dimentichiamo. Dopo la scelta editoriale in merito alla diversa programmazione delle riviste MONTAGNE 360 e LO SCARPONE, sei soddisfatto dei risultati o pensi a qualche “ritocco”? L’Assemblea dei delegato del maggio 2011 riunita a Spoleto ha accettato la proposta di una nuova organizzazione della stampa sociale. La rivista diventata mensile doveva e deve dare immagine gradita certamente alla base sociale ma anche rivolta all’esterno. Per essere ciò doveva cambiare un po’ “pelle” guardandosi meno all’ombelico e poter destare interesse agli appassionati della montagna anche fuori dal nostro Club. Ecco quindi la distribuzione in edicola. Un’operazione questa di cui da tanti anni si parlava che abbiamo deciso di verificare. I risultati ci consentono di dire che sostanzialmente l’esperimento sta riuscendo e ci auguriamo che ciò possa confermarsi nel tempo. Certo esistono sempre spazi di … miglioramento e ne stiamo valutando anche proposte che ci giungono da Soci e non. Lo Scarpone è un giornale on line che riesce ad aggiornarsi con rapidità e ricchezza di informazioni impensabili con il caro “vecchio” giornale cartaceo. Certo va migliorato come complessivamente va migliorato il sito Caì. Serve forse una selezione migliore delle informazioni e una più facile lettura. Chi di dovere ci sta lavorando. Ci auguriamo di rispondere sempre meglio alle tante e diverse attese dei Soci. Va garantito un più facile recupero di … articoli e notizie. Lo sappiamo. Banalmente poi ricordo che esiste anche la necessità di rendere gestibile economicamente il tutto. L’incontro che hai avuto con il presidente della FMI con relativo comunicato stampa, ha sollevato non poche reazioni tra i soci, soprattutto da parte dei tanti presidenti regionali; la tua replica però ha precisato in modo chiaro il tuo pensiero. Probabilmente il tutto ha avuto, nei modi, dei risvolti un pò esagerati; sei d’accordo, vuoi aggiungere un tuo pensiero? Certamente si è sollevato un vespaio che non era nelle intenzioni e veramente mi è dispiaciuto. La precisazione successiva ha voluto si riportate il mio pensiero ma anche e soprattutto quello del CAI. Qualcuno ha letto o ha voluto leggere nel comunicato stampa apparso anche contenuti che non c’erano, ci siamo spiegati, meglio tardi che mai. Resta comunque il dovere civile di confrontarsi con tutti per difendere le nostre convinzioni e spiegarne le motivazioni che le sostengono. Penso che siano passati ormai tanti anni da quando sei stato un dalla prima presidente sezionale, ora che sei diventato il Presidente Generale sei d’accordo con me (anch’io sono stato presidente di sezione, nella fattispecie di Reggio Emilia), che occorre puntare sempre più sulla valorizzazione delle sezioni perché sono il fulcro del nostro sodalizio ed è proprio da lì che partono tutte le motivazioni, le iniziative, la voglia di stare insieme, lo spirito di sacrificio che porta i soci a dare il proprio contributo volontario, a tracciare sentieri, a organizzare corsi, a diffondere cultura, ad insegnare cosa significa “sicurezza in montagna”, insomma far capire, come sostengo sempre io, che la montagna è una scuola di vita! Indubbiamente, mi vale quanto detto sopra. Le Sezioni sono la vera struttura operativa nel territorio che si avvale delle forme tecnicamente preparate e organizzate che restano al servizio della base associativa. La grande ricchezza del nostro Sodalizio sta proprio nelle sezioni, ciascuna con la propria storia … fatta dagli uomini che in molti o anche in pochi anni le hanno dirette ed in esse hanno operato. Durante il mio mandato di presidente e prima da vice ho visitato e visito molte sezioni e sempre mi stupisco di quanta dedizione e vera passione vi vengano dedicate da migliaia e migliaia di volontari, nella manutenzione dei sentieri, dei rifugi nell’accompagnamento e nella formazione delle diverse discipline. Dico sempre perché ne sono intimamente convinto che là si fa Club Alpino Italiano. Se veramente riuscissimo nella difficile ma non impossibile operazione di mettere in circolo le “buone pratiche”, che trovano realizzo in tante esperienze, veramente forniremo la vera immagine del CAI e di quale contributo ha dato e da alla Società civile della quale è stato ed è importante componente. Grazie Presidente per il contributo e per la chiarezza espositiva; colgo l’occasione, a nome di tutta la redazione de IL CUSNA e del Consiglio Sezionale, per porgere a te e a tutto il CC un sentito augurio di Buon Natale e di un felice 2015 pieno di soddisfazioni e di bene. 5x1000 nel ringraziare anticipatamente tutti i soci che vorranno devolvere il 5x1000 della dichiarazione dei redditi alla nostra sezione, indichiamo il codice fiscale da inserire che è 800 22 910 352 pag. 6 «IL CUSNA» LA DISTORSIONE DELLA CAVIGLIA conseguenza molte volte si presentano dolori al ginocchio controlaterale o alla schiena o in altri distretti corporei. legamento viene stirato ma, nei casi più gravi, di sollecitazioni molto forti, si può anche rompere. Recupero della forza come prevenzione delle recidive. A questo proposito introduciamo il metodo del Kinesio Taping che si basa sull’utilizzo di un particolare tipo di cerotto elastico in cotone che non rilascia alcun principio attivo ma che, oltre a prevenire l’insorgere di ricadute o recidive quando si riprende l’attività motoria, evita i danni di una prolungata immobilizzazione o inattività funzionale riducendo i tempi di recupero Nella cura degli edemi è in grado di ridurre il dolore e facilitare il drenaggio linfatico scollando la cute dal sottocute. Va applicato solamente da personale sanitario certificato e che abbia svolto i corsi idonei per poterlo applicare. Anche in questo numero trattiamo un argomento sanitario, grazie alla collaborazione con il CTR (Centro Terapia Riabilitativa ) di Via F.lli Cervi 59/e, a Reggio Emilia, con il quale la sezione CAI di Reggio Emilia ha sottoscritto da quest’anno una convenzione per la fornitura di prestazioni sanitarie ai propri soci, a prezzi scontati e in tempi rapidi, in regime libero-professionale. Come sempre il dr. Roberto Citarella, Direttore Sanitario del CTR con Master in Posturologia (e anche Responsabile della Riabilitazione nella Commissione Medica IUTA - Associazione Italiana Ultramaratona, ovvero il settore della FIDAL che si occupa di gare superiori a 42,195 km e che coinvolge atleti di interesse nazionale) affronta per noi il problema della Distorsione della Caviglia, che interessa molti dei soci CAI che praticano escursioni; infatti le articolazioni maggiormente sottoposte a stress durante le escursioni, sono senza dubbio quelle degli arti inferiori. Può capitare, su di un terreno sdrucciolevole, su una superficie resa scivolosa dall’acqua (ad esempio una roccia), oppure per esser finiti in una buca, ecc., che il piede venga sottoposto ad una torsione che vada oltre i fisiologici gradi di movimento consentiti dall’articolazione della caviglia. I legamenti articolari vengono così sottoposti ad una forza in allungamento talmente forte, che ne determina il loro stiramento. Nel caso della caviglia, è il legamento laterale esterno che quasi sempre subisce il trauma. In genere il COSA È UNA DISTORSIONE La distorsione è la perdita momentanea ed incompleta dei rapporti articolari fra due capi ossei. I traumi discorsivi possono essere acuti in seguito a urti, contrasti, improvvisi cambi di direzione in terreni scoscesi o cronici dopo carichi notevoli e prolungati. L’evento traumatico può portare ad una patologia articolare che viene suddivisa in due quadri: quello della lassità con lesioni che determinano una escursione articolare oltre i limiti fisiologici e quello della instabilità che viene avvertito come un segno di cedimento durante il camminare. CLASSIFICAZIONE DELLE DISTORSIONI Grado 0: non rotture legamentose; Grado 1: rottura legamento peroneo-astragalico anteriore; Grado 2: rottura legamento peroneo-astragalico anteriore e peroneo calcaneare; Grado 3: tilt astragalico superiore a 30°, rottura di tre legamenti. SINTOMATOLOGIA DELLA DISTORSIONE - Dolore vivo, localizzato a livello della zona anteriore del malleolo peroneale, che insorge durante la palpazione Tumefazione modesta o cospicua a livello periarticolare ed articolare - Limitazione funzionale causata dal dolore che il paziente avverte durante i movimenti dell’ articolazione -Instabilità dell’ articolazione tibio-tarsica. IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO In quella che è la Fase Acuta occorre provvedere alla immobilizzazione e alla prevenzione di ulteriori sollecitazioni meccaniche della struttura lesa . Successivamente, in quella che viene definita Fase Subacuta si deve provvedere alla eliminazione del dolore e dello spasmo muscolare, nonché dell’edema, conseguenza tipica dell’infiammazione che a causa della lesione e di alcune modificazioni del microcircolo, indotte dalla risposta infiammatoria, determina un aumento della permeabilità capillare ed infine è essenziale provvedere al recupero della forza muscolare. Per raggiungere questi obiettivi si utilizzano massaggi, terapie fisiche, tecniche di mobilizzazione e la cinesiterapia. Questi trattamenti riabilitativi devono essere effettuati in strutture sanitarie, da personale titolato a farlo e sotto il controllo medico . FASE DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE Tempi di recupero - Il tempo necessario per il recupero funzionale completo, qualunque sia il trattamento riservato al paziente (chirurgico o conservativo), varia dalle 3 alle 5 settimane, ma prima che il paziente possa ritornare alla pratica sportiva occorrono 10 settimane. Nella distorsione alla caviglia quasi sempre rimane un dolore residuo abbastanza anche se non ha mai voluto darmi la soddisfazione di ammetterlo… Così ci troviamo per la partenza alle 5.45 di venerdì mattina in via Cecati. Il gruppo è composto da 7 persone più Umberto; di queste, Simone è, come me, alla sua prima uscita col CAI di Reggio, Carlo non è tesserato ma è molto esperto, Alessandro frequenta il CAI dal suo corso di escursionismo 4 anni fa, Raffaele è da poco membro della TAM, mentre Mauro è un veterano del CAI di Sassuolo che anche stavolta non rinuncia al suo ruolo di mio angelo custode; la componente femminile, composta da Alessandra e da me, è in netta minoranza, e subito tra noi due si instaura una efficace complicità nei confronti del sesso forte, numericamente dominante. Come da programma, il primo giorno affrontiamo la salita da Malga Sorgazza, dove lasciamo le macchine, al rifugio Brentari, dove pernotteremo. La salita, poco più di 1000 m, si svolge, nella parte finale, su placche di granito inclinate davvero divertenti; durante la salita, una breve sosta istruttiva durante la quale Raffaele ci parla delle caratteristiche litologiche del granito e del porfido ad esso associato che in quest’area, compresa all’interno del massiccio dolomitico, costituiscono una vera stranezza, geologicamente parlando. Arrivati e sistemati al rifugio, valutiamo se affrontare anche il percorso facoltativo e salire a Cima d’Asta: per il momento ci dirigiamo verso ‘la Forzeleta’, poi interrompiamo la salita, più che altro perché il tempo è molto coperto e la visibilità praticamente nulla: verrebbe a mancare del tutto la grandiosa vista dalla cima sulla catena del Lagorai, la reale motivazione per questo ulteriore sforzo: torniamo allora al rifugio. Qui due gestori giovanissimi e molto capaci ci servono un’ottima cena, che va a una CONSIGLI Qualora si riporti una distorsione alla caviglia in luoghi avversi, lontano da possibili soccorsi, è bene non togliersi la scarpa per esaminare la lesione. Il conseguente dolore associato a gonfiore potrebbe infatti ostacolare il reinserimento del piede nella scarpa. L’importanza delle calzature con cui praticare sport ma anche lavorare, è fondamentale, perché non solo devono essere confortevoli ma proteggere anche la caviglia da eventuali distorsioni e quindi devono essere alte (scarponcino). terminare con un giro di “parampampoli”, liquore dal nome improbabile, del tutto analogo alla grolla valdostana. Il secondo giorno dal rifugio Brentari scendiamo fino al Passo di Socede in ambiente selvaggio e isolato, reso ancora più affascinante dalle nuvole basse che prima ci circondano fitte, poi improvvisamente si aprono rivelandoci un paesaggio mozzafiato. Si sale poi fino a Forcella Magna, valico importante che fu teatro di scontri della Grande Guerra, come ci racconta Raffaele e come testimoniato da resti di strutture difensive, trincee, bunker, postazioni, e anche dalla mulattiera militare lungo la quale scendiamo verso il prossimo rifugio. Questo tratto è intensamente frequentato da greggi di pecore che non sempre incontriamo, ma di cui l’ausilio delle opportune apparecchiature quali la pedana stabilometrica, nonché l’esame del piede in statica e dinamica, consente, prima di intraprendere una attività sportiva, (in aggiunta alla indispensabile visita di idoneità medico sportiva) di conoscere in modo approfondito eventuali alterazioni morfologiche del piede e le conseguenti caratteristiche adattative della camminata evitando così di incorrere in problematiche dolorose del piede. Anche una Visita Posturale effettuata con Recupero della propriocettività (dal latino “proprius”) che è definita come il senso di posizione e di movimento degli arti e del corpo che si ha indipendentemente dalla vista. Poiché il trauma è un evento che esce dagli schemi fisiologici delle articolazioni le sensazioni che verranno avvertite e le risposte che verranno messe in atto saranno sicuramente diverse da quelle che si avvertono in situazione di normalità. Il soggetto che si procura una distorsione alla caviglia non riesce più a camminare bene sul piede traumatizzato fino a portare il peso sull’altro piede: di Il Dr Citarella nel suo studio mentre effettua una visita posturale con l’ausilio di pedana stabilometrica integrata con sistema video computerizzato, Body Analis Kapture e ricostruzione in 3D della colonna. LA MIA PRIMA USCITA COL CAI DI REGGIO EMILIA di Maria Carla Ferrari Apro con alcune note personali utili a inquadrare questo resoconto: pur essendo io nata a Reggio e pur avendo praticato la montagna fin da bambina, questa, a 50 anni compiuti, è stata la prima uscita col CAI di questa città. Infatti, solo da poco tempo sto frequentando, con amici, il CAI di Sassuolo; prima ero sempre stata un “cane sciolto” praticando trekking, scialpinismo e arrampicata sportiva solo per conto mio. Ero però socia CAI quando, nel 1991, ebbi un grave incidente al Sass Pordoi (via Maria), potendo così usufruire gratuitamente del soccorso in elicottero (!!). Ripresami lentamente dall’incidente, ho ricominciato a frequentare la montagna, ma in modo più consono ai residui esiti neurologici del trauma, con attività solo escursionistica e sciistica in pista. Nel frattempo, mio figlio Enrico, di 21 anni, a cui l’amore per la montagna è stato trasmesso col sangue anche dal padre, si è iscritto e sta frequentando diversi corsi al CAI di Reggio; tramite lui sono venuta a conoscenza dell’escursione in oggetto, e ho deciso di parteciparvi. Al mio primo contatto telefonico col capogita, Umberto Bertolini, non gli ho nascosto le mie difficoltà residue di equilibrio, che si manifestano soprattutto in discesa, rendendo la mia andatura un po’ più incerta e lenta rispetto a una persona altrettanto allenata. Umberto ha subito messo in campo una prudenza e un senso di responsabilità da accompagnatore davvero esemplari, e, al nostro primo incontro, mi ha proposto, date anche le pessime previsioni meteo, di rinunciare all’uscita; quando l’ho minacciato molto seriamente di strappare la tessera del CAI appena presa e di non farmi mai più vedere se mi avesse lasciato a casa, è tornato sui suoi passi. Non penso che, al termine del giro, sia rimasto scontento delle mie prestazioni escursionistiche, significativo che comporta limitazione funzionale. abbiamo modo di constatare il passaggio, testimoniato dall’incredibile quantità di “ricordini” lungo il sentiero. Scendendo, si passa presso i Laghi della Val d’Inferno, che ci offrono la possibilità di osservare diverse specie di anfibi, tra cui rane e tritoni, e i loro numerosi girini. Calandosi poi in boschi di larice e pino, si giunge al Rifugio Malga Caldenave “Claudio e Renzo”, davvero accogliente perchè nuovo e ben gestito. Da rimarcare la fortuna che ci assiste: solo nel momento in cui varchiamo la soglia del rifugio, verso le 17,30 del pomeriggio, comincia a cadere la pioggia, costantemente temuta, date le previsioni meteo per questi giorni. Il terzo giorno dal Rifugio Caldenave si sale, prima per bosco, quindi con comoda e panoramica via, sino al Forzelon di Ravaì; all’uscita dal bosco incontriamo una piccola mandria di cavalli allo stato brado, incontro che subito riaccende in me un amore antico e mai sopito per questo nobilissimo animale; ma ben presto Umberto, da bravo capogita, mi richiama al rispetto dei tempi dell’escursione... Dopo aver imboccato il sentiero per Forcella Quarazza, ancora incredibilmente pieno di “palline” di pecora, cominciamo la discesa che, in circa due ore, ci porterà a Malga Sorgazza, completando l’anello. A circa metà percorso arriviamo al Lago artificiale di Costa Brunella, dove Raffaele ci spiega la biologia e l’importanza ecologica dei licheni, organismo simbionte molto particolare che, con la sua costante presenza sui sassi, ci ha accompagnato per tutta la gita. Alcuni di noi raccolgono sul posto dei bei frammenti di granito non alterato accumulati su una sponda del lago durante una fase di manutenzione, da conservare come ricordo della bellissima gita. Dopo una discesa in mezzo al bosco che sembra non finire mai, arriviamo finalmente al parcheggio di Malga Sorgazza, con larghissimo anticipo su un gruppo del CAI di Padova incontrato venerdì col quale i giorni scorsi, vista la sovrapposizione dei rispettivi itinerari, si era instaurata una sorta di divertente competizione. L’istinto da insegnante mi porta a voler dare un voto a questa mia prima uscita: è un 10/10, e se manca la lode è solo perché penso sia corretto lasciare a tutte le cose un margine di migliorabilità, per quanto esiguo! Il CUSNA Direttore Responsabile Iglis Baldi Segretaria di Redazione Sandra Boni Redazione Giulio Bottone Alberto Fangareggi Emilia Magnani Patrizio Prampolini Carlo Possa Claudio Torreggiani Redazione V.le dei Mille 32, 42100 Reggio Emilia Tel. 0522 436685-435767 Proprietario Club Alpino Italiano Sezione di Reggio Emilia Autorizzazione del Tribunale di Reggio Emilia n.157 del Reg. Stampa in data 15-3-1963 L’abbonamento di 3 euro è stato riscosso con la quota sociale. 1 numero € 0,75 (IVA compresa) Stampa: Nuova Futurgraf Via Soglia, 1 - Reggio Emilia tel. 0522 301861 Foto di gruppo (Foto U. Bertolini) pag. 7 «IL CUSNA» Val di Vermiglio … Una ferrata fra i ricordi della grande guerra! di Roberto Franceschini In un estate che sarà ricordata per il meteo più anomalo degli ultimi 50 anni… Stamattina non piove! Siamo: Alberto, Franz, Isa, Ivan. Partiamo di buon mattino verso il Tonale e risaliamo col Defender sulla carreggiata che ci porta alla malga Valbiolo. Da qui gambe in spalla, iniziamo la salita verso il Passo dei Contrabbandieri salutati dal fischio delle marmotte, l’aria è fresca; finalmente c’è il sole…; da qui si proseguirà in crinale e prima e poi a mezza costa verso il Torrione d’Albiolo. Il silenzio rotto dalla tensione di una ferrata dove le condizioni precarie della roccia, che in alcuni punti non tiene i fissaggi della catena, rendono l’avanzare difficoltoso e l’attenzione in questi casi non è mai troppa; i passaggi sono in parte attrezzati, ma sono delicati ed esposti. Si prosegue lungo la cresta sud-ovest della Punta di Albiolo percorrendo il “Sentiero degli Alpini” . Verso la sommità si presentano le postazioni ricavate dai soldati italiani e austriaci, che nella prima grande guerra si fronteggiavano sulla linea di confine meridionale dell’impero austro-ungarico. Gli austriaci attestati al Torrione di Albiolo e a un tiro di schioppo gli italiani sulla Punta di Albiolo. La storia ci racconta che nel luglio 1915, dopo una serie di intensi attacchi portati con successo l’artiglieria italiana, conquista alcune cime per il controllo strategico della Conca di Montozzo e della Val del Monte; l’azione italiana di una compagnia del Battaglione Edolo, prosegue contro il Torrione di Albiolo per avere il controllo della Val di Strino e Redival e aggirare a nord i presidi austriaci; il 21 agosto un plotone comandato dal Ten. Sora conquista il Torrione con un attacco a sorpresa sbaragliando le truppe imperiali. Dopo intensi bombardamenti e un’azione rapida ed efficace eseguita con l’ausilio di corde e scale, la cima fu ripresa dagli austriaci il 23 settembre; gli Alpini ripiegarono pertanto sulla Cima di Albiolo che dista 500 metri. Gli inverni, con intense nevicate e le condizioni ambientali che rendevano i rifornimenti dei viveri e del materiale bellico estremamente difficoltosi, costrinsero i contendenti ad arroccarsi sulle proprie posizioni; nonostante ripetuti tentativi da parte degli italiani, il Torrione di Albiolo rimase in mano agli austriaci fino alla fine del conflitto. le vicende belliche di quella gente, aiuta a meglio comprendere in quali incredibili condizioni affrontassero il vivere quotidiano, e diventa difficile definire se è stato eroismo o pazzia collettiva. Avrei voluto avere la macchina del tempo per potere dire a quegli uomini e soprattutto ai loro responsabili, che quei luoghi dove hanno sacrificato la loro energia, il loro tempo, la gioventù, la vita, 100 anni dopo sarebbero stati piste da sci e sentieri per trascorrere allegramente le vacanze; e vorrei vedere che effetto farebbe se ai nostri tempi arrivasse qualcuno dal futuro per dirci come Verso Punta d’Albiolo Come ormai è tradizione ogni anno il G.E.B. si incontra con gli amici di Mangia Trekking per piacevoli escursioni da un lato o dall’altro del nostro Appennino. In primavera siamo stati loro ospiti lungo i sentieri della Liguria con gli impareggiabili panorami delle Cinque Terre, in giugno abbiamo avuto il piacere di accompagnare il loro gruppo al lago del Ventasso e dintorni, mentre il 28 Settembre ci siamo ritrovati a Cerreto Alpi per un’escursione che ci ha fatto percorrere l’antica via di collegamento tra i borghi di Cerreto, Valbona, Vallisnera e Collagna. Non è stata solo la classica escursione immersi nella pur importante natura dei nostri luoghi, ma abbiamo potuto rivivere momenti di vite passate raccontate in prima persona da Giuliano Guerri, Responsabile del Gruppo Mangia Trekking e nativo di Valbona, con gli aneddoti della sua infanzia e di un modo di vivere che oggi sembra così lontano nel tempo, ma che in realtà è “ieri”. Giuliano ha avuto modo di incontrare persone che ancora ricordano i suoi parenti e, anche se dignitosamente nascosta, abbiamo notato una certa commozione nel ricordare momenti passati che senz’altro oggi saranno avvolti nella dolcezza e nella nostalgia dell’infanzia. La sosta in una casa ancora in ottimo stato di conservazione, ma purtroppo abbandonata, posta in posizione invidiabile con una vicina sorgente di acqua pura, ha dato lo spunto per raccontare quando bambino saliva quassù a prendere il latte ed incontrava sempre una persona in età avanzata che tutto il giorno sostava davanti a casa, seduto su un sasso con le mani appoggiate sull’immancabile bastone e vestito di tutto punto, ovviamente cappello a larga tesa compreso; ogni persona che passava (in realtà poche) era occasione per un breve scambio di parole per l’evidente bisogno di comunicare per vincere la solitudine. Quadro d’insieme di un mondo ormai lontano. Ma oltre al nostro amico Giuliano, a Cerreto Alpi abbiamo avuto il piacere di Ma non c’è tempo per queste riflessioni, la montagna ci chiama al presente, si avvicinano le nubi e in poco tempo ne siamo avvolti; giusto il tempo per beccarci una mezz’orata di pioggia ed eccoci di ritorno al calduccio della malga. Le fonti storiche sono state tratte dal libro “… per sentieri e luoghi SUI MONTI DEL TRENTINO 4 Cevedale Maddalene Monti d’Anaunia”della SAT , euroedit – Trento. (Foto R. Franceschini) Abbiamo letto i libri di storia, abbiamo visto i filmati dell’epoca, ma ripercorrere i sentieri di quei luoghi che hanno visto Cerreto Alpi tra natura e vita vissuta di Sandra Boni saranno tra 100 anni i luoghi dove adesso si combatte … incontrare una persona speciale: Celio Tronconi. Un breve scambio di informazioni è stato sufficiente per innescare una vera e propria intervista a più voci con questa bonaria figura di “montanaro doc” fiero della sua origine. Persona saggia ed intelligente, dotato di quella tenacia e forza di volontà tipica delle genti di montagna che gli ha permesso di attraversare il periodo più burrascoso della nostra storia cambiando ripetutamente e repentinamente modo di vivere per poter far fronte alle esigenze della vita, tornando poi sui suoi monti mettendo a disposizione di tutti la sua “formazione professionale” acquisita con il duro lavoro di una vita. Dopo averci raccontato alcuni divertenti aneddoti della vita di un tempo, ci ha regalato un libricino che raccoglie, come riporta il curatore Carlo Bianchi, “Frammenti della sua vita con i quali ci aveva tante volte allietato oralmente”. Tutto quel che segue, con il permesso di Celio, è tratto dal suo Diario. La prima parte della sua vita, fino agli anni ’50, è trascorsa alle pendici del Casarola con il suo branco di pecore, o nei paesi della costa toscana dove si spostava in inverno con la transumanza. Ha vissuto bambino, con gli occhi e la leggerezza di un bambino, i tragici momenti della guerra tra le scorrerie tedesche, il passaggio di partigiani e l’arrivo degli americani e con la pace, come racconta Celio, “finalmente Giuliano Guerri (a sn) e Celio Tronconi la fame portata dalla guerra cominciò a sparire”. Ha saputo reinventare sé stesso diventando cameriere di ristorante, poi gestore, sempre con una serenità d’animo che gli ha dato modo di superare l’arco temporale che lo ha condotto al giorno d’oggi. L’Università della vita lo ha laureato a pieni voti diventando anche docente nel mettere a disposizione la sua “pratica” nella stesura di una tesina di maturità di una studentessa dello Zanelli sulla produzione del pecorino. Oggi fa volentieri il “nonno” raccontando “fole” ai bambini delle scuole, scrive filastrocche che sono state anche musicate, partecipa con piacere alle feste della transumanza tornando pastore e ripercorrendo i sentieri della sua gioventù. Riporto testualmente una sua frase di chiusura del Diario: “Nel corso degli anni ho vissuto tanti cambiamenti negli stili di vita, ma l’arrivo della tecnologia non ha cambiato le mie giornate: dedico molte ore al mio orto e con orgoglio regalo insalata, zucchine e pomodori… Una signora, in segno di riconoscimento, mi ha portato un computer che il figlio non usava più. Io ho ringraziato: - Lo posso mettere nell’orto, sperando che possa aiutare le verdure a crescere meglio...” Una filosofia ed uno stile di vita ancora oggi dinamico e sereno, frizzante come l’aria fina delle sue montagne. L’incantevole bellezza dell’autunno è la cornice di Marina Davolio C’è un eremo, attaccato alla roccia, che guarda verso le rive venete del Garda. È piccolo, bianco e solo come l’uomo di fronte alle avversità della vita. Da quel roccione che con l’eremo forma un unico corpo, è possibile guardare giù, rimanendo senza fiato. L’eremoroccia, o la roccia-eremo, si raggiunge in pochi minuti da Sasso, una località di Gargnano. Si cammina su un mesto sentiero, nascosto da carpini, quercioli, scotani e frassini; man mano che si sale, il sentiero diventa gradini, man mano che si sale i gradini diventano gradoni (seguendo un disegno geometrico che ricorda il ritmo della vita). Prima di arrivare c’è una porta, tenuta chiusa da una corda, una pietra e una carrucola. Quando si apre (oplà!) appare San Valentino, luogo di silenzio bellezza e gratitudine. L’eremo di San Valentino è stato costruito dagli uomini di Gargnano, nel lontano 1638. Lo edificarono proprio così come oggi lo vediamo, attaccato alla parete, lontano dalle acque del lago, qui dove i gargnanesi si rifugiarono (e salvarono) dalla calamitas calamitatum del 1630. Sì, è Lei, è la peste di cui il Manzoni ci parla, di cui Renzo si ammalò e Don Rodrigo ne perì. Ed io, che sono seduta ai piedi dell’eremo, immagino immagino e sento, sento le voci delle antiche paure, il sibilo delle vecchie credenze. Immagino immagino e ripenso ad alcuni versi: «Camminando però, sentiva un mal essere, un abbattimento, una fiacchezza di gambe, una gravezza di respiro, un’arsione interna, che avrebbe voluto attribuir solamente al vino, alla veglia, alla stagione. Non aprì bocca, per tutta la strada; e la prima parola, arrivati a casa, fu d’ordinare al Griso che gli facesse lume per andare in camera. Quando ci furono, il Griso osservò il viso del padrone, stravolto, acceso, con gli occhi in fuori, e lustri lustri; e gli stava alla lontana: perché, in quelle circostanze, ogni mascalzone aveva dovuto acquistar, come si dice, l’occhio medico.» (I promessi Sposi, cap. XXXIII). Sono ancora qui, seduta ai piedi dell’eremo di San Valentino, e mentre rievoco uomini e untori, Renzo e Lucia, Don Rodrigo e l’Innominato, mi abbandono a osservare un panorama bellissimo, ineffabile. Guardo giù giù, verso il Garda e Gargnano e, piano piano, mi allontano dalla peste, dal Manzoni, da Renzo e Lucia per viaggiare nel tempo, e poi fermarmi all’inizio del secolo scorso. E allora vedo due amanti che amoreggiarono su queste rive e che ogni tanto, camminando su acciottolati e navigando sulle acque, volgono il loro sguardo voluttuoso verso San Valentino, verso la Cima Comer o il monte Denervo. I due amanti vivono a Gargnano dal 18 settembre 1912 al 30 marzo 1913. Volete sapere chi sono? Lei è Lady Chatterley. Ah! Scusatemi, ho fatto un errore. Lei è Frieda Weekley von Richtofen. Lui è David Herbert Lawrence, l’autore di L’amante di Che cos’è lo SVASSO ZIGRINO? Qualche socio ci ha chiesto che cos’è lo “Svasso Zigrino”? La domanda l’abbiamo girata immediatamente al nostro Comitato Scientifico Sezionale (CSS). La Svasso è un nome comune che si da ad una specie di uccelli, la parte più interessante è lo ZIGRINO. Da ricerche effettuate pare sia un residuo glaciale (ultimo Wurmiano), che viveva nelle zone alpine, ma, si è adattato, per esigenze, anche alle zone Appenniniche. Pare inoltre, dopo aver ulteriormente approfondito le ricerche, che sia in via di estinzione in quanto non riesce più ad accoppiarsi (quello che ha fatto ha fatto), non riesce più a volare, causa della sua sacca ventrale di notevoli dimensioni, che potremmo definire “epa”, la quale non gli permette di correre sino a raggiungere una velocità sufficiente per poter spiccare il volo, ma, avendo un’ottima vista, che definiremmo quasi “binoculare”, riesce ad individuare siti di rifornimento alimentare a molti sconosciuti. Cenni caratteristici: Predilige le ore serali/notturne, durante il giorno rimane nella sua tana in un “quasi” letargo, questo per il risparmio energetico, mentre nelle ore notturne da libero sfogo alle sue passioni; Alimentazione: si potrebbe definirlo quasi onnivoro, ma predilige il mais trasformato nelle sue più conosciute sottospecie: Polentus taragnom e Polentum concia officinalis. Non disdegna neppure la carne nelle sue varie applicazioni. Ambientazione: nonostante sia un uccello “preistorico” è riuscito ad adattarsi nel mondo tecnologicamente moderno, ha imparato a destreggiarsi tra le varie “reti”, e si può vederlo appollaiato su supporti che definiremmo tavola/tablet. Ottime le sue penne remiganti che molti usano per scrivere. Lo Svasso Zigrino è un animale protetto e, grazie ad un sistema di monitoraggio attivo, è costantemente tenuto sotto controllo. (Foto S. Lusuardi) Lady Chatterley; un bellissimo e colto giovane che, nell’appagante clima mediterraneo e nell’antica melanconia di Gargnano, va cercando ristoro a un animo inquieto ed errante. Lawrence in quei giorni scrive, scrive, scrive; finisce il romanzo Figli e Amanti, compone poesie, aggiunge paragrafi al libro di viaggio Crepuscolo in Italia: “ Mi capita spesso di vedere dal letto lo spuntare del sole. Il lago è una massa scura e lattiginosa; dietro, i monti sono di un blu profondo … poi, in un punto preciso della linea frastagliata delle cime, si accende un fuoco dorato…”. Frieda e David Herbert rimangono sul Garda alcuni mesi per poi partire verso il sole e tutte le altre meraviglie d’Italia. Lawrence vizia la sua donna, la corteggia, la possiede, la ama: ancora non sa che di quell’amore dovrà soffrire. Accipicchia. Il gruppo riparte. Devo chiudere i libri, affardellare lo zaino e riprendere il sentiero verso cima Comer e monte Denervo e, via via che ascendo (e scendo), i monti mi appaiono magnifici, rivestiti in ogni loro parte da una perfezione nuova. L’incantevole bellezza dell’autunno è la cornice. pag. 8 «IL CUSNA» Lo scaffale del cusna a cura di Carlo Possa e Iglis Baldi Un mondo da scoprire con la nuova guida di Andrea Greci C’è una bella sorpresa per tutti gli appassionati di alpinismo invernale sull’Appennino Tosco-Emiliano. E’ appena uscita la guida “Appennino di neve e di ghiaccio / Vol. 1, Appennino ToscoEmiliano, Settore Ovest”, opera di Andrea Greci, grande conoscitore dell’Appennino settentrionale, a cui ha dedicato diverse e interessanti pubblicazioni. Il volume raccoglie una quantità impressionante di itinerari, che dimostrano come l’Appennino parmense e reggiano (se affrontato con il dovuto rispetto) possa diventare un vero paradiso per chi ama arrampicare con piccozza e ramponi. Il volume di Greci, accuratissimo e ricco di belle fotografie, stupirà anche i più incalliti frequentatori delle nostre montagne. Sono descritti 313 itinerari in 30 diversi gruppi montuosi: Val Magra, Conca del Braiola, Conche del Lago Santo e delle Guadine, Conca di Badignana, Conca dei Lagoni, Valditacca, Conca del Lago Verde, Conca di Prato Spilla, Monte Acuto, Conca dei Ghiaccioni, Alpe di Succiso, Vallone di Rio Pascolo, Monte Casarola, Conca delle Sorgenti del Secchia, Monte Ventasso, Vallone dell’Inferno, Conca di Cerreto Laghi, Monte Cavalbianco, Lama di Rio Re, Lama di Mezzo, Val d’Ozola, Monte Cusna, Alpe di Vallestrina, Conca della Valcalda, Lama Lite, Valle dei Porci, Abetina Reale, Lunigiana, Orecchiella, Casone di Profecchia. Abbiamo chiesto allo stesso autore di Interessante guida Questa guida è rivolta agli amanti del trekking, delle escursioni naturalistiche ed ai nuovi “pellegrini”, come contributo per invitare a percorrere in maniera consapevole questa parte di territorio, in buona parte ancora incontaminato, per scoprire aspetti che altrimenti sarebbe difficile cogliere. Il percorso è un itinerario transappenninico con partenza da Nonantola ed arrivo a Pistoia, parlarci della guida, che verrà da lui presentata il 15 gennaio 2015 alle ore 21:00 nella sede del Cai a Reggio Emilia “Scorrendo l’indice di questo volume, chi non ha mai frequentato l’Appennino Tosco-Emiliano durante la stagione invernale o forse anche chi lo calpesta con ramponi e piccozza da anni, resterà sorpreso di vedere elencati 313 itinerari di alpinismo invernale che si snodano tra queste “piccole montagne” che raggiungono faticosamente i 2000 metri di altitudine. Certamente - spiega Greci - non ci si trova di fronte a grandi pareti e lunghe traversate: le vie sono brevi, gli ambienti non sempre severi, i dislivelli e gli spostamenti spesso contenuti. Ma nello stesso tempo qui, tra questi groppi e tra queste cime di erba e arenaria, la neve trasformata, dura e ghiacciata è la regola e non l’eccezione e quindi quasi tutti i pendii, i canali, le creste diventano terreno privilegiato per un alpinismo “minore” esplorativo e affascinante. Le difficoltà tecniche sono quasi sempre ridotte ma altrettanto frequentemente non banali. La neve è mutevole e imprevedibile, tanto da costituire per i meno esperti un vero e proprio “manuale” a cielo aperto dove sperimentare praticamente tutte le tipologie di innevamento. Ci si trova a camminare su neve e su ghiaccio in un prezioso contesto ambientale, ancora più tutelato e valorizzato dall’appartenenza di tutta l’area descritta al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, ammirando spesso a sud la superficie luccicante del Mar Ligure, punteggiato dalle sagome delle isole dell’Arcipelago Toscano e della Corsica, mentre a nord oltre la Pianura Padana, le limpide giornate invernali fanno scorgere in lontananza gran parte dell’arco alpino, dalle Alpi Liguri alle Prealpi Venete, passando per le inconfondibili sagome del Monviso, del Monte Rosa, delle Grigne e del Monte Baldo. Si cammina nel vento assaporando emozioni di “alta montagna” su cime che si trasfigurano completamente rispetto ai mesi estivi. Il volume prende in esame il tratto di crinale Tosco-Emiliano compreso tra il Passo del Cirone (Parma - Massa Carrara) e il Passo delle Radici (Reggio Emilia – Lucca) operando non tanto una selezione degli itinerari più meritevoli ma cercando di catalogare tutte le vie alpinistiche possibili, montagna per montagna, versante per versante. Una ricerca minuziosa ed esaustiva che naturalmente non potrà mai giungere a piena completezza. Questo discorso vale naturalmente per i versanti settentrionali di queste montagne, riparati dalla correnti meridionali, dai venti marini (si ricorda che il Golfo di La Spezia è, in alcuni casi, distante non più di 35 km in linea d’aria) e molto più nevosi rispetto ai pendii rivolti a sud. Questi ultimi possono certamente costituire una fonte altrettanto ampia di itinerari e salite (spesso in territori quasi inesplorati e comunque di difficile accesso). Privilegiando la sicurezza delle vie e la possibilità di percorrerle per gran parte dell’inverno, si sono dovute quindi operare dolorose ma inevitabili scelte. L’augurio ai lettori e agli alpinisti (o in questo caso sarebbe meglio dire “appenninisti”) è di scoprire o riscoprire luoghi dove la grande storia dell’alpinismo non è mai passata ma dove si possono vivere e gustare piccole storie di montagna, immersi in un silenzio rotto soltanto dallo scricchiolio dei ramponi sul ghiaccio”. Andrea Greci, “Appennino di neve e di ghiaccio / Vol. 1, Appennino Tosco-Emiliano, Settore Ovest”, Idea Montagna editore, 2014, 464 pagine, 27 euro Biografia Nato a Parma nel 1978, giornalista, fotografo e autore, da anni si dedica a tempo pieno a raccontare con immagini e parole le montagne italiane. Ha pubblicato “Trekking sull’Appennino Tosco-Emiliano” Via Romea Nonantolana e Via della Sambuca. città importante soprattutto nell’alto medioevo, nel cui duomo è conservata l’unica reliquia esistente in Italia di San Jacopo, San Giacomo Maggiore venerato nel celebre santuario di Compostela. Da qui, con ulteriori due giorni di cammino si giunge a Fucecchio, inserendosi sulla via Francicena. Si cammina spesso su strade e sentieri utilizzati mille anni fa dai pellegrini provenienti dal nord Europa e dal nord Italia per recarsi a Roma. La bellezza e la storia dei posti attraversati si prestano a diverse chiavi di lettura secondo la propensione personale del viandante. La guida è articolata in cinque parti: 1 - Informazioni generali 2 - Percorso emiliano (Nonantola Porretta Terme) 3 - Percorso toscano di dorsale appenninica (Porretta Terme - Pistoia) 4 - Attraversamento del Montalbano (Pistoia - Fucecchio) 5 – Appendice e informazioni utili Tutto l’itinerario descritto è percorribile praticamente anche in mountain bike. Le poche eccezioni ed i relativi percorsi alternativi sono evidenziati in verde nelle relative tappe. In linea di massima si può supporre di concentrare 2 tappe di trekking in una tappa di MTB. I più allenati possono forzare anche ulteriormente. La pubblicazione, curata da Pietro Balletti e Silvano Bonaiuti, si compone di 96 pagine interamente a colori (formato 11,7x22 cm., rilegato in brossura con alette) è in vendita al prezzo di copertina di € 22,00. Sono previsti sconti riservati alle sezioni e ai soci Cai. L’Arcobaleno Editore 2012–Porretta Terme (BO). Tel. 0534/24460. e-mail: [email protected]. articoli su quotidiani e periodici, ha scritto e illustrato guide escursionistiche sulle Dolomiti e sulla Valle d’Aosta e oltre venti libri sull’Appennino Tosco-Emiliano, dove ha percorso quasi ogni sentiero ma anche esplorato con ramponi e piccozze canali e creste di queste “piccole montagne”. Sulle Alpi ha percorso alcuni itinerari classici soprattutto sui “giganti” della Valle d’Aosta, ma di solito preferisce salire i “3000” poco frequentati, camminare su piccoli ghiacciai o attraversare nel silenzio gruppi montuosi dimenticati. Un tuffo al cuore! Sfogliando le bozze del volume di Greci mi è venuto un tuffo al cuore, e sono tornato improvvisamente indietro di 40 anni, quando un gruppo di giovani e meno giovani alpinisti del Cai reggiano ha iniziato a frequentare d’inverno l’Appennino reggiano con una mentalità nuova. Non più il canalone NE del Casarola, la cima del Cusna o il canalino del Monte Alto saliti come allenamento per le ascensioni estive, ma la scoperta di un alpinismo del tutto autonomo, fatto tutto di ricerca e di fantasia. Ecco allora i capodanni passati al Battisti per salire itinerari inaspettati sul Prado, sul Sassofratto o sul Cipolla, o la scoperta del Vallone dell’Inferno, un mondo silenzioso e selvaggio a pochi metri dagli impianti del Cerreto. Giornate per molti indimenticabili, piene di avventura e di divertimento allo stato puro. Carlo Possa Un libro di ricordi in un Appennino ricoperto di “bianco”. Questo è il libro che avrei voluto scrivere io, perlomeno questa era l’idea che avevo oltre vent’anni fa, poi la vita e soprattutto il lavoro non ti consentono, a volte, di esaudire i sogni che hai nel cassetto; molto probabilmente però non erano ancora maturi i tempi. Sono però molto contento che l’abbia fatto l’amico Andrea Greci, il mio collega direttore de L’ORSARO, il giornale del Cai di Parma. Sicuramente molti di noi avranno la possibilità, scorrendo le pagine del volume, di ripercorrere con la mente vie già intraprese, ricordare le tante piccole storie che ciascuno di noi ha da raccontare o programmare altre salite grazie alla descrizione puntuale e precisa dell’autore. Non ci resta allora che attendere Andrea la sera del 15 gennaio 2015, alle ore 21:00, nella nostra sede Cai di Reggio Emilia per toccare con mano il suo prezioso “lavoro”. Iglis Baldi Lasciamo esprimere l’ANIMA che c’è in ognuno di noi! Di Maria Carla Ferrari “Anima Montanara” è il nome, pieno di significato, di un giovane gruppo musicale nato e operante nella nostra montagna già da alcuni anni. Come ben sa chi lo frequenta per scopi escursionistici, il nostro Appennino è luogo ricco di incomparabili bellezze naturalistiche ed ambientali. Più difficilmente si presta attenzione al suo patrimonio del tutto unico per quanto riguarda la storia, le tradizioni, la cultura popolare, ma da sempre tale patrimonio è stato cantato nelle parole dei poeti che in queste terre sono nati, vissuti o solamente passati. Il gruppo musicale Anima Montanara ha inteso ridare voce alle storie degli uomini e delle donne dell’Appennino ToscoEmiliano, ai racconti della vita tra i monti, dei viaggi dei pastori verso la Toscana, dei pellegrinaggi e delle feste popolari. Il progetto utilizza quindi per i propri brani, testi poetici d’autore, testi tradizionali e testi composti ad hoc che, con versi nuovi, narrano gesti antichi. Da questa ricco materiale letterario prendono corpo canzoni struggenti e malinconiche, vivaci ed esuberanti. Le musiche sono del chitarrista Francesco Boni e sono state arrangiate per un originale gruppo musicale formato da: voci, chitarre, fisarmonica, tastiere, sassofono, clarinetto, e percussioni; strumenti della tradizione, che qui vengono reinventati con un linguaggio moderno, che spazia dalla world music al jazz. Come esempio della suggestione evocata dai testi scelti e musicati, si propone la poesia di Ettore Monelli (Villa Minozzo, 1907-1984) “Rialbero”, che prende il nome dal piccolo torrente che scende dal Passo del Cerreto, affluente dell’Ozola e poi del Secchia: le rime di questa semplice poesia possono non essere impeccabili, ma possiedono una naturale musicalità superiore alle imperfezioni metriche. L’arrangiamento musicale, poi, ne fa un piccolo gioiello di pacata eleganza (dall’ultimo CD, “Ballate d’Appennino”). RIALBERO Ei corre vivo tra pietra morta e mentre scende a basso sbatte fra sasso e sasso MONTANARA schiuma di latte, pare che egli porta se poi qualcuno dal corgnaleto vede le cascatelle del gran zuccolotto nel bel verde di edera e castagni da tanto incanto viene preso di botto. Prese la vita da molte sorgenti di acque dolci e chiare ora si affretta al mare per non perdere la bellezza dei suoi monti. Il suo esempio segue il montanaro scende al basso pieno d’illusioni ma perderà la pace e la dolcezza mescolato tra tante confusioni. Per informazioni: http://www.animamontanara.it LA MUSICA DELLA POESIA PARTENZE E RITORNI BALLATE D’APPENNINO I tre CD prodotti da Anima Montanara a partire dal 2012. REGGIO E.: Via Roma 50/A - 42121 - Reggio E. Tel: 0522.541700 - Fax: 0522.452018 PARMA: Viale Piacenza 1/G - 43126 Parma Tel: 0521.774001 - Fax: 0521.270215 Club Alpino Italiano Sez. di Reggio Emilia Viale dei Mille, 32 - 42100 Reggio Emilia Tel. 0522.436685 - Fax 0522.430266 http:www.caireggioemilia.it E-mail: [email protected] [email protected] - [email protected] Con l’intento di migliorare e velocizzare i servizi ai soci vi invitiamo ad optare per le comunicazioni via posta elettronica lasciando il vostro indirizzo e-mail sulla scheda ricevuta o in sede. ORARIO DI SEGRETERIA Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato dalle 18,00 alle 19,30 dalle 18,00 alle 19,30 dalle 18,00 alle 19,30 dalle 17,30 alle 19,00 Rifugio Battisti ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA Tutti i Soci della Sezione sono convocati in Assemblea per il giorno sabato 21 marzo 2015 alle ore 08,00 in prima convocazione e per il giorno lunedì 23 marzo 2015, in seconda convocazione, presso la Sede Sezionale di V.le Dei Mille, 32 a Reggio Emilia con il seguente: ORDINE DEL GIORNO 1 - Nomina del Presidente e del Segretario dell'Assemblea 2 - Relazione del Presidente sezionale sull'attività del 2014 3 - Bilancio consuntivo 2014, relazione dei Revisori, discussione ed approvazione 4 - Varie ed eventuali Possono votare all’assemblea i soci in regola con pagamento bollino 2015. Cari Soci, come sapete l’Assemblea Generale è il momento più importante della vita associativa della nostra sezione. Vi chiediamo pertanto di essere tutti presenti poiché vi sono decisioni determinanti da prendere che solamente la vostra presenza potrà ratificare. Località Lama Lite Ligonchio www.rifugio-battisti.it Tel. rifugio 0522.897497 Cell. Gestore 348 5954241 VUOI AFFITTARE CASA? CERCHI CASA IN AFFITTO? Agenzia 3 REGGIO EMILIA Viale Risorgimento, 4 - 42121 Reggio Emilia Tel. 0522 409263 - Fax 0522 431890 [email protected] - www.reggioemilia1soloaffitti.it IL CUSNA Direttore responsabile: Iglis Baldi Proprietario: Club Alpino Italiano, Sezione di Reggio Emilia Autorizzazione Tribunale di Reggio Emilia n. 157 del Reg. Stampa del 15-3-1963 Il “Notiziario” è stato curato da: Emilia Magnani Redazione: viale dei Mille 32, 42100 Reggio Emilia Stampa: tipolitografia Nuova Futurgraf s.n.c. Via Soglia, 1, Reggio Emilia – E-mail: [email protected] IL CUSNA Giornale del CAI di Reggio Emilia GENNAIO/FEBBRAIO/MARZO 2015 Trimestrale della Sezione di Reggio Emilia del Club Alpino Italiano Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) n. 46 art. 1, comma 1, DBC – Reggio Emilia tassa riscossa – tax percue L’abbonamento riservato ai soci di 3 € è stato assolto nella quota sociale NOTIZIARIO - ASSEMBLEA GENERALE - SPECIALE CORSI - ESCURSIONISMO - I GIOVEDÌ DEL CAI - RICEVIAMO DALLE SOTTOSEZIONI C. A. I. Il C.A.I. è anche tuo, Vivilo con noi! SPECIALE CORSI 2015 CORSO BASE DI SCIALPINISMO E SNOWBOARDALPINISMO SA1 2015 Il Corso di Scialpinismo SA1 della Scuola Bismantova si rivolge a tutti coloro che cercano un modo diverso di avvicinarsi alla montagna con gli sci o con la tavola da snowboard, senza l’uso degli impianti, lontani da code, schiamazzi e affollamento. La cima, con le pelli di foca, è conquistata lentamente e con soddisfazione personale e, proprio per questo, lo scialpinista la sente anche un po’ Sua. Durante le uscite verranno analizzate e messe in pratica le nozioni acquisite durante le lezioni teoriche, con particolare riguardo: - alla preparazione di una gita (meteo, carte, bollettini neve, orientamento ecc..) - alla conduzione della salita ed agli aspetti tecnici, quali le curve e le inversioni o l’uso delle ciaspole - alla scelta della traccia - al comportamento in discesa - all’autosoccorso, uso ARTVA e primo soccorso Sciare fuori pista è meraviglioso, ma può essere pericoloso. Gli istruttori CAI ti forniranno quelle indispensabili nozioni per permetterti, a fine corso, di poter essere autonomo all’interno di gruppi organizzati e partecipare a gite preparate e condotte da persone esperte. Per Iscrizioni e Informazioni, rivolgersi a: CAI - Sede di Reggio Emilia, Viale dei Mille 32, tel. 0522/436685 CAI - Sede di Castelnuovo Monti P.zza Matteotti, 7 tel.0522/811939 CAI - Sede di Sassuolo, Piazza Risorgimento 52, tel. 0536/870273 SCUOLA BISMANTOVA OLINTO PINCELLI www.scuolabismantova.it Termine ultimo per iscrizioni: 16/12/2014. (prima lezione teorica) Inoltre : 11 GENNAIO 2015 GIORNATA DI AVVIAMENTO ALLO SCI/SNOWALPINISMO Mattinata in pista (FEBBIO): gli istruttori della scuola valuteranno la tua tecnica di discesa (sci e snowboard) Pomeriggio: monteremo le pelli per una breve e facile salita sci alpinistica (snowboard sdoppiabile con pelli o ciaspole) Dopo, decideremo insieme se iscriverti al corso SA1 2015!!!! Termine ultimo di iscrizione: giovedì 8 gennaio 2015 CORSO SA3 2015 – SCI E SNOWBOARD ALPINISMO Il corso è rivolto agli sci/snowboarders alpinisti che: - hanno frequentato con profitto un corso SA2 o possiedono equivalente esperienza. - hanno svolto autonomamente attività sci/snowboarder alpinistica, attività alpinistica su roccia con difficoltà almeno di 2° grado e su terreno misto con difficoltà almeno PD. -hanno predisposizione e volontà a diventare Istruttori o Operatori Sezionali. - vogliono avvalersi della funzione propedeutica del corso in preparazione di futuri esami ISA/ISBA Direttore del corso: INSA Manuel Lugli, 389/2812677 Termine ultimo per iscrizioni giovedi 5 febbraio 2015 (ovviamente nel rispetto del limite massimo allievi e della data d’iscrizione) Per Iscrizioni e Informazioni, rivolgersi a: CAI - Sede di Reggio Emilia, Viale dei Mille 32, tel. 0522/436685 CAI - Sede di Castelnuovo Monti P.zza Matteotti, 7 tel.0522/811939 CAI - Sede di Sassuolo, Piazza Risorgimento 52, tel. 0536/870273 SCUOLA BISMANTOVA OLINTO PINCELLI www.scuolabismantova.it 9° CORSO DI ESCURSIONISMO IN AMBIENTE INNEVATO CON RACCHETTE DA NEVE La Scuola Sezionale di Escursionismo del Club Alpino Italiano di Reggio Emilia organizza per il 2015 il 9° Corso di Escursionismo in Ambiente Innevato con Ciaspole. Il corso è rivolto a tutti i soci, sia esperti di escursionismo, sia neofiti della montagna. Il corso si prefigge di proporre agli iscritti l’approccio all’ambiente invernale: - L’utilizzo delle varie attrezzature utili per la progressione in ambiente innevato - La comprensione delle particolari conformazioni del manto nevoso e della sua stabilità - Le tecniche di orientamento e di lettura delle carte topografiche fino all’elaborazione personale di un itinerario escursionistico. - La presentazione del corso avverrà giovedì 8 gennaio 2015 alle ore 21.00 presso la sede del CAI ed al termine dell’incontro si apriranno le iscrizioni per un minimo di 15 e un massimo di 30 iscritti. Nell’incontro verrà illustrato dettagliatamente il programma e saranno proiettati immagini e filmati relativi ai corsi precedenti. Il Corso sarà diretto da Accompagnatori di Escursionismo in Ambiente Innevato (AE EAI), coadiuvati da Accompagnatori Sezionali (ASE). Direttore del corso: Sante Fragnelli (A.E. – E.E.A. – E.A.I.) Coordinatori: Davide Araldi (A.S.E.) e Claudio Giusti (A.S.E.) Per ulteriori informazioni rivolgersi a: www.caireggioemilia.it – e-mail:[email protected] XXV CORSO PERCORSI ATTREZZATI (EEA) 2015 La Scuola Sezionale di Escursionismo del Club Alpino Italiano di Reggio Emilia organizza per il 2015 il 25° Corso di Escursionismo Avanzato – Percorsi Attrezzati (EEA). Il corso è rivolto a tutti gli escursionisti, che vogliano affrontare i percorsi attrezzati (Ferrate) in sicurezza, sia che siano già esperti di escursionismo che neofiti della montagna. Il corso si prefigge di proporre agli iscritti l’approccio all’ambiente delle ferrate, verranno pertanto fornite agli allievi nozioni teoriche e pratiche tali da permettere loro di: - utilizzare le varie attrezzature utili per la progressione - apprendere le tecniche di orientamento e di lettura delle carte topografiche - organizzare correttamente le proprie future escursioni Le lezioni teoriche, impartite da Accompagnatori titolati CAI ed esperti, si terranno presso la sede del CAI di Reggio Emilia. Alle uscite pratiche potranno partecipare anche gli ex corsisti in regola con l’iscrizione al CAI per l’anno 2015. La presentazione del corso avverrà: martedì 12 marzo 2015 alle ore 21.00 presso la sede del CAI ed al termine dell’incontro si apriranno le iscrizioni per un minimo di 15 e un massimo di 25 iscritti. Il Corso sarà diretto da Accompagnatori di Escursionismo (AE EEA), coadiuvati da Accompagnatori Sezionali. Direttore del Corso: Sante Fragnelli Per ulteriori informazioni rivolgersi a: www.caireggioemilia.it – e-mail: [email protected] ALPINISMO GIOVANILE – UNA TAVOLOZZA DI COLORI DA SCOPRIRE La commissione Alpinismo Giovanile del CAI di Reggio Emilia organizza per l’anno 2015, un corso dedicato a ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 17 anni. Attraverso una serie di gite, in ambienti montani differenti, istruttori qualificati CAI insegneranno in modo divertente come muoversi in montagna in piena sicurezza. I ragazzi avranno l’occasione di vivere giornate all’aria aperta in compagnia. Il tema di quest’anno “una tavolozza di colori da scoprire” consentirà ai ragazzi di osservare la natura che li circonda scoprendo una moltitudine di colori che cambia con il mutare delle stagioni e le caratteristiche del territorio. La presentazione del corso sarà al CAI di Reggio Emilia ai primi di febbraio e comunque per informazioni inviare una mail a: [email protected] oppure cliccare sulla pagina face book “Alpinismo Giovanile Reggio Emilia” Commissione Alpinismo Giovanile WE E FONDO 28° corso Calendario uscite 2014-2015: 14/12/14 – BONDONE (Aldino e Roberta) 20-21/12/14 – LAVAZE’ (Tiziano e Claudia) 26/12/14 AL 02/01/15 – SETTIMANA BIANCA 04/01/15 – ALTOPIANO ASIAGO (Tiziano e Claudia) 11/01/15 – PASSO COE (Aldino e Giuseppe) 17-18/01/15 – COGNE (Rita e Betty) 25/01/15 – MARCIALONGA 01/02/15 – PRATIZZANO (chiusura corso – La commissione) 21-22/02/15 – VAL DI VIZZE (Aldino e Sergio) 07-08/03/15 – VAL MARTELLO (Giuseppe e Roberta) 15/03/15 . TRAVERSATA CAMPOLONGO –MILLEGROBBE (Tiziano e Sergio) VENERDI’ 20/03/15 Cena di chiusura stagione con consegna del diploma ai corsisti. NB – le date e le località delle uscite sono indicative e potrebbero variare in base alle condizioni di innevamento delle piste. ESCURSIONISMO 2015 SETTIMANA BIANCA A DOBBIACO DAL 26 DICEMBRE 2014 AL 2 GENNAIO 2015 22/03/14 – CROSTOLO E QUARESIMO (MTB) Stefano Nironi Nell’ambito del calendario 2014/2015 della stagione di Sci di Fondo, la sezione CAI di Reggio Emilia organizza una settimana bianca a Dobbiaco, nel regno delle Dolomiti, dove, come sempre, chiunque potrà trovare la sua dimensione in totale libertà. Le piste da fondo sono tra le più belle delle Alpi, adatte per ogni tipo di gamba: ma non si vive di solo fondo, ci sono anche le ciaspole e lo sci alpinismo con tanti itinerari spettacolari e panoramici; per gli appassionati di sci alpino ci sono piste di tutti i colori nel giro di pochi chilometri. Infine, per chi vuole una vacanza rilassante, ci sono incantevoli paesini da visitare e, a due passi, San Candido e Brunico con i loro mercatini e un’atmosfera da fiaba. La nostra base è all’Hotel Moritz, dove l’amico Maurizio e suo figlio Christian da anni ci accolgono come fratelli. In cucina ci sono sua moglie e l’altro figlio Stefano che garantiscono menù e buffet di alto livello, oltre al ricco cenone di fine d’anno. Alla sera, di ritorno dalle piste, un passaggio nella sauna e nella bella vasca da idromassaggio, ci toglierà la stanchezza. Il trattamento è di mezza pensione: inizia con la cena del 26 dicembre e termina con la colazione del 2 gennaio. Il trasferimento in Hotel si effettuerà con mezzi propri, in modo tale che ognuno abbia la massima libertà di movimento. I posti sono 20, perciò affrettatevi a prenotare: i ritardatari si metteranno in lista d’attesa ! Le prenotazioni avverranno presso la segreteria del CAI con il versamento di caparra. Sarà possibile prenotare anche il biglietto per il Concerto di Fine Anno con Orchestra Haydn di Bolzano e Trento che si terrà presso la Sala Gustav Mahler del Centro Culturale Grand Hotel. Per informazioni: Pelli Elio 3407273977 - [email protected] Segreteria CAI -0522 436686 - [email protected] 22/03/2015 – MONTEMARCINQUE (T) Aldo Torelli 11/01/2015 – DA PASSO COE A MONTE MAGGIO (EAI) Umberto Bertolini e Renato Costi 11/01/2015 – FEBBIO (SA) Uscita Avviamento allo Sci Alpinismo 15/02/2015 – APPENNINO REGGIANO (SA) Massimo Bizzarri 22/02/2015 – TELLARO E MONTEMARCELLO (MTB) Claudio Torreggiani effettuare varie escursioni nella zona del rifugio, particolarmente adatta a questa pratica. Il gestore Gianluca e il suo staff, vi aiuteranno con suggerimenti sui sentieri più idonei. Per maggiori informazioni sui percorsi con le ciaspole consultare il sito: www.rifugio-battisti.it - Tel. 0522 897497 – cell.: Gianluca 348 5954241 28-29/03/2015 – ALTOPIANO DI SENNES (EAI) Umberto Bertolini - Renato Costi BIBLIOTECA SEZIONALE 29/03/2015 – LE MERAVIGLIOSE COLLINE ALBINETANE (T) Sergio Morini – Silvano Srebernich I GIOVEDI’ DEL CAI Riprendono in gennaio le serate dei “Giovedì del Cai”, organizzate nella sede di viale dei Mille 32. Il primo appuntamento è in programma il 15 gennaio alle 21:00, Andrea Greci, scrittore, fotografo e alpinista, presenterà in anteprima la sua guida “Appennino di neve e di ghiaccio”, dedicata all’alpinismo invernale sull’Appennino Reggiano e Parmense. Il 29 gennaio, sempre alle 21:00, verrà presentato il “Trekking della Sila” organizzato dal Cai. Il programma definitivo sarà disponibile nei prossimi giorni in sede al Cai. Giovedì 19 marzo presentazione “trekking a Minorca” “Tra le vette e il cielo 2015”: tre serate del Cai Novellara La sottosezione Cai di Novellara organizzato la seconda edizione della rassegna dal titolo Tra le vette e il cielo. Un alpinista, un regista e un fotografo parleranno di viaggi, scoperte, fatiche e di quanto e cosa li avvicina al camminare nel mondo, nella storia, nella vita. Gli incontri si terranno presso il Teatro “Franco Tagliavini” di Novellara, ore 21.00, secondo il seguente calendario: - martedì 10 febbraio 2015: “Hervé Barmasse, alpinista per scelta e tradizione”, incontro con il grande alpinista valdostano - martedì 17 febbraio 2015: il regista Alessandro Scillitani, presenta “L’albero tra le trincee” - martedì 3 marzo 2015: “Il sentiero del ritorno”, con il fotografo Roberto Carnevali. Con le ciaspole e il buon cibo sull’appennino 22/02/2015 – PARCO DEI 100 LAGHI (EAI) Umberto Bertolini- Renato Costi 22/02/2015 – FALESIA PUNTA MANARA (SESTRI LEVANTE) (AL) Matteo Radighieri 08/03/2015 – DA BONASSOLA A MONTEROSSO (E) Giuseppe Cavalchi – Renato Costi 21/03/2015 – MONTALTO ½ Giornata (T) Giuseppe Riccò – Gianna Poli Continua anche quest’anno l’apertura invernale del Rifugio Battisti mt. 1761. Tutti i week-end nei mesi invernali e dal 27 dicembre al 6 gennaio ogni giorno, il “Battisti” è aperto per far scoprire le bellezze della montagna nella veste invernale e per deliziarci con iniziative culinarie sempre nuove e diverse. Per gli amanti delle racchette da neve, comunemente chiamate “ciaspole”, è una buona occasione per unire l’avventura di una buona salita in quota a una suggestiva notte in rifugio, lasciando largo spazio a succulenti cene e degustazioni di prodotti tipici montanari. Per le ciaspole, è a disposizione un servizio di noleggio al Bar Centrale di Civago, per poter Cari soci come sapete la nostra sezione dispone di una fornitissima biblioteca e di un ampio salone per la consultazione. Va anche detto che la nostra biblioteca è, in assoluto, sull’argomento montagna la più fornita e specializzata di tutta la provincia di Reggio Emilia; vi invitiamo, pertanto, a consultarla per qualsiasi necessità “montanara” o per il piacere della sola lettura. A disposizione ci sono: romanzi, riviste, tavole geografiche generali, cartine particolari per gli itinerari, guide per la proposta e la descrizione delle più belle ascensioni ed escursioni sulle montagne italiane e straniere, e volumi vari di alpinismo di autori di “primo piano”. Disponiamo di quasi tutti i numeri della Rivista del Cai centrale, e di buona parte di quelli antichi a partire dalla sua nascita nel 1863, vere e proprie rarità. Inoltre potete consultare la nostra rivista sezionale “Il CUSNA” nato nel 1951, troverete l’indice per autori e argomenti. I numeri del Cusna sono anche presenti sul nostro sito. Nella nostra sede si possono acquistare libri, cartine dei sentieri dell’Appennino reggiano e non, oltre a magliette Cai, bandane, scaldacollo, cappellini, ecc. Stiamo archiviando tutti i nostri libri su supporto informatico per rendere più facile il lavoro di ricerca, poi proseguiremo con le riviste. Per una migliore fruibilità da parte dei soci, occorrerebbe un numero di volontari maggiore di quello attualmente in organico. Perciò se hai qualche ora pomeridiana da dare al Cai e ai libri che ami, rivolgiti in segreteria o ai responsabili della biblioteca Iglis Baldi e Antonio Manzini. La biblioteca è a vostra disposizione negli orari di apertura della segreteria. Vi aspettiamo! TOURING CLUB 2015 OFFERTE PARTICOLARI PER I SOCI CAI quota base € 72 anziché € 82 , quota base + assistenza stradale € 95 anziché €105 NB - Si avvertono tutti i soci che la sezione Cai di RE rimarrà chiusa per le festività natalizie dal 21 dicembre al 6 gennaio 2015 compresi. Cogliamo l’occasione per porgere a tutti i migliori auguri di buone feste! RICEVIAMO DALLE SOTTOSEZIONI SOTTOSEZIONE VAL D’ENZA SOTTOSEZIONE DI CAVRIAGO SOTTOSEZIONE DI SCANDIANO 11/01/15 - CIASPOLE IN APPENNINO (E) - Aguzzoli G. - Baschieri P. 18/01/15 - MONTEFORTIANA (COLLINE VERONESI) (E) - Aguzzoli 25/01/15 - “CIASPOTORTELLATA” (E) - Aguzzoli G. - Asti A. 07-08/02/15 - CIASPOLE E RAMPONI AL BATTISTI (EA) - Magnani P. 15 /02/15 - CIASPOLENTA (C) - Borghi F. - Aguzzoli G. 22/02/15 - CIASPOLE IN APPENNINO (C) - Aguzzoli G. - Asti A. 08/03/15 - FESTA DELLA DONNA CAMMINATA E PRANZO (ENG) - Davoli R. - Aguzzoli G. 15/03/15 - LAGO DI GARDA (EN) - Gambarelli C. 22/03/15 - CAMMINATA IN COLLINA ABBINATA A NORDIC-WALKING CON ISTRUTTORE (EN) 29/03/15 - DA PORTOVENERE A RIOMAGGIORE (LIGURIA) (ENT) - Borghi - Magnani NOVELLARA 11/01/15 - MONTI LESSINI - SENTIERO DEI FOLIGNANI (C)- D. Tondelli 340 6693229 31/01-1/02/15 - CIASPOLATA ALPE DI FANES - VAL BADIA (C) - G. Lusuardi 329 2330389 08/02/15 - GIORNATA SULLA NEVE - RESCEISA DI ORTISEI (EI) M. Davolio 333 4371857 15/02/15 - SCILIAR - SULLA NEVE IN FAMIGLIA - MALGA TUFF (EI) A.Pirondini 340 2513221 22/02/15 - ANDALO - CIMA CANFEDIN (BRENTA) (C) - G. Lusuardi 329-2330389 08/03/15 - APPENNINO REGGIANO - CASINA GIANDETO CROVEGLIA CASINA (E) G. Galli 335 5618177 5/03/15 - FORESTE CASENTINESI - CASCATE ACQUACETA (E) - G. Lusuardi 329 2330389 29/03/15 - ANELLO DELLE CORONE - MONTE BALDO (E) - L. Iotti 349 2368001 NOME FAMILIARE GIOVANE ORDINARIO TOTALE TOTALE 2014 2013 RINNOVO TOTALE FAMILIARE GIOVANE ORDINARIO TOTALE EN NUOVO SOCIO ZA TESSERATI AL 31 OTTOBRE 2014 SOTTOSEZIONE DI RUBIERA 15/02/2015 - SCIALP. IN APPENNINO (SA) - M. Bizzarri 3355429309 SA 22/02/2015 - ALTOPIANO DI ASIAGO - Ciaspole - G. Ognibene 3487314550 29/03/2015 - MONTE CAS (Campione del Garda) (E) - A. Bonacini 3484435469 22/03/15 - COLLINA REGGIANA - SENTIERO MATILDE (E) In collaboraz. GEAM - G. Caleffi 24-25/01/15 - ALTOPIANO DEL SAURIS (C) L. Davoli 348/7420125 - A. Ferrari 335/6528905 01/02/15 - S. PELLEGRINO IN ALPE – GIRO DEL DIAVOLO (C) In collaborz. G.E.B. - I. Crotti 338 2924022 - R. Salicetti 338 6247318 08/02/15 - PORTOVENERE - CAMPIGLIA - LE GRAZIE (E) A. Ferrari 335/6528905 22/02/15 - VALLE D’ISARCO - ANELLO DI CHIUSA (C) G. Montecchi 329 5713609 - R. Salicetti 338 6247318 22/02/15 - APPENNINO PIACENTINO - MONTE MENEGOSA (C) M. Barberis 348 2241081 - D. Ghidoni 340 5742495 07-08/03/15 - VISTA SUL CERVINO - VALTOURNENCHE - CHAMOIS (C) A. Ferrari 335 6528905 - L. Davoli 348 7420125 08/03/15 - VALSUGANA - ANELLO DI PANAROTTA (C) L. Crotti 338 2924022 - D. Ghidoni 340 5742495 FER SOTTOSEZIONE DI GUASTALLA 21-22/02/14 - APPENNINO REGGIANO - CIASPOLATA AL RIFUGIO BATTISTI (RE) (C) Varini Renzo Tel. 340 2932604 22/03/15 - ENTROTERRA DI LA SPEZIA - NUOVI SENTIERI (E) In collaboraz. Mangia Trekking - S. Boni 349/1581481 11/1/15 - PRATIZZANO (C) - In collaboraz. G.E.B. e Mangia Trekking R. Casini 339 3940907 - L. Crotti 338 2924022 DIF 25/01/15 - LIGURIA - LEVANTO - SANT. Di SOVIORE - P. MESCO – MONTEROSSO (E) Claudio Castagnetti Tel. 340.4675812 - Gino Bertolini Tel 340.7172606 01/02/15 - APPENNINO REGGIANO Ciaspolata - Baggioletto - Passo Cisa - Prati di Sara (E) Elio Pelli Tel. 340.7273977 - Franco Nasi Tel. 340.2230187 15/02/15 - APPENNINO REGGIANO - ALPE VALLESTRINA mt. 1904 (A) Simone Catellani Tel. 349.5736885 - Alberto Fangareggi Tel. 335.6417639 01/03/15 - APPENNINO PARMENSE - MONTE TORRICELLA mt.1706 (A) Paolo Bedogni Tel. 339.8416731 - Monia Burani Tel. 347.0151863 08/03/15 - MONTI LESSINI - CIASPOLATA CIMA TRAPPOLA mt.1850 (E) Giuseppe Benecchi Tel. 347.2522683 - Elio Eufemi Tel. 348.8405332 15/03/15 - ALTO GARDA - FERRATA SUSATTI - CIMA CAPI mt 907 (EEA) Simone Catellani Tel. 349.5736885 - Nicola Farini Tel. 339.8968514 29/03/15 - PREALPI VERONESI - VAIO BATTISTI (A) Ivan De Jesu Tel. 333.6866241 - Alberto Fangareggi Tel. 335.6417639 REGGIO 34 34 218 286 164 51 571 786 1072 1111 -39 S. ILARIO 6 1 18 25 49 5 114 168 193 202 -9 GUASTALLA 1 1 2 4 13 2 47 62 66 71 -5 1 12 13 30 8 139 177 190 212 -22 36 7 29 14 121 71 157 78 134 80 23 -2 CAVRIAGO SCANDIANO RUBIERA 13 1 2 23 4 3 92 54 NOVELLARA 12 8 22 42 15 1 51 67 109 0 109 67 47 299 413 314 70 1068 1452 1865 1810 55 TOTALE La nostra storia pag. 33 I QUADERNI DE “IL CUSNA” La nostra storia sezione Cai di Reggio Emilia, (già sezione dell’Enza) ( Ultima parte a cura di Iglis Baldi Alba sul Cervino ( foto di Iglis Baldi) pag. 34 La nostra storia TAM La nostra sezione fin dagli anni sessantasettanta ha sempre avuto una vocazione ambientalista, attenta a tutto ciò che potesse riguardare gli interventi e la salvaguardia in ambito montano. Storica fu la campagna contro la realizzazione della seggiovia di Febbio che vide tra i principali protagonisti l’allora presidente Antonio Manzini. Fu però dal 1987 che si formò una commissione TAM (Tutela Ambiente Montano) la cui responsabile era Silvia Palmia. Tale commissione diventa sempre più interlocutrice con gli enti pubblici, cercando anche un coinvolgimento più ampio con i soci e non: sua l’idea della “Festa Montagna Pulita” che trova in Febbio il suo primo “incontro”, coinvolgendo sia i “turisti” che i locali. Negli anni successivi si nota un impegno sempre più crescente sulle tematiche naturalistiche, favorendo il dialogo e la ricerca di soluzioni a problemi reali. Piergiorgio Oliveti particolarmente attivo in campo ambientale, nel marzo del 1988 presenta alla stampa un codice di autoregolamentazione per i fuoristrada in montagna; nello stesso anno alla biblioteca di Sant’Ilario è tra gli organizzatori di un ciclo di incontri sui problemi ambientali, con relatori del calibro di Carlo Alberto Pinelli e nel 1990 collabora alla stesura della “Charta di Verona”, importante documento sull’ambiente. Ricordiamo che Oliveti fu per diversi anni il responsabile della Commissione Nazionale Escursionismo, nonché per circa dieci anni direttore della Rivista nazionale del Cai e dello Scarpone. Parlando di prestigio per la nostra sezione mi preme sottolineare in questa “sede” anche se non propriamente collegato alla TAM, il contributo che Giuliano Cervi, esponente e poi responsabile della commissione scientifica regionale, fornì in particolar modo alla ricerca denominata “Terre Alte”, censimento archeologico sugli insediamenti preistorici d’alta quota. Nel 1990 venne organizzato il primo corso naturalistico. Negli anni seguenti si susseguirono quali responsabili della TAM Paola Rossi e Alberto Cenci per citarne alcuni, per arrivare infine a Rita Capelli che già da diversi anni coordina il lavoro sezionale. BIBLIOTECA Fin dalla nascita della sezione i soci si sono sempre prodigati per fare in modo che la sede fosse dotata di carte topografiche, libri e guide, giornali specializzati utili per i “viaggi alpini”. In tutti questi anni la nostra sezione si è arricchita di una preziosa biblioteca che supera i tremila volumi; sull’argomento montagna, in assoluto, è la più fornita e specializzata di tutta la provincia di Reggio Emilia. La sede attuale dispone di un ampio salone in cui è possibile consultare tutto il materiale presente: romanzi, riviste, tavole geografiche generali, cartine particolari per gli itinerari, guide dettagliate per la proposta delle più belle ascensioni ed escursioni sulle montagne italiane e straniere, volumi vari di alpinismo di autori di “primo piano”. Dispone inoltre di quasi tutti i numeri della Rivista del Cai centrale del secolo scorso e di buona parte di quelli a partire dalla sua nascita nel lontano 1863, vere e proprie rarità. E’ possibile consultare tutti i numeri rilegati pag. 35 La nostra storia della nostra rivista sezionale “Il CUSNA” nata nel 1951. Tramite l’indice cartaceo per autori e argomenti si possono facilmente trovare tutti gli articoli pubblicati, la ricerca è altresì possibile tramite il sito web. In sede si possono acquistare libri, cartine aggiornate dei sentieri dell’Appennino reggiano e non, oltre a magliette, bandane, scaldacollo, cappellini, ecc. SEZIONE DELL’ENZA – “MOMENTI” DI STORIA COMUNE Il nostro sodalizio, come detto, nacque inizialmente con il nome di Sezione dell’Enza, prendendo il nome dal corso d’acqua che bagna le provincie di Reggio Emilia e Parma, il 6 maggio 1875, dando vita alla quindicesima sezione Cai in ambito nazionale. Nel 1933, la Sezione dell’Enza, che per 58 anni aveva unito gli “alpinisti” delle due provincie, si sdoppiò in due distinte sezioni: Reggio Emilia e Parma. Alcune delle “ore indimenticabili” trascorse insieme furono, senza dubbio, anche quelle che riguardarono iniziative in favore di alcune delle località e monumenti storici ubicati in territorio reggiano e più precisamente il castello di Canossa e il tempietto del Petrarca di Selvapiana. Canossa Nell’adunanza tenutasi dal Cai Sezione dell’Enza il 5 maggio del 1877, gli avvocati Napoleone Casati e Naborre Campanini fecero proposta al Consiglio di varie escursioni appenniniche, cominciando dai resti del castello di Canossa. La proposta venne accettata con voto unanime dai presenti. Nell’adunanza del 25 maggio una commissione appositamente incaricata presentò il programma della gita, in conformità del quale, il mattino del 31 maggio, un buon numero di soci del Club, alcuni di Parma, si recarono a visitare le rovine del famoso maniero matildico. Il successivo 10 giugno i soci Emilio Spagni e Giuseppe Ferrari, autorizzati pag. 36 con lettera dalla vicepresidenza del Club, si recarono di nuovo in loco, e la relazione che ne seguì fu il risultato delle ricerche delle due gite, per mostrare la possibilità, l’utilità e le modalità di lavoro che si sarebbe voluto intraprendere. Gli scavi della rupe di Canossa, sotto la direzione di prof. don Gaetano Chierici (che fu anche presidente del Cai dal 1881 sino ala fine del 1882), espertissimo e autorevole archeologo e fondatore del museo di paleontologia di Reggio, iniziarono l’11 settembre del 1877, per riportare alla luce i ruderi di una “storia millenaria”. Ai lavori di scavo partecipò anche Naborre Campanini notissimo letterato, che fu autore della famosa “Guida Storica illustrata di Canossa” pubblicata nel 1894. Attualmente una delle sale del museo, posto proprio sulla rupe, è dedicata a Gaetano Chierici e al Club Alpino Italiano. Tempietto del Petrarca di Selvapiana Su di un poggio, chiamato “alle pendici”, fu eretto nel 1839, per cura di alcuni insigni cittadini di Parma, a cui allora era soggetto il territorio di Ciano, un tempietto in memoria del soggiorno del dolce poeta Petrarca, che visitò nell’estate del 1341 Selvapiana, mentre era ospite a Guardasone di Azzo da Correggio. Tale visita risvegliò nella mente del poeta il pensiero dell’interrotto poema sull’Africa e la canzone ai grandi d’Italia, con la quale li incitava a liberare la Patria dalle “pellegrine spade”. Il Cai dell’Enza richiamò l’attenzione della popolazione, sull’esistenza di tale monumento, nella pubblicazione “La montagna fra la Secchia e l’Enza”, stampato a Reggio Emilia nel 1876, con un dottissimo studio del Campanini (sempre Lui) intitolato ”Selvapiana e il Petrarca”. Molti anni dopo il tempietto “minacciava rovina”, e il Cai accolse l’appello che il venerando Pellegrino Strobel (già presidente del Cai La nostra storia dal 1883-85) aveva lanciato, stanziando ben 300 lire nell’adunanza tenutasi a San Marino nel 1892, e grazie anche al provento di una sottoscrizione pubblica i lavori di restauro necessari avrebbero poi avuto seguito. Strobel aveva scritto all’allora presidente Giovanni Mariotti: “Il monumento al Petrarca va in sfacelo. Il tetto è coperto da rigogliosa vegetazione e presto vi saliranno le capre al pascolo. Se non si impiegano presto le 300 lire stanziate dal Club, il tetto cadrà.”. Nell’estate del 1893, sotto la direzione dell’ingegnere Giovanni Fontana di Ciano, venne rifatto il tetto, ed il monumento fu salvato e rimesso in buone condizioni. Ma anche negli anni seguenti, non mancò l’occasione al Cai d’occuparsi del tempietto; delle numerose gite dei soci, una ebbe particolare importanza: quella del 15 maggio 1904 al Castello di Guardasone, dove i convenuti furono ospiti di Alberto Rondani, il quale prese occasione per una sua nuova pubblicazione sull’argomento intitolata: “A proposito di ricordi Danteschi e Petrarcheschi nella valle dell’Enza”. Il tempietto del Petrarca pag. 37 La nostra storia ATTIVITÀ ALPINISTICA Fin dalla sua nascita, nel 1875, la sezione dell’Enza organizzò delle escursioni. La prima in assoluto venne organizzata al Monte Cimone dal 9 al 12 agosto 1875, la seconda il 5 ottobre 1875 a Bismantova; l’escursionismo-alpinistico continuò nel 1876 (M. Penna), 1880 (Alpe di Succiso), 1890 e 1891 (crinali appenninici toscoemiliani) e 1893 (ghiacciaio del Forno e Piz Umbrail, nelle Alpi). Oggi può far sorridere il fatto che a compiere una “gita”, sia pure sulla cima più alta dell’Appennino settentrionale, gli escursionisti impiegassero ben 4 giorni, ma a quei tempi, le difficoltà maggiori stavano nell’avvicinamento alla montagna effettuato con carrozze trainate da cavalli, per non parlare dell’abbigliamento e della cartografia. A compimento riporto un brano dell’articolo di Luciano Serra pubblicato sulla rivista Reggio Storia (n. 5 – 1979) “L’attività di scalata vera e propria può essere fatta risalire, o meglio postdatare, al 20 settembre 1922 quando Carlo Voltolini (1891-1955) aprì Alberto Soncini sulla cima del Broad Peak nella parete SE della Pietra di Bismantova, in ascensione solitaria, la cosiddetta Via degli Svizzeri … Da noi egli fu una meteora poiché fu seguito solo da escursionisti (cito per tutti tre giovani reggiani – Ildebrando Baglioni, Alessandro Davoli, Giuseppe Olmi – che nel 1924 attraversarono i crinali dell’Appennino Tosco-Emiliano) e precorse di una ventina di anni quello che si potrebbe definire il primo nucleo agonistico di alpinisti reggiani: Aldo Farioli, Olinto Pincelli, Armando Corradini, Walter Brianti.”. Tantissimi alpinisti reggiani si sono fatti onore su tutte le montagne del mondo, scalando numerosissime vie di roccia e di ghiaccio di estrema difficoltà, fino a raggiungere anche due ottomila Himalayani (Alberto Soncini sul Broad Peak mt. 8047 nel 1992 e Giulio Bottone sul Shisha Pangma mt. 8027 nel 2004). Elencare tutta l’attività alpinistica dei nostri soci, in quasi 140 anni di storia, sarebbe impresa molto ardua, rischieremmo di dimenticare qualcuno. pag. 38 La nostra storia GLI AMICI CHE CI HANNO LASCIATO! La nostra storia non poteva concludersi senza ricordare i tanti amici che sono “caduti” in montagna. Nel libro uscito nel 1975, in concomitanza del centenario della nascita della Sezione dell’Enza, vengono ricordati tre nostri alpinisti: Renzo Bigi caduto sul Pizzo Cengalo il 26-04-1959, Giampaolo Eschini caduto sul M. Rosa il 26-08-1966, Alberto Albertelli caduto sulla Torre Stabeler il 09-08-1969. Il 29 giugno del 1957 la comunità reggiana e anche piacentina venne sconvolta dalla sciagura avvenuta sul Pizzo Palù, nel gruppo del Bernina. Alle 9,15 di quella mattina, un “freddo” scricchiolio solcò l’aria tersa del cielo, un lungo tratto di cornice di ghiaccio e neve, si staccò trascinando con sé una porzione di calotta sommitale sulla quale si trovavano gli alpinisti. Tre cordate vennero travolte e precipitarono dal ripidissimo pendio nord. Il 1° luglio vennero rinvenuti, ai piedi del Palù, sulla parte meno ripida La tragedia del Pizzo Palù. Il recupero di una salma. del ghiacciaio della Diavolezza, tra gli altri, i corpi esanimi dei reggiani: Luciano Bagni (24 anni), Enzo Battaglia (37 anni) ed Enrico Bonvicini (35 anni). Scrive un testimone su un vecchio diario il 29 giugno del 1958, a distanza di un anno dalla tragedia “Durante la sacra funzione il piccolo verde velivolo Piper (che trasportò all’ospedale di Samedan le salme dei nostri caduti) appare nell’anfiteatro, compie evoluzioni fino a sorvolare il Pizzo Palù, lanciando sul luogo della sciagura due cuscini di fiori rispettivamente delle sezioni Cai di Reggio e Piacenza”. Il 25 marzo del 1979 Claudio Ferroni, mentre percorre il sentiero che scende dal “Sirotti”, alla Pietra di Bsmantova, per una tragica fatalità inciampa e batte la testa senza scampo. Il 26 dicembre del 1982 in una stupenda giornata invernale, Franco Rustichelli di Scandiano, poco dopo essere arrivato in cima dell’Alpe di Succiso, scivola e precipita La nostra storia lungo la parete ovest verso la Liocca, sotto lo sguardo atterrito dell’amico e compagno di cordata Enrico Sciaboni. Rustichelli era un grande esponente dell’alpinismo classico e solo da poche settimane era stato nominato direttore del Corso di Alpinismo del Cai di Reggio per le sue indubbie capacita alpinistiche ma specialmente per le sue qualità umane. Il 5 agosto del 1997, un’altra disgrazia sconvolse la comunità reggiana e non solo. Quattro alpinisti precipitarono a poca distanza dalla cima del Gran Zebrù, nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, lungo la via normale: Lauro Vecchi, Fedele Cocchi, Ivano Pagliani (vigili del fuoco) e Fabrizio Campani (dirigente d’azienda). Grande fu l’affluenza dei cittadini, nonostante il periodo ferragostano, alla camera ardente allestita presso la caserma dei vigili del fuoco di Reggio e enorme fu la partecipazione alle esequie del 7 agosto celebrate dal vescovo Gibertini nella Basilica della Ghiara. Il 4 maggio del 2000 Giacomo Gambarati morì cadendo dalla Pietra di Bismantova. Solo poche settimane prima era stato protagonista di una serata a Rubiera sulla sua ventennale carriera alpinistica. Leggendo sul libro, che gli amici gli hanno poi dedicato, l’elenco delle “vie” da lui scalate, non si può non considerare Giacomo tra i grandi protagonisti dell’alpinismo reggiamo. Il 5 luglio del 2002, fu trovato in un dirupo sottostante il sentiero che porta al rifugio Dalmazzi nell’alta Val Ferret nel gruppo del Monte Bianco, il corpo di Ivano Reverberi. Ivano era scomparso il 10 agosto dell’anno precedente e vane erano state le ricerche. Era uno dei più forti alpinisti della sezione reggiana, per anni fu istruttore dei corsi di roccia diretti da Olinto Pincelli. Il 16 agosto del 2003 Alberto Soncini, guida alpina reggiana, si trovava con tre clienti sul versante francese del Monte pag. 39 Bianco, in procinto di attraversare un tratto di ghiacciaio sottostante il Gros Rognon, a circa 3000 metri di quota; nel tentativo di frenare la scivolata di uno dei giovani che accompagnava, perdeva l’equilibrio, cadeva e batteva la testa sul ghiaccio, poi nell’intento di riprendersi precipitava nel vuoto. Alberto fu senza dubbio l’alpinista più famoso di Reggio Emilia, fu il primo a scalare un “ottomila”: il Brod Peak il 4 agosto del 1992, dopo aver tentato nel 1983 anche il K2. Antonio Manzini scrisse in un CUSNA dell’epoca “… se n’è andato in un modo banale, quasi che un tragico destino si diverta a perseguitare i nostri migliori alpinisti, tra i quali, senza voler far torto a nessuno, Alberto è stato il più grande”. L’anno 2007 verrà ricordato, soprattutto da noi del Cai di Reggio, come un anno molto triste: la morte di Cristian Artioli, caduto sullo sperone della Brenva nel gruppo del Monte Bianco. Cristian ancora molto giovane, ma già con un passato alpinistico di tutto rispetto, aveva deciso di intraprendere una nuova avventura e cioè gestire il rifugio Battisti, ma il sogno della sua vita di appassionato di montagna fu spezzato da un blocco di ghiaccio in fondo a quel canalone ghiacciato. Il nostro triste elenco si conclude qui e, se malauguratamente abbiamo dimenticato di citare qualche persona, ci scusiamo fin d’ora con gli amici e i famigliari che ancora la ricordano. Non vogliamo in questo frangente aprire dibattiti sui motivi e sui perché sono accaduti questi fatti drammatici. Non ci lanceremo in facili proclami e conclusioni sulle cause delle disgrazie successe e non giudicheremo le persone scomparse. Sappiamo che molta gente non concepisce tutto ciò, si chiede il perché andiamo in montagna mettendo in pericolo “inutilmente” la vita, quando si potrebbe benissimo stare “nei prati di casa”, pag. 40 La nostra storia e non rischiare oltre il necessario. A volte quando siamo in cima ad una montagna preferiamo restare legati, a quel “filo invisibile”, con coloro che non ci sono più; ci sentiamo un po’ più sicuri forse perché qualche “angelo”, nostro amico, veglierà su di noi. Gli alpinisti, anche se tra loro non si conoscono, comprendono quanto è forte il legame tra montagna e vita. Chi ama la montagna ama la vita. Le polemiche e le affermazioni, senza casomai conoscere le dinamiche di ciò che veramente è successo, lasciano il tempo che trovano; un alpinista non si presterà mai a facili dichiarazioni o sentenze. Lo sport della montagna e il modo di viverlo è un fatto molto complesso e personale e non è serio affrontarlo con qualche battuta, all’occorrenza infelice. Vogliamo terminare questa nostra storia con una frase che conclude il libro dedicato a Giacomo Gambarati: “Naturalmente saremmo potuti arrivare quassù anche seguendo il largo sentiero in cinque ore. Il punto di arrivo sarebbe uguale, solo noi non saremmo gli stessi”. (Reinhard Karl) Disegno di Edward Wimper BIBLIOGRAFIA ◆ IL CUSNA – Giornale della Sezione Cai di Reggio Emilia fondato nel 1951. ◆ Relazione delle gite fatte a Canossa dai soci CAI sezione dell’Enza – Tip- Calderini 1871 ◆ Coro “Monte Cusna” (!963-2003) Reggio Emilia 2003 ◆ Speleologia Emiliana n. 14/15 anno 2003/2004 “Quando è nata la speleologia organizzata a Reggio Emilia” di Claudio Catellani. ◆ Club Alpino Italiano – Centenario della fondazione della Sezione dell’Enza 1875-1975 a cura delle sezioni di RE e PR. ◆ Bollettino Storico Reggiano N. 138 Febbraio 2009 – “Naborre Campanini: il castellano di Canossa” di Laura Margherita Alfieri. ◆ 120 anni di montagna – Note storiche sul CAI di Reggio Emilia a cura di Luigi Bettelli e Patrizio Prampolini – AGE Reggio Emilia 1995. ◆ Strenna Artigianelli 1982 - “Note storiche sul CAI a Reggio Emilia” di Luigi Bettelli. ◆ LA FONTE - Rivista quindicinale Anno 1° N. 1 febbriao 1926. ◆ Il rifugio “Cesare Battisti” di Pietro Montasini Coop. Lav. Tip. RE 1925. ◆ Giacomo Gambarati – La terra più bella – Arti Grafiche S. Martino in Rio 2001. ◆ Reggio Storia N. 5/1979 – “Nacque parmigiano-reggiano il nostro alpinismo” di Luciano Serra. ◆ Archivio Sezione CAI di Reggio Emilia. Si ringraziano per la collaborazione: Boni Sandra, Dallari Daniele, Frignani Federico, Lasagni Fabio, Manzini Antonio, Montermini Gian Paolo, Prampolini Patrizio, Possa Carlo, Riccò Panciroli Gianni.
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