Martino Gamper 22 ottobre 2014 – 22 febbraio 2015 Anteprima stampa 21 ottobre ore 11.00 La Pinacoteca Agnelli continua la sua ricerca sul tema del collezionismo e ospita, dal 22 ottobre 2014 al 22 febbraio 2015, “Martino Gamper: design is a state of mind”, organizzata in collaborazione con Serpentine Galleries di Londra e il Museion di Bolzano. “Non c’è un design perfetto e non c’è un über-design. Gli oggetti ci parlano. Alcuni possono essere più funzionali di altri, ma l’attaccamento emotivo è soggettivo. La mostra svela un modo intimo di collezionare e mettere insieme oggetti – sono pezzi che raccontano una favola.” – Martino Gamper La mostra, a cura del designer italiano Martino Gamper (Merano, 1971), presenta librerie e mobili, che raccontano la storia del design e il loro impatto sulle nostre vite, dagli anni ’30 ad oggi. Variando dai classici della storia del design ai pezzi unici al design industriale, a quello funzionale fino a lavori commissionati, la mostra includerà oggetti di noti designers come Franco Albini, Ercol, Charlotte Perriand, Gaetano Pesce, Giò Ponti, Ettore Sottsass disposti vicino a IKEA e Dexion. La funzionalità di ogni pezzo è sottolineata dagli oggetti che Gamper ha scelto dalle collezioni private di amici e colleghi, nonché una vasta libreria di cataloghi di produzione di mobili contemporanei di tutto il mondo, a rappresentare in modo eclettico il modo in cui disponiamo, archiviamo e organizziamo le cose che possediamo. Dalla bellezza del quotidiano alla meraviglia della reliquia, queste collezioni offrono una panoramica delle ispirazioni e delle ossessioni dei designers. Tra i designers le cui collezioni saranno in mostra: Enzo Mari, Paul Neale, Max Lamb & Gemma Holt, Jane Dillon, Michael Marriott, Sebastian Bergne, Fabien Cappello, Adam Hills, Michael Anastassiades, Andrew McDonagh & Andreas Schmid, Daniel Eatock e Martino Gamper stesso. In mostra un’installazione realizzata da Martino Gamper come omaggio all’iconico designer italiano Enzo Mari e alla sua collezione di disegni, appunti e fermacarte raccolti negli anni. La mostra alla Pinacoteca Agnelli esporrà inoltre alcune librerie e mobili di collezioni private torinesi. La pratica di Martino Gamper comprende exhibition design, interior design, lavori su commissione, design di prodotto per aziende di arredamento internazionali. Alla continua ricerca di nuovi modi di interagire e attivare il design con la vita di tutti i giorni, il lavoro di Gamper sfida i confini tra arte, design, performance e curatela. La mostra è stata ospitata alla Serpentine Sackler Gallery di Londra ( 5 marzo al 18 maggio 2014) e sarà poi ospitata al Museion di Bolzano (12 giugno al 13 settembre 2015) dove Martino Gamper nel 2011 ha ideato lo spazio di Passage. La mostra alla Pinacoteca Agnelli è sponsorizzata da BNP Paribas, Borbonese e Reale Mutua. Martino Gamper Martino Gamper (nato nel 1971 a Merano, Italia) vive e lavora a Londra. Dopo aver lavorato come apprendista con un produttore di mobili a Merano, Gamper ha studiato scultura con Michelangelo Pistoletto presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna. Nel 2000 ha completato un Master al Royal College of Art di Londra, dove ha studiato con Ron Arad. Lavorando al confine tra design e arte, Martino Gamper si impegna in una serie di progetti, dalla progettazione espositiva, all’interior design, commissioni una tantum e design dei prodotti di massa per l’industria del mobile internazionale. Gamper ha presentato le sue opere e i suoi progetti in tutto il mondo. Tra le mostre e le commissioni: ‘Tu casa, mi casa’, The Modern Institute, Glasgow (2013); ‘Bench Years’, commissione London Design Festival, V&A Museum di Londra (2012); Gesamtkunsthandwerk’ (Karl Fritsch, Martino Gamper e Francesco Upritchard), Govett-Brewster Art Gallery, New Plymouth - Nuova Zelanda (2011); Progetto per Café Charlottenborg, Kunsthal Charlottenborg, Copenhagen (2011); ‘Bench a Bench’, arredo urbano pubblico a East London, in collaborazione con LTGDC (2011); ‘A 100 chairs in 100 days’, 5 Cromwell Place, Londra (2007); ‘Wouldn’t it be Nice...Wishful thinking in Art & Designʼ, Centre d’Art Contemporain, Ginevra (2007). Gamper ha vinto il Premio Moroso per l’arte contemporanea nel 2011, e il Brit Insurance Designs of the Year, Furniture Award nel 2008 per il suo progetto ‘A 100 Chairs in 100 days’. www.pinacoteca-agnelli.it www.serpentinegalleries.org www.museion.com Sponsors Ufficio stampa Silvia Macchetto ufficiostampa@ pinacoteca-agnelli.it T + 39 340 6350241 Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli via Nizza 230/103 10126 Torino www.pinacoteca-agnelli.it In collaborazione con: Media partner Martino Gamper Biografia Martino Gamper (nato nel 1971 a Merano, Italia) vive e lavora a Londra. Dopo aver lavorato come apprendista con un produttore di mobili a Merano, Gamper ha studiato scultura con Michelangelo Pistoletto presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna. Nel 2000 ha completato un Master al Royal College of Art di Londra, dove ha studiato con Ron Arad. Lavorando al confine tra design e arte, Martino Gamper si impegna in una serie di progetti, dalla progettazione espositiva, all’interior design, commissioni una tantum e design dei prodotti di massa per l’industria del mobile internazionale. Gamper ha presentato le sue opere e i suoi progetti in tutto il mondo. Tra le mostre e le commissioni: ‘Tu casa, mi casa’, The Modern Institute, Glasgow (2013); ‘Bench Years’, commissione London Design Festival, V&A Museum di Londra (2012); Gesamtkunsthandwerk’ (Karl Fritsch, Martino Gamper e Francesco Upritchard), Govett-Brewster Art Gallery, New Plymouth, Nuova Zelanda (2011); Progetto per Café Charlottenborg, Kunsthal Charlottenborg, Copenhagen (2011); ‘Bench a Bench’, arredo urbano pubblico a East London, in collaborazione con LTGDC (2011); ‘A 100 chairs in 100 days’, 5 Cromwell Place, Londra (2007); ‘Wouldn’t it be Nice...Wishful thinking in Art & Design, Centre d’Art Contemporain, Ginevra (2007). Gamper ha vinto il Premio Moroso per l’arte contemporanea nel 2011, e il Brit Insurance Designs of the Year, Furniture Award nel 2008 per il suo progetto ‘A 100 Chairs in 100 days’. Estratti da catalogo Martino Gamper Estratti da catalogo Prefazione dei direttori design is a state of mind è principalmente una mostra di librerie e contenitori, che spaziano dai classici del design storico ai pezzi unici e a sistemi di visualizzazione industriali, utilitaristici e moderni. Questi mobili iconici rappresentano alcuni dei grandi designer del secolo scorso e ci rendono consapevoli dei modi in cui la loro progettazione ha modellato la nostra vita. La scaffalatura funziona a sua volta come struttura di supporto per gli oggetti selezionati dalle collezioni di amici e colleghi di Gamper, ed esplora le relazioni intime che formiamo con oggetti nel tempo come afferma Gamper stesso, “il design è uno stato della mente e del corpo”. La celebrazione di Gamper del design come una parte funzionale e attiva della nostra vita quotidiana è rappresentata anche negli spazi centrali della Serpentine Sackler Gallery, che ospita una serie di eventi in diretta per tutta la durata della mostra. … … design is a state of mind si basa sull’idea di accumulo e questo concetto è strettamente legato alla missione della Pinacoteca Agnelli. La Pinacoteca Agnelli ringrazia Martino Gamper e le Serpentine Galleries per aver partecipato al progetto ed è lieta di lavorare nuovamente con la Serpentine Gallery dopo il successo della mostra China Power Station che è stata ospitata dalla Pinacoteca Agnelli nel 2010–11. Estratti da catalogo Intervista: Martino Gamper Julia Peyton-Jones Hans Ulrich Obrist JPJ: Sembra che ci sia un linguaggio speciale per le persone che progettano le cose. Sono spesso chiamati “creatori”. ‘Artigianato’ ha un significato particolare e le sue associazioni istituzionali possono causare disagio. Potremmo iniziare parlando di questa terminologia? degli ultimi dieci, quindici anni quello per cui le persone hanno cominciato a dire, ‘io progetto e costruisco anche’, perché una volta non esisteva la via di mezzo. Andare fino in fondo e dire: ‘Sono un artigiano’, probabilmente per molte persone è un passo troppo lungo. MG: Penso che sia probabilmente un tentativo per trovare una parola migliore per “artigianato”. I designer non sono necessariamente collegati alla professione artigianale, perciò designer [in inglese designer/maker – o maker/ designer N.d.T.] è un termine che include sia coloro che progettano sia coloro che creano. … HUO: Perché non usare solo la parola ‘designer’? Perché il termine inglese deve includere anche ‘creatore’? MG: Credo che derivi da quest’idea che era molto forte negli anni 1980 e 1990 che il progettista non è quello che effettivamente fa le cose. Il designer delega ad altre persone il compito di realizzare quello che ha progettato. Penso che sia un fenomeno nuovo – MG: Enzo Mari ha sempre separato l’artigianato dalla progettazione. L’artigianato per lui era qualcosa di molto sacro, così come lo era l’industria. Non gli piaceva molto questo accavallamento. Non c’era niente in mezzo. Era molto assoluto su questo argomento. Ora che i processi produttivi sono cambiati, l’industria non si limita a fabbricare prodotti di massa. Fa anche oggetti personalizzati: scarpe in edizione limitata, per esempio. Queste sono prodotte industrialmente, ma c’è ancora una persona che contribuisce a creare il singolo oggetto. … Estratti da catalogo HUO: Si parla di artigianato in termine di oggetti, ma è costantemente dimostrato che non dobbiamo limitare l’artigianato a cose puramente fisiche. Dovremmo considerare la descrizione di Richard Sennett dell’artigianato, per la quale i nuovi esperti digitali sono anche artigiani. Un artigiano o un’artigiana può avere una visione più ampia rispetto alla propria specializzazione e può sapere un sacco di cose. Questo ha a che fare con il tuo modo di lavorare, non è vero? MG: Per me, le mostre sono sempre state un modo di parlare di design in modo diverso da quando si progetta qualcosa per una fiera di settore, per esempio, perché ciò comporterebbe la produzione di mobili perché venissero espressamente visualizzati in uno showroom. Ho sempre creduto che questo non sia il motivo per cui dovrebbe esistere il design. la sensazione di essere in un archivio e di vedere questa fila di scaffali e poi, quando cominci a vagare, diventano una specie di linea del tempo o un film … MG: Per me, questo è il tema principale della mostra e spiega la scelta del titolo: design is a state of mind. In realtà si tratta di come si vorrebbe percepire qualcosa, piuttosto che prescrivere ciò che dovrebbe essere il design. È parte integrante della mia pratica: l’approccio a 360 gradi che spazia dalla progettazione, al lavoro nell’industria, alla costruzione di pezzi unici, al lavoro con le gallerie, alla progettazione di mostre. Per me, questo è ciò che il design dovrebbe fare: creare più possibilità. JPJ: Il tuo concetto di universalità di mobili è affascinante: la comprensione universale e il riconoscimento della forma e la funzione di una sedia, per esempio. Ci puoi raccontare la transizione dalle sedie agli scaffali, che andranno a formare la parte centrale della mostra, e perché per te gli scaffali hanno la stessa importanza delle sedie? MG: Be’, era legato a un lavoro che ho fatto e che ho chiamato Collective (2008). Si compone di scatole di dimensioni diverse fissate alla base di una sedia. Su queste scatole ho messo delle piccole etichette che avevo fatto; si trattava di etichette molto personali, su come vorrei organizzare la mia vita. Alcune di esse erano per gli oggetti che avevo trovato in casa mia e non sapevo a quale categoria appartenessero, come ‘filo breve, cavi lunghi’, che era il titolo che avevo inizialmente pensato per la mostra. Ho guardato le mie collezioni e poi ho pensato ‘Be’, ovviamente ci sono tutte queste altre persone là fuori con le loro collezioni e sono curioso di andare a vedere che cosa hanno’. … MG: Ho capito che avrei potuto in qualche modo parlare di come le persone raccolgono gli oggetti e come collezionano le cose. Sedie, tavoli e scaffali sono le parti principali di un ambiente domestico... Ho voluto creare … HUO: Puoi raccontarci un po’ come sei arrivato a questa idea delle collezioni dei designer e come li hai scelti? Estratti da catalogo A volte il design dovrebbe venire dallo stomaco Alice Rawsthorn L’approccio di Gamper al suo lavoro di designer e produttore di mobili, oggetti e ambienti è più caldo, più libero, più conviviale, intuitivo e improvvisato. Guidato dall’istinto, ha definito un approccio singolare al design trattando ogni progetto come un esperimento il cui esito è determinato dal corso del processo di progettazione, piuttosto che dal suo desiderio di conformarsi a criteri progettuali convenzionali quali l’efficienza, la bellezza o l’innovazione. Ignorando i confini tradizionali tra design e arte, tecnologia e artigianalità, Gamper è risultato un prolifico designer profondamente idiosincratico, che lavora in molti campi diversi – da singole commissioni alla produzione di massa – con una vasta scelta di materiali e tecniche, e una gamma eclettica di collaboratori che include artisti, musicisti, falegnami, vetrai, autori e cuochi, oltre naturalmente ai progettisti. Immerso nei suoi entusiasmi – come l’arte, il cibo, il ciclismo e la musica – Gamper considera i pasti epici che cucina per gli amici, per i quali inventa spesso ricette, mobili, piatti, posate e utensili da cucina, importanti quanto i suoi oggetti per la sua evoluzione nel design. … Gamper ha scoperto il design per caso… ha lasciato la scuola a quattordici anni per continuare gli studi facendo apprendistato presso un ebanista… a poco più di vent’anni, Gamper si è iscritto a un corso di scultura tenuto dall’artista Michelangelo Pistoletto presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna. … Nel 1997, si è trasferito a Londra per studiare product design (progettazione del prodotto) al Royal College of Art, dove ha ricominciato a costruire mobili. Applicando ai materiali di recupero Estratti da catalogo la tecnica che aveva acquisito da apprendista, Gamper ha costruito oggetti o parti di essi, per lo più angoli, da cui era ossessionato in quel periodo. scelta dei materiali, degli strumenti e dei metodi, di come organizzare il processo e visualizzare il prodotto finito. E poi c’è la sensazione di avvicinare le persone”. … … Socievole e pieno di risorse, è riuscito a diventare una figura dinamica sulla scena indipendente del design di Londra organizzando mostre con gli amici e progetti ad hoc, come la Trattoria al Cappello, prima versione di un ristorante animato per il quale ha progettato pasti elaborati in luoghi diversi con due amici del Royal College of Art, Maki Suzuki e Kajsa Ståhl del gruppo Åbäke, e il graphic designer Alex Rich. Oltre a progettare l’ambientazione di ogni pasto, hanno inventato i piatti utilizzando utensili estemporanei come un trapano a batteria che Gamper aveva personalizzato per montare la panna, e le grattugie su misura ideate per polverizzare il suo ingrediente preferito, lo zenzero. “La cucina e la progettazione sono due cose simili”, ha osservato Gamper. “In ogni caso, si tratta della L’obiettivo di Gamper è che le persone siano così affascinate da quello che trovano nella mostra da mettere in discussione i loro preconcetti sul design e riconsiderino il modo in cui oggetti e ambienti diversi influiscono sul loro comportamento e sulle scelte che fanno. “Speriamo che vadano via con l’idea che il design può essere molto più di una sedia ben progettata”, ha affermato. “Ci sono molti approcci diversi al design, che non ha un significato preciso. Ecco perché lo descrivo come uno stato della mente che è in continua evoluzione”
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