7 MARZO 2014 Giacino, drammatico faccia a faccia Leardini conferma tutte le accuse Mazzette in cambio di favori Oltre sei ore nell'ufficio del gip per l'incidente probatorio dell'imprenditore Oggi l'ex vicesindaco e la moglie a Venezia per l'udienza del Riesame VERONA — Il primo «round» si è concluso dopo più di sei ore. Un «match» drammatico, non tanto per l'atmosfera respirata, quanto per il pesante quadro tracciato dal grande accusatore. Alle 18.08 di ieri l'imprenditore Alessandro Leardini è uscito dall'ufficio del gip Guido Taramelli, accompagnato dai suoi legali Nicola Avanzi e Marco Pezzotti. Volto provato da un'intera giornata di domande, ma con un sorriso che lasciava trasparire una certa soddisfazione. Niente più berretta né occhiali da sole con i quali si era presentato poco prima delle 10 all'appuntamento con l'incidente probatorio richiesto dal pm Beatrice Zanotti. Una formula che, a parere della procura, risultava fondamentale per «fissare» in maniera definitiva le accuse mosse dal costruttore nei confronti dell'ex vicesindaco Vito Giacino e di sua moglie Alessandra Lodi, arrestati lo scorso 17 febbraio per corruzione e concussione. Accusati di aver intascato in poco meno di cinque anni, oltre 600mila euro di tangenti dall'imprenditore legnaghese. E ieri mattina, nell'ufficio del gip Taramelli, c'erano anche loro. Lei, ai domiciliari nell'attico di via Isonzo, è arrivata in tribunale da sola, a piedi (dopo aver ottenuto l'autorizzazione dai magistrati). Passo svelto, sguardo fisso davanti a sé. Ad attenderla, i suoi avvocati Filippo Vicentini e Apollinare Nicodemo, in un corridoio affollato di giornalisti e telecamere. Pochi minuti dopo, nel cortile del tribunale si è materializzato un mezzo della polizia penitenziaria, proveniente dal carcere di Montorio. L'ex vicesindaco è sceso, scortato dagli agenti ed è salito al primo piano. Tra le mani un blocco di appunti, lo sguardo rilassato, ostentante una certa sicurezza. Alle 10.03 la porta dell'ufficio del gip si è chiusa e il pm Zanotti ha iniziato con le domande all'imprenditore. I coniugi arrestati hanno ascoltato la lunga e precisa deposizione di Leardini che ha ripercorso l'intera vicenda: dagli incontri alle mazzette, passando per le cene nei ristoranti lussuosi e le consulenze «fittizie» affidate alla giovane avvocato Alessandra Lodi per mascherare le tangenti. Ha raccontato di aver iniziato a versare 110mila euro nel 2008 per garantirsi la mediazione dell'allora vicesindaco per la conclusione di una compravendita di terreno a San Pancrazio. Ha spiegato di quel «tariffario» elaborato dalla coppia nel corso del 2011 per rendere edificabili una serie di lotti di sua proprietà (e la difesa ha poi contestato il fatto che a Montorio era stato deliberato di rendere edificabili solo 12mila metri quadrati a fronte dei 22mila promessi inizialmente, con un'eventuale «perdita» di 300 mila euro per Giacino, in base agli importi delle mazzette pattuite). E ha ribadito puntualmente i particolari di tutti quegli incontri tra lui e la coppia per definire gli accordi e consegnare il denaro. Gli è stato domandato se avesse pagato di tasca sua la fattura da 1.504 euro per le due stanze di un albergo di lusso a Milano in cui lui e Giacino avevano soggiornato il 16 febbraio del 2010 e lui ha confermato tutto. E con un certo stupore ha appreso che la prenotazione per l'albergo, a differenza di quanto ricordava, quella volta l'aveva fatta direttamente Giacino, come risultato dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria della questura. Ha parlato a lungo del «sistema-Giacino» riportato anche nell'ordinanza del gip, e di quell'idea di mascherare le mazzette ricorrendo alle consulenze fittizie affidate all'avvocato Lodi: sette consulenze tra il 2010 e il 2013 costate complessivamente circa 170 mila euro. Una breve pausa-caffè a metà mattina. E poi di nuovo alle prese con le domande del sostituto procuratore Zanotti. Alle 13, nuovo stop. Il pm aveva chiesto di rinviare il prosieguo dell'incidente probatorio ad altra data, ma i difensori della coppia si sono opposti. E alle 15, tutti nuovamente nell'ufficio del gip. Altre tre ore di domande fittissime. Verso le 16, il pm ha terminato il suo esame ed è stato il turno dei difensori dei coniugi Giacino che hanno sollevato una serie di contestazioni nei confronti delle dichiarazioni dell'imprenditore. Contestazioni che, secondo gli avvocati di Leardini, si sarebbero basate sui verbali integrali degli interrogatori rilasciati dal costruttore a novembre. Gli avvocati Avanzi e Pezzotti hanno fatto presente di non essere in possesso di quei verbali, ma solamente di quelli riassuntivi, e hanno chiesto di rinviare il controesame ad altra data per poter esaminare gli atti del fascicolo. Istanza accolta dal gip che ha rinviato il tutto a giovedì prossimo. Alle 18.08, l'imprenditore e i suoi legali hanno lasciato l'ufficio, visibilmente soddisfatti. A distanza di pochi minuti sono usciti anche i due arrestati. Prima Giacino, scortato dalla polizia penitenziaria che lo ha riaccompagnato in carcere. Poi la moglie, accompagnata dai due avvocati. Questa mattina, a Venezia, il Tribunale del Riesame affronterà la ricorso presentato dai legali che hanno chiesto i domiciliari (nell'attico o in altra soluzione) per l'ex vicesindaco e una misura meno afflittiva nei confronti della moglie. In laguna, oltre al pm Zanotti e agli avvocati, ci saranno anche Giacino e la Lodi. Il secondo incontro in meno di 24 ore, dopo più di tre settimane vissute lontani. Enrico Presazzi IL FACCIA A FACCIA. L'imprenditore edile, il politico e la moglie Lodi davanti al Gip Taramelli per l'incidente probatorio Leardini contro Giacino «Confermo le mazzette» Fabiana Marcolini Lunga giornata di interrogatori, dalle 10 alle 18. Si riprende giovedì. L'ex vicesindaco ha affrontato l'incontro convinto di poter ribaltare le accuse venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 8 Per ore ha risposto alle domande del sostituto procuratore Beatrice Zanotti. E ha confermato ogni cosa, ricostruito gli incontri, circostanziato le dazioni di denaro, i viaggi, i soggiorni in hotel e i colloqui avuti con l'allora vicesindaco Vito Giacino. Anche le modalità, cioè i «pizzini» e quella che era diventata una regola: lasciare i telefoni in auto durante le passeggiate combinate per «parlare delle nostre cose». Alessandro Leardini, l'imprenditore edile che in novembre nel corso di cinque lunghi incontri con l'ufficiale di polizia giudiziaria aveva spiegato il «sistema Giacino» fatto di versamenti in contanti e parcelle pagate all'avvocato Alessandra Lodi - moglie del politico - per consulenze non effettuate (e comunque troppo care in proporzione all'attività effettivamente svolta), non ha esitato. Gli accertamenti e i riscontri a quanto da lui dichiarato spontaneamente e nel corso dell'interrogatorio formano l'ossatura dell'accusa di concussione e corruzione contestata alla coppia Giacino-Lodi. Quell'accusa che per entrambi il 17 febbraio si è tradotta con l'arresto e da quel giorno l'ex vicesindaco è in carcere, la moglie ai domiciliari nel superattico di via Isonzo. CONFIDENZE E VIAGGI. Forse era un po' teso all'inizio, ma ha risposto con tranquillità a tutto. Ha ridimensionato qualche circostanza, ha spiegato che tra lui e il politico si era instaurato un rapporto confidenziale perchè parlavano anche di cose private. Ma ha ricomposto anche davanti al gip Guido Taramelli, come aveva fatto quattro mesi fa in sezione, i tasselli di anni di rapporti caratterizzati da un comune denominatore: il costante e continuo versamento di denaro. Incontri frequenti e poi i viaggi e i soggiorni in albergo, a Praga (quando vennero tratteggiate le modalità per il pagamento della maxi tangente da un milione e 270mila euro, somma risultante dal versamento di una quota al metro cubo di superficie edificabile, quota che variava a seconda della zona), a Roma e al Bulgari Hotel di Milano. In quell'occasione a prenotare l'hotel il 16 febbraio fu Giacino ma, come si era verificato fino a quel momento e come si verificò anche in altre occasioni poi, il conto lo pagò Leardini. I RITARDI. Denari versati non tanto per garantirsi il favore dell'allora braccio destro di Flavio Tosi, quanto per evitare che ostacolasse o intralciasse la sua attività imprenditoriale. Pagava perchè Giacino non rallentasse l'approvazione di progetti. E ha spiegato anche di quando tardò a versare 50mila euro, l'ultima rata di una tangente di 300mila. Il 5 agosto 2010 gli comunicarono il rigetto di una variante al Peep di San Michele e necessaria per trasformare in residenziale una parte commerciale. «Tale rigetto aveva imbarazzato non poco gli stessi funzionari del Comune che avevano firmato la lettera di diniego», emerge dall'ordinanza di custodia, «posto che, sino a pochi giorni prima avevano rassicurato l'imprenditore circa l'accoglimento della variante». Potrebbe essere un caso perchè quella richiesta ricevette il placet oltre un anno dopo, nel 2011. Potrebbe. E in merito a questo episodio, al fatto che comunque il diniego e ritardo non avessero comportato un grave disagio, ha spiegato che comunque lui l'aveva percepito come un atto intimidatorio. IL VERBALE MANCANTE. Dalle 10 alle 18, tranne un paio d'ore di pausa per il pranzo, l'ex vicesindaco, la moglie e Leardini si sono trovati nella stessa stanza, faccia a faccia. Nessuno si rivolto direttamente all'altro, nessun commento e nessuna interferenza: come se tra accusati e accusatore ci fosse un muro. E alle 17, una volta terminato l'esame del pubblico ministero, a interrogare Leardini è stata la difesa del politico. Un interrogatorio sospeso dopo circa un'ora quando è emerso che il legale di Giacino, l'avvocato Filippo Vicentini stava effettuando il controesame sulla base del verbale stenotipico (ovvero la trascrizione della registrazione dell'interrogatorio del 30 dicembre 2013 celebrato alla presenza dei difensori perchè Leardini è indagato per corruzione per aver pagato due fatture del marzo 2013 all'avvocato Lodi). Un verbale che non era stato messo a disposizione dei difensori di Leardini (gli avvocati Nicola Avanzi e Marco Pezzotti) e del gip Guido Taramelli. Da qui la necessità di sospendere l'interrogatorio per consentire l'acquisizione degli atti. L'incidente probatorio riprende giovedì. Oggi invece Vito Giacino e Alessandra Lodi affrontano il Riesame. IN TRIBUNALE. Vestita di nero, Alessandra Lodi è entrata nella stanza del gip alle 9.45 Marito e moglie si rivedono dopo oltre due settimane Scendendo dal cellulare Giacino ha sorriso ai fotografi. Per lui pasto in una cella al primo piano venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 8 Sono arrivati a pochi minuti uno dall'altro, la prima a varcare la soglia di palazzo di Giustizia è stata l'avvocato Alessandra Lodi. Più distesa rispetto al giorno in cui ha affrontato l'interrogatorio di garanzia, dal trench al pantalone allo stivale con tacco era vestita completamente di nero - unico vezzo un foulard con disegni bordeaux - è entrata nell'anticamera della stanza del gip alle 9.45 insieme all'avvocato Apollinare Nicodemo e al collega Filippo Vicentini. Alessandro Leardini, accompagnato dai suoi legali, non avrebbe voluto farsi fotografare (come ha poi ammesso nel tardo pomeriggio a fine udienza) e ha attraversato il corridoio del gip, in un primo momento, indossando un paio di occhiali scuri. Nel frattempo, in cortile, il furgone della polizia penitenziaria stava facendo scendere l'ex vicesindaco. Dimagrito, Vito Giacino ha sorriso ai fotografi, ha fatto un gesto di saluto a chi per anni ha incrociato nelle occasioni ufficiali di palazzo Barbieri. In mano teneva un blocco per appunti, quello che racchiude il riassunto di due settimane di colloqui con il suo legale e di riscontri fatti guardando «le carte» contenute nel fascicolo che lo accusa. Qualche minuto prima delle 10 la porta a vetri e quella dell'anticamera della stanza del gip Taramelli si sono chiuse alle sue spalle. E ieri, per la prima volta dal 17 febbraio, ha potuto rivedere la moglie, Alessandra Lodi. Un'udienza interrotta alle 11.30 e poi sospesa alle 13.15, Vito Giacino è stato accompagnato in una delle celle al primo piano dove ha mangiato (la polizia penitenziaria gli aveva portato il pranzo dal carcere di Montorio), la moglie è tornata a casa e l'udienza è ripresa alle 15.15. Alle 17 il pm Zanotti ha terminato l'interrogatorio di Leardini e lasciato la stanza (l'ha sostituita, in qualità di rappresentante della Procura, il dottor Gennaro Ottaviano). Alle 18 l'udienza è stata sospesa, il primo a lasciare il tribunale è stato Alessandro Leardini, poi è stata la volta dell'avvocato Lodi e infine un Vito Giacino meno sorridente, meno disteso e decisamente più stanco ha imboccato le scale scortato dagli agenti per fare ritorno in carcere. La sua lunga giornata iniziata ascoltando, episodio dopo episodio, chi lo accusa di essersi fatto consegnare - e non sempre con tono amichevole - almeno 450mila euro in contanti (e 178mila euro per le consulenze della moglie) stava volgendo al termine. Passaggio dopo passaggio l'imprenditore ha chiarito, fissato, confermato e ricordato tre anni di rapporti con l'ex vicesindaco, il politico che aveva conosciuto quando era assessore all'Urbanistica. Dal 2007 al 2013 la loro frequentazione era diventata, soprattutto negli ultimi tempi, assidua e rispondendo alla richiesta di precisazioni soprattutto sul «sistema Giacino», ovvero la quota da versare per metro cubo di edificabilità, la difesa del politico ha cercato di minare il teorema dell'accusa. Così ha ripercorso l'iter delle varianti, delle richieste di edificabilità che lo stesso vicesindaco aveva ridotto da 22mila metri cubi a 12 mila (la circoscrizione aveva «consigliato» un taglio di 4.000 metri cubi). Una ricostruzione che andrebbe in contrasto con il «sistema» perchè per la zona di Montorio erano stati chiesti 30 euro al metro cubo e il mancato incasso per il politico si sarebbe attestato intorno ai 300mila euro. Ma nell'ordinanza, relativamente alla trasformazione di terreni in zone edificabili, emerge che lo stesso Giacino nel 2009 suggerì a Leardini di presentare domande cariche di volumetria per le proprie aree «di modo che l'assessore avrebbe potuto tagliare e dissimulare i loro accordi». Per l'accusa anche questo era il «sistema».F.M. Tre volti in venti metri di ghiaccio Le facce, i gesti GIOVANNI MONTANARO Sono venti metri, non di più. È un corridoio da edificio pubblico, di quelli con il rosso degli estintori e il verde delle uscite di sicurezza, le panche e le puntine per attaccare gli annunci. Potrebbe essere una scuola, un ufficio. È un tribunale. Sono solo venti metri, è la distanza tra la cella di sicurezza e la stanza del giudice. Vito Giacino, l'ex vicesindaco di Verona, li percorre la prima volta alle dieci di mattina. Ha lo sguardo alto, una cartella blu di appunti, un sorriso. Uno sciame di fotografi e telecamere gli si assiepa intorno, lo punge con le foto, ma lui è ovattato, ostentato, risponde salutando, di una fierezza gonfia. Va fino in fondo, dove c'è l'anticamera del gip, il buio, e lì trova la moglie. È dal 17 febbraio che non si vedono. Lei ha le unghie rosse, la molletta che raccoglie i capelli, gli stivali di pelle. È arrivata da sola, non si è guardata in giro, rocciosa. Gli scatti restituiscono il passo secco che l'ha portata fino a lì e, forse, un velo negli occhi, qualcosa che non si sa cosa sia. Prima di tutti, però, è arrivato l'accusatore, l'imprenditore Leardini, invernale nel sole, con occhiali scuri, sciarpa e berretto. Sembrava, come spesso accade, più intimorito degli accusati, i vestiti coprono la tensione. In quel momento si rivedono tutti, nel silenzio. Forse, nemmeno si guardano. Non si sa. Non c'è una foto di tutti e tre insieme. Di loro non c'è cronaca, né d'amore né di odio; ma nel silenzio, sotto, vibra un'emozione. Dentro di loro c'è tutto, c'è tutta la verità, e non si vede da qui. Allora si chiude la porta del giudice, che lascia fuori tutte le foto. È l'interrogatorio. Cominciano le parole, i verbali, l'inchiostro con cui cerchiamo in tanti modi di ricostruire il senso delle cose. Poi, una pausa. Ecco, riprendono le foto. Leardini si slaccia, mostra la gola, ha indosso gli occhiali trasparenti. Giacino, è forse più pensieroso, teso. La Lodi no, è uguale. Ritornano, di nuovo, nel corridoio, in questi venti metri pieni di tante altre storie che non saranno mai raccontate. E così mi domando quali altre foto vedrò, di questi uomini. Penso a tutte le foto che non sono ancora scattate, ai momenti che ancora non esistono, ai giudizi che devono arrivare. Anche per il peggiore dei delinquenti la pena comincia sempre prima del processo. La pena è fatta anche di persone che ti osservano, ti riconoscono, ti disprezzano, ti giudicano prima che tu sia giudicato. Di giornate interminabili, interrogatori senza fine. È che poi, a guardare queste immagini spoglie, di questi luoghi imbiancati, austeri, seri, penso subito al freddo di certi corridoi di altri tribunali e allo sporco di certe scuole dove vanno i nostri figli. Agli infissi vecchi dei municipi, agli ospedali sovraffollati, alle bigliettatrici rotte delle nostre stazioni. A tanti luoghi pubblici trascurati, perché non ci sono i soldi. E, viceversa, allo sfrenato rincorrere denaro, desiderare denaro di una politica storta. Una politica che pensa solo al bello per sé, dimenticando il suo scopo, che è fare il bello per tutti. IL CASO. Il sindaco aveva chiesto alle opposizioni di proporre dei nomi Urbanistica, apertura del Pd ma no di Fi e M5S Tosi intende nominare una commissione speciale per verificare gli atti. «Ci vuole un'indagine vera» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 9 No di Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Parziale apertura del Pd, che pure come gli altri gruppi mantiene ferma la barra richiedendo la commissione consiliare d'indagine prevista dal regolamento consiliare. È la risposta di gruppi di minoranza in Consiglio comunale alla proposta, avanzata dal sindaco Tosi, di affiancare al professionista che sarà scelto dalla Giunta uno indicato dall'opposizione sulla base di una terna, per verificare la regolarità delle delibere urbanistiche oggetto dell'indagine che riguarda l'ex vicesindaco Vito Giacino. «Rigettiamo la proposta del sindaco, in quanto non prevista né dal regolamento né dallo statuto del Consiglio comunale», dice il capogruppo di Forza Italia Daniele Polato, ex assessore. «Ma al di là del formalismo, troviamo singolare che la proposta contenga una discrezionalità da parte dell'Amministrazione sui soggetti che dovrebbero essere proposti dalla minoranza». Polato quindi ribadisce la volontà di costituire la commissione d'indagine comunale — la proposta è del Pd, ma vi hanno aderito anche Forza Italia, Sel, Movimento 5 Stelle e il Gruppo Misto — «che non ha il compito di verificare colpe o questioni di rilevanza penale, che competono ad altri organi e non a quelli elettivi politici, ma ha le caratteristiche equivalenti a quelle di una commissione permanente. E in quell'occasione, visto il regolamento, si puo avvalere di professionisti di supporto che io chiederei al collegio degli avvocati, ingegneri e architetti che senz'altro hanno capacità e professionalità ai superiori ai commissari». Un no secco alla proposta di Tosi arriva dal Movimento 5 Stelle, come spiega il consigliere Gianni Benciolini: «Siamo contrari a questo sistema pensato da Tosi», ci dice, «cioè che noi gli diamo qualche nomignolo e poi lui sceglie discrezionalmente quello che vuole. Siamo aperti all'ipotesi di veri professionisti gratuitamente prestati alla città che valutino tutte le delibere urbanistiche di Giacino, anche attraverso quella che può essere una commissione d'indagine». Il Pd, come detto, apre all'ipotesi lanciata dal sindaco Tosi: «Concordiamo sull'opportunità di affiancare al lavoro del Consiglio comunale, chiamato a verificare la legittimità degli atti amministrativi oggetto delle inchieste giudiziarie, le competenze di un pool di professionisti esterni alla cui individuazione saremmo ben felici di partecipare», affermano in una nota il segretario provinciale del Pd Alessio Albertini, quello cittadino Orietta Salemi (consigliere comunale) e il capogruppo in Consiglio comunale Michele Bertucco. «MA A RIGUARDO», aggiungono, «diciamo con chiarezza che tale consulenza deve avvenire senza oneri di spesa per il Comune di Verona e che tale impegno non può in alcun modo surrogare i compiti della commissione d'indagine che a breve sottoporremo al voto del Consiglio comunale. La Commissione d'indagine, indebitamente spacciata per un doppione dell'inchiesta della magistratura», aggiungono, «è in realtà uno strumento espressamente previsto dal Regolamento del Consiglio comunale, con finalità specifica di accertare le procedure ed esprimersi in merito alle responsabilità politiche». Il 5 Stelle, come sottolinea ancora Benciolini, rivendica però una posizione autonoma dal Pd. «IL M5S DI COSE ne ha fatte e tante ancora ne farà», aggiunge Benciolini, che cita «esposti in Procura su mense, Giacino e bike sharing, alla Corte dei conti per le querele di Tosi, la pubblicazione della relazione all'Istituto superiore di sanità su Ca' del Bue, la richiesta di una Commissione speciale antimafia e la proposta di un organo indipendente di valutazione. Tutto senza il Pd». Benciolini fa quindi sapere, sui professionisti per le verifiche sull'urbanistica, che «il M5S proporrà almeno un nome a Tosi, un nome competente che possa leggere i documenti e fare quel controllo che nemmeno il Pd è in grado di fare».E.G. VALZER DI POLTRONE. Nel giro di 10-15 giorni i cambi per dare una svolta alla Giunta per uscire dal periodo «di fuoco» Rimpasto, Tosi stringe i tempi Due o tre i nuovi assessori Enrico Giardini Fabio Venturi in pole position per rimpiazzare Giacino, ma chi entra è destinato comunque a prendere deleghe di peso venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 Tosi stringe i tempi per il rimpasto di giunta. Sarebbe ormai una questione di una decina di giorni, massimo un paio di settimane. Il sindaco stesso, anche di recente, ha ribadito di non escludere questa possibilità. E ora, mentre si avvicina la scadenza del secondo anno della sua Amministrazione bis (sommando la prima mandatura, 2007-2012, Tosi è alla guida della città da quasi sette anni), l'obiettivo sarebbe quello di dare un colpo d'ala, una svolta dopo quattro-cinque mesi di fuoco, fra inchieste giudiziarie su Agec e altre aziende e sull'ex vincesindaco Vito Giacino, arrestato tre mesi dopo essere dimesso. Da quando Tosi si è dimesso, va ricordato, gli assessori da dieci sono passati a nove. E le deleghe di Giacino, cioè urbanistica, edilizia privata e Peep, sono state distribuite fra l'attuale vicesindaco Stefano Casali, che oltre all'edilizia pubblica ha preso l'urbanistica, e Pierluigi Paloschi, l'assessore alle finanze che ha assunto anche edilizia privata e Peep. Tosi non aveva dimostrato fretta sinora, nel voler reintegrare il decimo posto in Giunta, ma gli eventi degli ultimi giorni avrebbero impresso un'ulteriore svolta. C'è anche il caso dell'assessore Marco Giorlo (coinvolto nell'intervista a Report durante lo svolgimento di un reportage che, peraltro, non è andato ancora in onda) che nelle ultime due settimane si vede pocchissimo, in giro, e viene sostituito da colleghi (come lunedì, da Enrico Corsi) nella presenza in conferenze stampa che riguardano la presentazione di iniziative e manifestazioni sportive. Il sindaco, mettendo mano a un rimpasto di giunta, anzitutto prenderebbe nella sua squadra un altro assessore. Difficilmente stravolgerebbe però il profilo politico della sua compagine attuale. A parte Paloschi infatti, che peraltro si era candidato al Consiglio per la Lista Tosi, e all'assessore gli enti Enrico Toffali, entrato come tecnico (è comunque della Lega), tutti gli altri assessori della Lista Civica Tosi e della Lega (a parte Barbara Tosi, sorella del sindaco, incompatibile per la Giunta guidatda dal fratello) sono stati scelti in base ai voti presi come consiglieri. Nonostante, anche nella maggioranza, ci fosse chi auspicava un vero e proprio rimpasto generale, addirittura un azzeramento per passare a nomi totalmente nuovi, Tosi sarebbe più propenso a far entrare il decimo assessore e a sostituirne uno o due degli attuali. Fra i nomi tutt'ora circolanti per prendere il posto di Giacino c'è ancora quello di Fabio Venturi (Lega, ma in prima fila nell'organizzare la Lista Civica Tosi e nella Fondazione Ricostruiamo il Paese lanciata dal sindaco) vicepresidente della Provincia e presidente della Quinta circoscrizione (Borgo Roma, Ca' di David). In ogni caso, chi entrerà prenderà qualche delega di peso, per alleggerire gli assessori che ne hanno tante, e quindi il sindaco coglierebbe l'occasione per redistribuire anche altri incarichi. «Tosi, troppe querele» Grillini alla Corte dei conti Il sindaco: «Straparlano» Scontro sui costi delle cause per diffamazione VERONA — Il Movimento 5 Stelle ha presentato un esposto contro il sindaco Flavio Tosi alla Corte dei conti. Nel documento si sostiene che le spese legali per querele presentate dal sindaco vanno in senso contrario alla legge. Due dirigenti del partito di Grillo, Gianni Benciolini e Marta Vanzetto, hanno spiegato che «per presentare una querela per diffamazione non c'è bisogno di affidarsi agli uffici legali, e neppure ad avvocati, con relative parcelle: il sindaco potrebbe benissimo andare da solo dai carabinieri, ed esporre le sue ragioni». Al contrario, hanno aggiunto Vanzetto e Benciolini, il sindaco utilizza ogni volta l'ufficio legale, con costi altissimi per le casse municipali. «Solo per i nove procedimenti di cui siamo riusciti ad ottenere la relativa documentazione - hanno sottolineato - sono stati spesi 28.900 euro. I procedimenti intentati dal sindaco sono in tutto 69 o 70, ed è facile fare il conto complessivo di quanto denaro pubblico sia stato speso». Dal punto di vista legale, poi, i due grillini hanno sostenuto che «la legge è chiarissima, ed afferma che un amministratore pubblico non può utilizzare soldi pubblici per far partire querele a terzi a spese dell'erario: un eventuale rimborso delle spese legali è previsto solo se c'è un procedimento a carico dell'amministratore pubblico, a condizione che questo risulti innocente». Un'altra domanda importante, posta ieri al sindaco, riguarda i testimoni portati a favore delle tesi del sindaco nel corso delle cause legali: i grillini chiedono infatti di sapere se per essi siano stati disposti dei rimborsi spese. Pronta la replica di Tosi, per cui gli esponenti grillini parlano a sproposito. Tutte le querele - spiega il sindaco - «sono state proposte dal sottoscritto in quanto diffamato non come privato cittadino ma nell'esercizio delle sue funzioni quale rappresentante del Comune in relazione a fatti ritenuti lesivi dell'Ente». E le somme introitate come risarcimento «vengono devolute al Comune o in beneficenza». Finita la difesa, il finsaco passa all'attacco: «Non mi stupisce che in materia i consiglieri del Movimento 5 Stelle facciano confusione: infatti uno di loro, essendo stato coinvolto in un privatissimo incidente stradale nel territorio del Comune di Verona, ha chiesto il relativo carteggio alla Polizia Municipale non a titolo personale ma come "accesso agli atti di un consigliere" per l'esercizio delle sue funzioni, cioè a titolo gratuito, evitando di pagare la relativa modica cifra come fanno tutti i normali cittadini». Sempre Tosi, ieri è tornato a ribadire la sua contrarietà alla commissione d'indagine consiliare proposta delle opposizioni: «Serve invece una commissione paritetica di esperti esterni all'Amministrazione, come abbiamo proposto all'opposizione, che verifichi la legittimità degli atti». Intanto ieri in consiglio comunale si è rivisto l'assessore allo Sport Marco Giorlo, che da giorni disertava le occasioni pubbliche tanto che il capogruppo del Pd Bertucco parlava ieri in aula di «assessore dimezzato», chiedendosi se non fosse stato «rapito dai Casalesi, intesi come amici dell'assessore Casali». E' in quel momento che Giorlo è entrato in aula. L.A. IL CASO. Il consigliere grillino Benciolini si rivolge alla Corte dei Conti: «I rimborsi legali sono vietati dalla legge» Querele del sindaco, esposto 5Stelle venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 «Il sindaco può utilizzare il denaro pubico per le sue querele?». Lo chiede alla Corte dei Conti il consigliere comunale del Movimento 5 stelle Gianni Benciolini. L'esposto sulle spese legali sostenute dall'Amministrazione comunale per le querele per diffamazione promosse a partire dal 2007 dal sindaco Flavio Tosi nei confronti di giornalisti, politici, comitati è stato illustato ieri a Palazzo Barbieri dallo stesso Benciolini e da Marta Vanzetto, avvocato e militante M5s. «Apprendiamo dai giornali», esordisce Benciolini, «che il sindaco ha finora promosso un numero vertiginoso di querele, si parla di una settantina, e per vederci chiaro abbiamo chiesto l'accesso a tutta la documentazione. Alla Corte dei Conti evidenziamo», fa sapere il consigliere di opposizione, «che ci è stata consegnata solo la documentazione sui costi di nove procedimenti, relativi a quattro querele. Da queste scarne informazioni apprendiamo che, tra proposte di querele, acquisizione di dichiarazioni di testimoni e un atto di opposizione a un decreto di archiviazione sono stati spesi 28.900 euro. Quanto sarà il costo totale? E finora risulta solo un risarcimento danni per 800 euro...». Nell'esposto si cita anche un parere della Sezione regionale della Corte dei Conti della Lombardia, il 452 del 2011, sul caso di un sindaco che aveva sporto querela per diffamazione. «Vi si legge», spiega Benciolini, «che gli amministratori, in questi casi, non hanno diritto a rimborsi. La giurisprudenza, recitano ben tre articoli di legge la 509 del 1979, la 347 del 1983 e la 268 del 1987, dice che un amministratore pubblico non può usufruire di rimborsi spese con soldi pubblici per proporre querele nei confronti di terzi. Un sindaco», continua il consigliere grillino, «per difendere il proprio onore e il proprio decoro può recarsi in una caserma dei carabinieri». Benciolini mostra il grosso fascicolo inviato al giudice contabile. «Il rimborso delle spese legali», esclama, «può essere chiesto solo per difendersi da una querela, e solo se viene assolto. Chiediamo poi che il Comune fornisca tutti i documenti, anche su eventuali testimoni, per sapere se ci sono stati rimborsi a loro favore». In una nota arrivata in serata, Tosi replica: «Le querele di cui parlano i consiglieri del M5s sono state proposte dal sottoscritto in quanto diffamato non come privato cittadino ma nell'esercizio delle sue funzioni quale rappresentante del Comune, come prevede l'articolo 50 del Testo unico enti locali in relazione a fatti ritenuti lesivi dell'ente. In ogni caso», conclude il sindaco, «le somme introitate come risarcimento vengono devolute al Comune o in beneficenza».E.S. E l'ex tosiano Croce pubblica Verona Pulita venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 Nasce «Verona pulita, pulire per ricostruire», foglio informativo distribuito gratuitamente in 30mila copie nelle cassette delle lettere, nei locali pubblici e nei mercati dai volontari dell'omonima associazione fondata da Michele Croce. L'ex presidente dell'Agec nel novembre 2012 aveva presentato un esposto in Procura su presunte illegalità di gestione all'interno dell'azienda. «Si tratta», commenta Croce nello spiegare il senso dell'iniziativa, «di un foglio dedicato a chi ama Verona, a chi soffre nel vedere la propria città stritolata dai tentacoli della corruzione, a chi spera di vederla ripulita al più presto ed a chi si attende proposte e soluzioni per il futuro». Nel foglio si ripercorrono le vicende che hanno portato al defenestramento dall'Agec di Croce, che nel 2012 venne eletto in Consiglio comunale nella Lista Tosi con ben 718 preferenze, «Una fiducia mal riposta», afferma ora, «nei confronti del cosiddetto "modello Tosi" di presunta buona amministrazione delle cosa pubblica».E.S. L'INCONTRO. Assemblea organizzata dal Pd alle Golosine «E ora l'instabilità penalizza anche la gestione delle circoscrizioni» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 Un clima da fine impero, che si respira a tutti i livelli e mette sotto scacco le progettualità. Lo scenario poco rassicurante è emerso mercoledì sera nella sala polifunzionale delle Golosine, in un incontro pubblico organizzato dal Pd. Se il consigliere comunale Fabio Segattini ha fatto luce sulle preoccupazioni che trapelano a Palazzo dopo la situazione che si è creata negli ultimi mesi con lo scandalo delle mense dell'Agec, le indagini su Parentopoli della procura di Verona, l'arresto dell'ex vicesindaco Vito Giacino e la recente intervista rilasciata a Report dall'assessore allo sport, Marco Giorlo, non ancora andata in onda, il capogruppo del Pd in quarta circoscrizione, Francesco Casella, ha sottolineato le ripercussioni dell'instabilità sempre più evidente che si riflettono tra le mura del parlamentino di via Tevere. Qui, la maggioranza vacilla da tempo, ma nei giorni scorsi il capogruppo della Lista Tosi, Mirko Martinelli, ha dato le dimissioni e potrebbero esserci in serbo ulteriori sorprese. La gente in sala chiede informazioni sul perché della sopravvivenza di Amt, con relativo consiglio di amministrazione e costi, su come correre ai ripari per sistemare le strade disastrate del quartiere, e spinge a smuovere le acque. Preoccupa poi l'«oscuramento» di Giorlo, che sta impedendo il dialogo avviato con le società sportive, ridotte ormai all'osso nei contributi. Conclude Segattini: «Assistiamo a un blocco totale della gestione amministrativa, e intanto il Consiglio comunale è chiamato a esprimersi su inezie come il nuovo regolamento per chi vende kebab».C.B. Acque Veronesi e l'ultimatum «Più investimenti? Obbediamo» VERONA — «Se Tosi dice che bisogna investire di più su Verona, io naturalmente rispondo…obbedisco!» Massimo Mariotti, presidente di Acque Veronesi, risponde sorridendo alle domande sulla tempesta scatenata dalle dichiarazioni del sindaco di Verona, che l'altro giorno ha lanciato l'ultimatum: «O Acque Veronesi investe più soldi su Verona, o noi usciamo dal consorzio». Mariotti spiega che «in realtà, stiamo raccogliendo in questi giorni le indicazioni dei soci, per presentare poi un Piano completo in assemblea. E le indicazioni del comune di Verona, socio importante, saranno sicuramente accolte». Intanto, nel mondo politico si susseguono le reazioni. Secondo Stefano Valdegamberi, consigliere regionale di Futuro Popolare, «Acque Veronesi è di proprietà per il 48 per cento di Agsm, che è totalmente partecipata dal Comune, ha un consiglio di amministrazione di tre persone di cui il presidente è della lista Tosi ed il vicepresidente della Lega ed i suoi dirigenti provengono quasi tutti da Agsm. Insomma - conclude - ho il dubbio che Flavio Tosi abbia solo voluto raccontare una barzelletta, a meno che non abbia cercato di sviare l'attenzione, visto che non è probabilmente un caso che Tosi ed i suoi non abbiano detto una parola sugli stipendi d'oro del direttore ed i dirigenti di Acque Veronesi». Scetticismo anche nel Pd. Per Michele Bertucco la minaccia di uscire da Acque Veronesi «fa un pò sorridere: chi ha potere di nomina e revoca su Presidente e Direttore Generale di Acque Veronesi? Tosi. Chi ha fatto eleggere l'attuale presidente dell'Aato Veronese? Sempre Tosi. Di che cosa stiamo parlando allora? Il sindaco di Verona è in grado di dirigere gli investimenti dove meglio crede. Perché non lo fa, dunque? Evidentemente la questione è di tutt'altra natura: che tipo di bisticci o beghe personali stanno dietro agli attuali attriti tra Comune e Acque Veronesi?» Nel merito della questione, Bertucco dice inoltre che «ci piacerebbe sapere se davvero Tosi è disposto a far fare un salto indietro di dieci anni alla gestione del servizio idrico integrato. Dopo tutto quello che è stato fatto per creare Acque Veronesi, metterla in rete con le altre realtà del settore, farla diventare interlocutore credibile a livello regionale e nazionale, davvero Tosi sarebbe disposto a far retrocedere il sistema ad una dimensione cittadina?» Conclusione del capogruppo democratico: «E' proprio il caso di dirlo: si tratta dell'ennesima tempesta in un bicchier d'acqua». (l.a.) POLEMICHE. Proteste di Pd e Futuro popolare «Acque Veronesi, no alla cessione ad aziende private» Dalai: «Spot o disinformazione?» Valdegamberi: «Presa in giro» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 10 Il Comune di Verona minaccia di uscire da Acque Veronesi (di cui è socio di maggioranza tramite Agsm) perché gli investimenti previsti nel piano 2014-2017 sarebbero inadeguati rispetto a quanto versa con le tariffe pagate dai cittadini veronesi? «Metterebbe in gravissime difficoltà gli altri 74 Comuni della provincia che fanno parte di Acque Veronesi. Viene da chiedersi cosa c'è dietro allo spot: una cessione a privati per far cassa ? Oppure qualche altra operazione di finanza creativa, tipo multi servizi». Se lo chiede Lorenzo Dalai, capogruppo del Pd in Consiglio provinciale. «Gravissimo, poi», aggiunge, che il sindaco faccia queste sparate senza consultare il territorio. Disinformatia?». Nel piano di opere per il prossimo quadriennio, puntualizza il presidente di Acque Veronesi, Massimo Mariotti (Lista Tosi) si prevedono investimenti (per ammodernare o sostituire impianti) per una somma che va dai 40 ai 70 milioni, per tutto il territorio provinciale. Su Verona dovrebbero essere impiegati 24 milioni. Se il minimo di spesa generale fosse 40 milioni, sarebbe oltre la metà. Se fossero 70 sarebbe poco meno di un terzo. «L'entità è tutta da definire visto che siamo in fase di discussione del piano», dice Mariotti, «e quindi, ribadisco, terremo in considerazione la richieste del Comune di Verona». «Ma l'Amministrazione comunale comanda a bacchetta la società che gestisce l'acquedotto. Mi chiedo chi vogliono prendere in giro». È il commento di Stefano Valdegamberi, consigliere regionale presidente di Futuro Popolare. «Acque Veronesi è di proprietà per il 48 per cento di Agsm, che è totalmente partecipata dal Comune. Dubito che Tosi abbia solo voluto raccontare una barzelletta, a meno che non abbia cercato di sviare l'attenzione con un'uscita di questo tipo. D'altronde non è probabilmente un caso che Tosi e i suoi non abbiano detto una parola sugli stipendi d'oro dei dirigenti di Acque Veronesi. Le critiche insomma non spettano certo a loro, visto che in Acque Veronesi dettano legge in tutti i modi».E.G. PIANURA. Prima della dichiarazione di Flavio Tosi, si sono tenute riunioni sempre più ampie per creare un'altra realtà Sindaci, un fronte studia un piano di fuga dalla società Acque Veronesi Luca Fiorin Miozzi: «I primi cittadini scontenti sono sempre di più e dobbiamo trovare una valida alternativa» venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 33 Dopo il sindaco Flavio Tosi, anche la pianura vuole dire addio ad Acque Veronesi, mettendosi in proprio per quanto riguarda acquedotto e fognatura ed altri servizi, come le riscossioni o la gestione dei rifiuti. A fronte all'annuncio che la Giunta di Verona ha dato incarico ai tecnici di valutare gli effetti di una sua possibile uscita da Acque Veronesi, dalla pianura arriva una replica eloquente: «Noi a questo stiamo già lavorando». A confermarlo è il presidente della Provincia, e sindaco di Isola della Scala, Giovanni Miozzi. «Il 18 marzo», dice, «ci sarà la seconda riunione operativa dei sindaci dei Comuni che vogliono creare una realtà alternativa ad Acque Veronesi per la gestione del servizio idrico integrato. Non voglio fare alcuna polemica, in particolare sulla recente questione degli stipendi, ma è un dato di fatto che quella società è un carrozzone: costa troppo e non funziona bene. Lo stesso fatto che anche il Comune di Verona abbia espresso delle critiche lo conferma». «Buona parte dei sindaci che hanno a che fare con Acque Veronesi sono concordi nel giudicare negativa l'attività dell'azienda», continua Miozzi. «Lo dico con sincero dispiacere, ma penso sia ora di voltare pagina, portare sul territorio quei servizi che adesso sono carenti e abbassarne i costi. Come ho detto ai sindaci ai quali ho lanciato l'idea, il servizio idrico dovrebbe essere gestito da una realtà composta dai Comuni. L'idea si è diffusa rapidamente: all'inizio ci siamo trovati in una ventina di Comuni che vanno dalla Bassa al Villafranchese, ora sono tempestato di telefonate di sindaci della Bassa, del''Est, e dell'Ovest della provincia che si dicono pronti ad aderire ad una nuova iniziativa». Le critiche espresse da Tosi sono condivise da più di un amministratore della Bassa. «Certo che a parlare di Acque Veronesi sia Verona, la quarta partecipata, fa un po' ridere», dice il sindaco di San Pietro di Morubio, Giorgio Malaspina, «però non c'è dubbio che qui siamo molto insoddisfatti del servizio idrico, sia per la gestione che per gli investimenti. È stata creata una società che è grande ma che non unisce le forze e con un consiglio di amministrazione che non rappresenta il territorio». Il collega di Bevilacqua, Valentino Girlanda, dice che «già da un paio di mesi è in corso una verifica sulle possibilità di creare una nuova gestione del servizio idrico territoriale: si sta già analizzando un piano industriale». POLITICA E STRATEGIE. Approvata la delibera che affida alla società di lungadige Galtarossa lo studio dell'operazione Holding per tutte le aziende, il Consiglio incarica l'Agsm Giorgia Cozzolino L'opposizione: «Votazione inutile la Giunta scarica responsabilità» Toffali: «La valutazione servirà a capire benefici e criticità» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 Un passo avanti verso la holding di tutte le aziende municipali ed enti partecipati. Tra le polemiche, il Consiglio comunale ha approvato ieri sera una «delibera di indirizzo» con la quale si incarica Agsm di effettuare uno studio per verificare i vantaggi e le criticità per la costituzione di una mega società nella quale far confluire tutte le aziende del Comune. L'obiettivo, ha spiegato l'assessore alle Partecipate Enrico Toffali, è quello di «conferire a questo contenitore tutte quelle partecipazioni che ne abbiano le caratteristiche e la legittimità giuridica». Così facendo si trasferirebbero a questa nuova società anche tutta una serie di patrimoni immobiliari che la renderebbero in grado di competere in grandi bandi di gara e ottenere maggiori linee di credito. «Considerato che risulta necessaria una razionalizzazione organizzativa della società, si ritiene opportuno incaricare Agsm Verona Spa di effettuare lo studio volto a verificare i vantaggi che il Comune conseguirebbe dalla costituzione di una holding», spiega Toffali all'Aula. Ma la minoranza non ci sta a farsi «prendere in giro», come dice Daniele Polato (Forza Italia, già assessore al Patrimonio nella passata giunta Tosi) e rimarca a pieni polmoni che la delibera in questione è solo un «espediente per dividere con il Consiglio le responsabilità dell'operazione». Polato, anticipando il voto contrario di Forza Italia e del Pd, sostiene infatti: «Mai prima d'ora è stata presentata al Consiglio una proposta così poco articolata per una tematica di questa importanza. Nulla di rilievo tecnico-decisionale viene indicato nel testo in totale mancanza di rispetto di quest'Aula». E aggiunge: «Mai prima è successo che la Giunta fosse così sensibile da chiedere all'Aula un parere preventivo su una delibera che non contiene nulla. Forse è più opportuno che siano prima i professionisti del Comune a valutare l'attuabilità o meno dell'operazione, senza interventi di consulenti esterni che possono solo aggravare l'ente di costi inutili per una cosa che magari, alla fine, non potrà essere realizzata». E conclude: «Possibile che in Comune non ci sia nessuno in grado di valutare le richieste presenti in questo documento, o più semplicemente si preferisce appoggiarsi a consulenti esterni?». Calca la mano su questa ipotesi anche il capogruppo Pd Michele Bertucco che sottolinea la «totale mancanza di spiegazioni adeguate per un argomento di rilievo» e dice: «Questa amministrazione ha speso molto in questi anni per consulenze pur avendo una struttura interna adeguata. Si paventano consulenze gratis per il Comune dell'ex segretario Francesco Marchi e di altre società e poi si scopre che vengono rimborsati da partecipate del Comune per altri incarichi». Ci va ancora più pesante Elisa La Paglia (Pd) che afferma: «Forse questo cambio di passo di chiedere l'ok del Consiglio su questioni che prima d'ora sarebbero passate solo dalla giunta, è condizionato dalle indagini della procura più che dalle buone intenzioni della Giunta». Dello stesso parere anche Luca Mantovani (M5S) che, annunciando l'uscita dall'aula del suo gruppo, aggiunge: «Affidare lo studio senza indicare gli obbiettivi e le priorità non ha senso, forse con questa delibera cercate di condividere le responsabilità, ma da noi non avrete alcun sostegno». Difende invece la delibera Alberto Zelger (Lista Tosi) che dice: «Si tratta di una delibera di indirizzo con la quale il Consiglio comunale esprime solo la volontà di fare o non fare un certo percorso, per questo motivo non sono necessarie particolari specifiche». Aeroporti, Montichiari sotto assedio venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 11 L'aeroporto di Montichiari, interamente di proprietà della Catullo spa, è sotto assedio. La Lombardia vuole staccarlo da Verona e portarlo nel sistema aeroportuale regionale cogliendo l'occasione della recente sentenza del Tar di Brescia che ha annullato la concessione quarantennale che il Governo aveva assegnato alla Catullo per gestire l'aeroporto bresciano. Contro questa sentenza stanno preparando ricorso non solo la Catullo spa ma anche Enac e i ministeri coinvolti, perché il dispositivo dei giudici amministrativi secondo cui le concessioni aeroportuali andrebbero messe a gara europea provocherebbe un terremoto in tutto il sistema aeroportuale italiano, da Fiumicino a Malpensa. Detto questo, il governatore della Lombardia Roberto Maroni culla la speranza di usare Montichiari: «Sono interessato come Regione Lombardia a creare il sistema aeroportuale lombardo. La pronuncia del Tar che ha bocciato la concessione della gestione dell'aeroporto di Montichiari a Verona ha riaperto tutta la discussione». E Vito Riggio, presidente di Enac, ha auspicato una «collaborazione tra Orio al Serio e Montichiari». FUMANE - SAN PIETRO IN CARIANO. Il presidente dell'associazione dimore storiche scrive all'assessore Zorzato «Salviamo le ville venete dal cemento» Giancarla Gallo Passi: «La Valpolicella sia trattata come un parco» venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 23 Bisogna voltare pagina, sostituire la politica del fare o del non fare con il «fare in un altro modo», anche a rischio di essere impopolari. È chiaro Alberto Passi, presidente dell'Associazione per le ville venete, nella lettera aperta inviata a Marino Zorzato, vicepresidente della regione Veneto con delega a pianificazione territoriale e cultura. Il riferimento è alla Valpolicella, territorio a vocazione agricola e vitivinicola, ricchissimo di prestigiose ville venete, a rischio per le nuove lottizzazioni in programma, che ne distruggerebbero l'armonia col paesaggio, ma anche l'aspetto economico in quanto aziende produttrici di eccellenze agroalimentari, del turismo culturale, della storia e dell'arte di cui queste ville sono portatrici. Le ville, insomma, devono essere considerate, secondo Passi, un bene comune. «A questo fine, serve, a fronte di una viabilità commerciale veloce, qualificare in tutta la regione una viabilità lenta, turistica e paesaggisticamente valida», si legge nella lettera, «riprendere ad esempio le "stradelle" senza stravolgerle, come hanno fatto in Francia; serve una segnaletica adeguata, perchè spesso le ville o i borghi sono introvabili e irraggiungibili; serve una politica del recupero e della riqualificazione del territorio e una politica del restauro; il paesaggio va costantemente monitorato per garantirne valorizzazione e salvaguardia, come fossimo un grande parco». Le migliaia di ville venete costituiscono, infatti, il tessuto connettivo del Veneto e del suo paesaggio, oltre che rappresentare la sua storia, le sue radici profonde. L'obiettivo è perseguire una cultura del bello con le ville o le città d'arte e una cultura del buono con l'enogastronomia, l'agricoltura e l'artigianato, cosa che implica il fare impresa, in questo momento di crisi. In altre parole quello che Passi suggerisce a Zorzato è di superare una politica vecchia, che usa azioni tampone senza futuro, legata a lobby che guardano solo al proprio tornaconto e al profitto immediato, per inaugurare una politica che colga l'opportunità di mettere nella ricetta per sistemare le cose anche i termini cultura e paesaggio. «Serve per le ville una politica fiscale diversificata rispetto a quella delle dimore comuni, allontanando il rischio incombente di abbandono o degrado», continua Passi. «Serve un dialogo tra pubblico e privato nella gestione di questi patrimoni, perché nessuno, né pubblico, né privato, può farcela da solo. Credo si debba lavorare per una grande struttura pubblico-privata, con al privato l'impresa, al pubblico il governo del territorio e il controllo del rispetto delle regole». E conclude: «Tutto questo porterebbe molti imprenditori a considerare nuovi investimenti». «Stop all'edilizia privata che soffoca la bellezza» venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 23 Non si poteva scegliere uno scenario migliore che la cinquecentesca Villa Della Torre, opera di Giulio Romano, per ospitare un convegno sulle «Ville Venete nel paesaggio contemporaneo» e parlare di «funzione e fruizione del patrimonio culturale diffuso». Ad organizzare l'evento è stato l'Irvv, Istituto regionale ville venete e il Cisa, Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio. Salvaguardare e valorizzare questi splendidi edifici, trovare modalità di crescita e potenzialità come volano per l'economia e il turismo, anche scolastico, sono stati gli aspetti messi in evidenza dalle parole del sindaco di Fumane, Domenico Bianchi, da Marco Riva del Cisa e dal direttore di Villa Della Torre, Giancarlo Mastella. Giuliana Fontanella, presidente dell'Irvv, istituto nato nel 1958, ha ricordato: «In passato erano aziende produttive di eccellenze, legate al sistema della Serenissima. Con lungimiranza nel '58 si è capito che queste belle ville venete non dovevano essere abbattute, ma salvaguardate con restauri e recuperi, in quanto valore ed opportunità per il territorio. Fortunatamente abbiamo la possibilità di fondi e finanziamenti dalla Regione». Quantificare quante siano le ville venete è davvero difficile, molte sono abbandonate o non riconosciute, qualcosa come 2345 ville, secondo la Fontanella. Sono stati eseguiti più di 1900 interventi a ville catalogate per un impegno finanziario di 300 milioni di euro, un patrimonio culturale unico in espansione, vincolato all'80% per la fruibilità. «Moltissime sono le ville nel veronese, nella sola Valpolicella c'è un patrimonio enorme, molte sono pressate dall'edilizia privata, che ne inficia la bellezza. Bisogna fermarsi. Per questo è importante consumare meno suolo per riconquistare l'armonia del paesaggio e sfruttare al meglio le potenzialità economiche del nostro patrimonio artistico».G.G. NEGRAR. Il sindaco conferma il suo impegno ma difende il Piano degli interventi: «Devo guardare a tutto il territorio» Dal Negro: «Ad Arbizzano non si costruirà» «Comprende 250 domande e ne vengono contestate solo quattro, nello stesso posto: perché fermarlo?» venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 27 Niente nuove case ad Arbizzano, nella zona est. Non tanto perché attorno ci sono sei ville venete, ma perché troppo vicine al cimitero. Dal camposanto, infatti, non ci sono le distanze minime previste dalla legge 166 e le deroghe decise a livello comunale per abbassarle da 200 a 50 metri non sono valide poiché illegittime. «Quasi tutti i comuni del Veneto sono caduti nell'inghippo, non solo Negrar», precisa il sindaco, Giorgio Dal Negro. Da presidente Anciveneto ha scritto ai colleghi primi cittadini chiedendo attenzione. «Eppure ci sono varie sentenze del Tar che definiscono illegittimi i regolamenti comunali che derogano la legge nazionale». Dal Negro annuncia così che ha bloccato sul nascere le lottizzazioni previste dal Piano degli interventi. «Non si scappa», dice, «l'hanno confermato pure i legali a cui il Comune ha dato mandato di chiarire la questione». Dunque, non si costruirà nella zona tanto contestata dai residenti riuniti nel comitato Salva Arbizzano, da ambientalisti, professori universitari e gruppi politici. «Ma non mi si dica di bloccare l'intero Piano», attacca Dal Negro, in risposta a una richiesta esplicita del Partito democratico e del consigliere di minoranza Fausto Rossignoli. «Un piano meglio di così non si poteva fare», continua il sindaco. «Perché fermarlo? Comprende 250 domande di interventi e ne vengono contestate solo quattro, tutte nello stesso posto». Esiste un ricorso, contro queste ultime, depositato al Tar a metà febbraio da comitato e proprietari delle ville venete che verrebbero attorniate da case, sostenuto da una raccolta firme e da una colletta generale per le spese legali. Dal Negro è molto critico: «Il comitato chiede soldi ai poveri per darli ai ricchi», afferma, come pure ha scritto sul suo profilo Facebook. Ma quello che gli preme è continuare a difendere il suo piano urbanistico in un'ottica generale, che guarda oltre Arbizzano. «Altre contestazioni non ce ne sono, per nessun'altra zona del territorio comunale che arriva fino a Fane e località Croce dello Schioppo. Come sindaco devo guardare alla globalità. Sconvolgiamo tutto o fermiamo tutto solo per Arbizzano? In questa frazione non si costruirà, tutti possono stare tranquilli». Dal Negro ci tiene a sottolineare, però, che ad Arbizzano sono le mancate distanze dal cimitero il motivo della marcia indietro. Come dire che non la dà vinta né ai cittadini né tanto meno al Pd. «Non lo dico io, che in quelle aree si può edificare», continua, «ma lo dice il Pat della precedente amministrazione». Torna all'attacco con un suo cavallo di battaglia, cioè che a decidere dove costruire ancora case e dove no è stata l'amministrazione guidata da Alberto Mion. Più volte accusato in consiglio comunale dalla minoranza di fare il giochetto dello scarica barile, perché lo ripete sempre? «Perché le cose stanno così», risponde. Se non condivide la destinazione di queste aree, allora, perché non ha provveduto lui stesso a modificarla, durante il suo governo negrarese? Alla fine del 2009, dopo pochi mesi dall'insediamento, ha rimandato in Regione il Pat per far approvare alcune modifiche. «Erano piccole modifiche, altrimenti mi sarei dovuto dedicare cinque anni a rifare il Pat e non era la priorità», conclude. «Mi premeva invece arrivare al Piano degli interventi, data l'emergenza lavoro per famiglie e imprese».C.M. Vinitaly sempre più internazionale «E presto l'accordo per l'Expo» Al debutto il padiglione dei vini stranieri. Un'accademia per le eccellenze VERONA — Sempre più internazionale, sempre più proiettata al 2015, anno dell'Expo di Milano. La 48esima edizione di Vinitaly (dal 6 al 9 aprile prossimi nei padiglioni della fiera di Verona) che è stata presentata ieri a Roma conferma l'attenzione per intercettare sempre più la domanda dei mercati esteri. Ecco quindi nuove iniziative, come il padiglione dedicato ai vini esteri (chiamato «Vininternational»), il «Buyer's Lounge» per favorire l'incontro tra domanda italiana e offerta dall'estero, la Vinitaly International Academy per far conoscere con rigore scientifico le eccellenze del vino italiano nei grandi mercati internazionali. Non potrebbe essere altrimenti: con un mercato interno asfittico, è da oltre confine che in questi anni sono arrivate le soddisfazioni per il comparto del vino italiano, il cui Pil è aumentato in dieci anni del 90 per cento. «Saremmo certo tutti più contenti se il Pil nazionale crescesse come il vino - ossera il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani - Vinitaly, in ogni caso, ha dato il suo contributo nel sostenere la crescita del comparto». Lo ha riconosciuto lo stesso ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina. «Riconosco la centralità di Vinitaly, anche per lo stile, la capacità e la forza di promuovere all'esterno il vino italiano». Poi, sollecitato dai dirigenti di Veronafiere, Martina ha promesso ancora una volta un ruolo di massimo rilievo per la kermesse veronese all'esposizione universale l'anno prossimo. «Vinitaly è la massima espressione dell'eccellenza vitivinicola italiana e per questo non ho dubbi che sarà protagonista durante i sei mesi dell'Expo a Milano. Presto vedremo svilupparsi il potenziale cui abbiamo lavorato insieme finora. Nei prossimi giorni il ministero farà dei passi avanti con Expo in questo senso». Va ricordato che Veronafiere preme per realizzare il grande padiglione del vino e dell'olio all'Expo: una struttura che, al termine della manifestazione, potrebbe essere smontata e trasferita a Verona. In attesa dell'Expo, c'è ovviamente da pensare all'edizione di Vinitaly di quest'anno, dove sono da registrare alcune novità per così dire «infrastrutturali»: 2000 posti auto in più, nuovi collegamenti tra i padiglioni, ma anche rinnovati servizi igienici. E poi buyer in arrivo da 120 Paesi diversi per una fiera che cerca di proporsi sempre più come strumento a servizio delle imprese del settore, che nel 2013 hanno totalizzato oltre 5 miliardi di export. «In questo quadro, Vinitaly è sempre più strategico - ha spiegato il presidente di Veronafiere Ettore Riello - per la sua capacità di valorizzare una parte così importante dell'eccellenza agroalimentare italiana. Il continuo lavoro di sviluppo della rassegna, l'interpretazione degli scenari di mercato e un'esperienza di oltre cento anni nel campo fieristico, ci hanno permesso di superare per la prima volta i 100mila metri quadrati espositivi netti, con il sold out già da parecchi mesi». Settore che si conferma in salute, quello del vino: 12 miliardi di fatturato, 4,7 di export (prima voce dell'agroalimentare italiano), 1,2 milioni di addetti con una crescita del 50 per cento negli ultimi dieci anni. «Se applicassimo i risultati ottenuti dal vino a tutta la filiera agroalimentare, potremmo tranquillamente raddoppiare gli attuali 33 miliardi di euro di export. Ma abbiamo bisogno di tante fiere come Vinitaly in grado di accompagnare le imprese, mettendole a sistema», ha detto Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura al Parlamento Europeo. A.C. Boscaini, cantina e passione «Lotto contro chi svende prodotto e territorio» Masi Agricola tra cultura e promozione all'estero VERONA — «Fatti non foste per viver come bruti ma per inseguir virtute e canoscenza». Quando Ulisse apostrofò i propri compagni di viaggio con queste parole voleva spingerli verso l'ignoto, varcare le colonne d'Ercole per scoprire il mai scoperto. La frase messa in bocca da Dante all'eroe omerico nel canto XXVI dell'Inferno sembra vergata apposta per descrivere l'impresa Masi e lo spirito del suo nocchiero, Sandro Boscaini. Non è assolutamente casuale che la citazione fatta trovi il giusto spazio in quella che fu la dimora veronese del sommo poeta. Villa Serego-Alighieri, infatti, ha ospitato la seconda puntata delle Serate di Marca e ha tremato sotto i colpi decisi di chi vive la propria passione lavorativa senza compromessi. «Se continua così - dice Boscaini in uno dei momenti più appassionati del suo racconto aziendale - saremo tutti col culo per terra tra soli tre anni: stiamo svendendo il nostro prodotto! Il Ripasso vive grazie alle uve dell'Amarone, il procedimento produttivo ricorda una bustina di tè già usata una volta. Il problema è che in Valpolicella c'è qualcuno che, per avidità, vuole usare questa bustina per ben tre volte!». Un'accusa dura, fatta da chi difende con le unghie e con i denti l'eccellenza di un prodotto dalla straordinaria specificità: il vino. Ed ecco chiudersi il cerchio dantesco con il canto in questione che, per inciso, è quello dedicato ai consiglieri di frode, i truffatori. «Il nostro è un mondo fatto di luoghi comuni, figli di una mentalità contadina che non considera il nostro prodotto come un grande valore». L'Agricola Masi sta cercando, nelle parole della proprietà, di smarcarsi da questi luoghi comuni. «Il peggior vino del contadino vale di più del migliore vino industriale? Non è vero! Abbiamo certificato la nostra lavorazione delle uve creando una Masi Expertise che ha nell'appassimento il suo cavallo di battaglia. Un procedimento a cui tutti possono accedere ma che devono essere in grado di fare bene come lo facciamo noi». Questione di libera concorrenza, quindi. Boscaini spiega agli industriali veronesi i pilastri del suo successo e lo fa spesso parlando di un prodotto legato alle Venezie e alla Repubblica del Leone. «La Valpolicella mi sta stretta - dirà a fine convegno - perché la nostra è una terra ormai sfregiata, sono stato costretto a cercare altri vitigni». E qui si torna ciclicamente al dantesco Ulisse che insegue le cantate virtù varcando i confini del proprio mondo. Le Venezie e, soprattutto, Venezia come marchio da vendere nel mondo. Il tutto con una strategia comunicativa che metta in crisi l'ennesimo luogo comune. «Bisogna andare dal vino e non che il vino venga da te...non sono d'accordo! Il vino migliore non è necessariamente quello che si trova direttamente in cantina. Bisogna farsi conoscere e noi lo stiamo facendo con una pubblicità sui generis che si sposa con i prodotti di qualità che ci contraddistinguono». Il premio Masi, ad esempio, è il fiore all'occhiello di chi investe anche nella cultura. Perché, a conti fatti, è la canoscenza che fa la differenza. In qualsiasi ambito. La storia dell'Agricola Masi comincia nel 1772 quando la famiglia Boscaini compre il podere Vaio dei Masi a Torbe, di cui è tutt'ora proprietaria. Nel 1880 arriva il trasferimento a Valgatara di Marano. Nel 1973 comincia la collaborazione con i conti Serego-Alighieri. Nel 1999 nasce il Tupungato, vino prodotto nella tenuta argentina di Mendoza. Oggi l'Agricola Masi fattura 70 milioni di euro all'anno producendo 12,5 milioni di bottiglie e dando lavoro a 110 dipendenti. Francesco Costantino «Fare chiarezza sull'Usl 22, mandate gli ispettori» E Zaia incarica Mantoan VERONA — Hanno chiesto gli ispettori, arriverà Domenico Mantoan, direttore generale della sanità veneta. L'ordine arriva dal presidente regionale Luca Zaia che ha dato mandato a Mantoan di «approfondire la situazione dell'Usl 22 di Bussolengo alla luce delle osservazioni svolte da alcuni enti e rappresentanze sindacali». La richiesta era arrivata dall'Anpo locale, sindacato che riunisce i primari ospedalieri, con circa una decina di adesioni nell'Usl del lago. L'associazione di categoria aveva presentato una lunga lettera di venti punti in cui si chiedeva di far luce su diverse questioni in materia gestionale e sanitaria, a cominciare dalle «voci di atteggiamento intimidatorio e aggressivo della direzione». Il sindacato dei primari, però, non è destinato a rimanere isolato. Appoggia l'iniziativa Aaroi - Enac, la sigla degli anestesisti, che, con la direzione dell'Usl 22, ha un contenzioso aperto da anni, con l'eliminazione della guardia medica notturna. «La verità - sostiene il segretario regionale Attilio Terrevoli - è che i rapporti fra organizzazioni sindacali e Usl 22 sono pessimi, per non usare eufemismi. La situazione è vicina all'esasperazione e non è la prima volta che la Regione interviene: due anni fa, sempre al dottor Mantoan, era stato affidato un "tutoraggio" dell'Usl. Siamo davanti ad una serie di comportamenti non corretti, a preoccupare è soprattutto l'alto numero di provvedimenti disciplinari, oltre che alcune iniziative come l'acquisto di seconda mano di un apparecchio come la risonanza magnetica, inusuale con questo tipo di macchine che tendono velocemente all'obsolescenza». Più prudenti altri sindacati, come la Cimo che, per bocca del segretario regionale Luigi Dal Sasso, fa sapere «che c'è stata una ripresa di contatti tra i diversi sindacati e la direzione generale negli ultimi tempi». La questione della risonanza magnetica, acquistata da Borgo Trento e in seguito aggiornata (come ha ribadito di recente il dg dell'Usl 20 Alessandro Dall'Ora) è sollevata anche nella lista dell'Anpo che richiama anche la situazione della Medicina di Villafranca, «un reparto per acuti già operativo e a corto di personale, che non può attendere l'apertura del Magalini». Da chiarire, secondo i medici dell'Anpo, inoltre, la mancanza di apicali (primari) in Ortopedia, Geriatria, Riabilitazione e Pneumologia e «l'esodo dei 22 dirigenti di primo e secondo livello tra varie specialità, comprese Medicina, Pneumologia, Gastroenterologia e Radiologia». Dall'Ora, che di recente ha difeso le modalità con cui è giunto ad avere un bilancio in attivo, giudicandole corrette, non ha mai negato le tensioni con i sindacati sostenendo che in tempi di spending review è difficile che ci sia un clima diverso. Alla notizia dell'invio di Mantoan l'azienda si è limitata a «prendere atto» dell'accaduto. D.O. «Fare squadra perché venga fuori la verità» venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 23 Anche la medicina di base dell'Ulss 22, attraverso il Simet provinciale (sindacato dei medici del territorio), critica l'andamento delle trattative aziendali. E attacca pesantemente l'atmosfera che s'è instaurata negli anni con la direzione generale. «Le decisioni vengono solo ed esclusivamente dal vertice», è scritto in un documento della sigla, «e potrebbe essere utile a questo punto istituire una sorta di spazio periodico di confronto tra noi operatori sanitari della medicina di base che serva a definire una linea compatta da avere agli incontri ufficiali con l'azienda». È una sorta di appello a fare squadra, quello lanciato dal Simet veronese, per essere più forti nel confronto con la direzione dell'Ulss 22. «L'unione è l'unica arma forte a nostra disposizione per ottenere semplicemente il rispetto delle regole e per poter contare qualcosa», è scritto in un documento della segreteria provinciale, «far credere alla gente che qui vada tutto a gonfie vele, che i servizi siano migliorati, che la dotazione tecnica sia ottimale e gestita con perizia e furbizia, in una parola che la gente sia servita al meglio da dipendenti che lavorano tranquilli e senza pressioni, è un'offesa al buon senso ed alla professionalità di ognuno di noi. Oltre che alla popolazione di questa Ulss». La replica alle dichiarazioni del direttore Dall'Ora, secondo il quale «di maldipancia nella mia Ulss non ce ne sono e nessuno è mai venuto a dirmi di soffrirne», è chiara. «Decidiamo di lasciar passare questa linea senza dire nulla o proviamo a raccattare quel poco di orgoglio professionale che ci è rimasto per dire la nostra pubblicamente sull'argomento? Possiamo dire noi alla gente come stanno le cose nell'Ulss 22 o lasciamo all'azienda questo compito?». E ancora: «In tempi difficili dovunque, e difficilissimi nella nostra Ulss, il superamento di ogni divisione interna è indispensabile. Tutti i medici hanno qualche sassolino nelle scarpe ma ora fa decisamente meno male delle pietre che piovono sulla testa di tutti». C.F. PATRIMONIO DELL'UMANITÀ. Nasce il «sito seriale» che aggancia alla città paesi del circondario con mura, fortificazioni e storia in comune Con «Verona e gli Scaligeri» l'Unesco abbraccia Lazise Proposta approvata con una delibera di Giunta Entro la fine del mese pronto il testo di accordo venerdì 07 marzo 2014 PROVINCIA, pagina 30 Allargare il sito Unesco della «Città di Verona» anche ad altri paesi limitrofi: è la proposta dell'associazione Città murate del Veneto che, nata nel 1997 su iniziativa del Consiglio regionale del Veneto di Italia Nostra, ad oggi conta 38 Comuni (tra cui la stessa Verona) sparsi in sei province e accomunati dall'essere circondati da mura e fortificazioni. I paesi veronesi candidati ad entrare nel sito Unesco riconosciuto nel 2000 (che diventerebbe un «sito seriale») sono Lazise, Valeggio, Villafranca e Soave, mentre quelli fuori provincia sono Cittadella, Montagnana, Bassano del Grappa, Vittorio Veneto, Marostica, Castelfranco Veneto, Monselice e Conegliano. Sono questi a presentare «caratteristiche ed elementi di unicità affini al sito originario» che, in base a quanto stabilito dall'Unesco, ne permetterebbero il riconoscimento di «Patrimonio dell'umanità». L'analisi storica delle famiglie medievali succedutesi in Veneto, si legge nella proposta di adesione dell'associazione, ha individuato negli Scaligeri il trait d'union tra questi paesi e Verona e per questo il sito allargato, se riconosciuto dall'Unesco, verrà identificato con il nuovo titolo «Verona e gli Scaligeri» Il Comune di Lazise, l'unico gardesano a soddisfare questi requisiti, ha accolto la proposta con una delibera di Giunta il 20 febbraio specificando la peculiarità della cinta muraria del paese: «Conserva, intorno al tessuto di impianto romano, ancora in buona parte integra la cinta muraria quadrangolare eretta da Alberto e Mastino II della Scala, nella quale si aprono la Porta San Zeno, la Porta del Lion e la Porta Cansignorio, oltre al suo Castello e al complesso della Dogana Veneta», si legge. Una volta ricevuto il parere favorevole dei paesi interessati, l'associazione porterà a termine l'accordo tra il Comune di Verona e la Regione per includere nel sito «Città di Verona» anche le località individuate. Stando ai tempi previsti, entro il 31 marzo i Comuni dovranno approvare in Consiglio comunale il testo definitivo dell'accordo, che porterà alla domanda di riconoscimento all'Unesco. Riconoscimento che, se ottenuto, sarà a tempo illimitato e con la prescrizione di un unico obbligo, morale, prima che economico: quello di mantenere il proprio sito nelle migliori condizioni, «evitandone il degrado e il deterioramento, in modo da non pregiudicare la tutela da parte dell'Unesco». «Le spese da prevedere», si legge ancora nel testo dell'accordo, «sono le stesse stanziate annualmente in bilancio per la promozione turistica e per la manutenzione dei beni tutelati». K.F. Sorpreso ubriaco al volante? Andrà a spazzare la strada Guida in ebbrezza, lavori socialmente utili per i responsabili VERONA — Sistemare i giardini pubblici, pulire le strade, impegnarsi nel sociale o negli enti pubblici, persino tenere un corso di educazione stradale. Per chi ha commesso l'errore di essersi messo alla guida alticcio, o sotto l'effetto di sostanza stupefacenti, forse non è sufficiente pagare una multa. Per questo esiste, da tempo, la possibilità di riparare al proprio comportamento chiedendo di svolgere lavori di pubblica utilità. Da ieri, in più, la procedura, grazie ad un protocollo sottoscritto dal tribunale di Verona assieme a Prefettura, Procura della Repubblica, Ordine degli avvocati e Camera penale, è più rapida e snella. Un procedimento che appare vincente da ogni punto di vista: «Con questo protocollo - ha spiegato il giudice Laura Donati che ha lavorato alla sua definizione - la sanzione si applica a partire da un decreto penale di condanna, non da una sentenza, il che significa che, con l'accordo delle parti, non si celebra alcuna udienza. In questo modo si risparmiano tempo e fondi e non si ingolfano i tribunali. In più, per Comuni, enti e associazioni c'è la possibilità di poter contare su persone motivate a riparare il proprio errore. Così motivate che, ce lo dicono i dati, colpite dall'esperienza, spesso tornano a prestare attività di volontariato». Per chi è stato fermato dalle forze dell'ordine ubriaco, e con un tasso di almeno 0,8 grammi di alcol nel sangue, il vantaggio è che la legge prevede il dimezzamento del periodo di sospensione della patente di guida, l'estinzione del reato in tempi ragionevoli e la possibilità della revoca della confisca del mezzo se, al termine del periodo di lavoro socialmente utile, il percorso è stato giudicato positivo. Tuttavia, va ricordato che questo tipo di sanzione non è applicabile a chi, da ubriaco, ha causato un incidente, ma solo a chi è stato fermato alla guida con valori alcolici oltre il consentito. «Attraverso questo protocollo - ha sottolineato Gianfranco Gilardi, presidente del tribunale di Verona - si raccolgono le sollecitazioni verso una maggiore duttilità degli strumenti sanzionatori, dotandoli di una fungibilità capace di corrispondere sia alle finalità specifiche del diritto penale, sia alla funzione della pena, come tramite per il recupero sociale della persona condannata». La possibilità di utilizzare i lavori socialmente utili per chi guida ubriaco esiste dal 2010: in questi anni nella nostra provincia è maturata una prassi di collaborazione tra Prefettura, tribunale, Procura e avvocati che ha portato alla nascita del protocollo. «Si inserisce - ha ribadito il prefetto Perla Stancari - in un quadro di iniziative che vogliono dare risposte il più trasparenti, efficienti ed efficaci possibile alle richieste dei cittadini. Abbiamo dimostrato di essere riusciti a trovare una condivisione per rendere più agevole il ricorso a questo tipo di sanzione». Tanto che il procurato capo Mario Giulio Schinaia ha aggiunto: «Chi avesse suggerimenti per rendere questa prassi più efficace e per rendere la sanzione la più effettiva possibile si faccia avanti». Per adesso sono i numeri a promuovere questo tipo di scelta: fino ad oggi sono stati circa 900 i procedimenti penali, nella nostra provincia, per guida in stato di ebrezza. Di questi, circa 600 persone hanno richiesto di fare lavori socialmente utili. Si va da un minimo di 14 giorni di impegno fino a 4 mesi, in teoria anche di più, mentre sono 140 i posti messi a disposizione da enti e associazioni per svolgere le mansioni. Capofila il Centro Servizi per il Volontariato. «In tutto - ha sottolineato Donati - si contano sulle dite delle mani le persone che non hanno risposto in modo positivo». Tanto che gli avvocati hanno ribadito: «Si va nella giusta direzione della responsabilità sociale e del fine rieducativo della pena». Samuele Nottegar MEDICINA E TECNOLOGIA. Il supercomputer realizzato negli Usa acquistato dal centro di Genomica dell'Università Il genoma svelato in un giorno «Diagnosi precoci più facili» Lorenza Costantino Il prof. Delledonne: «Potremo indagare i meccanismi genetici che causano l'insorgere di cancro e diabete». Il rettore Sartor: «Strada aperta per i farmaci personalizzati» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 15 Ciascuno di noi porta dentro di sé un grande libro, il libro della vita. È il nostro patrimonio genetico, formato da 24mila pagine, i geni, e da tre miliardi di lettere, le basi azotate che costituiscono l'alfabeto del Dna. E cosa c'è scritto in questo libro? Tutto ciò che ci riguarda: dal colore degli occhi all'altezza, ma anche la predisposizione personale alle malattie (tumorali, neurodegenerative, metaboliche, cardiovascolari...) e quindi, in un certo senso, la longevità cui la natura ci ha destinati. UNICA IN EUROPA. Questo libro, finora imperscrutabile, oggi si può leggere e capire. Verona è la prima città in Europa a possedere una macchina capace di interpretare l'intero genoma umano in 24 ore, contro gli otto e più giorni dei modelli precedenti. E con un costo relativamente basso: 2mila euro ad analisi. È KnoSys100: un sistema hardware-software sviluppato dall'azienda statunitense Knome Inc., leader nella decodifica automatica del genoma. Basta inserire un campione di saliva, e il cervellone svela il nostro destino. Questa macchina, pur non ancora in commercio, è stata acquistata dall'Università per 120mila euro, nell'ambito di un progetto di ricerca finanziato dall'Unione Europea. E ora si trova a Borgo Roma, nel Centro di genomica funzionale, a disposizione della spin-off Personal Genomics: la società universitaria nata dalla collaborazione fra le facoltà di Biotecnologie e di Medicina, e già creatrice di test genetici sulla predisposizione all'infarto cardiaco e per le analisi prenatali non invasive. PRESENTAZIONE. KnoSys100, di cui potranno usufruire diversi dipartimenti universitari veronesi, nonché prestigiosi istituti di ricerca con cui l'ateneo scaligero ha stabilito collaborazioni, è stato presentato ieri mattina. Presenti, con il rettore Nicola Sartor, Mario Pezzotti, delegato del rettore alla ricerca, e Massimo Delledonne, responsabile del Centro di genomica funzionale e direttore scientifico della Personal Genomics. «Più di prima, Verona è in grado di fare ricerca ad altissimo livello», esordisce Sartor. «Le ricadute di questi studi possono essere enormi, dalla diagnosi precoce alla creazione di farmaci personalizzati. Dobbiamo ringraziare la Fondazione Cariverona, che ha scelto di sostenere il Centro di genomica funzionale. Gli investimenti nella ricerca sono quelli a più alto rischio, ma gli unici dai quali possono scaturire cambiamenti epocali». LETTURA DEL «LIBRO». «L'interpretazione della sequenza genomica avrà lo stesso impatto rivoluzionario del computer», spiega Delledonne. «Potremo indagare meccanismi genetici che causano l'insorgere di molte patologie, come le malattie genetiche rare, ma anche il cancro, il diabete, l'Alzheimer, i disturbi cardiovascolari. Scoprire come mai il decorso varia da persona a persona, e perché l'efficacia dei farmaci cambia sensibilmente tra i malati. Quindi, potremo personalizzare le terapie». «Questa nuova frontiera, definita "medicina di precisione"», continua Delledonne, «spalanca le porte a strategie avanzate di prevenzione. Si potranno individuare le malattie in fase pre-clinica, addirittura prima della comparsa dei sintomi. Di conseguenza, si avrà la possibilità di ridurre al minimo i fattori di rischio non genetici, modificando il proprio stile di vita, con l'obiettivo di evitare che la patologia si manifesti o, perlomeno, di ritardarne l'insorgenza e minimizzare gli effetti». «Abbiamo molte idee da sviluppare. Questo sogno, concepito più di dieci anni fa, inizierà presto a dare frutti», conclude Pezzotti. Con KnoSys100, a Borgo Roma si stanno già interpretando i genomi di 150 pazienti leucemici e di una trentina con malattie genetiche rare. Tra pochi mesi, anche le persone sane che lo desiderano avranno accesso all'analisi. Ma spendendo di tasca propria: in Italia, il sistema sanitario non contempla ancora rimborso. Inghilterra e Danimarca, invece, stanno avviando le prime indagini genomiche di massa. Madri, famiglia, politica e quelle «voci in prestito» Otto marzo, le detenute leggono poesie in centro VERONA — Una data da sfruttare per poter riflettere su conti aperti con la storia e traguardi ancora tutti da conquistare. A Verona istituzioni e associazioni private organizzano diversi eventi per la Giornata internazionale delle donne. Oggi dalle 9 alle 13, nell'aula Cipolla del dipartimento di Scienze giuridiche, si terrà il workshop promosso dalla Federazione autonoma bancari italiani «La normativa antidiscriminatoria e codice pari opportunità». Contemporaneamente, la Consulta delle associazioni femminili, in collaborazione con l'associazione MicroCosmo Onlus, propone la lettura di alcuni testi delle detenute nel Carcere di Montorio. Si discuterà insieme al pubblico, alle 17, nella sala Elisabetta Lodi di via San Giovanni in Valle, durante l'incontro «Le donne cambieranno la politica! Una sfida perduta o un progetto di lungo periodo?» promosso da «Il Filo di Arianna», con la partecipazione di Livia Turco, Alisa Del Re (direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Studi sulle Politiche di Genere dell'Università di Padova) ed Elisa La Paglia, consigliere comunale. Alla stessa ora, in Gran Guardia, si tiene «Voci in prestito»: testimonianze di alcune detenute in permesso, un'intervista corale a donne che hanno riacquisito la libertà, a cui segue la presentazione di una raccolta di scritti delle detenute. Ma la giornata offre ancora molto: alle 20.15 nella sala conferenze di Palazzo da Lisca Cavalli, in via Interrato Acquamorta 54, si terrà l'incontro «Padri ma non solo: il valore della presenza maschile nella prima infanzia per le donne e i bambini», evento promosso dallo Sportello Donna del Comune, in collaborazione con l'associazione Il Melograno. Alle 21, infine, Camploy andrà in scena la rappresentazione «Vecchia sarai tu!» con Antonella Questa. Lo spettacolo è diretto da Francesco Brandi e propone un viaggio alla scoperta di come tre donne vivono la loro età e l'avanzare inesorabile del tempo. VERSO L'8 MARZO. La testimonianza di suor Elisa Kidané, missionaria e direttrice del mensile «Combonifem» L'universo rosa in prima linea nella lotta per i diritti umani Alessandra Galetto «Parità? Quando di un governo non si dirà più quante sono le donne ministro». E sulla violenza «combattere insieme agli uomini» venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 12 Donne che ce l'hanno fatta, impegnate in una lotta quotidiana per i diritti femminili, e più in generale per i diritti umani. Se l'8 marzo è una occasione per riflettere sulla condizione femminile, per ricordare la storia, accidentata quanto coraggiosa, delle conquiste strappate ad una società in cui nascere donna significava la condanna a ruoli predefiniti e marginali, e contemporaneamente un momento per interrogarsi su quanto ancora c'è da fare, un buon modo per «festeggiare» è anche dare voce a quelle donne che hanno sfidato il pregiudizio in nome di una nuova emancipazione per se stesse e per tutte le donne. Una testimonianza preziosa nella nostra città è quella che arriva in questo senso da Elisa Kidané, suora comboniana, scrittrice, poetessa e giornalista direttore di «Combonifem», il mensile delle missionarie comboniane che promuove i temi della giustizia sociale, dei diritti, dignità e pari opportunità, della pace. Suor Elisa, che si definisce «eritrea per nascita, missionaria comboniana per vocazione, cittadina del mondo per scelta» (nata a Segheneiti, in Eritrea, missionaria ad Asmara, inviata quindi in America Latina), parte da una visione positiva: «Le nostre antenate femministe hanno fatto enormi conquiste, oggi noi possiamo ritenerci fortunate grazie al loro impegno. Lo scopo di Combonifem, che proprio in questo mese dedica l'intero numero alla donna, è quello di renderci visibili: per poter contare, è necessario che il mondo conosca quello che la donna pensa, scrive e fa». Una piccola punta polemica: «È stata un'amarezza», dice suor Elisa, «sentire che nel nuovo governo ci sono otto donne ministro, sarà bello quando diranno quanti uomini ministro ci sono! Voglio dire che fa ancora notizia il fatto che le donne abbiano uguali opportunità e pari ruoli degli uomini, quando questa dovrebbe essere una realtà acquisita. Allo stesso modo, quanto è ancora diffuso un atteggiamento offensivo verso la donna quando occupa posizioni pubbliche: per gli uomini ciò non accade». Riguardo al tema doloroso della violenza contro le donne e del femminicidio, suor Elisa riflette su come «il cammino che è stato fatto fino ad oggi è stato una lotta solitaria, condotta dalle donne, ma adesso è venuto il tempo di portare avanti la battaglia insieme agli uomini, al loro fianco, perchè sono loro quelli rimasti indietro, spaventati dalle conquiste e dall'emancipazione delle donne». Sulla condizione della donna nel sud del mondo, la Kidané spiega che «la visione dell'immaginario popolare, cioè una donna vittima gravata dalla fatica con le pignatte in testa, non corrisponde alla realtà delle donne africane, animate da una forza e da un coraggio straordinari. Certo, la società le vorrebbe sottomessa, ma queste donne non sono supine, sono donne in piedi, protagoniste anche dello sviluppo sociale» Un'ultima riflessione sul ruolo delle donne nella Chiesa: «Ci siamo sentite a lungo sole, poco considerate. Anche le religiose dentro la Chiesa sono una parte viva, rappresentano il volto femminile di Dio. Noi speriamo che Papa Francesco sia, anche in questo, il Papa del cambiamento». ANNIVERSARI. Le iniziative per ricordare il primo conflitto mondiale in Veneto saranno coordinate da un Comitato istituito dalla Regione e con un sito dedicato La Grande Guerra ora è itinerario turistico Il «passaporto della memoria» è il progetto per le scuole. Corsi di formazione per le guide e promozione dei territori della storia venerdì 07 marzo 2014 CRONACA, pagina 20 Elena Cardinali INVIATA A PADOVA Gli anniversari non servono solo a ricordare dei particolari momenti storici, tragici nel caso della Grande Guerra, ma anche a creare occasioni per promuovere una cultura di pace, all'insegna dell'ospitalità. È lo spirito con cui la Regione Veneto, attraverso il lavoro del Comitato per il centenario della Grande Guerra e l'Associazione temporanea dei Consorzi turistici veneti per la Grande Guerra, intende attivare la serie di iniziative che saranno realizzate da qui al 2018 per ricordare il primo conflitto mondiale. Se ne è parlato nel corso del convegno organizzato a Palazzo Santo Stefano, sede del Consiglio Provinciale di Padova, dal Gruppo Italiano Stampa Turistica, il Gist, dal titolo «Centenario della Grande Guerra: opportunità per il turismo?». L'incontro, presentato dalla presidente nazionale del Gist Sabrina Talarico, è stato coordinato dal delegato per il Triveneto del Gist Giovanni Stefani. L'OBIETTIVO, ha precisato Roberto Rigoni, presidente del Consorzio turistico Asiago Sette Comuni capofila dell'Associazione temporanea dei consorzi veneti, «non è portare i visitatori nei luoghi dove si svolsero le battaglie o ai sacrari, ma di dar conoscere loro i luoghi, con le loro peculiarità. Per questo la strategia turistica per valorizzare gli itinerari della Grande Guerra prevede la creazione di una piattaforma multimediale per le informazioni turistiche, iniziative mirate per le scuole, corsi formativi specifici per le guide turistiche, che si terranno in tutte le province venete interessate al progetto del centenario, la creazione di una rete di collaborazioni con il Centro turistico giovanile, il Touring Club Italiano e il Cai e con le altre città interessate ai temi del centenario». INIZIATIVE ne esistono già molte, ha aggiunto Rigoni, «ma ora siamo riusciti a creare un coordinamento. E tra gli attori principali ci dovranno essere gli operatori turistici. Per quanto riguarda le scuole, inoltre, si pensa a un passaporto della memoria dove a ogni visita effettuata corrisponderà un timbro. I ragazzi che ne avranno di più potranno concorrere a un premio. Prossimamente sarà organizzato un workshop a Venezia mentre il 14 marzo, ad Asiago, verrà proiettato in anteprima il film di Ermanno Olmi legato alla Grande Guerra e girato proprio ad Asiago». IL COMITATO SCIENTIFICO, ha spiegato Marzio Favero, «raccoglie un lavoro molto articolato fatto da molti soggetti. Il problema era di coordinare e mettere in rete le persone e le iniziative. Si parla, ad esempio, di 400 chilometri di percorsi da realizzare, di coordinare risorse e proposte di otto province, tenendo conto che non sappiamo che fine faranno le Amministrazioni provinciali, di far lavorare tre sottocomitati. In queste ore in Regione si sta discutendo sugli investimenti da fare ma non c'è da aspettarsi cifre altissime». Ma la volontà di raccontare una storia straordinaria, dal punto di vista della quotidianità, della letteratura e della memoria dei luoghi c'è tutta, fa capire Favero, ricordando che esiste già un sito web regionale,www.ecomuseograndeguerra.it, «in fase di completa ristrutturazione e aggiornamento», che diventerà uno dei punti di riferimento informativi per chi vorrà conoscere tutte le iniziative del Veneto per il centenario. LA PROSPETTIVA, rimarca Favero, «è di andare oltre il centenario, creando una rete di perocrsi storici per i turisti che vadano ad aggiungersi all'offerta turistica regionale, sull'esempio di quanto fatto in Francia per i luoghi dello sbarco in Normandia. Anche i musei dovranno svecchiarsi e specializzarsi. Non si può offire al visitatore una serie di siti dove si vedono sempre le stesse cose. Se vogliamo visitatori è necessario rendere attrattivi gli itinerari». E ha ricordato che in Europa sono cinque milioni i visitatori che ogni anno visitano i luoghi della Grande Guerra, conflitto che nel solo Veneto vide la presenza di soldati di 23 nazionalità diverse. Sull'Altopiano di Asiago vi sono testimonianze di soldati provenienti dal Ghana. IL RUOLO DI VERONA non sarà secondario, ha precisato Favero. Tra città e provincia esistono due luoghi di riferimento fondamentali, il museo della Grande Guerra nel forte di Rivoli, che ospita la collezione di reperti intitolata a Walter Rama, e forte Biondella, sulle Torricelle, con il suo museo di reperti della Fondazione Carlo Ederle. Inoltre sul Baldo tra Veneto e Trentino vi sono ancora testimonianze legate alla prima guerra mondiale, luoghi che sono da tempo itinerari che si snodano tra la natura e la memoria. «Il centenario è un'occasione straordinaria per accentuare il valore dei luoghi della Grande Guerra», conclude Favero, «ma bisogna coglierne il grande valore culturale e umano».
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