PER VIVERE UNITE Periodico delle Suore Orsoline di S. Carlo MARZO 2014 dalla Redazione "L'esortazione del Papa mi piace tutta perché la gioia del vangelo dà senso alla mia vita. Lo affermo dopo averla letta, meditata e studiata a fondo. Per le sue tante e belle caratteristiche che trovo sparse un po' in tutto iltesto... Anzitutto mi piace per lo stile adottato, ricco di immagini che si susseguono a spron battuto. Ne ho enumerate moltissime... ed eccone solo alcune: la Chiesa non è una dogana (47), è una montagna di tenerezza (246); non ha la faccia da funerale(10) perché c'è ilprofumo delvangelo (39); è necessario sostituire la ginnastica con la cosmesi (232) e ilconfessionale non deve essere una sala di tortura (44). In secondo luogo mi piace perché dimostra di avere una mentalità aperta alla collegialità episcopale... Mi piace anche perché Papa Francesco spesso rimanda ai decreti conciliari. È troppo poco dire che li conosce: li ha assimilati fino a farne linfa delle sue vene. Consiglio di leggere con attenzione la Evangelii gaudium per condividere lo stesso piacere di conoscerla a fondo e di conoscere meglio le intenzioni e la persona di papa Francesco". (CG) Questo numero della nostra rivista sembra pervaso dalla gioia del Vangelo, quella che ciascuno di noi ha ritrovato tra le pieghe del quotidiano nelle sue varie forme: dalla consapevolezza di un disegno provvidente che si dispiega lungo i secoli a quella dell'incontro con le persone nelle nostre attività educative e pastorali, dalle feste "di famiglia" alla gratitudine per le sorelle che ci hanno lasciato un esempio luminoso nella dedizione della loro intera vita. Invitiamo, dunque, alla lettura con la consapevolezza del dono prezioso che abbiamo ricevuto e che possiamo condividere parecipando anche attraverso questa pagine alla vita delle comunità orsoline e di coloro che ne condividono il cammino. la Redazione 2 Vita del Consiglio La vita del Consiglio può apparire ripetitiva e monotona, e ben sappiamo che tanti possono chiedersi a che cosa servano i nostri ripetuti incontri. È vero che i problemi da affrontare sono quasi sempre gli stessi, ma sono di una tale complessità da richiedere veramente tempo e impegno, pur non potendo far emergere soluzioni immediate. La frequenza delle nostre riunioni è sempre la stessa, anche se deve accordarsi con i molti impegni di ciascuna di noi. Madre Paola, oltre che della Congregazione, deve occuparsi dell’USMI, dei contatti con i Vescovi, dei problemi della vita religiosa in Lombardia, ecc.; le consigliere, per i loro vari incarichi, sono sempre più impegnate nelle attività apostoliche, in un mondo burocratizzato ed esigente. Crediamo però che questo sia il nostro modo di vivere inserite nella storia di oggi con lo spirito con cui S. Angela ha vissuto le difficoltà e le contraddizioni del suo tempo. Il nostro impegno apostolico viene sempre più condiviso dai molti laici con i quali stiamo rinnovando le attività che non vogliamo - e non possiamo più ritenere solo nostre. Ci sentiamo cittadine di un mondo in cui le distanze si sono accorciate e i contatti col Brasile diventano incredibilmente facili e immediati. Condividiamo la fatica di chi deve stendere o rinnovare contratti di affitto, di chi è costretto a vendere una casa, di chi deve assicurare assistenza dignitosa a familiari ammalati o anziani, di chi firma convenzioni con enti pubblici ben sapendo che i tempi saranno infiniti… e affascinante della nostra Congregazione nella Chiesa per il mondo. In questi giorni siamo tutte particolarmente vicine con grande affetto e riconoscenza a Madre Paola, chiedendo per lei forza e gioia nel suo prezioso servizio, così come ci insegna Papa Francesco, con la parola e con la vita. Viviamo insieme, tutte unite “di un cuor solo e di un’anima sola” questi giorni di grazia nella memoria di S. Angela! suor M. Luisa Ma accompagniamo anche con grande gioia la scelta delle giovani che si impegnano a condividere la nostra vita di orsoline sia in Italia, sia in Brasile e chiediamo al Signore, per intercessione di S. Angela, di donarci altre vocazioni che possano incarnare nel dinamismo dell’oggi il carisma sicuro 3 A proposito del 28 febbraio Come vi dicevo nella lettera per Sant'Angela, in questi giorni mi è capitato di fare delle ricerche storiche nel nostro archivio di Casa Madre. Lì ho scoperto che, oltre che la data della salita al cielo di Madre Barioli, questa del 28 febbraio è stata la data in cui nel 1483, per volontà del cardinale di Milano, i monaci del monastero di Sant'Ambrogio diedero la chiesa di S. Michele sul Dosso e parte degli orti lì vicini alle monache benedettine, che vivevano già lì, in angusti locali, per ampliare il piccolo monastero e rendere più agili e decorosi il culto e la preghiera liturgica. Grazie agli atti notarili, verbali precisi e dettagliati, possiamo ricostruire la vicenda: abbiamo fedele testimonianza di tutto questo in alcune pergamene che vi presento. «in nome delSignore amen! Nell'anno dalla natività 1483 giovedì 21 agosto,...... alla presenza della venerabile signora Scolastica dei Marinoni, Madre del detto monastero di Santa Chiara dell'Ordine di San Benedetto, e, in Capitolo, sorelle donna Margherita da Pietrasanta, donna Caterina de la Croce, donna Placida della Croce, donna Maria della Rocha, donna Maddalena dei Borromeo, donna Maura di Appiano, donna Jeronima di Dalle pergamene: Cannobio, donna Paola dei Porreti, donna Benedetta dei Missironi, donna Elisabetta dei Grassi, donna Prudenzia di Vendita e investitura livellaria fatta dai frati del Monastero Mandello di Sant'Ambrogio a favore delle monache di santa Chiara viene fatta, inoltre, a favore delle monache, dai frati del Modella Ciresa di 2 pertiche di terreno e della Chiesa di San nastero di Sant'Ambrogio una vendita ed una investitura liMichele: vellaria di 5 pertiche di terreno». (Notaio Battista «nel nome del Signore, anno dalla Natività 1483, venerdì 28 febbraio, dopo i Vespri. Alla presenza di donna Scolastica dei Marinoni, abbadessa, di donna Caterina della Croce, di donna Placida della Croce, di donna Maria della Rocha, di donna Maddalena dei Borromeo, di donna Maura di Appiano, di donna Jeronima di Cannobio, di donna Marta di Concorezzo, di donna Benedetta dei Missironi, di donna Paola dei Porreti, di donna Prudenzia di Mandello, assente donna Elisabetta dei Grassi, per impegni riguardanti lo stesso monastero e donna Margherita di Pietrasanta, inferma, viene concessa in perpetuo dal monastero di Sant'Ambrogio a favore delle monache la chiesa di San Michele per le celebrazioni, per loro e per coloro che a loro succederanno, con il patto che la tengano, la custodiscano, la governino, la mantengano con onore, la ornino per gli uffici divini in essa celebrati. Da questo anno, in perpetuo, nella festa di San Michele, consegnino 1 libbra di cera ai monaci di Sant'Ambrogio e offrano in perpetuo la colazione, refezione, a chi, dei monaci, fosse venuto a celebrare in detto giorno di festa (sic!)». (Notaio Giovanni Pietro Ciocca) 4 Daverio) Allora, commossa, ho compreso, con grande riconoscenza al Signore, che anche la storia che si svolgeva qui a Milano, con i desideri delle monache benedettine qui residenti e i Monaci di Sant'Ambrogio, con il coinvolgimento di Ludovico il Moro e del cardinale Ascanio Sforza, del papa Sisto IV (per motivazioni di amicizia molto umane), era storia già intrecciata secondo i piani provvidenziali di Dio con quanto Angela aveva vissuto a Desenzano, a Brescia, a Venezia, in terra Santa, a Roma e ancora a Brescia e con quanto stava facendo la Compagnia di Sant'Orsola, appena nata. Il Signore Gesù stava preparando la chiesa per il nostro futuro già nella metà del XV secolo... La storia, che si snoda apparentemente in modo frammentato, in verità si evolve secondo un disegno provvidenziale... La nostra Cappella ha raccolto e presentato al Signore Dio la preghiera, la lode, i desideri di santità, di generazioni e generazioni di donne consacrate, prima di arrivare al 1841, anno del trasferimento di Madre Barioli in questa casa. Da queste pergamene abbiamo i nomi delle prime monache che celebrarono la Diurna Laus e l'Eucarestia per la prima volta nella Chiesa di San Michele sul Dosso... Quando entreremo in questa Cappella ci sentiremo avvolte da questa lunga teoria di vergini intercedenti per noi! Non conosciamo i volti, ma i loro nomi ora sì! Il coro ligneo e la sinopia sopra l'altare (con il dipinto staccato) sono le tracce rimaste, assieme alle pergamene, di questa presenza e dei lavori di ampliamento della Chiesa di San Michele e della edificazione successiva della parte di clausura relativa al Coro. Tra quei nomi uno da sottolineare per le conseguenze che verranno in seguito: quello della monaca Borromeo Maddalena, parente stretta di San Carlo, antenata di tante nostre allieve... questa monaca ha fatto sì che un podere dei Borromeo detto "Gentili- no" (vicino a S. Gottardo) venisse dato al Monastero di San Michele (un’altra pergamena, datata 29 aprile 1493, ci dice come i Borromeo ne vennero in possesso) ed arrivasse, dopo la parentesi imperiale asburgica, alla madre Barioli, così da essere ancora citato come primissima meta di uscita delle interne nelle prime Cronache, a metà dell'Ottocento; ancora agli inizi del Novecento le interne e le suore potevano andare a vedere la vendemmia, che lì si faceva, e goderne i frutti! suor Paola Un pellegrinaggio insolito In questi giorni mi è capitato molto spesso, più volte al giorno, di scendere nella comunità di San Michele e di intrattenermi in modo ancora più affettuoso con le sorelle, sorprese dal vuoto lasciato da Madre Giovanna. Mi è sovvenuto, allora, un commento di Papa Francesco fatto alle letture del giorno a Santa Marta, riguardante il pellegrinaggio più caro, anche se insolito, da poter fare in una congregazione: quello alla comunità delle sorelle più anziane, non per rattristarsi o incupirci, ma per incontrare sorelle che sono testimoni della gioia di una vita intera donata al Signore; in pienezza testimoni dell'apparente tramonto di un apostolo! La nostra esistenza consacrata nella sua totalità e concretezza è dono al Padre, indipendentemente dall'età e da una efficienza fisica. Il battesimo e la professione religiosa collocano tutta la vita sotto il segno particolare dell'amore. Lo spirito Santo comunica la fecondità spirituale all'energia giovanile, alla maturità adulta, alla stagione dell'anzianità . La crescita nella vita nello Spirito non si ferma né con gli anni né con la malattia. La costruzione dell'uomo interiore non è questione di età, ma di adesione sempre più profonda all'opera dello Spirito Santo in noi. Ho visto in questi ultimi anni tante sorelle che nella sofferenza e anche di fronte alla morte hanno testimoniato la gioia di aver vissuto fino alla fine alla Presenza di Dio, e sempre in prospettiva dell'eternità ... della Vita vera (vedi gli ultimi giorni di Madre Giovanna). Quale nuova possibilità di evangelizzazione e di testimonianza può significare, allora, in Congregazione la presenza di sorelle anziane? Credo possa essere una provvidenziale testimonianza verso le giovani che stanno iniziando la vita religiosa e che vedono confortata la loro scelta dalla vita di persone "belle anziane" che, se riescono ancora a comunicare le loro passioni interiori, sono "istruzioni viventi" più incisive di qualsiasi lettura. Poterne incontrare ancora di sorelle così: non permettiamo alla nostra presente fretta, superficialità o distrazione di farci rimpiangere, un domani, di non averle intervistate al momento opportuno.... allora, quando ne sentiremo la necessità o la nostalgia, esse non saranno più in grado di parlare! Esse sono, davvero, segni di una crescita ininterrotta in Dio, crescita in cui si rafforzano i valori del Vangelo. «Per questo non ci scoraggiamo, ma, se 5 anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno».(cfr. 2 Cor 4,16) Con ragione diceva Romano Guardini: «A mano mano che si diventa vecchi la "dinamys", cioè la forza vitale, diminuisce. Tuttavia nella misura in cui l'uomo consegue le sue vittorie interiori, la sua persona lascia trasparire il senso delle cose a cui è pervenuto (sic!). Egli non è più attivo, bensì "irradia"... Rende manifesto il senso delle cose e gli dà un'efficacia particolare» (da "Le età della vita" ). Invito ciascuna di voi a fare questo “pellegrinaggio particolare” a San Michele, per essere irradiate soprattutto da alcune madri e sorelle... e vi lascio le parole di Papa Francesco. suor Paola PAPA FRANCESCO “Il tramonto dell’apostolo” Meditazione mattutina della cappella della Domus Sanctae Marthae, Venerdì, 18 ottobre 2013 (da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 240, Sab. 19/10/2013) Un pellegrinaggio singolare è quello indicato da Papa Francesco durante la messa celebrata stamane, venerdì 18 ottobre, a Santa Marta. È la visita alle case di riposo dove sono ospitati preti e suore anziani. Si tratta di veri e propri «santuari - ha detto il Vescovo di Roma – che abbiamo nella Chiesa» dove dunque vale la pena andare come «in pellegrinaggio». Questa indicazione è stata il punto di arrivo di una riflessione che ha preso spunto dal confronto tra le letture della liturgia del giorno: il brano del Vangelo di Luca (10, 1-9) — nel quale si racconta «l’inizio della vita apostolica», quando i discepoli sono stati chiamati ed erano «giovani, forti e gioiosi» — e la seconda lettera di san Paolo a Timoteo (4, 10-17) nella quale l’apostolo, ormai vicino al «tramonto della sua esistenza», si sofferma sulla «fine della vita apostolica». Da questo confronto si capisce, ha spiegato il Papa, che ogni «apostolo ha un inizio gioioso, entusiasta, con Dio dentro; ma non gli è risparmiato il tramonto». E, ha confidato, «a me fa bene pensare al tramonto dell’apostolo». Il pensiero è quindi andato a «tre icone»: Mosè, Giovanni il Battista e Paolo. Mosè è «quel capo del popolo di Dio, coraggioso, che lottava contro i nemici e lottava anche con Dio per salvare il popolo. È forte, ma alla fine si ritrova solo sul monte Nebo a guardare la terra promessa», nella quale però non può entrare. Anche al Battista «negli ultimi tempi non vengono risparmiate le angosce». Si domanda se ha sbagliato, se ha preso la vera strada, e ai suoi amici chiede di andare a domandare a Gesù «sei tu o dobbiamo aspettare ancora?». È tormentato dall’angoscia; al punto che «l’uomo più grande nato da donna», come lo ha definito Cristo stesso, finisce «sotto il potere di un governante debole, ubriaco e corrotto, sottoposto al potere dell’invidia di un’adultera e del capriccio di una ballerina». Infine c’è Paolo, il quale confida a Timoteo tutta la sua amarezza. Per descriverne la sofferenza, il vescovo di Roma ha usato l’espressione «non è nel settimo cielo». E ha poi riproposto le parole dell’apostolo: «Figlio mio, Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, mi sarà utile; portami il mantello che ho lasciato, i libri e le pergamene. E ancora: Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni. Anche tu guardati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione». Il Papa ha proseguito ricordando il racconto che Paolo fa del processo: «nella prima difesa nessuno mi ha assistito, tutti mi hanno abbandonato, però il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annunzio del Vangelo». Un’immagine che, secondo il Pontefice, racchiude in sé il "tramonto" di ogni apostolo: «solo, abbandonato, tradito»; assistito soltanto dal Signore che «non abbandona, non tradisce», perché «Lui è fedele, non può rinnegare se stesso». La grandezza dell’apostolo — ha sottolineato il Papa — sta dunque nel fare con la vita quello che il Battista diceva: «è necessario che lui cresca e io diminuisca»; l’apostolo è colui «che dà la vita perché il Signore cresca. E alla fine c’è il tramonto». È stato così anche per Pietro, ha fatto notare Papa Francesco, al quale Gesù ha predetto: «Quando tu sarai vecchio ti porteranno dove tu non vorrai andare». La meditazione sulle fasi finali delle vite di questi personaggi ha così suggerito al Santo Padre «il ricordo di quei santuari di apostolicità e di santità che sono le case di riposo dei preti e delle suore». Strutture che ospitano, ha aggiunto, «bravi preti e brave suore, invecchiati, con il peso della solitudine, che aspettano che venga il Signore a bussare alla porta dei loro cuori». Purtroppo, ha commentato il Papa, noi tendiamo a dimenticare questi santuari: «non sono posti belli, perché uno vede cosa ci aspetta». Di contro però «se guardiamo più nel profondo, sono 6 bellissimi», per la ricchezza di umanità che vi è dentro. Visitarli dunque significa fare «veri pellegrinaggi, verso questi santuari di santità e di apostolicità», alla stessa stregua dei pellegrinaggi che si fanno nei santuari mariani o in quelli dedicati ai santi. «Ma mi chiedo — ha aggiunto il Papa — noi cristiani abbiamo la voglia di fare una visita — che sarà un vero pellegrinaggio! — a questi santuari di santità e di apostolicità che sono le case di riposo dei preti e delle suore? Uno di voi mi diceva, giorni fa, che quando andava in un Paese di missione, andava al cimitero e vedeva tutte le tombe dei vecchi missionari, preti e suore, lì da 50, 100, 200 anni, sconosciuti. E mi diceva: “Ma, tutti questi possono essere canonizzati, perché alla fine conta soltanto questa santità quotidiana, questa santità di tutti i giorni”». Nelle case di riposo «queste suore e questi preti — ha detto il Papa — aspettano il Signore un po’ come Paolo: un po’ tristi, davvero, ma anche con una certa pace, col volto allegro». Proprio per questo fa «bene a tutti pensare a questa tappa della vita che è il tramonto dell’apostolo». E, concludendo, ha chiesto di pregare il Signore di custodire i sacerdoti e le religiose che si trovano nella fase finale della loro esistenza, affinché possano ripetere almeno un’altra volta «sì, Signore, voglio seguirti». Sulla cresta dell'onda Se dovessi descrivere con un'immagine l'incontro di gennaio al Mericianum lo farei con delle curve che vanno su e giù: se fossi uno statista direi un grafico, se fossi amante delle montagne direi i dolci pendii di una catena montuosa, siccome sono ligure e amante del mare, dico le onde dell'acqua, le onde dolci e lievi di quel bellissimo lago di Garda che la pioggia di quei giorni non ci ha lasciato godere, o le onde alte e impetuose dell'oceano che bagna la terra che mi ospita... I giorni di Desenzano ci hanno proposto le onde naturali, gli alti e bassi normali, i cicli vitali di chi intraprende e porta avanti con responsabilità l'avventura dell'adultità nelle sue varie fasi. È stato bello riconoscermi dentro questo mare, e immaginare ogni sorella che vedevo seduta in sala con me ciascuna nella sua onda, in cresta o no, in cammino nei cicli di crescita; è stato interessante vedere come fosse generoso questo mare che mette a disposizione per ciascuna la sua onda al mo- mento giusto, perché possa surfare divertendosi a risalirla; è stato illuminante pensare come sia entusiasmante arrivare “sulla cresta dell'onda”, ma come lo sia ancora di più il coraggio di non volerci rimanere troppo, fino a farsi sbattere giù dalla troppa schiuma, e avere il desiderio e l'umiltà di scendere dalla cresta per intraprendere la risalita di un'altra onda, colmando la distanza tra le due! Un sali e scendi di passioni e compassioni che “muovono le acque” della vita e le allontanano dal rischio di diventare stagnanti. La tre giorni di Desenzano, inoltre, è stata per me come il dolce cullarmi tra le onde morbide di un mare calmo, anche per l'occasione di incontrarsi e raccontarsi con sorelle che vedo per pochissimo tempo ogni due anni, al mio ritorno dal Brasile; magari sorelle con cui ho vissuto un tempo, sorelle che allora mi hanno aiutato a risalire la mia onda, in ogni caso sorelle che per il semplice fatto di essere tali fanno parte del mio mare, e quando ci si incontra si condividono fatiche e speranze, ricordi e progetti. Nel succedersi degli anni e dei cicli di adultità della nostra Congregazione, insomma, l'appuntamento del Mericianum sta diventando sempre più qualcosa che scuote, che culla, che mostra orizzonti ampi, che accende la speranza, che infonde il desiderio di imprese grandi....come il mare.... E se il desiderio è un'espressione della passione, ora sappiamo che chi si appassiona è capace di allontanarsi da ciò che è ed è pronto a compatire, a compatirsi, per colmare la distanza con il nuovo, il diverso, l'affascinante e promettente sconosciuto! suor Irene 7 Indovina da chi vado a cena Rispetto all’edizione del 2012, la missione vocazionale a Cesate dello scorso novembre ha presentato una bella e simpatica novità: l’incontro con i ragazzi, i giovani e le famiglie non è avvenuto solo durante i momenti di catechesi o di preghiera previsti in calendario, ma ha avuto una prosecuzione molto significativa ed intensa negli incontri conviviali durante i quali tutte noi, singolarmente o a coppie, siamo state ospiti di alcune famiglie della comunità. Nell’incontro di programmazione delle giornate dello scorso settembre, infatti, era emerso da parte nostra il desiderio di creare occasioni per incontrare in un tempo più lungo ed in circostanze più “informali” le persone conosciute durante le celebrazioni o la catechesi; perciò abbiamo pensato che poter condividere la cena con alcune famiglie potesse costituire una bella opportunità per uno scambio ed una conoscenza reciproca. Abbiamo dunque esposto la nostra richiesta a Don Achille, responsabile della pastorale giovanile, con un po’ di timore di invadere gli spazi familiari ed invece… è bastata la parola perché numerose famiglie dessero la loro disponibilità per averci ospiti nelle loro case, tanto che non è stato possibile accontentare tutte le richieste! La cosa mi ha entusiasmato fin dall’inizio, ma non nascondo di aver provato un po’di timore all’idea di trovarmi - magari da sola - in una casa sconosciuta a condividere un momento così intimo e familiare come la cena 8 con persone estranee ed invece ho vissuto, in queste occasioni, alcuni dei momenti più belli della settimana. La prima sera sono stata ospite di Laura, Massimo e dei loro figli Giulia, Arianna, Carola e Andrea, di età compresa tra i 16 e i 10 anni: non ho fatto nemmeno in tempo a provare imbarazzo perché appena varcata la soglia mi sono sentita subito a casa, accolta come una di famiglia, con semplicità e affetto; la conversazione, lungi dal languire, è stata vivacissima: ha spaziato dalla scuola al lavoro, dalle richieste su com’è la vita in comunità ai gusti musicali! Come sempre, quando si sta bene insieme, il tempo vola ed in batter d’occhio si è fatta l’ora dell’incontro con gli adolescenti ed in fretta e furia Laura ha scarrozzato me Giulia ed Arianna in oratorio; il tempo è stato poco, ma sufficiente per stabilire un’intesa istantanea e far nascere un’amicizia che sta continuando. Ho trascorso la seconda sera in casa di Candida, decana delle catechiste della parrocchia di Sant’Alessandro che per l’occasione ha riunito a casa sua, oltre a Cinzia e Mario (figlia e genero), un folto gruppo di catechiste; in questo caso la cena è stata l’occasione per un confronto su quali siano le modalità più adatte per trasmette- re il messaggio evangelico ai ragazzi e per uno scambio sulle difficoltà e sulle gioie che derivano da questo importante servizio. Mi hanno contagiato il loro entusiasmo, il grande desiderio di aggiornarsi, di conoscere, di imparare cose nuove e la generosità con cui, pur nella consapevolezza dei propri limiti, portano avanti il loro impegno senza nascondersi dietro la stanchezza, la fatica e lo scoraggiamento. Conservo un vivido ricordo di questi incontri; anche se solo per pochi momenti abbiamo intercettato la vita di queste persone: la profondità di ciò che abbiamo condiviso li rende ai miei occhi un punto luminoso, in cui ho riconosciuto i tratti dell’ospitalità di cui parla la Bibbia, che la ritiene la virtù per eccellenza perché amare il prossimo significa, in concreto, offrirgli ospitalità. suor Silvia PARTILHANDO@CONDIVIDENDO@PARTILHANDO@CONDIVIDENDO Se Dicembre vuol dire fine anno scolastico e pastorale, conclusione della attività e verifica dei progetti, Gennaio vuol dire ripresa, ritorno, inizio. In una manciata di ore non solo si gira pagina, ma si cambia il calendario, ci si permette il tempo di scrivere sulla lavagna “Buon Anno 2014!” e si riparte in velocità! Da quando sono in Brasile, questo passaggio rapido dell’anno scolastico e pastorale mi ha sempre fatto mancare un po’ il respiro, ma che fare? Non ci sono altre scelte... solo è possibile cercare di dimenticare la stanchezza, pensando, per consolarsi, alle lontane ferie di luglio. Così gennaio è tutto dedicato alla programmazione, allo studio, a costruire l’agenda dell’anno, almeno al CEISU è così. Quest’anno lo studio ha previsto per tutti, insegnanti e altri dipendenti, un Corso di elementi fondamentali di Pronto Soccorso e di Anti-incendio, con l’aiuto di un medico del Corpo dei Pompieri, ed un approfondimento di Etica Professionale, con una Professoressa dell’Università Cattolica del Goiás. Le insegnanti poi hanno rivisitato il rapporto scuola-famiglia ed hanno elaborato nei dettagli nuovi progetti didattici. Attività nuove si stanno prospettando per le ore pomeridiane, tra cui educazione fisica, laboratorio musicale e - perché no - anche Inglese, al fine di offrire ai bambini nuovi stimoli, di incentivare il dialogo, favorire l’apertura e l’accoglienza delle differenze. Con l’obiettivo di trasmettere e vivere il carisma educativo orsolino si dedica costantemente un tempo all’incontro con S. Angela, attraverso la sua pedagogia e alcuni stralci degli scritti, in particolare per i nuovi che iniziano o da poco hanno intrapreso un contratto di lavoro con il CEISU. L’aspetto più delicato al CEISU in questo periodo è lo studio e l’analisi, che da alcuni mesi stiamo portando avanti in modo più preciso noi suore ed alcuni laici, delle possibilità di trasformare la scuola in un progetto capace di auto-sostenersi nel futuro, sia da un punto di vista economico (considerate le difficoltà dell’Italia), sia amministrativo e gestio- nale, come indicatoci dall’ultimo Capitolo. È inutile dire che i tempi, le procedure, i contatti, le consulenze, la burocrazia, i pro e i contro, il discernimento camminano di pari passo con stress e insicurezza, ma le suore brasiliane e il nostro popolo mi insegnano che non si può desistere, che si deve lottare per cercare e costruire la soluzione più valida ed efficace. Intanto i bambini, ignari dei grandi pensieri che riempiono la testa ed il cuore di direttrice, presidente, assistente sociale ( = suore) con coordinatrice e qualche socio, da alcuni giorni sono tornati a rallegrare gli spazi, a colorire di sorrisi, a riempire di voci, riuscendo a farci dimenticare la fatica e a credere ancora che... ne vale la pena! Ed ora, per non farvi dire che anche qui finora si è parlato solo di scuola, potremmo raccontare di noi e dell’amore che ci anima nella missione. In Aparecida - come già è stato comunicato - dopo il rientro in Italia di Padre Flavio è arrivato un nuovo parroco e con lui vari 9 cambiamenti anche nei ministeri affidati alle suore, alcuni dei quali più in una linea di coordinamento e di trasversalità, mentre su altri aspetti non nascondiamo alcuni interrogativi e delusioni sul modo di essere Chiesa oggi qui in Goiânia. Abbiamo celebrato la Festa di S. Angela in semplicità, con una Messa al CEISU, invitando amici e persone che camminano con noi ogni giorno e fanno parte delle nostre comunità. Molta gioia, canti eseguiti con vigore, alcuni segni e la consegna di un cartoncino di S. Angela costruito come un puzzle... dove ciascuno è invitato a fare la sua parte! A rafforzare la presenza orsolina c’era con noi anche irmã Sirlene, venuta in Goiás per visitare la famiglia durante il suo tempo di vacanza. Come ogni festa che si rispetti, anche questa ci ha regalato un momento di fraternità fatto di dolce e di salato per tutti i gusti. Da ultimo, è di oggi la partenza 10 anche della novizia Elize, di ritorno in Amazzonia, dopo la pausa mineira e goiana. Elize, infatti, dopo gli Esercizi Spirituali è passata da Indianópolis, dove è rimasta una ventina di giorni per un’esperienza missionaria e di seguito ha condiviso con noi alcuni giorni a Nazaré. In un orizzonte più grande, la Chiesa brasiliana continua a raccogliere i frutti della GMG, ha gioito recentemente per la nomi- na a Cardinale di Dom Orani Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro, il Vescovo della GMG, ed ora si prepara a celebrare la Campanha de Fraternidade che ogni anno si apre con la quaresima. Quest’anno il tema è “Fraternità e traffico di persone umane”, una cruda realtà che viola la grandezza dei figli e delle figlie di Dio, dramma presente anche in Brasile e scelto appositamente dalla Chiesa in questo 2014, anno della Coppa del mondo che porterà turismo, denaro e problemi. Ogni comunità cristiana sarà invitata a sensibilizzarsi al tema, per non essere vittima della «globalizzazione dell’indifferenza che ci priva della capacità di piangere» - come dice Papa Francesco, e a collaborare con forme di informazione e di prevenzione. Dentro le notizie, la nostra amicizia ed il ricordo affettuoso. suor Giovanna Il Governo di Goiás va incontro ai poveri Un viavai fuori dell’ordinario, un accorrere di bambini, di biciclette, di moto, uno strombazzare di clacson. Sono anch’io contagiata dalla novità e mi affretto verso uno spiazzo interamente coperto da tende bianche, non lontano dalla nostra casa. «È arrivato il Governo» mi dice una signora anziana «e c’è anche il Governatore, e ho visto il Prefetto perché, sa, lui è alto...» Ebbene sì, è proprio arrivato il “Governo”! Colina Azul ha la fortuna di vivere, per quattro giorni, un’avventura abbastanza fuori del comune: sotto quelle tende ci sono stand dove si possono ottenere la carta di identità, i certificati di nascita dei figli, il titolo di elettore. Il tutto rigorosamente gratis. Ma non c’é solo questo: c’é un palco dal quale le autorità civili e religiose intrattengono per una buona ora e mezza i cittadini sull’ importanza di avere - almeno per un po’ - il Governo a portata di mano; c’é la banda della città e quella, più modesta ma non meno interessante, dei ragazzi del Centro tenuto dai Fratelli Maristi; c’è il tappeto elastico, gioia dei bambini; c’é la degustazione di prodotti tipici del Goiás; c’è l’esposizione dei fiori e frutti del nostro Cerrado; ci sono i pompieri che insegnano i rudimenti del salvataggio sulle strade o in acqua; c’è la fila per l’oculista che farà la diagnosi e provvederà perché gli occhiali vengano recapitati gratuitamente; c’è la fila per il dentista, la fila per il pediatra, la fila per il matrimonio civile o per i certificati di morte. E c’è la fila per un paio di stampelle o per una carrozzella. Un avvocato in toga aspetta i clienti che vogliono separarsi o divorziare dal coniuge, il rappresentante della Compagnia Elettrica accetta reclami e pazientemente risponde. In totale è un’area enorme con decine, anzi centinaia di piccoli uffici prefabbricati dove si può fare di tutto: una manna per gli ormai 650.000 abitanti della nostra Aparecida, perché non si paga niente, proprio niente. Vado un po’ a zonzo, saluto chi conosco, accarezzo bambini e procuro sgabelli per gli anziani. Intanto dall’altoparlante il Pastore Ernesto tuona: «Lo dico a voi, autorità che avete la responsabilità di questo popolo, abbiate “l’odore delle pecore”, l’odore della vostra gente di Aparecida». Tutti applaudono a questa frase. Ma io mi dico: «Non l’aveva detta qualcun altro prima di lui?». Papa Francesco, hai fatto centro anche coi protestanti brasileri! suor Emanuela 11 Notizie da Indianópolis Il 3 febbraio 2010 la nostra parrocchia, dopo 8 anni trascorsi con Padre Ernane, aveva ricevuto Il nuovo parroco, Padre Mozart Fernandes de Andrade. Era originario di Barbacena, un municipio che si trova a sud dello stato del Minas Gerais, conosciuto in tutto il Brasile come “la città delle rose” per via della grande produzione di tali fiori. Padre Mozart, nelle varie parrocchie e stati del Brasile in cui ha realizzato il suo ministero, ha sempre dimostrato umiltà, fede, devozione al suo servizio a Dio e ai fratelli, anche quando si è trovato in situazioni di rischio, come per esempio nelle “favelas” di Rio de Janeiro. Abbiamo potuto constatarlo dai racconti che fa12 ceva a tutti. A Indianópolis ha vissuto per quattro anni, dedicandosi a chiunque lo cercava; si è mostrato amico di tutti, specialmente delle persone che più avevano bisogno di attenzione: visitava le famiglie consigliando e dialogando, era molto attento agli ammalati. Con noi suore si è sempre mostrato amico, e la collaborazione nelle varie “Pa- storali” è stata molto efficace. Ma per motivi di salute, e dopo un attentato nelle campagne di Ângico, i suoi problemi fisici ed emozionali si sono aggravati, tanto da chiedere al vescovo di essere trasferito. catechisti, l’equipe di liturgia, i giovani perché possano conoscere e approfondire la Parola di Dio. È proprio vero che lo Spirito Santo è portatore di “novità” e che le vie del Signore ci raggiungono in modo inaspettato! Occorre essere aperti e corrispondere al dono. Noi tutti, in parrocchia, oltre ad essere riconoscenti rinnoviamo la disponibilità all’ascolto e all’approfondimento della Parola. Il 31 dicembre ha celebrato la sua ultima messa e la comunità si è molto emozionata. Il gruppo dei giovani aveva preparato un breve filmato sulla sua presenza tra noi e lo abbiamo visto commosso. Il passaggio di Padre Mozart, la sua presenza in mezzo a noi, ci hanno aiutato a capire che ogni persona è importante, è - nel piano di Dio - una tessera del mosaico della vita! Ogni tessera ha un suo colore, taglio e posizione, secondo il ruolo affidato, ma la bellezza sta nell’insieme, in quel Regno di Dio che, malgrado la nostra debolezza, formiamo! Grazie, Padre Mozart, per tutto! Ti accompagnamo con la nostra preghiera e il nostro affetto. Vai com Deus! semplice, umile e che prega molto. Per il momento sta conoscendo la realtà della parrocchia, raduna le varie “Pastorali” per conoscerne il cammino e dare nuove idee. È molto preparato in Sacra Scrittura e il suo desiderio è radunare, ogni tanto, i ministri straordinari dell’Eucarestia, i La luce del Vangelo ci sosterrà nei giorni futuri e sarà sicuramente una gioia per ogni fedele Indianopolense! Benvenuto tra noi, Padre Francisco! Cammineremo insieme diffondendo la gioia del Vangelo. le suore di Indianópolis Il 5 gennaio 2014 il vescovo di Uberlândia, Dom Paulo Machado, ha accompagnato nella nostra parrocchia di Santa Anna Padre Francisco De Assis, che sarà il nuovo parroco di Indianópólis. È originario di Divinópolis, una cittadina che si trova al centro–ovest del Minas Gerais, caratterizzata da industrie metallurgiche e siderurgiche. Padre Francisco era parroco in una periferia di Uberlândia e già abbiamo capito che è una persona 13 Natale all'Istituto S. Angela Merici È tradizione all'Istituto S. Angela Merici di Milano festeggiare il Natale con un pranzo "speciale" prima dell'inizio delle vacanze natalizie. Durante il pranzo di quest'anno i bambini della scuola dell’Infanzia e, successivamente, quelli della scuola Primaria hanno percepito un clima natalizio che, a poco a poco, si è concretizzato nella presenza di due zampognari. I refettori sono stati allietati da musiche della tradizione zampognara; grande curiosità nel conoscere da vicino strumenti e abbigliamenti “originali”. Anche i ragazzi della scuola Secondaria hanno gioiosamente interrotto le lezioni per accogliere ed ascoltare musiche natalizie. Alle ore 16.00, all’apertura del cancello della scuola, i genitori e i nonni dei bambini dell’Infanzia e della Primaria hanno gradito un dono inaspettato: quanti nonni si sono commossi nel rivivere i loro ricordi dell’infanzia al suono delle zampogne e del “Piva Piva...” e hanno scattato foto ricordo! Il 13 dicembre l’Istituto Sant’Angela Merici ha celebrato il Natale condividendo con le famiglie e con la comunità cristiana di San Vito l’ascolto della Parola di Dio e di passi tratti da testi letterari scelti dai docenti di tutti i settori, così da raggiungere il cuore dei credenti e dei non credenti. Il tutto coronato da esecuzioni canore natalizie della tradizione cristiana e 14 profana. I tre momenti della preghiera (l’Annunciazione, la Nascita, l’Adorazione dei Magi) sono stati accompagnati da gesti concreti, che hanno coinvolto tutte le componenti della comunità educante: nella processione iniziale sono state rappresentate le diverse vocazioni; il presepe vivente (papà e mamma della nostra scuola con il loro bimbo); i pastori impersonati dai bambini di I Primaria; le stelle comete portate all’altare dai bambini di II Primaria. In una gerla i bambini hanno deposto salami e caciotte da presentare a Gesù e da consegnare, il giorno dopo, alla mensa dei poveri in piazzale Velasquez. I cori della scuola Primaria e della scuola Secondaria hanno contribuito alla preghiera e alla commozione di numerosi presenti. I canti polifonici dei cori Händel e Sacro Volto hanno trasformato la chiesa di San Vito in un tempio di cori angelici. Importante l’apporto dei ragazzi di III Secondaria nel gestire il servizio d’ordine di circa 500 persone. La riflessione sintetica ma profonda del nostro Parroco, Antonio Torresin, ha concluso la meravigliosa serata, nella quale la nostra scuola è stata una risorsa per la Parrocchia e la Parrocchia è stata il segno visibile della comunità cristiana in cui la scuola opera. suor Rosangela In macchina... arriva la Befana in carcere! dei genitori! Alcuni bambini hanno poi voluto portare la calza in regalo ai papà ed è stato veramente un momento emozionante. Per rendere partecipi tutte… accludo la mia foto vestita da befana: questa mancava negli archivi della Congregazione vero? Il 2 gennaio non sono venuta al Mericianum perché la direttrice del Carcere mi ha chiesto di organizzare la befana per i bambini dei detenuti Befana – Epifania = Manifestazione. Cosa c’è di più bello che “manifestare” un po’ di gioia ai bambini? Cosa fare? Vestita da befana sono arrivata in carcere. “in macchina” e con l’immancabile scopa, nei due giorni dei colloqui e ho distribuito la tradizionale calza a tutti i bambini, intrattenendomi con loro, rispondendo alle loro curiosità sulla befana, giocando con loro; ho cercato di donare un po’ di serenità almeno per un piccolo spazio di tempo. Inutile dire la gioia dei bambini e la soddisfazione suor M. Fabiola Cara Sant’Angela Ascoltare la Parola partendo dalle domande Ogni anno la festa di Sant’Angela rappresenta davvero un momento importante per la vita del collegio e riesce, di volta in volta, a regalare emozioni sempre più forti attraverso interpretazioni del messaggio di Angela via via più elaborate e complesse. La collaborazione messa in atto per la realizzazione della festa crea sempre nuove amicizie, e le amicizie forti generano una collaborazione più salda. Questa è la grandezza del lavoro delle collegiali, un lavoro che non smette mai di approfondire la conoscenza di noi stesse, delle persone che ci vivono accanto, di Sant’Angela Merici e soprattutto di Dio. più nutrito gruppo di ragazze ha portato “in scena” uno spettacolo originale e in grado di toccare le corde di una platea visibilmente coinvolta. “Gioisce il cuore di chi cerca il Signore” è il titolo scelto per l’evento di quest’anno, emblematico di un percorso compiuto da tutte le persone che si sono impegnate nella realizzazione dello spettacolo, una ricerca che parte inevitabilmente dal Signore, passa attraverso la figura esemplare di Sant’Angela e al Signore poi ritorna. Mai come questa volta la stesura del copione ha impegnato le collegiali, chiamate Lo scorso 9 febbraio un sempre a condividere il proprio mondo interiore, i propri dubbi ma anche i propri successi, con l’intento di realizzare uno spettacolo realmente in grado di parlare a tutti. Il fil rouge della rappresentazione è stata un’attualissima nonché personale risposta alle domande, quasi come sfide provocatorie, “come può una donna del Cinquecento quale Sant’Angela parlare a noi del Duemila? Come possono i suoi insegnamenti essere ancora attuali e attualizzabili oggi?”. Sembrava una sfida inizialmente impossibile, ma cercando aiuto in primis proprio nelle parole della Santa di Desenzano la risposta si è fatta sempre più chiara, e di lì a poco 15 ha preso forma la rappresentazione portata in scena. Il testo, una lunga lettera corale, alterna i dubbi che attanagliano chiunque al giorno d’oggi e le parole di Sant’Angela, che risuonano come risposte quanto mai contemporanee. Lo spettacolo interpretato dalle ragazze che si sono scoperte - o riscoperte - attrici è stato curato da Chiara Stoppa, ormai al suo secondo anno di collaborazione con il collegio Paolo VI. A rendere ancora più coinvolgente la rappresentazione sono state le incursioni delle altre arti. Un enorme applauso lo meritano senza alcun dubbio le ballerine Rossella Distante e Roberta Santoro, che hanno coreografato e ballato sulle note di “Eppure sentire” di Elisa, dimostrando con le loro movenze e con la loro gestualità come anche la danza possa essere una forma di espressione tanto degli stati d’animo del genere umano quanto di una ricerca di Dio. Un posto d’onore lo merita il coro formato da un folto gruppo di collegiali guidate dal maestro Dario La Fauci, ormai figura di riferimento durante le ricorrenze più importanti al Paolo VI, che quest’anno ha fatto emergere alcune “voci fuori dal coro” in grado di regalare forti emozioni al pubblico. I complimenti allora sono d’obbligo per Noemi Calabrese, Roberta Conte, Nuccia Primerano, Benedetta Venezia e per una emozionatissima Elena Della Bona, che senza saperlo si è ritrovata a cantare “Con allegrezza grande” davanti all’autrice stessa, suor Irene. A conclusione dello spettacolo la professoressa Antonella Sciarrone in veste di pro Rettore e Presidente Educatt - nonché legata al 16 collegio Paolo VI per ricordi personali del periodo in cui lei stessa è stata studentessa universitaria - ha voluto ancora una volta sottolineare l’attualità e l’universalità tanto del messaggio di Sant’Angela quanto dei sentimenti delle ragazze. Dopo i meritatissimi applausi per la rappresentazione, il salone del Paolo VI ha cambiato le proprie vesti da palcoscenico ad altare per la Santa Messa. La funzione è stata concelebrata da don Luca Violoni, che le ragazze avevano avuto modo di conoscere e apprezzare già come predicatore nella basilica di Sant’Ambrogio durante gli esercizi spirituali di Avvento, da padre Marco Salvioli, padre Enzo Viscardi e don Serafino. Dopo la Celebrazione eucaristica le Collegiali hanno voluto ringraziare con dei fiori e con un canto le Suore presenti al Paolo VI: uno spontaneo gesto d’affetto accolto con grande sorpresa dalle stesse interessate. Come ogni festa che si rispetti, non è mancato il momento più conviviale. I festeggiamenti sono proseguiti per tutta la serata con il buffet e con i commenti gioiosi sia di chi ha preso parte attivamente allo spettacolo che di chi è stato spettatore lietamente sorpreso da un così poco consueto evento. Annalisa C. Festa di S. Angela Ogni 27 gennaio, oltre al “giorno della memoria”, alla mente di ogni suora ritornano tradizioni e ricordi di tanti anni passati tra le Orsoline, prima come alunne e poi come religiose. Indimenticabile è per chi tra noi ha i capelli bianchi il ricordo delle mattine in cui, per tradizione, la festa di Angela era associata alla cioccolata calda, servita in una tazza decorata a mano che riproduceva lo stemma delle Orsoline. Di stemma si trattava e non di logo, come di direbbe oggi , perché era una composizione di simboli vari: una lunga scala a pioli univa la terra al cielo, ovvero ad un triangolo che rappresentava Dio. A lato vi erano delle onde azzurre che indicavano il lago sul quale stava una barca sospinta dl vento a vele spegate. Non ho mai capito perché in questo stemma sia stata dipinta una scala a pioli e non una regale scala a gradini come nell’antico dipinto di Carcinardi. La scala a pioli mi fa immaginare la fatica che dovevano affrontare le creature celesti per scendere e salire dal cielo fino alla terra, con il corpo rivolto all’esterno della scala senza cadere, perché sarebbe impensabile per una schiera scendere di piolo in piolo con le “terga” rivolte al chi osserva lo stemma. Festa di S. Angela… e anche quest’anno non abbiamo fatto mancare ai piccolissimi della scuola dell’infanzia una serie di puntate per raccontare la bella storia di Angela (che qualche bimbo, con nostro stupore, ricordava dallo scorso anno). Abbiamo raccontato che Angela raccomanda di essere soavi e dolci e, per non far rimpiangere la cioccolata, ecco che la storia è terminata con il ritrovamento di un baule nella stanzetta di Angela, dove era racchiusa una pergamena con il suo testamento, che diceva espressamente che insieme all’amore non bisogna mai far mancare anche una bella e dolce brioche! Segno certo di un dolcezza che resterà nei loro ricordi. suor M. Fiorina 27 gennaio 2014, un giorno tra gli altri, ma non come gli altri La festa di Sant’Angela coincide con la celebrazione della Giornata della memoria e questa felice concomitanza arricchisce di un valore aggiunto le due ricorrenze; anche quest’anno il 27 gennaio abbiamo avuto modo di arricchire la festa di Sant’Angela con una testimonianza che ha lasciato il segno nel cuore e nella mente di chi l’ha ascoltata; Martina, studentessa del liceo di Saronno, ci racconta che cosa abbiamo vissuto. Ci sono giorni carichi di emozioni, giorni in cui i ricordi invadono la vita rendendola viva, piena di quel senso e di quella essenza che spesso trascuriamo tuffandoci nella quotidianità. Son questi i giorni in cui non puoi fare a meno di riflettere e di pensare che gli eroi e i santi, dopotutto, non sono tanto diversi: sono persone che, con tutte le loro forze, hanno lottato per raggiungere i loro obiettivi. Ricordare deriva dal latino recordis: ripassare dalle parti del cuore. Ed è proprio nel cuore delle persone piccole, comuni, che troviamo delle persone grandi. Questo giorno ci offre due grandi esempi, lontani tra loro, diversi: don Giovanni Barba- reschi e Sant’Angela Merici. Un eroe e una santa. Con Don Giovanni veniamo a contatto in una mattina d’inverno; siamo 500 ragazzi e insegnanti, riuniti nel teatro saronnese Giuditta Pasta, per celebrare la Giornata della Memoria ascoltando la testimonianza di chi ha vissuto eventi che sente l’esigenza di non nascondere o dimenticare, e vuole fare in modo che il ricordo passi anche dai cuori di chi è più giovane in modo che possa conoscere, riflettere, capire. Il ricordo è in quegli occhi tra17 sparenti, in quelle rughe, segno di una vita passata senza rimpianti; ricordo sono le parole commosse e coincise che don Barbareschi esprime con calma, con le mani giunte, lasciando trasparire le emozioni e tutto ciò che il ricordo desta in lui, seppur dopo molti anni. Anni in cui Don Giovanni, scout del gruppo clandestino Aquile Randagie (1943-45), partigiano, cappellano delle Brigate Fiamme Verdi, Medaglia d’Argento della Resistenza e giusto tra le Nazioni vive inneggiando alla libertà e all’amore per gli altri e per la vita. Sono queste le esperienze che racconta con semplicità ed estrema sintesi nel suo intervento durante la mattinata senza che manchino frasi di grande impatto. «È stato il momento più difficile della mia vita partigiana, alla fine siamo scappati con il ferito su una barella costruita al momento. E ci siamo salvati tutti. Qualsiasi codice ci avrebbe permesso di uccidere quella creatura come estrema difesa, ma era un uomo. E l’uomo va sempre rispettato». Il rispetto per gli altri come persone non è il solo principio che, con le sue parole, don Giovanni vuole lasciare ai ragazzi, tra quelli più importanti ci sono la libertà e l’amore: «Io ho rischiato molto e l’ho fatto perché credevo che aiutare gli altri, in qualsiasi circostanza, fosse la cosa più bella e l’unica che dava un senso alla vita. Oggi non rischia più nessuno. Nessuno si mette più in gioco per amore della libertà, si preferisce stare seduti e pensare alla carriera». Sono parole forti che fanno riflettere e mettono in discussione il quotidiano in cui ognuno, più che vivere, sopravvive. La mattina scorre, lasciando in ognuno un segno, un ricordo che passato per il cuore ha lasciato una traccia forte che vuole essere libera di potersi esprimere, libera di essere memoria. Ma memoria, in questo stesso giorno, è anche quella di Sant’Angela Merici, colei che avvicinandosi a Dio ed affidandosi a Lui ha avuto il coraggio di lanciarsi in una grande avventura. 27 gennaio 2014, un giorno tra gli altri, ma non come gli altri. Martina Ferré, 3^ Liceo scientifico Chi semina... raccoglie È pervenuta via mail questa comunicazione, che è anche una testimonianza di vita su quanto la presenza delle Suore Orsoline rimanga nelcuore e riemerga dalcuore nei vari momenti dell’esistenza. Carissime, Ho appena visitato il sito delle Suore Orsoline di Sant'Angela Merici e ho avuto immediatamente la necessità di contattarVi. Ho frequentato il Vostro meraviglioso Istituto dal 1977 al 1989. Rivedendo la struttura, ho rivissuto i momenti più belli della mia vita. Oramai, a causa di diverse vicissitudini negative, mi trovo ad abitare in provincia di Salerno, ma Vi ho sempre mantenuto nel cuore e nei miei più bei ricordi. Con chiunque ne parlo, dico sempre che in questa scuola ho imparato il rispetto per gli altri, il senso di sacrificio e l'amore per il prossimo; siete state per me uno dei più grandi punti fermi della mia vita. Una delle più grandi, vere scuole che un alunno possa frequentare. Grazie di tutto! L'amorevole insegnamento di Suor Caterina e il suo animo nobile, il sarcasmo con un pizzico di severità di Suor Diomira, la dolcezza di suor Erminia, l'incantevole voce e la simpatia di Suor Patrizia, nonché il perfetto e professionale insegnamento della signorina Bianca Maria Rossi hanno fatto di me la donna che sono. Buon lavoro a tutti e un forte abbraccio! Infinitamente riconoscente, Annarita Raffaella Cavaliere - classe 1974 18 Fabiola Gianotti «Come in un sol corpo abbiamo molte poi il liceo classico dalle Orsoline «Ci fermavamo ogni tre metri per membra e queste membra non hanno di S. Carlo in viale Maino. guardare, anzi esaminare ogni cotutte la medesima funzione, così anche Per una formazione completa vo- sa; per lui ogni sasso, ogni fossile, noi, pur essendo molti, siamo un solo luta dalla madre e per la moltepli- ogni coleottero aveva una storia corpo in Cristo e, ciascuno per la sua cità dei suoi interessi, sceglie tra da raccontare». parte, siamo membri gli uni degli altri. le attività extrascolastiche la Si laurea in Fisica all’Università Abbiamo doni diversi, secondo la gra- danza classica e il pianoforte. degli Studi di Milano nel 1984 e zia data a ciscuno di noi: chi ha il dono Consegue il diploma in piano- cinque anni dopo, nello stesso della profezia, …. chi ha il ministe- forte al Conservatorio di Milano ateneo, consegue il Dottorato di ro,… chi insegna, … chi esorta … Suo padre le insegna l’amore per Ricerca in Fisica delle particelle Chi dona, lo faccia con semplicità; chi la natura. «Ogni occasione era elementari, quelle che lei considepresiede, presieda con diligenza… .» buona per passeggiare in monta- ra “mattoncini” dell’Universo. (Romani 12,4-8) gna», cosa che fa ancora adesso. Nel 1994 vince una borsa di stu«Grazie ad un’applicazione puntuale, attenta e attiva, la Fabiola Gianotti si racconta: candidata ha acquisito piena pa- «Il bosone [di Higgs] è una particella molto speciale, che non appartiene dronanza degli argomenti studiati alle due classi in cui si suddividono le altre particelle: quelle di materia, … mostra di privilegiare uno stu- che sono i costituenti fondamentali dell’atomo, e quelle di interazione, dio caratterizzato da rigore che trasmettono l’interazione elettromagnetica, quella debole e quella scientifico-filosofico … (per) le forte. Il Bosone di Higgs è diverso, perché ha il compito di dare massa a sue spiccate attitudini teoretiche» tutte le altre particelle e, se così non fosse, il nostro universo non (dal giudizio di Maturità Classica, esisterebbe e ovviamente non esiteremmo neppure noi»(1) conseguita con il massimo dei voti presso l’Istituto Ghislanzoni Così lei stessa illustra la scoperta: delle Orsoline di S. Carlo - viale «Il meccanismo di Higgs entrò in azione dopo un centesimo di miliardesimo di secondo dalla esplosione del Big Bang e diede massa ad Maino 39 - Milano, 26/7/1979) Il giudizio di Maturità - che non alcune particelle, lasciandone altre senza massa. Dal Modello Standard, si è potuto riportare inte- che è l’insieme delle nostre conoscenze che finora meglio descrivono la gralmente - evidenzia i doni che il composizione della materia e le forze che fanno interagire le particelle, Signore ha dato alla futura sapevamo che ci sono particelle come il fotone che non hanno massa, scienziata e richiama il brano di ma sono pura energia e viaggiano alla velocità della luce e altre invece Paolo sulla diversità e sulla che hanno massa. La ragione era un mistero. Adesso abbiamo capito che ricchezza dei carismi, che Dio dà questo fatto dipendeva dalle differenti interazioni che queste particelle avevano con il bosone».(1) a ciascuno per il bene di tutti. Fabiola Gianotti nasce a Roma il 29 ottobre 1960, figlia di un geologo piemontese e di una letterata siciliana appassionata di musica. «L’atmosfera di casa era vivace, molto stimolante. Si discuteva di tutto e io ero molto curiosa. Volevo sapere. Tutto… ». Quando Fabiola ha 7 anni la famiglia si trasferisce a Milano, dove lei frequenta prima una scuola media di quartiere, il Tommaseo, «Le applicazioni pratiche delle nostre ricerche? Il bosone di Higgs ha già cambiato la nostra vita, perché per trovarlo abbiamo dovuto sviluppare tecnologie di punta in moltissimi settori. Per esempio, oggi esistono 30.000 acceleratori al mondo, di cui 17.000 sono usati in campo medico. Sono stati costruiti utilizzando tecnologie sviluppate al CERN e in altri laboratori del nostro campo. Ma al di là delle ricadute pratiche, pur importantissime, la conoscenza, come l’arte, sono fra le espressioni più alte dell’uomo in quanto essere pensante»(2). (1) Bosone di Higgs, Fabiola Gianotti si racconta: “Ora cerco la materia oscura”. Il Messaggero, 15-18 marzo 2013. (2) Dentro il Big Bang - Parla Fabiola Gianotti , Fisica da Nobel, La Repubblica 7 settembre 2013. 19 dio per giovani ricercatori al CERN, dove inizia una scalata che la porta nel 2009 a essere scelta come responsabile dell’esperimento ATLAS Il successo e l’esposizione mediatica non le hanno dato alla testa. Al posto di “io” usa volentieri il “noi”: Abbiamo studiato, abbiamo scoperto... un plurale che non smette di dar credito alle persone che hanno lavorato con lei. «È inutile essere arroganti nel mio lavoro. Non sappiamo nulla. O molto poco. L’umiltà è il modo migliore per andare avanti nella vita». È l’umiltà che gli scienziati imparano in laboratorio. Alla domanda su cosa crede risponde: «Scienza e religione si muovono su piani diversi, ma non sono affatto in contraddizione». suor Teresa Maria Un augurio speciale All’inizio del nuovo anno viene consegnato a scuola un biglietto con due pensieri scritti su due facciate distinte che trascrivo integralmente. La prima facciata a sinistra riporta un pensiero rivolto ai ragazzi «Vorei fare anche ai compagni di C. un augurio di buon anno. Ha tutti voi e alle vostre famiglie tanta salute e felicità, e che i vostri desideri potrano averarsi perché siete tutti bambini speciali come i vostri maestri e i vostri genitori. Vi auguro carissimi bambini tanti auguri e felicità (e ascoltate sempre i vostri professori che vi vogliono bene). Con affetto vi mando un grosso abbracio da papà di C.». La seconda facciata del biglietto riporta un pensiero rivolto agli insegnanti: «Vorei fare un augurio alla scuola di mio figlio C. e a tutti i professori, maestri e tutti che si impegniano tutti i giorni per mio figlio e per gli altri bambini. Vorei farvi un augurio a voi e alle vostre famiglie, tanta salute e felicità per impegnio che lo fatte nei confronti di tutti i bambini della scuola di mio figlio. Grazie con 20 tutto il cuore da papà di C.». Questo pensiero non ha nulla di insolito, se non gli errori di grammatica … ma se diciamo che arriva da un padre che sta scontando una pena detentiva da diversi anni e che ha ottenuto solo da poco la possibilità di vedere suo figlio, che ha 12 anni, forse diventa un biglietto speciale. Quest’uomo proviene da uno dei paesi dell’Est e non ha frequentato scuole. Il figlio è stato sottratto anche alla madre e vive in una comunità che ha voluto scegliere, per un ragazzo molto intelligente, una scuola che lo prepari alla vita. Qui ha trovato compagni che conoscono la sua situazione e ne parlano con molta discrezione; qualche famiglia lo invita nelle feste e qualche altra lo porta in vacanza con il proprio figlio. Se poi diciamo che questo accade in un delle nostre scuole nel centro di Milano, questo rende questo scritto ancora più importante. Un giorno un genitore a colloquio per iscrivere la propria figlia nella nostra scuola mi chiedeva: «Mi dica un motivo per cui dovrei portare mia figlia da voi e non al S. Carlo o al Leone» e la mia risposta fu:«In quelle scuole sua figlia incontra ragazzi delle famiglie che “contano” per la città di Milano, da noi incontra “chi conta e chi non conta nulla” (secondo la mentalità del mondo), perché è importante per un giovane sapersi confronatre con tutta la realtà che lo circonda». Quel genitore, pur apprezzando la risposta, non è tornato però ad iscrivere la figlia… peccato, ha perso una grande esperienza di vita! suor M. Fiorina Apertura nuovo corso regionale a Saronno Vogliamo condividere con tutti la nostra soddisfazione per aver ottenuto, dopo un lungo lavoro di preparazione e un “infinito” iter burocratico, l’Accreditamento presso la Regione Lombardia. Col prossimo anno scolastico 2014/15 inizieremo pertanto nella nostra sede di Via S. Giuseppe un corso regionale di Istruzione e Formazione Professionale per Operatore ai Servizi di Promozione e Accoglienza – Servizi Turistici. Siamo felici di poter offrire un corso totalmente gratuito per le famiglie meno abbienti e per i ragazzi che pensano di non poter affrontare una Scuola Superiore della durata di cinque anni. Il corso è pertanto triennale e dà adito alla Qualifica. Potrà essere seguito da un quarto anno e forse anche da un quinto. È un bel servizio al territorio, che ha già apprezzato la nostra iniziativa facendoci giungere rallegramenti e sostegno anche dall’Ufficio della Formazione Professionale della Provincia di Varese e dagli altri enti che ci conoscono. Lo spirito di S. Angela, che ci ha animati nel cercare una via nuova per i più deboli e i più poveri, continuerà a sostenerci ne siamo certi - nella concreta attuazione di questa attività. Noi suore ringraziamo di cuore i laici che hanno lavorato a stendere il progetto e ora ancor più si impegneranno nella preparazione dei Programmi e nella loro realizzazione. Chiediamo a tutti di sostenerci con la preghiera e con l’affetto. suor M. Luisa e docenti della Commissione “Promozione e sviluppo” Luce dei miei passi Da alcuni anni vivo l’esperienza dei “Gruppi di ascolto della Parola”, un’iniziativa nata in tempi ormai non più recenti, ma sempre attuale, come è sempre attuale la Parola di Dio. Sono previsti sette incontri all’anno su alcuni brani biblici dell’Antico o del Nuovo Testamento. Noi animatori ci prepariamo accuratamente con l’aiuto di un testo predisposto e di altri sussidi che possono essere utili, e ogni volta ci troviamo prima dell’incontro per approfondire il tema trattato, cogliere i punti più suggestivi, lasciarci interpellare a nostra volta, rispondere agli interrogativi che nascono, dialogare, lasciarci sorprendere e stupire sempre di nuovo. Agli incontri, che si svolgono nelle case o all’oratorio, vengono invitati adulti di ogni età; unico requisito: ascoltare la voce del desiderio che si fa strada nel proprio cuore! Ci si invita per amicizia, si partecipa per provare, per curiosità forse; e ci si ritrova con il cuore pieno di gioia! Radunarsi attorno alla Parola è un’esperienza straordinaria: è incredibile come il Signore ha sempre qualcosa di nuovo da dire, proprio a te! È bello vedere le persone che si lasciano coinvolgere, gli occhi che si illuminano, la gratitudine spontanea e sincera. Cerchiamo sempre di dare spazio alla testimonianza dei propri vissuti, perché è ciò che davvero convince; talvolta è bello per me ascoltare i racconti semplici ma anche toccanti di alcuni membri dei gruppi. Tra le tante opportunità di bene che il Signore mette sulla mia strada, e di cui lo ringrazio, questa è sicuramente una delle più significative. suor Donata 21 a Tambre: nuovi stili e vecchi amici... Incontro con p. Adriano Sella Il giorno 01/12/2013 la nostra Associazione, Il Tralcio onlus, ha organizzato a Tambre un incontro con p. Adriano Sella, direttore dell’Ufficio Nuovi Stili di Vita della Diocesi di Padova. Abbiamo avuto il piacere di conoscere il lavoro di sensibilizzazione e di formazione che p. Adriano svolge, come coordinatore interdiocesano sugli stili di vita, rispetto al tema della “Salvaguardia del Creato” Nella presentazione iniziale del relatore all’assemblea ci siamo chiesti in modo provocatorio: ma è veramente necessario modificare i nostri stili di vita? P. Adriano si è rivolto ai presenti illustrando attraverso un video la precaria situazione della nostra vita sulla Terra, mettendo in evidenza le cause ed ipotizzando le soluzioni dei problemi. Il suo intervento è servito per crescere nella consapevolezza che la situazione del nostro pianeta Terra, la crisi economica e sociale, la scarsa qualità delle relazioni interpersonali e comunitarie, ci impongono un cambiamento e scelte di discontinuità che forse non vogliamo, ma se non realizziamo tale cambiamento al più presto la nostra corsa verso il declino sarà inesorabile. L’invito dunque è quello di diventare tutti protagonisti del cambiamento e di adottare, sia nel privato che nel pubblico, azioni e comportamenti virtuosi, capaci di riconsegnarci una buona qualità di vita. suor Carola Per saperne di più: www.nuovistilidivitapadova.org www.famigliacristiana.it/articolo/ vince-il-nuovo-stile-di-vita-.aspx Alpini: se non ci fossero… bisognerebbe inventarli! Li conoscevamo leggendo qualche articolo sui giornali o quando la televisione passava sullo schermo le loro grandi e commoventi manifestazioni, oppure quando, con grande generosità e disinteresse, operavano e operano ancora oggi dove c’è bisogno del loro soccorso e aiuto. Da quando siamo arrivate a Tambre abbiamo potuto conoscerli da vicino e, quindi, apprezzarli maggiormente. Persone serie, sempre disponibili, che mettono allegria con i loro canti, ristorano con i succulenti piatti tipici preparati con amore in tante occasioni e accompagnati da un 22 buon bicchiere di vino dei nostri colli. Ma non è tutto qui. Fanno riflettere quando, nelle loro manifestazioni, passano con le loro penne nere sul cappello portando con orgoglio e fierezza i gonfaloni che molto hanno da raccontare di quella che è stata la nostra storia italiana. Gli alpini, con la loro disponibilità e generosità, ci parlano ancora oggi concretamente. Noi del’Associazione Il Tralcio onlus li abbiamo visti come abbattitori di enormi faggi per riportare alla luce la casa di accoglienza di via Cate 110 a Pianon di Tambre. Con grande maestria e competenza hanno sostituito la recinzione intorno alla casa, che ormai non si riconosceva come tale; hanno lavorato con grande impegno, donando il loro tempo a favore dell’Associazione e soprattutto a beneficio delle persone svantaggiate che la struttura accoglie. Vogliamo dire a ciascuno di loro il nostro grazie riconoscente per il bene che abbiamo ricevuto e per la testimonianza che danno. suor Carola e suor Maria Angela Un nuovo battistero nella Comunità Pastorale S. Eusebio Le sollecitazioni della Chiesa a entrare nella logica della Nuova Evangelizzazione, a partire dal nostro riscoprirci e riconoscerci Figli di Dio, hanno guidato il lavoro dell’equipe battesimale e delle commissioni che si prendono a cuore il cammino dell’iniziazione cristiana nelle parrocchie di Barasso, Casciago, Luvinate e Morosolo fino a maturare insieme il desiderio di dare ampia visibilità alle sorgenti della nostra vita cristiana. Da qui l’idea del parroco, don Norberto, di costruire un nuovo battistero per la comunità pastorale sant’Eusebio. L’opera deve essere frutto della Provvidenza, inserirsi in un contesto ecclesiale di ampio respiro e deve essere un messaggio chiaro non solo per le nostre quattro parrocchie, ma per chiunque si fermi per una sosta davanti al tabernacolo nella chiesa di Casciago, dedicata a sant’Agostino e a santa Monica. L’opera è pensata dentro un percorso artistico particolare del nostro territorio in provincia di Varese, come spiega il parroco della Comunità Pastorale di S. Eusebio neltesto che segue. Il battistero nell'arte cristiana ha un’importanza fondamentale perchè, attraverso l'immersione nell'acqua lustrale, si entra nella vita divina, resa visibile dalla morte e resurrezione di Gesù e a cui tutti - ma proprio tutti possono accedere se lo vogliono. Il battistero nella Chiesa antica ha avuto grande rilevanza anche artistica ed architettonica. Possiamo citare l'antico battistero nel duomo di Milano, quello di Parma o di Firenze, per accennare a quelli più famosi. Ma non possiamo dimenticare, nella provincia di Varese, famosi e antichi battisteri che fanno la storia dell'arte e della spiritualità locale: il battistero nella parrocchia di san Vittore in Varese, il battistero nella parrocchia di san Giovanni a Busto Arsizio, il battistero di Arsago Seprio, di Arcisate, di Castiglione Olona. In questa ottica si colloca la scelta di predisporre un battistero completamente nuovo nella chiesa parrocchiale di Casciago, edificio più adeguato per la comunità pastorale sant'Eusebio. L'opera avrà un’importanza particolare per il contributo artistico del Centro Aletti di Roma con il gesuita padre Marko Rupnik e la sua équipe di artisti. Seguiranno il progetto gli architetti Francesca e Dario Antonino di Cherasco (Cn). Rinnovare lo spazio liturgico in una dimensione spirituale che tiene conto degli orientamenti del Concilio Vaticano II e del recupero dell'arte sacra è il presupposto su cui si muoveranno gli artisti. Il Centro Aletti - voluto da Giovanni Paolo II per favorire l'incontro della spiritualità occidentale e di quella orientale - opera soprattutto attraverso l'arte del mosaico. L'arte di padre Marko Rupnik e della sua équipe si dispiega a livello internazionale con opere in diverse parti del mondo. Ricordiamo, solo per una esemplificazione, i mosaici nella cappella papale in Vaticano, nella cripta del santuario a san Giovanni Rotondo, i mosaici presso la basilica di Lourdes e presso la nuova chiesa del santuario di Fatima. Ma ne sono state realizzati anche in Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Slovenia, Austria, Serbia, Croazia, Libano, Siria e in 23 numerose località dell'Italia. Crediamo che poter realizzare questa opera all'interno dell'arte locale, ma con un respiro internazionale, possa essere l'aspetto più nuovo e particolare: sarebbe l'unica dell'artista nella Provincia di Varese. Così l'antico patrimonio artistico, presente nelle chiese di Arcisate, Arsago Seprio, Varese e Castiglione Olona, potrà arricchirsi dell'arte moderna in una prospettiva di continuità ma anche di sviluppo. Il turista - attirato dalla vicinanza del Sacro Monte di Varese, con la sua arte e la sua spiritualità - potrà così accedere all'arte sacra espressa sul territorio varesino nei diversi mo- menti storici e ritrovare a Casciago un altro tassello di quello stile che sta attraversando l'Europa e la Chiesa. Nel nuovo battistero di S. Eusebio l'artista realizzerà un mosaico raffigurante l'antica immagine della discesa agli inferi di Gesù, che va a liberare l'umanità sepolta nel male nella figura di Adamo ed Eva. La vasca battesimale sarà al centro di questo nuovo spazio liturgico (attualmente non debitamente uti- lizzato) e in questo stesso spazio il sacerdote potrà amministrare il sacramento della Riconciliazione, indicato dalla tradizione cristiana come il "secondo battesimo". don Norberto La città di Como e S. Lucia Como è conosciuta in tutto il mondo come la “città della luce” in quanto Volta l’ha resa immortale per le sue invenzioni geniali. Le sorprese e le scoperte non finiscono mai! Como è anche legata a Santa Lucia, che certamente collabora per “far vedere meglio” le cose che davvero contano. È vero anche che “un Santo tira l’altro” ed ora che il Sant’Andrea è tornato al proprio posto nella Chiesa, quale apostolo insostituibile, è bello grazie agli esperti rivisitare anche qualche figura femminile, la cui devozione non è sempre conosciuta. Ogni anno mi meravigliava la celebrazione in Cattedrale di una messa solenne dei canonici per Santa Lucia, finché ho capito che nella navata laterale c’è una pala d’altare con scultura lignea raffigurante la santa con un occhio in mano! Siccome nel periodo prenatalizio questa Santa è festeggiata un po’ dovunque, anche nel Veneto e a Desenzano dove 24 sono le nostre radici, ho pensato che qualcosa sulla Santa Siracusana possa interessare. A Como Santa Lucia non porta i doni, è ricordata perché portatrice di luce e di un dono importantissimo: la pace. Siamo nel lontano XV secolo: Como era in preda a lotte di fazioni. Le principali famiglie del luogo, quali i Rusca e i Vittani, erano schiacciate dai Visconti di Milano. Il Vescovo era spesso lontano dalla città ed impegnato in imprese diplomatiche e studi umanistici anche se si avvaleva, per la gestione della cittadella, di ottimi collaboratori in quanto desiderava una rinascita, anche spirituale, della città. In una Chiesa inaridita dal potere e dalla trascuratezza sorgevano i conventi di San Donato- è ancora visibile, anche se ora è abitato da famiglie - e di Santa Croce in boscaglia, e circolavano per la città ottimi predicatori quali Bernardino da Siena e un suo discepolo frate Silvestro. Nel 1439 questi artefici di pace ottennero, grazie alla costanza della loro predicazione e dell’annuncio evangelico, frutti di riconciliazione. Il giorno di Santa Lucia ci fu una riconciliazione cittadina completa e visibile in forma di processione, che coinvolse la grande varietà delle fazioni in un nodo di pace. Il ricordo della pace raggiunta si rinnovò di anno in anno, proprio come la luce che torna dopo il buio dell’inverno! Il duomo di Como era allora in allestimento e Santa Lucia – che già era presente in una cappella, poi distrutta venne onorata, con altri santi, nella bellissima pala d’altare della navata destra. Apriamoci, con la nostra Madre Sant’Angela, a stimoli di luce, a gesti di pace, a cammini d’amore! suor Elisabetta e Suore Suor M. Lisetta Cara suor M. Lisetta, l’ultima volta che ci siamo viste ti ho chiesto quando avremmo potuto salire insieme verso un rifugio alpino. Tu mi hai risposto “subito”, perché la sete del bello non si è mai spenta nel tuo cuore e non potevano essere le forze fisiche a limitarne il desiderio. Quando si arriva al rifugio si scordano le fatiche e lo sguardo può spaziare sulle cime e a valle. Adesso che hai raggiunto la vetta più alta, e stai contemplando quel Signore che è stata la meta della tua vita, posso far scorrere alcuni bei ricordi del tuo passaggio. Quando ero tua allieva, ho ammirato la tua versatilità, il tuo buon gusto, la tua cultura e quel tratto simpatico e semplice, un po’ sognante da artista, che faceva cadere le distanze tra noi ragazze e la suora. Ti ho poi ritrovata consorella e ancor più ho potuto apprezzare la tua bontà d’animo, il tuo fine umorismo e l’amore per tutte le cose belle che sapevi mettere a disposizione di tutte, si trattasse di un disegno come di una gita, di una lettura o di un gelato, dei fiori che coltivavi con passione o della musica con cui accompagnavi i nostri canti. Se scavo nella memoria non trovo sul tuo labbro parole amare, giudizi avventati o malevoli; il tuo sguardo sapeva vedere in tutte le persone gli aspetti positivi. Le tue trovate sapevano creare ilarità e buono spirito. Quando sei stata la mia Superiora hai sostenuto noi più giovani alla ricerca del nuovo: ti sentivamo in questo vera compagna, ci volevi bene, da orsolina sempre alla ricerca delle vie nuove da percorrere per essere più vicine al mondo giovanile che ci è affidato. Quando salivano in montagna tu eri fornita di tutto: ti portavi quello zaino pesante da cui sbucava di tutto e per tutte, al bisogno… perfino la caffettiera! Lo zaino pesante l’hai portato anche in questi ultimi tempi nella inattività di San Michele, tu che non sei mai stata capace di rimanere inattiva, che sapevi creare con le tue mani bellezza, che sapevi imparare da autodidatta ogni disciplina. Carissima Lisetta, suora, madre e sorella, compagna, zia affettuosa, siamo in molti a guardare a te con affetto e con riconoscenza. E proprio a nome di tutti quelli che hai amato ti dico grazie e arrivederci, Il Signore che ti ha accolto ti ricompensi. suor Chiara Suor M. Giovanna Madre Giovanna: agli occhi di tutti quelli che la incontravano una donna di Dio e una madre nello Spirito. Già da giovane ha sempre dimostrato di avere “passione” per la vita: ricca di vari interessi, colta, pianista, sportiva, amante della montagna, scalatrice e... innamorata! Si sentì chiamata dal Signore e, semplicemente, lasciò tutto: agi e vita brillante per seguirLo. Nel 1939 attraversò la strada ed entrò dalle “sue “Orsoline, insieme alla sorella Cecilia. Delicata e attenta, con spiccati tratti di vera signorilità, il suo sguardo intenso scorreva su chi le stava davanti a cogliere ogni richiesta, anche non espressa, alla ricerca di un rapporto più profondo che potesse risalire alla sorgente del Bene. Sì, perché il suo segreto erano le lunghe ore passate davanti al Signore, anche di notte… (la fatica, talvolta, durante il giorno a tenere gli occhi aperti lo testimoniava!); il Maestro le insegnò, progressivamente a spendere la vita nella passione per Lui e per i fratelli. E la vita, la sua lunga vita, madre Giovanna, l’ha spesa nella dedizione mai interrotta alla sua cara Congregazione in cui autenticamente si sentiva “madre”: aveva, infatti rinunciato alla maternità fisica, non facilmente, per vivere un’ altra maternità, più aperta ed 25 universale. Dai primi anni della professione, fu chiamata, infatti, ad incarichi che misero in luce il suo tratto materno. Una maternità dolce ma ferma, come sant’Angela ci ha insegnato: volta a confortare, sostenere, ma anche a correggere ed orientare per mantenere coerenza nella strada della santità. [...] Offrì con generosità il servizio all’intera Congregazione anche come Segretaria generale, Consigliera, e quindi Vicaria Generale, contraddistinta da una attenta disponibilità ad aiutare là dove occorressero, oltre che la sua sensibilità e la sua sapienza, anche il suo spiccato senso realistico femminile [...]. In questi ultimi anni ha “accompagnato” con attenta delicatezza la sua ultima Comunità di San Michele e, con il suo tenero consiglio e la sua continua pre- ghiera, anche le ultime Madri generali.[...] La sua presenza evangelica la indusse a sfidare anche le ultime tecnologie di comunicazione: quanti sms scriveva ancora la scorsa primavera per incoraggiare e promettere preghiere, con lo stupore di chi capiva che i messaggi erano stati inviati da una ultracentenaria! Il suo cuore testimoniò la fede e la gioia di chi sa di appartenere al Signore. [...] Grata a chi le prestava le cure, fino alla fine sei stata teneramente sorridente e dolcissima! Così ti ha accolto lo Sposo, sempre atteso con “cuore grande e pieno di desiderio “– come sant’Angela chiede- in questi 103 anni di fedeltà. Oggi è un giorno di festa perché ti sappiamo, finalmente, là con la tua lampada accesa, con l’Amato, dopo averlo tanto desiderato: intercedi presso di Lui per i tuoi familiari, da te sempre amati, e per tutta la Congregazione, soprattutto per i nuovi germogli già a te affidati. Grazie Madre Giovanna! suor Paola Lettere tra cielo e terra «Perché, per essere cristiani, è necessario andare a Messa?» Questo interrogativo, posto da un cattolico non praticante all'amico sacerdote durante una cena, è il fil rouge del libro. Non un saggio di teologia, ma dodici lettere scritte in un linguaggio accessibile, nelle quali, attraverso episodi personali e passi della Bibbia, si cerca di spiegare la Messa: un atto di culto ancora e sempre presente, ma del quale si è finito per dimenticare il senso e che troppo spesso è vissuto solo come un rito scollato dalla vita quotidiana. Don Ricardo Reyes si rivolge a credenti e non, in un percorso sorprendente e di facile lettura, per aiutarli a riscoprire l'esperienza eucaristica della Messa e la bellezza di Dio. RICARDO REYES È nato a Grenoble nel 1974 da genitori panamensi. Dal 2003 è presbitero della diocesi di Roma. Ha conseguito il dottorato in Sacra Liturgia presso il Pontificio Istituto Liturgico di Sant'Anselmo a Roma. Attualmente svolge il suo ministero pastorale nella parrocchia di San Basilio a Roma. Ha pubblicato: L'umiltà nel pensiero liturgico di Joseph Ratzinger (BEL Subsidia 158), CLV, Roma 2011. 26 Da leggere e da vedere (a cura di suor Silvia) Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli Baldini & Castoldi 2013 Pag.155 €8.99 Trama Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché, quando bussano alla porta, corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l'incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l'Iran, la Turchia e la Grecia. Un'odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l'ironia né a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età. Questa è la sua storia. Commento Una storia vera: il protagonista, colui che in prima persona racconta la sua storia, è un ragazzo afghano che oggi vive a Torino e che, per essere salvato, è stato "abbandonato" dalla madre... Sin dall’incipit di questo libro irrompe la voce narrante del protagonista, che, ormai stabilitosi in Italia, all’età di ventun’anni racconta in una sofferta e dettagliata narrazione il suo incredibile viaggio dall’Afghanistan fino in Italia caratterizzato da pericoli, disagi e fatiche . Un lungo dialogo tra Fabio ed Enaiatollah è la struttura portante di questo libro: la voce di Geda interviene solo sporadicamente per sottolineare alcuni punti o sollecitare chiarimenti al suo interlocutore, lasciando spazio ai ricordi del ragazzo. Enaiatollah è uno di quelli che ce l’ha fatta e oggi sente la necessità di raccontare il suo passato; noi allo stesso tempo proviamo il desiderio di ascoltare le sue parole. Dalla sua voce giunge fino a noi una lucidissima e semplicissima analisi del senso dell’essere “umani”. In questa storia riconosciamo la storia di tutti coloro che sono costretti a lasciare la loro casa per andare in cerca di un futuro migliore, e che, da quel momento, orfani delle loro radici, si perdono nel grande mare dell’umanità: se riusciranno a raggiungere la loro mèta, non sarà solo grazie alla fortuna, alla tenacia e al coraggio, ma anche alla mano tesa di chi avrà visto in loro il proprio fratello. La caratteristica principale di questo libro è la delicatezza, la capacità di ripercorrere una cupa avventura con il passo lieve dell’infanzia; una storia che 27 coinvolge da subito e che sfocia in un finale struggente e commovente. Da non perdere! Paola Natalicchio, Il regno di OP Einaudi 2013 Pag. 158 €15 Trama Quando stai per avere un figlio lo sai che ad aspettarti c'è l'uragano. Sai che alla meraviglia si mescolerà la fatica delle notti in bianco, dei pianti incomprensibili e del tempo che sparisce. Quello che non ti aspetti, mai, è che da un giorno all'altro l'uragano ti trascini nello stesso ospedale in cui tuo figlio è nato poche settimane prima. In un luogo cosi impronunciabile che devi inventartene un altro, di nome: Oncologia pediatrica, il Regno di Op. Ma c'è un'altra cosa che non ti aspetti, e che scopri pian piano, una verità che ha il profumo dei popcorn, i colori dei pennarelli, il suono di una canzone o di una ninnananna. Ed è che i bambini, anche quando sono malati, restano sempre soprattutto bambini. La battaglia di Paola e di suo figlio si intreccia con quella di tante altre famiglie, di tanti bimbi di tutte le età, combattenti piccolissimi e invincibili, e con quella di chi nelle stanze del Grande Ospedale non è di passaggio: le infermiere, i portantini, i medici che "ogni giorno, come i pompieri, provano a spegnere il fuoco". Ma la guerra finisce, prima o poi. E quando esci in piedi, da una guerra cosi, ti senti che la vuoi raccontare. Ecco come nasce questa storia di solidarietà e resistenza, questa "maratona sui carboni ardenti" che Paola Natalicchio ci restituisce con una voce nitida e pungente, persino allegra, capace di scardinare il dolore per trasformarlo in coraggio. Commento Titolo e disegno di copertina a prima vista sembrano innocui, quasi lievi, da libro per ragazzi: non è così. Le storie comprese nelle sue pagine non appartengono al regno fatato della fantasia perché sono successe e succedono davvero, sono racconti crudeli di bimbi ammalati di tumori dai nomi difficili e dei loro medici-maghi che fanno di tutto per sottrarli ad un finale altrimenti già scritto. Sono racconti di padri e madri-coraggio, vite sospese tra una seduta e l’altra di chemioterapia. Sono racconti di infanzie comunque interrotte, di banchi di scuola, cortili e palloni abbandonati controvoglia. Le storie racchiuse dentro lo scrigno segreto di OP sono vere e, a volte per fortuna, finiscono bene, a cominciare da quella di Angelo, il neonato dell’autrice, sopravvissuto a una neoplasia pediatrica, raccolte e raccontate, di volta in volta, con rispetto, e pudicizia di stile. Il libro è il ritratto di esistenze emblematiche, la comprova di come certe situazioni ti riconducano, vuoi o non vuoi, alla dimensione essenziale delle relazioni, dei valori, delle cose che contano veramente. In ultima analisi: la forma di questa discesa all’inferno e ritorno (oggi come oggi il 70% dei bambini-soldato ce la fa) è soffice, distillata, quasi poetica, malgrado i contenuti risultino spesso di peso insostenibile. Un libro redatto con una scrittura leggera e luminosa da una mamma che ha lottato contro il drago e ne è uscita vittoriosa e che ha saputo condividere con altri il suo peso per trasformarlo in forza. Da leggere senza indugio!
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