Consulta il testo - Osservatori Sulla Giurisprudenza

www.ildirittoamministrativo.it
N. 05609/2014REG.PROV.COLL.
N. 05545/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5545 del 2013, proposto da:
Smea Impianti s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Vito
Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
contro
Gestore dei Servizi Energetici-Gse s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e
difeso dagli avvocati Cesare San Mauro e Andrea Di Porto, con domicilio eletto presso quest’ultimo
difensore in Roma, via Giovanni Battista Martini n. 13;
nei confronti di
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare, Agenzia delle Dogane Direzione Centrale Accertamenti e Controlli; Agenzia delle Dogane Direzione Regionale di Bari, Agenzia delle Dogane - Direzione Interregionale Puglia Molise e
Basilicata, in persona dei rispettivi rappresentanti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
1
www.ildirittoamministrativo.it
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 5445/2013, resa tra le parti,
concernente revoca ammissione alle tariffe incentivanti relative all'impianto fotovoltaico
denominato "Asi Modugno "
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici-Gse Spa, dell’ Agenzia
delle Dogane, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Consigliere di Stato Giulio Castriota
Scanderbeg e uditi per le l’avvocato Pappalepore, l’avvocato San Mauro e l’avvocato dello Stato
Tidore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La società Smea Impianti s.r.l. impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio 30 marzo 2013 n. 5445 che ha respinto il ricorso di primo grado dalla stessa promosso
avverso il provvedimento del Gestore dei servizi energetici n. P2012015539 dell'11 settembre 2009,
con il quale è stato annullato, in autotutela, il provvedimento di ammissione alla tariffa incentivante
relativo all'impianto fotovoltaico realizzato in Modugno ( Bari) e di cui risulta titolare la odierna
società appellante.
L'appellante censura la sentenza impugnata, che ha ritenuto legittimo l’esercizio, nella specie, del
potere di autotutela dell'amministrazione, sul rilievo della effettiva sussistenza di un vizio originario
a base della determinazione di ammissione della società odierna appellante ai benefici del d.m. 6
2
www.ildirittoamministrativo.it
agosto 2010 relativo al terzo conto energia e, in ogni caso, l’insussistenza di un onere motivazionale
particolarmente stringente, a fronte del macroscopico interesse pubblico sotteso al recupero di
somme indebitamente corrisposte.
La società appellante deduce, per converso, che la violazione riscontrata nel provvedimento in
primo grado impugnato (id est, di aver riscontrato la tardiva entrata in esercizio dell’impianto,
successiva al 31 maggio 2011, data ultima per poter beneficiare degli incentivi suddetti),
risulterebbe di tipo meramente formale, non incidendo in concreto sul termine ultimo di avvio
dell'attività produttiva, avviata alle ore 20 del 31 maggio 2011.
Contesta, inoltre, l’appellante sia la violazione dello specifico onere di motivazione del
provvedimento di ritiro dell’ammissione ai benefici economici, adottato a circa otto mesi dalla
stipula e dalla esecuzione della convenzione inter partes , sia l’indubitabile rilevanza del legittimo
affidamento della odierna società appellante, vieppiù rafforzata dalla suddetta convenzione,
stipulata con il Gestore dei servizi energetici fin dal 14 novembre 2011.
Insiste pertanto l’appellante per l’accoglimento dell’appello e per il consequenziale annullamento
dell’atto di autotutela in primo grado impugnato, in riforma della gravata sentenza.
Si sono costituiti in giudizio sia il GSE che l'Agenzia delle dogane per resistere all'appello e per
chiederne la reiezione.
Le parti hanno depositato memorie illustrative in vista della udienza pubblica di discussione.
All'udienza pubblica del 28 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L'appello è fondato nei sensi di cui appresso.
3.- La vicenda che ne occupa riguarda l'impugnazione da parte dell'odierna società appellante del
provvedimento del GSE n. P2012015539 dell'11 settembre 2009, con il quale, in autotutela, veniva
annullato l’originario provvedimento di ammissione della ricorrente alla tariffa incentivante prevista
dal d.m. 6 agosto 2010 (c.d. terzo conto energia) in relazione all'impianto fotovoltaico di potenza
pari a 998,20 KW realizzato dalla società Smea in Modugno ( Bari) e veniva sostanzialmente posta
nel nulla la relativa convenzione stipulata ( tra la società ed il Gestore) il 14 novembre 2011 per la
durata di vent’anni. A base dell’annullamento, il GSE ha rilevato la tardiva entrata in esercizio
dell’impianto ( successiva alla data del 31 maggio 2011 prevista dal citato d.m. quale termine
3
www.ildirittoamministrativo.it
ultimo per fruire dei benefici economici del c.d. terzo conto energia) in quanto la società Smea non
avrebbe tempestivamente assolto gli oneri di comunicazione dell’avvio dell’impianto al competente
ufficio doganale ( comunicazione effettivamente occorsa soltanto il successivo 1° giugno 2011).
4.- Le censure dell’appellante si appuntano, anzitutto, sull'erronea interpretazione dell'art. 53 bis del
decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, nella parte in cui tale disposizione prevede solo il
requisito della “contestualità” tra la messa in esercizio e la comunicazione di inizio dell’attività di
produzione energetica, evenienza a suo dire nella specie effettivamente realizzata a mezzo della
tempestiva comunicazione, il mattino susseguente all’avvio dell’impianto, all’ufficio doganale di
Bari. Sottolinea, inoltre, la società appellante che la richiamata disposizione normativa intendeva
riferire il rispetto del limite temporale alla messa in esercizio dell’impianto, prevedendo quale
incombente ulteriore unicamente la comunicazione della data di inizio dell’attività, restando
irrilevante la data in cui tale comunicazione fosse in concreto presentata.
Con distinti motivi l'appellante deduce l'erroneità della sentenza nella parte in cui non avrebbe
condiviso le doglianze incentrate sul difetto di motivazione del provvedimento di autotutela, anche
in ragione del legittimo affidamento indotto dalla stessa amministrazione con la stipula della
convenzione del 14 novembre 2011 e della conseguente violazione dell’art. 21 nonies della legge n.
241 del 7 agosto 1990.
5.- Rileva anzitutto il Collegio che meritano condivisione, nel caso in esame, i motivi di censura
incentrati sulla violazione del principio di legittimo affidamento.
Il Tar, facendo propri gli argomenti dedotti dal GSE, ha rigettato le corrispondenti censure di primo
grado, ravvisando una sorta di interesse pubblico in re ipsa nel fatto stesso del recupero da parte
dell'amministrazione delle somme indebitamente erogate a titolo di incentivi, a fronte del ben più
fievole interesse privato al trattenimento di quanto già incamerato a quel titolo.
Ritiene il Collegio che tale statuizione non possa essere condivisa e vada riformata in accoglimento
della corrispondente censura d’appello.
Pur nella consapevolezza che l'annullamento in autotutela sia un atto connotato da ampia
discrezionalità, va osservato che per costante giurisprudenza, l'annullamento d'ufficio di un
provvedimento amministrativo presuppone una congrua motivazione sull'interesse pubblico, attuale
e concreto, a sostegno dell'esercizio discrezionale dei poteri di autotutela, con una adeguata
ponderazione comparativa, che tenga anche conto dell'interesse dei destinatari dell'atto al
4
www.ildirittoamministrativo.it
mantenimento delle posizione che su di esso si sono consolidate e del conseguente affidamento
derivante dal comportamento seguito dall'Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 14
maggio 2014, n. 2468; C.G.A., s. g. 15 settembre 2014, n. 540).
In sostanza, l’annullamento in autotutela non deriva in via automatica dall'accertata originaria
illegittimità dell'atto, essendo altresì necessaria la sussistenza di un interesse pubblico attuale al
ripristino della legalità che risulti prevalente sugli interessi dei privati che militano in senso
opposto, senza peraltro che l’amministrazione possa affidare la motivazione del’atto di ritiro a
clausole di stile riguardo alla prevalenza dell’interesse pubblico (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19
marzo 2013, n. 1605; Consiglio di Stato, sez. III, 30 luglio 2013, n. 4026).
Nel caso in esame, non solo si tratta di valutare l'interesse contrapposto della società appellante,
particolarmente significativo perché radicato su una convenzione già in esecuzione da otto mesi ma
anche l'interesse della collettività a beneficiare di un tipo di energia la cui produzione è incentivata
in ragione del perseguimento di obiettivi di pubblica rilevanza. Infatti, gli impianti fotovoltaici sono
considerati dalla normativa nazionale (cfr. in particolare il decreto legislativo n. 387 del 2003) come
opere d'interesse pubblico e la stessa la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
corrisponde a finalità di interesse pubblico (quali la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra
nonchè la ricerca, promozione, sviluppo e la maggior utilizzazione possibile di fonti energetiche
alternative a quelle fossili sulla base di tecniche avanzate compatibili con il rispetto dell'ambiente)
corrispondenti a precisi impegni assunti dal nostro Paese in ambito europeo ( direttiva n. 2009/28/C
del 5 giugno 2009) ed internazionale (cfr. legge 1° giugno 2002 n.120, recante "Ratifica ed
esecuzione del Protocollo di Kyoto [ ndr del 11 dicembre 1997] alla Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici [ stipulata a New York il 9 maggio 1992, ratificata dalla
CEE con decisione n. 94/69/CE del 15 dicembre 1993 ed entrata in vigore il 21 marzo 1994]”.
Alla luce di tale ultimo rilievo, la tariffa incentivante non si atteggia a incentivo a fondo perduto
dell'amministrazione, essendo la stessa società privata realizzatrice dell’impianto di produzione
energetica da fonte rinnovabile autrice di un’attività di interesse pubblico.
Da tanto il Collegio ritiene di poter desumere che, nel caso in esame, l'amministrazione avrebbe
dovuto più attentamente valutare, in uno all’interesse pubblico sotteso al recupero delle somme
erogate in più a titolo di incentivo in relazione al c.d. terzo conto energia, i possibili contrapposti
interessi ( pubblici e privati) e comunque formulare una compiuta motivazione del provvedimento
5
www.ildirittoamministrativo.it
di annullamento in autotutela intervenuto dopo un significativo arco temporale dall’avvio
dell’impianto e dalla stipula della convenzione.
L’amministrazione avrebbe dovuto quantomeno esternare, sulla base della ratio sottesa alla
comunicazione dell’avvio dell’impianto all’ufficio doganale, perché il controllo da parte di tali
uffici sull’applicazione dell’accisa sull’energia prodotta ( tale essendo la finalità di detta
comunicazione) si sarebbe rivelato di difficile o impossibile attuazione in rapporto alla
comunicazione dell’avvio dell’impianto avvenuta a poche ore di distanza dalla sua messa in
esercizio ( a sua volta occorsa a ridosso della scadenza del termine previsto). Solo una motivazione
consistente su tale profilo avrebbe potuto giustificare, in estremo subordine, l’esercizio tardivo dello
ius poenitendi, che – come già detto – ha comportato la materiale sterilizzazione della esecuzione (
in essere già da otto mesi) del rapporto convenzionale inter partes.
Né sotto questo profilo può essere condiviso quanto ricordato dal Giudice di primo grado, e cioè
che “al momento dell'adozione del gravato provvedimento l'incentivazione era nella sua fase
iniziale (primo anno dei venti di durata complessiva del beneficio)” e che pertanto sarebbe per tal
ragione del “tutto incongruo invocare la maturazione di una situazione di affidamento meritevole di
tutela”.
Infatti, bisogna ricordare come le regole dettate al riguardo dall'art. 21 nonies della legge sul
procedimento amministrativo (n. 241 del 1990), richiedano la sussistenza di ragioni di interesse
pubblico specifico all'annullamento, nel senso che lo stesso deve intervenire in un termine
ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati (cfr. ex multis
Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2009, n. 4533). Al fine di fornire adeguata interpretazione
all’espressione normativa del “termine ragionevole”, non va riguardata soltanto la frazione
temporale in sé per sé considerata decorrente tra la data del provvedimento ampliativo della sfera
giuridica del destinatario ed il suo ritiro in autotutela, né è dirimente considerare il termine di durata
complessivo dell’operatività provvedimento, quanto piuttosto gli effetti che medio tempore quel
provvedimento ha prodotto.
Pertanto, nel caso di specie, non deve essere preso tanto in considerazione il tempo intercorso tra la
data di inizio degli incentivi e la data del provvedimento di annullamento degli stessi in rapporto
agli anni futuri di erogazione del contributo pubblico; piuttosto rileva in modo significativo che
durante detto periodo sia stata stipulata una convenzione tra l’amministrazione e la società
appellante e che, alla stregua di un atto di natura essenzialmente paritetica, detta convenzione abbia
6
www.ildirittoamministrativo.it
generato nel soggetto privato un legittimo affidamento alla esecuzione secondo buona fede delle
prestazioni reciprocamente assunte dalle parti ed al rispetto del loro specifico contenuto.
D’altra parte, la Sezione ha già avuto modo in passato di sottolineare come “il principio
comunitario di tutela dell'affidamento recepito dalla normativa nazionale con la previsione della
necessità di una congrua motivazione in ordine alla ricorrenza di esigenze idonee a giustificare la
compressione di posizioni consolidate per effetto del tempo, impone la valutazione di un interesse
pubblico tale da giustificare l'incisione di posizioni ormai consolidate” (cfr. Consiglio di Stato, sez.
VI, 20 febbraio 2008; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4958).
6.- Inoltre, il rispetto del principio di ragionevolezza impone che, in presenza di posizioni ormai
consolidate (com'è quella facente capo alla odierna società appellante), si debba suggerire, a fronte
di vizi meramente formali (o addirittura di irregolarità procedimentali), un puntuale apprezzamento
del ragionevole affidamento suscitato nell'amministrato sulla regolarità della sua posizione (cfr.
Consiglio di Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5074; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n.
4958).
7.- Alla luce delle considerazioni che precedono il provvedimento impugnato risulta, dunque,
illegittimo, sia sotto il profilo della carenza di motivazione, sia per violazione del legittimo
affidamento.
8.- Ne deriva l'accoglimento dell’appello, con il conseguente assorbimento dei restanti motivi.
9.- Per completezza, e pur nell’assorbenza di quanto già detto a proposito dell’illegittimo esercizio
del potere di autotutela decisoria, il Collegio osserva che la vicenda sottesa al primo motivo di
appello riguarda al più un caso di irregolarità procedimentale ascrivibile alla società odierna
appellante in relazione agli adempimenti previsti in occasione della messa in esercizio degli
impianti fotovoltaici secondo la disciplina normativa applicabile ratione temporis; tale irreogalità,
anche ove sussistente, non ha un’incidenza diretta sulla ratio della disposizione normativa che
impone l’onere della comunicazione agli uffici doganali ( nel senso che rende inutile l’assolvimento
di quell’onere).
E’ pur vero, infatti, che ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c) 4, del d.m. 6 agosto 2010 per “data di
entrata in esercizio” doveva essere ritenuta quella in cui anche gli obblighi previsti dalla normativa
fiscale fossero stati assolti ( in particolare, l'Allegato 3 al terzo Conto Energia prevedeva che fosse
7
www.ildirittoamministrativo.it
fornita copia della comunicazione fatta all'agenzia delle dogane - ufficio tecnico di finanza- sulle
caratteristiche dell'impianto).
Tuttavia, la società appellante, che come già detto ha ultimato le incombenze di allacciamento alla
rete elettrica soltanto alle ore 20.00 del 31 maggio 2011, in un orario in cui era effettivamente
impossibile qualsiasi consegna a mano o per il tramite degli uffici postali della prescritta
comunicazione ( peraltro, per effetto delle previsioni contenute nell’art.6, comma 6, del d.l. 29
novembre 2008 n.185- convertito nella legge n. 2 del 2009 – per le società già in essere alla data
della sua entrata in vigore, quale appunto Smea impianti srl, la necessità di dotarsi di posta
elettronica certificata per le comunicazioni agli uffici amministrativi è adempimento richiesto
soltanto a far data dal 29 novembre 2011), ha ottemperato il prima possibile ( e cioè il mattino del
giorno successivo) a quanto previsto dalla normativa al fine di rendere partecipi anche agli uffici
doganali dell’avvio dell’impianto di produzione energetica.
Sotto tal profilo anche il primo motivo, ove ne fosse stato necessario il compiuto esame, avrebbe
meritato un’attenta valutazione, tenuto conto della particolarità della fattispecie concreta (
caratterizzata dal fatto che l’ impianto è stato avviato alle ore 20 dell’ultimo giorno utile per poter
beneficiare degli incentivi relativi al terzo conto energia).
10.-In definitiva, l’appello va accolto nei sensi di cui in motivazione e, in riforma della gravata
sentenza ed in accoglimento del ricorso in primo grado, va disposto l'annullamento dell'atto
impugnato in primo grado.
11.- Le spese dei due gradi di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come
da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando
sull'appello (RG n. 5545/13), come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione
e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado,
annulla l'atto ivi impugnato.
Condanna le parti appellate costituite, in solido tra loro, al pagamento in favore della società
appellante delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi euro
14.000,00 ( quattordicimila/00) oltre accessori di legge, che pone a carico del GSE nella misura di
8
www.ildirittoamministrativo.it
euro 7.000,00 (settemila/00) oltre accessori ed a carico delle altre amministrazioni appellate (
patrocinate unitariamente dal foro erariale) nella misura di euro 7.000,00 (settemila/00) oltre
accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei
magistrati
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
9