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La lettera a Leone X di Raffaello e Baldassarre Castiglione
Un artista e un letterato difensori del patrimonio storico-artistico del
papa
Se Raffaello, forse il più grande artista del Rinascimento, gode anche della fama di
essere stato uno dei maggiori studiosi di architettura e conservatori dei beni
architettonici del suo tempo, questo è dovuto soprattutto a un documento
letterario: la famosa lettera a Leone X (1519) che descrive il progetto di una
ricostruzione grafica e materiale di Roma antica, così come la si poteva
vedere al principio del XVI secolo.
Quando, nel 1515, papa Leone X decide di nominare Raffaello prefetto alle
antichità di Roma, non esiste ancora il concetto moderno di conservazione e tutela
dei monumenti degli evi antichi. Raffaello si trova allora nella necessità di codificare un
patrimonio che non è per nulla classificato e, anzi, disperso per i più diversi
motivi: dalle esigenze edilizie delle grandi famiglie della corte papale, all’uggia
per il paganesimo che le reliquie monumentali classiche avevano instillato nelle
gerarchie ecclesiastiche dei secoli precedenti.
Negli anni che seguono, Raffaello si diede anche a coltivare velleità letterarie,
come documenta una lettera di argomento archeologico classico, indirizzata
probabilmente a Baldassarre Castiglione, in cui alla maniera di Plinio il Vecchio
ragiona sulla costruzione della splendida Villa Madama.
In forza di questa corrispondenza si può ragionevolmente supporre la
collaborazione, più o meno diretta, tra i due grandi interpreti dello spirito
dell’epoca.
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Le versioni del testo e la paternità della lettera
Il testo in questione esiste in tre versioni:
1. una minuta di mano dello stesso Castiglione conservata a Mantova
2. un manoscritto di Monaco di Baviera, noto anche come manoscritto B
3. la versione stampata per la prima volta nel 1733, il cui manoscritto è tuttavia
perduto.
La questione dell’effettiva paternità della lettera ha da sempre appassionato gli
studiosi. Si è provato a dare una risposta scomponendo il testo in capitoli, in
base agli argomenti trattati.
L’analisi linguistica e dei contenuti ha
evidenziato
che
il
proemio,
con
l’invocazione al Papa e l’appello per la
conservazione dei monumenti di
Roma nonché, allo stesso tempo, per una
politica di pace, si può attribuire al solo
Castiglione;
mentre
la
descrizione
dell’impresa di progettazione grafica
(la cosiddetta Pianta di Roma) e la
classificazione storica degli edifici romani
devono essere stati redatti da Castiglione
e da Raffaello insieme; anzi, nelle
spiegazioni tecniche che seguono
questa seconda parte del testo, il
contributo di Castiglione deve essere
stato di poco o scarso rilievo. Per quanto
tutta tecnica, questa parte mostra il
rigore con cui l’artista si è accinto
all’impresa e il suo intento filologico di
restituire, attraverso un corretto metodo
di studio, quelle parti degli edifici
antichi
andate
distrutte
o
danneggiate nel corso dei secoli. Solo
così potranno risorgere le membra lacere
(il “cadavere” di Roma, come scrive
Castiglione) dell’architettura antica e solo
così ne potrà essere restaurato il perduto splendore, se non altro nella realtà virtuale
(mentale) dell’atlante di disegni consegnato al Pontefice.
Il manoscritto B
Nella versione B poi il testo perde in eleganza, ma diventa più comprensibile dal
punto di vista tecnico, con continui riferimenti di Raffaello al linguaggio architettonico,
specialmente per quanto riguarda sia il disegno di apparati decorativi particolarmente
ricchi, sia l’esecuzione in materiali molto costosi.
Questa versione B fu probabilmente redatta quando Castiglione aveva lasciato Roma,
fra l’8 novembre 1519 e la morte dello stesso Raffaello, nell’aprile del 1520.
Dal confronto delle due versioni si può arguire il motivo per cui fu necessario che
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Raffaello ‘rivedesse’ la prima versione della lettera redatta con il Castiglione.
Quest’ultima era stata concepita come una lettera dedicatoria per accompagnare la
serie di disegni del progetto da presentare al Papa (vi si notano, infatti, continui
riferimenti alla figura del Pontefice in tono quasi colloquiale); il manoscritto B, invece,
evidenzia i necessari rimaneggiamenti per adattare il testo per una vera e propria
prefazione a un libro pronto per la stampa, in cui ai riferimenti al Papa si
sostituiscono quelli ai lettori. Inoltre, il ms. B finisce con l’aggiunta di due temi non
trattati nel documento precedente: il disegno prospettico e gli ornamenti (ordini
architettonici).
I contenuti
Dal punto di vista dei contenuti si notano chiaramente due livelli: quello storicoartistico (prevalentemente concentrato nella prima porzione di testo) e quello
eminentemente tecnico, che si riferisce ai lavori pratici di rilievo grafico/strutturale
degli edifici antichi.
In riferimento al primo punto, in cui il pensiero dialettico del Castiglione si unisce
alla sensibilità artistica di Raffaello, si evidenziano sia una conoscenza perfetta
della trattatistica del Quattrocento fiorentino (ad esempio, la biografia del
Brunelleschi di Antonio di Tuccio Manetti), sia la volontà di considerare i reperti
storico-artistici della cultura classica (in particolare, l’Arco di Costantino e le
Terme di Diocleziano) come fonte unitaria della buona architettura.
È proprio in questa prima parte che viene enunciato il senso culturale del lavoro di
Raffaello prefetto. Strutturata come veloce sintesi della storia dell’architettura
dall’età romana a quella contemporanea, qui emerge con assoluta evidenza la
consapevolezza della nuova cultura della rinascita e la sua determinazione a
contrapporre verticalmente la perfezione dell’arte antica e la degradazione
dell’arte “tedesca” (cioè il “gotico”).
Per quanto riguarda, invece, la discussione tecnica sul rilievo e sul disegno degli
edifici, che occupa di fatto tutta la seconda metà della lettera, essa dimostra
quanto, nel corso dell’elaborazione definitiva del testo, la razionalità tecnicoprofessionale dell’architetto tenda a prevalere sugli interessi antiquari. In
particolare, si punta qui ad allargare il campo di osservazione fino a ragionare di teoria
dell’architettura in generale, come se il rilievo degli edifici antichi costituisse, di per sé,
un manuale pratico di architettura.
In particolare, il disegno di ciascuno degli edifici si divide in tre parti: la pianta,
l’esterno con le sue decorazioni, l’interno pure con le sue decorazioni.
Ciascuno di questi rilevamenti deve seguire per Raffaello regole precise e scrupolose:
“Secondo il mio giudizio molti s’ingannano circa il disegnare gli edifici, che in luogo di
far quello che appartiene all’architetto, fanno quello che appartiene al pittore”.
In questo Raffaello si dimostra più artista che archeologo, nel senso che intende
esprimere le ragioni del proprio modus operandi, piuttosto che indagare su quelle
degli architetti del passato.
Il suo obiettivo, però, non mirava a una sterile e banale esaltazione delle proprie
poliedriche capacità, tutt’altro: è la chiara affermazione del concetto di rinascita
che fonda sull’imitatio del modello antico la regola (aurea) dell’arte moderna.
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