marzo - aprile 2012 N. 07 club milano Fabio Novembre: “La città per me è una ragnatela sentimentale, la sento mia, ogni angolo è legato ai ricordi”. Due fotografi, un caravan e un anno a disposizione per raccontare il volto nascosto e inaspettato del Giappone. L’ultima tendenza? Dare vita a locali e negozi alla moda mantenendo le insegne storiche della vecchia Milano. Spazi infiniti, colori indimenticabili e silenzio assoluto, questa è la magia del deserto a qualsiasi latitudine. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro H A C K E T T. C O M editorial Anniversario Con questo numero il progetto Club Milano compie un anno. Una tappa importante per chi ci ha lavorato con passione e per chi ci ha investito tanto. Ho scritto volutamente “progetto” perché pensare, costruire e far crescere un prodotto editoriale oggi è quanto di più “progettuale” si possa pensare. La passione, i sogni e lo slancio che tutti i giorni ci spingono ad andare oltre le difficoltà a un certo punto devono necessariamente lasciare spazio alla fredda legge dei numeri. Un progetto è prima di tutto una visione, ma per rimanere tale e non dissolversi come neve al sole deve avere lo sguardo lungo e le basi solide. Io credo fortemente che per Club Milano sia così. Da parte nostra abbiamo cercato di raccontare la città che ci ospita e che amiamo con lo spirito a volte di un cronista, a volte di un viaggiatore curioso. Milano è molto più dinamica e multiforme di quanto appaia a chi ci vive e ne è in parte assuefatto. Milano offre ancora opportunità e noi siamo qua a testimoniarlo. Tutti i nostri lettori, gli inserzionisti e l’editore hanno accolto il messaggio. Questa è la nostra più grande vittoria: non siamo gli unici a crederci. È bello che il primo compleanno del nostro progetto caschi proprio nel periodo del Salone del Mobile e del Fuorisalone, la più grande vetrina internazionale per la nostra città, ormai da anni considerata capitale mondiale del design, più che della moda. La creatività e l’energia che si respirerà dal 17 al 22 Aprile è come un’enorme boccata di ossigeno per tutti coloro che vogliono ancora creare qualcosa di nuovo senza farsi spaventare dagli spettri della crisi e senza ritenere indispensabile fuggire all’estero. In quest’ultimo anno Milano ha cambiato amministrazione e questo ha generato alcune piccole e grandi rivoluzioni. Certamente un approccio diverso alla definizione delle priorità per i milanesi: un freno al cemento, la zona Ecopass trasformata in Area C (ora pagano tutti), meno consulenze e un’attenzione in più al sociale. Nel frattempo le risorse scarseggiano e l’introduzione della Tesoreria unica in aggiunta al famigerato Patto di stabilità certamente non aiutano: due mostruosità che affossano ogni spinta agli investimenti locali e penalizzano i comuni virtuosi invece che premiarli. Per fortuna la città ha ancora un grande sogno da realizzare. Questo sogno si chiama Expo e, se gestito con lungimiranza, potrebbe fare da traino all’intero Paese. Per ora siamo ancora in fase REM, ma c’è da sperare che qualcuno si svegli per renderlo reale. Il tema dell’Esposizione Universale del 2015 sarà Nutrire il Pianeta e un occhio di riguardo, almeno nelle intenzioni, sarà riservato al problema dell’acqua, principale bene scarso e causa (nascosta) di tutti i maggiori conflitti attuali e futuri nel mondo. Nel nostro piccolo non sarebbe male rendere quantomeno decoroso e presentabile l’unico percorso d’acqua della città: i Navigli. In particolare il Naviglio Grande è uno delle tappe fisse per tutti i turisti che decidono di trascorrere qualche giorno sotto la Madonnina. Per alcuni resta uno dei luoghi più romantici e rilassanti. Vederlo trasformato in una fogna a cielo aperto mentre giovani studentesse americane sorseggiano allegre un calice di vino lungo i suoi argini è per noi una pugnalata al cuore. Costruire un sogno come l’Expo può essere una grande sfida, ma se si iniziasse dalle piccole cose sarebbe tutto più facile. E S S E N T I A L LY B R I T I S H Stefano Ampollini New store opening soon 6 Via Manzoni 38 – Milano contents point of view 12 focus La sicurezza degli oggetti, qualcosa da cui Quanto sei bugiarda Milano? ripartire di Elisabetta Gentile 32 di Roberto Perrone inside 14 Brevi dalla città di Cristina Buonerba outside 16 Brevi dal mondo di Cristina Buonerba cover story 18 L’energia col segno + di Alberto Motta interview 36 Good morning Italia di Cristina Buonerba design 39 Anatomia del design di Dino Cicchetti design 42 Milan Design Week 2012 portfolio 22 di Enrico S. Benincasa Japan di Toru Morimoto e Tina Bagué style À la garçonne focus Manzo Wagyu, boccon divino di Cristina Buonerba 8 30 di Luigi Bruzzone 44 contents style 46 food Punti di vista… alternativi Pietro Leemann di Paola Ferrario di Enrico S. Benincasa style 58 48 Look at me club house di Luigi Bruzzone week-end 60 Tennis, son gioie e dolori… 52 di Chiara Cossalter Il giardino delle meraviglie free time di Marilena Roncarà 62 Da non perdere a cura di Enrico S. Benincasa free time 64 Brera Design District a cura della Redazione di Club Milano wellness 54 Il Boscareto Resort & Spa di Chiara Zaccarelli overseas 56 Cacciatori di silenzi di Andrea Zappa In copertina il designer Fabio Novembre fotografato da Settimio Benedusi. 10 point of view roberto perrone Vive a Milano da trent’anni, ma ha conservato solide radici zeneisi. Nato a Rapallo, è giornalista e scrittore. Per il Corriere della Sera si occupa di sport, enogastronomia e viaggi. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali il suo ultimo romanzo Occhi negli occhi edito da Mondadori. La sicurezza degli oggetti, qualcosa da cui ripartire Una volta, a Stoccolma – città che amo moltissimo – comprai un bellissimo (e discretamente costoso) libro di design per regalarlo a mia moglie appassionata d’arte e affini. A me sembrava una bella idea ma non ebbe un grande successo, come spesso succede con i regali (specialmente alle mogli). Non so che fine abbia fatto, ma non lo vedo più in giro. Anche perché la signora mi disse, saputella: “Qui siamo nella città del design”. Mi aprì un mondo, in effetti. Ricordo il fascino che mi suscitò una mostra alla Triennale di Franco Albini, architetto e designer, che passava con disinvoltura dall’edilizia popolare al radioricevitore Securit e alla poltroncina Luisa. In casa ho alcune posate della Schonhuber e Franchi pensate dal mio amico Davide Oldani per il D’O. Tra il radioricevitore Securit e le posate Passepartout sono passati molti anni, ma mi pare che a Milano non sia venuta meno quella creatività che ha generato oggetti che migliorano la nostra vita. C’era un film, qualche anno fa, La sicurezza degli oggetti. In fondo, in questi anni di perdita di senso, di appartenenza, di fede, di punti di riferimento, gli oggetti – seppur palliativi a tutti questi sentimenti – conducono a un approdo sicuro. Ci definiscono. Milano, da questo punto di vista, è una città che non è stanca, che non arranca, come in tanti altri ambiti. Il design è vivo e lotta insieme con noi. Si può ripartire da qui, da qualcosa in cui siamo sempre stati bravi, basta guardare i cataloghi. Telefoni, sedie, librerie, macchine per il caffè, bottiglie, divani, apriscatole, lampade. A volte non ce ne rendiamo conto, ma la nostra difficoltosa esistenza viene migliorata grazie alla creatività di tanti italiani che sanno inventare sempre qualcosa di nuovo, qualcosa di impensabile prima. Chiudete gli occhi e pensate a un oggetto. A cosa avete pensato? Io a una moto. Da quando il Pisapia ha messo la tassa d’ingresso, è la mia salvezza. Anche il mio scooter l’ha disegnato qualcuno e forse pensava a me e al fatto che a Milano, tra traffico e sbarramenti, sarebbe stata l’unica ancora di salvezza, l’unico mezzo rimasto per portarmi in centro. Sì, lo so, la bicicletta è meglio e fa anche bene, ma prima devo perdere ancora qualche chilo e possibilmente trovare una pista ciclabile che copra tutto il percorso. La disegnate, per favore? Roberto Perrone MAN TD15909 BR WOMAN TD15709 LB DISTRIBUTED BY CHARMANT GROUP CHARMANT.COM SHOP AT THE NEW TRUSSARDI.COM 12 INSIDE Feel your body Shambala, locanda asiatica con grandi alberi, ogni mercoledì fino a fine marzo brinda al benessere al gusto all’interno della Sala Garden di QC Termemilano. A partire dalle 19.30 il piacere delle terme e i sapori della cucina fusion si incontreranno per dare vita a una serie di appuntamenti all’insegna del relax. www.termemilano.com www.shambalamilano.it Arte per tutte le tasche Chi dice che in questi tempi di crisi non ci si può concedere del sano shopping artistico? La fiera Affordable Art Fair dal 2 al 5 febbraio ha messo in mostra centinaia di opere d’arte dai 100 ai 5000 euro provenienti da 77 gallerie internazionali. Tra le prossime tappe dell’evento, ci saranno anche Roma, Stoccolma, Nuova Deli e Los Angeles. www.affordableartfair.it Corri che ti passa Niente più scuse, il freddo sta finendo ed è tempo di andare a correre. Ogni martedì e giovedì si riuniscono i Red Snakes, il running club gratuito di Nike, con tanto di coach, podologo e dietista a disposizione dei partecipanti. Appuntamento alle 19 davanti al Nike Stadium di Foro Bonaparte. Just do it! facebook.com/nikerunningitalia Il nuovo tempio della velocità Arriva alle porte di Milano Pala K, paradiso per gli amanti del motor sport. Una struttura ecosostenibile di 10.000 metri quadrati divisa tra percorsi rettilinei, chicanes e curve mozzafiato. Una nuova dimensione del divertimento indoor con kart elettrici di ultimissima generazione: ecologici, puliti e dotati di videocamere HD per la ripresa diretta. www.pala-k.com Pure elegance Si trova al civico 9 di via della Spiga il nuovo atelier di Alessandro Martorana, origini siciliane, sarto per passione. Con il suo inconfondibile stile made in Italy, elegante e senza tempo, offre ai suoi clienti una selezione di accessori esclusivi che portano il suo marchio: calzature, valigeria e home design. alessandromartorana.com Masao Yamamoto for www.woolrich.it - shop online woolrich.wpstore.com 14 outSIDE Audi e il golf Buon Appetito con Swiss Air Acquolina in bocca per i viaggiatori business di Swiss International Air Lines: a partire dal 22 febbraio su tutti i voli europei della compagnia elvetica sarà introdotto il nuovo programma di ristorazione a bordo Swiss Tradition, un’iniziativa culinaria che servirà in volo una serie di piatti tipici della tradizione svizzera. www.swiss.com Al via la 21° edizione di Audi quattro Cup, l’iniziativa che unisce il mondo dei motori a quello del golf e che dal 2009 affianca l’Audi Golf Experience. Il calendario dei 54 appuntamenti del 2012 aprirà il 25 marzo a Padova e si concluderà il 7 e 8 settembre a Gardagolf. I vincitori della competizione italiana si giocheranno la finale mondiale in Sud Africa a novembre. Il gentleman del XXI secolo Massima espressione di eleganza e sartorialità per la nuova linea Carlo Pignatelli che debutta con una collezione A/I 2012-2013 all’insegna dello stile anglosassone delle grandi dinastie, dai Kennedy agli Agnelli. Tweed, velluto e flanella si intrecciano a raffinati interventi in denim per dare vita a un look classico contemporaneo. www.carlopignatelli.com C M Y CM MY CY CMY K Shalom, Jerusalem! Rebibbia trionfa a Berlino Orgoglio italiano per la vittoria dei fratelli Taviani che con il loro Cesare deve morire si sono aggiudicati l’Orso d’Oro al 62° Festival del Cinema di Berlino. Un film-documentario, che vede la messa in scena del Giulio Cesare shakespeariano tra le celle, i corridoi, i giorni e le notti troppo lunghe del carcere di Rebibbia. A interpretarlo sono stati i detenuti del reparto di Alta Sicurezza, legati alla criminalità organizzata, molti dei quali segnati dalla condanna fine pena mai. 16 Una maratona che toglie il fiato, e non per la durezza del percorso, ma per la bellezza del luogo in cui si svolge. Il 16 marzo Gerusalemme, città senza tempo, accoglie centinaia di corridori internazionali pronti a sfidarsi in una competizione che “attraversa” una storia lunga tremila anni. www.jerusalem-marathon.com Cover story Cover story fabio novembre Fabio Novembre nasce a Lecce il 21 ottobre 1966. Milanese d’adozione dall’età di 18 anni, il suo studio si trova tra il parco Largo Marinai d’Italia e Porta Romana. Gira per la città in scooter, l’unica macchina che tollera è la Smart, delle automobili dice: “Le viviamo come l’energia col segno + Il Salone internazionale del mobile è l’evento che, anno dopo anno, addobba Milano con sculture d’interni, account stranieri, taxi, neolaureati di Anversa, bottiglie di birra abbandonate ed è il cavallo di Troia che ci permette di entrare nello studio di Fabio Novembre. L’intento dell’incontro con l’architetto/designer dai natali pugliesi – ma milanese per diritto di terra dall’età di 18 anni – è di tastare il polso del design nell’anno più “tecnico” vissuto dalla nostra giovane Repubblica. Novembre dà un tono all’ambiente, con le parole e per l’aspetto (total look nero, barba incolta, fresco di ritocattina dal barbiere, anelli/scultura alle dita). In pochi minuti il suo pensiero si fonde senza soluzione di continuità con le opere, di sua paternità, che lo circondano. Passiamo allora la parola, anzi la penna, al disegnatore per Driade, Cappellini, B&B Italia e Kartell. fossero carrozze anacronistiche. di Alberto Motta Basti pensare che le Foto di Settimio Benedusi. misuriamo ancora in cavalli vapore”. Complimenti per quel calendario di legno. Quello? È di Enzo Mari. Ovviamente nessuno lo aggiorna. Chi lo usa più oggi, il calendario. A proposito di calendari, c’è questo appuntamento legato a Milano e al design, l’Expo 2015… Da addetto ai lavori te lo riassumo con una formula: all’italiana. Grande fanfara iniziale, anno 2008, Prodi e Moratti insieme, vittoria bipartisan. Poi si è perso l’entusiasmo e il tempo è passato, inesorabilmente, senza alcuna programmazione. Col risultato che l’incombenza del 2015 oggi pende come una vera e propria spada di Damocle. Le intenzioni erano ottime, Boeri aveva messo in piedi un team di progettisti della Madonna! Diceva: “Ma che, vogliamo competere con Shangai?”. Giustamente. Guarda, io sono stato a Shangai, lì hanno eretto un’intera città a sede dell’Expo, consci dello smisurato pubblico potenziale, di quei cinesi che non gireranno mai il mondo, e allora il mondo gliel’hanno portato in casa. E parliamo di casa. Vivi a Milano dall’età di 18 anni. Quando hai sentito che era la tua città per la prima volta? E poi, perché Milano? Nel dubbio se studiare a Venezia o Firenze, venni a trovare mio fratello a 18 Milano. Mi portò al Parco Lambro, poi all’università, e subito gli dissi: “Però, questa città non è brutta come dicono”. E non me ne andai più. Giorno dopo giorno i miei affetti si intrecciavano al tessuto della città. Come fosse una maglia, Milano ormai è attraversata dal filo rosso dei miei ricordi. Il tuo posto preferito? Non ne ho uno. Come ti dicevo, la città per me è una ragnatela sentimentale. Ogni angolo è legato ai ricordi, ho stratificato talmente tanto… La sento mia ovunque. Non la uso come un dormitorio, per poi scappare nel fine settimana. Che, a ben vedere, è uno dei grandi problemi di Milano. Continua. Per capire se uno ama la sua città, la prima domanda che devi fargli è dove passa il fine settimana. Milano, per esempio, è piena di questuanti che trascorrono qui i giorni lavorativi e poi scappano in cerca di altro, mentre una città la si migliora solo vivendola, amando il tempo libero che vi trascorri. Parlando di tempo di qualità, veniamo al Salone Internazionale del Mobile. Dobbiamo capire una cosa, oggi, in Italia: soltanto perché ti è andata bene per molti anni, non è detto che continui in questo modo. Non esistono più rendi- te di posizione. Tutte le capitali europee ormai hanno una design week e la prima che riuscirà a far sistema con le forze municipali, che riuscirà a mettere a fuoco l’idea, ci fregherà il Salone. Pensa ai prezzi spropositati degli alberghi, al fatto che il Salone venga visto dai milanesi come un evento che non li riguarda, ai mezzi di trasporto che non coprono il servizio. Da parte dei decision maker non notare tutto questo è un atteggiamento colpevolissimo. Starà alla giunta Pisapia cercare di rinnovare… Se dovessi dare un consiglio a quella che considero la mia giunta – perché è quella che ho votato – le direi di essere più radicale, più impattante, pure a rischio di impopolarità assoluta, perché solo così puoi risollevare l’Italia. Non puoi stare a sentire la pancia della gente: la pancia della gente vuole portare i soldi in Svizzera, farsi gli affari propri. Questa è la vera eredità deteriore della politica della nostra generazione: non tanto il furto, quanto il cattivo esempio. Domanda di passaggio: di cosa parli con i tuoi amici nel tempo libero? Quando sto con altri uomini – e mi capita spesso, ad esempio quando giochiamo a calcio – si passa dal sesso ai massimi sistemi in tempo zero. È una cosa che apprezzo perché sono della 19 Cover story Il designer pugliese in versione “jungle” seduto sulla sua Him & Her, reinterpretazione per Casamania della storica Panton Chair di Verner Panton. 20 Cover story scuola courbetiana (dal quadro del pittore Gustave Courbet L’origine du monde che ritrae una donna a gambe aperte, NdR). La donna puoi interpretarla superficialmente, oppure raccontarla come metafora: rappresenta il bilanciamento delle energie, la complementarietà. È come la storia del filosofo. Se chiude il cerchio il filosofo torna a fare il contadino. Che è una cosa ben diversa rispetto al contadino che non ha fatto il giro completo. Domanda di arrivo: dove sono finiti gli intellettuali? Guarda, ieri sera ero a una cena e c’era questo amico giornalista; insomma si parlava di un blogger e il mio amico fa: “Ma quello è un ignorante maledetto, io insegno all’università, lui è un ragazzino che scrive su un blog. Che vadano a studiare questi ignoranti”. Questo per dire che c’è grande confusione su come individuare gli intellettuali del nostro tempo. Sai come lo riconosci un intellettuale? Quando ascoltandolo ti fa sentire ragazzino. Penso a Marco Belpoliti, una di quelle persone che stratifica così tanta sensibilità, cultura, senza farle cadere dall’alto, che ti rendi conto di essere di fronte a un maestro. Spesso si tratta di individui non mediatici, che restano in disparte. Gente che si ostina a fare cose considerate desuete come scrivere libri! Insomma, non arrivano ai ragazzi, alle persone, e si crea lo scollamento tra saggi e discepoli. Come si raggiunge la perfezione nel design? Mai. Perché non esiste. E quando lo capisci diventi un buon designer. Come si ottiene, allora, la soddisfazione nel design? Cercando di fare qualcosa di buono. Intendiamoci: non siamo Christiaan Barnard, non facciamo trapianti di cuore, non scopriamo cure contro il tumore. Miglioriamo la qualità della vita ma non in maniera radicale. Siamo né più né meno che dei panettieri. Sopravvalutarsi è da stronzi. E lamentarsi è vietato, perché siamo dei gran privilegiati. Se uno fa il mio mestiere e si lamenta, io lo prendo a calci nel sedere! Hai mai preso a calci nel sedere qualche collega? Dovresti chiederlo a loro. Posso dirti però che sono un capo sui generis. Non faccio neanche i colloqui per i nuovi collaboratori. Me li presentano solo quando sono già stati assunti. Tornando al mondo del design, cos’è considerato lusso oggi? Ci hanno convinti che il lusso sia legato alla spesa di denaro relativa, ma da quando sono padre ho capito che uno dei lussi più grandi che si possa provare sia diventare genitore. E tu dimmi quanto questo sia alla portata di tutti, e quanto questo venga visto come un lusso. Mi torna in mente una foto di Roman Abramovic (ricco, ricchissimo imprenditore russo, NdR), una paparazzata: si vedono lui e la sua fidanzata nuotare insieme, innamoratissimi. Da una parte quindi vedi il primo livello di felicità, quello accessibile, assoluto, l’amore tra un uomo e una donna. E a pochi metri da loro vedi questo mega yacht, un muro d’acciaio, il livello di felicità più disumano, cheap, freddo. Si tratta di una foto impietosa, se riesci a leggerla da questo punto di vista. Il tuo progetto più recente è l’allestimento del Triennale Design Museum. Raccontacelo. È la sua quinta edizione. Le prime quattro erano dedicate ai mobili, mentre il goal di quest’anno è dimostrare che esiste una scuola italiana della grafica, che si è fatta valere in tutto il mondo e che è motivo di vanto. Dal mio punto di vista abbiamo avuto molti bravi grafici, e se li metti insieme puoi dire che si sia trattato di una scuola – così com’è avvenuto nel design – ma la verità è che non c’è mai stata una trasmissione codificata del sapere. È tutto fondato sul caos, sul caso. Che poi è quello che rende così interessante la vita, scrivere le pagine un giorno dopo l’altro. Parlaci di come stai lavorando alla mostra. La mostra è stata affidata a tre curatori: Mario Piazza, Giorgio Camuffo e Carlo Vinti. L’allestimento del museo, invece, era stato affidato originariamente a quel grandissimo maestro del design italiano che è Enzo Mari. Insomma un mese fa Enzo Mari si è infortunato e la direttrice del Triennale Design Museum mi dice: “Fabio, emergenza, te la sentiresti di sostituire il grande maestro?”. Nonostante i tempi siano tiratissimi ho accettato la sfida… Perché, quando apre? Apre il 13 di aprile, e voglio dirti una cosa interessante. Io sono amico di Enzo Mari, abbiamo fatto tante conferenze insieme – litigando, perché poi abbiamo due visioni diverse del mondo. Beh, il mio è uno studio che è una centrale nucleare, siamo uno studio svizzero, di precisione, siamo sul pezzo, ci buttiamo con tutta l’energia, mentre Mari in 6 mesi non aveva neanche presentato il progetto. E io mi domando: “Come pensavano di portarlo a casa il risultato?”. In Italia convivono queste due anime: ci sono 70, 80enni che fanno da tappo mentre molti giovani hanno così tanta energia che si metterebbero a vendere i loro progetti col banchetto per strada. Penso che ci sia un problema reale di fluidità. Dall’altra parte, la Biennale di Venezia fa direttore artistico il 39enne Massimiliano Gioni. Notizia fantastica, per certi aspetti. Anche se il discrimine non deve ridursi all’età: oggi non puoi permetterti di essere bravo nel tuo ambito, devi essere anche una “brava persona”. Non puoi permetterti di essere uno stronzo. Altrimenti la tua bravura si resetta, perdi il bonus. A me sembra proprio il contrario; che la crisi autorizzi a essere più diretti. No, se diventa il minore dei mali, allora abbiamo un problema. Il rapporto umano fa sempre la differenza. Se regali una buona parola a una persona, sai quanta energia col segno + metti in circolo? Essere stronzi, oggi, non te lo puoi permettere. Devi essere proprio una brava persona, è un dovere verso l’umanità! 21 Portfolio Portfolio Cuochi al lavoro all’interno di un bistrot di street food durante la “Festa del cigliegio in fiore” a Hirosaki, prefettura di Aomori. Nella pagina a fianco. Una ragazza fuma una sigaretta poco prima della sua cerimonia per il raggiungimento dell’età adulta, Toyoka, prefettura di Hyogo. japan Lo sguardo orientale e occidentale si fondono e si confrontano in The Japan Photo Project, un progetto itinerante compiuto a bordo di un caravan, durato 12 mesi e 42 mila chilometri, affrontato da una coppia inconsueta di fotografi: un giapponese e una catalana. Un racconto a colori e in bianco e nero di un Giappone inedito, lontano dai cliché e tutto da scoprire. Foto di Toru Morimoto e Tina Bagué 22 23 Portfolio Portfolio Un donna al lavoro in una risaia durante il mese di maggio, Sakae, prefettura di Nagano. Foto sopra. Alcuni bambini si preparano per una rappresentazione teatrale tradizionale a Nakayama, ricorrenza che si celebra annualmente fin dagli inizi del XIX secolo, Shodoshima, prefettura di Kagawa. Foto a fianco. Il teatro di Kabuki a Uchiko costruito nel 1916, alla scoperta del sol levante Le foto di Toru Morimoto e Tina Bagué sono raccolte nel libro JAPAN edito da The Private Space. Una parte di queste si potranno ammirare dall’8 marzo al 14 aprile in via Montevideo 9 a Milano pres- 24 so lo spazio Combines XL Gallery. Il 10% del ricavato della vendita delle fotografie andrà in beneficenza alla prefettura di Fukushima e sarà destinato ai bambini rimasti orfani dopo la tragedia dello Tsunami dell’11 marzo 2011. www.japanphotoproject.com successivamente restaurato e riaperto nel 1985. Uchiko, prefettura di Ehime. 25 Portfolio Portfolio I monaci del tempio di Chion suonano ogni anno alla mezzanotte del 31 dicembre 108 campane per allontanare, secondo la tradizione buddista, i 108 peccati dell’uomo. Kioto, prefettura di Kioto. Foto sopra. Un gruppo di uomini trascina un enorme carro di carta durante il Festival di Nebuta. Aomori, prefettura di Aomori. Foto a fianco. Un palo di bambù lungo 12 metri con 46 lampade, del peso di 50 chili l’una, viene portato in processione durante il Festival di Kanto. Akita, prefettura di Akita. 26 27 Portfolio un caravan per due Due fotografi, due modi diversi di guardare attraverso un obiettivo e un intero paese da scoprire. Un progetto affascinante raccontato da Tina Bagué, “l’occhio femminile” di questa avventura nipponica. di Andrea Zappa Un giapponese e una catalana assieme a spasso per il Giappone, da dove nasce questa idea? The Japan Photo Project nasce dopo il nostro quinto viaggio assieme in questa terra. Durante i primi due, nel 2002, ci limitammo a fotografare le zone più emblematiche del paese, ma dopo ci rendemmo conto che il Giappone non era solo grattacieli, geishe e templi. Durante la nostra prima visita a Tohoku nel 2008 ci innamorammo delle realtà rurali, della loro gente che vive giorno per giorno in un modo completamente diverso da quello che si immagina quando si parla di Giappone. Di ritorno da quella esperienza decidemmo di dedicare un anno della nostra vita per documentare fotograficamente tutto ciò che va oltre i cliché di questo paese, così da offrirne una visione totalmente diversa. In questo progetto l’occhio fotografico orientale si confronta con quello occidentale, una dualità interessante… Fin dall’inizio questa esperienza si è sviluppata su due binari paralleli, non solo per il fatto che Toru è giapponese e io europea, ma anche perché lui fotografa in bianco e nero e in analogico, 28 mentre io scatto a colori e in digitale. Inoltre, abbiamo due modi differenti di intendere la fotografia, senza dimenticare che il suo è uno sguardo maschile. Questa dualità è stata fin da principio una delle caratteristiche più interessanti del lavoro. Toru è giapponese e ha vissuto per 20 anni lì, per questo c’erano cose che a me colpivano particolarmente e che lasciavano lui totalmente indifferente. E ovviamente l’inverso, come per esempio alcuni aspetti della vita quotidiana giapponese. Forse io ho una visione più “pop e vitale” del paese, mentre lui offre uno sguardo maggiormente nostalgico, sobrio e a volte anche “acido” della sua società. Il Giappone è un paese pieno di contrasti, che cosa ti ha colpito positivamente e cosa negativamente? Venendo dalla Spagna, dove si sono persi molti valori, quello che mi piace di più del Giappone è il rispetto reciproco tra le persone e nei confronti della società. L’essere gentili e amabili sono atteggiamenti che abbiamo un po’ dimenticato in Occidente. Lì ti senti sempre trattato bene, nonostante la comunicazione non sia facile per la lingua. Forse come aspetto negativo di- rei la rigidità del sistema nel suo complesso. Avete avuto qualche difficoltà nello scattare foto alla gente? Il Giappone è un paradiso per gli amanti della fotografia. Lì praticamente tutti sono felici di essere fotografati. I maggiori problemi li abbiamo avuti con le persone anziane che non volevano perché dicevano di essere troppo vecchie e con le rughe. È stato un viaggio molto lungo, come l’avete organizzato? Erano in molti all’inizio a pensare che fosse un viaggio di piacere, tipo un anno sabatico. In realtà non è stato affatto così, sapevamo fin da principio che sarebbe stata un’esperienza impegnativa. Ci eravamo prefissati un calendario serrato, il Giappone sembra un paese piccolo, ma non lo è affatto. Inoltre dovevamo aggiornare quasi quotidianamente il sito e il blog in quattro lingue per coinvolgere più gente possibile. La notte ci occupavamo della post-produzione delle immagini e il fine settimana Toru sviluppava i rullini nella camera oscura del caravan. Insomma, non proprio una vacanza come poteva apparire all’esterno. FOCUS FOCUS manzo wagyu, boccon divino Grazie al suo sapore ineguagliabile, è considerato il “caviale della carne”. Ecco il lungo viaggio del manzo Wagyu, che dal Giappone ha fatto il giro del mondo fino ad approdare sulle tavole dei ristoranti più esclusivi, diventando un vero bene di lusso. di Cristina Buonerba 02 “Conosciuta da appassionati gourmet per l’eccezionalità, vanta il titolo di carne più buona al mondo” 01 01. La razza Wagyu necessita tempi di allevamento particolarmente lunghi e in condizioni del tutto naturali. 30 C’è chi lo definisce un piacere per il palato e sembra che la sua consistenza e il suo sapore succulento siano imparagonabili: il manzo di Kobe, conosciuto da appassionati gourmet per la sua eccezionalità – e per il suo costo proibitivo – vanta il titolo di carne più buona del mondo. In passato veniva utilizzato per deliziare imperatori e samurai, mentre oggi è considerato un vero e proprio lusso riservato a pochi. Quali sono le peculiarità che lo rendono così unico nel suo genere? Il termine corretto per fare riferimento a questa tipologia di bestiame è manzo Wagyu, e la sua traduzione dalla lingua originale non lascia spazio a cattive interpretazioni. “Wa” significa giapponese, mentre “gyu” vuol dire bovino. Questa razza affonda le sue radici in Giappone, nella Prefettura di Hyogo, una regione costiera che si affaccia su due mari e che ha come capitale la città di Kobe. In questo angolo di mondo, i bovini dal caratteristico manto nero Wagyu hanno pascolato indisturbati per secoli, isolati dalla volontà dei loro allevatori e dalla geografia del luogo in cui vivevano. Inoltre, dal 1635 al 1868, la religione Buddista e il governo 03 centrale dello Shogun proibirono il consumo di animali a quattro zampe, tanto che la carne iniziò a essere parte integrante dell’alimentazione nipponica solo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Questo favorì la salvaguardia della razza Wagyu, limitandone gli incroci con altre mucche e aumentandone la capacità fisica, poiché le mandrie venivano utilizzate esclusivamente come forza da lavoro e da traino nelle risaie. Oggi, infatti, questi bovini continuano a conservare un patrimonio genetico antichissimo: le razze a mantello scuro, rosso e quelle senza corna sono le dominanti e, fra queste, i capi più puri sono quelli neri. La carne dei manzi Wagyu possiede delle proprietà organolettiche superiori ad altri animali: è ricca di grassi insaturi distribuiti soprattutto all’interno del muscolo e non ai lati. Sono queste venature che ne conferiscono l’aspetto marmorizzato e che rappresentano il segreto che la rende così particolarmente tenera. Grazie a questa caratteristica, “il contenuto di colesterolo è inferiore e la quantità di grassi saturi diminuisce del 50% rispetto ad altre carni”, spiega lo Chef milanese Danilo Angé, che lo scorso mese è stato protagonista di un’esclusiva cena a base di Wagyu Beef tenutasi presso l’Hotel dei Cavalieri. “Si può cucinare in vari modi, dalla bassa temperatura alla griglia, ma è bene evitare di mantenerla troppo a lungo sul fuoco per non perderne i grassi”. Questa particolarità, oltre a renderla estremamente gustosa, fa sì che il suo consumo soddisfi i parametri di una sana dieta mediterranea, che non fa differenza tra carni bianche o rosse bensì tra carni grasse e meno grasse. L’unico problema è il costo. Il manzo Wagyu può arrivare ad avere prezzi altissimi, che vanno dai 100 ai 1000 euro al chilogrammo! In Giappone, la dicitura Kobe è un marchio registrato che, per essere ottenuto, deve rispettare una serie di parametri prestabiliti, primo fra tutti la nascita, la crescita e la macellazione dell’animale all’interno della prefettura di Hyogo. Al momento, i principali Paesi che esportano i manzi Wagyu sul mercato europeo sono gli Stati Uniti, l’Australia e il Cile, mentre in Italia è la Tenuta Ca’ Negra, situata alle porte di Venezia, una delle principali aziende agricole che si occupa del loro allevamento. “Siamo ancora in fase di start up, i numeri dei nostri capi sono limitati”, spiega Ferdinando Borletti, responsabile del progetto portato avanti dalla società veneta, “abbiamo acquistato degli embrioni congelati dall’Australia e li abbiamo impiantati in alcune manze riceventi”. Ciò che trasforma la carne Wagyu in un bene così “elitario” sono le condizioni e i lunghi tempi di crescita di questi bovini che vivono in delle “stalle-Spa”: immersi nella natura, si nutrono di mangimi selezionati a base di cereali e, come da tradizione, vengono trattati con birra e massaggiati con dei guanti di crine. “Il lievito di birra – prosegue Ferdinando Borletti – serve a stimolare delle mini acidosi che non fanno sentire l’animale sazio durante le stagioni più calde, mentre la pratica di massaggi, così come l’uso di lettiere in paglia e la diffusione di musica classica nelle stalle, diminuiscono lo stress ambientale percepito dal bestiame, aumentando così la qualità della loro carne”. Una vera e propria delizia del palato che vale la pena, almeno una volta, assaggiare. Buon appetito, o meglio, Itadakimasu! 02. ll segreto per cucinare il manzo Wagyu è mantenere brevi i tempi di cottura per evitare di disperderne i grassi. 03. L’intensa marmorizzazione ne caratterizza il gusto vellutato. A Milano è possibile acquistarlo presso la macelleria Masseroni in via Corsico 2. 31 FOCUS FOCUS quanto sei bugiarda milano? Milano cambia anima ma non la faccia. Negozi e spazi storici si trasformano. Restano solo le insegne. Vecchie latterie fanno delle colazioni glamour il loro credo, bocciofile diventano ristoranti chic e l’elettrauto ama la musica jazz e il buon vino. di Elisabetta Gentile 02 dal latte all’insalata A Milano ci sono luoghi storici rimasti tali. Il più sorprendente è “La Vecchia Latteria” in via dell’Unione 6. L’insegna risale al 1850. I tavoli, le piastrelle e il locale sono fermi al 1950 in questo scrigno incastonato nel traffico dell’adiacente via Torino. Da ormai tre generazioni cucina vegetariana tutti i giorni e un aperitivo unico con musica dal vivo, ma solo il martedì e giovedì sera. 03 01 01. L’interno del ristorante U Barba, dove chicche vintage e intuizioni creative convivono con il menù tradizionale genovese. 32 Milano è un scatola cinese. Racconta storie che a loro volta ne riferiscono altre, totalmente diverse da quello che si potrebbe immaginare. Così una dentro l’altra, nascoste e incastrate perfettamente tra loro, che a volte è difficile svelarle. Milano la scopri e la ami solo se la vivi dall’interno. Con i suoi racconti che a volte sono così strani, magici e malinconici, che ti aprono il cuore e ti tengono ancorata a questa farabutta per tutta la vita. È come un libro di Paul Auster o un racconto di Ágota Kristóf: terribilmente triste ma vero che non ne puoi più fare a meno. Da qualche anno a questa parte la città assiste a uno strano fenomeno che prende piede piano piano: un curioso sistema di scatole cinesi che ne ridisegna il volto. Vecchie insegne di locali che ricamano i muri ma che nascondono altro. Leggi Elettrauto, entri e non trovi macchine, ma solo musica jazz e gente che beve. Incontri una bocciofila, che ti accoglie con il consueto ingresso con tendone di plastica e insegna della cabina del telefono, e scopri che in realtà è un ristorante chic e bohémien. Ti ritrovi sotto lo storico negozio di dischi che ti ha fatto compagnia durante l’adolescenza e sei invece in una caffetteria alla moda, nonostante l’esterno sia rimasto perfettamente uguale a sempre. Alla voce latteria corrisponde locale eco chic in via Vigevano, che con le sue colazioni offre chicche culinarie, difficili da reperire altrove per il popolo dei Navigli. Prodotti italiani esclusivi e ricercati come la crema di Pistacchio di Bronte, i mini amaretti di Chivasso e la pasta pugliese Slow Food. Gli articoli ti guardano dagli scaffali color burro mentre fuori domina la scritta Latteria, che di anni ne ha ottanta e che il proprietario ha conservato perché è un collezionista, facendo assomigliare il posto a un locale dal gusto glamour di Soho. Nel peregrinare in questa schizofrenia cartelloni- stica viene da chiedersi cosa determini la scelta di mantenere le insegne originali. La risposte sono molteplici ed eterogenee. L’allure dal sapore vintage si respira un po’ ovunque per diversi motivi. Qualche volta è semplice gusto personale, come per Marco Bruni che poco più di un anno e mezzo fa ha dato vita a U Barba, un ristorante nato sulle ceneri di una vecchia bocciofila ferma da dieci anni: “Il posto l’ho trovato casualmente, ho letto un annuncio che aveva tre foto. Una di queste era il giardino, che mi ha dato subito un’emozione e sensazione bellissima. La bocciofila era ferma da una decina d’anni. Appena l’ho vista l’idea è stata non solo di mantenerla, ma anche di ripristinarla. Ho ristrutturato un bel po’: prima il campo da bocce era molto più grande e si giocava alla milanese. L’abbiamo fatto ridurre, creando solo due piste all’italiana. Grazie a questo intervento ho potuto recuperare spazio e creare la veranda esterna”. Quest’atmosfera antica si respira ancora molto, la scritta origina- le Bocciofila Decembrio troneggia sulla parete esterna arredando la pista con eleganza e capisci il perché sia stata lasciata esattamente com’era. Anzi, diventa ispirazione: il nome U Barba che leggi appena entri è realizzato infatti con lo stesso identico font e colore. Marco continua a spiegare le sue scelte: “La scritta è quella che ho trovato e non l’ho cambiata. Così come l’insegna del telefono che c’è fuori all’entrata. Le cose di altri tempi sono ricorrenti qua da noi perché è un nostro gusto e una nostra passione. Io vado per mercatini da sempre. I tavoli fuori sono tutti recuperati, quelli dentro invece sono stati fatti fare, ma sempre secondo un gusto vintage”. E così tra oggetti recuperati, vecchi televisori e macchinette per timbrare i cartellini che decorano le pareti, scopri un mondo delicato ed elegante, dove un menù di prelibatezze liguri richiama ricordi di infanzia. Stessa cura e atmosfera ma con un tocco più cool si ritrova in un’altra zona di Milano, dove capita di trovare insegne 02. Squadra di pelotari all’ingresso di Spazio Pelota; oggi location per eventi di ogni tipo, nei decenni precedenti casa del famoso sport basco. Foto Archivio Spazio Pelota. 03. Spazio Pelota oggi:1.200 metri quadrati dove coesistono elementi architettonici storici e novità come i lavori di Mark Newson. Foto Marco Morosini. 33 FOCUS indirizzi Elettrauto Cadore via Pinaroli 7 U Barba via Decembrio 33 Mariposa Caffetteria corso Lodi 1 Latteria via Vigevano 33 Pelota Jaialai via Palermo10 04 “Milano assiste a uno strano fenomeno: vecchie insegne di locali che ricamano i muri ma nascondono altro.” 04. Vecchia insegna, nuovo mondo per lo storico negozio di dischi milanese Mariposa, che oggi si reinventa caffetteria. 34 (anche se non sono più quelle storiche e originali) che ricalcano esattamente il nome di ciò che c’era prima ma nascondono altro. È il caso dello spazio Pelota in via Palermo. La location è stata inaugurata nel 1947 e un tempo si giocava allo sport basco. Nel 1997 Silvano Gerani, presidente Gilmar Divisione Industria (nota per il suo marchio Iceberg) ha acquistato lo spazio dove oggi si tengono sfilate di moda, conferenze stampa, cene di gala, concerti ed esposizioni. La modernità e contemporaneità degli eventi fa da contraltare al restauro conservativo. Quando visiti La Pelota ritrovi l’atrio con il bancone per le puntate (oggi utilizzato come bar), le gradinate per gli spettatori e il vecchio totalizzatore delle scommesse, croce e delizia di migliaia di giocatori. Rimangono il soffitto del terreno di gioco, alto e dalle curve particolari, e le piastrelle a mosaico. La scelta di mantenere un gusto retrò non è però l’unica motivazione che spinge a conservare le insegne storiche delle location destinate ad al- tri usi, come sottolinea Tommaso, che insieme a Maurizio e Luigi ha creato cinque anni fa il locale Elettrauto Cadore, nato sull’omonima attività: “Io avevo un locale dall’altra parte della strada, un sushi bar, poi un giorno hanno messo qui il cartello vendesi. Siamo venuti a vederlo, c’era un sacco di luce, la struttura angolare ci affascinava e fuori, dove un tempo c’erano le macchine, c’era la possibilità di avere molto spazio per i tavoli. La scelta di tenere la storica insegna dell’elettrauto è duplice: da un parte semplicemente mi piaceva, ma il vero motivo è soprattutto perché un tempo questo era il luogo di ritrovo del quartiere. L’insegna è quindi un modo per continuare a essere il centro del quartiere e il punto di ritrovo. Tutto il resto è stato restaurato totalmente”. La clèr si abbassa la sera alle undici in questo locale, che è il più democratico di tutto il quartiere perché “c’è di tutto, dall’anziano al giovane, dai bimbi ai cani. Un porto di mare, insomma”. L’ennesima scatola cinese che si incastra perfettamente in tutte le altre, lasciando Milano ai suoi segreti da svelare. Interview interview benedetta tobagi – filippo solibello “La cosa bella è uscire quando tutti dormono. Attraversare la città che è meravigliosa e fiabesca a quell’ora” good morning italia Sono le voci – e i volti – inconfondibili di Caterpillar AM, programma radiofonico in onda su Radio 2. Ogni giorno sono i primi a servire una ricca colazione di notizie agli italiani. Mattutini per lavoro, giornalisti per passione. di Cristina Buonerba Il mondo della radio è in continua evoluzione: attraverso l’uso di Internet e dei social network ora la si ascolta e la si guarda. In che modo quest’ innovazione influisce sul vostro lavoro? Benedetta: Sono arrivata in radio nel 2010, quando già c’era tutto questo. Per il tipo di programma che facciamo, abbiamo un contatto personale con i nostri ascoltatori durante tutta la giornata. Siamo i primi ad aprire i quotidiani la mattina e questo, dal mio punto di vista anche più giornalistico, cambia il modo in cui ci si avvicina alla notizia. Utilizziamo tutti i canali tradizionali che ci sono in qualsiasi redazione, ma abbiamo anche un livello di interazione molto elevato su Facebook. I nostri utenti hanno capito il tipo di lavoro che svolgiamo e ci segnalano molte cose. Ogni mattina il programma apre con Il Sogno di Benedetta, una divertente rubrica in cui, con grande sarcasmo e pungente ironia, si affrontano i temi più scottanti del momento. Da dove nasce l’idea? Filippo: Sono le sei di mattina, la gente si sta svegliando ed è fondamentale avere un inizio che sia un accompagnamento dalla notte al giorno. Rappresenta l’editoriale del programma, e farlo in maniera poetica ma anche onirica era un qualcosa che non c’era. I suoi contenuti spesso sono pesantissimi, delle vere e proprie bombe raccontate con la melodia della voce di Benedetta, una delle più belle della radio italiana. Siete giunti all’ottava edizione dell’iniziativa M’Illumino di meno, la celebre campagna sul risparmio energetico 36 lanciata da Caterpillar che ha spento simbolicamente le luci di mezza Europa, dal Colosseo alla Tour Eiffel. Com’è cambiata la consapevolezza comune riguardo l’ambiente? F: Quando abbiamo iniziato tanti anni fa, il concetto di risparmio energetico era una cosa di pochi. In questi anni è cambiato tutto, e da un certo punto di vista ha tirato la volata a quella green economy su cui tutti speriamo che si innesti la spina dorsale del Paese. Adesso nessuno usa più le lampadine a incandescenza e lo stesso referendum sul nucleare ci ha confermato una consapevolezza comune e trasversale, che va oltre l’ideologia politica del singolo cittadino. Siete i primi a servire la colazione agli italiani. Quali sono i vantaggi di fare una trasmissione in quest’orario così delicato? F: Si crea un rapporto più intimo con gli ascoltatori della mattina, perché condividi con loro un momento emotivamente significativo, quello della sveglia presto. La cosa bella è uscire quando tutti dormono. Attraversare la città che è meravigliosa e quasi fiabesca a quell’ora. Senza traffico, senza smog, silenziosa. Poi hai tutta la giornata per te… F: Per preparare il programma! Certo, ho dei momenti che mi godo molto di più: ho due figli e posso andare a prenderli a scuola e passare più tempo con loro. Lo considero un privilegio. Benedetta, nel 2011 hai vinto il Premiolino, il più antico e importante premio giornalistico sulla libertà di stampa. A questo riguardo, qual è la situazione nel nostro Paese? B: La situazione è problematica, la RAI sta vivendo da tanto tempo una stagione difficile. L’aumento dell’informazione è una grande risorsa, ma bisognerebbe cercare di non adagiarsi e navigare solo sulla superficie di questo flusso, che altrimenti corre il rischio di diventare del tutto inutile. È importante mantenere un andamento che va come il nuoto a delfino, cioè ogni tanto in profondità. Esercitare il controllo critico su quello che si dice e cercare di proporre sempre un ragionamento e un punto di vista. Considerata la grave situazione economica in cui ci troviamo, credi che l’Italia corra il rischio di ricadere in azioni di violenza e terrorismo come è successo in passato? B: Sono convinta che non si ripeterà quello che è successo nella specificità italiana, però dall’Europa e dagli Stati Uniti ci arrivano i segnali di diverse forme di esplosione del tessuto sociale. Una rabbia incontrollata crea dei danni, mette a rischio vite e scatena meccanismi repressivi che azzerano la voce della protesta e incancreniscono la situazione. Qual è il vostro rapporto con Milano? B: Vogliamo fare interagire quello che vediamo con le testimonianze che ci arrivano dal resto dell’Italia. Ci sentiamo un osservatorio e aspettiamo di vedere in che modo la città cambierà nei prossimi mesi. Abbiamo iniziato a monitorare l’Area C quando è nata e continueremo a farlo attraverso i nostri ascoltatori. È bello trovare un modo per far fiorire il proprio territorio senza essere locali ed escludere, ma semplicemente coinvolgendo tutti. 37 design Anatomia del design La sedia Signature di Carlo Mollino è realizzata in legno curvato con tre o quattro gambe in acciaio. Lo schienale asseconda la linea naturale della colonna vertebrale. Carlo Mollino ha fatto della vita stessa un progetto: anticonformismo, originalità, ironia e sensualità sono solo alcuni dei temi che hanno reso questo autore un mito del design italiano, ancora tutto da scoprire. Testo e illustrazione di Dino Cicchetti 39 laviniastyle.com DESIGN lucciole e flash Al pari del design, Mollino ha sempre avuto la passione della fotografia. Dagli anni Trenta in poi continuerà a scattare ininterrottamente allestendo addirittura un appartamento, Casa Miller, proprio per ambientarvi le sue fotografie. Dopo la guerra però la sua attenzione sarà assorbita completamen- te dal nudo femminile espresso attraverso un formato 10x15 standard, con foto spesso sapientemente ritoccate a matita o a colori. Memorabile la sua collezione di immagini di donne scattate con una Polaroid, che dal ’63 divenne il suo strumento prediletto. Una curiosità: quasi tutte le sue modelle erano anonime prostitute torinesi. green production Complementi d’arredo realizzati in 3D printing tecnologia al servizio del design esclusivo. www.exnovo-italia.com lampada “Saturno” vaso “Nid” design Selvaggia Armani 01 01. Arabesco è un tavolino del 1949, rieditato come Omaggio a Mollino da Zanotta. è acquistabile a 2.200 euro. 40 Il cosiddetto design industriale degli anni Cinquanta a Mollino interessava ben poco, ne era emblematico per esempio il fatto che frequentasse molto di rado la comunità milanese e che mal tollerava le iniziative industriali che quella cultura contribuiva a diffondere e mitizzare. Il suo modello di riferimento non era certo Zanuso, ma più che altro Wirkkala, Aalto, Jacobsen e tutto il design nordico che sarà assimilato e superato del progettista piemontese. La sua tecnica prediletta divenne allora il compensato curvato a strati sovrapposti, che gli permise di mantenere una sinuosità del segno che si allontanava quanto mai dalle mode dell’epoca. Certo i riferimenti al Surrealismo, all’Art Nouveau e al Barocco furono evidenti, ma in questo caso la fonte di ispirazione più forte fu senza dubbio il corpo e la sua anatomia. Nacque così un organicismo costituito da due componenti: una più morbida e carnale, l’altra più tecnica e scheletrica. Le strutture precarie dei mobili disegnati da Mollino furono per lo più clavicole, vertebre, articolazioni. Basta guardare i vari tavoli sviluppati negli anni, dal Lattes all’A- rabesco, o le sue sedie dagli schienali curvati su cui spesso si adagiavano modelle seminude. Le giunzioni umane, ma allo stesso tempo meccaniche, rappresentavano perfettamente l’estremizzazione concettuale dell’organicismo macchinista del Futurismo. Mollino è stato contemporaneamente progettista e artigiano, affrontando con un rigore maniacale ogni fase del processo produttivo, dai magnifici schizzi preparatori alla curvatura del legno. La sua forza di volontà e la sua coerenza lo hanno portato poi a spaziare in molteplici altri campi. L’architettura è stata sempre la sua attività primaria e, proprio da essa, sono nate tutte le possibilità di realizzazione di mobili su misura. Va ricordata poi la passione per la velocità, sempre presente a livello stilistico nelle sue realizzazioni: sciatore provetto, pilota di aerei e di auto da corsa, partecipò addirittura alla 24 ore di Le Mans. Assiduo frequentatore di donne di malaffare che ritraeva continuamente, fra un appuntamento e l’altro trovava poi il tempo per scrivere opere di saggistica, romanzi e articoli vari. sculture digitali per fabbricare idee Design design Preview 2012 Milan Design Week 2012 Sedie e poltrone: ecco alcune delle novità che vedremo durante la design week milanese. Driade - 59 Marzorati Rocchetti - Reverb Wire Chair Di Marzio Design - Missix Dopo la Nemo una nuova seduta a rinnovare Una ltd edition di Brodie Neil per il 90esimo Progettata da Maurizio Di Marzio, è realizzata la collaborazione tra Driade e Fabio Novembre. anniversario dell’azienda canturina. in polietilene stampato con tecnica rotazionale. www.driade.it www.marzoratirocchetti.it www.dimarziodesign.com Porro K% - Chair Alivar - Fedra Non ha ancora un nome, ma esiste già la nuova Questo nuovo brand debutta alla design week ABS, pelle ed ecopelle sono i materiali di questa sedia realizzata dalle Front per Porro. con una seduta realizzata dallo studio Nendo. proposta disegnata da Giuseppe Bavuso. www.porro.com www.nendo.jp www.alivar.com Varaschin - Grid Ligne Roset - Okumi Morelato - Burton Struttura outdoor ma cuscini per interni per Lo Studio Coloir si fa ispirare dai kimono Da seduta a poltrona a dondolo grazie a dei pattini questa poltroncina designata da Kensaku Oshiro. giapponesi per questa nuova poltrona. calamitati, design Centro Ricerche MAAM. www.varaschin.it www.ligne-roset.it www.morelato.it Dal 17 al 22 aprile ritorna il grande design a Milano. La città si prepara come ogni anno per gli eventi fieristici e per il fuorisalone. Non tutto è ancora stato svelato, ma cominciano a trapelare interessanti anticipazioni su quelli che saranno gli spazi e gli eventi che caratterizzeranno la prossima design week. di Enrico S. Benincasa Un rendering dell’allestimento interno di MOST, dal 17 al 22 aprile presso il Museo della Scienza e della Tecnica di via San Vittore 21. 42 Fra meno di sessanta giorni parte la design week milanese. Si inizia il 17 aprile con l’apertura, presso il Polo Fieristico di Rho, della 51esima edizione del Salone Internazionale del Mobile, quest’anno accompagnato dal Salone Internazionale del Bagno, dal Salone del Complemento d’Arredo, da Eurocucina e, ovviamente, dal SaloneSatellite, lo spazio che accoglie i giovani emergenti. Alla manifestazione fieristica ufficiale, dedicata alle varie declinazioni del furniture, si affianca poi il fuorisalone cittadino, scelto, come d’abitudine, anche da aziende non strettamente legate al mondo dell’arredamento. In Tortona proseguirà l’esperienza di Tortona Design Week che, come l’anno scorso, si occuperà della gestione e dell’organizzazione del quadrato di vie dove circa vent’anni fa nacque l’esperienza del Fuorisalone. Tra i membri di questa entità c’è Superstudio Group che, inoltre, organizzerà per il quarto anno consecutivo il suo Temporary Museum for New Design, ospitato nelle sue sedi di via Tortona e di via Forcella. Come dicevamo non solo arredamento – tra gli espositori troviamo aziende come Samsung, Canon e Carrera – ma non mancheranno nomi del design come Foscarini e Lasvit. Chi si è spostato un po’ da Tortona è Tom Dixon: quest’anno il designer inglese presenterà MOST e trasformerà il Museo della Scienza e della Tecnica in un vero e proprio hub del fuorisalone, con la collaborazione di Martina Mondadori e di designer del calibro di Yves Béhar. Designer e aziende straniere protagonisti anche in via Ventura a Lambrate, l’headquarter olandese durante questa settimana. Ci sarà come sempre Marteen Baas, quest’anno con il progetto Ventura Bar. In Triennale, invece, la mostra di Marti Guixé nel Museo del Design lascerà spazio a una nuova esposizione dedicata ai maestri della grafica italiana, con allestimento a cura di Fabio Novembre. Proseguirà anche l’esperienza di Brera Design District che, forte dei risultati dell’anno scorso, coinvolgerà ancora di più tutte le aziende che hanno scelto il quartiere milanese dell’arte per insediare i loro showroom. E per chi vuole divertirsi non mancheranno le occasioni, con le tante attività organizzate da realtà milanesi come Esterni ed Elita. 43 style style Ladies watches À la garçonne Accessorio prezioso e raffinato, l’orologio da polso d’ispirazione maschile. salvatore ferragamo Anelli Gancino in oro rosa, pietre semipreziose e diamanti. fabi Minitracolla in vernice laserata color cipria, chiusura a lucchetto. etiqueta negra Blazer corto a un bottone, realizzato in piquet di cotone. d&g Sandalo a listini intrecciati in cuoio e maxi zeppa. Fossil Swarovski Cronografo Montenapoleone con quadrante Orologio con cassa e bracciale in acciaio satinato Orologio al quarzo in acciaio con applicazione in smalto, cassa e bracciale in acciaio finitura lucida. finitura brown ip e quadrante marrone. di cristalli Swarovski sul quadrante nero. www.lorenz.it www.fossil.it www.swarovski.com Rolex Michael Kors Gucci Cronografo Oyster con cassa e bracciale realizzati Cronografo con cassa in acciaio a finitura lucida Orologio della collezione G-Timeless con cassa in rolesor everose e quadrante laccato bianco. dorata e bracciale in acciaio e acetato. in acciaio e quadrante con motivo diamante. www.rolex.com www.michaelkors.com www.guccitimeless.com Longines Philip Watch Tissot Orologio PrimaLuna con movimento automatico, Orologio da polso con cassa tonda Orologio Carson Automatic, con cassa cassa in acciaio e quadrante bianco. e bracciale in acciaio con chiusura a farfalla. e bracciale in acciaio lucido. www.longines.com www.philipwatch.net www.tissot.ch Per la primanvera Paul Smith propone capi sartoriali d’ispirazione maschile. Ecco il blazer blu con i reverse sollevati, abbinati ai pantaloni grigio acciaio e alla più femminile maglieria rosa. di Luigi Bruzzone 44 Lorenz 45 STYLE STYLE Punti di vista… alternativi 02 uno sguardo benefico “Piccolo” è anche sinonimo di beneficenza. A Hollywood Sheila Vance, la designer di Sama Eyewear, dopo la perdita del figlio Sam a causa di una overdose, ha creato la Sam Vance Foundation. Parte dei proventi degli occhiali che firma, peraltro molto apprezzati dallo star system americano, vengono destinati a questa associazione che aiuta i giovani con problemi di dipendenza. 01 Crocevia tra moda, design e tecnologia, i Créateurs dell’occhiale firmano collezioni “fuori dal coro”. Le loro montature sono destinate a un pubblico raffinato e sono vendute in esclusiva in selezionate boutique in tutto il mondo. di Paola Ferrario 01. Un dettaglio del processo produttivo della collezione firmata da Tom Davies creata all’insegna del bespoke. 46 Nel mondo dell’occhiale esiste un piccolo universo produttivo che esprime l’eccellenza del savoirfaire e dell’artigianalità: i Créateurs. Dagli anni Ottanta disegnano e producono esclusivamente collezioni no logo, riuscendo a realizzare occhiali che anticipano i tempi e le mode attraverso virtuosismi creativi senza precedenti. Cosa li ha spinti a dedicarsi ad un mercato di difficile comprensione per il consumatore finale? Secondo il designer Danilo Procaccia, “la decisione è nata perché in quel momento era ciò che una crescente parte dei consumatori cercava, che, peraltro, mancava sul mercato. Personalmente mi sono fatto guidare da ciò che avevo dentro. Visti i primi risultati, è stato chiaro che ero sulla strada giusta”. Negli anni questa nicchia si è ingrandita e, a detta di Nicola Del Din, Presidente della Pramaor, “sta portando i consumatori ad allontanarsi sempre di più dalla massificazione esasperata e dall’appiatti- mento stilistico e culturale di numerose aziende, che nel corso degli anni hanno legato il valore di un prodotto semplicemente a un brand, senza creare una base concreta”. La provenienza geografica di queste realtà è svariata e non ha confini: oltre ai rappresentanti del nostro Bel Paese come I.I (il marchio di Lapo Elkann), Patty Paillette, Piero Massaro, troviamo i francesi Alain Mikli (forse il più grande visionario dell’occhiale), Anne et Valentin e IDC; i tedeschi IC Berlin, Mykita e Frost, come pure i belgi di Theo. Ci sono poi gli svizzeri Götti e i nordici Ørgreen e Lindberg. Senza dimenticare gli americani L.A. Eyeworks e Robert Marc, gli inglesi Kirk Originals, Booth & Bruce fino ai cinesi Simon Chim e agli australiani Isson. La cultura del paese di origine ha influito sulle loro creazioni determinando stili particolari. Un esempio su tutti è il minimalismo dei nordici che, a suon di “less is more”, ha passato inerme l’opulenza delle recenti stagioni della moda decretando che l’eleganza è sinonimo di essenzialità. L’alleato più fedele di questo mood è stato ed è tuttora il titanio. I francesi, invece, continuano a dichiarare con le loro montature che “colore è bello” e a osare con forme che anticipano i tempi. Alcuni nostrani Couturier invece, nonostante una generale decelerazione nella ricerca tecnologica, non hanno smesso di investire nell’innovazione e, ogni tanto, si sono addirittura spinti al di là dell’indossabilità, come ci ha dichiarato Giovanni Vitaloni della Nico Design: “Capita che il risultato dello sforzo creativo sia molto avanzato e pionieristico (a volte troppo, e allora l’occhiale resta un divertissement esaltante ma irrealizzabile), altre volte invece più accessibile concettualmente e più commerciale”. Tra gli italiani figurano anche marchi che hanno deciso di affacciarsi al mondo dell’occhiale in tempi recenti come Acanto, la cui linea Shield è dotata di un magnete al silicio in grado di convertire le onde elettromagnetiche nocive in forze armoniche per il nostro corpo. Un altro neofita è Feb31st, il brand del designer Valerio Cometti. La collezione è declinata in legno, materiale che da qualche anno si sta ritagliando uno spazio importante nell’occhialeria. “Per un designer tecnologico come me – spiega Cometti – impegnato fra fibra di carbonio, leghe aeronautiche e polimeri ingegneristici, il legno rappresenta una sfida irrinunciabile. Dopo migliaia di anni di scienze dei materiali, nessun ingegnere è ancora riuscito a creare un materiale così ricco”. Molte collezioni sono state unite dall’attenzione alla sostenibilità in termini di impatto ambientale e dalla sartorialità. Grazie al londinese Tom Davies, ad esempio, è infatti possibile avere un occhiale bespoke in quattro settimane. Gli occhiali dei Créateurs non sono però disponibili presso tutti gli ottici. La loro esclusività ha fatto sì che nascesse una tipologia di punti vendita raffinata, le cosiddette “boutique”. Gestite da cultori del design e del bello, sono luoghi di charme dove il cliente viene coccolato e seguito a 360 gradi nel suo percorso di scelta. Anche il consumatore a cui sono destinati è particolare e non vuole uniformarsi alla massa, come ci ha spiegato Dante Caretti della Caretti Consulting: “Chi acquista prodotti no brand normalmente è curioso, colto, creativo e detta le mode, non le segue”. Purtroppo l’acquisto di un paio di occhiali “fuori dal coro” implica anche uno sforzo economico, pienamente giustificato dai contenuti di queste piccole, grandi creazioni. 02. Da qualche mese Valerio Cometti, una delle voci più autorevoli del panorama dell’industrial design, è approdato al mondo dell’occhiale con una collezione in legno: Feb31st. 47 style style Preview Mido 2012 Look at me Segno di stile per gli occhiali da vista la montatura dalla forma classica. Modelli iconici reinterpretati con nuovi materiali e finiture inaspettate fanno dell’occhiale da vista un accessorio sempre più in voga. Dsquared Eyewear by Marcolin Kenzo by L’Amy Oxydo by Safilo Occhiale da vista con montatura Occhiale da vista con montatura Occhiale da vista con montatura in acetato d’ispirazione anni Sessanta. in acetato di forma arrotondata. caratterizzata da cerniera a uncino. www.marcolin.com www.lamy-diffusion.com www.oxydo.net Lanvin by De Rigo Vision Tru Trussardi Eyewear Tom Ford Eyewear by Marcolin Occhiale da vista dalla forma Occhiale da vista con montatura Occhiale da vista con montatura arrotondata dal allure retrò. squadrata e dettagli in metallo. bicolor in acetato. www.derigovision.com www.charmant.com www.marcolin.com Eyewear Lacoste Blackfin by Pramaor Calvin Klein by Marchon Occhiale da vista d’ispirazione retrò Occhiale da vista modello Saint Malò Occhiale da vista con montatura con montatura in acetato e metallo. con montatura minimalista in titanio. in acetato e metallo. www.marchon.com www.pramaor.com www.marchon.com Vogue Eyewear Bikkembergs by Allison Charmant Titanium Perfection Occhiale da vista in acetato con Occhiale da vista in acetato con aste Occhiale da vista dalle linee pulite, montatura di forma squadrata. cilindriche in metallo. realizzato in Excellence Titanium. www.vogue-eyewear.com/it www.allison.it www.charmant.com di Luigi Bruzzone Hyman Moscot, fondatore del marchio Moscot, fotografato nel 1934 davanti al primo negozio del brand di eyewear americano al numero 94 di Rivington Street a Manhattan. 48 L’occhiale da vista, al pari di quello da sole, si è ritagliato negli ultimi anni uno spazio di rilievo nel guardaroba maschile (oltre che in quello femminile, naturalmente). Il trend suggerisce montature sempre più evidenti che aiutano a caratterizzare il viso, donando fascino e rendendo interessante lo sguardo, anche di chi ci vede molto bene. Se da una parte, infatti, gli interventi chirurgici per correggere la miopia sono in aumento, c’è chi non vuole per nessun motivo rinunciare a inforcare una bella montatura con lenti non graduate e “guadagnare punti” in fatto di stile. Dopo il grande revival delle ultime stagioni, la montatura squadrata da “nerd” si aggiorna ed evolve in soluzioni più raffinate e contraddistinte dal forte contenuto di stile. Le forme si fanno più morbide e arrotondate e i dettagli in metallo (come viti e cerniere) caratterizzano nel particolare i disegni delle montature. L’offerta è molto ampia e, a occhiali dal massiccio design “remake” ispirato agli anni Cinquanta e Sessanta, si affiancano proposte decisamente minimal, più sottili e anch’esse ispirate a modelli icona. Indossare gli occhiali da vista diventa un diverissment. Grazie alla giusta montatura possiamo interpretare un personaggio e tentare di imitarne lo stile: intellettuale alla Pasolini, attivista politico alla Malcolm X, genio dell’arte contemporanea alla Andy Warhol. La ricerca sui materiali è all’avanguardia. Interessante da questo punto di vista l’utilizzo del titanio, che permette di costruire montature grandi, elaborate e, allo stesso tempo, leggerissime e adatte alla vita contemporanea. Tantissime le proposte in acetato, materiale estremamente versatile che permette di ottenere degli effetti materici e cromatici inaspettati, che rafforzano il fascino delle montature di ispirazione retrò chic. 49 advertorial advertorial Galaxy Note, quando l’innovazione si veste di bianco Oggi chi fa business ha giornate sempre più frenetiche e congestionate da mille impegni, avere al fianco un “assistente personale” hi-tech di ultima generazione risulta dunque fondamentale. Galaxy Note White, a metà strada tra smartphone e tablet, è un device dalle linee eleganti ideale per le donne in carriera che ricercano il meglio nella vita professionale e non solo. L’utilizzo di Galaxy Note è immediato e preciso grazie a S-Pen Stylus, l’innovativa penna che completa l’incredibile esperienza interattiva multi-touch di Galaxy Note e che consente di aggiungere appunti, disegni e la personalità di chi lo utilizza a ogni pagina. Foto di Davide Lantermoz. Galaxy Note accompagna Claudia, product manager per un’importante società di cosmesi, in una giornata di lavoro tra Milano e Roma. 07:30 Caffè, brioche e S-Memo Check degli appuntamenti della giornata attraverso S-Memo, l’app che permette di creare un’agenda totalmente personalizzabile con contenuti, foto e screenshot, condividendoli poi in modo facile e immediato con tutti i propri contatti (mail, chat o social network). 09:15 Riunione con il capo, più veloce grazie a S-Pen Stylus Durante qualsiasi meeting è possibile navigare in modo fluido e immediato nell’interfaccia tramite S-Pen Stylus. Un piccolo pennino che rende semplice evidenziare, scrivere e annotare tutto quello che serve. Si possono prendere appunti e correggere direttamente i documenti in PDF. 50 10:05 Treno per Roma: tempo di cinema con Chili TV L’app Chili TV consente di avere sempre a portata di click una videoteca virtuale di oltre 800 titoli tra film, serie TV e programmi di intrattenimento, fruibile ovunque ci si trovi e con la migliore qualità possibile grazie all’ampio display HD Super Amoled da 5,3”. 13:30 Pranzo di lavoro, fondamentale la connessione super veloce Grazie alla velocità di connessione HSPA+21 e alla ricerca vocale è possibile trovare informazioni su internet in un attimo, semplicemente chiedendo a Galaxy Note quello di cui si ha bisogno. 16:45 Videochiamata con l’ufficio di Milano Galaxy Note è dotato di una fotocamera frontale (2 Megapixel) per le video chiamate, oltre a una fotocamera da 8 Megapixel con Autofocus e Flash LED, dotata anche di modalità autoscatto, panorama e scatto con sorriso. Gli aspiranti “registi” possono inoltre realizzare video in HD con formato 1920x1080 e 1280x720. 19:00 Aperitivo, ma sempre con un trucco perfetto Makeup è sicuramente una delle applicazioni più curiose e interessanti per l’utenza femminile: trasforma qualsiasi donna in un make up artist di grido, consente infatti di avere in pochi click l’anteprima di un trucco particolare per essere perfette in ogni occasione. 22:00 Finalmente un po’ di relax in albergo Grazie all’ampio display e al processore Dual Core da 1,4Ghz l’entertainment è massimo con Galaxy Note. You Tube, giochi e internet non sono mai stati così veloci e definiti. Gli smartphone di ultima generazione racchiudono ormai in sé il mondo di una persona, la propria identità pubblica e privata. Sono senza dubbio gli oggetti che più rimangono al nostro fianco nell’arco della giornata e con i quali interagiamo di continuo per lavoro o per svago. Avere tra le mani un device dal design ricercato e alla moda in grado di soddisfare il nostro senso estetico oltre che pratico appare ormai un must. Per questo Samsung propone i suoi modelli più di successo nella linea Pure White per soddisfare il bisogno di stile di ogni donna. 51 WEEK - END WEEK - END Il giardino delle meraviglie sul web www.borgomonterosso.com www.imaginethegarden.co.uk www.osteriabigat.it www.laschiavia.it www.termediacqui.it www.grandhotelacquiterme.it 01 Avvolgenti e segrete le colline del Monferrato regalano sorprese inaspettate: il giardino più bello d’Europa e momenti di relax alle terme con trattamenti al vino, l’ideale per chi ama gli itinerari green. Un consiglio: portate con voi anche un binocolo. di Marilena Roncarà 01.Tra gli elementi più suggestivi della tenuta di Monterosso c’è la piscina, impreziosita dell’imponente statua del Tobiolo di Arturo Martini. Sullo sfondo le arcate delimitano lo spazio degli exstudi degli artisti, ora sede della cantina vitivinicola. 52 Il paradiso terrestre esiste ed è un giardino non molto lontano da Milano, un enorme spazio verde di 10 mila metri quadri, disegnato da mano d’artista e adagiato come un reticolo perfettamente ordito sulle colline del Monferrato, ad Acqui Terme, nei pressi di Alessandria. Stiamo parlando del giardino di Villa Ottolenghi, di recente insignito del più prestigioso premio internazionale dedicato all’architettura del paesaggio, l’European Heritage Garden Award 2011, sbaragliando concorrenti importanti come gli inglesi, progenitori unici del landscaping e i francesi, che tra Versailles e Les Tuileries hanno bene di che vantarsi. Per di più il giardino di Villa Ottolenghi ha vinto senza che la regione Piemonte fosse iscritta nell’elenco dei candidati alla competizione, riu- scendo a farsi notare dalla giuria, come espressione di “un raro esempio di giardino moderno, un buon modello dell’unione significativa tra arte e cultura del vino”. Il giardino è stato progettato nel 1955 da Pietro Porcinai, l’architetto paesaggista italiano più importante del secolo scorso. Raggiungerlo è facile, sono meno di due ore d’auto da Milano e, quando il paesaggio comincia a incresparsi nelle dolci colline dell’Acquiese, vuol dire che si è quasi arrivati. Basta volgere lo sguardo verso l’alto per scorgere Villa Ottolenghi, che dalla cima del colle domina tutto il paesaggio, circondata da ettari di vigneti, parco e bosco. La villa nasce attorno al 1920 per volere dei conti Ottolenghi, Arturo e Herta von Wedekind zu Horst, che ne affidano la realizzazione ai migliori 02 architetti, pittori e scultori del tempo: personalità del calibro di Marcello Piacentini, Fortunato Depero e Arturo Martini. Il sogno di Herta era fare di Monterosso un piccolo borgo artistico, ma se quest’idea pare tramontare con la morte degli Ottolenghi, a riportarla in auge ci pensano gli imprenditori Vittorio e Nadia Invernizzi che, nel 2006, comprano il sito, lo restaurano, lo aprono al pubblico e ne fanno la sede della propria azienda vitivinicola. Percorrendo il giardino si comprende subito come ogni cosa sia organizzata in maniera geometrica e razionale. Gli elementi compositivi sono quelli classici: il pozzo, la piscina, la passeggiata ondulata e il pergolato di glicine che conduce lo sguardo verso un’infilata di archi, eco potente di certe scene metafisiche alla De Chirico. Qua e là spuntano capolavori in ferro battuto, sedie di marmo girevoli e statue imponenti, tappe artistiche di un percorso tutto da scoprire. La villa e i giardini sono visitabili in ogni momento dell’anno, basta prenotare con 2 o 3 giorni di anticipo e nel biglietto è compresa la degustazione dei vini della cantina. Dopo il vino tocca al food e dirigendosi verso il centro di Acqui Terme c’è solo l’imbarazzo della scelta: dall’ambiente rustico dell’Antica un brindisi con vini doc All’interno del complesso di Villa Ottolenghi, sotto quelli che un tempo erano gli studi degli artisti, ha sede la cantina dell’azienda vitivinicola Vittorio Invernizzi. Una tappa obbligata dei percorsi enogastronomici dell’Alto Monferrato, nonché la perfetta conclusione della visita al parco e alla villa. In una degustazione guidata vengono presentati i vini doc Tempio Bianco e Tempio Rosso e i vitigni autoctoni del Barbera, Moscato, Gavi e Sauvignon. In alto i calici e salute! Osteria da Bigât, rinomata per le specialità locali della farinata e della formaggetta, al raffinato ristorante La Schiava, che propone cucina ligure e piemontese con piatti a base di funghi e tartufi. Saziata la fame non ci si può esimere dal fare un giro in città, con tappa obbligata alla Bollente, una sorgente d’acqua che sgorga a 75 gradi in pieno centro storico. Chi lo desidera può regalarsi una pausa relax alle terme, magari decidendo di soggiornare direttamente in uno dei numerosi hotel come il Gran Hotel Nuove Terme, che offre delicati ed esclusivi trattamenti al vino. Per chi invece vuole continuare a viaggiare, a solo mezz’ora dalla cittadina si possono visitare le Cantine di Canelli, dette anche le "cattedrali sotterranee". Si tratta di cantine scavate nel sottosuolo della città di Canelli, capolavori d’ingegneria e di architettura enologica (nonché regno di invecchiamento dello spumante classico) nominate dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’umanità per la loro incomparabile bellezza. Guidando verso sud e se la giornata è di quelle fortunate può capitare anche di imbattersi in un’altra “meraviglia locale”: gli aironi cinerini del Rifugio Garzaia Val Bormida, da guardare però, solo a una certa distanza. 02. Veduta dall’alto del giardino più bello d’Europa, con in evidenza la caratteristica forma a reticolo del prato e la passeggiata ondulata, che corre lungo il perimetro della struttura. Villa Ottolenghi è anche location per ricevimenti privati, cene di gala e matrimoni. 53 wellness wellness Aveda Il Boscareto Resort & Spa Essenze pure derivate da fiori e piante e ingredienti a basso impatto ambientale, con un occhio all’antica tradizione ayurvedica. Per il benessere del corpo ma anche dell’anima. barolo e relax L’offerta Il Boscareto comprende: una notte in Suite Platinum, un calice di benvenuto Barolo Corda della Briccolina, prima colazione american buffet servita in camera con giornali, té e friandise nel pomeriggio, aperitivo serale, una cena per due persone al Ristorante La Rei, l’ingresso libero all’Aveda Destination Spa La Sovrana, un trattamento completo Sovrana Full Sensation, un massaggio della durata di 60 minuti (a scelta tra: rilassante, californiano o sportivo), sconto 10% su tutti gli acquisti boutique. Soggiorno per due adulti, una notte: euro 690 per persona. Validità fino al 31 agosto. www.ilboscaretoresort.it Pure Formance Men Composition Invati Exfoliating Shampoo Caribbean Therapy Body Scrub Olio aromatico multiuso che ringiovanisce e Di derivazione naturale al 97%, questo shampoo Scrub rivitalizzante per il corpo, rimuove le cellule reidrata il cuoio capelluto, il corpo e i capelli. deterge, esfolia e rinnova la cute. morte e i residui che opacizzano la pelle. Rosemary Mint Hand & Body Wash Invati Scalp Revitalizer Smooth Infusion Style-prep Smoother Detergente lenitivo e idratante, grazie alla vitamina Trattamento giornaliero anticaduta che favorisce Ideale per preparare e prolungare la durata E difende la cute dai danni dei radicali liberi. le condizioni ottimali per avere capelli sani. di pieghe lisce o stirate. Caribbean Therapy Body Creme Pure Formance Men Exfoliating Shampoo Invati Thickening Conditioner Crema corpo che rigenera la pelle con le proprietà Trattamento detergente ed esfoliante per Grazie a un mix di ingredienti ottenuti dal Guar e nutritive del mango dei Caraibi e del burro di cacao. rimuovere residui, cellule morte e sebo in eccesso. dai semi di Colza, dona forza ed elasticità ai capelli. Una eco Spa firmata Aveda e un ristorante gourmet pluripremiato, con una vista a 360 gradi su vigneti pregiati e colline verdeggianti. È la ricetta vincente di questo resort nel cuore delle Langhe. di Chiara Zaccarelli Unire un soggiorno gourmet a una pausa benessere? Perché no, al Boscareto Resort & Spa di Serralunga d’Alba è possibile. Incastonata nel tipico paesaggio delle Langhe, questa moderna struttura 5 stelle lusso, con le sue 38 camere, offre agli ospiti un soggiorno unico, all’insegna del benessere e della buona cucina. La Spa La Sovrana, firmata Aveda, agisce nel profondo sull’armonia tra corpo e natura per regalare un’esperienza wellness indimenticabile, con il plus di una vista mozzafiato sul paesaggio circostante. La Sala delle Acque, situata al primo piano e dotata di piscina, vasca idromassaggio e palestra, durante la stagione estiva, grazie alle vetrate a scomparsa, permette agli ospiti l’accesso diretto al giardino, mentre in inverno regala l’emozione di un bagno indoor con vista sulle colline innevate. Completano l’offerta quattro sale per massaggi e trattamenti, sauna finlandese, bagno turco aromatico, frigidarium, 54 docce emozionali e di reazione e una palestra con macchinari all’avanguardia. Da non perdere l’Elemental Nature Massage, un massaggio personalizzato a seconda della condizione fisica e mentale dell’ospite e basato sulla Filosofia Elemental Nature Aveda. E poi il Fusion Stone Massage, un’esperienza sensoriale che abbina il potere aromatico delle essenze pure di fiori e piante Aveda al massaggio levigante con le pietre, per migliorare la circolazione di tutto il corpo e combattere la stanchezza. E dopo il relax cosa c’è di meglio di una cena d’autore presso il ristorante La Rei? Una cucina che resta fedele alla tradizione piemontese pur concedendosi qualche tocco di creatività contemporanea e una cantina fornitissima, che ovviamente punta sui vini locali come il Barolo, sono il fiore all’occhiello di questo pluripremiato ristorante. E per gli intenditori, nel privè è allestito un cigar & chocolate corner. 55 overseas overseas Cacciatori di silenzi sul web www.deserti-viaggilevi.it www.earthviaggi.it www.omantourism.gov.om www.egypt.travel www.turismo.gov.ar www.mongoliatourism.gov.mn 02 01 In un mondo in cui l’inquinamento acustico e visivo sono il quotidiano, il deserto, qualunque esso sia, a qualsiasi latitudine, rappresenta una vera fuga dalla realtà. Un’esperienza insolita capace di far entrare il viaggiatore in un’altra dimensione difficile da abbandonare. di Andrea Zappa 01. Gli altopiani a nord dell’Argentina sono un paradiso naturalistico inedito e di grande suggestione. La catena andina fa da cornice a “deserti d’alta quota" dai mille colori. Foto courtesy Earth Cultura e Natura. 56 I Tuareg, i mitici uomini blu del Sahara, lo chiamano il “grande nulla” e sostengono che Dio abbia donato il deserto agli uomini affinché vi ritrovassero la propria anima. Tutti coloro che l’hanno esplorato o visitato ne hanno decantato la magia, ammettendo la pulsione di ritornarvi per ritrovare quelle sensazioni e quel silenzio difficilmente reperibili altrove. Senza dimenticare, ovviamente, i colori e gli infiniti spazi che sono propri da deserto a deserto. Lo sosteneva anche uno dei più grandi esploratori di questi territori, Sir Wilfred Patrick Thesiger, che passò ben 5 anni (dal 1945 al 1950) insieme ai beduini all’interno del Rub’ al-Khali in Arabia Saudita. Da quell’esperienza scrisse, nel 1959, Arabian Sands (Sabbie Arabe), un libro cult per tutti gli appassionati di dune, che non può mancare nella valigia di chi vuole, nel suo piccolo, “seguire” le orme dell’ardito esploratore inglese. Ne è convinto anche Maurizio Levi, fondatore dell’agenzia I Viaggi di Maurizio Levi, che da 25 anni organizza spedizioni nei deserti di quasi tutto il mondo: “Il grande fascino di queste aree consiste in due aspetti. In primis sono ancora dei luoghi in cui è possibile l’esplorazione: spesso, infatti, ti trovi a raggiungere territori in cui il più delle volte sei il primo a passare di lì. Vivi dunque quella sensazione di scoperta che apparteneva agli esploratori di un tempo. Inoltre, difficilmente queste aree sono state toccate dall’uomo, e riescono quindi a mantenere il fascino intatto di ambienti preistorici”. Come sostiene lo stesso Levi, per vivere veramente un deserto bisogna addentrarsi al suo interno, non si può pensare di scoprirlo rimanendone ai margini. Per fare questo bisogna mettere in conto 10-11 giorni di itinerario, arrivando a 15 con percorsi più complessi e impegnativi. Solitamente si dorme in campi tendati che vengono allestiti direttamente dalla spedizione. Prendendo in considerazione i deserti più vicini, quelli cioè del Nord Africa e della Penisola Arabica, il costo di un viaggio parte da circa 1500 fino a 2200 euro. “Visitare un deserto – continua Levi – non è un’esperienza per soli Rambo. Ovviamente un minimo di spirito di adattamento ci vuole, ma quello che si vive è straordinario. Destinazioni vicine ideali come primo approccio a un viaggio del genere sono per esempio l’Oman e l’Egitto. L’aspetto particolare del primo, unico al mondo, è che si tratta di un deserto di dune che finisce nel mare. Superi l’ultima collina di sabbia e ti compare davanti la spiaggia. Uno spettacolo incredibile che ti accompagna mentre guidi il 4x4 lungo queste spiagge infinite. Quello in Egitto, invece, mi piace particolarmente perché è più vario, non ci sono solo dune, ma anche formazioni calcaree bianchissime, montagne e tantissimi fossili: alle volte si viaggia per chilometri e chilometri su distese di conchiglie”. Le aree desertiche mete di spedizioni sono comunque numerose, basta solo scegliere il senso in cui si vuole far girare il mappamondo, cercando poi tra i tour operator specializzati le proposte più congeniali. Oltre all’Africa, riscuote un notevole successo anche il deserto del Gobi, in Mongolia, il secondo al mondo per dimensioni (un territorio grande otto volte l’Italia e abitato da solo due milioni di persone), caratterizzato dalle più disparate condizioni climatiche, che danno quindi una notevole varietà di paesaggi. Di grande fascino sono anche i così detti deserti d’alta quota tra Argentina, Cile e Bolivia, proposti dal tour operator leader per il Sud America, Earth Cultura e Natura. Sono altopiani sconfinati che toccano anche i 4800 metri di altitudine e che per caratteristiche geologiche presentano colori incredibili e realtà naturalistiche uniche: laghi salati color argento, deserti di sabbia rossa o di bianca pietra pomice e vulcani tra i più alti del mondo. A questo punto non resta da decidere verso quale orizzonte perdere lo sguardo e da quale silenzio farsi avvolgere, senza dimenticare, nel preparare la borsa, quello che diceva lo stesso Sir Wilfred Thesiger: “Nel deserto tutto ciò che non serve è superfluo”. 02. L’Egitto occidentale è una delle destinazioni più economiche per chi vuole provare questo tipo di viaggio. Oltre alle classiche dune di sabbia offre anche svariati scenari desertici alquanto surreali. Foto courtesy Archivio Viaggi M.Levi. 57 food food La ricetta dello chef Pietro Leemann Lo chef ticinese ha reso il Joia un luogo di culto per i vegetariani milanesi, ma anche per chi ama una cucina sana e rispettosa della natura in tutte le sue forme. I piatti della sua carta incuriosiscono, i loro nomi evocano storie di incontri e di esperienze vissute. Non siate timidi se volete sapere cosa c’è “Sotto una coltre colorata”, perché sarà lieto di raccontarvelo. In questo numero la ricetta di uno dei piatti più famosi di Pietro Leemann, sotto una coltre colorata. Sotto una coltre colorata di Enrico S. Benincasa L’avventura del Joia è cominciata nel 1989. Sono cambiati i vegetariani rispetto a vent’anni fa? È cambiato tutto il pubblico della cucina, non solo i vegetariani. C’è una maggiore attenzione generale al cibo, sia a casa che al ristorante. I regimi alimentari privi di carne e di pesce si sono diffusi soprattutto tra i giovani, ma il consumo di questi alimenti è generalmente diminuito. I clienti del Joia, però, non sono tutti vegetariani, sono persone che sono attente al cibo che riconoscono l’importanza di un’alimentazione sana. Su che base, quindi, sceglie le materie prime che entrano nella sua cucina? Io cucino solo con alimenti biologici e biodinamici: lì c’è la vera qualità. Bisognerebbe mangiare cibo coltivato in modo naturale, senza forzature. Di conseguenza sono contrario a tutte le forme di cibo “modificato” come gli OGM: anche se non è provato scientificamente che facciano male, non penso che modificare la natura sia la cosa giusta da fare. Il vegetarianesimo è per tutti? Anche i bambini possono essere vegetariani, non ci sono controindicazioni. Pensi agli indiani, molti di loro lo sono dalla nascita. Ci si ammala di meno, si ha un benessere psicofisico, aumenta la 58 lucidità e la creatività. È un approccio all’alimentazione dove c’è un rispetto maggiore per la natura e per se stessi. Uno chef vegetariano deve dimostrare sempre qualcosa di più rispetto ai suoi colleghi? Molti di loro si chiedono come si possa essere creativi senza alcuni alimenti, in realtà sono curiosi del mio approccio. E sono convinto pensino che il vegetarianesimo sia il futuro. Non si può non rimanere colpiti dai nomi dei piatti inseriti nella sua carta. Come li sceglie? I miei piatti partono da un’idea concettuale più che di abbinamento. Mi piacciono molto l’arte, le passeggiate in montagna e stare con le persone, e spesso le idee vengono proprio da queste cose. Ma in generale è la mia vita che mi ispira, per questo i miei piatti hanno un “titolo” evocativo relativo a qualcosa che mi è successo. Immagino ci sia la necessità di spiegare ai clienti questi piatti… Sì, specie per i clienti nuovi. Ma è come andare a una mostra d’arte: le sensazioni arrivano attraverso l’esperienza che si sta facendo, non per come essa viene spiegata. Tra i suoi fan ce n’è uno particolare, il Professor Umberto Veronesi, con cui lei collabora anche per diversi progetti legati all’alimentazione… Con Veronesi ci conosciamo da diverso tempo. È da sempre un sostenitore dell’alimentazione vegetariana, condivide il fatto che sia un approccio utile nei confronti delle malattie degenerative. Da un po' ci siamo avvicinati ancora di più perché promuoviamo l’alimentazione sana nelle scuole. Con lui è nato il progetto di diminuire il consumo di carne nelle mense. È una persona straordinaria, avere l’opportunità di collaborare con lui è una grande fortuna per la mia cucina. C’è resistenza sulla questione carne nelle scuole? Gli ingranaggi delle mense sono duri da scardinare: è difficile far cambiare ottica alla maggior parte dei cuochi, che da anni la inserisce nei menu quotidianamente. C’è una resistenza dovuta a decenni di lavoro in cucina con un approccio diverso. Parlando con lei non si fa fatica a percepire la sua "calma olimpica". In cucina le capita mai di perdere le staffe? No, al Joia coltiviamo un ambiente sereno, anche perché è molto importante il modo con cui lavoriamo. L’amore con cui cucini dà sapore al piatto e fa sentire meglio sia il cliente che il cuoco. Per me è anche uno stile di vita, dentro e fuori dal ristorante. Ingredienti per 8 persone. Prima salsa: 800 gr di vino bianco, 50 gr di lemon grass, 200 gr di panna, 40 gr di burro, 5 gr di té al bergamotto, 400 gr di asparagi, 200 gr di panure, 120 gr di pesto di basilico e menta, 4 pomodori ramati. Seconda salsa: 20 gr di morchelle secche, 300 gr di panna, 200 gr di vino bianco, 20 gr di farina, 10 gr di scalogno, 40 gr di chips di carote, 8 fiori eduli. Ridurre metà del vino bianco con il lemon grass tagliato fine, filtrare, aggiungere 100 grammi di panna e 20 di burro. Ridurre il rimanente vino a 100 grammi, aggiungere il bergamotto e lasciar infondere per 10 minuti, filtrarlo e aggiungere 100 grammi di panna e 20 di burro. Pelare gli asparagi e tagliarli a tocchi, cuocerne la metà al vapore per 8 minuti. Impanare i rimanenti crudi passandoli in una pastella di acqua e farina, friggerli poi in olio a 160 gradi per 3 minuti. Tagliare lo scalogno a cubetti, farlo sudare in padella con un goccio d’olio. Aggiungere le morchelle precedentemente ammollate, bagnare con il vino bianco e lasciar evaporare. Aggiungere la panna, portare a ebollizione, legare con la farina diluita e con un goccio d’acqua e cuocere per 20 minuti. Pelare i pomodori ramati, tagliarli in quattro e farli asciugare per qualche ora a 60 gradi. Successivamente tagliarli a grossi cubetti. Intiepidire le due salse e montarle con il mini peemer. Mettere sul fondo di 8 piatti il pesto, quindi le spugnole, gli asparagi e i pomodori. Coprire ogni piatto con le schiume ottenute con le due salse, guarnire con i petali di fiore e le chips di carota. joia A due passi da Porta Venezia, il Joia è stato aperto nel 1989 da un gruppo di amici, tutti pionieri del vegetarianesimo milanese. Oggi Pietro Leemann, fin dall’inizio tra i fondatori, continua a esserne l’anima e a portare avanti l’idea originaria di fare della grande cucina senza avere nel menu carne o pesce. Nel 1996 il ristorante ha ottenuto una stella Michelin, finora unico esempio europeo di cucina vegetariana stellata. Nel 2009 è nato il Joia Kitchen, un bistrot all’interno della storica sede, ottima soluzione per chi vuole avere un primo approccio all’alta cucina vegetariana di Leemann. Via Panfilo Castaldi, 18 20124 Milano www.joia.it 59 TENNIS CLUB MILANO ALBERTO BONACOSSA Club house Tennis, son gioie e dolori… Wikipedia lo spiega così: “Scopo del gioco è colpire la palla per far sì che l’avversario, posto nell’altra metà del campo da gioco, non possa ribatterla dopo il primo rimbalzo o battendola finisca con il commettere fallo”. Ciò che non dice, però, è quanto tutto questo costi al fisico. di Chiara Cossalter “Sono passato dal letto al pavimento nel cuore della notte. Lo faccio quasi tutte le notti. Giova alla mia schiena. Troppe ore su un materasso morbido sono un’agonia. Conto fino a tre, poi inizio a tirarmi su: un processo lungo e difficile”. Lui è Andre Agassi, quindi il tennista medio può stare tranquillo: difficilmente il proprio corpo sarà logoro quanto quello di chi ha giocato mille match ed è stato per 101 settimane numero uno del mondo. Allo stesso tempo, il tennis impone stimoli continui a tutti: dai piedi alle spalle. Per Alessandro Motta, ortopedico specializzato in medicina dello sport, che segue il tennis da oltre 40 anni tra campo e sala operatoria, tracciare la mappa delle “zone a rischio” è semplice: tallone, caviglia, ginocchio, schiena, polso, gomito, spalla. Un esperto della schiena è Alessandro Maniero, Mcb Doctor of Science in Chiropractic, specializzato in terapia manuale osteopatica: “Mi sono curato una lombosciatalgia fulminante in stadio acuto. Da quel momento è cominciato tutto”. Ossia, si è specializzato nella terapia d’inversione: “Consiste in un metodo applicato alla panca antigravitazionale, più semplicemente un riequilibrio muscolo-scheletrico a trazione naturale, in grado di fornire un beneficio immediato. Siamo schiacciati quotidianamente dalla gravità terrestre e i nostri dischi intervertebrali funzionano da cuscinetto. Tutto ciò comporta un carico che viene decompresso proprio con il metodo d’inversione”. Maniero dedica un’ora al paziente durante la seduta, con manovre di terapia manuale osteopatica, chiropratica e di massoterapia, ma la parte in autonomia sulla panca antigravitazionale dura 10-15 minuti: “di base si considerano quattro posizioni a gradi d'inclinazione diversa: 0, 20, 60, 90 gradi da tenere per circa tre minuti, con ritorno alla posizione di partenza”. 60 Terapia antigravitazionale. Alessandro Maniero: “Durante l’inversione posso far eseguire degli esercizi mirati per la decompressione della colonna, oppure per l’allungamento di alcuni muscoli in disfunzione”. La schiena ringrazia due volte, durante e dopo: “l’atleta può continuare il lavoro in autonomia, applicando il metodo sulla panca in casa o in palestra”. Male storico nel tennis è il gomito del tennista, più tecnicamente definito epicondilite, “dovuta a una ipersollecitazione dei tendini epicondiloidei – spiega Alessandro Motta – Prima si curava con il cortisone, oggi meglio la terapia con onde d’urto, efficace nell’80-90% dei casi”. Si tratta di un'onda acustica ad alta energia, che si diffonde in profondità attraverso una camera circondata da una membrana di gomma. Ideale anche per altri tipi di tendiniti: alla spalla (periatrite), alla rotula o al tallone. “Ma la terapia con onde d’urto – continua Motta – da sola non basta: per il gomito è indispensabile associare una modifica del gesto atletico e/o dell’attrezzo di lavoro, scegliendo una racchetta con meccanismi antivibrazione”. Dove le onde d’urto non arrivano c’è l’intervento, la tenorrafia: “Nel caso della spalla richiede uno stop di 6 mesi. Ma resta l’unica speranza terapeutica in caso di rottura della cuffia dei rotatori: con l’operazione vengono uniti i capi tendinei rotti”. Di sicuro è l’ultima spiaggia tra le cure, ma se l’ha scelta Maria Sharapova c’è da fidarsi. Tennis Club Milano... questo... e molto altro! 16 campi da Tennis 1 palestra 1 piscina estiva 1 campo da calcetto 1 ristorante 1 bar tavola calda... Nuovo fitness center con sala attrezzi e 2 sale corsi, sale da gioco per le carte, sala TV satellitare e sala meeting. Area verde attrezzata con giochi per i più piccoli o per una lettura in relax. Per maggiori informazioni rivolgersi presso la segreteria. Via Generale Arimoldi, 15 - 20155 Milano - Tel. 02-330.02.249 - Fax 02-330.02.665 - e-mail: [email protected] - www.tcmbonacossa.it free time free time Da non perdere... Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città nei prossimi mesi. a cura di Enrico S. Benincasa MiArt 2012 Milan City Marathon Dodicesima edizione per la maratona di Milano, per la terza volta nella sua storia con la partenza dal Polo Fieristico di Rho e arrivo in Piazza Castello. Si può partecipare singolarmente o in staffetta con altri tre amici runner. Se si sceglie la modalità relay si può anche legare la propria gara a uno dei tanto Charity Partner della Maratona. Fino al 4 aprile è ancora possibile iscriversi online e offline. Partenza da Polo Fieristico di Rho Pero il 15 aprile milanocitymarathon.gazzetta.it tommy Arte Accessibile a Milano La fiera ospitata nella sede de Il Sole 24 Ore di via Monterosa giunge alla sua 4° edizione e non ha timori riverenziali nei confronti del MiArt, dato che si propone negli stessi giorni con 60 gallerie, più di 100 artisti e 28 stand dedicati a personali e collettive di emergenti. Ingresso libero, ulteriore dimostrazione della volontà degli organizzatori di accogliere un pubblico non solo di addetti ai lavori. Spazio Eventiquattro dal 12 al 15 aprile www.arteaccessibile.com Teatro Smeraldo il 24 marzo www.barleyarts.com Marcus Miller Uno dei più grandi bassisti di oggi, già collaboratore e arrangiatore di Miles Davis, torna a fare visita al Blue Note. Non è la prima volta che questo musicista dalla tecnica eccelsa arriva in via Borsieri, e ogni volta è un sold out assicurato. Ad aprile quattro giorni con otto occasioni in totale per vederlo dal vivo, ma conviene affrettarsi a prenotare un biglietto. Foto di Rosaria Macri. Blue Note dal 18 al 21 aprile www.bluenotemilano.it 62 Roger Daltrey, il leggendario frontman degli Who, ha deciso di riportare in scena uno dei – se non il – masterpiece del gruppo inglese, la rock opera Tommy. Un disco che ha segnato la carriera della band e del rock in generale, e che ha aperto la strada a un altro capolavoro come The Wall dei Pink Floyd, riportato in vita da Roger Waters giusto l’anno scorso. Tommy fu un successo commerciale, con oltre 20 milioni di copie vendute in tutto il mondo, e anche cinematografico, dato che nel 1975 arrivò sul grande schermo. Già una volta, nel lontano 1989, gli Who proposero dal vivo il loro capolavoro. La differenza sostanziale rispetto ad allora è che Daltrey suonerà tutte le Fieramilanocity – Padiglione 3 dal 12 al 15 aprile www.miart.it canzoni dell’album dall’inizio alle fine, e lo farà insieme alla sua band in cui c’è anche Simon Townshend, fratello minore di Pete, storico chitarrista degli Who. Un’operazione che ha il suo benestare, dato che ha più volte dichiarato che Roger ha il suo appoggio totale in questa riproposizione di Tommy. La rilettura moderna dal vivo ha già entusiasmato in Inghilterra ed è stata definita dall’Indipendent “fedele ed elettrizzante” allo stesso tempo, anche grazie alle scenografie e ai visual di grande effetto. Otto occasioni per assistere a questo show unico in Italia: Padova, Genova, Torino, Trieste, Firenze, Roma (due date), con gran chiusura a Milano al Teatro Smeraldo. Edizione tutta rinnovata quella del MiArt di quest’anno. La fiera dell’arte milanese, in programma dal 12 al 15 aprile a Fieramilanocity, ha un nuovo direttore: si tratta di Frank Boehm, un nome di rilievo dell’arte di oggi, dal momento che è stato curatore di una collezione privata importante come quella di Deutsche Bank. Nonostante sia nato in Germania, Boehm è da tempo legato a Milano, città che ha scelto per aprire il suo studio di architettura e design. La sua nomina, comunicata agli inizi di settembre, è coincisa con un rinnovamento dell’immagine di MiArt e con una riorganizzazione delle sue sezioni. Debutteranno così la nuova Established, che riunirà le gallerie che hanno una storia consolidata sia nell’ambito del moderno che del contemporaneo, Emergent, dove saranno presenti le gallerie con artisti innovativi, Single/ Double, che ospiterà progetti monografici o di confronto tra artisti, e Special Project, che darà spazio a iniziative curatoriali pensate per grandi aree. Dopo un’edizione 2011 concentrata sulle gallerie italiane, la sfida di Boehm è quella di riallacciare i rapporti con galleristi e collezionisti stranieri, rendendoli in misura maggiore coinvolti nella manifestazione per poi farli diventare veri e propri “ambasciatori” della fiera all’estero. Obiettivo ambizioso, ma la sensazione generale è che si è scelta la persona giusta per raggiungerlo. P(ART)Y Open Care, realtà specializzata in servizi per l’arte, offre la possibilità di vedere le opere d’arte di collezioni private custodite all’interno dei suoi caveau di via Piranesi. Un evento su invito dove alcuni fortunati visitatori potranno anche visitare i laboratori e assistere dal vivo a interventi di restauro. Sul sito di Open Care tutte le informazioni su come partecipare. Open Care il 29 marzo www.opencare.it 63 free time network Brera Design District Puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano La design week si avvicina e uno dei quartieri storici di Milano “fa sistema” per prepararsi all’evento nel modo migliore. a cura della Redazione di Club Milano .exnovo L’azienda veneta specializzata nel lighting e nel 3D printing sarà a Brera nello spazio Dream Factory di corso Garibaldi 117. Brera è da sempre uno dei luoghi più suggestivi di Milano, scelto da tantissime aziende del design come base per insediare i loro showroom. La creazione di Brera Design District, il “contenitore” che racchiude tutte le attività che si svolgeranno durante la settimana del fuorisalone, è stato quindi una conseguenza quasi naturale di questa concentrazione. L’edizione dello scorso anno ha visto oltre 100 mila persone transitare per il quartiere, mentre il portale breradesigndistrict.it, sempre durante quella settimana, ha registrato oltre 35 mila visitatori unici. Un’ottima base da cui partire per l’edizione 2012 che, organizzata da Fuorisalone.it e Studiolabo, presentata lo scorso 23 febbraio, poggerà su quattro “pilastri” principali. Uno di essi sarà la sede del press point del circuito, Palazzo Cusani, i cui esterni saranno reinterpretati dagli architetti e designer Ludovica+Roberto Palomba. L’Ordine degli Architetti di via Solferino, invece, sarà lo spazio dove verrà allestita una mostra dedicata a una delle figure più emblematiche del design italiano, Gio Ponti. Il Lomography 64 Store di via Mercato sarà anch’esso un info point, ma anche un punto di riferimento per tutti i fotografi impegnati in quei giorni. La collaborazione non si fermerà qui, perché Lomography e BDD produrranno al termine della design week un reportage fotografico che verrà poi diffuso da entrambi. Non poteva certo mancare Valcucine, che organizzerà un allestimento che mette al centro la sostenibilità e l’importanza del lavoro manuale: alcune realtà artigianali legate al mondo Valcucine ripareranno e ricicleranno i loro prodotti negli spazi dello store di Corso Garibaldi 99. La comunicazione delle attività sul territorio sarà composta da una rete di info point, 50 mila mappe, un sistema di totem segnaletici e da applicazioni in realtà aumentata sia per Android che per iOS. La design week sarà l’occasione per lanciare il Brera Design Shop, un contenitore e-commerce per tutte le realtà coinvolte nel progetto. Infine, venerdì 20, showroom aperti fino a mezzanotte per la Brera Design Night, con tanti eventi che animeranno le vie e le piazze di Brera. valcucine La design week sarà l’occasione per Valcucine per lanciare “demode engineered”, un sistema dove tutti gli elementi strutturali dei suoi prodotti si uniscono tramite giunzioni meccaniche e senza l’uso di colle. moroso Il brand friulano ospiterà il 17 aprile, all’interno del suo showroom in via Pontaccio, l’installazione La Via del Drago d’Acqua, a opera dell’architetto cinese Zhang Ke. night & restaurant: Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour 7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_ Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1 20 Milano Via Celestino 4 stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 FNAC Via Torino 45 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rossocorsa C.so porta Vercellina 16 Porsche Haus Via Stephenson 53 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99 showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Baiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7 beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31 hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42 inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO) 65 Colophon club milano alzaia Naviglio Grande, 14 20144 Milano T +39 02 45491091 [email protected] www.clubmilano.net direttore responsabile editore Stefano Ampollini Contemporanea srl via Cosimo del Fante,16 art director 20122 Milano Luigi Bruzzone fotolito e stampa caporedattore Castelli Bolis Poligrafiche S.p.A. Andrea Zappa Via Alessandro Volta, 4 24069 Cenate Sotto BG redazione T +39 035 4258528 Enrico S. Benincasa, Cristina Buonerba grafico Anna Tortora collaboratori Revive 100 Natural è una carta Dino Cicchetti, Chiara Cossalter, realizzata impiegando interamente Paola Ferrario, Elisabetta Gentile, fibre riciclate post-consumer (100% Alberto Motta, Daniela Nava, Riciclato). Nulla di ciò che viene Roberto Perrone, Marilena Roncarà, utilizzato nel processo produttivo Chiara Zaccarelli. viene eliminato e anche gli scarti provenienti dalla lavorazione sono fotografi a loro volta utilizzati. Revive 100 Settimio Benedusi, Davide Lantermoz, Natural è certificata Ecolabel. Rosaria Macri, Marco Morosini, Toru Morimoto e Tina Bagué. sales manager Filippo Mantero T +39 02 89072469 Patrocinato dal Tennis Club Milano Alberto Bonacossa publisher M.C.S. snc via Monte Stella, 2 10015 Ivrea TO distribuzione questo progetto è reso possibile [email protected] grazie a Contemporanea Brain Lab. è vietata la riproduzione, anche parziale, di testi e foto. Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 126 del 4 marzo 2011 66 www.citroen.it IBRIDO & DIESEL ENTRATE IN UNA NUOVA ERA. CITROËN DS5 Hybrid4 Linee eccezionali, performance tecnologiche senza precedenti, rara eleganza. Il design di Citroën DS5 supera i limiti dell’esperienza automobilistica. Lo dimostra l’innovativa tecnologia Full Hybrid Diesel: 200 cv di potenza massima, modalità 4WD ed emissioni di soli 99 g di CO2/Km. Benvenuti in una nuova era con Citroën DS5. Citroën DS5 Hybrid4 Airdream. Consumo su percorso misto: 4,1 l/100 Km. Emissioni di CO2 su percorso misto: 107 g/Km. La foto è inserita a titolo informativo. VI ASPETTIAMO PRESSO I NOSTRI SHOWROOM. CRÉATIVE TECHNOLOGIE CITROËN ITALIA SPA SUCCURSALE DI MILANO VIA GATTAMELATA, 41 TEL 02.397631 - VIALE MONZA, 65 TEL 02.26112347 - www.succursale-milano.citroen.it
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