marzo aprile 2012

marzo - aprile 2012
N. 07
club milano
Fabio Novembre: “La città per me è una ragnatela sentimentale, la sento mia, ogni angolo è legato ai ricordi”.
Due fotografi, un caravan e un anno a disposizione per raccontare il volto nascosto e inaspettato del Giappone.
L’ultima tendenza? Dare vita a locali e negozi alla moda mantenendo le insegne storiche della vecchia Milano.
Spazi infiniti, colori indimenticabili e silenzio assoluto, questa è la magia del deserto a qualsiasi latitudine.
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI
3,00 euro
H A C K E T T. C O M
editorial
Anniversario
Con questo numero il progetto Club Milano compie un anno. Una tappa importante
per chi ci ha lavorato con passione e per chi ci ha investito tanto. Ho scritto volutamente “progetto” perché pensare, costruire e far crescere un prodotto editoriale
oggi è quanto di più “progettuale” si possa pensare. La passione, i sogni e lo slancio
che tutti i giorni ci spingono ad andare oltre le difficoltà a un certo punto devono
necessariamente lasciare spazio alla fredda legge dei numeri. Un progetto è prima di
tutto una visione, ma per rimanere tale e non dissolversi come neve al sole deve avere
lo sguardo lungo e le basi solide. Io credo fortemente che per Club Milano sia così.
Da parte nostra abbiamo cercato di raccontare la città che ci ospita e che amiamo
con lo spirito a volte di un cronista, a volte di un viaggiatore curioso. Milano è molto
più dinamica e multiforme di quanto appaia a chi ci vive e ne è in parte assuefatto.
Milano offre ancora opportunità e noi siamo qua a testimoniarlo. Tutti i nostri lettori,
gli inserzionisti e l’editore hanno accolto il messaggio. Questa è la nostra più grande
vittoria: non siamo gli unici a crederci. È bello che il primo compleanno del nostro
progetto caschi proprio nel periodo del Salone del Mobile e del Fuorisalone, la più
grande vetrina internazionale per la nostra città, ormai da anni considerata capitale
mondiale del design, più che della moda. La creatività e l’energia che si respirerà dal
17 al 22 Aprile è come un’enorme boccata di ossigeno per tutti coloro che vogliono
ancora creare qualcosa di nuovo senza farsi spaventare dagli spettri della crisi e senza
ritenere indispensabile fuggire all’estero.
In quest’ultimo anno Milano ha cambiato amministrazione e questo ha generato
alcune piccole e grandi rivoluzioni. Certamente un approccio diverso alla definizione delle priorità per i milanesi: un freno al cemento, la zona Ecopass trasformata in
Area C (ora pagano tutti), meno consulenze e un’attenzione in più al sociale. Nel
frattempo le risorse scarseggiano e l’introduzione della Tesoreria unica in aggiunta
al famigerato Patto di stabilità certamente non aiutano: due mostruosità che affossano ogni spinta agli investimenti locali e penalizzano i comuni virtuosi invece che
premiarli. Per fortuna la città ha ancora un grande sogno da realizzare. Questo sogno
si chiama Expo e, se gestito con lungimiranza, potrebbe fare da traino all’intero Paese. Per ora siamo ancora in fase REM, ma c’è da sperare che qualcuno si svegli per
renderlo reale. Il tema dell’Esposizione Universale del 2015 sarà Nutrire il Pianeta e
un occhio di riguardo, almeno nelle intenzioni, sarà riservato al problema dell’acqua,
principale bene scarso e causa (nascosta) di tutti i maggiori conflitti attuali e futuri
nel mondo. Nel nostro piccolo non sarebbe male rendere quantomeno decoroso e
presentabile l’unico percorso d’acqua della città: i Navigli. In particolare il Naviglio
Grande è uno delle tappe fisse per tutti i turisti che decidono di trascorrere qualche
giorno sotto la Madonnina. Per alcuni resta uno dei luoghi più romantici e rilassanti.
Vederlo trasformato in una fogna a cielo aperto mentre giovani studentesse americane sorseggiano allegre un calice di vino lungo i suoi argini è per noi una pugnalata al
cuore. Costruire un sogno come l’Expo può essere una grande sfida, ma se si iniziasse
dalle piccole cose sarebbe tutto più facile.
E S S E N T I A L LY B R I T I S H
Stefano Ampollini
New store opening soon
6
Via Manzoni 38 – Milano
contents
point of view
12
focus
La sicurezza degli oggetti, qualcosa da cui
Quanto sei bugiarda Milano?
ripartire
di Elisabetta Gentile
32
di Roberto Perrone
inside
14
Brevi dalla città
di Cristina Buonerba
outside
16
Brevi dal mondo
di Cristina Buonerba
cover story
18
L’energia col segno +
di Alberto Motta
interview
36
Good morning Italia
di Cristina Buonerba
design
39
Anatomia del design
di Dino Cicchetti
design
42
Milan Design Week 2012
portfolio
22
di Enrico S. Benincasa
Japan
di Toru Morimoto e Tina Bagué
style
À la garçonne
focus
Manzo Wagyu, boccon divino
di Cristina Buonerba
8
30
di Luigi Bruzzone
44
contents
style
46
food
Punti di vista… alternativi
Pietro Leemann
di Paola Ferrario
di Enrico S. Benincasa
style
58
48
Look at me
club house
di Luigi Bruzzone
week-end
60
Tennis, son gioie e dolori…
52
di Chiara Cossalter
Il giardino delle meraviglie
free time
di Marilena Roncarà
62
Da non perdere
a cura di Enrico S. Benincasa
free time
64
Brera Design District
a cura della Redazione di Club Milano
wellness
54
Il Boscareto Resort & Spa
di Chiara Zaccarelli
overseas
56
Cacciatori di silenzi
di Andrea Zappa
In copertina
il designer Fabio
Novembre fotografato
da Settimio Benedusi.
10
point of view
roberto perrone
Vive a Milano da trent’anni, ma ha conservato
solide radici zeneisi. Nato a Rapallo, è giornalista
e scrittore. Per il Corriere della Sera si occupa
di sport, enogastronomia e viaggi. Ha pubblicato
diversi libri, tra i quali il suo ultimo romanzo
Occhi negli occhi edito da Mondadori.
La sicurezza degli
oggetti, qualcosa
da cui ripartire
Una volta, a Stoccolma – città che amo moltissimo – comprai un bellissimo (e
discretamente costoso) libro di design per regalarlo a mia moglie appassionata
d’arte e affini. A me sembrava una bella idea ma non ebbe un grande successo,
come spesso succede con i regali (specialmente alle mogli). Non so che fine abbia
fatto, ma non lo vedo più in giro. Anche perché la signora mi disse, saputella: “Qui
siamo nella città del design”. Mi aprì un mondo, in effetti.
Ricordo il fascino che mi suscitò una mostra alla Triennale di Franco Albini, architetto e designer, che passava con disinvoltura dall’edilizia popolare al radioricevitore Securit e alla poltroncina Luisa. In casa ho alcune posate della Schonhuber
e Franchi pensate dal mio amico Davide Oldani per il D’O. Tra il radioricevitore
Securit e le posate Passepartout sono passati molti anni, ma mi pare che a Milano
non sia venuta meno quella creatività che ha generato oggetti che migliorano la
nostra vita. C’era un film, qualche anno fa, La sicurezza degli oggetti. In fondo, in
questi anni di perdita di senso, di appartenenza, di fede, di punti di riferimento,
gli oggetti – seppur palliativi a tutti questi sentimenti – conducono a un approdo
sicuro. Ci definiscono. Milano, da questo punto di vista, è una città che non è
stanca, che non arranca, come in tanti altri ambiti. Il design è vivo e lotta insieme
con noi. Si può ripartire da qui, da qualcosa in cui siamo sempre stati bravi, basta
guardare i cataloghi. Telefoni, sedie, librerie, macchine per il caffè, bottiglie, divani,
apriscatole, lampade. A volte non ce ne rendiamo conto, ma la nostra difficoltosa
esistenza viene migliorata grazie alla creatività di tanti italiani che sanno inventare
sempre qualcosa di nuovo, qualcosa di impensabile prima. Chiudete gli occhi e
pensate a un oggetto. A cosa avete pensato? Io a una moto. Da quando il Pisapia
ha messo la tassa d’ingresso, è la mia salvezza. Anche il mio scooter l’ha disegnato
qualcuno e forse pensava a me e al fatto che a Milano, tra traffico e sbarramenti,
sarebbe stata l’unica ancora di salvezza, l’unico mezzo rimasto per portarmi in
centro. Sì, lo so, la bicicletta è meglio e fa anche bene, ma prima devo perdere
ancora qualche chilo e possibilmente trovare una pista ciclabile che copra tutto il
percorso. La disegnate, per favore? Roberto Perrone
MAN TD15909 BR WOMAN TD15709 LB
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SHOP AT THE NEW TRUSSARDI.COM
12
INSIDE
Feel your body
Shambala, locanda asiatica con
grandi alberi, ogni mercoledì fino a
fine marzo brinda al benessere al
gusto all’interno della Sala Garden
di QC Termemilano. A partire
dalle 19.30 il piacere delle terme
e i sapori della cucina fusion si
incontreranno per dare vita a una
serie di appuntamenti all’insegna
del relax.
www.termemilano.com
www.shambalamilano.it
Arte per tutte le tasche
Chi dice che in questi tempi di crisi non ci si può concedere
del sano shopping artistico? La fiera Affordable Art Fair dal 2
al 5 febbraio ha messo in mostra centinaia di opere d’arte dai
100 ai 5000 euro provenienti da 77 gallerie internazionali.
Tra le prossime tappe dell’evento, ci saranno anche Roma,
Stoccolma, Nuova Deli e Los Angeles.
www.affordableartfair.it
Corri che ti passa
Niente più scuse, il freddo sta finendo ed è tempo di andare a correre. Ogni martedì e giovedì
si riuniscono i Red Snakes, il running club gratuito
di Nike, con tanto di coach, podologo e dietista a
disposizione dei partecipanti. Appuntamento alle
19 davanti al Nike Stadium di Foro Bonaparte.
Just do it!
facebook.com/nikerunningitalia
Il nuovo tempio della velocità
Arriva alle porte di Milano Pala K, paradiso per gli amanti
del motor sport. Una struttura ecosostenibile di 10.000 metri
quadrati divisa tra percorsi rettilinei, chicanes e curve mozzafiato. Una nuova dimensione del divertimento indoor con
kart elettrici di ultimissima generazione: ecologici, puliti
e dotati di videocamere HD per la ripresa diretta.
www.pala-k.com
Pure elegance
Si trova al civico 9 di via della Spiga il nuovo
atelier di Alessandro Martorana, origini siciliane,
sarto per passione. Con il suo inconfondibile
stile made in Italy, elegante e senza tempo, offre
ai suoi clienti una selezione di accessori esclusivi
che portano il suo marchio: calzature, valigeria e
home design.
alessandromartorana.com
Masao Yamamoto for
www.woolrich.it - shop online woolrich.wpstore.com
14
outSIDE
Audi e il golf
Buon Appetito con Swiss Air
Acquolina in bocca per i viaggiatori business di
Swiss International Air Lines: a partire dal 22
febbraio su tutti i voli europei della compagnia
elvetica sarà introdotto il nuovo programma di
ristorazione a bordo Swiss Tradition, un’iniziativa
culinaria che servirà in volo una serie di piatti
tipici della tradizione svizzera.
www.swiss.com
Al via la 21° edizione di Audi quattro Cup, l’iniziativa che unisce il
mondo dei motori a quello del golf
e che dal 2009 affianca l’Audi Golf
Experience. Il calendario dei
54 appuntamenti del 2012 aprirà il
25 marzo a Padova e si concluderà
il 7 e 8 settembre a Gardagolf.
I vincitori della competizione italiana si giocheranno la finale mondiale
in Sud Africa a novembre.
Il gentleman del XXI
secolo
Massima espressione di eleganza e
sartorialità per la nuova linea Carlo
Pignatelli che debutta con una collezione A/I 2012-2013 all’insegna
dello stile anglosassone delle grandi
dinastie, dai Kennedy agli Agnelli.
Tweed, velluto e flanella si intrecciano a raffinati interventi in denim
per dare vita a un look classico
contemporaneo.
www.carlopignatelli.com
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
Shalom, Jerusalem!
Rebibbia trionfa a Berlino
Orgoglio italiano per la vittoria dei fratelli Taviani che con il
loro Cesare deve morire si sono aggiudicati l’Orso d’Oro al
62° Festival del Cinema di Berlino. Un film-documentario,
che vede la messa in scena del Giulio Cesare shakespeariano
tra le celle, i corridoi, i giorni e le notti troppo lunghe del
carcere di Rebibbia. A interpretarlo sono stati i detenuti del
reparto di Alta Sicurezza, legati alla criminalità organizzata,
molti dei quali segnati dalla condanna fine pena mai.
16
Una maratona che toglie il fiato, e
non per la durezza del percorso,
ma per la bellezza del luogo in cui
si svolge. Il 16 marzo Gerusalemme, città senza tempo, accoglie
centinaia di corridori internazionali
pronti a sfidarsi in una competizione che “attraversa” una storia lunga
tremila anni.
www.jerusalem-marathon.com
Cover story
Cover story
fabio novembre
Fabio Novembre
nasce a Lecce il 21
ottobre 1966. Milanese
d’adozione dall’età di
18 anni, il suo studio
si trova tra il parco
Largo Marinai d’Italia
e Porta Romana. Gira
per la città in scooter,
l’unica macchina che
tollera è la Smart,
delle automobili dice:
“Le viviamo come
l’energia col segno +
Il Salone internazionale del mobile è l’evento che, anno dopo anno, addobba Milano con sculture
d’interni, account stranieri, taxi, neolaureati di Anversa, bottiglie di birra abbandonate ed è il
cavallo di Troia che ci permette di entrare nello studio di Fabio Novembre. L’intento dell’incontro
con l’architetto/designer dai natali pugliesi – ma milanese per diritto di terra dall’età di 18 anni
– è di tastare il polso del design nell’anno più “tecnico” vissuto dalla nostra giovane Repubblica.
Novembre dà un tono all’ambiente, con le parole e per l’aspetto (total look nero, barba incolta, fresco
di ritocattina dal barbiere, anelli/scultura alle dita). In pochi minuti il suo pensiero si fonde senza
soluzione di continuità con le opere, di sua paternità, che lo circondano. Passiamo allora la parola,
anzi la penna, al disegnatore per Driade, Cappellini, B&B Italia e Kartell.
fossero carrozze
anacronistiche.
di Alberto Motta
Basti pensare che le
Foto di Settimio Benedusi.
misuriamo ancora in
cavalli vapore”.
Complimenti per quel calendario di
legno.
Quello? È di Enzo Mari. Ovviamente nessuno lo aggiorna. Chi lo usa più
oggi, il calendario.
A proposito di calendari, c’è questo
appuntamento legato a Milano e al
design, l’Expo 2015…
Da addetto ai lavori te lo riassumo con
una formula: all’italiana. Grande fanfara iniziale, anno 2008, Prodi e Moratti insieme, vittoria bipartisan. Poi si è
perso l’entusiasmo e il tempo è passato, inesorabilmente, senza alcuna programmazione. Col risultato che l’incombenza del 2015 oggi pende come
una vera e propria spada di Damocle.
Le intenzioni erano ottime, Boeri aveva messo in piedi un team di progettisti della Madonna! Diceva: “Ma che,
vogliamo competere con Shangai?”.
Giustamente. Guarda, io sono stato a
Shangai, lì hanno eretto un’intera città
a sede dell’Expo, consci dello smisurato
pubblico potenziale, di quei cinesi che
non gireranno mai il mondo, e allora il
mondo gliel’hanno portato in casa.
E parliamo di casa. Vivi a Milano
dall’età di 18 anni. Quando hai sentito che era la tua città per la prima
volta? E poi, perché Milano?
Nel dubbio se studiare a Venezia o
Firenze, venni a trovare mio fratello a
18
Milano. Mi portò al Parco Lambro, poi
all’università, e subito gli dissi: “Però,
questa città non è brutta come dicono”.
E non me ne andai più. Giorno dopo
giorno i miei affetti si intrecciavano al
tessuto della città. Come fosse una maglia, Milano ormai è attraversata dal filo
rosso dei miei ricordi.
Il tuo posto preferito?
Non ne ho uno. Come ti dicevo, la città
per me è una ragnatela sentimentale.
Ogni angolo è legato ai ricordi, ho stratificato talmente tanto… La sento mia
ovunque. Non la uso come un dormitorio, per poi scappare nel fine settimana. Che, a ben vedere, è uno dei grandi
problemi di Milano.
Continua.
Per capire se uno ama la sua città, la
prima domanda che devi fargli è dove
passa il fine settimana. Milano, per
esempio, è piena di questuanti che
trascorrono qui i giorni lavorativi e
poi scappano in cerca di altro, mentre
una città la si migliora solo vivendola,
amando il tempo libero che vi trascorri.
Parlando di tempo di qualità, veniamo al Salone Internazionale del Mobile.
Dobbiamo capire una cosa, oggi, in Italia: soltanto perché ti è andata bene per
molti anni, non è detto che continui in
questo modo. Non esistono più rendi-
te di posizione. Tutte le capitali europee ormai hanno una design week e la
prima che riuscirà a far sistema con le
forze municipali, che riuscirà a mettere a fuoco l’idea, ci fregherà il Salone.
Pensa ai prezzi spropositati degli alberghi, al fatto che il Salone venga visto
dai milanesi come un evento che non li
riguarda, ai mezzi di trasporto che non
coprono il servizio. Da parte dei decision maker non notare tutto questo è
un atteggiamento colpevolissimo.
Starà alla giunta Pisapia cercare di
rinnovare…
Se dovessi dare un consiglio a quella
che considero la mia giunta – perché è
quella che ho votato – le direi di essere
più radicale, più impattante, pure a rischio di impopolarità assoluta, perché
solo così puoi risollevare l’Italia. Non
puoi stare a sentire la pancia della gente: la pancia della gente vuole portare i
soldi in Svizzera, farsi gli affari propri.
Questa è la vera eredità deteriore della
politica della nostra generazione: non
tanto il furto, quanto il cattivo esempio.
Domanda di passaggio: di cosa parli
con i tuoi amici nel tempo libero?
Quando sto con altri uomini – e mi
capita spesso, ad esempio quando giochiamo a calcio – si passa dal sesso ai
massimi sistemi in tempo zero. È una
cosa che apprezzo perché sono della
19
Cover story
Il designer pugliese
in versione “jungle”
seduto sulla sua Him &
Her, reinterpretazione
per Casamania della
storica Panton Chair
di Verner Panton.
20
Cover story
scuola courbetiana (dal quadro del pittore Gustave Courbet L’origine du monde che ritrae una donna a gambe aperte, NdR). La donna puoi interpretarla
superficialmente, oppure raccontarla
come metafora: rappresenta il bilanciamento delle energie, la complementarietà. È come la storia del filosofo. Se
chiude il cerchio il filosofo torna a fare
il contadino. Che è una cosa ben diversa rispetto al contadino che non ha fatto il giro completo.
Domanda di arrivo: dove sono finiti
gli intellettuali?
Guarda, ieri sera ero a una cena e c’era questo amico giornalista; insomma
si parlava di un blogger e il mio amico
fa: “Ma quello è un ignorante maledetto,
io insegno all’università, lui è un ragazzino che scrive su un blog. Che vadano
a studiare questi ignoranti”. Questo per
dire che c’è grande confusione su come
individuare gli intellettuali del nostro
tempo. Sai come lo riconosci un intellettuale? Quando ascoltandolo ti fa
sentire ragazzino. Penso a Marco Belpoliti, una di quelle persone che stratifica così tanta sensibilità, cultura, senza
farle cadere dall’alto, che ti rendi conto
di essere di fronte a un maestro. Spesso
si tratta di individui non mediatici, che
restano in disparte. Gente che si ostina
a fare cose considerate desuete come
scrivere libri! Insomma, non arrivano ai
ragazzi, alle persone, e si crea lo scollamento tra saggi e discepoli.
Come si raggiunge la perfezione nel
design?
Mai. Perché non esiste. E quando lo capisci diventi un buon designer.
Come si ottiene, allora, la soddisfazione nel design?
Cercando di fare qualcosa di buono. Intendiamoci: non siamo Christiaan Barnard, non facciamo trapianti di cuore,
non scopriamo cure contro il tumore.
Miglioriamo la qualità della vita ma
non in maniera radicale. Siamo né più
né meno che dei panettieri. Sopravvalutarsi è da stronzi. E lamentarsi è vietato, perché siamo dei gran privilegiati.
Se uno fa il mio mestiere e si lamenta,
io lo prendo a calci nel sedere!
Hai mai preso a calci nel sedere qualche collega?
Dovresti chiederlo a loro. Posso dirti
però che sono un capo sui generis. Non
faccio neanche i colloqui per i nuovi
collaboratori. Me li presentano solo
quando sono già stati assunti.
Tornando al mondo del design, cos’è
considerato lusso oggi?
Ci hanno convinti che il lusso sia legato alla spesa di denaro relativa, ma da
quando sono padre ho capito che uno
dei lussi più grandi che si possa provare sia diventare genitore. E tu dimmi
quanto questo sia alla portata di tutti,
e quanto questo venga visto come un
lusso. Mi torna in mente una foto di
Roman Abramovic (ricco, ricchissimo
imprenditore russo, NdR), una paparazzata: si vedono lui e la sua fidanzata
nuotare insieme, innamoratissimi. Da
una parte quindi vedi il primo livello
di felicità, quello accessibile, assoluto,
l’amore tra un uomo e una donna. E a
pochi metri da loro vedi questo mega
yacht, un muro d’acciaio, il livello di
felicità più disumano, cheap, freddo. Si
tratta di una foto impietosa, se riesci a
leggerla da questo punto di vista.
Il tuo progetto più recente è l’allestimento del Triennale Design Museum.
Raccontacelo.
È la sua quinta edizione. Le prime quattro erano dedicate ai mobili, mentre il
goal di quest’anno è dimostrare che
esiste una scuola italiana della grafica,
che si è fatta valere in tutto il mondo e
che è motivo di vanto. Dal mio punto
di vista abbiamo avuto molti bravi grafici, e se li metti insieme puoi dire che
si sia trattato di una scuola – così com’è
avvenuto nel design – ma la verità è
che non c’è mai stata una trasmissione
codificata del sapere. È tutto fondato
sul caos, sul caso. Che poi è quello che
rende così interessante la vita, scrivere
le pagine un giorno dopo l’altro.
Parlaci di come stai lavorando alla
mostra.
La mostra è stata affidata a tre curatori:
Mario Piazza, Giorgio Camuffo e Carlo
Vinti. L’allestimento del museo, invece,
era stato affidato originariamente a quel
grandissimo maestro del design italiano
che è Enzo Mari. Insomma un mese fa
Enzo Mari si è infortunato e la direttrice del Triennale Design Museum mi
dice: “Fabio, emergenza, te la sentiresti di
sostituire il grande maestro?”. Nonostante i tempi siano tiratissimi ho accettato
la sfida…
Perché, quando apre?
Apre il 13 di aprile, e voglio dirti una
cosa interessante. Io sono amico di Enzo
Mari, abbiamo fatto tante conferenze
insieme – litigando, perché poi abbiamo due visioni diverse del mondo. Beh,
il mio è uno studio che è una centrale
nucleare, siamo uno studio svizzero, di
precisione, siamo sul pezzo, ci buttiamo con tutta l’energia, mentre Mari in
6 mesi non aveva neanche presentato il
progetto. E io mi domando: “Come pensavano di portarlo a casa il risultato?”.
In Italia convivono queste due anime:
ci sono 70, 80enni che fanno da tappo
mentre molti giovani hanno così tanta
energia che si metterebbero a vendere
i loro progetti col banchetto per strada.
Penso che ci sia un problema reale di
fluidità.
Dall’altra parte, la Biennale di Venezia fa direttore artistico il 39enne
Massimiliano Gioni.
Notizia fantastica, per certi aspetti.
Anche se il discrimine non deve ridursi all’età: oggi non puoi permetterti di
essere bravo nel tuo ambito, devi essere
anche una “brava persona”. Non puoi
permetterti di essere uno stronzo. Altrimenti la tua bravura si resetta, perdi
il bonus.
A me sembra proprio il contrario; che
la crisi autorizzi a essere più diretti.
No, se diventa il minore dei mali, allora abbiamo un problema. Il rapporto umano fa sempre la differenza. Se
regali una buona parola a una persona,
sai quanta energia col segno + metti in
circolo? Essere stronzi, oggi, non te lo
puoi permettere. Devi essere proprio
una brava persona, è un dovere verso
l’umanità!
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Portfolio
Portfolio
Cuochi al lavoro
all’interno di un bistrot
di street food durante
la “Festa del cigliegio
in fiore” a Hirosaki,
prefettura di Aomori.
Nella pagina a fianco.
Una ragazza fuma una
sigaretta poco prima
della sua cerimonia
per il raggiungimento
dell’età adulta, Toyoka,
prefettura di Hyogo.
japan
Lo sguardo orientale e occidentale si fondono e si
confrontano in The Japan Photo Project, un progetto
itinerante compiuto a bordo di un caravan, durato
12 mesi e 42 mila chilometri, affrontato da una
coppia inconsueta di fotografi: un giapponese e una
catalana. Un racconto a colori e in bianco e nero
di un Giappone inedito, lontano dai cliché e tutto
da scoprire.
Foto di Toru Morimoto e Tina Bagué
22
23
Portfolio
Portfolio
Un donna al lavoro in
una risaia durante il
mese di maggio, Sakae,
prefettura di Nagano.
Foto sopra.
Alcuni bambini si
preparano per una
rappresentazione
teatrale tradizionale a
Nakayama, ricorrenza
che si celebra
annualmente fin dagli
inizi del XIX secolo,
Shodoshima, prefettura
di Kagawa.
Foto a fianco. Il teatro
di Kabuki a Uchiko
costruito nel 1916,
alla scoperta del sol
levante
Le foto di Toru Morimoto e Tina
Bagué sono raccolte nel libro
JAPAN edito da The Private Space.
Una parte di queste si potranno
ammirare dall’8 marzo al 14 aprile
in via Montevideo 9 a Milano pres-
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so lo spazio Combines XL Gallery.
Il 10% del ricavato della vendita
delle fotografie andrà in beneficenza alla prefettura di Fukushima e
sarà destinato ai bambini rimasti orfani dopo la tragedia dello Tsunami
dell’11 marzo 2011.
www.japanphotoproject.com
successivamente
restaurato e riaperto
nel 1985. Uchiko,
prefettura di Ehime.
25
Portfolio
Portfolio
I monaci del tempio di
Chion suonano ogni
anno alla mezzanotte
del 31 dicembre
108 campane per
allontanare, secondo la
tradizione buddista, i
108 peccati dell’uomo.
Kioto, prefettura di
Kioto.
Foto sopra.
Un gruppo di uomini
trascina un enorme
carro di carta durante
il Festival di Nebuta.
Aomori, prefettura
di Aomori.
Foto a fianco.
Un palo di bambù
lungo 12 metri con
46 lampade, del peso
di 50 chili l’una, viene
portato in processione
durante il Festival di
Kanto. Akita, prefettura
di Akita.
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Portfolio
un caravan per due
Due fotografi, due modi diversi di guardare attraverso un obiettivo
e un intero paese da scoprire. Un progetto affascinante raccontato
da Tina Bagué, “l’occhio femminile” di questa avventura nipponica.
di Andrea Zappa
Un giapponese e una catalana assieme a spasso per il Giappone, da dove
nasce questa idea?
The Japan Photo Project nasce dopo il
nostro quinto viaggio assieme in questa
terra. Durante i primi due, nel 2002,
ci limitammo a fotografare le zone più
emblematiche del paese, ma dopo ci
rendemmo conto che il Giappone non
era solo grattacieli, geishe e templi. Durante la nostra prima visita a Tohoku
nel 2008 ci innamorammo delle realtà
rurali, della loro gente che vive giorno
per giorno in un modo completamente diverso da quello che si immagina
quando si parla di Giappone. Di ritorno da quella esperienza decidemmo di
dedicare un anno della nostra vita per
documentare fotograficamente tutto
ciò che va oltre i cliché di questo paese,
così da offrirne una visione totalmente
diversa.
In questo progetto l’occhio fotografico
orientale si confronta con quello occidentale, una dualità interessante…
Fin dall’inizio questa esperienza si è
sviluppata su due binari paralleli, non
solo per il fatto che Toru è giapponese
e io europea, ma anche perché lui fotografa in bianco e nero e in analogico,
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mentre io scatto a colori e in digitale.
Inoltre, abbiamo due modi differenti di
intendere la fotografia, senza dimenticare che il suo è uno sguardo maschile.
Questa dualità è stata fin da principio
una delle caratteristiche più interessanti del lavoro. Toru è giapponese e ha
vissuto per 20 anni lì, per questo c’erano cose che a me colpivano particolarmente e che lasciavano lui totalmente
indifferente. E ovviamente l’inverso,
come per esempio alcuni aspetti della
vita quotidiana giapponese. Forse io ho
una visione più “pop e vitale” del paese,
mentre lui offre uno sguardo maggiormente nostalgico, sobrio e a volte anche “acido” della sua società.
Il Giappone è un paese pieno di contrasti, che cosa ti ha colpito positivamente e cosa negativamente?
Venendo dalla Spagna, dove si sono
persi molti valori, quello che mi piace
di più del Giappone è il rispetto reciproco tra le persone e nei confronti
della società. L’essere gentili e amabili sono atteggiamenti che abbiamo un
po’ dimenticato in Occidente. Lì ti
senti sempre trattato bene, nonostante
la comunicazione non sia facile per la
lingua. Forse come aspetto negativo di-
rei la rigidità del sistema nel suo complesso.
Avete avuto qualche difficoltà nello
scattare foto alla gente?
Il Giappone è un paradiso per gli amanti della fotografia. Lì praticamente tutti
sono felici di essere fotografati. I maggiori problemi li abbiamo avuti con le
persone anziane che non volevano perché dicevano di essere troppo vecchie
e con le rughe.
È stato un viaggio molto lungo, come
l’avete organizzato?
Erano in molti all’inizio a pensare che
fosse un viaggio di piacere, tipo un anno
sabatico. In realtà non è stato affatto
così, sapevamo fin da principio che sarebbe stata un’esperienza impegnativa.
Ci eravamo prefissati un calendario
serrato, il Giappone sembra un paese
piccolo, ma non lo è affatto. Inoltre dovevamo aggiornare quasi quotidianamente il sito e il blog in quattro lingue
per coinvolgere più gente possibile. La
notte ci occupavamo della post-produzione delle immagini e il fine settimana
Toru sviluppava i rullini nella camera
oscura del caravan. Insomma, non proprio una vacanza come poteva apparire
all’esterno.
FOCUS
FOCUS
manzo wagyu,
boccon divino
Grazie al suo sapore ineguagliabile, è considerato il “caviale della carne”. Ecco il lungo
viaggio del manzo Wagyu, che dal Giappone ha fatto il giro del mondo fino ad
approdare sulle tavole dei ristoranti più esclusivi, diventando un vero bene di lusso.
di Cristina Buonerba
02
“Conosciuta da appassionati gourmet
per l’eccezionalità, vanta il titolo
di carne più buona al mondo”
01
01. La razza Wagyu
necessita tempi
di allevamento
particolarmente lunghi
e in condizioni del tutto
naturali.
30
C’è chi lo definisce un piacere per il palato e
sembra che la sua consistenza e il suo sapore succulento siano imparagonabili: il manzo di Kobe,
conosciuto da appassionati gourmet per la sua eccezionalità – e per il suo costo proibitivo – vanta
il titolo di carne più buona del mondo. In passato
veniva utilizzato per deliziare imperatori e samurai, mentre oggi è considerato un vero e proprio
lusso riservato a pochi. Quali sono le peculiarità
che lo rendono così unico nel suo genere? Il termine corretto per fare riferimento a questa tipologia
di bestiame è manzo Wagyu, e la sua traduzione
dalla lingua originale non lascia spazio a cattive
interpretazioni. “Wa” significa giapponese, mentre
“gyu” vuol dire bovino. Questa razza affonda le
sue radici in Giappone, nella Prefettura di Hyogo,
una regione costiera che si affaccia su due mari e
che ha come capitale la città di Kobe. In questo
angolo di mondo, i bovini dal caratteristico manto
nero Wagyu hanno pascolato indisturbati per secoli, isolati dalla volontà dei loro allevatori e dalla
geografia del luogo in cui vivevano. Inoltre, dal
1635 al 1868, la religione Buddista e il governo
03
centrale dello Shogun proibirono il consumo di
animali a quattro zampe, tanto che la carne iniziò a essere parte integrante dell’alimentazione
nipponica solo a partire dalla Seconda Guerra
Mondiale. Questo favorì la salvaguardia della razza Wagyu, limitandone gli incroci con altre mucche e aumentandone la capacità fisica, poiché le
mandrie venivano utilizzate esclusivamente come
forza da lavoro e da traino nelle risaie. Oggi, infatti, questi bovini continuano a conservare un patrimonio genetico antichissimo: le razze a mantello
scuro, rosso e quelle senza corna sono le dominanti e, fra queste, i capi più puri sono quelli neri.
La carne dei manzi Wagyu possiede delle proprietà organolettiche superiori ad altri animali: è ricca
di grassi insaturi distribuiti soprattutto all’interno
del muscolo e non ai lati. Sono queste venature
che ne conferiscono l’aspetto marmorizzato e che
rappresentano il segreto che la rende così particolarmente tenera. Grazie a questa caratteristica,
“il contenuto di colesterolo è inferiore e la quantità
di grassi saturi diminuisce del 50% rispetto ad altre
carni”, spiega lo Chef milanese Danilo Angé, che
lo scorso mese è stato protagonista di un’esclusiva
cena a base di Wagyu Beef tenutasi presso l’Hotel
dei Cavalieri. “Si può cucinare in vari modi, dalla
bassa temperatura alla griglia, ma è bene evitare di
mantenerla troppo a lungo sul fuoco per non perderne i grassi”. Questa particolarità, oltre a renderla
estremamente gustosa, fa sì che il suo consumo
soddisfi i parametri di una sana dieta mediterranea, che non fa differenza tra carni bianche o
rosse bensì tra carni grasse e meno grasse. L’unico
problema è il costo. Il manzo Wagyu può arrivare ad avere prezzi altissimi, che vanno dai 100 ai
1000 euro al chilogrammo!
In Giappone, la dicitura Kobe è un marchio registrato che, per essere ottenuto, deve rispettare
una serie di parametri prestabiliti, primo fra tutti la nascita, la crescita e la macellazione dell’animale all’interno della prefettura di Hyogo. Al
momento, i principali Paesi che esportano i manzi
Wagyu sul mercato europeo sono gli Stati Uniti,
l’Australia e il Cile, mentre in Italia è la Tenuta
Ca’ Negra, situata alle porte di Venezia, una delle
principali aziende agricole che si occupa del loro
allevamento. “Siamo ancora in fase di start up, i
numeri dei nostri capi sono limitati”, spiega Ferdinando Borletti, responsabile del progetto portato
avanti dalla società veneta, “abbiamo acquistato
degli embrioni congelati dall’Australia e li abbiamo
impiantati in alcune manze riceventi”. Ciò che trasforma la carne Wagyu in un bene così “elitario”
sono le condizioni e i lunghi tempi di crescita
di questi bovini che vivono in delle “stalle-Spa”:
immersi nella natura, si nutrono di mangimi selezionati a base di cereali e, come da tradizione,
vengono trattati con birra e massaggiati con dei
guanti di crine. “Il lievito di birra – prosegue Ferdinando Borletti – serve a stimolare delle mini acidosi che non fanno sentire l’animale sazio durante
le stagioni più calde, mentre la pratica di massaggi,
così come l’uso di lettiere in paglia e la diffusione di
musica classica nelle stalle, diminuiscono lo stress
ambientale percepito dal bestiame, aumentando così
la qualità della loro carne”.
Una vera e propria delizia del palato che vale la
pena, almeno una volta, assaggiare. Buon appetito,
o meglio, Itadakimasu!
02. ll segreto per
cucinare il manzo
Wagyu è mantenere
brevi i tempi di
cottura per evitare di
disperderne i grassi.
03. L’intensa
marmorizzazione ne
caratterizza il gusto
vellutato. A Milano è
possibile acquistarlo
presso la macelleria
Masseroni in via
Corsico 2.
31
FOCUS
FOCUS
quanto sei
bugiarda milano?
Milano cambia anima ma non la faccia. Negozi e spazi storici
si trasformano. Restano solo le insegne. Vecchie latterie fanno
delle colazioni glamour il loro credo, bocciofile diventano
ristoranti chic e l’elettrauto ama la musica jazz e il buon vino.
di Elisabetta Gentile
02
dal latte all’insalata
A Milano ci sono luoghi storici rimasti tali. Il più sorprendente è “La
Vecchia Latteria” in via dell’Unione
6. L’insegna risale al 1850. I tavoli,
le piastrelle e il locale sono fermi al
1950 in questo scrigno incastonato
nel traffico dell’adiacente via Torino.
Da ormai tre generazioni cucina
vegetariana tutti i giorni e un aperitivo unico con musica dal vivo, ma
solo il martedì e giovedì sera.
03
01
01. L’interno del
ristorante U Barba,
dove chicche vintage
e intuizioni creative
convivono con il menù
tradizionale genovese.
32
Milano è un scatola cinese. Racconta storie che a
loro volta ne riferiscono altre, totalmente diverse
da quello che si potrebbe immaginare. Così una
dentro l’altra, nascoste e incastrate perfettamente
tra loro, che a volte è difficile svelarle. Milano la
scopri e la ami solo se la vivi dall’interno. Con i
suoi racconti che a volte sono così strani, magici
e malinconici, che ti aprono il cuore e ti tengono ancorata a questa farabutta per tutta la vita.
È come un libro di Paul Auster o un racconto di
Ágota Kristóf: terribilmente triste ma vero che
non ne puoi più fare a meno.
Da qualche anno a questa parte la città assiste
a uno strano fenomeno che prende piede piano
piano: un curioso sistema di scatole cinesi che ne
ridisegna il volto. Vecchie insegne di locali che ricamano i muri ma che nascondono altro. Leggi
Elettrauto, entri e non trovi macchine, ma solo
musica jazz e gente che beve. Incontri una bocciofila, che ti accoglie con il consueto ingresso con
tendone di plastica e insegna della cabina del telefono, e scopri che in realtà è un ristorante chic
e bohémien. Ti ritrovi sotto lo storico negozio di
dischi che ti ha fatto compagnia durante l’adolescenza e sei invece in una caffetteria alla moda,
nonostante l’esterno sia rimasto perfettamente
uguale a sempre.
Alla voce latteria corrisponde locale eco chic in
via Vigevano, che con le sue colazioni offre chicche culinarie, difficili da reperire altrove per il
popolo dei Navigli. Prodotti italiani esclusivi e
ricercati come la crema di Pistacchio di Bronte,
i mini amaretti di Chivasso e la pasta pugliese
Slow Food. Gli articoli ti guardano dagli scaffali
color burro mentre fuori domina la scritta Latteria, che di anni ne ha ottanta e che il proprietario
ha conservato perché è un collezionista, facendo
assomigliare il posto a un locale dal gusto glamour
di Soho.
Nel peregrinare in questa schizofrenia cartelloni-
stica viene da chiedersi cosa determini la scelta di
mantenere le insegne originali. La risposte sono
molteplici ed eterogenee. L’allure dal sapore vintage si respira un po’ ovunque per diversi motivi.
Qualche volta è semplice gusto personale, come
per Marco Bruni che poco più di un anno e mezzo
fa ha dato vita a U Barba, un ristorante nato sulle ceneri di una vecchia bocciofila ferma da dieci
anni: “Il posto l’ho trovato casualmente, ho letto un
annuncio che aveva tre foto. Una di queste era il
giardino, che mi ha dato subito un’emozione e sensazione bellissima. La bocciofila era ferma da una
decina d’anni. Appena l’ho vista l’idea è stata non
solo di mantenerla, ma anche di ripristinarla. Ho
ristrutturato un bel po’: prima il campo da bocce era
molto più grande e si giocava alla milanese. L’abbiamo fatto ridurre, creando solo due piste all’italiana.
Grazie a questo intervento ho potuto recuperare spazio e creare la veranda esterna”. Quest’atmosfera
antica si respira ancora molto, la scritta origina-
le Bocciofila Decembrio troneggia sulla parete
esterna arredando la pista con eleganza e capisci
il perché sia stata lasciata esattamente com’era.
Anzi, diventa ispirazione: il nome U Barba che
leggi appena entri è realizzato infatti con lo stesso
identico font e colore. Marco continua a spiegare
le sue scelte: “La scritta è quella che ho trovato e
non l’ho cambiata. Così come l’insegna del telefono
che c’è fuori all’entrata. Le cose di altri tempi sono
ricorrenti qua da noi perché è un nostro gusto e una
nostra passione. Io vado per mercatini da sempre.
I tavoli fuori sono tutti recuperati, quelli dentro invece sono stati fatti fare, ma sempre secondo un gusto vintage”. E così tra oggetti recuperati, vecchi
televisori e macchinette per timbrare i cartellini
che decorano le pareti, scopri un mondo delicato
ed elegante, dove un menù di prelibatezze liguri
richiama ricordi di infanzia. Stessa cura e atmosfera ma con un tocco più cool si ritrova in un’altra zona di Milano, dove capita di trovare insegne
02. Squadra di pelotari
all’ingresso di Spazio
Pelota; oggi location
per eventi di ogni tipo,
nei decenni precedenti
casa del famoso sport
basco. Foto Archivio
Spazio Pelota.
03. Spazio Pelota
oggi:1.200 metri
quadrati dove
coesistono elementi
architettonici storici
e novità come i lavori
di Mark Newson.
Foto Marco Morosini.
33
FOCUS
indirizzi
Elettrauto Cadore
via Pinaroli 7
U Barba
via Decembrio 33
Mariposa Caffetteria
corso Lodi 1
Latteria
via Vigevano 33
Pelota Jaialai
via Palermo10
04
“Milano assiste a uno strano fenomeno:
vecchie insegne di locali che ricamano
i muri ma nascondono altro.”
04. Vecchia insegna,
nuovo mondo per
lo storico negozio
di dischi milanese
Mariposa, che oggi si
reinventa caffetteria.
34
(anche se non sono più quelle storiche e originali) che ricalcano esattamente il nome di ciò che
c’era prima ma nascondono altro. È il caso dello
spazio Pelota in via Palermo. La location è stata
inaugurata nel 1947 e un tempo si giocava allo
sport basco. Nel 1997 Silvano Gerani, presidente
Gilmar Divisione Industria (nota per il suo marchio Iceberg) ha acquistato lo spazio dove oggi si
tengono sfilate di moda, conferenze stampa, cene
di gala, concerti ed esposizioni. La modernità e
contemporaneità degli eventi fa da contraltare al
restauro conservativo.
Quando visiti La Pelota ritrovi l’atrio con il bancone per le puntate (oggi utilizzato come bar), le
gradinate per gli spettatori e il vecchio totalizzatore delle scommesse, croce e delizia di migliaia
di giocatori. Rimangono il soffitto del terreno di
gioco, alto e dalle curve particolari, e le piastrelle
a mosaico.
La scelta di mantenere un gusto retrò non è però
l’unica motivazione che spinge a conservare le
insegne storiche delle location destinate ad al-
tri usi, come sottolinea Tommaso, che insieme a
Maurizio e Luigi ha creato cinque anni fa il locale Elettrauto Cadore, nato sull’omonima attività:
“Io avevo un locale dall’altra parte della strada, un
sushi bar, poi un giorno hanno messo qui il cartello vendesi. Siamo venuti a vederlo, c’era un sacco
di luce, la struttura angolare ci affascinava e fuori,
dove un tempo c’erano le macchine, c’era la possibilità di avere molto spazio per i tavoli. La scelta
di tenere la storica insegna dell’elettrauto è duplice:
da un parte semplicemente mi piaceva, ma il vero
motivo è soprattutto perché un tempo questo era il
luogo di ritrovo del quartiere. L’insegna è quindi un
modo per continuare a essere il centro del quartiere
e il punto di ritrovo. Tutto il resto è stato restaurato
totalmente”. La clèr si abbassa la sera alle undici in
questo locale, che è il più democratico di tutto il
quartiere perché “c’è di tutto, dall’anziano al giovane, dai bimbi ai cani. Un porto di mare, insomma”.
L’ennesima scatola cinese che si incastra perfettamente in tutte le altre, lasciando Milano ai suoi
segreti da svelare.
Interview
interview
benedetta tobagi – filippo solibello
“La cosa bella è uscire quando tutti
dormono. Attraversare la città che
è meravigliosa e fiabesca a quell’ora”
good morning italia
Sono le voci – e i volti – inconfondibili di Caterpillar AM, programma radiofonico
in onda su Radio 2. Ogni giorno sono i primi a servire una ricca colazione
di notizie agli italiani. Mattutini per lavoro, giornalisti per passione.
di Cristina Buonerba
Il mondo della radio è in continua
evoluzione: attraverso l’uso di Internet e dei social network ora la si
ascolta e la si guarda. In che modo
quest’ innovazione influisce sul vostro
lavoro?
Benedetta: Sono arrivata in radio nel
2010, quando già c’era tutto questo.
Per il tipo di programma che facciamo, abbiamo un contatto personale
con i nostri ascoltatori durante tutta
la giornata. Siamo i primi ad aprire i
quotidiani la mattina e questo, dal mio
punto di vista anche più giornalistico,
cambia il modo in cui ci si avvicina alla
notizia. Utilizziamo tutti i canali tradizionali che ci sono in qualsiasi redazione, ma abbiamo anche un livello di
interazione molto elevato su Facebook.
I nostri utenti hanno capito il tipo di
lavoro che svolgiamo e ci segnalano
molte cose.
Ogni mattina il programma apre con
Il Sogno di Benedetta, una divertente
rubrica in cui, con grande sarcasmo e
pungente ironia, si affrontano i temi
più scottanti del momento. Da dove
nasce l’idea?
Filippo: Sono le sei di mattina, la gente si sta svegliando ed è fondamentale
avere un inizio che sia un accompagnamento dalla notte al giorno. Rappresenta l’editoriale del programma, e farlo in maniera poetica ma anche onirica
era un qualcosa che non c’era. I suoi
contenuti spesso sono pesantissimi,
delle vere e proprie bombe raccontate
con la melodia della voce di Benedetta,
una delle più belle della radio italiana.
Siete giunti all’ottava edizione dell’iniziativa M’Illumino di meno, la celebre
campagna sul risparmio energetico
36
lanciata da Caterpillar che ha spento
simbolicamente le luci di mezza Europa, dal Colosseo alla Tour Eiffel.
Com’è cambiata la consapevolezza
comune riguardo l’ambiente?
F: Quando abbiamo iniziato tanti anni
fa, il concetto di risparmio energetico
era una cosa di pochi. In questi anni
è cambiato tutto, e da un certo punto di vista ha tirato la volata a quella
green economy su cui tutti speriamo
che si innesti la spina dorsale del Paese.
Adesso nessuno usa più le lampadine a
incandescenza e lo stesso referendum
sul nucleare ci ha confermato una consapevolezza comune e trasversale, che
va oltre l’ideologia politica del singolo
cittadino.
Siete i primi a servire la colazione agli
italiani. Quali sono i vantaggi di fare
una trasmissione in quest’orario così
delicato?
F: Si crea un rapporto più intimo con
gli ascoltatori della mattina, perché
condividi con loro un momento emotivamente significativo, quello della
sveglia presto. La cosa bella è uscire
quando tutti dormono. Attraversare la
città che è meravigliosa e quasi fiabesca
a quell’ora. Senza traffico, senza smog,
silenziosa.
Poi hai tutta la giornata per te…
F: Per preparare il programma! Certo,
ho dei momenti che mi godo molto di
più: ho due figli e posso andare a prenderli a scuola e passare più tempo con
loro. Lo considero un privilegio.
Benedetta, nel 2011 hai vinto il Premiolino, il più antico e importante
premio giornalistico sulla libertà di
stampa. A questo riguardo, qual è la
situazione nel nostro Paese?
B: La situazione è problematica, la
RAI sta vivendo da tanto tempo una
stagione difficile. L’aumento dell’informazione è una grande risorsa, ma bisognerebbe cercare di non adagiarsi e
navigare solo sulla superficie di questo
flusso, che altrimenti corre il rischio di
diventare del tutto inutile. È importante mantenere un andamento che va
come il nuoto a delfino, cioè ogni tanto in profondità. Esercitare il controllo
critico su quello che si dice e cercare
di proporre sempre un ragionamento e
un punto di vista.
Considerata la grave situazione economica in cui ci troviamo, credi che
l’Italia corra il rischio di ricadere in
azioni di violenza e terrorismo come è
successo in passato?
B: Sono convinta che non si ripeterà
quello che è successo nella specificità
italiana, però dall’Europa e dagli Stati Uniti ci arrivano i segnali di diverse
forme di esplosione del tessuto sociale. Una rabbia incontrollata crea dei
danni, mette a rischio vite e scatena
meccanismi repressivi che azzerano la
voce della protesta e incancreniscono
la situazione.
Qual è il vostro rapporto con Milano?
B: Vogliamo fare interagire quello che
vediamo con le testimonianze che ci
arrivano dal resto dell’Italia. Ci sentiamo un osservatorio e aspettiamo di
vedere in che modo la città cambierà
nei prossimi mesi. Abbiamo iniziato a
monitorare l’Area C quando è nata e
continueremo a farlo attraverso i nostri
ascoltatori. È bello trovare un modo
per far fiorire il proprio territorio senza
essere locali ed escludere, ma semplicemente coinvolgendo tutti.
37
design
Anatomia del design
La sedia Signature
di Carlo Mollino è
realizzata in legno
curvato con tre o
quattro gambe in
acciaio. Lo schienale
asseconda la linea
naturale della colonna
vertebrale.
Carlo Mollino ha fatto della vita stessa un progetto:
anticonformismo, originalità, ironia e sensualità sono
solo alcuni dei temi che hanno reso questo autore un
mito del design italiano, ancora tutto da scoprire.
Testo e illustrazione di Dino Cicchetti
39
laviniastyle.com
DESIGN
lucciole e flash
Al pari del design, Mollino ha
sempre avuto la passione della
fotografia. Dagli anni Trenta in poi
continuerà a scattare ininterrottamente allestendo addirittura un
appartamento, Casa Miller, proprio
per ambientarvi le sue fotografie.
Dopo la guerra però la sua attenzione sarà assorbita completamen-
te dal nudo femminile espresso
attraverso un formato 10x15
standard, con foto spesso sapientemente ritoccate a matita o a colori.
Memorabile la sua collezione di
immagini di donne scattate con una
Polaroid, che dal ’63 divenne il suo
strumento prediletto. Una curiosità: quasi tutte le sue modelle erano
anonime prostitute torinesi.
green
production
Complementi d’arredo
realizzati in 3D printing
tecnologia al servizio
del design esclusivo.
www.exnovo-italia.com
lampada “Saturno”
vaso “Nid”
design Selvaggia Armani
01
01. Arabesco è un
tavolino del 1949,
rieditato come
Omaggio a Mollino
da Zanotta.
è acquistabile a
2.200 euro.
40
Il cosiddetto design industriale degli anni Cinquanta a Mollino interessava ben poco, ne era
emblematico per esempio il fatto che frequentasse molto di rado la comunità milanese e che
mal tollerava le iniziative industriali che quella
cultura contribuiva a diffondere e mitizzare. Il
suo modello di riferimento non era certo Zanuso, ma più che altro Wirkkala, Aalto, Jacobsen e
tutto il design nordico che sarà assimilato e superato del progettista piemontese. La sua tecnica
prediletta divenne allora il compensato curvato a
strati sovrapposti, che gli permise di mantenere
una sinuosità del segno che si allontanava quanto
mai dalle mode dell’epoca. Certo i riferimenti al
Surrealismo, all’Art Nouveau e al Barocco furono
evidenti, ma in questo caso la fonte di ispirazione
più forte fu senza dubbio il corpo e la sua anatomia. Nacque così un organicismo costituito da
due componenti: una più morbida e carnale, l’altra più tecnica e scheletrica. Le strutture precarie
dei mobili disegnati da Mollino furono per lo più
clavicole, vertebre, articolazioni. Basta guardare i
vari tavoli sviluppati negli anni, dal Lattes all’A-
rabesco, o le sue sedie dagli schienali curvati su
cui spesso si adagiavano modelle seminude. Le
giunzioni umane, ma allo stesso tempo meccaniche, rappresentavano perfettamente l’estremizzazione concettuale dell’organicismo macchinista del Futurismo.
Mollino è stato contemporaneamente progettista
e artigiano, affrontando con un rigore maniacale
ogni fase del processo produttivo, dai magnifici
schizzi preparatori alla curvatura del legno. La
sua forza di volontà e la sua coerenza lo hanno
portato poi a spaziare in molteplici altri campi.
L’architettura è stata sempre la sua attività primaria e, proprio da essa, sono nate tutte le possibilità di realizzazione di mobili su misura. Va
ricordata poi la passione per la velocità, sempre
presente a livello stilistico nelle sue realizzazioni:
sciatore provetto, pilota di aerei e di auto da corsa, partecipò addirittura alla 24 ore di Le Mans.
Assiduo frequentatore di donne di malaffare che
ritraeva continuamente, fra un appuntamento e
l’altro trovava poi il tempo per scrivere opere di
saggistica, romanzi e articoli vari.
sculture digitali per fabbricare idee
Design
design
Preview 2012
Milan Design Week 2012
Sedie e poltrone: ecco alcune delle
novità che vedremo durante la design
week milanese.
Driade - 59
Marzorati Rocchetti - Reverb Wire Chair
Di Marzio Design - Missix
Dopo la Nemo una nuova seduta a rinnovare
Una ltd edition di Brodie Neil per il 90esimo
Progettata da Maurizio Di Marzio, è realizzata
la collaborazione tra Driade e Fabio Novembre.
anniversario dell’azienda canturina.
in polietilene stampato con tecnica rotazionale.
www.driade.it
www.marzoratirocchetti.it
www.dimarziodesign.com
Porro
K% - Chair
Alivar - Fedra
Non ha ancora un nome, ma esiste già la nuova
Questo nuovo brand debutta alla design week
ABS, pelle ed ecopelle sono i materiali di questa
sedia realizzata dalle Front per Porro.
con una seduta realizzata dallo studio Nendo.
proposta disegnata da Giuseppe Bavuso.
www.porro.com
www.nendo.jp
www.alivar.com
Varaschin - Grid
Ligne Roset - Okumi
Morelato - Burton
Struttura outdoor ma cuscini per interni per
Lo Studio Coloir si fa ispirare dai kimono
Da seduta a poltrona a dondolo grazie a dei pattini
questa poltroncina designata da Kensaku Oshiro.
giapponesi per questa nuova poltrona.
calamitati, design Centro Ricerche MAAM.
www.varaschin.it
www.ligne-roset.it
www.morelato.it
Dal 17 al 22 aprile ritorna il grande design a Milano. La città si prepara come
ogni anno per gli eventi fieristici e per il fuorisalone. Non tutto è ancora stato
svelato, ma cominciano a trapelare interessanti anticipazioni su quelli che
saranno gli spazi e gli eventi che caratterizzeranno la prossima design week.
di Enrico S. Benincasa
Un rendering
dell’allestimento
interno di MOST,
dal 17 al 22 aprile
presso il Museo della
Scienza e della Tecnica
di via San Vittore 21.
42
Fra meno di sessanta giorni parte la design week
milanese. Si inizia il 17 aprile con l’apertura, presso il Polo Fieristico di Rho, della 51esima edizione
del Salone Internazionale del Mobile, quest’anno
accompagnato dal Salone Internazionale del Bagno, dal Salone del Complemento d’Arredo, da
Eurocucina e, ovviamente, dal SaloneSatellite, lo
spazio che accoglie i giovani emergenti. Alla manifestazione fieristica ufficiale, dedicata alle varie
declinazioni del furniture, si affianca poi il fuorisalone cittadino, scelto, come d’abitudine, anche da
aziende non strettamente legate al mondo dell’arredamento. In Tortona proseguirà l’esperienza di
Tortona Design Week che, come l’anno scorso, si
occuperà della gestione e dell’organizzazione del
quadrato di vie dove circa vent’anni fa nacque l’esperienza del Fuorisalone. Tra i membri di questa
entità c’è Superstudio Group che, inoltre, organizzerà per il quarto anno consecutivo il suo Temporary Museum for New Design, ospitato nelle
sue sedi di via Tortona e di via Forcella. Come
dicevamo non solo arredamento – tra gli espositori troviamo aziende come Samsung, Canon e
Carrera – ma non mancheranno nomi del design
come Foscarini e Lasvit. Chi si è spostato un po’
da Tortona è Tom Dixon: quest’anno il designer
inglese presenterà MOST e trasformerà il Museo
della Scienza e della Tecnica in un vero e proprio
hub del fuorisalone, con la collaborazione di Martina Mondadori e di designer del calibro di Yves
Béhar. Designer e aziende straniere protagonisti
anche in via Ventura a Lambrate, l’headquarter
olandese durante questa settimana. Ci sarà come
sempre Marteen Baas, quest’anno con il progetto Ventura Bar. In Triennale, invece, la mostra di
Marti Guixé nel Museo del Design lascerà spazio
a una nuova esposizione dedicata ai maestri della
grafica italiana, con allestimento a cura di Fabio
Novembre. Proseguirà anche l’esperienza di Brera
Design District che, forte dei risultati dell’anno
scorso, coinvolgerà ancora di più tutte le aziende
che hanno scelto il quartiere milanese dell’arte
per insediare i loro showroom. E per chi vuole
divertirsi non mancheranno le occasioni, con le
tante attività organizzate da realtà milanesi come
Esterni ed Elita.
43
style
style
Ladies watches
À la garçonne
Accessorio prezioso e raffinato, l’orologio
da polso d’ispirazione maschile.
salvatore ferragamo
Anelli Gancino in oro rosa, pietre
semipreziose e diamanti.
fabi
Minitracolla in vernice laserata
color cipria, chiusura a lucchetto.
etiqueta negra
Blazer corto a un bottone,
realizzato in piquet di cotone.
d&g
Sandalo a listini intrecciati in cuoio
e maxi zeppa.
Fossil
Swarovski
Cronografo Montenapoleone con quadrante
Orologio con cassa e bracciale in acciaio satinato
Orologio al quarzo in acciaio con applicazione
in smalto, cassa e bracciale in acciaio finitura lucida.
finitura brown ip e quadrante marrone.
di cristalli Swarovski sul quadrante nero.
www.lorenz.it
www.fossil.it
www.swarovski.com
Rolex
Michael Kors
Gucci
Cronografo Oyster con cassa e bracciale realizzati
Cronografo con cassa in acciaio a finitura lucida
Orologio della collezione G-Timeless con cassa
in rolesor everose e quadrante laccato bianco.
dorata e bracciale in acciaio e acetato.
in acciaio e quadrante con motivo diamante.
www.rolex.com
www.michaelkors.com
www.guccitimeless.com
Longines
Philip Watch
Tissot
Orologio PrimaLuna con movimento automatico,
Orologio da polso con cassa tonda
Orologio Carson Automatic, con cassa
cassa in acciaio e quadrante bianco.
e bracciale in acciaio con chiusura a farfalla.
e bracciale in acciaio lucido.
www.longines.com
www.philipwatch.net
www.tissot.ch
Per la primanvera Paul Smith propone capi
sartoriali d’ispirazione maschile. Ecco il blazer
blu con i reverse sollevati, abbinati ai pantaloni
grigio acciaio e alla più femminile maglieria rosa.
di Luigi Bruzzone
44
Lorenz
45
STYLE
STYLE
Punti di vista… alternativi
02
uno sguardo benefico
“Piccolo” è anche sinonimo di
beneficenza. A Hollywood Sheila
Vance, la designer di Sama Eyewear, dopo la perdita del figlio Sam
a causa di una overdose, ha creato
la Sam Vance Foundation. Parte dei
proventi degli occhiali che firma,
peraltro molto apprezzati dallo
star system americano, vengono
destinati a questa associazione
che aiuta i giovani con problemi
di dipendenza.
01
Crocevia tra moda, design e tecnologia, i Créateurs dell’occhiale firmano
collezioni “fuori dal coro”. Le loro montature sono destinate a un pubblico
raffinato e sono vendute in esclusiva in selezionate boutique in tutto il mondo.
di Paola Ferrario
01. Un dettaglio del
processo produttivo
della collezione firmata
da Tom Davies creata
all’insegna del bespoke.
46
Nel mondo dell’occhiale esiste un piccolo universo produttivo che esprime l’eccellenza del savoirfaire e dell’artigianalità: i Créateurs. Dagli anni
Ottanta disegnano e producono esclusivamente
collezioni no logo, riuscendo a realizzare occhiali
che anticipano i tempi e le mode attraverso virtuosismi creativi senza precedenti.
Cosa li ha spinti a dedicarsi ad un mercato di difficile comprensione per il consumatore finale?
Secondo il designer Danilo Procaccia, “la decisione è nata perché in quel momento era ciò che una
crescente parte dei consumatori cercava, che, peraltro, mancava sul mercato. Personalmente mi sono
fatto guidare da ciò che avevo dentro. Visti i primi
risultati, è stato chiaro che ero sulla strada giusta”.
Negli anni questa nicchia si è ingrandita e, a detta
di Nicola Del Din, Presidente della Pramaor, “sta
portando i consumatori ad allontanarsi sempre di
più dalla massificazione esasperata e dall’appiatti-
mento stilistico e culturale di numerose aziende, che
nel corso degli anni hanno legato il valore di un prodotto semplicemente a un brand, senza creare una
base concreta”.
La provenienza geografica di queste realtà è svariata e non ha confini: oltre ai rappresentanti del
nostro Bel Paese come I.I (il marchio di Lapo
Elkann), Patty Paillette, Piero Massaro, troviamo i
francesi Alain Mikli (forse il più grande visionario
dell’occhiale), Anne et Valentin e IDC; i tedeschi
IC Berlin, Mykita e Frost, come pure i belgi di
Theo. Ci sono poi gli svizzeri Götti e i nordici Ørgreen e Lindberg. Senza dimenticare gli americani
L.A. Eyeworks e Robert Marc, gli inglesi Kirk Originals, Booth & Bruce fino ai cinesi Simon Chim e
agli australiani Isson.
La cultura del paese di origine ha influito sulle
loro creazioni determinando stili particolari. Un
esempio su tutti è il minimalismo dei nordici che,
a suon di “less is more”, ha passato inerme l’opulenza delle recenti stagioni della moda decretando
che l’eleganza è sinonimo di essenzialità. L’alleato
più fedele di questo mood è stato ed è tuttora il
titanio. I francesi, invece, continuano a dichiarare con le loro montature che “colore è bello” e a
osare con forme che anticipano i tempi. Alcuni
nostrani Couturier invece, nonostante una generale decelerazione nella ricerca tecnologica, non
hanno smesso di investire nell’innovazione e, ogni
tanto, si sono addirittura spinti al di là dell’indossabilità, come ci ha dichiarato Giovanni Vitaloni
della Nico Design: “Capita che il risultato dello
sforzo creativo sia molto avanzato e pionieristico (a
volte troppo, e allora l’occhiale resta un divertissement esaltante ma irrealizzabile), altre volte invece
più accessibile concettualmente e più commerciale”.
Tra gli italiani figurano anche marchi che hanno
deciso di affacciarsi al mondo dell’occhiale in
tempi recenti come Acanto, la cui linea Shield è
dotata di un magnete al silicio in grado di convertire le onde elettromagnetiche nocive in forze
armoniche per il nostro corpo. Un altro neofita è
Feb31st, il brand del designer Valerio Cometti. La
collezione è declinata in legno, materiale che da
qualche anno si sta ritagliando uno spazio importante nell’occhialeria. “Per un designer tecnologico
come me – spiega Cometti – impegnato fra fibra
di carbonio, leghe aeronautiche e polimeri ingegneristici, il legno rappresenta una sfida irrinunciabile.
Dopo migliaia di anni di scienze dei materiali, nessun ingegnere è ancora riuscito a creare un materiale
così ricco”.
Molte collezioni sono state unite dall’attenzione
alla sostenibilità in termini di impatto ambientale
e dalla sartorialità. Grazie al londinese Tom Davies, ad esempio, è infatti possibile avere un occhiale bespoke in quattro settimane.
Gli occhiali dei Créateurs non sono però disponibili presso tutti gli ottici. La loro esclusività ha
fatto sì che nascesse una tipologia di punti vendita raffinata, le cosiddette “boutique”. Gestite
da cultori del design e del bello, sono luoghi di
charme dove il cliente viene coccolato e seguito
a 360 gradi nel suo percorso di scelta. Anche il
consumatore a cui sono destinati è particolare e
non vuole uniformarsi alla massa, come ci ha spiegato Dante Caretti della Caretti Consulting: “Chi
acquista prodotti no brand normalmente è curioso,
colto, creativo e detta le mode, non le segue”.
Purtroppo l’acquisto di un paio di occhiali “fuori dal coro” implica anche uno sforzo economico,
pienamente giustificato dai contenuti di queste
piccole, grandi creazioni.
02. Da qualche mese
Valerio Cometti, una
delle voci più autorevoli
del panorama
dell’industrial design,
è approdato al mondo
dell’occhiale con una
collezione in legno:
Feb31st.
47
style
style
Preview Mido 2012
Look at me
Segno di stile per gli occhiali da vista
la montatura dalla forma classica.
Modelli iconici reinterpretati con nuovi materiali
e finiture inaspettate fanno dell’occhiale da vista
un accessorio sempre più in voga.
Dsquared Eyewear by Marcolin
Kenzo by L’Amy
Oxydo by Safilo
Occhiale da vista con montatura
Occhiale da vista con montatura
Occhiale da vista con montatura
in acetato d’ispirazione anni Sessanta.
in acetato di forma arrotondata.
caratterizzata da cerniera a uncino.
www.marcolin.com
www.lamy-diffusion.com
www.oxydo.net
Lanvin by De Rigo Vision
Tru Trussardi Eyewear
Tom Ford Eyewear by Marcolin
Occhiale da vista dalla forma
Occhiale da vista con montatura
Occhiale da vista con montatura
arrotondata dal allure retrò.
squadrata e dettagli in metallo.
bicolor in acetato.
www.derigovision.com
www.charmant.com
www.marcolin.com
Eyewear Lacoste
Blackfin by Pramaor
Calvin Klein by Marchon
Occhiale da vista d’ispirazione retrò
Occhiale da vista modello Saint Malò
Occhiale da vista con montatura
con montatura in acetato e metallo.
con montatura minimalista in titanio.
in acetato e metallo.
www.marchon.com
www.pramaor.com
www.marchon.com
Vogue Eyewear
Bikkembergs by Allison
Charmant Titanium Perfection
Occhiale da vista in acetato con
Occhiale da vista in acetato con aste
Occhiale da vista dalle linee pulite,
montatura di forma squadrata.
cilindriche in metallo.
realizzato in Excellence Titanium.
www.vogue-eyewear.com/it
www.allison.it
www.charmant.com
di Luigi Bruzzone
Hyman Moscot,
fondatore del marchio
Moscot, fotografato nel
1934 davanti al primo
negozio del brand di
eyewear americano
al numero 94 di
Rivington Street
a Manhattan.
48
L’occhiale da vista, al pari di quello da sole, si è ritagliato negli ultimi anni uno spazio di rilievo nel
guardaroba maschile (oltre che in quello femminile, naturalmente). Il trend suggerisce montature
sempre più evidenti che aiutano a caratterizzare
il viso, donando fascino e rendendo interessante
lo sguardo, anche di chi ci vede molto bene. Se
da una parte, infatti, gli interventi chirurgici per
correggere la miopia sono in aumento, c’è chi
non vuole per nessun motivo rinunciare a inforcare una bella montatura con lenti non graduate e
“guadagnare punti” in fatto di stile.
Dopo il grande revival delle ultime stagioni, la
montatura squadrata da “nerd” si aggiorna ed
evolve in soluzioni più raffinate e contraddistinte dal forte contenuto di stile. Le forme si fanno
più morbide e arrotondate e i dettagli in metallo
(come viti e cerniere) caratterizzano nel particolare i disegni delle montature. L’offerta è molto
ampia e, a occhiali dal massiccio design “remake”
ispirato agli anni Cinquanta e Sessanta, si affiancano proposte decisamente minimal, più sottili e
anch’esse ispirate a modelli icona. Indossare gli
occhiali da vista diventa un diverissment. Grazie
alla giusta montatura possiamo interpretare un
personaggio e tentare di imitarne lo stile: intellettuale alla Pasolini, attivista politico alla Malcolm X, genio dell’arte contemporanea alla Andy
Warhol.
La ricerca sui materiali è all’avanguardia. Interessante da questo punto di vista l’utilizzo del titanio, che permette di costruire montature grandi,
elaborate e, allo stesso tempo, leggerissime e adatte alla vita contemporanea. Tantissime le proposte
in acetato, materiale estremamente versatile che
permette di ottenere degli effetti materici e cromatici inaspettati, che rafforzano il fascino delle
montature di ispirazione retrò chic.
49
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Galaxy Note, quando l’innovazione si veste di bianco
Oggi chi fa business ha giornate sempre più frenetiche e congestionate da mille impegni, avere al fianco
un “assistente personale” hi-tech di ultima generazione risulta dunque fondamentale. Galaxy Note White,
a metà strada tra smartphone e tablet, è un device dalle linee eleganti ideale per le donne in carriera
che ricercano il meglio nella vita professionale e non solo.
L’utilizzo di Galaxy
Note è immediato e
preciso grazie a S-Pen
Stylus, l’innovativa
penna che completa
l’incredibile esperienza
interattiva multi-touch
di Galaxy Note e che
consente di aggiungere
appunti, disegni e la
personalità di chi lo
utilizza a ogni pagina.
Foto di Davide
Lantermoz.
Galaxy Note accompagna Claudia,
product manager per un’importante
società di cosmesi, in una giornata di
lavoro tra Milano e Roma.
07:30 Caffè, brioche e S-Memo
Check degli appuntamenti della giornata attraverso S-Memo, l’app che permette di creare un’agenda totalmente
personalizzabile con contenuti, foto e
screenshot, condividendoli poi in modo
facile e immediato con tutti i propri
contatti (mail, chat o social network).
09:15 Riunione con il capo, più veloce
grazie a S-Pen Stylus
Durante qualsiasi meeting è possibile
navigare in modo fluido e immediato
nell’interfaccia tramite S-Pen Stylus.
Un piccolo pennino che rende semplice evidenziare, scrivere e annotare tutto quello che serve. Si possono prendere appunti e correggere direttamente i
documenti in PDF.
50
10:05 Treno per Roma: tempo di cinema con Chili TV
L’app Chili TV consente di avere sempre a portata di click una videoteca virtuale di oltre 800 titoli tra film, serie
TV e programmi di intrattenimento,
fruibile ovunque ci si trovi e con la migliore qualità possibile grazie all’ampio
display HD Super Amoled da 5,3”.
13:30 Pranzo di lavoro, fondamentale
la connessione super veloce
Grazie alla velocità di connessione
HSPA+21 e alla ricerca vocale è possibile trovare informazioni su internet
in un attimo, semplicemente chiedendo a Galaxy Note quello di cui si ha
bisogno.
16:45 Videochiamata con l’ufficio di
Milano
Galaxy Note è dotato di una fotocamera frontale (2 Megapixel) per le video
chiamate, oltre a una fotocamera da 8
Megapixel con Autofocus e Flash LED,
dotata anche di modalità autoscatto,
panorama e scatto con sorriso. Gli aspiranti “registi” possono inoltre realizzare
video in HD con formato 1920x1080
e 1280x720.
19:00 Aperitivo, ma sempre con un
trucco perfetto
Makeup è sicuramente una delle applicazioni più curiose e interessanti per
l’utenza femminile: trasforma qualsiasi donna in un make up artist di grido,
consente infatti di avere in pochi click
l’anteprima di un trucco particolare
per essere perfette in ogni occasione.
22:00 Finalmente un po’ di relax in
albergo
Grazie all’ampio display e al processore
Dual Core da 1,4Ghz l’entertainment
è massimo con Galaxy Note. You Tube,
giochi e internet non sono mai stati
così veloci e definiti.
Gli smartphone di ultima generazione racchiudono ormai in sé il mondo di una persona, la propria identità
pubblica e privata. Sono senza dubbio gli oggetti che più rimangono al nostro fianco nell’arco della giornata
e con i quali interagiamo di continuo per lavoro o per svago. Avere tra le mani un device dal design ricercato
e alla moda in grado di soddisfare il nostro senso estetico oltre che pratico appare ormai un must. Per questo
Samsung propone i suoi modelli più di successo nella linea Pure White per soddisfare il bisogno di stile
di ogni donna.
51
WEEK - END
WEEK - END
Il giardino delle meraviglie
sul web
www.borgomonterosso.com
www.imaginethegarden.co.uk
www.osteriabigat.it
www.laschiavia.it
www.termediacqui.it
www.grandhotelacquiterme.it
01
Avvolgenti e segrete le colline del Monferrato regalano sorprese
inaspettate: il giardino più bello d’Europa e momenti di relax
alle terme con trattamenti al vino, l’ideale per chi ama gli
itinerari green. Un consiglio: portate con voi anche un binocolo.
di Marilena Roncarà
01.Tra gli elementi più
suggestivi della tenuta
di Monterosso c’è la
piscina, impreziosita
dell’imponente statua
del Tobiolo di Arturo
Martini. Sullo sfondo
le arcate delimitano
lo spazio degli exstudi degli artisti, ora
sede della cantina
vitivinicola.
52
Il paradiso terrestre esiste ed è un giardino non
molto lontano da Milano, un enorme spazio verde
di 10 mila metri quadri, disegnato da mano d’artista e adagiato come un reticolo perfettamente ordito sulle colline del Monferrato, ad Acqui Terme,
nei pressi di Alessandria.
Stiamo parlando del giardino di Villa Ottolenghi,
di recente insignito del più prestigioso premio
internazionale dedicato all’architettura del paesaggio, l’European Heritage Garden Award 2011,
sbaragliando concorrenti importanti come gli inglesi, progenitori unici del landscaping e i francesi,
che tra Versailles e Les Tuileries hanno bene di che
vantarsi. Per di più il giardino di Villa Ottolenghi
ha vinto senza che la regione Piemonte fosse iscritta nell’elenco dei candidati alla competizione, riu-
scendo a farsi notare dalla giuria, come espressione di “un raro esempio di giardino moderno, un buon
modello dell’unione significativa tra arte e cultura
del vino”. Il giardino è stato progettato nel 1955
da Pietro Porcinai, l’architetto paesaggista italiano
più importante del secolo scorso. Raggiungerlo è
facile, sono meno di due ore d’auto da Milano e,
quando il paesaggio comincia a incresparsi nelle
dolci colline dell’Acquiese, vuol dire che si è quasi
arrivati. Basta volgere lo sguardo verso l’alto per
scorgere Villa Ottolenghi, che dalla cima del colle
domina tutto il paesaggio, circondata da ettari di
vigneti, parco e bosco.
La villa nasce attorno al 1920 per volere dei conti Ottolenghi, Arturo e Herta von Wedekind zu
Horst, che ne affidano la realizzazione ai migliori
02
architetti, pittori e scultori del tempo: personalità
del calibro di Marcello Piacentini, Fortunato Depero e Arturo Martini. Il sogno di Herta era fare
di Monterosso un piccolo borgo artistico, ma se
quest’idea pare tramontare con la morte degli
Ottolenghi, a riportarla in auge ci pensano gli
imprenditori Vittorio e Nadia Invernizzi che, nel
2006, comprano il sito, lo restaurano, lo aprono al
pubblico e ne fanno la sede della propria azienda
vitivinicola. Percorrendo il giardino si comprende
subito come ogni cosa sia organizzata in maniera
geometrica e razionale. Gli elementi compositivi
sono quelli classici: il pozzo, la piscina, la passeggiata ondulata e il pergolato di glicine che conduce lo sguardo verso un’infilata di archi, eco potente di certe scene metafisiche alla De Chirico. Qua
e là spuntano capolavori in ferro battuto, sedie di
marmo girevoli e statue imponenti, tappe artistiche di un percorso tutto da scoprire. La villa e i
giardini sono visitabili in ogni momento dell’anno,
basta prenotare con 2 o 3 giorni di anticipo e nel
biglietto è compresa la degustazione dei vini della
cantina. Dopo il vino tocca al food e dirigendosi
verso il centro di Acqui Terme c’è solo l’imbarazzo della scelta: dall’ambiente rustico dell’Antica
un brindisi con vini doc
All’interno del complesso di Villa
Ottolenghi, sotto quelli che un
tempo erano gli studi degli artisti,
ha sede la cantina dell’azienda vitivinicola Vittorio Invernizzi. Una tappa
obbligata dei percorsi enogastronomici dell’Alto Monferrato, nonché
la perfetta conclusione della visita al
parco e alla villa. In una degustazione guidata vengono presentati
i vini doc Tempio Bianco e Tempio
Rosso e i vitigni autoctoni del Barbera, Moscato, Gavi e Sauvignon.
In alto i calici e salute!
Osteria da Bigât, rinomata per le specialità locali
della farinata e della formaggetta, al raffinato ristorante La Schiava, che propone cucina ligure e
piemontese con piatti a base di funghi e tartufi.
Saziata la fame non ci si può esimere dal fare un
giro in città, con tappa obbligata alla Bollente, una
sorgente d’acqua che sgorga a 75 gradi in pieno
centro storico. Chi lo desidera può regalarsi una
pausa relax alle terme, magari decidendo di soggiornare direttamente in uno dei numerosi hotel
come il Gran Hotel Nuove Terme, che offre delicati ed esclusivi trattamenti al vino. Per chi invece
vuole continuare a viaggiare, a solo mezz’ora dalla
cittadina si possono visitare le Cantine di Canelli,
dette anche le "cattedrali sotterranee". Si tratta di
cantine scavate nel sottosuolo della città di Canelli, capolavori d’ingegneria e di architettura enologica (nonché regno di invecchiamento dello spumante classico) nominate dall’Unesco Patrimonio
mondiale dell’umanità per la loro incomparabile
bellezza. Guidando verso sud e se la giornata è di
quelle fortunate può capitare anche di imbattersi in un’altra “meraviglia locale”: gli aironi cinerini del Rifugio Garzaia Val Bormida, da guardare
però, solo a una certa distanza.
02. Veduta dall’alto
del giardino più
bello d’Europa,
con in evidenza la
caratteristica forma
a reticolo del prato
e la passeggiata
ondulata, che corre
lungo il perimetro
della struttura. Villa
Ottolenghi è anche
location per ricevimenti
privati, cene di gala
e matrimoni.
53
wellness
wellness
Aveda
Il Boscareto Resort & Spa
Essenze pure derivate da fiori e piante
e ingredienti a basso impatto ambientale,
con un occhio all’antica tradizione
ayurvedica. Per il benessere del corpo
ma anche dell’anima.
barolo e relax
L’offerta Il Boscareto comprende:
una notte in Suite Platinum, un
calice di benvenuto Barolo Corda
della Briccolina, prima colazione
american buffet servita in camera
con giornali, té e friandise nel
pomeriggio, aperitivo serale, una
cena per due persone al Ristorante
La Rei, l’ingresso libero all’Aveda
Destination Spa La Sovrana, un
trattamento completo Sovrana
Full Sensation, un massaggio della
durata di 60 minuti (a scelta tra:
rilassante, californiano o sportivo),
sconto 10% su tutti gli acquisti
boutique. Soggiorno per due
adulti, una notte: euro 690 per
persona. Validità fino al 31 agosto.
www.ilboscaretoresort.it
Pure Formance Men Composition
Invati Exfoliating Shampoo
Caribbean Therapy Body Scrub
Olio aromatico multiuso che ringiovanisce e
Di derivazione naturale al 97%, questo shampoo
Scrub rivitalizzante per il corpo, rimuove le cellule
reidrata il cuoio capelluto, il corpo e i capelli.
deterge, esfolia e rinnova la cute.
morte e i residui che opacizzano la pelle.
Rosemary Mint Hand & Body Wash
Invati Scalp Revitalizer
Smooth Infusion Style-prep Smoother
Detergente lenitivo e idratante, grazie alla vitamina
Trattamento giornaliero anticaduta che favorisce
Ideale per preparare e prolungare la durata
E difende la cute dai danni dei radicali liberi.
le condizioni ottimali per avere capelli sani.
di pieghe lisce o stirate.
Caribbean Therapy Body Creme
Pure Formance Men Exfoliating Shampoo
Invati Thickening Conditioner
Crema corpo che rigenera la pelle con le proprietà
Trattamento detergente ed esfoliante per
Grazie a un mix di ingredienti ottenuti dal Guar e
nutritive del mango dei Caraibi e del burro di cacao.
rimuovere residui, cellule morte e sebo in eccesso.
dai semi di Colza, dona forza ed elasticità ai capelli.
Una eco Spa firmata Aveda e un ristorante gourmet
pluripremiato, con una vista a 360 gradi su vigneti pregiati
e colline verdeggianti. È la ricetta vincente di questo resort
nel cuore delle Langhe.
di Chiara Zaccarelli
Unire un soggiorno gourmet a una pausa benessere? Perché no, al Boscareto Resort & Spa di Serralunga d’Alba è possibile. Incastonata nel tipico
paesaggio delle Langhe, questa moderna struttura
5 stelle lusso, con le sue 38 camere, offre agli ospiti un soggiorno unico, all’insegna del benessere e
della buona cucina. La Spa La Sovrana, firmata
Aveda, agisce nel profondo sull’armonia tra corpo e natura per regalare un’esperienza wellness
indimenticabile, con il plus di una vista mozzafiato sul paesaggio circostante. La Sala delle Acque,
situata al primo piano e dotata di piscina, vasca
idromassaggio e palestra, durante la stagione estiva, grazie alle vetrate a scomparsa, permette agli
ospiti l’accesso diretto al giardino, mentre in inverno regala l’emozione di un bagno indoor con
vista sulle colline innevate. Completano l’offerta
quattro sale per massaggi e trattamenti, sauna
finlandese, bagno turco aromatico, frigidarium,
54
docce emozionali e di reazione e una palestra con
macchinari all’avanguardia. Da non perdere l’Elemental Nature Massage, un massaggio personalizzato a seconda della condizione fisica e mentale
dell’ospite e basato sulla Filosofia Elemental Nature Aveda. E poi il Fusion Stone Massage, un’esperienza sensoriale che abbina il potere aromatico delle essenze pure di fiori e piante Aveda al
massaggio levigante con le pietre, per migliorare
la circolazione di tutto il corpo e combattere la
stanchezza. E dopo il relax cosa c’è di meglio di
una cena d’autore presso il ristorante La Rei? Una
cucina che resta fedele alla tradizione piemontese pur concedendosi qualche tocco di creatività
contemporanea e una cantina fornitissima, che
ovviamente punta sui vini locali come il Barolo,
sono il fiore all’occhiello di questo pluripremiato
ristorante. E per gli intenditori, nel privè è allestito un cigar & chocolate corner.
55
overseas
overseas
Cacciatori di silenzi
sul web
www.deserti-viaggilevi.it
www.earthviaggi.it
www.omantourism.gov.om
www.egypt.travel
www.turismo.gov.ar
www.mongoliatourism.gov.mn
02
01
In un mondo in cui l’inquinamento acustico e visivo sono il quotidiano,
il deserto, qualunque esso sia, a qualsiasi latitudine, rappresenta
una vera fuga dalla realtà. Un’esperienza insolita capace di far entrare
il viaggiatore in un’altra dimensione difficile da abbandonare.
di Andrea Zappa
01. Gli altopiani a nord
dell’Argentina sono un
paradiso naturalistico
inedito e di grande
suggestione. La catena
andina fa da cornice
a “deserti d’alta quota"
dai mille colori.
Foto courtesy Earth
Cultura e Natura.
56
I Tuareg, i mitici uomini blu del Sahara, lo chiamano il “grande nulla” e sostengono che Dio abbia
donato il deserto agli uomini affinché vi ritrovassero la propria anima. Tutti coloro che l’hanno
esplorato o visitato ne hanno decantato la magia,
ammettendo la pulsione di ritornarvi per ritrovare quelle sensazioni e quel silenzio difficilmente
reperibili altrove. Senza dimenticare, ovviamente,
i colori e gli infiniti spazi che sono propri da deserto a deserto. Lo sosteneva anche uno dei più
grandi esploratori di questi territori, Sir Wilfred
Patrick Thesiger, che passò ben 5 anni (dal 1945
al 1950) insieme ai beduini all’interno del Rub’
al-Khali in Arabia Saudita. Da quell’esperienza
scrisse, nel 1959, Arabian Sands (Sabbie Arabe),
un libro cult per tutti gli appassionati di dune, che
non può mancare nella valigia di chi vuole, nel
suo piccolo, “seguire” le orme dell’ardito esploratore inglese. Ne è convinto anche Maurizio Levi,
fondatore dell’agenzia I Viaggi di Maurizio Levi,
che da 25 anni organizza spedizioni nei deserti di
quasi tutto il mondo: “Il grande fascino di queste
aree consiste in due aspetti. In primis sono ancora
dei luoghi in cui è possibile l’esplorazione: spesso,
infatti, ti trovi a raggiungere territori in cui il più
delle volte sei il primo a passare di lì. Vivi dunque
quella sensazione di scoperta che apparteneva agli
esploratori di un tempo. Inoltre, difficilmente queste
aree sono state toccate dall’uomo, e riescono quindi a
mantenere il fascino intatto di ambienti preistorici”.
Come sostiene lo stesso Levi, per vivere veramente un deserto bisogna addentrarsi al suo interno,
non si può pensare di scoprirlo rimanendone ai
margini. Per fare questo bisogna mettere in conto
10-11 giorni di itinerario, arrivando a 15 con percorsi più complessi e impegnativi.
Solitamente si dorme in campi tendati che vengono allestiti direttamente dalla spedizione. Prendendo in considerazione i deserti più vicini, quelli cioè del Nord Africa e della Penisola Arabica,
il costo di un viaggio parte da circa 1500 fino a
2200 euro. “Visitare un deserto – continua Levi –
non è un’esperienza per soli Rambo. Ovviamente un
minimo di spirito di adattamento ci vuole, ma quello
che si vive è straordinario. Destinazioni vicine ideali
come primo approccio a un viaggio del genere sono
per esempio l’Oman e l’Egitto. L’aspetto particolare
del primo, unico al mondo, è che si tratta di un deserto di dune che finisce nel mare. Superi l’ultima
collina di sabbia e ti compare davanti la spiaggia.
Uno spettacolo incredibile che ti accompagna mentre
guidi il 4x4 lungo queste spiagge infinite. Quello in
Egitto, invece, mi piace particolarmente perché è più
vario, non ci sono solo dune, ma anche formazioni
calcaree bianchissime, montagne e tantissimi fossili:
alle volte si viaggia per chilometri e chilometri su distese di conchiglie”.
Le aree desertiche mete di spedizioni sono comunque numerose, basta solo scegliere il senso in
cui si vuole far girare il mappamondo, cercando
poi tra i tour operator specializzati le proposte
più congeniali. Oltre all’Africa, riscuote un notevole successo anche il deserto del Gobi, in Mongolia, il secondo al mondo per dimensioni (un territorio grande otto volte l’Italia e abitato da solo
due milioni di persone), caratterizzato dalle più
disparate condizioni climatiche, che danno quindi
una notevole varietà di paesaggi. Di grande fascino sono anche i così detti deserti d’alta quota tra
Argentina, Cile e Bolivia, proposti dal tour operator leader per il Sud America, Earth Cultura e Natura. Sono altopiani sconfinati che toccano anche
i 4800 metri di altitudine e che per caratteristiche
geologiche presentano colori incredibili e realtà
naturalistiche uniche: laghi salati color argento,
deserti di sabbia rossa o di bianca pietra pomice
e vulcani tra i più alti del mondo. A questo punto
non resta da decidere verso quale orizzonte perdere lo sguardo e da quale silenzio farsi avvolgere,
senza dimenticare, nel preparare la borsa, quello
che diceva lo stesso Sir Wilfred Thesiger: “Nel deserto tutto ciò che non serve è superfluo”.
02. L’Egitto occidentale
è una delle destinazioni
più economiche per chi
vuole provare questo
tipo di viaggio. Oltre
alle classiche dune
di sabbia offre anche
svariati scenari desertici
alquanto surreali.
Foto courtesy Archivio
Viaggi M.Levi.
57
food
food
La ricetta dello chef
Pietro Leemann
Lo chef ticinese ha reso il Joia un luogo
di culto per i vegetariani milanesi, ma anche
per chi ama una cucina sana e rispettosa della
natura in tutte le sue forme. I piatti della sua carta
incuriosiscono, i loro nomi evocano storie di incontri
e di esperienze vissute. Non siate timidi se volete
sapere cosa c’è “Sotto una coltre colorata”, perché
sarà lieto di raccontarvelo.
In questo numero la ricetta di uno dei
piatti più famosi di Pietro Leemann,
sotto una coltre colorata.
Sotto una coltre colorata
di Enrico S. Benincasa
L’avventura del Joia è cominciata nel
1989. Sono cambiati i vegetariani rispetto a vent’anni fa?
È cambiato tutto il pubblico della cucina, non solo i vegetariani. C’è una
maggiore attenzione generale al cibo,
sia a casa che al ristorante. I regimi
alimentari privi di carne e di pesce si
sono diffusi soprattutto tra i giovani,
ma il consumo di questi alimenti è generalmente diminuito. I clienti del Joia,
però, non sono tutti vegetariani, sono
persone che sono attente al cibo che riconoscono l’importanza di un’alimentazione sana.
Su che base, quindi, sceglie le materie
prime che entrano nella sua cucina?
Io cucino solo con alimenti biologici e biodinamici: lì c’è la vera qualità.
Bisognerebbe mangiare cibo coltivato
in modo naturale, senza forzature. Di
conseguenza sono contrario a tutte le
forme di cibo “modificato” come gli
OGM: anche se non è provato scientificamente che facciano male, non penso che modificare la natura sia la cosa
giusta da fare.
Il vegetarianesimo è per tutti?
Anche i bambini possono essere vegetariani, non ci sono controindicazioni.
Pensi agli indiani, molti di loro lo sono
dalla nascita. Ci si ammala di meno, si
ha un benessere psicofisico, aumenta la
58
lucidità e la creatività. È un approccio
all’alimentazione dove c’è un rispetto
maggiore per la natura e per se stessi.
Uno chef vegetariano deve dimostrare sempre qualcosa di più rispetto ai
suoi colleghi?
Molti di loro si chiedono come si possa
essere creativi senza alcuni alimenti, in
realtà sono curiosi del mio approccio. E
sono convinto pensino che il vegetarianesimo sia il futuro.
Non si può non rimanere colpiti dai
nomi dei piatti inseriti nella sua carta.
Come li sceglie?
I miei piatti partono da un’idea concettuale più che di abbinamento. Mi
piacciono molto l’arte, le passeggiate
in montagna e stare con le persone, e
spesso le idee vengono proprio da queste cose. Ma in generale è la mia vita
che mi ispira, per questo i miei piatti
hanno un “titolo” evocativo relativo a
qualcosa che mi è successo.
Immagino ci sia la necessità di spiegare ai clienti questi piatti…
Sì, specie per i clienti nuovi. Ma è come
andare a una mostra d’arte: le sensazioni arrivano attraverso l’esperienza che
si sta facendo, non per come essa viene
spiegata.
Tra i suoi fan ce n’è uno particolare,
il Professor Umberto Veronesi, con cui
lei collabora anche per diversi progetti
legati all’alimentazione…
Con Veronesi ci conosciamo da diverso tempo. È da sempre un sostenitore
dell’alimentazione vegetariana, condivide il fatto che sia un approccio utile
nei confronti delle malattie degenerative. Da un po' ci siamo avvicinati
ancora di più perché promuoviamo
l’alimentazione sana nelle scuole. Con
lui è nato il progetto di diminuire il
consumo di carne nelle mense. È una
persona straordinaria, avere l’opportunità di collaborare con lui è una grande
fortuna per la mia cucina.
C’è resistenza sulla questione carne
nelle scuole?
Gli ingranaggi delle mense sono duri
da scardinare: è difficile far cambiare
ottica alla maggior parte dei cuochi,
che da anni la inserisce nei menu quotidianamente. C’è una resistenza dovuta a decenni di lavoro in cucina con un
approccio diverso.
Parlando con lei non si fa fatica a percepire la sua "calma olimpica". In cucina le capita mai di perdere le staffe?
No, al Joia coltiviamo un ambiente sereno, anche perché è molto importante il modo con cui lavoriamo. L’amore
con cui cucini dà sapore al piatto e fa
sentire meglio sia il cliente che il cuoco.
Per me è anche uno stile di vita, dentro
e fuori dal ristorante.
Ingredienti per 8 persone. Prima salsa: 800 gr di vino bianco,
50 gr di lemon grass, 200 gr di panna, 40 gr di burro, 5 gr
di té al bergamotto, 400 gr di asparagi, 200 gr di panure,
120 gr di pesto di basilico e menta, 4 pomodori ramati.
Seconda salsa: 20 gr di morchelle secche, 300 gr di panna,
200 gr di vino bianco, 20 gr di farina, 10 gr di scalogno,
40 gr di chips di carote, 8 fiori eduli.
Ridurre metà del vino bianco con il
lemon grass tagliato fine, filtrare, aggiungere 100 grammi di panna e 20 di
burro. Ridurre il rimanente vino a 100
grammi, aggiungere il bergamotto e lasciar infondere per 10 minuti, filtrarlo
e aggiungere 100 grammi di panna e 20
di burro. Pelare gli asparagi e tagliarli a
tocchi, cuocerne la metà al vapore per
8 minuti. Impanare i rimanenti crudi
passandoli in una pastella di acqua e
farina, friggerli poi in olio a 160 gradi per 3 minuti. Tagliare lo scalogno a
cubetti, farlo sudare in padella con un
goccio d’olio. Aggiungere le morchelle
precedentemente ammollate, bagnare
con il vino bianco e lasciar evaporare.
Aggiungere la panna, portare a ebollizione, legare con la farina diluita e con
un goccio d’acqua e cuocere per 20 minuti. Pelare i pomodori ramati, tagliarli
in quattro e farli asciugare per qualche
ora a 60 gradi. Successivamente tagliarli a grossi cubetti. Intiepidire le due salse e montarle con il mini peemer. Mettere sul fondo di 8 piatti il pesto, quindi
le spugnole, gli asparagi e i pomodori.
Coprire ogni piatto con le schiume ottenute con le due salse, guarnire con i
petali di fiore e le chips di carota.
joia
A due passi da Porta Venezia, il
Joia è stato aperto nel 1989 da un
gruppo di amici, tutti pionieri del
vegetarianesimo milanese. Oggi
Pietro Leemann, fin dall’inizio tra
i fondatori, continua a esserne
l’anima e a portare avanti l’idea
originaria di fare della grande
cucina senza avere nel menu carne
o pesce. Nel 1996 il ristorante ha
ottenuto una stella Michelin, finora
unico esempio europeo di cucina
vegetariana stellata. Nel 2009
è nato il Joia Kitchen, un bistrot
all’interno della storica sede, ottima
soluzione per chi vuole avere un
primo approccio all’alta cucina
vegetariana di Leemann.
Via Panfilo Castaldi, 18
20124 Milano
www.joia.it
59
TENNIS CLUB MILANO
ALBERTO BONACOSSA
Club house
Tennis, son gioie e dolori…
Wikipedia lo spiega così: “Scopo del gioco è colpire la palla per far sì che l’avversario,
posto nell’altra metà del campo da gioco, non possa ribatterla dopo il primo rimbalzo
o battendola finisca con il commettere fallo”. Ciò che non dice, però, è quanto tutto
questo costi al fisico.
di Chiara Cossalter
“Sono passato dal letto al pavimento nel
cuore della notte. Lo faccio quasi tutte le
notti. Giova alla mia schiena. Troppe ore
su un materasso morbido sono un’agonia. Conto fino a tre, poi inizio a tirarmi
su: un processo lungo e difficile”. Lui è
Andre Agassi, quindi il tennista medio
può stare tranquillo: difficilmente il
proprio corpo sarà logoro quanto quello di chi ha giocato mille match ed è
stato per 101 settimane numero uno
del mondo. Allo stesso tempo, il tennis
impone stimoli continui a tutti: dai piedi alle spalle. Per Alessandro Motta, ortopedico specializzato in medicina dello sport, che segue il tennis da oltre 40
anni tra campo e sala operatoria, tracciare la mappa delle “zone a rischio” è
semplice: tallone, caviglia, ginocchio,
schiena, polso, gomito, spalla.
Un esperto della schiena è Alessandro
Maniero, Mcb Doctor of Science in
Chiropractic, specializzato in terapia
manuale osteopatica: “Mi sono curato
una lombosciatalgia fulminante in stadio acuto. Da quel momento è cominciato tutto”. Ossia, si è specializzato
nella terapia d’inversione: “Consiste in
un metodo applicato alla panca antigravitazionale, più semplicemente un riequilibrio muscolo-scheletrico a trazione
naturale, in grado di fornire un beneficio
immediato. Siamo schiacciati quotidianamente dalla gravità terrestre e i nostri
dischi intervertebrali funzionano da cuscinetto. Tutto ciò comporta un carico che
viene decompresso proprio con il metodo
d’inversione”. Maniero dedica un’ora
al paziente durante la seduta, con manovre di terapia manuale osteopatica,
chiropratica e di massoterapia, ma la
parte in autonomia sulla panca antigravitazionale dura 10-15 minuti: “di
base si considerano quattro posizioni a
gradi d'inclinazione diversa: 0, 20, 60,
90 gradi da tenere per circa tre minuti,
con ritorno alla posizione di partenza”.
60
Terapia antigravitazionale. Alessandro Maniero: “Durante l’inversione posso far eseguire degli esercizi mirati
per la decompressione della colonna, oppure per l’allungamento di alcuni muscoli in disfunzione”.
La schiena ringrazia due volte, durante
e dopo: “l’atleta può continuare il lavoro
in autonomia, applicando il metodo sulla
panca in casa o in palestra”.
Male storico nel tennis è il gomito del
tennista, più tecnicamente definito
epicondilite, “dovuta a una ipersollecitazione dei tendini epicondiloidei – spiega
Alessandro Motta – Prima si curava
con il cortisone, oggi meglio la terapia
con onde d’urto, efficace nell’80-90% dei
casi”. Si tratta di un'onda acustica ad
alta energia, che si diffonde in profondità attraverso una camera circondata
da una membrana di gomma. Ideale
anche per altri tipi di tendiniti: alla
spalla (periatrite), alla rotula o al tallone. “Ma la terapia con onde d’urto –
continua Motta – da sola non basta: per
il gomito è indispensabile associare una
modifica del gesto atletico e/o dell’attrezzo di lavoro, scegliendo una racchetta
con meccanismi antivibrazione”. Dove
le onde d’urto non arrivano c’è l’intervento, la tenorrafia: “Nel caso della
spalla richiede uno stop di 6 mesi. Ma
resta l’unica speranza terapeutica in caso
di rottura della cuffia dei rotatori: con
l’operazione vengono uniti i capi tendinei
rotti”. Di sicuro è l’ultima spiaggia tra le
cure, ma se l’ha scelta Maria Sharapova
c’è da fidarsi.
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Da non perdere...
Una selezione dei migliori eventi che
animeranno la città nei prossimi mesi.
a cura di Enrico S. Benincasa
MiArt 2012
Milan City Marathon
Dodicesima edizione per la maratona di Milano, per la terza volta
nella sua storia con la partenza dal
Polo Fieristico di Rho e arrivo in
Piazza Castello. Si può partecipare
singolarmente o in staffetta con
altri tre amici runner. Se si sceglie la
modalità relay si può anche legare
la propria gara a uno dei tanto
Charity Partner della Maratona.
Fino al 4 aprile è ancora possibile
iscriversi online e offline.
Partenza da
Polo Fieristico di Rho Pero
il 15 aprile
milanocitymarathon.gazzetta.it
tommy
Arte Accessibile a Milano
La fiera ospitata nella sede de
Il Sole 24 Ore di via Monterosa
giunge alla sua 4° edizione e non
ha timori riverenziali nei confronti
del MiArt, dato che si propone negli stessi giorni con 60 gallerie, più
di 100 artisti e 28 stand dedicati a
personali e collettive di emergenti.
Ingresso libero, ulteriore dimostrazione della volontà degli organizzatori di accogliere un pubblico non
solo di addetti ai lavori.
Spazio Eventiquattro
dal 12 al 15 aprile
www.arteaccessibile.com
Teatro Smeraldo
il 24 marzo
www.barleyarts.com
Marcus Miller
Uno dei più grandi bassisti di oggi,
già collaboratore e arrangiatore di
Miles Davis, torna a fare visita al
Blue Note. Non è la prima volta
che questo musicista dalla tecnica
eccelsa arriva in via Borsieri, e
ogni volta è un sold out assicurato.
Ad aprile quattro giorni con otto
occasioni in totale per vederlo
dal vivo, ma conviene affrettarsi
a prenotare un biglietto. Foto di
Rosaria Macri.
Blue Note
dal 18 al 21 aprile
www.bluenotemilano.it
62
Roger Daltrey, il leggendario frontman
degli Who, ha deciso di riportare in scena uno dei – se non il – masterpiece
del gruppo inglese, la rock opera Tommy. Un disco che ha segnato la carriera
della band e del rock in generale, e che
ha aperto la strada a un altro capolavoro come The Wall dei Pink Floyd,
riportato in vita da Roger Waters giusto l’anno scorso. Tommy fu un successo commerciale, con oltre 20 milioni
di copie vendute in tutto il mondo, e
anche cinematografico, dato che nel
1975 arrivò sul grande schermo. Già
una volta, nel lontano 1989, gli Who
proposero dal vivo il loro capolavoro.
La differenza sostanziale rispetto ad
allora è che Daltrey suonerà tutte le
Fieramilanocity – Padiglione 3
dal 12 al 15 aprile
www.miart.it
canzoni dell’album dall’inizio alle fine,
e lo farà insieme alla sua band in cui
c’è anche Simon Townshend, fratello
minore di Pete, storico chitarrista degli Who. Un’operazione che ha il suo
benestare, dato che ha più volte dichiarato che Roger ha il suo appoggio totale in questa riproposizione di Tommy.
La rilettura moderna dal vivo ha già
entusiasmato in Inghilterra ed è stata
definita dall’Indipendent “fedele ed elettrizzante” allo stesso tempo, anche grazie alle scenografie e ai visual di grande
effetto. Otto occasioni per assistere a
questo show unico in Italia: Padova,
Genova, Torino, Trieste, Firenze, Roma
(due date), con gran chiusura a Milano
al Teatro Smeraldo.
Edizione tutta rinnovata quella del
MiArt di quest’anno. La fiera dell’arte
milanese, in programma dal 12 al 15
aprile a Fieramilanocity, ha un nuovo
direttore: si tratta di Frank Boehm, un
nome di rilievo dell’arte di oggi, dal momento che è stato curatore di una collezione privata importante come quella
di Deutsche Bank. Nonostante sia nato
in Germania, Boehm è da tempo legato
a Milano, città che ha scelto per aprire
il suo studio di architettura e design.
La sua nomina, comunicata agli inizi
di settembre, è coincisa con un rinnovamento dell’immagine di MiArt e con
una riorganizzazione delle sue sezioni.
Debutteranno così la nuova Established, che riunirà le gallerie che hanno
una storia consolidata sia nell’ambito
del moderno che del contemporaneo,
Emergent, dove saranno presenti le
gallerie con artisti innovativi, Single/
Double, che ospiterà progetti monografici o di confronto tra artisti, e Special
Project, che darà spazio a iniziative curatoriali pensate per grandi aree. Dopo
un’edizione 2011 concentrata sulle
gallerie italiane, la sfida di Boehm è
quella di riallacciare i rapporti con galleristi e collezionisti stranieri, rendendoli in misura maggiore coinvolti nella
manifestazione per poi farli diventare
veri e propri “ambasciatori” della fiera
all’estero. Obiettivo ambizioso, ma la
sensazione generale è che si è scelta la
persona giusta per raggiungerlo.
P(ART)Y
Open Care, realtà specializzata in
servizi per l’arte, offre la possibilità
di vedere le opere d’arte di collezioni private custodite all’interno
dei suoi caveau di via Piranesi.
Un evento su invito dove alcuni
fortunati visitatori potranno anche
visitare i laboratori e assistere dal
vivo a interventi di restauro. Sul sito
di Open Care tutte le informazioni
su come partecipare.
Open Care
il 29 marzo
www.opencare.it
63
free time
network
Brera Design District
Puoi trovare Club Milano
in oltre 200 location
selezionate a Milano
La design week si avvicina e uno dei quartieri storici di Milano “fa sistema”
per prepararsi all’evento nel modo migliore.
a cura della Redazione di Club Milano
.exnovo
L’azienda veneta specializzata nel
lighting e nel 3D printing sarà a
Brera nello spazio Dream Factory
di corso Garibaldi 117.
Brera è da sempre uno dei luoghi più
suggestivi di Milano, scelto da tantissime aziende del design come base per
insediare i loro showroom. La creazione di Brera Design District, il “contenitore” che racchiude tutte le attività che
si svolgeranno durante la settimana del
fuorisalone, è stato quindi una conseguenza quasi naturale di questa concentrazione. L’edizione dello scorso anno
ha visto oltre 100 mila persone transitare per il quartiere, mentre il portale
breradesigndistrict.it, sempre durante
quella settimana, ha registrato oltre 35
mila visitatori unici. Un’ottima base
da cui partire per l’edizione 2012 che,
organizzata da Fuorisalone.it e Studiolabo, presentata lo scorso 23 febbraio,
poggerà su quattro “pilastri” principali.
Uno di essi sarà la sede del press point
del circuito, Palazzo Cusani, i cui esterni saranno reinterpretati dagli architetti
e designer Ludovica+Roberto Palomba.
L’Ordine degli Architetti di via Solferino, invece, sarà lo spazio dove verrà
allestita una mostra dedicata a una
delle figure più emblematiche del design italiano, Gio Ponti. Il Lomography
64
Store di via Mercato sarà anch’esso un
info point, ma anche un punto di riferimento per tutti i fotografi impegnati
in quei giorni. La collaborazione non
si fermerà qui, perché Lomography
e BDD produrranno al termine della
design week un reportage fotografico
che verrà poi diffuso da entrambi. Non
poteva certo mancare Valcucine, che
organizzerà un allestimento che mette
al centro la sostenibilità e l’importanza
del lavoro manuale: alcune realtà artigianali legate al mondo Valcucine ripareranno e ricicleranno i loro prodotti
negli spazi dello store di Corso Garibaldi 99. La comunicazione delle attività sul territorio sarà composta da una
rete di info point, 50 mila mappe, un
sistema di totem segnaletici e da applicazioni in realtà aumentata sia per Android che per iOS. La design week sarà
l’occasione per lanciare il Brera Design
Shop, un contenitore e-commerce per
tutte le realtà coinvolte nel progetto.
Infine, venerdì 20, showroom aperti
fino a mezzanotte per la Brera Design
Night, con tanti eventi che animeranno
le vie e le piazze di Brera.
valcucine
La design week sarà l’occasione
per Valcucine per lanciare
“demode engineered”, un sistema
dove tutti gli elementi strutturali dei
suoi prodotti si uniscono tramite
giunzioni meccaniche e senza l’uso
di colle.
moroso
Il brand friulano ospiterà il
17 aprile, all’interno del suo
showroom in via Pontaccio,
l’installazione La Via del Drago
d’Acqua, a opera dell’architetto
cinese Zhang Ke.
night & restaurant: Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10
Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so
Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2
Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè
Savona Via Montevideo 4 California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le
Premuda 449 - Largo Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde
Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9
Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via
Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio
Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11
Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna
Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion
Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48
G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via
Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot
Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via
Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1
Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29
La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale
Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le
jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via
Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della
Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio
Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano
22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio
4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4
Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria
4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour
7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor
Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel
Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via
Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta
Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli
4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio
Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14
That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona
36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da
Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_
Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1
20 Milano Via Celestino 4
stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana
Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt
P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand
Largo Zandonai 3 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so
Magenta 31 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro
Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11
FNAC Via Torino 45 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via
Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via Cesare Correnti 12
Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza
San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4
Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia
Naviglio Grande 36 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18
Pinko Via Torino 47 Rossocorsa C.so porta Vercellina 16 Porsche Haus Via
Stephenson 53 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino
11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99
showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri
Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35
Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Baiocchi Via San Primo 4
Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo
Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3
Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion
Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13
Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan
Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via
Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28
Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12
Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26
Who’s Who Via Serbelloni 7
beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24
Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro
Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre
Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le
Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20
- Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda
52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus
Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le
terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera
18 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via
Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via
Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1
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Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro
Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni
8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro
Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale
V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31
hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so
Matteotti 4 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino
41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35
Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta
Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42
inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO)
65
Colophon
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Cristina Buonerba
grafico
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collaboratori
Revive 100 Natural è una carta
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realizzata impiegando interamente
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fibre riciclate post-consumer (100%
Alberto Motta, Daniela Nava,
Riciclato). Nulla di ciò che viene
Roberto Perrone, Marilena Roncarà,
utilizzato nel processo produttivo
Chiara Zaccarelli.
viene eliminato e anche gli scarti
provenienti dalla lavorazione sono
fotografi
a loro volta utilizzati. Revive 100
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Natural è certificata Ecolabel.
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T +39 02 89072469
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questo progetto è reso possibile
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