corbis spettacoli Sotto, il premio Oscar Luis Bacalov che ha arrangiato il brano inedito Miloga do Magon del cd Xena Tango spettacoli Un lIbRO E Un cD RAccOnTAnO cOmE GlI EmigrAnti liguri hAnnO InflUEnzATO I SUOnI E lA cUlTURA DEllE mIlOnGhE Sui PAlchi Di Short theatre lE miGliORi cOmPAGNiE iNTERNAziONAli fANNO ARTE. DA TuTTi i PuNTi Di viSTA Tango: naTo in argenTina da geniTori genovesi tra teatro e musica purché si faccia scena PRENDETE NOTA di Claudio Strinati le passioni di keiser furono un esempio anche per Bach di Monica Capuani L di Emiliano Coraretti 110 gettyimages Q uando nel febbraio del 1851 arriva nel quartiere di La Boca, alla periferia di Buenos Aires, il viceconsole sabaudo Carlo Belloc si accorge che Genova e l’Argentina non sono poi così lontane. «Chi si fosse trasportato al suburbio di Buenos Aires denominato Boca – scrive il diplomatico nel suo resoconto – vi avrebbe visto con senso d’amor patrio profondamente soddisfatto, una piccola città di duemila anime esclusivamente popolata da liguri, e si sarebbe, per incantesimo, illuso, udendo il dialetto genovese, di vivere sul litorale della solerte Liguria». Se Belloc fosse approdato tra quelle case circa un secolo dopo, avrebbe scoperto che il dialetto genovese non si parlava solo nelle strade, ma anche nei tanghi ballati e cantati nei locali della zona, chiamati con termine ligure peringundines. «Se il Tango avesse una carta d’identità, probabilmente ci sarebbe scritto: nato in Argentina da genitori genovesi». A sostenerlo è la giornalista Ida Guglielmotti, curatrice di Xena Tango, un libro e un cd in uscita a fine settembre (CNI, pp. 100, euro 20, oppure 12 senza cd), che raccontano il contributo della cultura ligure nella storia del Tango. «Fino alla prima metà del ‘900» spiega la Guglielmotti «migliaia di genovesi si insediarono a La Boca, portandosi dietro degli strumenti musicali, che suonavano la sera, dopo una giornata di lavoro, per ricordare la patria lontana e gli amori perduti». A forza di intonare i loro brani pieni di nostalgia, questi zeneizi mischiarono, senza accorgersene, il dialetto genovese con la lingua spagnola, alimentando così il lunfardo, gergo della malavita locale di cui spesso si sono nutriti i testi delle canzoni tanghere. «Ho sempre avuto l’impressione che, prima ancora che il Tango nascesse, i genovesi pensassero in tanghese, come se avessero i suoi ritmi nell’anima»: Giorgio Calabrese, paroliere per Mina e grande divulgatore della musica sudamericana, lo dice in una delle interviste raccolte nel libro per riallacciare i tanti legami – non solo musicali – tra la città ligure e l’Argentina. L’autore firma anche Milonga do Magon, uno degli inediti del disco, arrangiato dal premio Oscar Luis Bacalov con il bandoneonista Walter Ríos, che propone dodici tracce cantate dalla genovese Roberta Alloisio insieme con i conterranei Vittorio De Scalzi dei New Trolls, Carlo Marrale dei Matia Bazar e il fratello Gian Piero Alloisio. «Questo album nasce all’insegna di una colpa» ironizza Roberta Alloisio. «In Evaristo Carriego Borges scrive infatti che il Tango è degenerato a causa dei liguri. Ovviamente era una provocazione. Ma è servita a noi genovesi per tornare sul luogo del delitto e offrire tanghi inediti, ricordare pezzi storici come El día que me quieras di Gardel e dare nuova vita a Caminito, caposaldo della genovesità nel Tango. A comporlo fu un argentino con sangue ligure: Juan de Dios Filiberto, passato alla storia come il Mozart de La Boca». e parole cambiano il mondo, dice il poeta Cinna nel Giulio Cesare di Shakespeare. Ed è proprio alla parola, come strumento che dà senso alla contemporaneità, che è dedicata la nona edizione della rassegna Short Theatre, ideata e organizzata da Area06 a Roma, con la direzione artistica di Fabrizio Arcuri. Dal 4 al 14 settembre, e ancora il 25, negli spazi del Teatro Argentina, Teatro India e La Pelanda, la scena contemporanea verrà indagata in tutte le sue più varie manifestazioni: teatro, danza, musica, arti visive, installazioni, video, performance, clubbing. Con la partecipazione di importanti gruppi e formazioni nazionali e internazionali come l’Accademia degli Artefatti, Antonio Tagliarini, Ricci/Forte, Eleanor Bauer, Fanny & Alexander, Marlene Monteiro Freitas, Stabile Mobile di Antonio Latella, Teatro della Valdoca con Mariangela Gualtieri (il programma è consultabile su www.shorttheatre.org). Particolarmente attesi due spettacoli stranieri: Please, Continue (Hamlet) di Yan Duyvendak e Roger Bernat (in scena il 12 settembre alla Pelanda), un format forense che racconta un fatto di cronaca nera: un ragazzo ha ucciso il padre della fidanzata alla vigilia delle nozze. I due autori ricreano il processo, con un vero presidente di Corte d’Assise, due veri avvocati e un usciere reclutati nel Tribunale della città in cui si svolge lo spettacolo. Solo i tre personaggi protagonisti ribattezzati Amleto, Gertrude e Ofelia sono interpretati da attori. Sei spettatori del pubblico verranno sorteggiati per interpretare i giudici popolari che alla fine dovranno emettere il verdetto. Il secondo spettacolo atteso è Suite n. 1 “abc”, del regista Joris Lacoste (il 13 e 14 settembre al Teatro Argentina): fa parte del progetto Encyclopédie de la parol ideato da un gruppo francese di musicisti, poeti, registi, attori e sociolinguisti che, dal 2007, colleziona tutti i tipi di registrazioni sonore. Le voci degli attori in scena saranno orchestrate dal regista come veri e propri strumenti, in un Abc della parola in undici lingue. A destra, una scena di Please, Continue (Hamlet) di Yan Duyvendak e Roger Bernat (in scena il 12 settembre nell’ex mattatoio La Pelanda di Roma) 2 9 A G O S T O 2 0 14 2 9 A G O S T O 2 0 14 Reinhard Keiser BrockesPassion, Peter van Heyghen dirige Vox Lumini Les Muffatti Ramée RAM 1303 (2cd) Johann Sebastian Bach non è stato soltanto uno dei più grandi compositori di tutti i tempi. È stato anche esperto musicologo, capace di individuare le eccellenza del suo periodo e di comprendere i talenti altrui con un acume che la storiografia ha sempre confermato. È famoso l’episodio della sua visita al sommo organista Dietrich Buxtehude dopo un estenuante viaggio a piedi pur di ascoltare quel maestro eminente. È noto l’amore portato da Bach a Vivaldi, di cui ben seppe valutare l’altezza dello stile. Meno noto, forse, è l’attento studio che Bach fece del lavoro di un suo quasi coetaneo, Reinhard Keiser (1674-1739), di cui trascrisse integralmente La Passione secondo Marco del 1717, un lavoro che influenzò profondamente la composizione della sua celebre Passione secondo Matteo. Keiser, per la verità, aveva conseguito immensa e meritata fama nel campo dell’Opera lirica. Ad Amburgo, ove fu attivo per almeno due decenni tra fine Seicento e primo Settecento, le opere di Keiser divennero un riferimento per tutta la cultura musicale dell’epoca, ma la sua produzione religiosa non fu da meno e meritevole appare la progressiva e più che giustificata riscoperta di questo autorevole compositore. Memorabile, in tal senso, è la registrazione di un’altra delle Passioni di Keiser, quella intitolata Der für die Sünde der Welt gemarterte und sterbende Jesus (Gesù martirizzato e morto per i peccati del mondo), sotto la oculata direzione del belga Peter van Heyghen. La composizione è del 1712, il momento della piena maturità di Keiser, e l’ascolto conferma appieno l’enorme stima di Bach e l’intriseca rilevanza di questa musica. Difficile immaginare maggiore finezza, penetrazione della scrittura, vivacità, pregnanza narrativa e fascino di un canto che asseconda le più riposte sollecitazioni di un testo, esemplato ovviamente sui Vangeli, del colto poeta Barthold Heinrich Brockes. È un’autentica festa della musica che, come una Dea dell’Olimpo, funge da maestosa rasserenatrice della mente in un cammino di ascesa verso la bellezza. Così la percepì Bach. 111
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