Relazione Giampaolo Nebbia

SAIE Built Academy 24 ottobre 2014 – La gestione delle opere infrastrutturali
Gestione del controllo delle opere d’arte autostradali
Giampaolo Nebbia – Spea Ingegneria Europea
Abstract
La gestione delle opere d’arte autostradali ha assunto da anni un’importanza sempre maggiore nel settore
dell’ingegneria civile e l’impegno di risorse ad essa destinato riveste un’incidenza considerevole nei bilanci di
chi gestisce tale patrimonio.
Solo le opere costruite negli ultimi anni sono dotate di un piano di manutenzione (D.P.R. 554/99 e D.P.R.
207/2010), redatto dallo stesso progettista, che consente una programmazione dei controlli e degli interventi,
con l’obiettivo di minimizzare le spese ed allocarle nel tempo di vita nominale del manufatto.
Per le opere infrastrutturali, invece, che non hanno un piano di manutenzione, e che sono la quasi totalità di
quelle esistenti nel nostro paese, è compito del gestore controllare che lo stato di conservazione sia sempre
tale da garantire la sicurezza e la fruizione completa del bene.
Il controllo delle opere d’arte stradali è regolato in Italia dalle Circolari Ministeriali del 19/7/67 e del 25/02/91.
La Spea-Ingegneria Europea ha l’incarico della sorveglianza, secondo i dettami delle suddette Circolari,
delle opere d’arte principali della rete gestita da Autostrade per l’Italia, utilizzando da più di 25 anni il sistema
informatico STONE, costituito da una banca dati di quanto viene rilevato nelle ispezioni e da un software di
elaborazione che, attraverso una serie di algoritmi quali l’indice di degrado e la sua evoluzione nel tempo, il
costo degli interventi di ripristino, il budget, fornisce gli strumenti per la pianificazione degli interventi.
Un sistema come quello descritto necessita di miglioramenti ed aggiornamenti in relazione alle nuove
opportunità che può offrire la tecnologia; tra le applicazioni che sono in fase di sviluppo, si citano
l’introduzione del tablet nel rilievo delle opere in campo, l’utilizzo del Drone come ausilio all’effettuazione
delle ispezioni, l’uso delle fibre ottiche per il monitoraggio da remoto delle strutture.
Premessa
La gestione delle opere d’arte autostradali è un settore di fondamentale importanza
nel panorama dell’ingegneria civile, visto anche l’impegno di risorse ad essa destinato nei
bilanci di chi gestisce tale patrimonio.
Solo le opere costruite negli ultimi anni sono dotate di un piano di manutenzione,
redatto dallo stesso progettista, che consente una programmazione dei controlli e degli
interventi, con l’obiettivo di minimizzare le spese per il mantenimento in buone condizioni
delle opere ed allocarle nel tempo in maniera ben definita. La stesura dei piani di
manutenzione si è resa possibile grazie all’esperienza acquisita in decenni di attività di
monitoraggio delle opere stradali, che ha arricchito il patrimonio delle conoscenze, con
ricadute anche sulla ottimale concezione delle nuove costruzioni.
Per le opere infrastrutturali, invece, che non hanno un piano di manutenzione
redatto dal progettista, che sono poi la quasi totalità di quelle esistenti sul patrimonio
infrastrutturale del nostro paese, è una necessità prioritaria del gestore controllare che non
insorgano problemi legati al degrado e all’usura, che rischiano di compromettere la
sicurezza e quindi la fruizione del bene.
Il piano di manutenzione
Il piano di manutenzione (art. 40 del D.P.R. 554/99 e successivo art. 38 del D.P.R.
207/2010) è il documento complementare al progetto esecutivo che prevede, pianifica e
programma, l’attività di manutenzione di un’opera, al fine di mantenerne nel tempo la
funzionalità, le caratteristiche di qualità, l’efficienza ed il valore economico.
Il decadimento dei livelli prestazionali dipende da molteplici fattori (materiali
costituenti, caratteristiche dell’ambiente, natura dei carichi, numero dei cicli di carico, ecc.)
e, soprattutto, dalla loro variabilità spazio-temporale; vanno quindi sempre considerate le
possibili variazioni ed aleatorietà che tendono inevitabilmente a far discostare le condizioni
reali di esercizio nel corso della vita del manufatto dalle previsioni progettuali.
Le parti strutturali di un’opera, oltre ad essere soggette a fenomeni di decadimento
e di usura “fisiologici” all’interno del periodo di vita utile, in ragione della natura stessa dei
materiali costitutivi, delle caratteristiche d’impiego, dell’ambiente circostante, ecc.,
possono essere soggette a:
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− manifestazioni di degrado e di deterioramento “patologiche”, per cui l’insorgenza di
irregolarità o anomalie, che comportano il decadimento della prestazione, non è
“naturalmente” prevista o prevedibile all’interno del periodo di vita utile, in conseguenza
di difetti occulti, cattiva esecuzione, materiali di qualità non adeguata, modifiche
impreviste o imprevedibili delle condizioni di carico o dei fattori ambientali, ecc.;
− eventi “traumatici” di natura eccezionale e improvvisa, il cui tempo di ritorno statistico
supera in molti casi la durata del piano e, talora, la vita utile delle stesse opere, come
terremoti, alluvioni, esplosioni, incidenti, ecc.
Prescindendo da questi ultimi, per la loro imprevedibilità ed eccezionalità, i
fenomeni di decadimento e di usura “fisiologici”, all’interno del periodo di “vita nominale” di
un’opera strutturale, come definita dalle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, sono
presi in considerazione attraverso l’introduzione di attività di “manutenzione ordinaria”
individuate e programmate preventivamente.
Le manifestazioni di degrado e deterioramento “patologiche”, invece, possono
sempre verificarsi, indipendentemente dal livello di decadimento fisiologico; per questo
motivo occorre che ogni parte dell’opera sia comunque soggetta a ispezioni con cadenza
regolare, al fine di individuare e segnalare sul nascere dissesti, irregolarità e anomalie.
La manutenzione programmata
Per le opere infrastrutturali che non hanno un piano di manutenzione redatto dal
progettista, come già segnalato, è comunque compito del gestore controllare che lo stato
di conservazione sia sempre tale da garantire la sicurezza e la fruizione completa del
bene.
I manufatti di queste infrastrutture sono oggetto di un invecchiamento che nessuno
aveva previsto al momento della progettazione e della realizzazione, sia per la vertiginosa
crescita dei livelli di traffico, che del peso dei carichi transitanti e dell'aggressione chimicofisica degli elementi ambientali; solo un efficace monitoraggio, pertanto, può consentire di
valutare il reale stato di conservazione e di conseguenza le necessità e le priorità degli
interventi di ripristino più appropriati sia dal punto di vista tecnico che temporale.
Su queste opere è necessario mettere in atto un sistema di controlli e interventi che
viene correntemente utilizzato da diverse decine di anni, definito come “manutenzione
programmata”. Questa si pone in maniera alternativa e nettamente più evoluta alla
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gestione, purtroppo molto spesso adottata nel nostro paese, che prevede di intervenire
solo nel momento in cui il danno si è manifestato.
La manutenzione programmata, antesignana del moderno piano di manutenzione,
si basa sul controllo periodico dello stato di conservazione degli elementi costituenti i
manufatti, in modo da identificare tempestivamente quelli che tendono verso uno stato di
deterioramento ed intervenire su di essi prima che si giunga alla “rottura”, con lavori di
ripristino mirati ad ottenere il massimo beneficio col minimo impegno economico e ridotto
disagio per l’utenza.
Una corretta adozione di questo tipo di manutenzione prevede le seguenti fasi:
•
la conoscenza del patrimonio, evidentemente un problema che non ha chi ha il
piano di manutenzione fatto dal progettista e aggiornato dall’esecutore
dell’opera;
•
la conoscenza del suo stato di conservazione attuale, ottenuta attraverso un
monitoraggio periodico;
•
la pianificazione degli interventi mediante l’analisi dei dati del monitoraggio
(graduatoria dello stato delle opere, definizione della priorità degli interventi);
•
la progettazione ed esecuzione degli interventi di manutenzione.
Il monitoraggio delle opere autostradali
Il controllo delle opere d’arte stradali è regolato in Italia dalle attuali Norme vigenti in
materia, che sono essenzialmente due:
1. la Circolare Ministeriale del 19/7/67 “Controllo delle condizioni di stabilità delle opere
d’arte stradali”;
2. la Circolare Ministeriale del 25/02/91 “Istruzioni relative alla normativa tecnica dei ponti
stradali”.
I punti salienti della Circolare del ’67 sono l’istituzione di una ispezione trimestrale
(eseguita da tecnici diplomati) e di una ispezione annuale (eseguita da ingegneri); la
Circolare illustra le modalità di esecuzione delle ispezioni e prevede la compilazione di un
rapporto a seguito delle stesse, oltre alla compilazione di una scheda dove vengono
riportati i dati salienti del manufatto e le sue caratteristiche principali.
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La Circolare del ’91 per ponti stradali, affronta le medesime questioni senza
particolari ulteriori specificazioni; di conseguenza, a tutt’oggi, il punto di riferimento rimane
la Circolare del ’67.
Nessuna prescrizione ulteriore è aggiunta dalle normative successive, comprese le
NTC del 2008.
L’esempio più importante nel nostro paese di gestione di una infrastruttura è
costituito dalla Società Autostrade per l’Italia, che ha in concessione circa 3.000 km di
autostrade, sulle quali si contano intorno ai 1.870 tra viadotti e ponti di luce superiore a 10
metri, di realizzazione a partire dagli anni ’20. Considerato il notevole numero di
informazioni da trattare, è stato creato da più di 25 anni un sistema di gestione,
denominato STONE, costituito da una banca dati informatica di quanto viene rilevato
durante il monitoraggio e da un software di elaborazione che permette la pianificazione
degli interventi.
Il sistema prevede la compilazione di apposite schede che consentono da un lato
un’analisi dettagliata delle caratteristiche costruttive, dall’altro un rilievo accurato degli
ammaloramenti presenti ai fini del giudizio di stato dell’opera; le metodologie da utilizzare
sono opportunamente codificate in manuali operativi onde evitare interpretazioni
soggettive dei rilevatori.
Il Data Base STONE
Il programma, ideato ed utilizzato dai tecnici della Spea – Ingegneria Europea,
società d’ingegneria del Gruppo Autostrade per l’Italia, permette la creazione di una
“banca dati” relazionale contenente le informazioni identificative delle opere e quelle che
emergono dai rilievi in campagna.
I dati raccolti sono sostanzialmente di tre tipi:
•
dati di identificazione delle opere, caratteristiche strutturali rilevanti e annotazioni
storiche degli interventi e dei controlli non distruttivi svolti;
•
difetti ed anomalie riscontrate nel corso delle ispezioni;
•
immagini relative a fotografie delle opere e dei relativi degradi.
Per ciascuna opera è possibile produrre i seguenti documenti:
•
la scheda anagrafica, che contiene le caratteristiche tecniche fondamentali (numero
di campate, misura delle luci, morfologia dell’impalcato, tipo di struttura, ecc.), le
informazioni di carattere generale quali: dati amministrativi, dati ambientali,
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informazioni relative a interventi e indagini specialistiche cui è stata sottoposta
l’opera nel corso degli anni;
•
il rapporto d’ispezione che contiene le anomalie presenti sull’opera alla quale si
riferisce, suddivise per singole parti strutturali, la data di ispezione e i nomi dei
rilevatori che l’hanno effettuata; per ciascun difetto inoltre sono attribuiti dei voti, con
valore crescente in funzione della gravità della situazione riscontrata, e altri
parametri che indicano il numero di parti interessate dai difetti e l’estensione media
di questi, che permettono le successive elaborazioni;
•
la scheda storica dell’opera, compendio dei due precedenti, che riporta i dati della
scheda anagrafica, integrata dalla successione cronologica delle ispezioni, per
ciascuna delle quali è riportata la data, le parti della struttura i cui difetti hanno
subito delle variazioni rispetto all’ispezione precedente, cosa è variato, i nomi dei
rilevatori.
Per quanto riguarda la consultazione dell’archivio informatico si possono effettuare
ricerche incrociate nella “banca dati”; è ad esempio possibile selezionare le opere di una
determinata tipologia strutturale o aventi un tipo di appoggio o di giunto ed estrarne
soltanto i difetti più gravi di una o più parti strutturali.
Punto peculiare del sistema è la codifica dei difetti e l’attribuzione dei voti. Durante
le ispezioni i difetti vengono individuati separatamente per ciascuna parte strutturale; per
ogni difetto sono attribuite le seguenti informazioni:
•
descrizione del difetto;
•
ubicazione all'interno della parte strutturale in esame;
•
estensione, relativamente alla zona precisata nell'ubicazione;
•
voto esprimente la gravità della situazione con scala da 1 a 7 in ordine di gravità
crescente;
•
numero di elementi interessato e percentuale media di ammaloramento;
•
evidenziazione del difetto (attraverso il termine "da segnalare") per la sua
particolare rilevanza e gravità, o perché importante ai fini della sicurezza del
traffico, o perché necessita prioritariamente di un intervento.
A titolo esemplificativo si riporta nel seguito un rapporto d’ispezione:
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Immagine video di una scheda di rilevamento trimestrale
La valutazione del difetto viene fatta attribuendo a ciascuno un voto che esprime la
gravità della situazione riscontrata, in rapporto alla riduzione che il difetto stesso può
indurre sul coefficiente di sicurezza, alla sua evolvibilità nel tempo, all'importanza della
parte strutturale in cui si manifesta.
La scala dei valori va da un minimo di 1 ad un massimo di 7, con il significato per
ciascuno dei voti riportato nel diagramma seguente.
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Le elaborazioni dei dati
Il metodo più semplice per valutare lo stato di un’opera nel suo complesso è quello
di attribuirle il voto massimo riscontrato sui suoi difetti; infatti se il voto determina la
priorità d’intervento, la stessa può essere trasferita dal difetto più grave all’opera intera. Di
conseguenza si può già stilare una prima graduatoria di priorità d’intervento per l’insieme
delle opere gestite.
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Un metodo lievemente più raffinato per valutare lo stato di conservazione dell’opera
e fare il raffronto tra più opere (che è poi il vero problema del gestore di un gran numero di
opere) è il cosiddetto “medagliere”, basato sui tre voti di gravità più alti riscontrati.
I risultati che si ottengono col sistema del voto massimo e del “medagliere” sono già
sufficienti per la prima fase di utilizzo di un sistema di manutenzione programmata,
quando cioè si tende a soddisfare l'esigenza primaria di eliminare le situazioni di rischio,
individuando le opere su cui intervenire prioritariamente.
Altre elaborazioni più complesse permettono invece di avere delle graduatorie di
opere più articolate, per tendere al massimo del "beneficio" con la minima spesa,
ottenendo delle vere e proprie strategie d’intervento nel tempo:
•
l’indice di degrado, che esprime una valutazione complessiva dello stato di
un’opera;
•
il costo presunto degli interventi, che fornisce una valutazione approssimata
dell’impegno economico per risanare l’opera.
Tutte queste valutazioni confluiscono in una scheda di budget, che serve a predisporre
un primo piano dei lavori, da approfondire tramite l’acquisizione di ulteriori elementi di
giudizio.
Si passa nel seguito ad esaminare in dettaglio queste applicazioni.
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L'indice di degrado
L'indice di degrado è un algoritmo che prende in conto la gravità dei difetti e
l’importanza della parte strutturale in cui sono presenti, attraverso l’introduzione di appositi
“pesi”, e la loro distribuzione sull'opera. In questo modo è possibile tradurre in un unico
numero lo stato di degrado del ponte.
Nella pratica l’indice di degrado è utilizzato sotto due forme:
•
l'indice di degrado totale, IDT, che si ottiene come combinazione di tutti i voti dei difetti
presenti su un'opera e si utilizza in particolare come indicatore del "beneficio" ottenuto
con gli interventi di ripristino, calcolando la differenza del suo valore prima e dopo
l'esecuzione dei lavori;
•
l’indice di degrado normalizzato, IDN, che esprime lo stato di conservazione, ottenuto
dividendo l'IDT per il numero di campate, che si utilizza invece per mettere a confronto
più opere.
Questi due indici sono comunque sempre accompagnati dall'indicazione del voto
massimo che manifesta l'urgenza di un intervento.
Il programma di calcolo consente di poter individuare l’indice di degrado residuo a
seguito di vari scenari di intervento:
Intervento globale:
è l'intervento ovviamente più costoso e tende ad eliminare tutti i
difetti presenti sull'opera (elimina i difetti con voto da 1 a 7)
Intervento profondo:
elimina tutti i difetti che si ritiene necessitino di riparazioni, pur
non essendo tutti questi interventi urgenti (elimina i difetti con
voto da 4 a 7)
Intervento necessario:
elimina tutti i difetti che si ritiene necessitino di riparazione a
breve termine (elimina i difetti con voto da 5 a 7)
Intervento indispensabile: elimina i difetti per i quali è indifferibile la riparazione per motivi
di sicurezza (elimina i difetti con voto da 6 a 7).
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Una immagine video della scheda Indice di Degrado
Il costo presunto
Per poter valutare in termini economici il degrado delle opere, viene associato ad
ogni difetto un costo di riparazione.
Per realizzare ciò, l'algoritmo tiene conto sia del voto che dell'estensione del difetto:
il primo è associato ad un costo unitario, mentre la superficie interessata dall'intervento si
determina con l'ausilio di una tabella dove sono riportate tutte le principali misure delle
parti strutturali di ciascuna opera.
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Una immagine video della scheda Costo presunto attuale
La combinazione dei costi unitari con le quantità interessate dai difetti fornisce un
valore approssimato del costo di ripristino dell'opera.
E' da notare che sono stati introdotti dei correttivi per tener conto della differenza
che solitamente si rileva tra la superficie degradata e quella effettivamente investita dal
lavoro, che in pratica risulta sempre maggiore della precedente.
Il programma di calcolo consente di individuare il costo in relazione ai livelli di
intervento precedentemente definiti.
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Il Budget
Nella tabella budget vengono condensati gli elementi di giudizio elaborati per
l’insieme delle opere analizzate; per ognuna di esse compaiono il voto massimo, l'indice di
degrado normalizzato ed il costo presunto del ripristino, articolati per i vari livelli di
intervento.
Nella tabella di output le opere selezionate compaiono ordinate prima per voto
massimo decrescente e poi, all'interno di questa suddivisione, per indice di degrado
normalizzato decrescente.
Tale tabella si utilizza per poter operare le scelte tra varie possibilità di
aggregazione dei lavori da svolgere, oppure, per individuare, a parità di spesa, il massimo
del beneficio, espresso come il valore della diminuzione dell'indice di degrado totale
complessivo.
Una immagine video della scheda Budget
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Le proiezioni
Aspetto rilevante della manutenzione programmata è poter fare delle scelte
d'intervento non soltanto sulla base dei dati attuali, ma considerando anche le situazioni
future che gli interventi di ripristino, o i mancati interventi, generano; la "velocità di
degrado”, infatti, può variare in modo tale da rendere più utile un intervento a breve
termine su un'opera con voto massimo basso, ma con velocità di degrado elevata,
piuttosto che su un'opera con voto massimo alto, ma il cui degrado evolve lentamente.
Per sviluppare l’evoluzione del degrado si sono utilizzati i processi Markoviani che,
sulla base delle osservazioni sul passato, consentono di fornire le proiezioni sullo stato di
conservazione a un dato orizzonte temporale.
Moltiplicando un vettore di stato per la matrice di transizione, basata sui dati ricavati
dall’esperienza sull’evoluzione nel tempo dei difetti, elevata alla potenza “n” anni, si
aggiorna il vettore di stato all’anno n.
Dai dati delle ispezioni svolte nel passato è stato ricostruito il passaggio da uno
stato a quello successivo di deterioramento di anno in anno. Si è quindi definita la
probabilità delle transizioni che determinano la successione degli stati raccogliendo queste
informazioni nella matrice di transizione.
Se si utilizzasse questa matrice per tutte le opere con stato iniziale uguale, queste si
troverebbero dopo n anni nelle stesse condizioni, il che non corrisponde alla realtà, in
quanto il degrado procede con modalità e velocità differenti a seconda dei materiali, della
qualità della realizzazione, del traffico, dell’aggressività dell'ambiente, ecc. Perciò viene
calcolata una cosiddetta “matrice propria”, che viene ricavata per la singola opera in
funzione dell’età e del vettore di stato della stessa.
Con l’applicativo si ricavano quindi le condizioni dell'opera dopo n anni sotto forma
di vettori di stato. Questa procedura, operando a ritroso, permette di ricavare i valori del
voto massimo, dell'indice di degrado e del costo presunto.
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Una immagine video della scheda Proiezioni
La pianificazione dei lavori
Per determinare su quali opere si interverrà in un prossimo futuro, è necessario
infine stabilire degli standard qualitativi con i quali operare una selezione nella graduatoria
di priorità.
I primi elementi da definire sono i valori limite del voto massimo e dell’indice di
degrado normalizzato al di sopra dei quali l’intervento deve entrare in programmazione. Ad
esempio si può stabilire che tutte le opere con voto inferiore a 5 o con voto 5 e con IDN
superiore a 1000 devono entrare nella programmazione dei prossimi anni.
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Stabilito il gruppo di opere su cui si dovrà operare, vanno valutati il livello
d’intervento, il relativo costo e l’arco temporale di esecuzione. A tal proposito si utilizzano il
costo presunto e la tabella budget precedentemente definiti.
Altre valutazioni collaterali di cui tenere conto, sempre per la definizione del piano dei
lavori definitivo, sono lo stato dei corsi d’acqua che possono interferire con opere d’arte,
oppure il traffico connesso all’esecuzione di più lavori su uno stesso tratto autostradale.
Un altro elemento per la definizione del livello d’intervento è quello di associare ai
lavori di ripristino quelli di adeguamento delle strutture, sostituendo elementi che risultano
non più conformi ai nuovi standard, in particolare quelli relativi alla sicurezza.
Per tener conto della combinazione di tutte queste diverse esigenze si ricorre
all’esperienza dei responsabili alla stesura di questo piano, per conseguire il prodotto
definitivo consistente nell’elenco delle opere sulle quali si interverrà nei prossimi 3/4 anni,
comprensivo del livello dell’intervento con cui operare e del relativo costo.
È da tener presente che il piano dei lavori è un documento in costante evoluzione
che raccoglie in continuazione, oltre ad ulteriori informazioni che provengono dal
monitoraggio, anche le variazioni in termini di costi conseguenti all’ avanzamento delle fasi
progettuali.
La valutazione dello stato di una rete
L’ultimo argomento connesso alla pianificazione cui si fa cenno, è la valutazione
dello stato delle reti che permette di definire gli standard qualitativi precedentemente citati.
Nella valutazione dello stato complessivo di una rete ci si avvale dei voti di gravità
attribuiti ai singoli difetti.
Adottando un algoritmo, ricavato dalle varie percentuali del numero delle opere con
uno specifico voto massimo rispetto al numero complessivo delle opere, si individua un
unico numero definito “Indice di Degrado della Rete” (IDR o Ipont).
L’algoritmo utilizzato per i ponti è il seguente:
IDR = 100 – (12 E + 8 D + 4 C)
con E, D e C uguali alla percentuale di opere con voto massimo pari rispettivamente a 7, 6
e 5 sul totale di quelle della rete; la tabella seguente riassume la tipologia dell’indice.
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Indicatore di Qualità
1. INDICATORE DI QUALITA’
: Ipont
: Stato dell’Opera (ponti con luce > 10 m)
1.1 PARAMETRO di riferimento
= VALUTAZIONE CON VOTO MASSIMO
SICUREZZA Stato dell’infrastruttura
1.2 Categoria del PARAMETRO
:
1.3 Modalità di misura
: Rilievi VISIVI e Strumentali
: Rilievi VISIVI con voto
standardizzato su difetti
1.4 TIPO di misura del PARAMETRO
codificati
1.4 CLASSI del PARAMETRO
2.1 Modalità di CALCOLO
:A
voto
0,1,2,3
OTTIMO- BUONO
:B
voto
4
MEDIO
:C
voto
5
MEDIOCRE
:D
voto
6
CARENTE
:E
voto
7
CARENTE
: Calcolo della percentuale di Opere , rispetto al numero
totale della rete, che si trovano nelle diverse classi;
tali percentuali si chiameranno %A, %B, %C, etc.
: Calcolo della funzione “F” (di tipo inverso) che si basa sul
complemento a 100 delle percentuali relative alle classi
peggiori : E - D - C
2.1 La FUNZIONE “F”
I pont = 100 – [%E+(%E+%D)+(%E+%D+%C)] * 4
2.2 Campo di oscillazione
: valori 0 – 100 (se il valore risulta negativo viene riportato a 0)
2.3 Livelli di qualità
:I
80 ≤ I PONT ≤ 100
OTTIMO
: II
60 ≤ I PONT < 80
BUONO
: III
40 ≤ I PONT < 60
DISCRETO
: IV
20 ≤ I PONT
SUFFICIENTE
:V
0 ≤ I PONT < 20
< 40
INSUFFICIENTE
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Sviluppi tecnologici dei sistemi di controllo
Il sistema di gestione della sorveglianza necessità come ovvio di miglioramenti ed
aggiornamenti continui anche in relazione alle nuove opportunità che può offrire la
tecnologia.
Si citano nel seguito alcune applicazioni che sono in fase di sviluppo.
Prima di tutto, anche perché in stato avanzato di realizzazione, è l’introduzione del
tablet nel rilievo delle opere in campo.
L’obiettivo è di mettere a disposizione degli addetti uno strumento tecnologicamente
avanzato da impiegare durante le attività lavorative in “esterno”, abbandonando l’uso del
supporto cartaceo e minimizzando le operazioni di caricamento dati in ufficio.
Si ritiene che si possano conseguire i seguenti benefici tecnici ed economici:
‐
aumento della produttività dell’ispezione e diminuzione dei tempi di inserimento in
banca dati, con conseguente riduzione del costo per singola ispezione;
‐
riduzione del rischio di imputazione di dati errati nel passaggio “rilievo in situ –
imputazione dati in ufficio”;
‐
riduzione dei tempi di raccolta e caricamento sul data base di fotografie associate ai
difetti rilevati.
E’ inoltre in fase di studio un’ulteriore versione del programma che prevede l’utilizzo
della compilazione vocale dei campi di descrizione dei difetti, che semplificherebbe
ulteriormente ed accelererebbe il lavoro in campagna.
Un altro aspetto innovativo che si sta studiando, e che è in fase di sperimentazione
da parte di Autostrade per l’Italia, è l’uso del Drone come ausilio all’effettuazione delle
ispezioni.
Il Drone è un micro velivolo a pilotaggio remoto con propulsione elettrica a decollo
ed atterraggio verticali, che utilizzando elementi di intelligenza artificiale e software di
elaborazione immagini, in combinazione con speciali sensori, può raggiungere quasi tutte
le parti di un ponte evitando gli ostacoli lungo la rotta.
Grazie all’inserimento sul velivolo di una telecamera ad alta definizione, è possibile
eseguire le ispezioni registrando le riprese, che vengono poi esaminate e decodificate in
ufficio.
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Il vantaggio principale di questa tecnologia è rappresentato dalla possibilità di
effettuare riprese estremamente ravvicinate in tempi brevi, senza produrre interferenze
con il traffico autostradale, come invece avviene quando si utilizzano le passerelle mobili
by bridge per l’accesso dal piano viabile all’intradosso dell’impalcato.
Può essere considerato di importante ausilio alle ispezioni, ma si ritiene non possa
sostituire integralmente l’ispettore che vede, ma spesso anche “tocca” o “martella” la
struttura per rendersi conto meglio dell’effettivo deterioramento.
Infine, si cita la possibilità dell’uso di fibre ottiche da installare all’interno dei
materiali costituenti le strutture di cui occorre un monitoraggio continuo, ottenendo un
insieme completamente integrato con l’oggetto da monitorare.
Il sistema permette di avere un controllo del comportamento sia statico che
dinamico della struttura, attraverso l’analisi dei carichi e delle deformazioni a cui è
soggetta e la determinazione di alcuni parametri fondamentali quali: stress, curvatura,
compressione, allungamento, carico, vibrazione, pressione e temperatura.
Se ne sta valutando l’utilizzo, in collaborazione con la ditta GIPAC srl di Roma, per
controllare nel tempo lo stato di alcune travi in precompresso da riparare, inserendo i
sensori in occasione dell’intervento di ripristino.
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