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Maria Cecilia Baij
Monaca Benedettina
1694 - 1766
Una Mistica
del Secolo
XVIII
Inserti pubblicati tra il novembre 1994 e il giugno 1995
A c u r a delle Monache Benedettine Adoratrici
Monastero San Pietro
Montefiascone, 29 settembre 1994
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PRESENTAZIONE
N e l n u m e r o di d i c e m b r e 1993 - p a g . 15 - d e "La Voce" si legge: Le Monache Benedettine
annunziano...
Nell'articolo si diceva che n e l l ' a n n o 1994 ricorreva il 3° centenario della nascita della Serva di Dio Maria Cecilia Baij, vissuta p e r 48 a n n i nel M o n a s t e r o delle Benedettine di Montefiascone, d o v e è m o r t a il 6 g e n n a i o 1766.
E' u n a m o n a c a falisca p e r c h é nata a M o n t e f i a s c o n e il 14 g e n n a i o 1694 e
vissuta dal 1713 al 1776 c o m e m o n a c a e c o m e b a d e s s a nel M o n a s t e r o di San
Pietro.
Per q u e s t o le Suore a n n u n c i a v a n o : " V o r r e m m o ricordare q u e s t a f i g u r a
di m o n a c a n o n soltanto a livello monastico e comunitario, m a a n c h e cittadin o e di chiesa locale".
A dir la verità non.è stato fatto molto, m a ci è p e r v e n u t o u n agile libretto sulla vita della M o n a c a D o n n a Maria Cecilia Baij, o p e r a della c o m u n i t à ben e d e t t i n a falisca, e che m e r i t a d'essere fatto conoscere, e s s e n d o Cecilia Baij un a v e r a gloria falisca.
Di Lei p a r l a a b b o n d a n t e m e n t e Rinaldo C o r d o v a n i nel v o l u m e : "Il Monastero delle Monache Benedettine di San Pietro in Montefiascone"
d a p a g . 44 a
p a g . 51.
V o g l i a m o r i p o r t a r e le d a t e principali della vita della serva di Dio e acc e n n a r e alle s u e opere, di m o d o che, se q u a l c u n o volesse a p p r o f o n d i r e l'arg o m e n t o , sa d o v e t r o v a r e il materiale.
A n c h e noi d e "La Voce" c o n t r i b u i a m o così a r e n d e r e o m a g g i o a q u e s t a
d o n n a illustre di Montefiascone, facendola conoscere ed a p p r e z z a r e d a i suoi
concittadini.
VITA IN BREVE
N a s c e a M o n t e f i a s c o n e il 4 G e n n a i o 1694.
Suo p a d r e , Carlo, artigiano viterbese, f u c h i a m a t o a M o n t e f i a s c o n e dal
card. Barbarigo p e r eseguire lavori in legno del coro dell'oratorio, del coro
della chiesa di S. Bartolomeo, della sacrestia e della biblioteca, p r e s s o il Semin a r i o "Barbarigo".
Sua m a d r e si c h i a m a v a A n t o n i n i C l e m e n z a .
Il 16 m a g g i o 1711 entra c o m e e d u c a n d a nel m o n a s t e r o viterbese della
D u c h e s s a . N e esce p r e s t o p e r e n t r a r e il 12 aprile 1713 nel M o n a s t e r o di M o n tefiascone. Veste l'abito m o n a s t i c o e fa la s u a p r o f e s s i o n e religiosa il 26 luglio
1714.
N e l 1737 v e n n e a p r e d i c a r e a M o n t e f i a s c o n e San L e o n a r d o d a P o r t o
M a u r i z i o e Cecilia s ' i n n a m o r ò ancora di p i ù della "Via Crucis".
Il 17 febbraio 1729 iniziò a scrivere i "Colloqui".
Il 12 aprile 1730 iniziò a scrivere "La vita interna di Gesù dettata da Lui medesimo".
N e l 1743 f u n o m i n a t a Badessa e f u r i c o n f e r m a t a p e r b e n sei volte fino all ' a n n o 1765.
M o r ì il 6 g e n n a i o 1766. A v e v a 71 anni.
Ci r i m a n e il calco del s u o volto e il s u o ritratto, m a il c o r p o n o n è stato
p i ù ritrovato. Chissà d o v e è stato sepolto.o nascosto!
OPERE DI CECILIA BAIJ
"Vita interna di Gesù Cristo. Autobiografia dettata dalla Serva di Dio Donna
Maria Cecilia Baij, badessa del Monastero di S. Pietro in Montefiascone"
a
- Viterbo,
a
T i p o g r a f i a Agnesotti, 1920, 2 v o l i , 2 ediz. 1932 in 6 voli., 3 ediz. 1961 in tre
voli.
"Vita del glorioso Patriarca San Giuseppe manifestata da Gesù Cristo alla Serva di Dio Donna Maria Cecilia Baij, badessa del Monastero di S. Pietro in Montefiascone" - Viterbo, Tipografia Agnesotti, 1921; 2 a ediz. Subiaco 1974.
"Vita di S. Giovanni Battista manifestata da Gesù Cristo alla serva di Dio Donna Cecilia Baij, badessa del Monastero di S. Pietro in Montefiascone"
- Viterbo, Ti-
p o g r a f i a Agnesotti, 1922.
"Scritti Autobiografici"
conservati nell'archivio del M o n a s t e r o di M o n t e -
fiascone.
Pietro Bergamaschi, Vita della Serva di D i o D o n n a Maria Cecilia Baij,
Viterbo, T i p o g r a f i a Agnesotti, 1920, 2 voli.
R i n a l d o C o r d o v a n i , Il Monastero delle M o n a c h e Benedettine di San
Pietro in Montefiascone, Tipolitografia Balzanelli Aldo, M o n t e r o t o n d o ,
1994.
PREGHIERA
Signore Gesù, che hai scelto Maria Cecilia Bai] come
tua confidente e l'hai chiamata a vivere intimamente
uni-
ta a te, concedi anche a me di amare te e i fratelli con cuore libero e sincero.
Dona, Signore Gesù, (per sua intercessione),
la sa-
lute dell'anima e del corpo a me e ai miei cari, la grazia di
fare sempre quello che atee gradito e la felicità del Paradiso.
Glorifica, Signore, la tua serva Maria Cecilia, affinché tutti conosciamo le cose grandi che tu hai fatto a lei e
siamo spinti ad imitarne le virtù e a ringraziare te, Signore, che ci doni questi segni del tuo amore per noi.
Un Padre nostro, un'Ave Maria e un Gloria al
Padre.
PREFAZIONE
Maria Cecilia Baij, vissuta nel XVIII secolo nel Monastero delle Benedettine di Montefiascone, a p p a r e come u n o dei tanti modelli per l ' u o m o che si
accinge a varcare la soglia del duemila; soprattutto per i giovani desiderosi
di vivere in pienezza la vita cristiana.
Q u e s t ' a n i m a eletta ebbe comunicazioni straordinarie con Dio e perciò,
t r a s c e n d e n d o la nostra esperienza u m a n a , ci lascia più in u n clima di contemplazione che di analisi minuziosa.
Se ci s o f f e r m i a m o a g u a r d a r e a ritroso la storia dell'umanità, ci a p p a r e
punteggiata da mirabili figure, chiamate a lasciare u n vivido ricordo del loro passaggio lungo la vita terrena e che sono tuttora u n luminoso e s e m p i o agli altri. Così in quest'epoca in cui l'esaltazione dei protagonisti dello sport,
del cinema, della canzone è forse giunta al massimo, perché n o n fare altrettanto con i giganti dello spirito che, sebbene vissute all'ombra di u n chiostro,
intrapresero la b u o n a battaglia della fede per proiettarsi verso le vette della
santità?
Le notizie riguardanti Sr. Maria Cecilia sono state d e s u n t e soprattutto
dalla "Vita della serva di Dio d o n n a Maria Cecilia Baij", scritta da Mons. Pietro Bergamaschi nel 1925, m e n t r e le citazioni degli "scritti" sono state prese
dagli originali conservati nell'archivio monastico.
8
ne e ricevette il n o m e di Cecilia Felicita.
I genitori, quasi presaghi della predilezione divina, p r i m a che la b i m b a
compisse tre anni, la condussero al santuario di Loreto per offrirla e consacrarla alla Vergine Maria.
Nel 1696 i lavori nel seminario di Montefiascone terminarono, così Carlo Baij con la sua famiglia fece ritorno a Viterbo.
L'infanzia di Cecilia fu serena e protetta da Dio. Nella sua autobiografia, Cecilia, narra alcuni episodi che la videro in serio pericolo di vita, ma dai
quali uscì salva grazie all'aiuto del Signore. Verso i tre anni, u n a notte la bimba c a d d e dal letto e questa caduta le provocò n e l l ' a d d o m e u n gonfiore che,
m a l g r a d o le cure, non diminuiva. Un giorno mentre la m a m m a la teneva in
braccio per farla visitare dal dottore, la piccola ebbe u n a visione: chiese alla
m a m m a di condurla in u n a chiesa vicina davanti all'immagine del volto di
Gesù, di pregare e lì sarebbe guarita. Così avvenne. Un'altra volta, p a s s a n d o
da u n a finestra era salita su u n piccolo tetto per giocare con le sue amiche, ad
u n certo p u n t o Cecilia scivolò e cadde da una considerevole altezza, ma precipitando si fermò su u n a tavola sottostante; le rimase solo u n a g r a n d e p a u ra. Cecilia attribuì alla misericordia del Signore questo scampato pericolo.
M o n t e f i a s c o n e prima del p a s s a g g i o della guerra 1939-1945
1 ,e frecce indicano: S. Margherita - S. Flaviano - M a d o n n a delle Grazie
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conta anche che
Santa Lucia
Filippini
la m a m m a la conduceva spesso a visitare i malati e i poveri e voleva che ella distribuisse loro viveri e pacchi dono.
A otto anni Cecilia ricevette la prima comunione: f u proprio in questa
occasione che pensò, per la prima volta, di dedicarsi alla vita religiosa, m a il
parroco la dissuase. Così la sua educazione e formazione continuarono in famiglia per opera della m a m m a .
Verso i nove anni Cecilia seguì la m a d r e a Montefiascone d o v e si era trasferita per accudire il figlio che aveva terminato la sua formazione sacerdotale nel seminario della città. A Montefiascone la giovane cominciò a frequentare la scuola diretta da Santa Lucia Filippini, ma il profitto fu minimo, perché Cecilia era distratta dal fratello, trascorrendo con lui varie ore in discorsi inutili e in scherzi fanciulleschi, e dall'amicizia di u n a c o m p a g n a u n po' fri12
vola. Tramite quest'ultima Cecilia conobbe u n ragazzo, il quale le d i m o s t r ò
u n a certa simpatia della quale era lusingata. Nella sua autobiografia Cecilia
confessa che questo fu u n periodo vissuto con molta superficialità e leggerezza: racconta ad esempio, q u a n t o fosse vanitosa nell'abbigliamento. Le piaceva eccessivamente "l'attillatura", passava molto t e m p o davanti allo specchio
e curava molto la pulizia della persona, particolarmente delle mani. Ci tiene
p e r ò a precisare che n o n trascurò mai la sua preghiera e che l'amore per Gesù e Maria n o n si offuscò mai nel suo cuore. Ella ritiene che f u r o n o questi valori a salvarla dal disorientamento che spesso p e r v a d e l'adolescenza.
Primi anni nella vita religiosa
Già è stato detto come Cecilia avesse pensato alla vita religiosa al temp o della sua p r i m a c o m u n i o n e e come il suo parroco n o n fosse d'accordo con
tale proposito. Ora all'età di diciassette anni, ripropone in famiglia la sua segreta aspirazione, m a suscita u n a tale
reazione da rimanerne sconcertata ella stessa. Finalmente convinti della
sua ferma decisione di entrare in monastero, tutti si arresero davanti alla
granitica fermezza della giovane.
Sia i genitori, che il fratello don
Pietro, non credettero p r u d e n t e ostacolarla ulteriormente e iniziarono così le pratiche per l'accettazione. Cecilia entrò come e d u c a n d a nel monastero delle Cistercensi di Viterbo il 16
m a g g i o 1711. Q u i era felice, pregava
molto e faceva penitenza; studiava
musica e canto che insegnava anche
alle consorelle dalle quali era molto amata. Racconta che provava molta
13
Il Monastero falisco
dolcezza nella preghiera, nella recita dell'ufficio divino e nella lettura della
Parola di Dio e scrive che in questo p e r i o d o ricevette molte grazie da Dio e dalla Vergine Maria.
D o p o aver trascorso u n a n n o in questo monastero, Ceci I i a dovette uscirne perché le fu chiesta una dote insostenibile per i suoi genitori ed anche perché riteneva che l'attività di organista e l'affetto dimostratole dalle consorelle, fossero u n ostacolo alla perfezione della vita religiosa. Così nel 1712 entrò
nel m o n a s t e r o delle Benedettine di Montefiascone. Anche qui incontrò molte difficoltà da parte dei parenti che cercarono di dissuaderla dal suo p r o p o sito.
M o n t e f i a s c o n e negli anni 1940-1950
Per u n a seconda volta fu libera di partire e così Cecilia fu accolta anche
in questo monastero come e d u c a n d a , m a ella desiderava vestire l'abito religioso; d o p o alcuni mesi fu a m m e s s a alla vestizione e poiché la giovane era
molto devota della M a d o n n a , chiese ed ottenne che la cerimonia avvenisse il
giorno della festa dell'Assunta.
Cecilia si p r e p a r ò con g r a n d e fervore a questa data; fece gli esercizi spirituali d u r a n t e i quali, ella scrive, ricevette grandi grazie e tanta luce divina,
p r e g a v a molto e formulò seri propositi che poi cercò di attuare nella vita. Dop o la vestizione continuò per Cecilia la formazione del noviziato e poiché né
la maestra né il confessore si curavano molto del suo spirito, m a soltanto di
insegnarle u n p o ' di latino, Gesù stesso si prese cura della sua anima: "Nel14
Le prove n o n fermarono il cammino che Cecilia aveva intrapreso verso
la perfezione, al contrario l'avvicinarono ancor più a Gesù al p u n t o che ben
presto fece grandi progressi nella vita spirituale, fino a giungere ad u n a sublime u n i o n e col suo Sposo.
Durante la preghiera avvenivano tra Gesù e Cecilia dolci colloqui cheella cominciò a trascrivere per ordine del suo confessore, Padre Guidi. Altre
volte n o n soltanto sentiva la voce di Gesù, ma lo vedeva, ora come tenero
b a m b i n o in braccio
a sua m a d r e , o p p u SAC. DOTT. P I E T R O B E R G A M A S C H I
re come "Maestro"
che l'istruiva, o coI>IE:. -ÌI'IÌÌ HKÌ.
ni MOXTCT'IASC'INH
m e u o m o sofferente che, d u r a n t e la
passione, le chiedeva aiuto e partecipazione. Un giorn o Gesù impresse
Manifestata da Gesù alla sua Serva
nel cuore di Cecilia
DONNA MARIA CECILIA BAU
la sua croce ed ella
R.\[)HSS\ DEI. )U>NÀSTF.RO DEUJ5 HENBDKTTJNB
riviveva dal gioveIH mun vrn.wns-E
dì al venerdì la passione del suo Spo11,LUSTRAZIONI E SGUÀKItìt
so. L'amore di Ce.soi'iiA s. G I H V . \ : ; N " ! B A T T I S T A
cilia non si limitava
ad u n r a p p o r t o
* T r a i m i t i di d o n n a n ^ n v i n ile (ti m o n d o nini a l i - u r o |>jù
personale con Gegrillili u d i G i o v a n n i Da» ti ut » >
ITIITTR'I. X T . 11.
sù, desiderava anche che tutti gli
uomini Lo conoscessero e Lo amassero; ne parlò con
Lui, che le affidò la
missione dì mettere per iscritto la sua
•VITER n o
vita i n t c r i o r e in
S T A LI. R T I ' . R,.
AGNESOTTI
1
9
2
2
m o d o che Egli fosse più conosciuto
Vili »1S. Olii UH
17
ed a m a t o . Così nel 1731 cominciò a scrivere la vita di Gesù: "Vita interna di
Gesù Cristo" che Egli stesso le dettava. In quest'opera Cecilia cerca di descrivere, oltre gli episodi riportati dai Vangeli, anche ì sentimenti che p r o v ò lo
s p i r i t o di G e s ù
nelle diverse sit u a z i o n ì in cui
v e n n e a trovarsi
sulla terra e le s u p pliche che rivolse
al P a d r e in f a v o r e
degli u o m i n i che
era v e n u t o a salvare. Per esempio,
nell'episodio delle t e n t a z i o n i rip o r t a t o dai sinottici, G e s ù prega il
P a d r e p e r c h é conceda forza e conforto agli u o m i n i
in p r e d a alle tentazioni e alle difficoltà, p e r c h é questi trovino conforto al p e n s i e r o che
anche il loro M a e stro f u sottoposto
a simili p r o v e . Così p u r e nella risurrezione di Lazzaro (Gv. 11,1-45),
m e n t r e Gesù si reca c o m m o s s o al
SAC. PIETRO BERGAMASCHI l'In, fitflu. siili SK-Mts. UKQtyN'AI.U |1[ MDNTKKIA-ÌI iiNH
Vira DEL
SAN
GLORIOSO P A T R I A R C A
GIUSEPPE
M \ S J J ksTAT A l)A liHSP IWÎÏH Atil.A SEttVA.tM liti)
DONNA MARIA CECILIA BAU
HAUKSSA
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MUSASTEHD
M s. HETIïO
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E importuno luteo si tlfàni il
L'alto ili QmM'j'pp e !|,'!]jlerJn magati tri ne ulti IH
IrLGII^ Kl ptipoiu tìriltlKlMl * .
* Bcnici'Ei j¡i xv
Halu l'mitriti, SS Loglio 1£WJ
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sepolcro del d e f u n t o v e d e nel s u o spirito tante a n i m e m o r t e a causa del peccato e prega il P a d r e celeste che dia loro la grazia di risorgere.
Scrivendo al s u o confessore, Cecilia gli confidava che p r o v a v a molta avversione nel m a n i f e s t a r e ciò che sentiva nella sua anima, m a l ' u d i r e ìa voce
18
di G e s ù la confortava s e m p r e . Terminata la vita di
G e s ù , n e l 1736,
scrisse a n c h e la vita dì S. G i u s e p p e ,
s u o speciale protettore, ed infine la
vita di S. G i o v a n n i
Battista, v e r s o il
quale ebbe una
particolare d e v o zione fin da b a m bina.
DONNA MARIA CPU IA RAI;
n Ìn
Si ÌMW<TJ1T* TIA
DONNA
MARIA
A: (A SI* SFR > \
CECILIA
BAIJ
(1604 - 1766}
BAT1I SSA UFI MONASTERO DI PIETRO
'11 MONTEFIASCONE
Si p u ò affermare senza dubbio
a cura di Mons. PIETRO BERGAMASCHI
che al centro della
(1863 - 1928)
spiritualità di Cecilia vi e r a la santissima p e r s o n a di
G e s ù che ella a m a ![• RZO VOLUME
v a s o p r a ogni cosa.
Spesso Egli r a p i v a
in estasi la s u a sposa e la u n i v a a sé
m e d i a n t e u n a luce
sfolgorante. G e s ù
era il s u o g r a n d e
S.»
SAMENTO
MENASIFRO -f! PITI; K O - B K \ 1 Ì H : H N ' E M : L
••••>N7I HASCOXB IVi<«rho)
confidente, il s u o
maestro, il s u o salv a t o r e e s o p r a t t u t t o il s u o Sposo, con il quale contrasse mistiche nozze. Lo ad o r a v a nel S a c r a m e n t o dell'altare, che considerava il s u o p a r a d i s o in terra e
che più volte al g i o r n o visitava. G e s ù stesso le svelava il m i s t e r o eucaristico
e le s u g g e r i v a di p r e g a r e p e r riparare le offese che riceveva dalle a n i m e indifferenti; la invitava alla m e n s a eucaristica dicendole: "lo mi compiaccio difare in
te la mia dimora". I colloqui più soavi e le c o m u n i c a z i o n i p i ù f e r v o r o s e a v v e n i v a n o quasi s e m p r e d o p o la S. C o m u n i o n e .
19
A n c h e con lo Spirito Santo, che riempiva la sua anima di luce, Cecilia aveva stretto u n a dolce amicizia, al p u n t o da chiamarlo "Amico".
Lo vedeva spesso sotto forma di colomba che riposava nel suo cuore com e nella sua dimora preferita, dove le parlava e la invadeva di amore. L'unione con lo Spirito Santo portava Cecilia nel cuore del mistero della SS. Trinità. Ella stessa scrive: "Mentre ero in compagnia dell'Amico mi vedevo ripiena della maestà di Dio che nell'anima mi aveva posto il suo trono. Vedevo nel mio interno
Dio, in tre persone distinte, aventi una sola sostanza. La maestà di Dio era così grandeche mi annientava, ma pure mi dava una grande confidenza. Mi riempiva tutta di
Sé in modo che ovunque rivolgevo lo sguardo Lo vedevo".
Un'altra devozione tanto cara a Cecilia era quella per la Vergine Maria,
verso la quale si sentiva particolarmente attratta, a m a n d o l a come m a d r e . Lo
stesso Gesù invitava la sua sposa a ricorrere a lei considerandola come la strada obbligata per giungere alla santità e all'amore con lui. Cecilia fin da b a m bina ricorreva a Maria per chiederle aiuto e protezione, col passare degli anni tale amore e devozione crebbe sempre di più. Gesù spesso la istruiva sulla vera devozione alla Vergine dicendole: "La vera devozione a mia madre consiste soprattutto mWimitare le sue virtù". Allora Cecilia chiedeva a Gesù l'aiu-
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to per imitare una tale m a d r e e sentirsi veramente sua figlia. Egli le rispondeva: "Tu sei amata da lei con amore di madre; ella ti porta nel suo seno materno, ti guarda con occhio benigno ed amoroso, ti protegge, ti assiste, n o n ti abb a n d o n a mai e come figlia carissima è sollecita della tua salute e perfezione
ed impetra per te molte grazie, ti libera dalle insidie del male e ti c o n d u r r à all'eterna felicità". Cecilia incoraggiata da simili affermazioni, ricorreva a Maria con piena fiducia facendo grandi progressi nella via dello spirito.
21
Gli impegni nella Comunità monastica
Sebbene Cecilia fosse favorita da grazie e doni spirituali, n o n si sottrasse mai agli impegni di servizio alla comunità. Nell'arco della sua vita religiosa le f u r o n o assegnate varie mansioni.
Fu infermiera: per ie sue malate sacrificava il sonno e ìeoccupazioni più
gradite e la sua carità verso le inferme si spingeva fino all'eroismo.
Fu portinaia: tale incarico non lo accettò volentieri, perché in un p r i m o
m o m e n t o le s e m b r ò motivo di distrazione: se ne lamentò con Gesù ed Egli la
rassicurò dicendole che Lui stesso avrebbe fatto questo ufficio insiemecon lei.
C o m e portinaia Cecilia aveva cura dei poveri che venivano al monastero per
chiedere l'elemosina, li serviva con tanto amore v e d e n d o in essi la persona
stessa di Gesù. Spesso aveva occasione di consolare le persone che si confidav a n o con lei, le ascoltava con squisita carità.
Fu a n c h e ma-
estra delle novizie:
Cecilia divenne così
modello di quelle
giovani che dolcem e n t e correggeva.
Gesù stesso le indicava il comportam e n t o da tenere con
loro. Anche nell'ufficio di maestra delle e d u c a n d e ebbe
molta cura, formandole alla preghiera
e s o p r a t t u t t o alla
devozione a Maria
e, q u a n d o si rendeva necessario, n o n
ricusava di dare tutta se stessa per il loro bene.
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Fu sagrestana: in questo ufficio Gesù la voleva più vicina a sé, trovandosi spesso presso l'altare, non mancava di parlare familiarmente con Luì.
Anche qui era s e m p r e pronta a sacrificare la sua soddisfazione personale per
il bene degli altri e per compiere meglio il suo ufficio.
Dal 1743 al 1765 ricoprì l'incarico di badessa del monastero, come Gesù le aveva preannunziato. Scrisse al suo confessore di aver provato u n a grande p e n a nell'essere stata eletta badessa perché non si sentiva all'altezza di u n
incarico così pieno di responsabilità.
Ma in seguito fu consolata nel vedere che Gesù riposava nel suo cuore
e d o p o i primi giorni di smarrimento, accettò serenamente la volontà di Dio.
Questo ufficio fu molto impegnativo per Cecilia perché il primitivo fervore
era scaduto nel monastero ed ella ne soffrì molto, anzi f u presa dal Signore com e vittima per espiare le m a n c a n z e della comunità. Spesso pregava per le religiose, specialmente per le meno virtuose, m a non fu capita, anzi spesso fu
fraintesa e perseguitata. Le sofferenze n o n f u r o n o
poche a causa d i incomprensioni e ricatti di ogni tipo.
Però alla morte di
Cecilia la comunità
n o n si riconosceva
p i ù : era t o r n a t a
l ' o s s e r v a n z a alla
regola, lo spirito di
preghiera, il raccoglimento e le religiose vivevano serene, in letizia, am a n d o s i e servend o il Signore. Questa fu l'eredità che
ìa serva di Dio lasciò al suo monastero che a m ò intensamente.
23
La sua morte
Il volto di cera di Maria Cecilia Baij
Nell'anno 1765 nel monastero di S. Pietro ci f u r o n o le votazioni per eleggere la badessa. Benché Cecilia avesse chiesto ripetutamente di essere esonerata da tale incarico, la comunità credette bene riconfermarla. Ma questa
volta senti tutto il peso di tale ufficio da cadere ammalata. La sua malattia f u
misteriosa e d u r ò qualche mese. In p r e d a ad indicibili sofferenze fu a b b a n d o nata da tutti, o meglio Dio permise così, di m o d o che Cecilia fosse sola a portare la croce della malattia, della solitudine, dell'umiliazione. N e s s u n o ci ha
lasciato memoria della sua morte, delle circostanze che l'accompagnarono e
della malattia di cui soffrì. Morì il 6 gennaio del 1766 nel nascondimento e nella massima umiliazione rendendosi così conforme, in vita e in morte, al suo
Gesù. Anche la terra, a cui è stato affidato, nell'attesa della risurrezione, il suo
corpo mortale, è rimasta sconosciuta.
Per conservarne il vivo ricordo le religiose riprodussero nella cera il volto della loro m a d r e spirituale e dipinsero su tela la sua figura nell'atto di leggere la vita di Gesù. In questo m o d o , insieme agli scritti: Vita interna di Gesù,
Vita di S. Giuseppe, Vita di S. Giovanni Battista, I colloqui e n u m e r o s e lettere, avrebbero avuto presente anche la sua immagine come protezione del monastero.
Così si chiudeva la vita terrena dì Cecilia, a p p a r e n t e m e n t e quasi insignificante, ma g r a n d e e preziosa agli occhi di Dio.
24
E' questa la stanza del Monastero di Montefiascone dove le Suore conservano le
reliquie della Serva di Dio Cecilia Baij.
Visibile è la grande Croce (altezza cm. 197 e larghezza cm. 121) che Cecilia portava
sulle spalle, nel pio esercizio della "Via Crucis", e alcuni quadri della "Via Crucis ".
25
Il messaggio di Cecilia
Cecilia aveva fatto di Gesù il centro della sua vita. P u ò essere ancora cr >
dibile un suo messaggio oggi, in cui i valori assoluti sono caduti nel silenzio
o nella dimenticanza?
L'uomo, sebbene sia giunto a passeggiare sulla luna, a manipolare la genetica a suo piacimento ed a sentirsi sempre più p a d r o n e del suo destino, non
p u ò s o p p r i m e r e la verità e la nostalgìa di Dio radicate nel suo cuore. Perciò
se vuole trovare la pace, la sua identità, il suo vero bene e cioè Dio, deve ritornare là, nel santuario della sua anima, dove l'Ospite divino io attende per
fare comunione con lui.
A noi non è dato, come a Cecilia, di vedere o di sentire Gesù presente nel
nostro cuore, ma per fede s a p p i a m o che Lui c'è. Con il battesimo Egli ci ha uniti a sé facendoci partecipi della sua stessa vita divina: occorre credere al
s u o a m o r e per noi.
Convinti di questo,
la nostra vita cambierà e
diventerà realmente vera,
non tanto per le imprese
più o m e n o grandi che riusciremo a compiere, ma
perché le nostre azioni acquisteranno valore nella
misura in cui saremo uniti a Dio. Sì instaurerà così
tra noi e Lui una vita di com u n i o n e p r o f o n d a e potremo ripetere con S. Paolo: "Per m e vivere è Cristo" (Fii. 1,21). Si potrebbe
ancora obiettare: nel contesto efficientista in cui
v i v i a m o nel quale ha valore solo chi p r o d u c e , chi sì
agita, chi sa fare, chi sa
26
// Monastero,
in primo piano, in una veduta aerea di Montefiascone
(anteriore al 1940)
parlare, che senso p u ò avere la preghiera? C o m e trovare il t e m p o di fermarsi, di ritrovarsi? N o n sarebbe più fruttuoso dedicarsi ai bisogni sociali, al
volontariato, a lenire e sollevare i sofferenti invece di " p e r d e r e " tempo davanti a Dio? E le stesse monache di clausura che cosa f a n n o d e n t r o i loro m o nasteri, non potrebbero dedicarsi alla vita attiva o p e r a n d o negli ospedali, nelle scuole, nelle missioni?
Ma è bello ricordare le parole che Gesù ha pronunziato d u e m i l a anni fa:
"Non affannatevi per il vostro vestito, né di quello che mangerete, né di quello che berrete perché per quanto vi affannate non potrete aggiungere una sola ora alla vostra vita. Cercate prima il regno di Dio e tutte le altre cose vi saranno date in aggiunta" (cf.
Mt. 6,25.27.34.). "Poiché senza di me non potete fare nulla" (Gv. 15,5). "Marta,
Marta tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno.
Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Le. 10,41-42).
La nostra serva di Dio, Maria Cecilia trascorreva ore intere a parlare con
Gesù e a
ivere ciò che Egli le ispirava nel cuore. Questo non era certamen1
te tem
p e r d u t o né per se stessa né p e r i i prossimo, perché portava nella sua
preghiera tutti i suoi fratelli, Infatti fu incaricata più volte dal suo Sposo di27
I
i
Arch. Li Zancìietta,
verso Via Verentana,
prospettiva
1927.
A destra l 'unica porta costruiti,
(Foto Breccoìa)
del
Monastero
delle tre disegnate.
28
La comunità
monastica nel 2994 (Foto Breccola)
vino a pregare per le anime bisognose e una volta Gesù le affidò come "dote" la diocesi di Montefiascone che ella doveva salvare e migliorare con la sua
preghiera e i suoi sacrifici. Maria Cecilia comunica questo episodio al suo confessore con queste parole: "Oggi festa del Santissimo N o m e di Maria, giorno
di domenica si è stabilita la mia dote datami dallo Sposo". E pochi giorni dop o scriverà: "Questa mattina ho fatto la S. C o m u n i o n e per la mia dote, ecco
come lo Sposo m e la fece vedere: da tutti i paesi della diocesi usciva un certo f u m o odoroso che saliva in alto e Gli era gradito; usciva anche u n a nuvola nera e pestifera che saliva in alto, ma si fermava sopra i detti paesi e l o Sposo era disgustato e volgeva lo sguardo altrove per non vederla".
La visione p u ò indicare il bene e il male che nascono dal cuore dell'uomo: grano m a t u r o che da vita e zizzania che soffoca. E' bello ricordare l'imp e g n o d a t o a Cecilia da Gesù: vegliare, pregare, sacrificarsi per la Diocesi.
A noi p u r e compete pregare nell'umiltà di chi sì sente peccatore, tanto
lontano dalla perfezione del Padre e bisognoso della Sua misericordia.
Solo nel sacrificio, nella preghiera, nell'atto di amore che tutto d o n a si
29
Madre G i o v a n n a (Giorgina) D e Giorgis (1890-1979).
Laureata in matematica ali'Università di T o n n o , entrò
in monastero a 40 anni e tu preside delia scuola d e l
m o n a s t e r o delle Benedettine di M o n t e f i a s c o n e dal
1942 al 1973.
M e d a g l i a d'oro dei Presidente della Repubblica
costruisce la comunione e il tessuto vivente di ogni Comunità, il sì a Dio dis p e r d e i f u m i neri dei peccato che si esprìme nel culto dell'io e nel rifiuto di
Colui che ci ha creati.
In questi anni convulsi di fine millennio Maria Cecilia ci esorta ancora
a percorrere la diritta via per c a m m i n a r e insieme verso il Padre; ci invita ad
offrire come incenso p r o f u m a t o e gioioso le nostre rinunce, i nostri atti di umiltà, la nostra preghiera di lode, affinché lo Sposo non volga da noi lo sguard o disgustato ma ci accolga come anime innamorate piene di quella gioia che
nasce d a l l ' a d e m p i m e n t o della Sua volontà.
Cecilia è u n esempio di fede profonda, di coerenza necessaria per qualsiasi scelta di vita.
Nel m o m e n t o in cui intuì il suo cammino, d o p o un'esperienza giovanile c o m u n e a tante sue coetanee, dette u n a svolta radicale alla sua vita e m a n tenne tale atteggiamento fino alla morte. L'amore che Cecilia rivela per il Cristo, suo sposo mistico, è l'amore di u n a creatura dalla fede salda, che d o n a sé
stessa e rimane fedele alle s u e scelte.
30
INDICE
Presentazione
pag.
3
Vita in breve
pag.
4
O p e r e di Cecilia Baij
pag.
5
Preghiera
pag.
7
Prefazione
pag.
8
Infanzia e giovinezza
pag.
10
Primi anni nella vita religiosa
pag.
13
Spiritualità di Cecilia
pag.
15
Gli i m p e g n i nella C o m u n i t à monastica
pag.
22
La sua m o r t e
pag.
24
»
Il messaggio di Cecilia
pag.
31
27
MONASTERO
BENEDETTINE «S. PIETRO»
Montefiascone
La comunità Religiosa invita la S, V.
alla celebrazione in onore eli
Maria Cecilia Baij
nel terzo centenario della nascita
Salone dell'Istituto Magistrale
(ingresso via Bixio e via Garibaldi)
11 Dicembre 1994 - ore 16,00
V
J
Nel prossimo n u m e r o d a r e m o conto della celebrazione, avvenuta 111
dicembre 1994.
32
Discorso del Vescovo Mons. Fiorino Tagliaferri
t e n u t o il g i o r n o 11 d i c e m b r e 1994
in o c c a s i o n e d e l l a c o m m e m o r a z i o n e di Maria C e c i l i a Baij
n e l terzo c e n t e n a r i o d e l l a nascita
Una vita intensa
quella di Maria Cecilia Baij, non solo
per la durata degli
anni, 1694-1766, 72
anni, ma soprattutto per la ricchezza
dei c o n t e n u t i cristiani. io ritengo di
poterla descrivere
così la vita di Maria
Cecilia Baij: eroismo quotidiano collaudato dalle prove
Affiancano il Vescovo la Priora del Monastero Sr. Metilde Imperatori
dalle quali fiorisce
e il Preside dell'Istituto Magistrale Mons, Luigi Mocini
un'esperienza mistica singolare.
Vorrei cogliere, in questa breve commemorazione, soprattutto queste due
componenti, questi due aspetti di Maria Cecilia. La signora Elsa ha messo in
chiara evidenza come il periodo in cui visse Maria Cecilia fu un periodo di contraddizione soprattutto nel nostro mondo ecclesiale viterbese e falisco, periodo in
cui si hanno le più alte punte della santità e le ombre più fosche dell'egoismo.
Maria Cecilia nella sua vita sperimentò sia il riconoscimento delle sue virtù, sia
la contraddizione per cui fu bersaglio sia di contraddizione, sia di amore. Questo
eroismo quotidiano, perché nella sua vita non ci sono stati episodi clamorosi che
fanno notizia, quindi si tratta di un eroismo velato di ordinarietà, è collaudato
dalle prove e da questo eroismo fiorisce un'esperienza mistica singolare di cui
abbiamo molti scritti, che grazie al Bergamaschi possiamo leggere e che sono estremamente interessanti e di una eccezionale attualità e che vi invito a leggere.
Brevemente la vita di Maria Cecilia Bai}.
Il primo periodo fu caratterizzato da una esistenza ordinaria, fino a diciassette
anni ebbe una vita normale. I suoi genitori erano viterbesi, ella nacque a Monte-
33
frascone nel 1694 durante il periodo che questi si
erano stabiliti in questa città dietro invito del cardinale Barbarigo per la realizzazione di quelle opere che aveva avviato nel seminario e nella
chiesa di S. Bartolomeo.
In seguito Cecilia tornò a Viterbo con la famiglia e poi seguì ancora la madre a Montefiascone
dove incontrò Lucia Filippini e divenne sua alunna. Questo periodo fu normale, una giovinezza con momenti di leggerezza che ella racconta,
forse esagerandoli, nella sua autobiografia, finché maturò in lei la vocazione religiosa, Nel 1711
ella chiese di entrare a Viterbo nel monastero
della Visitazione, detto della duchessa perché
fondato dalla duchessa moglie di Pier Luigi Farnese nella metà del '500, esattamente nel 1557
che si trova in via S. Pietro.
Cecilia rimase in questo monastero circa un
anno e vi trovò qualche difficoltà di inserimento.
In seguito quando penserà alla sua vita dirà che
Möns. E. Marinelli, cappellano del
fu provvidenziale l'essersi spostata dal monaste- Monastero
ro della Visitazione di Viterbo a quello delle benedettine di Montefiascone, perché in quello di Viterbo la vita era troppo comoda, mentre in quello di Montefiascone la vita non era affatto comoda, come vedremo. Così dal 1712 fino alla fine della sua vita, 1766, Cecilia visse in questo
monastero. Ricopri vari incarichi e visse in un contesto molto difficile.
La signora Elsa l'ha delineato in maniera molto chiara, quella disgregazione
che caratterizza la vita del tempo a livello socio-culturale ebbe ripercussione anche a livello ecclesiale. Infatti il Barbarigo quando venne a Montefiascone dovette
mettersi all'opera anche per la riforma del clero e organizzò le missioni per i vari
paesi della diocesi. Nel resoconto della missione a Marta, si dice che tutti i sacerdoti si confessarono, il fatto è riportato come un evento straordinario, questo ci
dimostra la situazione in cui si trovava il clero.
Anche all'interno delle comunità monastiche vi erano le zone d'ombra perché
non tutte le vocazioni erano vere, spesso le ragazze entravano in monastero perché costrette dai genitori.
Vi erano però anche le punte avanzate dell'eroismo virtuoso. Per Cecilia che
fin dal principio era una giovane limpida, chiara, coerente, si trovò ad essere
34
stretta da coloro che l'ammiravano e stimavano e quelli che la contrastavano e ostacolavano perché purtroppo quelli che si comportavano male avevano a noia
di avere vicino qualcuno che si comportava bene, perché questi rappresentavano
un rimprovero non gradito per essi, per cui Cecilia si trovò in grave disagio. Il
Bergamaschi lo riporta nella vita, sulla base di documentazioni che lui potette
appurare. Egli riporta che quando Cecilia fece la vestizione la comunità non volle
cantare, quindi dovette cantare da sola. Due anni dopo fece la professione e subito dopo la sua salute cominciò ad avere momenti di difficoltà che continueranno
fino all'ultimo anno della sua vita, che fu segnata da una grande sofferenza. Nel
monastero ricoprì vari incarichi: infermiera in due riprese; portinaia, a quel tempo questo incarico consisteva soprattutto nell'accogliere i poveri che bussavano
a! monastero; maestra delle novizie, sagrestana, sempre in una situazione di
grande contraddizione che è una particolarità che la caratterizza. Fu anche badessa per circa venti anni e fu moito contrastata da quelle religiose che non intendevano essere tede]i alla spiritualità della vita religiosa, però alia fine anche queste riconobbero che Cecilia aveva ragione. Non potevano non ammirarla sebbene
reagivano nel momento in cui la sua correttezza e linearità dava loro fastidio, ma
alla fine dovevano ammettere che meritava stima, fiducia, ammirazione. Quelle che i'ammiravano erano legate a piccole gelosie vicendevoli,
perché tutte volevano che ella mostrasse loro amore e benevolenza per cui Cecilia si trovava ad
essere ferita in continuazione.
Scriveva nel 1737: «Iddio mi vuole in continuo esercizio avendo sempre da soffrire ora da ima parte orn dall'altra andando le cose mie tutte di traverso».
La situazione è proprio quella della contraddizione, però tutto sommato in Cecilia c'è un fondamentale ottimismo, è una donna che non piange sulle sue pene, ma sa essere disinvolta. Riferisce in una lettera del 1751 una frase, una monizione che riceve da Gesù. Cecilia si era sfogata
con Lui dicendogli che si sentiva provata ed Egli
le risponde: «No?i sempre i/i(ra>io i fiumi e i flutti,
anche la stagioni hanno la loro varietà, passano e tornano, così è, finché si vive in questo mondo conviene
soffrire le mutazioni della vita, ora si gode la primavera ora il caldo dell'estate, ora il rigore dell'inverno, coli Preside Möns. Luigi Mocinì
35
sì non sempre
bre, dal calvario
in travaglio
e non sempre
in consolazione,
al Tabor e dal Tabor al calvario
un po' di luce e un po' di
e tirare avanti
come piace e
tene-
Lui».
Vedete che disinvoltura nel modo di esprimersi, che spontaneità, che immediatezza.
Nel 1734 Cecilia è eletta badessa e lo fu per sette trienni, con due interruzioni.
Il primo triennio è quello che va dal 1743 al 1746, dopo questo triennio non fu
rieletta, però le monache si resero conto di aver fatto uno sbaglio e quando terminò il triennio la elessero di nuovo badessa, fu poi riconfermata una terza volta.
Dopo il terzo triennio ci furono alcune difficoltà alle quali contribuì, in buona fede, il vescovo Giustiniani che appena arrivato fu male informato nei confronti di
Cecilia e ad un primo momento ebbe delle riserve nei suoi riguardi, in seguito
però divenne pieno dì ammirazione e di stima per Cecilia.
Dopo il terzo triennio, come ho detto, non fu riconfermata per le contrarietà
sopra esposte, fu però eletta vicaria. L'anno seguente, essendo morta la badessa.
Cecilia la sostituì come badessa e questo fino alla fine, giungendo al settimo
triennio.
Esistono delle dichiarazioni da
parte delle monache che scrivono
alla Sacra Congregazione e chiedono una conferma perché Cecilia
ha ottimi requisiti e qualità non
comuni. Al settimo triennio, riferisce il Bergamaschi, le monache del
monastero di S. Pietro in Montefiascone, essendo contente e soddisfatte del governo di Maria Cecilia, specialmente perché sa mantenere cosi bene la pace fra le religiose tutte, benché altre volte sia
stata confermata, desiderano con
l'approvazione dell'ordinario, di
rieleggerla un'altra volta.
Questo il 9 marzo del 1765. DoLa prof.ssa Elsa è ia prima a prendere la parola
po di che cominciò l'ultimo anno
di vita di Cecilia, una morte inspiegabile la sua, senza saperne il motivo. Una
morte nell'ombra, nella dimenticanza, lacerata da una malattia non conosciuta,
nell'abbandono quasi totale. Se si pensa che la comunità l'aveva voluta rieleggere badessa all'unanimità, è inspiegabile questo fatto, vi è qualcosa di straordina-
36
rio, forse una strana volontà del Signore che intese perfezionarla e purificarla,
questa esistenza che ho definito velata di ordinarietà, collaudata dalle prove, finisce in una esperienza mistica singolare.
Ringrazio la Madre Priora, don Emilio, il preside che mi hanno dato l'opportunità di leggere gli scritti di Maria Cecilia Baij; li ho letti con grande soddisfazione e spero con frutto e invito anche voi a leggere questi libri, è una lettura estremamente facile, si tratta di una esperienza mìstica raccontata. Qui siamo di fronte a delle esperienze straordinarie che sono
MstsRMnrrc
vissute dalla Baij con semplicità, poi lei ce
-S.MCT1T
le racconta, ce le riferisce con trasparenza e
i**t ( mnurtitrt Ht*tiiito>tt Hìpm^intut
con immediatezza. Di che cosa si tratta lasciamolo dire a Cecilia: «Dopo la S.'Comunione sentivo la presenza di Gesù tra un sommo raccoglimento e consolazione che io provo.
è
Sento la stia voce a guisa di aura sottilissima,
la quale senza strepito si fa sentire soavemen¡1 JiìtirHU lt Itiet'Jlllf I" il ili un Ift.rttl
te». Sembra che riecheggi l'episodio biblico
Mi t |H 1J •
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del Primo libro dei Re: la manifestazione di
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Jahvé ad Elia, Dio offre al profeta di fare e1 ftf.nt»^
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Hi,;. . if., t.t . wmk )(Oli|V|i ri
sperieiiza di lui che poi Elia racconta. Dio
• • : - . »
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si manifesta non con tuoni e lampi o ba•
il ('"
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gliori scintillanti e folgori abbaglianti, ma
^ ' * 'fflPÌ'-fi'Ìtll^t I..;
i—i
ì—B
con il mormorio di un vento sottilissimo
Il manifesto che annuncia
che sussurra. Cecilia avverte questo, sente
la manifestazione
la voce di Gesù d o p o la S. Comunione,
senza strepito: «la sento nell'interno, non già come se lui mi parlasse, ma come se l'aura
avesse la parola e si sentisse dolcemente, così sento io il parlare interno dentro ad un discorso e senza avermi tratto con una fede sì viva che se ci fosse una persona a trattare con
me non potrei darle maggior credito che io do a colui con cui tratto».
BAIJ
Qui non c'è la suggestione, dato che oggi in opposizione alla cultura del secolarismo ci sono visioni a non finire, apparizioni ovunque, Cecilia però non ha
delle visioni, ma sente una voce, «la sento dentro come un sussurro, non sento la locuzione in parole formate, ma sento arrivare all'improvviso come un'aura soavissima,
sento tutto il discorso formato in un momento eppure non vi sono parole, sicché sento un
parlare ma non sento le parole, né alcun movimento, ciò che sia non lo so».
Ho trovato un riscontro in una confessione di S. Bernardo che scrive da teologo, dove anche lui parla dell'esperienza che va facendo e dice: «Frequentemente è
entrato il Signore nel mio spirito, ma io non ho mai, nemmeno una volta, percepito il pre-
37
ciso movimento del suo arrivo, ho sentito che era
presente mentre che egli è stato con me, talvolta ho
avuto il presentimento che sarebbe venuto, ma non
Ito avvertito donde venisse quando è entrato nel
mio spirito e donde andasse quando mi lasciava, iti
che modo entrasse e in che modo uscisse confesso
che fin'ara non so». Siamo sulla stessa lunghezza d'onda: «Circa il vedere conosco che è l'intelletto che vede, non è un'apparizione, ma è l'intelletto che vede perché è una vista sì chiara che non
si può offuscare, non si vede cosa alcuna, non si
vede chiaramente, qui non mi so spiegare perché è
una cosa difficile a dirsi». Questo Cecilia confidava al suo confessore che le ordinava di scrivere ì contenuti delle sue esperienze.
Ella confessava che le costava una fatica enorme scrivere, non avrebbe avuto nessuna
voglia e lo fa solo per obbedienza e una volta
che per metterla alla prova il confessore le
disse: «Non sarà il diavolo che le parla7» Cecilia
risponde: «Se è il diavolo allori bruci tutto quello
che ho scritto e io smetterò di scrivere e non voglio sentire più parlare perché è dura questa fatica». Proprio perché lo scrivere le costa lo fa con distacco, senza preoccuparsi troppo di dire tutto. Ecco come lo confessa al confessore in una lettera del 1747:
«Dopo la comunione si va ad eseguire ciò che l'obbedienza mi impone e il giorno quando
ho tempo mi metto a scrivere quel tanto che mi è occorso e lo scrivo non tanto con quella
perfezione con cui l'Ito inteso e veduto, ma scioccamente secondo la mia ignoranza».
Vorrei verificare alcuni scritti con i quali ella confida le sue esperienze. Altro
che ignoranza! Ella non dà importanza a quello che scrive, anzi ha l'impressione
che non meriti alcuna attenzione.
I suoi scritti sono: La vita interna di Gesù, La vita di S. Giuseppe, La vita di
S, Giovanni Battista e L'epistolario.
In questi scritti Cecilia confida la sua esperienza, essi sono collegati al mondo
segreto dei protagonisti straordinari dell'opera della salvezza: Gesù, S. Giuseppe,
S. Giovanni Battista. Le manifestazioni, le esperienze mistiche la fanno entrare
nel mondo umano, nei sentimenti umani di Gesù, Giuseppe, Giovanni Battista e
il rapporto con questo mondo umano è un rapporto di grande e profonda familiarità.
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Vediamo alcuni passi: un giorno S. Giuseppe confida a Gesù il grande desiderio che ha di andare in paradiso: «sento un desiderio grande di andare presto a godere
il nostro Dio faccia a faccia, ma intanto quanto mi rincresce pensare che questo avvenimento deve costare a te taiìte pene» e Gesù risponde: «Non ti affliggere tanto perché devi sapere che io ho un desiderio di patire per mostrare a tutti la beatitudine eterna. Quanto è grande il mio desiderio di compiere presto la redenzione umana» allora Giuseppe lo
ringrazia a nome di tutto il genere umano e a nome di tutti cercava dì supplire a
tutto quello che gli negavano le creature. Giuseppe prega ancora parlando con
Dio: «Ecco mio Dio i vostri santi voleri, io mi spenderò tutto in servizio vostro, del vostro unigenito e della santa madre di Lui, farò ciò che potrò per mantenere loro il cibo ne-
L'n pubblico numeroso ed attento ha seguito la prolusione del Vescovo.
!n primo piano vediamo l'attuale sindaco Mario Trapè e mons. E. Marinelli
cessano, giacché a me è toccata sì bella sorte. Voi sapete mio Dio che il mio desiderio è di
servire la madre e il Figlio, di stare in tutto a loro soggetto e di obbedire in ciò che mi comanderanno, ina giacché voi Dio altissimo ordinate altrimenti e volete che io sia il capo e
comandi mi sottometto in ciò con la mia volontà, ma vi prego di dare al vostro servo la
grazia di poter esercitare questo ufficio come si deve. Datemi voi, mio Dio, tutte le virtù
necessarie perché io lo occupi degnamente e in sublime grado come avete destinato e che
non abbia mai a far cosa alcuna che non sia conforme al vostro gusto».
Un altro brano che leggiamo nella Vita interna è un breve ritorno a Nazaret di
Gesù dopo l'inizio della sua attività apostolica perché ha il desiderio di vedere la
sua mamma e così ne parla: «Anche lei stava con desiderio ardente di rivedermi, arrivato dimque ricevette tanta consolazione perché nella mia assenza aveva molto patito ed
era stata partecipe di tutte le angustie che aveva sofferto il mio cuore come pure dei patimenti del mio corpo e a questo proposito ti dico che io patii molto nella mia umanità per-
39
ché non solo soffrii Infame e la sete, ma sentii anche la stanchezza, andare sempre a capo
scoperto, scalzo e per essere gracile di natura sentivo vivamente i patimenti. Trovandomi
con molta necessità di prendere il sonno e quel povero cibo per conservare l'umanità, mi
cibai insieme alla mia diletta madre avendone anch'essa grande bisogno, perciò fatti da
noi i soliti atti di devozione ci cibammo con estrema povertà.
Bramava la diletta madre di darmi qualche ristoro perché vedeva la mia umanità tanto
debilitata per le fatiche della predicazione, ma io la consolavo col dirle che di ciò non si
• prendesse pena perché quello era tempo di patire senza prendere alcun ristoro eccetto
quello che l'umana natura richiedeva per non venir meno totalmente».
Un'altra prerogativa di Maria Cecilia è una grande capacità poetica, le poesie
di Cecilia fanno pensare al Metastasio, si trova sulla linea di quella cultura letteraria; sono sonetti meravigliosi. Alcuni versi che Cecilia sviluppa sul tema carmelitano: il patire o morire di S. Teresa d'Avila, o patire ma non morire di S.
Maddalena de' Pazzi. Cecilia dice:
«O patir o morir diceva una santa
patir e non morir un'altra canta
non ha proprio voler chi davvero ama
la croce porterò qual voi che io porti
ovvero morirò se Dio volmi morta».
La parafrasi della parabola del mercante che trovò la perla preziosa e per comprarla vendette tutto, Cecilia dice che questa perla siamo noi e per comprarci Cristo dà tutto se stesso: «Piacque al divino amor sì raro oggetto, quando ancor quella
bontà infinita mentre per segno del suo grande affetto diede per comprarla sangue e vita».
Infine un sonetto sponsale:
«Vermiglia per l'ardor mistica rosa
bianca per il candor senza rivali
roseto per il bei giglio si riposa
le vostre rose a me danno dolor».
Ma ciò che come vescovo maggiormente mi conforta è che un giorno il Signore diede a Cecilia come dote la città di Montefiascone e questo è per me motivo
di grande conforto.
Lei dice a Gesù: «Che sarebbe se tutti quelli che mi dai per dote sì salvassero e arrivassero al Monte Santo e io mi perdessi? La dote salva e la sposa in perdizione?»
Io credo che questo rìschio non ci sia, la dote siamo noi e siccome la sposa è
salva, è salva anche la dote.
40
Möns. Pietro Dott. Bergamaschi
41
Nel centenario di Maria Cecilia Baij, ricordo di
Mons. Pietro Dott. Bergamaschi
E' sempre caro rammentare
Mons. Angelo Ercolani
con gioia e riconoscenza gli anni del
Seminario-Collegio
«Barbarigo»; gioia che esplode
dal vivo ricordo dell'adolescenza e della giovinezza,
sorrisa
da tanti ideali radiosi; riconoscenza verso quelle persone che
furono
gli strumenti
provvi-
denziali per la nostra formazione spirituale e morale, culturale e sociale, che ci avrebbe aperte degnamente le vie della vita
e della missione nel mondo.
Tra queste persone è ben degno di essere ricordato il pio
Sacerdote Mons. Pietro
Bergamaschi
incomparabile
Direttore Spirituale
insigne
Dott.
e Storico
delle glorie
della nostra Diocesi
religiose
Falisca.
Già zelante Parroco nella Diocesi di Crema e
stimatissimo
dal nostro Vescovo Mons. Rosi, venne chiamato presso di
noi a compiere una
missione
altamente spirituale. E ora (si
era nel 1913) viveva nel nostro
Nasce a Capodimonte il 14 settembre
1900.
Diventa sacerdote il 23 dicembre 1923.
Vicerettore-del Seminario falisco, insegnante di italiano e geografia, lingua e
letteratura francese, cappellano a Montedoro, poi a Zepponami, confessore straordinario dell'Orfanotrofio femminile come
dell'Educandato delle Benedettine, ecc.
Nel 1934 si ammala e per qualche anno
deve lasciare l'attività per curarsi.
Lo ritroviamo coadiutore a Capodimonte dal 1° gennaio 1944 al 29 agosto
1957.
Dal 1957 al 1973 è Rettore di S. Maria
del Suffragio in Grotte di Castro.
Nel 1973 ritorna a Capodimonte.
Dal 27 gennaio 1975 è anche canonico
della Basilica Cattedrale di S. Margherita.
Attualmente - nominato da qualche
anno Monsignore - vive a Capodimonte,
avviandosi - con mente lucida, occhi buoni (legge e scrive senza bisogno di occhiali, sempre presente quando glielo permette la salute - ai ritiri del clero ed alle manifestazioni più importanti della Basilica
di S. Margherita), al prestigioso traguardo
del secolo di vita; ne ha attualmente ben
95 ed è il più anziano dei presbiteri della
diocesi di Viterbo. Gli si può augurare
con sincerità: ad multos annos, Monsignore!
Seminario la sua vita di raccoglimento, di preghiera e di studio. Nel contempo attendeva con perfezione alla Direzione spirituale di varie comunità: dai Seminaristi alle Maestre Pie Filippini,
42
dalle Monache Benedettine
altri Monasteri,
di S. Pietro ad
mentre era
ricercatissimo
Muxs. Iltr•T11-T1,1 pVlET
AMASCHI
•!:M
:••lpi B
».ER
iG
lumi
da tante anime aspiranti alla perfezione del• MAGGIO
la vita cristiana. Era la particolare missione
A CHISTO R E D E N T O R E
che la Divina Provvidenza gli affidava, unitamente alla dignità e ai poteri sacerdotali,
LA P A S S I O N E DI GESÙ C R I S T O
che illustrava e confermava con la sua vita
veramente edificante. Il suo
interiore appariva dappertutto,
III M U T A Z I O N I ;
raccoglimento
anche nella
*
sua breve passeggiata quotidiana, per lo più
con la Corona in mano.
Era persona molto stimata e ammirata
Inrci
AN
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:OAHciTUCinuc
GIOVASSI DAVEKO
t
MnituttA
anche come Oratore sacro, per la sua predicazione eminentemente
pratica ed efficace,
perché profondamente teologica e spirituale,
per ogni grado di persone. Quindi
riusciva
assai gradita la sua parola sia in Seminario
come nelle Comunità Religiose e nelle stesse
Sac. Dot. PIETRO BERÜAMASCH1
MUTIATE IMBITUMA o n « » " » A » »TOMUU » WO»T»PR**c<WE
parrocchie della Diocesi.
Altra dote caratteristica del Bergamaschi
fu quella di essere Scrittore, giacché tutti i
momenti
che aveva liberi, li dedicava allo
studio di memorie storiche, soprattutto
campo della spiritualità
VITA
DEL SERVO DI DIO
Card, MARCANTONIO BARBARICO
nel
e della santità. Ne
V E S C O V O DI
MONTEFIASCONE
E
CORNETO
fanno fede: la «Vita del Servo di Dio Marc'Antonio
Card. Barbarigo» e le «Memorie
VOLUME
della sua grande Opera - Il Seminario-» e
I
degli Uomini illustri che l'onorarono in ogni
tempo; inoltre la «Vita di S. Lucia Filippini
e delle Scuole Pie» e altre Opere
tutta spirituale,
come «Meditazioni
d'indole
ROMA
POUOO
lTA
t VATIC*!«
TOOQFTAFLA
sulla
1919
Passione di N.S. Gesù Cristo» e «Sulla Vita
di Maria SS.ma» cui si aggiungevano scritti vari spirituali.
Ma l'opera particolarmente illuminata ed edificante del Bergamaschi fu l'aver
43
messo in chiara e degna luce i
preziosi Scritti della Serva di Dio
Maria Cecilia Baij, Monaca Benedettina, vissuta per 48 anni nel
MONS. BERGAMASCHI D o t t . PIETRO
C A M E H I B K E D ' O N O R E DI S I A
Monastero Benedettino di S. Pieil 6 Gennaio
U
1766. Quanto sono mirabili quei
i
tro e ivi deceduta
volumi della Baij, che riportano i
H
suoi famosi scritti fatti sotto dettatura di Gesù, tutti di seguito,
ù
f
a
i]
senza alcuna cancellatura
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chiami
di sorta! Così
o ri-
IO usi
ELEVAZIONI
abbiamo
• Cum diltxfistt suoi, pq
i/ui crani tri mundo, in flnem dilixit tJS, •
«Vita interna di Gesù» che riferisce i più intimi
sentimenti
SANTITÀ
del
JlMN., Op. XI», t.
i
Cuore di Gesù in ogni evento importante
della sua vita
terrena,
nel colloquio continuo col Padre.
n
R
i
Giovanni
di S. Giuseppe
Battista»
1T1B. TIF. ÍQKE30TT1
1928
e di S.
i due
verso i quali la Religiosa
J
- VITERBO
E in eguale guisa abbiamo «Vita
interna
T
Sant.
nutriva
una fervida devozione.
Anche a
noi Seminaristi Mons.
Bergama-
schi parlava molto spesso e con fervore della Baij, delle sue virtù religiose e dei
suoi preziosi scritti tanto edificanti, vera fonte di profonda spiritualità,
cosicché
ne aumentava sempre in noi l'ammirazione e la stima.
E ora, nel tricentenario della nascita della Serva di Dio Maria Cecilia Baii (4
gennaio 1694) la Comunità Benedettina di S. Pietro, ha festeggiato questa sua illustre Religiosa che Gesù predilesse, presentandola degnamente nel fulgore delle
sue virtù e dei suoi meriti insigni. E formuliamo l'augurio fervido che dalia fausta
ricorrenza scaturiscano, per la grazia di Dio, valide lezioni di santità per innumerevoli anime. E l'anima eletta del piissimo Bergamaschi esulterà nel Cielo per questa zelante fiamma che egli contribuisce a rendere più luminosa ed edificante, per
la maggior gloria di Dio e santificazione delle anime.
44
Il venerando
Mons.
Bergamaschi a suo tempo
nutrì
una vera
zione per il
predile-
Monastero
delle Benedettine
Pietro,
di S.
non solo per le
memorie religiose e storiche e gli altri meriti antichi e recenti (vedi benemerito Istituto
Magistra-
le), ma anche perché là
respirava un'atmosfera di
alta spiritualità,
alimen-
tata dall'intensa
vita eu-
caristica per l'adorazione
continuata del SS. Sacramento. E là, dati i molti
incomodi della tarda età,
amò trascorrere gli ultimi
giorni della sua feconda
vita e chiuderli
molto
piamente tra le mura dell'amato Monastero
il 23
dicembre 1928 tra il comune
rimpianto.
Di lui rimane il grato
ricordo di tutti, in particolare di Sacerdoti e Religiose, e il bel quadro della
sua immagine,
conserva
nella
che si
parete
d'ingresso del nostro Seminario Falisco.
Mons. Pietro Bergamaschi
Nasce a Lodi il 22 maggio 1863.
Divenuto sacerdote, per 15 anni fu professore e poi direttore spirituale nel Seminario di Lodi.
Nel 1902 fu nominato Prevosto a Codogno,
dove vi rimase fino al 1911. Venne come Padre
spirituale nel Seminario di Montefiascone, che
in quegli anni funzionava da Seminario maggiore per le diocesi dell'Alto Lazio. Qui mise a
frutto le sue doti di ricercatore attento e minuzioso e pubblicò:
- «La vita del Servo di Dio Card. Marc'Antonio Barbarigo, Vescovo di Montefiascone e Corneto»
- «La vita di S. Lucia Filippini».
Mise in luce la vita - allora sconosciuta - di
Cecilia Baij, pubblicandone ia vita e le opere.
Nel 1928, su consiglio dell'allora Vescovo
Rosi, che l'aveva chiamato e voluto a Montefiascone, si stabilì nella «foresteria» delle Monache Benedettine perché la sua salute destava
preoccupazioni.
Il 18 dicembre partì per Roma per essere ricevuto in udienza dal S. Padre. Tornò il 21 dicembre, stanchissimo, e si portò avanti tutto il
giorno 22 dicembre, febbricitante. La notte del
23 dicembre, malgrado le cure del dott. Baiardo, si spense alle ore 1, andando a ricevere il
premio dei giusti nella luce eterna di Dio. Aveva 65 anni.
I funerali non poterono essere fatti nella cattedrale dì S. Margherita per l'abbondante nevicata che rese impraticabili le strade. Si fecero
nella chiesa di S. Pietro con la presenza del Vescovo, dei canonici e dei seminaristi. Era ii 24
dicembre 1928, ore 10.
E' sepolto nella tomba delle Benedettine, con
questa scritta: «Mons. Pietro Bergamaschi. Le
Benedettine riconoscenti».
Don Angelo Ercolani
45
Elenco sommario dei Manoscritti
di M. Cecilia Baij
Colloqui:
6 volumi rilegati in carta pecora {anni 1729-30).
Vita Interna
Gesù
di
Cristo:
9 volumi, rilegati in carta pecora (anni 17311735).
N.B.: Metà del 9° volume (inizio 27-IX-1742),
da
pag. 235 a pag. 376, l'argomento è: «Il Cuore amantissimo di Gesù Cristo Redentore nostro. Dell'amore con cui ama Dio; se stesso, cioè l'umanità
SS.ma di Gesù; e le creature redente col Sangue
preziosissimo di Gesù».
Vita del glorioso
Patriarca
S.
4 volumi, in carta pecora, rilegati (1736).
Giuseppe:
Vita di S. Giovanni
\ volume, rilegato in carta pecora (1742).
Battista:
N.B.: Detta vita è stata ricopiata da «un indegno di
detto Santo, Giovanni Battista Maccari di M.F>
(Montefiascone 22-IX-... / U-X-1824).
Il «volume
ricopiato» ha il dorso in carta pecora ed ha ¡a aggiunta di: 1 panegirico, 1 Inno, orazioni. 1 prosa
devota, il Prefazio, Graduale, orazione, grande panegirico, sentimenti
di S. Giovanni
tutto in onore di S. Giovanni
Crisostomo;
Battista!
Importante poi la dicitura iniziale posta dal Maccari: Vita di S. Giov. Battista «scritta da una serva di
Dio, morta in odore di santità, la Rev.da D.M. Cecilia Baij, Monaca di S. Benedetto, nel Monastero
di S. Pietro di
46
Montefiascone».
Libro di musica:
a d o p e r a t o da Cecilia Baij, esperta in m u s i c a
(nella cartuìa p e r g a m e n a c e a , p o s t a all'inizio
del libro, la Baij è chiamata «magistra», 1730).
(Si s u p p o n e che qualche p a r t e del libro, tutto
manoscritto, sia stata scritta dalla Baij).
qualche migliaio raccolte in 15 cartelle.
Sommaria descrizione delle cartelle:
N° 7
sono cartelle grandi {inizio 1731) - la 7 a contiene lettere al Boncompagni e al Petralti;
N°8
sono cartelle rninori:
la 8 a : lettere al Boncompagni, al canonico
Casti, a Egidio Bazzarri;
a
la 9 : 2 pacchi lettere {n° 233);
la 10" contiene: «trattati»: aspirazioni, preghiere, esercizi, componimenti, poesie;
a
la ll : due autobiografie di Cecilia Baij;
la 12s: ancora lettere, biglietti, documenti;
la 13H: «La villeggiatura con Gesù», la spiegazione della «Cantica» e Devozioni;
fl
la 14 : documenti;
la 15a: documentazioni.
D. Emilio
ha redatto
Marinelli
tale
47
elenco.
C e r a m i c h e e m e d i c a m e n t i : u n a farmacia
del '600 a M o n t e f i a s c o n e
Grazie, signora
Luisa,
avevamo
intenzione di parìare di questa mostra
che è aperta presso
il M u s e o » Nazionale
d i P a l a z z o Venezia
a Roma. Nel prossim o n u m e r o d e «La
Voce» d e d i c h e r e m o
alla Mostra - curata
da Maria Selene
Sconci
e
da
R o m u a l d o Luzi queste pagine intern e , da a g g i u n g e r e
al
volume
su
« C e c i l i a Baij e le
Benedettine
di
Montefiascone».
Roma 24 febbraio 1995
Gentilissima
Redazione,
mi è forse sfuggita (eppure sono una lettrice attenta e affezionata) la pubblicazione
su «La Voce» di notizie concernenti la bella
mostra che si tiene a Roma in questi giorni
(e durerà fino alla fine di aprile);
Accludo la fotocopia dell'articolo
pubbli-
cato in merito sul «Corriere della Sera» del
3 febbraio.
La mostra
medicamenti:
è intitolata
«Ceramiche
una farmacia
Montefiascone»
Suore Benedettine.
e
del '600 a
e riguarda l'attività
delle
Mi sembra un 'ottima
Vogliamo
qui
r i c o r d a r e ai lettori
occasione per far conoscere (e noi stessi
di n o n m a n d a r e
conoscere meglio) il grande patrimonio culperdute
queste
turale di Montefiascone.
p a g i n e , m a di rilegarle in m o d o da
Con i migliori saluti
a v e r e u n bel v o l u Luisa Ficari Masi
me, che ha come
centro di interesse il
Monastero
delle
Benedettine di Montefiascone.
La Mostra - per chi volesse visitarla - rimane aperta fino al 30 aprile,
tutta la settimana, eccetto il lunedì, dalle ore 9 alle 14. La d o m e n i c a
invece e gli altri giorni festivi dalle ore 9 alle 13,30,
48
Romualdo luii
Miru Selfor Votici
LA SPEZIERIA DI SAN BENEDETTO
A MONTEFIASCONE
Dalle Collezioni di Palazzo Venezia in Roma
49
La Spezieria di San Benedetto
a Montefiascone
ERETTI03ME D E L L A S P E T I A R I A
La nascita a Montefiascone della Spezieria delle Benedettine, avvenuta nel
1652, sì inserisce in una comunità già servita da analoghe attività di cui si hanno
alcune notizie dallo statuto cittadino del 1471, e quindi, da altri documenti della
metà del XVI secolo.
Una aromatarìa era posta in
contrada della piazza del Comune e confinava con i beni di
Melchiorre di Fortunato e la
stessa Piazza.
Alla metà del Seicento in
Montefiascone esisteva un'altra
spezieria, precisamente quella
condotta da Felice Vittori, anche questa posta nella piazza
del Comune.
E proprio a quel periodo risale la considerazione che il Vescovo di Montefiascone, Gaspare Cecchinelli, nel dettare la
sua regola per il monastero di
S. Pietro, aveva inserito nel
« C o m p e n d i o deila regola d e l
Padre S a n B e n e d e t t o per le
M o n a c h e del s u o ordine...»,
stampato a Viterbo nel 1645:
«Nelli Monasteri, si sogliono alle
Brocca da Farmacia, Bagnoregio 1652
volte eriger officine in qualche parte dì aromatari e non è male perché
serve per esercizio, et per qualche sollevamento di dispendii grandi che fa il Monasterio
all'lnferniaria...».
Il tutto nello spirito del dettato vescovile e in quello dell'antica e consolidata
tradizione benedettina, legata al «medidme studio artis», che voleva tale sapere esercitato all'interno dei monasteri.
Le monache di Montefiascone seppero cogliere questo invito ed inserirsi nella
tradizione del loro ordine che aveva portato da Montecassino, fin dal IX secolo, a
raccogliere in quella biblioteca, le opere di Galeno e di tutti gli altri studiosi di
50
medicina.
Non conosciamo i momenti ed il lavoro preparatorio che precedettero l'apertura della «Spetiaria», in quanto nell'Archivio del Monastero non se ne trova traccia, ma vi trova invece una memoria dell'apertura ed una analitica redazione del
primo inventario:
«Erettione della Spetiaria in questo nostro Monasterio
A dì 18 Marzo 1652 fu eretta la spetiaria per servitio et con l'approbatitme di Monsignore Illustrissimo nostro Vescovo, si nominò speliate D. Anna Maria Rie ci o ni Romana...»
L'attività della spezieria veniva quindi gestita direttamente dalle monache e,
almeno per i primi anni, l'incarico venne assolto - come si è visto - dalla romana
Anna Maria Riccioni, che in questo venne istruita da Francesco Farolli, a cui venne corrisposta la somma di scudi 1,20 per «servitio imprestato al Monasterio d'imparare cose de speziarla».
La Riccioni ricoprirà per alcuni anni questa carica e risulterà eletta badessa nel
triennio 1671-74, quindi dal 1680 al 1686, e ancora dal 1690 al 1699.
Abbiamo notizia di altre monache-speziali: dal 1755 al 1781 l'incarico venne
conferito a D.M. Angela Federici; dal 1798, dopo che la farmacia era stata chiusa
per dieci anni, l'incarico venne ricoperto da D. Maria Clementina.
Quest'ultima aveva portato una dote di 200 scudi, tutti reìmpiegati per «rivestire la detta speziaria». L'approvazione alla riapertura venne data dal card. Sigfredo Maury, vescovo di Montefiascone.
Dopo l'interruzione dell'epoca napoleonica si rileva che la spezieria viene affidata alle mani di M. Cecilia de Megnel (1817).
L'UBICAZIONE
La prima sede della Spezieria era posta nella Torretta del Monastero, ma questa sistemazione appariva già precaria se, appena l'anno seguente troviamo, dai
registri contabili, che furono richiesti alcuni lavori per garantire la stabilità alla
stessa Torretta che era posta al piano superiore del Monastero, nell'attuale ala sovrastante la Via Verentana. La precarietà della sede costrinse le Monache al trasferimento della Spezieria al piano terra dello stesso Monastero, e questo p u ò
collegarsi anche alla necessità sia di garantire un accesso immediato alla cittadinanza senza interferire con la vita claustrale sia per una migliore funzionalità del
servizio.
Negli anni della peste a Montefiascone (1657-1658) per motivi di sanità venne
sospesa l'attività della spezieria de! Monastero e le monache, in questa occasione,
non vennero «agiutati pure di un goccio d'acqua».
La peste non contagiò comunque il Monastero grazie alle misure adottate dalle Monache che preferirono rimandare la costruzione del forno all'interno dell'edificio a tempi migliori in quanto «la femara con tutta la famiglia erano già andati al
lazzaretto».
51
Visione aerea ài Montefiascone, Sulla sinistra si eleva la cupola della Cattedrale di S. Margherita,
sulla destra si nota il rilevante complesso del Monastero delle Benedettine di S. Pietro, ( F o t o
A.B.M. 1940 ca.)
Gli ambienti della spezieria, ripresa l'attività dopo gli anni della peste, rimasero praticamente sempre gli stessi ma necessitarono di lavori di manutenzione e
adattamenti vari nel corso degli anni. Un intervento significativo si registrò nel
1676, l'anno precedente alla stesura dell'inventario generale, allorché, sotto la Badessa M. Giovanna Mangioli da Bagno rea, si fini di «tirar su il muro della parte laterale della Spetiaria, dove veniva tanta ¡¡umidità che si amuffavano le Scatole e pativano
le rohbe». in sede di restauro delle scatole lignee si è notato che le stesse recavano
un altro decoro e, forse, un diverso cartiglio. E' possibile che proprio a seguito di
questo danneggiamento le scatole stesse, in legno naturale, vennero dipinte come
oggi ci appaiono.
L ' A R R E D O D E L L A SPEZIERIA
Attraverso le riportate annotazioni sulla nascita della spezieria, ritrovate nei
documenti del Monastero, è già possibile conoscere come fosse costituito il suo
arredo, le spese sostenute per l'acquisto degli scaffali, dei bancone in noce, dei
mortai, della campana di piombo per le distillazioni, del vìtone (pressa;, dei vasi
da farmacia, delle scatole, delle bilance, dei primi libri di farmacopea, dei vasi di
vetro e di altri piccoli attrezzi come spatole, foconcino (fornello per il fuoco), se52
Vasi e scatole della Spettarla monastica
benedettina
di Montefiascone.
Seconda metà sec. XVII.
Vasi e vetri provenienti dalla farmacia del Monastero di S. Pietro in
Seconda metà sec. XVII
Montefiascone.
tacci, candeliere da olio, tamburlano (alambicco). La lista degli oggetti contenuta
nella nota del 1652, e nella seguente aggiornata dal 1659 al 1678, consente di conoscere anche la provenienza o il luogo di acquisto e ciò costituisce veramente una insostituibile fonte per comprendere i luoghi di produzione dei vari oggetti di
arredo e della relativa strumentazione.
53
I VASI IN MAIOLICA
La spezieria venne dotata di «vasi e brocche fatte in Bagnarea», l'odierna Bagnoregio. Questo importante nucleo di vasi, che come si vedrà nella descrizione
tecnica, sono stati realizzati espressamente per la spezieria di Montefiascone, si
Piccoli contenitori
ceramici da farmacia. Bagnoregio, sec. XVII, seconda
metà.
impongono alla nostra attenzione perché oltre che costituire un complesso omogeneo e singolarmente interessante, confermano l'alta maestrìa dei vasai che, in
quegli anni operavano a Bagnoregio, e che sappiamo legati soprattutto alla tradizione ceramica della non lontana Deruta tanto che proprio Bagnoregio sinora veniva ricordata nella storia della ceramica italiana per il piatto della Sacra Famiglia, conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, con la scritta: «Silvestro d'Angelo Trinci da Deruta. Fatto in Bagnorea 1691». La certa committenza
delle Monache del Monastero di Montefiascone ha preteso che il vasaio si ispirasse ad altri vasi, albarelli e brocche, ricoperte e decorate con smalto berettino,
in quel tempo particolarmente apprezzati, anche se si tratta di una produzione
certamente inusuale per le locali botteghe. La personalizzazione dei contenitori
che le Monache vollero per la «spetiaria» fu quella di far dipingere l'immagine di
S. Benedetto sul davanti degli stessi, oltre all'indicazione dell'anno 1652. Altri vasi sono stati datati 1657 ma devono ritenersi un completamento del primitivo ordine. Si può aggiungere un'altra annotazione: vasi da spezieria, del tutto simili
nella decorazione, anche se mancanti dell'immagine di San Benedetto e dell'indicazione dell'anno, erano stati appositamente realizzati, nel secolo XVII, per il vicino e antico convento delle monache di Vetralla senza escludere una identica
54
bottega di produzione.
Dal Giornate delle uscite è possìbile
apprendere come le monache, già prima
dell'erezione della spezieria, acquistassero le stoviglie per servizio del Monastero sempre in Bagnoregio. I rapporti
tra il Monastero e Bagnoregio possono
trovare diverse motivazioni: dalla vicinanza ira i due centri, dal fatto che proprio in Bagnoregio le benedettine erano
proprietarie «di un molinello da macinar colori», del quale ci è noto l'affitto
già dal 1659, oltre a terreni e poderi.
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LA BIBLIOTECA
DELLA SPEZIERIA
Come conveniva ad una funzionale e
illuminata gestione di u n a spezieria,
non potevano mancare fondamentali e
Copertina dell'inventario della spezieria
preziosi libri di farmacopea. Quanto oggi rimane di questa Biblioteca, pervenutaci certamente incompleta, comprende una serie di libri dal 1621 al 1868. Praticamente le pubblicazioni cessano con l'incameramento da parte dello Stato Italiano dopo l'unificazione del 1870. Un avvenimento che, crediamo, comportò la
chiusura della spezieria.
LA S P E T I A R I A N O T I F I C A T A
E IL T R A S F E R I M E N T O D E L C O R R E D O
AL MUSEO DI PALAZZO VENEZIA
Con l'abbandono dell'attività della spezieria (verso il 1870), il Monastero e la
stessa cittadina di Montefiascone avevano perduto un punto di riferimento secolare, Quello che era stato il vanto dell'attività monastica era divenuto ormai soltanto un ricordo e quando, agli inizi del 1920, venne proposto dal sac. Alfonso
Orfei, parroco della vicina chiesa di S. Maria delle Grazie, di vendere i vasi e gli
arredi della spezieria, le suore aderirono alla proposta anche per sopperire ai difficili momenti economici in cui versava il Monastero.
Acquirente del corredo sarebbe stato un certo Amedeo Fanciullacci di Montelupo Fiorentino a cui, forse, fu ceduto solo qualche vaso, rimanendo gli altri in
possesso dell'Orfei che li fece esporre, in bella mostra, nel negozio del fratello a
Monte fi a sco ne.
Qualcuno segnalò il fatto alla R. Soprintendenza alle Gallerie e Musei Medie55
vali e Moderni e agli oggetti d'arte del Lazio e degli Abruzzi, con sede in Roma,
Palazzo Venezia, che non mancò di intervenire provvedendo a notificare all'Orfei
e al Monastero reimportante interesse artistico» degli oggetti posseduti (contenitori in ceramica, scatole di legno, mortai, spatole) ed evitarne cosi successive vendite e, quindi, la dispersione. Il carteggio ufficiale, riguardante la notifica e il sequestro (1 agosto 1921) contiene la sequenza degli avvenimenti che portarono all'acquisizione, da parte dello Stato, del corredo della spezieria, con il conseguente deposito presso il Museo di Palazzo Venezia. La questione suscitò le rimostranze di don Orfei e, soprattutto, delle Monache Benedettine che si videro così
private e del corredo della spezieria e dell'introito ricavato dalla vendita richiesto
in restituzione dal sacerdote.
In margine a questa vicenda che vide le Monache tentare ogni strada per recuperare quanto ritenuto di loro proprietà, va segnalata la risposta fornita alla Superiora Suor Vincenza Giorgi in data 8 marzo 1922 daìl'allora Segretario Politico
del Partito Popolare Italiano, Don Luigi Sturzo, il quale, malgrado ogni suo interessamento, confermava l'impossibilità ad aderire alle richieste delle religiose,
A sequestro avvenuto, tra l'Orfei e il Monastero si apri un lungo contenzioso
dinnanzi al Vescovo diocesano, conclusosi con un accomodamento nel 1925.
Scarpina scaldamani.
Bagnoregio, seconda metà sec.
XVII.
Il testo di questo inserto è stato tratto dalla seconda parte del volume «La Spezieria di San Benedetto a Montefiascone»,
redatta da Romualdo Luzi e Bonafede Mancini.
56