ANICA SCENARIO

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ANICA SCENARIO
30/07/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Hollyfood
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30/07/2014 Corriere della Sera - Bergamo
Cosplayer per «Il pianeta delle scimmie»
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30/07/2014 Il Foglio
La sinistra non ha più paura di Checco Zalone?
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30/07/2014 Il Giornale - Nazionale
Buoni, belli e «superiori» Ma era soltanto un film ...
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30/07/2014 Il Manifesto - Nazionale
Di tutto e di più
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30/07/2014 Il Manifesto - Nazionale
Uomini contro scimmie tra le rovine della Terra
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30/07/2014 Il Messaggero - Nazionale
«Ci siamo assuefatti all'orrore»
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30/07/2014 Il Piccolo di Trieste - Nazionale
Io che ero un pugile vado con Pasolini in Mostra a Venezia
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30/07/2014 Il Secolo XIX - Basso Piemonte
«IL CINEMA È IN CRISI MA NON MI ARRENDO »
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30/07/2014 Il Sole 24 Ore
Mediaset , entro fine anno lo spin-off di Premium
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30/07/2014 Il Tempo - Roma
I film lucani e «Sassiwood» con Rubini
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30/07/2014 Il Tempo - Nazionale
Enrico Vanzina: «La commedia? È troppo bersagliata dai pregiudizi»
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30/07/2014 Il Tempo - Roma
Franceschini salva l'ex cinema America
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30/07/2014 ItaliaOggi
Mediaset , perdite per 20,5 mln, indebitamento giù di oltre 400 mln
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30/07/2014 La Repubblica - Nazionale
Salvati dai cartoon
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30/07/2014 La Repubblica - Nazionale
"Il Cardellino" di Donna Tartt diventerà un film della Warner
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30/07/2014 La Repubblica - Napoli
Giffoni Experience gli ingredienti di un successo
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30/07/2014 La Repubblica - Roma
Blitz di Franceschini all'America "No alle ruspe vivrà come cinema "
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30/07/2014 La Sicilia - Enna
Film sulla vita in... fuorigioco dell'ex laziale Schillaci
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30/07/2014 La Stampa - Asti
Ebrei e arabi La guerra secondo Gitai
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30/07/2014 La Stampa - Aosta
Aosta, Strade del cinema è un ritorno alle origini
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30/07/2014 La Stampa - Nazionale
"Nessuno ci conosce ma le facce da cinema le scopriamo noi" *
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30/07/2014 Vanity Fair
Super Scarlett e i suoi fratelli
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ANICA SCENARIO
23 articoli
30/07/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Tendenza Il cinema americano scommette sul fascino irresistibile della tavola. Da oggi nelle nostre sale il film
con Scarlett Johansson e Robert Downey jr.
Hollyfood
Quanti divi sul set tra cibo e fornelli Lo «chef» Favreau: il sogno goloso Helen Mirren cuoca stellata, in cucina
anche Bradley Cooper L' attore «Mia madre è di origine italiana, finalmente potrà darmi dei consigli su come
comportarsi in cucina»
Giovanna Grassi
LOS ANGELES - Cinema e cucina sono un asso nella manica per il grande schermo, una scommessa
spesso vincente. Come dimostra la nuova ondata di film con i divi di Hollywood alle prese tra cibo e fornelli che seguono un lungo elenco di successi. Basti ricordare Meryl Streep che in Julie & Julia (2009) di Nora
Ephron, in candidi grembiulini, preparava manicaretti e spiegava la raffinatezza del Cordon Bleu francese agli
americani ghiotti di hamburger.
«Cucinare è un'arte alchemica» sostiene con aria spiritosa Jon Favreau, già regista di Iron Man e Cowboys &
Aliens , che ha ottenuto ottime critiche con Chef - La ricetta perfetta (in uscita oggi nelle nostre sale), il film da
lui diretto e interpretato («È vero, era il sogno goloso della mia vita», confessa).
Nel cast una parata di stelle: da Robert Downey Jr. a Scarlett Johansson, da Dustin Hoffman alla voluttuosa
Sofia Vergara. Se la devono vedere con Carl Casper (Favreau), chef di successo, che perde il lavoro per le
sue estrose ricette e si compera un furgoncino per dare sfogo on the road alle sue passioni gastronomiche.
La febbre da cucina non ha risparmiato nemmeno Steven Spielberg, che ha prodotto The Hundred-Foot
Journey , diretto da Lasse Hallström e interpretato da Helen Mirren, irresistibile cuoca dall'accento francese in
un ristorante, Le Saule Leureur, da guida Michelin.
«Mi sono divertita un mondo - racconta l'attrice, premio Oscar e donna di indiscussa eleganza - nei
grembiulini di Madame Mallory. Avevo letto con grande piacere il best seller di Richard C. Morais e mi
affascinava l'idea di questa cuoca che diventa una sorta di mentore per un giovane indiano che assieme alla
famiglia gestisce un piccolo ristorante a cento metri dal mio, noto per una prelibata cucina francese. Hallström
aveva già diretto Chocolat e il nostro film oltre che da Spielberg è prodotto da Oprah Winfrey». Prosegue:
«Per me, che appena posso vado in vacanza in Puglia, è stato un piacere studiare il copione dove c'è anche
un critico gastronomico italiano, impersonato da Emanuele Secci. D'altro canto anche Peter Greenaway mi
aveva scritturata intorno a un tavolo pieno di leccornie per Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante . Nulla è
più aggregativo di una grande tavolata imbandita e, tra i tanti film, considero un capolavoro Ratatouille, il
cartoon con il topino Remy chef a Parigi».
Stanley Tucci, in Big Night da lui diretto e interpretato nel 1996, ha offerto, nei panni del cuoco di origini
abruzzesi Secondo Pilaggi, diversi spunti sulla cultura del cibo, che offre la possibilità di realizzare sogni e
carriere. Come è accaduto a Giada De Laurentiis, nipote di Dino e Silvana Mangano, che negli Stati Uniti è
diventata una star con i suoi libri di ricette e i suoi programmi tv, perché il piccolo schermo va a nozze con la
cucina e sforna in continuazione tv movie e documentari. L'Italia è regina in diversi film in arrivo, come Trip to
Italy di Michael Winterbottom, visto al Sundance, dove Steve Coogan e Bob Brydin compiono un viaggio nel
nostro Paese alla ricerca dei migliori ristoranti e cuochi, tra Liguria e Toscana, spingendosi poi a Ravello,
Roma, Capri e Amalfi, da segnalare all'inserto culinario del Guardian .
Ridley Scott ha appena vinto la corsa per acquistare i diritti del libri The devil in the kitchen scritto da Marco
Pierre White, chef leggendario diventato un principe dell'arte culinaria nel mondo dopo essere partito da un
sobborgo inglese, figlio della working class e che aveva, dice, «davvero poco pane da mettere sotto i denti».
La Disney ha pronto il suo corto sul cibo, Feast , in cui un uomo impara il piacere della vita attraverso il cibo,
mentre un cagnolino narra la sua odissea (si vedrà abbinato ai film Disney dell'autunno). Si è messo un
cappello da cuoco persino Bradley Cooper che, nel film diretto da John Wells (nel cast anche Uma Thurman,
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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30/07/2014
Corriere della Sera - Ed. Nazionale
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Emma Thompson, Sienna Miller, Daniel Brühl), deve far nascere «il miglior ristorante del mondo. «Finalmente
mia madre, che ha origini italiane ed è un'ottima cuoca, potrà darmi ottimi consigli».
In attesa delle ricette del film, la tv americana raccoglie massima audience con i programmi dedicati alla
cucina e non si contano i documentari sull'arte del mangiare sano, come Farang , su uno chef di cucina
thailandese; America's First Foodie, sui più celebri cuochi; o Foodie - The Culinary Jetset, i cui protagonisti
sono blogger che di «lavoro» mangiano nei migliori ristoranti del mondo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Sorriso Helen Mirren (69) nel film «The Hundred-Foot Journey»
Foto: In cucina Jon Favreau (47) in una scena di «Chef», che esce oggi in Italia
Foto: Ambizioso Nel film diretto da John Wells (per ora senza un titolo) Bradley Cooper (39 anni) è un cuoco
che vuole aprire il miglior ristorante del mondo
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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30/07/2014
Corriere della Sera - Bergamo
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In sala «Apes revolution» all'Uci di Curno, con ritrovo di appassionati in costume
Cosplayer per «Il pianeta delle scimmie»
Fabio Cuminetti
La settima e la nona arte vanno a braccetto. Il cinema pesca nel fumetto, il fumetto nel cinema, e
l'associazione culturale Bergomix getta la rete su ogni prima, quando la pellicola si presta, con eventi ad hoc.
Oggi è la volta della proiezione di «Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie» all'Uci di Curno, di Matt
Reeves, che segue «L'alba del pianeta delle scimmie», a tre anni di distanza.
Il collegamento tra balloons e le avventure di Cesare, lo scimpanzé leader della comunità dei suoi simili che
vive nella foresta intorno a San Francisco, è dato dalla pubblicazione del fumetto «Josif», gorilla lanciato nello
spazio dai russi dopo la morte di Stalin: stasera a Curno lo sceneggiatore Davide Barzi e il disegnatore
Fabiano Ambu incontreranno lettori e curiosi.
Dalle 18.30, all'ingresso del cinema, sarà allestito un set dedicato al fascino delle scimmie nel fumetto
occidentale. Alcuni disegnatori saranno a disposizione per realizzare sketch gratuiti in tema. Al centro del set,
i cosplayer votati al Pianeta delle scimmie pronti a farsi fotografare. Per ogni ulteriore informazione è
possibile consultare la pagina web bergomix.blogspot.it. La proiezione comincia alle 20.30.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Al cinema Una scena del film «Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie» di Matt Reeves che, a tre
anni di distanza, segue «L'alba del pianeta delle scimmie». Stasera, alle 18,30 davanti all'Uci, il ritrovo dei
cosplayer
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30/07/2014
Il Foglio
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La sinistra non ha più paura di Checco Zalone?
Riforme, Valle, Opera, Apple, Renzi. Franceschini a ruota libera Parla il ministro della Cultura: "Il Teatro
Valle? Illegale, giusto l'ultimatum. Il Teatro dell'Opera? I sindacati a volte sono autolesionisti. Le tariffe su
Apple? L'azienda ha fatto un atto di ritorsione. Pompei? Sbagliai a chiedere le dimissioni di Bondi. Oggi il mio
piano è il più renziano del governo"
Roma. L'Opera. I soldi. I manager. Il marketing. Il Valle. I sindacati. Il decreto. Il governo. Il Bene comune. Il
cinema. La televisione. Apple. Google. Le tasse. Le ritorsioni. Dario Franceschini, prima di arrivare alla ciccia,
prima di arrivare alla sua polemica con la Apple, alla rivolta delle sovrintendenze, alla sua discussione con
Renzi, alla ribellione dei sindacalisti, agli scempi del Teatro Valle, si ferma un attimo, fissa il cronista negli
occhi, ascolta la sua domanda, si alliscia la barba, cerca di trovare le parole giuste, giocherella con i suoi
iPhone, lancia uno sguardo al suo portavoce e alla fine decide di stare al gioco. E d'un fiato la mette così. "E'
vero, sì. Oggi la sinistra non ha più paura di Checco Zalone. E oggi con Renzi è possibile fare alcune cose
che un tempo era impossibile solo pensare". Dario Franceschini, ex segretario del Partito democratico, ex
capogruppo alla Camera del Pd, ex ministro dei Rapporti con il Parlamento con Enrico Letta, oggi ministro dei
Beni culturali accetta di chiacchierare con il Foglio per affrontare alcuni punti delicati della politica del governo
sul fronte culturale. Franceschini sostiene esplicitamente che il pacchetto Cultura, ovvero il mix tra il decreto
approvato due giorni fa al Senato e la riforma che dovrebbe arrivare presto in Consiglio dei ministri, è la
"riforma più renziana fatta finora dal governo" e giustifica la sua non modesta affermazione mettendo in fila
alcuni tabù rottamati. Vedremo fino a che punto. "Finora - dice il ministro - la sinistra è stata prigioniera di
alcuni schemi ideologici. Si è sempre detto che sarebbe stata un'eresia far convivere il pubblico con il privato.
Si è sempre detto che sarebbe stata un'eresia far convivere la parola 'tutela' con la parola 'marketing'. Si è
sempre detto che sarebbe stata un'eresia pensare di mettere le mani nel settore delle sovrintendenze. Si è
sempre detto che sarebbe stata un'eresia rendere più manageriale l'organizzazione dei musei. Si è sempre
detto che sarebbe stata un'eresia sfidare le molte corporazioni che tengono da decenni immobilizzata la
macchina della cultura. Oggi il metodo Renzi ci ha permesso di prendere di petto alcuni di questi problemi e
posso dire che qualcosa si è mosso. Le sovrintendenze avranno meno potere rispetto a qualche tempo fa. I
direttori dei musei saranno scelti con un bando pubblico. I privati potranno investire con più facilità nel
pubblico. E il pubblico dovrà cominciare a ragionare con una mentalità più aperta". Franceschini snocciola
dati, commi, decreti ministeriali, riforme future, piani per il semestre. Esulta parlando di "crediti di imposta" (il
decreto approvato due giorni fa prevede un sistema di incentivi fiscali per un privato che decide di fare
donazioni per il restauro di un bene culturale, con un credito d'imposta del 65 per cento). Dice con
soddisfazione che quando il decreto approvato in via definitiva al Senato verrà convertito in Parlamento
saranno azzerati i vertici dei musei controllati dal ministero e sarà possibile metterli in mano anche a
professionisti non necessariamente cresciuti all'interno della burocrazia. E dice di non capire le critiche di
vecchi campioni della Cultura come Antonio Paolucci, oggi direttore dei musei Vaticani, da alcuni giorni
impegnato in un duro corpo a corpo con il governo ("A me come ad altri - ha detto ieri ad Avvenire - ha colpito
questo colpo di mano senza che i vari soprintendenti e gli storici dell'arte, cioè coloro che hanno il polso della
situazione, siano stati in qualche modo partecipati, come sarebbe logico pensare. Il risultato è che con la
scusa della spending review sono state proposte cose che potrebbero tradursi in vera macelleria culturale").
Franceschini esulta, dunque, ma il cronista lo provoca facendogli notare che il decreto sarà pure andato,
d'accordo, ma in Consiglio dei ministri la riforma non è arrivata e chissà quando arriverà. Doveva essere
presentata la scorsa settimana, era tutto pronto, la riforma era scritta, Palazzo Chigi l'aveva ricevuta, ma
improvvisamente Renzi ha deciso di rimandarla, di rivederla e di riformarla. Il ministro ammette che non è
chiaro quando tornerà in Cdm e allora il cronista chiede se al centro della disputa ci sia un approccio diverso
tra Franceschini e Renzi rispetto al tema delle sovrintendenze. Il presidente del Consiglio ha sempre
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30/07/2014
Il Foglio
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
considerato "il sistema delle sovrintendenze inchiodato a un modello centralista e burocratico di stato che
poteva andar bene, forse, nella seconda metà dell'Ottocento", ("Fuori!", 2011), "una delle parole più brutte di
tutto il vocabolario della burocrazia", "che stritola entusiasmo e fantasia fin dalla terza sillaba" "Stil Novo",
2012). Franceschini sorride, ricorda che la sua riforma prevede un accorpamento tra due sovrintendenze,
quella dei Beni storici e quella per i Beni architettonici, ma dice che "il problema non sono le sovrintendenze
in quanto tali ma alcuni sovrintendenti, ed è naturale che un sindaco, che con i sovrintendenti ci si confronta
quotidianamente, abbia sul tema un approccio molto duro". Occupazione, sindacalisti, David di Donatello
Franceschini fa una pausa, risponde a un paio di sms, il cronista ne approfitta e dirotta la conversazione su
altri temi che riguardano il rapporto di questo governo con la parola cultura. Teatro Valle. Teatro dell'Opera.
Apple. Checco Zalone. Chiediamo al ministro se il Valle, con tutto quello che rappresenta, con il suo regime
di illegalità giustificato da un'ideologia benecomunista, sia un esempio che può in qualche modo arricchire il
bagaglio culturale della sinistra. Franceschini, di fronte alla parola "Valle", abbandona il suo stile diplomatico
e va dritto al sodo. E indirettamente molla un ceffone anche gli intellettualoni come Stefano Rodotà, a capo
della Fondazione del Valle, che dal 2011 a oggi hanno scelto di difendere un'occupazione illegale
travestendola da operazione culturale. Tre anni di Teatro occupato. Tre anni di tasse non pagate. Tre anni di
diritti Siae non versati. Tre anni di affitti non pagati e di stagioni teatrali scippate. Il tutto accompagnato dagli
applausi di tutti. Di Alessandro Baricco. Di Andrea Camilleri. Di Moni Ovadia. Di Ascanio Celestini. Di
Jovanotti. Di Silvio Orlando. Di Lidia Ravera. Di Toni Servillo. Di Fabrizio Gifuni. Di Elio Germano. Di
Salvatore Settis. Di Ignazio Marino. Di Massimo Bray. E ovviamente di Nanni Moretti. La storia è nota. E' il 14
giugno del 2011 quando un gruppo di artisti prende possesso della struttura, come "gesto di riappropriazione
per attivare un altro modo di fare politica e per affermare un'altra idea di diritto oltre la legalità, sviluppando
nuove economie fuori dal profitto di pochi". Tre anni dopo Franceschini la vede così. "Ci sono due fasi del
Teatro Valle. La prima più comprensibile la seconda no. Quella più comprensibile è l'occupazione iniziale.
Quella portata avanti per far sì che il Teatro Valle restasse un teatro. Era il maggio del 2011. Poco dopo il
Teatro viene affidato al comune di Roma, arrivano tutte le garanzie del caso che il teatro resterà un teatro e a
quel punto l'occupazione diventa priva di significato. Diventa inaccettabile. Così come è inaccettabile che una
situazione di illegalità evidente venga giustificata con la bandiere del Bene comune. Oggi - continua il ministro
- qualcosa finalmente si muove. E da questo punto di vista apprezzo e condivido le ultime decisioni del
comune di Roma di affidare in gestione il Valle al teatro di Roma e di comunicare agli occupanti che i locali
devono essere liberati entro il 31 luglio". Altro giro, altro Teatro. Con il ministro spostiamo il focus della nostra
chiacchierata su un altro Teatro diventato per ragioni diverse simbolo di conservazione. La storia è questa: i
vertici del teatro propongono un severo ma necessario piano di ristrutturazione, i sindacati protestano,
arrivano gli scioperi, gli scioperi colpiscono anche la rassegna estiva dell'Opera, il 18 luglio, sempre a Roma,
alle Terme di Caracalla, scioperano i musicisti, la "Bohème" viene interpretata solo da una coraggiosa
pianista, seguono altri giorni di scioperi, minacce di liquidazione coatta, il festival estivo va a farsi benedire e
solo in extremis, è notizia di due giorni fa, i sindacati, tutti tranne uno, tranne la "Fisal", decidono di scendere
a patti con la sovrintendenza. Franceschini ha seguito il travaglio dell'Opera e si è fatto quest'idea. "Difendo i
diritti sindacali compreso lo sciopero ma la storia dell'Opera dimostra che l'Italia è ancora piena di casi in cui i
sindacati spesso si comportano con fare autolesionistico. E facendo male non solo alle realtà in cui lavorano
ma anche agli stessi sindacati. Penso all'Opera, ovviamente, ma penso anche alle incomprensibili resistenze
incontrate in questi mesi quando alcuni sindacati, salvo poi ritrattare, hanno bloccato le aperture serali del
Colosseo e hanno reso impossibile in alcuni casi l'accesso dei turisti a Pompei. Mi chiedo: che senso ha
ragionare ancora a compartimenti stagni? Quando si capirà che mettere gli interessi delle corporazioni prima
degli interessi del paese è un danno sia per il paese sia per le corporazioni?". Pompei, già. Il cronista ricorda
con cattiveria che su Pompei Franceschini ha qualcosa di cui farsi perdonare. Vecchia storia. Nel 2010,
subito dopo un grande crollo negli scavi, Franceschini, allora capogruppo del Pd, si fece riprendere in Aula
mentre chiedeva a gran voce al ministro Bondi di dimettersi. Quattro anni dopo cambia la scena. E' il 3 marzo
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30/07/2014
Il Foglio
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2014, a Pompei cadono nuove mura e stavolta non c'è nessun Dario Franceschini pronto a chiedere le
dimissioni del ministro della Cultura Dario Franceschini. Il ministro accetta la provocazione e spiega.
"Riconosco che è stato uno sbaglio. Le dimissioni di Bondi andavano chieste per il modo con cui l'ex ministro
accettò i tagli imposti da Tremonti. Ma legare quella mozione di sfiducia ai crolli di Pompei fu un errore. Ok?".
Ok. E come la mettiamo con Apple? Franceschini fa una smorfia a metà tra il sorriso e l'indignazione e
ricostruisce la vicenda. "E' una storia assurda. Incredibile. Il mio ministero ha fatto una cosa molto semplice.
Abbiamo aggiornato il compenso previsto per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi previsto
dalla legge sul diritto d'autore, abbiamo garantito il diritto di autori e artisti alla giusta remunerazione e lo
abbiamo fatto con una tariffa inferiore rispetto a quelle che si trovano in altri paesi d'Europa. Rivendico la mia
scelta. Rivendico l'obbligo morale per la politica di difendere il diritto d'autore, e lo stesso ragionamento
andrebbe adottato sul campo dell'editoria, e rivendico il diritto di criticare la ritorsione della Apple. Che ha
scelto arbitrariamente di alzare i prezzi dei suoi prodotti aggiungendo, quasi come se fosse una
provocazione, persino l'Iva. Inaccettabile. Così come è inaccettabile, restando su questo terreno, che i grandi
colossi della new economy, penso a Google, penso a YouTube, penso anche a Booking, vivano di fatto in un
regime in cui non esistono regole. Bisogna distinguere tra l'accesso libero alla rete, che è sacrosanto, e tra il
potere ricattatorio che hanno alcuni giganti della Rete. Al centro del semestre europeo, per quanto mi
riguarda, l'argomento forte sarà questo. Serve un'iniziativa comunitaria e ci muoveremo in questo senso". E
Checco Zalone? Facciamo notare a Franceschini che per molti anni la diffidenza mostrata dalla sinistra
rispetto al pubblico televisivo e l'eccessiva vicinanza al mondo del cinema hanno coinciso con una
sostanziale distanza mostrata dalla sinistra rispetto alla famosa pancia del paese. Qualche tempo fa lo stesso
ministro, durante il Salone del libro, ha dato segnali contraddittori sul tema. Ovvero quando, in perfetto mood
da "televisione cattiva maestra", ha accusato "le tv, da Rai a Mediaset e Sky, le pubbliche e le private, di aver
fatto in questi anni tanti danni alla lettura" sostenendo che le stesse tv oggi "hanno il dovere morale di
risarcire il mondo della lettura". Ma conversando con il Foglio, in conclusione, Franceschini fa un passo in
avanti e riconosce che la sinistra non può più aver paura di Checco Zalone. Con un ma. "E' vero. Per molto
tempo la sinistra ha avuto un rapporto malato con la televisione. L'atteggiamento era quello snobistico di chi
pensava di essere la parte migliore del paese e di chi vedeva nel pubblico della tv davvero un pubblico di
serie B. Oggi le cose sono cambiate, personalmente non ho problemi a dire che Checco Zalone, artista
simbolo della contaminazione tra televisione e cinema, mi piace, mi fa ridere, e lo vedo volentieri e che sono
stati gli incassi dei suoi film ad aver reso economicamente positiva l'ultima stagione del cinema italiano". Ma?
"Ma quando mi dicono: come mai Checco Zalone non vince un David di Donatello?, faccio un ragionamento
diverso. Esistono due tipi di film. Film fatti per conquistare il botteghino e film che puntano alla qualità.
Ognuno ha un suo pubblico. Ma c'è una cosa che mi sembra importante ricordare. La qualità di un'opera
artistica, e questo vale sia per il cinema ma anche per il sistema dei musei e per tutto il resto, non si può
quantificare sempre con il numero di biglietti strappati. La cultura non è un numero e a volte per raggiungere
la qualità può anche capitare di dover rinunciare alla quantità". Twitter @ClaudioCerasa
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30/07/2014
Il Giornale - Ed. Nazionale
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Buoni, belli e «superiori» Ma era soltanto un film ...
Virzì, Moretti & Co.: così la sinistra ha raccontato al cinema un Paese irreale Oggi mitizza Berlinguer e
condanna Checco Zalone (troppo pop e poco chic) PICCOLO SCHERMO Stessa cosa con la tv : l'ha sempre
snobbata. Poi Renzi ha cambiato tutto ILLUSIONI PERDUTE Un saggio svela come il comunismo ha
costruito una favola in celluloide
Pedro Armocida
«Voi intellettuali vi atteggiate tanto, parlate così sofistici, state sempre a analizza', a critica', a giudica' ma lo
sa qual è la verità?... La verità è che non ce state a capì più un cazzo... ma da mo'!». Correva l'anno 1996 e
Paolo Virzì in Ferie d'agosto radiografava uno dei vizi capitali d'una certa sinistra, quello dello supposta
superiorità morale, addirittura antropologica.Così inquestafrase pronunciata dal capofamiglia dei Mazzalupi,
gli inferiorichein vacanza armeggiano con l'antenna per prendere ancheCanale 5 eRetequattro, si legge tutta
la sconfitta della sinistra con lafamigliadeiMolino che in ferie nonvogliononeppure la corrente elettrica. Da
questo spunto filmico, macenesonotanti altri, si muove il nuovolibrodiAndrea Muniz Quando c'eravamo noi Nostalgia e crisi della sinistra nel cinema italiano da Berlinguer a Checco Zalone edito da Rubbettino
direttamente in ebook. La modernità e l'originalità del saggio dello studioso che insegna alla «La Sapienza»,
sta nel raccontare la crisi della sinistra italiana come in una sorta di melodramma cinematografico chesi
apreconiltrauma«dellelacrime di Occhetto cui fanno da idealependant quelle più recenti di Bersani dopo il
pastrocchio dell'elezionepresidenziale».Privaormai diriferimenti certi-ilcomunismo - la sinistra si chiude in se
stessa e crea i propri spauracchi nel tentativo di darsi un'identità effimera. Ecco allora il Moretti di Caro Diario
, quello che«non credonellamaggioranza delle persone, starò sempre a mio agio con una minoranza...»
perché, ricorda Minuz, «quel che compatta il gruppo di sinistra, che modella il loro gusto, è in primo luogo il
disgusto nei confronti del gusto degli altri». Così oggi Checco Zalone subiscelostessotrattamento.Più piace al
pubblico e più la sinistra lo guarda con sospetto sempre per quella «paura di uscire dalla vocazione
minoritaria, di lasciarsi alle spalle la diversità morettiana». Nientedimeglioallorachecercare di (ri)trovare una
superiorità morale sulla quale costruire un improbabile futuro. Ecco spiegatalacoincidenzadella realizzazione
in breve tempo di due film su Enrico Berlinguer, Quando c'era Berlinguer di Walter Veltroni e La voce di
Berlinguer di Mario Sesti: «Una tentazione irresistibile per gli esercizi spirituali della nostalgia, della
compensazione utopica, delle rivendicazioni identitarie in salsa vintage. Della contrapposizione tra "folle
oceaniche" e individualismo digitale. Tra l'"Italia vera", in canottiera con L'Unità sotto il braccio, e l'indifferenza
tatuata dei post-italiani di oggi». Discorso che ci porta naturalmente al «problema» di Berlusconi, Il caimano
morettiano. Che Roberto Andòin Viva la libertà risolveparadossalmente.Quando il fratello gemello del politico
di sinistra interpretatosempreda ToniServillo si mette a ballare il tango con una simil-Merkel, il suo portaborse
«scopre con orrore che lacosa non glidispiace. Che quasi lo preferisce al grigio segretario del suo Partito.
Ecco il rimosso ancestrale, l'oscena verità, l'incesto inconfessabile. Ecco l'ultimo tabù: un Pd con un leader
vitale. Un Pd che restituisce l'Imu. Un PD con la follia seducente di Berlusconi. L'estasi della politica». E poi la
tv. Quella commerciale, mai accettata, con una sinistra almeno coerente con il pensiero di Berlinguer che
fece la guerra alla tv a colori. Lo stesso Morettiin Palombella rossa continua a guardare al passato nostalgico
(il pugno chiuso davanti al Dottor Zivago in tv) anche se l'immaginario televisivo aveva ormai superato quello
cinematografico(magiànel'75 ilcapolavoro di Scola C'eravamo tanto amati si era trasformato «in un epitaffio
del cinema italiano che fu»). «Non mi piace la tv perché involgarisce tutto» diceva nelle interviste Moretti. Ed
eravamo nel 1989. Ma ancora oggi pace non è fatta. Visto lo scandalo «sinistro» di Renzi da Amici . Certo
prima di lui D'Alema aveva cucinato il risotto da Vespa e Fassino partecipato a C'è posta per te . Solo che
«era vestito come a un matrimonio o a un funerale» mentre Renzi indossava un giubbottodi
pellenera.Insomma da parte sua c'è almeno il tentativo se non di integrarsi, di ammettere l'esistenza di
un'altra parte del paese. Cosa che la sinistra non gli perdonerà mai.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Pellicola rossa la tramonterà
30/07/2014
Il Giornale - Ed. Nazionale
Pag. 34
(diffusione:192677, tiratura:292798)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Foto: INTELLETTUALI E VOLGARI A fianco Checco Zalone. Dall'alto, una scena del film di Nanni Moretti «Il
Caimano» e, sotto, dalle «Ferie d'agosto» di Paolo Virzì nel 1995
30/07/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 14
(diffusione:24728, tiratura:83923)
Di tutto e di più
Vincenzo Vita
Forse come nel «Frammento Joyce-Armstrong» nel racconto di Conan Doyle sulle peripezie del famoso
pilota inglese, anche nel documento (?) del Nazareno alcuni fogli non si ritrovano. C'è anche qualcosa sulla
televisione? Indubbiamente, qualcosa non torna. La Rai è sotto botta e Mediaset - malgrado la curva
discendente del patron - procede e rafforza i suoi asset strategici. Sky scala prepotentemente la classifica e
guida il corteo mediatico. Già. E dove va l'allegra compagnia?
La direzione è piena di problemi e di ostacoli, perché il settore ha perso solo nel 2013 quasi il 10% del
fatturato, la pubblicità langue e i consumi culturali sono in discesa. Basti leggere l'accurato rapporto 2014 di
Federculture. Del resto, l'Indice di Competitività Globale (Gci) del World Economic Forum - non un consesso
di bolscevichi - per il biennio 2013-2014 vede l'Italia al 49° posto su 148 economie mondiali valutate. Ciliegina
finale per valutare appieno l'avvenuta desertificazione dei saperi: le persone oltre i 6 anni che nel 2013 si
sono dedicate alla lettura di almeno un libro (!) sono diminuite del 6,5% rispetto al 2012. E l'Unità chiude?
In tutto ciò, il vecchio tycoon Rupert Murdoch ha riunificato attorno alla costola britannica di BSkyB le
partecipazioni italiane (Sky Italia) e tedesche (Sky Deutschland), gettando le premesse della pay tv europea.
Mediaset, d'intesa con la spagnola Telefonica - scatola di Telecom - rilancia Premium e, dopo il pari e patta
con Sky per i diritti del calcio- sceglie la tv opulenta. Ecco, questa è la strategia.
Come nelle telecomunicazioni è in atto il tentativo di bloccare apertura e «neutralità della rete», vale a dire
accesso libero ed egualitario; così nella celebrata televisione la transizione dal sistema analogico a quello
digitale si sta trasformando nella «lotta di classe» tra i ricchi e i poveri. I primi in grado di costruirsi il proprio
palinsesto con il video on demand, i secondi relegati al consumo passivo dell'offerta generalista. Lo scontro
attuale è il prolegomeno delle scintille prossime venture, con i nuovi protagonisti del Web: da Google ed
Amazon in poi.
Insomma, lo scenario è in forte movimento e ancora si attende che le Autorità competenti battano un colpo.
Tra l'altro, esiste una lista concordata a livello europeo sulle trasmissioni che non si possono criptare. Un
elenco da ampliare, proprio perché ormai esiste una questione democratica anche qui. L'elenco fu coevo al
varo della legge n.78 del 1999, che introduceva l'obbligo del «decoder unico». C'è? Il problema è serio e non
va sottovalutato. Tra l'altro, se lo sport di punta si fruisce soprattutto a pagamento, che dire delle serie e della
fiction? Da tempo la concorrenza viene fatta sui e per i contenuti, per accaparrarsi il meglio della produzione
audiovisiva. Hbo, Netflix sono taluni dei protagonisti ignorati dal dibattito italiano, purtroppo assai arretrato.
Come scrivono nel volume «Tutta un'altra fiction» Massimo Scaglioni e Luca Barra (2013), la pay tv ha deciso
di investire sulle produzioni originali, sia nell'intrattenimento (si pensi a «X Factor», «Master Chief», «The
Apprentice»), sia nella fiction (da «Quo vadis, baby?», a «Gomorra», a «In Treatment»). E ricordiamo le
iniezioni di novità di serie - come «Lost» - assai lontane da certa melassa bempensante e conservativa cui
siamo abituati, certo con significative eccezioni come «Il commissario Montalbano» o «Romanzo criminale».
E non solo. La creatività esiste e va valorizzata.
La Rai? Al momento laggiù si dibatte sui telegiornali. Ben venga, ma Parigi brucia.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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RI-MEDIAMO
30/07/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 13
(diffusione:24728, tiratura:83923)
Uomini contro scimmie tra le rovine della Terra
Sequel del reboot, realizzato in 3D, il film ritorna a San Francisco, dove si è barricata l'umanità, lontana dalla
foresta degli animali. Scontri e citazioni in una visione che rifiuta il manicheismo
APES REVOLUTION, REGIA DI MATT REEVES, CON ANDY SERKIS, GARY OLDMAN, USA 2014
Antonello Catacchio
É passato qualche anno dall'episodio precedente. L'umanità è stata decimata dal virus che avrebbe dovuto
guarire l'Alzheimer, e invece ha permesso alle scimmie di evolversi. Ora la comunità umana residuale vive
barricata nella zona di San Francisco, comandata da Dreyfuss, l'ennesimo imbecille convinto che le armi
siano la soluzione e non il problema. E sempre a caccia di colpevoli estranei i sopravvissuti ritengono le
scimmie responsabili dell'epidemia e non gli scienziati. Poco distanti, oltre il ponte, nella città villaggio
costruita nella foresta di sequoie, vivono invece le scimmie capitanate da Cesare, lo scimpanzé divenuto un
vecchio saggio che deve tenere a bada gli ardori bellicosi del bonobo Kobo. Quando un drappello di uomini
entra nella foresta e uno di loro ferisce una scimmia sparando, Cesare riesce a gestire la situazione e li fa
liberare, ma il giorno dopo l'esercito dei primati giunge a San Francisco per dare l'ultimatum all'umanità: non
devono più avvicinarsi alla foresta.
Inutile dire che non sarà così. E che sia tra gli uomini che tra le scimmie si scontreranno falchi e colombe,
giusto per completare lo zoo. Diciamolo subito, dopo tanti film senza cinema Apes Revolution è una boccata
d'aria, se non proprio freschissima, visto che siamo al sequel di un reboot, almeno rinfrescante. Del resto
l'obiettivo è anche quello di raddrizzare, almeno in parte, un'estate gestita in modo autolesionista da parte dei
responsabili dell'industria cinematografica. Ognuno si è tenuti i film importanti per l'autunno quando i vari titoli
si confronteranno all'insegna del cannibalismo con danno di tutti. Soprattutto del pubblico, costretto a sorbirsi
tre mesi di fondi di magazzino o quasi.
E allora benvengano le scimmie che nel frattempo hanno perso il regista Rupert Wyatt sostituito da Matt
Reeves (Cloverfield). Disperso anche James Franco, lo si intravede solo nel riepilogo stringatissimo della
puntata precedente. É invece in gran forma Andy Serkis che impersona Cesare. Meglio, offre smorfie e
movimenti allo scimpanzè capo. I più giovani non staranno a pensarci un attimo, ma il pubblico più adulto
avrà modo di chiedersi un'infinità di volte: «ma come avranno fatto?». Perché è vero che con gli effetti digitali
ogni fantasia cinematografica sembra poter diventare praticabile, ma qui (come in altri film che hanno usato
tecniche analoghe) siamo all'interpretazione magistrale degli animali. Gli attori cani continueranno a
sopravvivere, ma nel frattempo tutte le sfumature del regno animale sono in grado di essere rappresentate su
grande schermo attraverso interpretazioni molto efficaci.
Il 3D continua a impazzare, non si capisce se questa opzione venga esercitata pensando all'ipotetica tv del
futuro solo in 3D, oppure per estorcere qualche euro in più al presente con la vendita maggiorata del biglietto.
Di certo non si avvertiva alcuna necessità e le scelte operate non giustificano il ricorso alla tridimensionalità
(che oltretutto, costringendo agli occhiali, fa perdere luminosità e spesso è fruibile al meglio solo con una
visione perpendicolare allo schermo).
Detto tutto questo Apes revolution è appassionante, anche nel suo non voler essere manicheo determinando
il tifo per una o per l'altra squadra. Va però detto che mentre Cesare è un leader responsabile, affiancato da
qualche traditore guerrafondaio, Dreyfuss all'opposto è un maledetto malfidente che punta tutto sulla
supremazia militare mentre lo scienziato buono Malcolm, rischia in prima persona nel tentativo di arginare la
voglia di guerra del suo capo.
Nelle due ore abbondanti di spettacolo c'è spazio per effetti, scontri furibondi, battaglie tonitruanti, citazioni
degli episodi precedenti, predisposizione per quelli futuri, solidarietà tra primati («una scimmia non uccide
un'altra scimmia», frase ricorrente e non sempre osservata). E una metropoli ormai sfasciata da uomini che
hanno portato la propria specie alla rovina, dove le stazioni di servizio 76rs, che arrivano a illuminarsi in una
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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CINEMA Nel deserto estivo arriva «Apes Revolution» di Matt Reeves
30/07/2014
Il Manifesto - Ed. Nazionale
Pag. 13
(diffusione:24728, tiratura:83923)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
sequenza emozionante, ricordano anche a tutti che la rivoluzione americana è così potente da riuscire, quasi
250 anni dopo, a far parlare le scimmie, in inglese.
Foto: DUE FOTOGRAMMI DA «APES REVOLUTION»
30/07/2014
Il Messaggero - Ed. Nazionale
Pag. 28
(diffusione:210842, tiratura:295190)
«Ci siamo assuefatti all'orrore»
«OBAMA, PUTIN E L'EUROPA UNITA SONO INCAPACI DI FERMARE LA TRAGEDIA MA IL VERO
SCANDALO RESTA L'AFRICA»
Ilaria Ravarino
L'INTERVISTA BERLINO Un film per sensibilizzare il pubblico sulla tragedia degli sbarchi, per dare uno
scossone «alle coscienze ipnotizzate da immagini tristemente diventate di repertorio: i barconi, i morti, le
bare». Al lavoro sul pre-finale de Il sole negli occhi , film tv in onda a novembre voluto dalla Rai Fiction di
Tinny Andreatta, Pupi Avati è a Berlino con il fratello Antonio e i protagonisti, Laura Morante e il tunisino Amor
Faidi, 9 anni. Tre giorni di riprese nei luoghi simbolo della città (PotsdamerPlatz, il Duomo, la Fontana delle
fate nel Volkspark) per girare gli ultimi ciak di una storia che parte da Roma, si allunga in Germania e in
mezzo fa tappa nel luogo dove tutto ha avuto inizio: Lampedusa. Pupi Avati, che scene state girando a
Berlino? «Scene ad alta temperatura emotiva. Il personaggio di Laura Morante, una donna la cui vita viene
rivoluzionata dall'incontro con un piccolo rifugiato, arriva al consolato italiano per incontrare i bambini che
erano su un barcone insieme a lui. La sua speranza è che non si riconoscano come fratelli». Fuori dalla
fiction, che idea si è fatto dell'emergenza sbarchi? «L'Europa non fa niente, è assente. E l'Italia deve
sopportarne tutto il peso da sola. Nelle intenzioni di Rai Fiction, cha ha avallato il progetto con il patrocinio
della UNHCR, c'è il desiderio di sensibilizzare il paese nei riguardi di un vero genocidio». Si poteva evitare?
«Avremmo dovuto portare lavoro, benessere e democrazia aldilà del Mediterraneo. E invece ci siamo affidati
a potentati locali, sperando che frenassero il flusso di emigrazione. In Occidente abbiamo grandi leader che
alla fine del loro mandato lasciano tutto regolarmente peggio di come era prima. Invece di celebrarli,
dovremmo avere il coraggio di criticarli». A chi si riferisce? «Obama e Putin, tutta l'Europa Unita. Le
responsabilità sono loro: guardate cosa sta succedendo tra israeliani e palestinesi. Ma è l'Africa lo scandalo
maggiore». Nei prossimi giorni sarete a Lampedusa. Cosa vi aspettate? «Le tv del mondo ci hanno abituati a
immagini terribili, che ricorrono nell'indifferenza generale. Non riescono più a suscitare lo strazio che invece
dovremmo patire. Questa gente arriva con qualcosa che abbiamo perso, la speranza, e noi riusciamo a
reagire solo con la paura». A settembre porterà al cinema, con "Il ragazzo d'oro", Riccardo Scamarcio e
Sharon Stone... «La coppia è curiosa, ma anche la storia lo è. Riguarda il complesso rapporto fra un padre e
un figlio maschio in competizione. A un certo punto il figlio si prenderà la responsabilità di restituire dignità al
padre, ormai morto. Anche io non ho mai avuto un padre e penso che prima o poi dovrò fare qualcosa per
risarcirlo. Avrebbe voluto fare molto per me, ma non ha potuto». Non sarà a Venezia, dove invece arriverà
Abel Ferrara con "Pasolini": lo vedrà? «No, non andrò a vederlo soprattutto per rispetto al film. Che
sicuramente non sarà coincidente ai miei ricordi: Pasolini è una persona che ho conosciuto, frequentato e con
cui ho scritto uno dei film più terribili della storia del cinema, Salò . Il mio Pasolini è un Pasolini domestico e
nessun film mi può restituire quel fulgore della quotidianità. Purtroppo la sua fine, terribile e violenta, ha finito
col prevalere sulla sua esistenza: trovo ingiusto che la sua morte catturi più interesse che la sua vita». E il
suo film con Guillermo del Toro: di che si tratta? «Guillermo Del Toro è un grande fan di un mio film del '96
con Carlo Cecchi , L'arcano incantatore . Ci siamo messi al lavoro su una storia terrificante, gotica,
ambientata tra Noto, il castello Aragonese e il cimitero delle monache a Ischia. Stiamo cominciando a
sviluppare il progetto». FRATELLI DI CINEMA Accanto da sinistra, Pupi e Antonio Avati rispettivamente
regista e produttore di «Il sole negli occhi» film tv per RaiFiction con Laura Morante e il piccolo tunisino Amor
Faidi in onda a novembre
Foto: Laura Morante e il piccolo Amor Faidi in "Il sole negli occhi"
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
A Berlino con Pupi Avati che gira un tv movie sul dramma dei migranti nel Mediterraneo «Un genocidio a cui
non bisogna rassegnarsi»
30/07/2014
Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale
Pag. 39
(diffusione:44247, tiratura:212000)
Io che ero un pugile vado con Pasolini in Mostra a Venezia
L'INTERVISTA»SALVATORE RUOCCO
Io che ero un pugile
vado con Pasolini
in Mostra a Venezia
Willem Dafoe ha fatto un lavoro incredibile. La sua somiglianza con lo scrittore friulano è impressionante e
non è stato nemmeno doppiato di Beatrice Fiorentino Viene dal ghetto Salvatore Ruocco, la stella nascente
del cinema d'autore italiano che sarebbe piaciuta a Pier Paolo Pasolini. Ultimo di sei fratelli, cresce nel
quartiere Miano di Napoli, tra Secondigliano e Scampia. È un ragazzo dal cuore d'oro, ma sa tirar di pugni
come pochi e non ci mette molto a diventare la "tigre del ring", arrivando fino ai campionati regionali. Poi una
squalifica, per una lite con l'arbitro che lo aveva ingiustamente penalizzato. E Ruocco finisce in un giro di
incontri clandestini, dove se non sei fortunato ci puoi lasciare la pelle. Ma Salvatore nasce sotto una buona
stella e nel suo percorso incontra il teatro. Un corso di recitazione con la compagnia Libera Scena Ensamble
diretta da Renato Carpentieri e Lello Serao gli offre un'alternativa alla boxe. Arrivano i primi provini e
finalmente il cinema, con "Sotto la stessa luna" di Carlo Luglio, che ottiene una menzione speciale al festival
di Annecy. Da quel momento la sua carriera è in costante ascesa e un red carpet succede all'altro. Venezia,
Cannes, Roma, Montreal e ancora Venezia. Un po' per fortuna, ma soprattutto per la sua grande sensibilità
che lo porta a scegliere partecipazioni in molte delle migliori produzioni del cinema italiano di qualità. Qualche
titolo? "Gomorra" di Matteo Garrone, "Gorbaciof" di Stefano Incerti, "Caravaggio. L'ultimo tempo" di Mario
Martone, il pluripremiato "L'intervallo" di Leonardo Di Costanzo. Recita la parte del capo-clan in "Là-Bas Educazione Criminale" di Guido Lombardi, ispirato alla strage di Castelvolturno del 2008. Presentato alla 68.a
Mostra del Cinema di Venezia, il film aveva vinto il Premio Venezia Opera prima "Luigi De Laurentiis" e il
Premio del pubblico "Kino" - Settimana della Critica. A Lombardi, Ruocco resta molto legato, tanto da
lavorare ancora con lui in "Take Five", presentato all'ultimo Festival del Film di Roma e in uscita in sala, il
prossimo 25 settembre. Nel 2009 un incontro gli cambia la vita: Abel Ferrara lo vuole nel suo "Napoli, Napoli,
Napoli", diventano amici e il regista lo cerca ancora per inserirlo nel cast del suo film "Pasolini", in concorso a
Venezia, con una parte scritta apposta per lui. E infine, scongiurando definitivamente il rischio di rimanere
intrappolato nel cliché del bel criminale, arriva il ruolo del protagonista in "Abel's grandfather", film che il
regista italo-americano dedica a suo nonno, partito da Sarno alla volta della California. Ruocco è un
concentrato di curiosità. Generoso, spontaneo, estroverso. Instaura subito un dialogo fitto fitto in cui spesso è
lui a fare domande. Si informa su qualsiasi argomento, dalla questione israelo-palestinese, agli ultimi libri letti.
Alla televisione guarda il teatro di Eduardo e dice di non amare troppo la tecnologia che talvolta distrae dai
veri valori della vita. Alla fine resta un ragazzo semplice. Da quando si è sparsa la notizia della sua quinta
partecipazione a Venezia lo cercano tutti, amici, giornalisti, fan. Potrebbe ritirarsi da qualche parte in
villeggiatura ma preferisce restare a casa assieme al suo gatto Shakespeare circondato dai libri, perché ciò
che sente di voler fare ora è studiare, studiare, studiare. «Mai letto "Una vita violenta" di Pasolini?» - chiede
invertendo il ruolo intervistatore/intervistato con candida non-chalance. Ma poi si scusa, e ride: «Giusto, non
devo essere io a fare le domande, io parlo sempre. Procediamo». Allora, cos'è che sta studiando?
«Recitazione, dizione. E anche inglese. Mi è capitato di fare un provino per un film di John Irvin. Era andato
molto bene ma alla fine non mi hanno preso perché il mio inglese non era abbastanza buono. La prossima
volta non voglio farmi trovare impreparato». Tornando a Pasolini. Che ruolo recita nel film di Ferrara? «Non
ne possiamo parlare fino a Venezia. Quello che posso dire è che il film si regge tutto su Willem Dafoe, è lui il
personaggio centrale. Tutti gli altri abbiamo delle partecipazioni. Io faccio il ruolo di un politico, due o tre
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
L'INTERVISTA»SALVATORE RUOCCO Io che ero un pugile vado con Pasolini in Mostra a Venezia Willem
Dafoe ha fatto un lavoro incredibile. La sua somiglianza con lo scrittore friulano è impressionante e non è
stato nemmeno doppiato
30/07/2014
Il Piccolo di Trieste - Ed. Nazionale
Pag. 39
(diffusione:44247, tiratura:212000)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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scene ma sono importanti. Abel ha creato quel personaggio apposta per me perché voleva a tutti i costi che
fossi nel film, ma non potevo fare il romano per via del mio accento napoletano. Lui, comunque, ha detto che
mi voleva per le mie doti di attore, non per amicizia». Tra voi il legame è molto forte. E' vero che lo ha anche
aiutato a disintossicarsi? «È vero. Non potevo lasciare che Abel continuasse a distruggersi, beveva 45 birre
al giorno e nessuno gli diceva niente! Io sono sempre stato pulito, non ho mai fumato neppure uno spinello,
ma conosco una comunità gestita da una persona di fiducia. L'ho proposta ad Abel e lui ha accettato. Andavo
sempre a trovarlo per fargli coraggio. Ora son due anni che beve solo acqua minerale, è una persona
nuova». Cosa le ha insegnato Ferrara? «Oltre che un amico è un grandissimo maestro di cinema. Quando si
lavora con lui sempre bisogna rubare con gli occhi e imparare. Un'altra cosa che mi ha insegnato è di essere
sempre me stesso». Com'è stato recitare accanto a Dafoe? «Dafoe ha fatto un lavoro incredibile e la sua
somiglianza con Pasolini è impressionante. Tra l'altro non è stato doppiato, anche la sua voce è identica a
quella di Pasolini». Quindi si candida alla Coppa Volpi? «Sempre se il film non vince il Leone d'Oro. Perché
secondo me vince». Cosa rappresenta per lei Pasolini? «Una sua frase mi ha aiutato in un momento
particolare. Dopo la squalifica, in poco tempo avevo perso tutto. Il pugilato, gli amici e anche la ragazza. La
sua famiglia non voleva che perdesse tempo con uno come me, le dicevano "trovati un avvocato! Cosa potrà
mai darti quello lì?". A darmi forza erano queste parole: "Bisogna essere molto forti per amare la solitudine".
Ora lo sto conoscendo meglio. Ho visto "La rabbia", sto leggendo altre cose. Ma com'è morto veramente
Pasolini?» Secondo lei? «La legge dice Pelosi, ma i miei calcoli dicono che sono stati i servizi segreti. Era un
personaggio scomodo, si dev'essere avvicinato a qualche verità importante». E qual è la versione di Ferrara?
«Non lo so, nessuno ha ancora visto il film per intero. Abel racconta l'ultimo giorno di Pasolini in vita, ma non
gli interessa mettere in scena una teoria sul suo omicidio. Anche se dice di sapere chi è stato a ucciderlo».
Pasolini era molto legato al Friuli. C'è mai stato? «Non ancora, ma è una cosa che voglio fare. Voglio scoprire
quei luoghi. Anzi, faccio questa promessa. Verrò a presentare il film e farò di tutto per portare Abel con me,
nella terra di Pasolini. Si può provare a organizzare questa cosa?». Quali sono i suoi prossimi impegni? «Da
settembre sarò in sala con due film, "Pasolini" e "Take Five" di Guido Lombardi, un caper-movie in cui
interpreto uno dei cinque protagonisti. E poi bisogna finire le riprese di "Abel's Grandfather". Sto anche
scrivendo un libro assieme a Gabriella Simoni in cui racconto le mie esperienze nella boxe clandestina, si
intitola "Il sapore del sangue". Posso leggere una frase?» Certo. «Uno, due, tre, quattro... Le gocce di sangue
fuoriuscivano dal naso, dall'occhio. E scivolavano giù, fino al collo; una volta lì, si mischiavano al sudore e la
loro corsa diventava più rapida. Alla fine, si infrangevano sul pavimento del ring, disegnando forme astratte,
simboli di morte. A volte bevevo quel sangue, quando arrivava alle labbra. Ne gustavo il sapore, ed era
sempre troppo tardi quando mi accorgevo che non si trattava di sudore, ma del sapore del sangue».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
30/07/2014
Il Secolo XIX - Basso Piemonte
Pag. 31
(diffusione:103223, tiratura:127026)
«IL CINEMA È IN CRISI MA NON MI ARRENDO »
Per l' attrice , 50 anni, non è ancora arrivato il tempo dei bilanci In programma un'estate di lavoro e il debutto
da produttrice
FABRIZIO BASSO
ARRIVA l'estate e in televisione tornano, puntuali, i "Sapore di mare" dei fratelli Vanzina, pellicole che hanno
segnato gli anni Ottanta e che continuano a essere la fotografia di una Italia spensierata e moderatamente
ricca che è lontana trent'anni o poco più ma sembra distante anni luce. Lo scorso 31 marzo Isabella Ferrari,
icona di quel film, ha compiuto 50 anni. Fu scoperta da Gianni Boncompagni nel 1980 ma la sua prima
apparizione su un set è del 1983 già con i Vanzina ne "Il ras del quartiere" con Diego Abatantuono. E poche
settimane dopo ecco "Sapore di Mare". Poi arrivano il secondo episodio e "Chewingum" che «raccontano
amori estivi e mostrano una certa borghesia». Al Festival del Cinema di Giffoni, Isabella Ferrari ha incontrato i
ragazzi che per dieci giorni animano un evento di livello mondiale. Signora Ferrari, cinquant'anni tempo di
bilanci? «Mi sono sempre detta che il mezzo secolo sarebbe stato il momento dei consuntivi e invece mi
guardo dentro e sento un senso di incompiuto. Ma a questo punto credo che sia la vita che va in questa
direzione». Magari la vacanza aiuta... «Non farò vacanze, lavoro. So che è anche stato scritto che per i miei
50 anni mi sarei presa un anno sabbatico, un lungo periodo di riposo per stare con mio marito Renato (De
Maria, regista) e i miei tre figli ma sono invenzioni. Lavoro». È stata definita un sex symbol. «Ricordo che
quando esplose il fenomeno "Sapore di mare" avevo paparazzi ovunque, non riuscivo a fare più nulla. Quello
è stato un momento difficile, volevo sparire». Ci pensa che "Sapore di mare" è ancora oggi un "cult"? «I
Vanzina con quel film hanno sfruttato una filosofia italiana e dunque non è un caso che sia rimasto un "cult"».
Sua figlia ha dato da poco la maturità, è generazione "Tre metri sopra il cielo". «Non posso commentare né
fare un paragone: io quel film non l'ho visto. Ma oggi è complesso parlare dei giovani dal punto vista di una
madre». Perché? «Una madre spesso vede non quello che succede ma quello che vuole vedere. Accentua
certi aspetti e ne minimizza altri e magari la realtà è il contrario. Una mamma non ha uno sguardo obiettivo».
Da madre, cosa vorrebbe? «Vorrei fossero sempre molto curiosi e senza troppe paure di rischiare e di
perdere. Leggo nei loro occhi troppa paura, più di quella che si dovrebbe». Signora Ferrari ci parli del suo
impegno sociale con "Save for Children". «A oggi ho fatto due missioni, a Napoli e in Giordania. Quest'ultima
molto particolare». Che è successo? «Sono stata al campo profughi di Al Za'atari. Anche quando sono
tornata ho sentito per giorni sotto la pelle questi bambini che non hanno lenzuola né calore umano. Sono nel
nulla». Le onlus rendono un po' meno gravosa la situazione? «Certo, ma non è lì il problema: puoi sostenere
le onlus ma le guerre continuano». Il suo mondo stride ancor più con quel che racconta. «So che il patinato fa
parte del giro di giostra, faccio questo mestiere da più di trent'anni e non mi nascondo...» Si diverte ancora?
«Quello che mi diverte di più è recitare un personaggio, fare un viaggio umano e interiore in un mondo di cui
non sai quasi nulla». Cosa la fa accettare un ruolo? «È la curiosità che mi spinge». A Giffoni il tema del 2014
era "Be Different". «Non ho mai avuto paura della diversità e credo di avere cresciuto i miei figli in questo
senso, è un buon modo per stare al mondo con se stessi, è un messaggio importante per i ragazzi». Ha
contribuito all'Oscar de "La grande bellezza". «Rimarrà anche Sorrentino come è rimasto "Sapore di mare".
Racconta un'altra roba ma ci racconta per come siamo». Lo stato di salute del cinema in Italia? «Nonostante
le fatiche immense che fanno gli autori italiani per girare i film, accerchiati da mille problemi, siamo sempre
assidui frequentatori dei Festival». Anche lei sta producendo un film, tratto da un libro di Aldo Nove. «Il
progetto di Aldo Nove è la storia di una rinascita forte, è a basso costo, nessuno lo voleva produrre e per la
prima volta sono entrata in produzione. Sono una fan della sua parola giusta». Titolo? «"La vita oscena". È un
libro del 2010, è molto autobiografico. Una produzione a basso costo, la regia è di mio marito». Diagnosi
dell'Italia? «Siamo un paese in ginocchio e ci sta pure il cinema. Siamo assolutamente precari ma non ci
arrendiamo mai». Per il suo esordio come produttrice, Isabella Ferrari ha scelto il film "La vita oscena", tratto
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
PARLA ISABELLA FERRARI
30/07/2014
Il Secolo XIX - Basso Piemonte
Pag. 31
(diffusione:103223, tiratura:127026)
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
dall'omonimo romanzo di Aldo Nove, realizzato insieme al marito Renato De Maria che ne curerà la regia.
Protagonista Clement Metayer, lanciato da "Qualcosa nell'aria" di Olivier Assayas DAL ROMANZO DI ALDO
NOVE
Foto: Sullo schermo
Foto: L'attrice ai tempi di "Sapore di mare", il film che l'ha resa famosa
Foto: Una scena di "Saturno contro" di Ferzan Ozpetek del 2006
Foto: Il ruolo in "La grande bellezza" le è valso il Nastro d'argento speciale
Foto: Isabella Ferrari ha compiuto 50 anni lo scorso 31 marzo
30/07/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 19,21
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Mediaset , entro fine anno lo spin-off di Premium
Riassetto in vista dell'ingresso di nuovi soci
Carlo Festa
Mediaset chiude in perdita i primi sei mesi del 2014, ma riesce a ridurre il debito e migliora la propria
marginalità grazie alla continuazione della strategia di contenimento dei costi. E, sul versante Premium dopo
l'acquisto dei diritti del calcio, il gruppo di Cologno sembra non aver fretta a cercare un altro partner da
aggiungere a Telefonica.
A pesare sul bilancio, con una perdita superiore ai 20 milioni nei primi sei mesi, è stata in particolare la
performance delle attività italiane. Nel periodo gennaio-giugno Mediaset ha riportato ricavi netti consolidati
sostanzialmente stabili (-0,7%) a 1,725 miliardi nonostante la contrazione della raccolta pubblicitaria in Italia
di Publitalia 80 e Digitalia del 3,9% attestatasi a 1,01 miliardi di euro rispetto ai 1,06 miliardi dell'esercizio
precedente (-1,8% nel primo trimestre).
È invece migliorato l'ebitda a 668,3 milioni (+1,3%) grazie alla conferma del contenimento dei costi operativi
sotto gli 1,1 miliardi, ma i maggiori ammortamenti sui diritti tv hanno portato in calo l'utile operativo a 109,5
milioni (-18%). Il risultato netto, su cui pesa l'effetto della svalutazione di Digital+ prima della vendita a
Telefonica, è stato quindi negativo per 20,5 milioni a fronte di 30 milioni di utile di un anno fa.
In chiaro miglioramento l'indebitamento finanziario netto di gruppo che scende a 1,026 miliardi (da 1,459
miliardi di dicembre), quindi in flessione di oltre 400 milioni. Il trend positivo è il risultato della generazione di
cassa (pari a 165,2 milioni) e dall'incasso netto pari a 280 milioni per la cessione di una quota di
partecipazione di Ei Towers. Bene gli ascolti televisivi dove le reti Mediaset registrano una crescita sul
pubblico totale dello 0,6% rispetto al primo semestre 2013 sia in prima serata sia nelle 24 ore. Anche Canale
5 cresce sul pubblico totale nelle principali fasce orarie ed è la rete italiana più vista nel target commerciale
sia in prima serata (17%) sia nelle 24ore (16,6%).
Ora i riflettori sono sulla seconda parte dell'anno: secondo Mediaset il quadro economico generale in Italia
«rende ancora difficile produrre stime attendibili circa l'evoluzione del risultato economico consolidato per
l'esercizio». Le previsioni sull'andamento del mercato pubblicitario in Italia per la seconda parte dell'anno confermano «anche per luglio una tendenza in linea con quella del primo semestre del 2014».
Diverso le scenario in Spagna (dove il gruppo di Cologno sta per salire al 46,1% di Mediaset España) dove
la ripresa economica sembra maggiormente avviata con effetti anche sui ricavi pubblicitari che «dovrebbero
continuare a registrare un andamento positivo anche nei prossimi mesi».
Un discorso a parte merita il dossier Premium, dopo l'ingresso di Telefonica con una quota dell'11% (con un
investimento di 100 milioni) nella tv a pagamento del gruppo italiano. Mediaset ha in corso l'esecuzione del
piano di scorporo di Premium, un processo che «richiederà il resto dell'anno».
«Non ci sono aggiornamenti, non siamo sotto pressione in termini di tempo - spiega il direttore finanziario di
Mediaset, Marco Giordani in merito all'arrivo di altri partner, come Al Jazeera e Vivendi, in Premium.
«Rispetto a sei mesi fa - continua Giordani - la nostra posizione nella pay tv è più sicura. Con i diritti della
Champions League e della Serie A, Mediaset Premium ha un business plan più solido e più stabile e, da
questa prospettiva, Mediaset può valutare se ha bisogno di un partner per la pay-tv».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Performance a confronto Fonte: dati societari RICAVI NETTI 2013 2014
2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 2013 2014 1.737,0 1.724,8 1.077,6 1.056,5 659,4 668,3 133,6
109,5 COSTI OPERATIVI EBITDA EBIT RISULTATO LORDO RISULTATO NETTO Dati primo semestre
2013/2014. In milioni di euro 94,2 8,4 30,1 -20,5
Foto: - Fonte: dati societari
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Media. Conti semestrali in rosso per 20,5 milioni - Ricavi in tenuta e tagli ai costi
30/07/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 13
(diffusione:50651, tiratura:76264)
I film lucani e «Sassiwood» con Rubini
Din. Dis.
Dopo l'omaggio del capolavoro di Pier Paolo Pasolini «Il Vangelo secondo Matteo» - con il premio Oscar Luis
Bacalov che ha rieseguito e diretto dal vivo, per la prima volta, le musiche originali del film e i ricordi dei
testimoni di allora - Basilicata terra di cinema torna stasera all'Isola Tiberina per raccontare - con interventi e
immagini - gli esiti di un intenso lavoro iniziato un anno fa. Un lavoro di sinergia, fra il Progetto del Ministero
per lo Sviluppo e la Coesione Economica, «Sensi Contemporanei», nato per la valorizzazione di determinati
territori attraverso arte, formazione, design, cinema e teatro, la Lucana Film Commission, e l'APT Regione
Basilicata. Gli ultimi video di Arisa e Omar Pedrini, per esempio, sono stati girati fra il Parco Nazionale del
Pollino e la costa tirrenica di Maratea, come pure i cortometraggi di Giuseppe Marco Albano, già vincitore dei
Nastri d'Argento, («Anna» sul lavoro femminile con Massimo Wertmüller e Anna Ferruzzo), e di Gianni
Saponara («Corso Dante» sull'ecomafia), fino a «Sassiwood», esilarante e ironico cortometraggio, vincitore
del Globo d'oro 2014, scritto da Antonio Andrisani, con Sergio Rubini. Stasera sarà l'occasione per mostrare
anche una fiaba, girata anch'essa in Basilicata, vincitrice di un insolito bando legato a un paese lucano:
Rapone. Alla serata saranno presenti il direttore della Lucana Film Commission, Paride Leporace, il
presidente del progetto Sensi Contemporanei, Alberto Versace, il direttore Generale APT Regione Basilicata,
Gianpiero Perri e gli autori-attori dei lavori presentati, modera Laura Delli Colli, presidente Sindacato
Giornalisti Cinematografici Italiani.
Foto: ISOLA TIBERINA Alle 21 Ingresso gratuito
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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cinema Isola del Cinema
30/07/2014
Il Tempo - Ed. Nazionale
Pag. 25
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Enrico Vanzina: «La commedia? È troppo bersagliata dai pregiudizi»
Mostra su Nannarella Dalla kermesse di Roma è arrivato il «Ritratto di Anna» con le foto più belle della
Magnani
Din. Dis.
Dopo una lunga pausa è tornato in auge, il Film Festival Vieste. «Per ben undici giorni, il pubblico ha
mostrato un interesse crescente sia nei confronti dei cortometraggi realizzati nell'ambito dell'iniziativa "Prove
aperte alla fabbrica dei sogni" sia ai film inseriti all'interno della rassegna dedicata alla nuova commedia
all'italiana, ognuna delle quali introdotta presso l'Anfiteatro Adriatico da registi e attori protagonisti», ha
racconta entusiasta l'organizzatrice Terry Abbattista. All'interno del Festival ha infatti trovato spazio,
riservando enormi sorprese, il progetto "Porte aperte alla fabbrica dei sogni", grazie al quale giovani
appassionati cinefili, affiancati da affermati film-maker, hanno dato vita alla realizzazione di esclusivi
cortometraggi. Fiore all'occhiello del Film Festival Vieste, il Premio Carlo Nobile: a ricevere la prestigiosa
statuetta, realizzata in alabastro, è stato lo sceneggiatore, produttore e scrittore Enrico Vanzina, in una
cerimonia condotta da Francesca Rettondini. «Mio padre Steno - ha raccontato Vanzina - avrebbe preferito
che facessi lo scrittore o il giornalista, ma io non potevo fare a meno del cinema che, come diceva Hitchcock,
è la vita con le parti noiose tagliate. Il genere della commedia viene ingiustamente bersagliato da conformismi
e pregiudizi. L'Italia è un Paese che spesso mi fa arrabbiare, ma agli italiani, a loro sì voglio tanto bene».
Proiezioni e dibattiti sono stati arricchiti da due belle mostre: la prima è stata «Ritratto di Anna», presentata lo
scorso anno al Festival Internazionale del Film di Roma, una galleria di ritratti organizzata dalla Fondazione
Ente dello Spettacolo e dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, dedicata
all'indimenticabile Nannarella, al secolo l'attrice Anna Magnani. La seconda mostra, invece, ha raccolto
un'accurata selezione di manifesti del grande cinema italiano dal primo dopoguerra fino ai nostri giorni. Tra i
film più applauditi tra tutti quelli proposti, la pellicola rivelazione «Vacanz'ieri, oggi e domani» di Fabio Massa
e Lucio Ciotola, presenti assieme a Luciana De Falco, una delle protagoniste, e «La gente che sta bene»,
presentato dall'attrice Emanuela Grimalda, popolarissima anche per la sua partecipazione alla fiction di Rai1
«Un medico in famiglia». Applausi, inoltre, per «Sapore di te» dei fratelli Vanzina, «Song e Napule» dei
Manetti Bros; «Maldamore» introdotto dall'attrice Eleonora Ivone e dallo sceneggiatore Massimo Sgorbani. A
concludere in bellezza la rassegna, presentata dal press-agent Giuseppe Zaccaria, anche il regista Davide
Minnella e l'attore protagonista Gianluca Sportelli con la pellicola dolce-amara «Ci vorrebbe un miracolo».
Foto: Scrittore Enrico Vanzina
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
Allo sceneggiatore romano il premio Carlo Nobile del Festival di Vieste che si chiude con una carrellata di film
e di personaggi
30/07/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 4
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Franceschini salva l'ex cinema America
Francesca Mariani
Il ministero dei Beni Culturali (Mibact)ha avviato la procedura per apporre il vincolo alla destinazione a
cinema della sala America, in via Natale del Grande, a Trastevere, e per vincolare anche i mosaici all'interno
della struttura. Lo ha fatto sapere il ministro Dario Franceschini che ieri mattina ha visitato il cinema America
e ha incontrato l'associazione di occupanti che da oltre un anno gestisce attività culturali all'interno dello
spazio. «I sopralluoghi hanno dato esito positivo, il valore artistico dei mosaici è stato riconosciuto e questo
farà scattare il vincolo su di essi e il conseguente vincolo sulla destinazione d'uso dello spazio che, quindi,
dovrà restare un cinema. La procedura è avviata ci vorrà qualche tempo ma non ho dubbi sull'esito».
Franceschini ha tenuto ad aggiungere che «una buona notizia per l'America viene anche dall'approvazione
del dl Art Bonus: nel decreto si offre il 30% di credito d'imposta per il recupero di cinema che fossero in
attività alla data dell'1 gennaio 1990. Se vorrà la proprietà potrà profittare di questa opportunità». La sala
America non è più aperta come cinema da 14 anni. Nel tempo, la proprietà Progetto Uno ha lanciato vari
progetti di trasformazione dello spazio. In particolare, nel 2008 si era parlato di un programma di
riconversione dell'edificio in quaranta piccole unità immobiliari. La proposta però non ebbe seguito in quanto
«ci opponemmo strenuamente a colpi di carta da bollo per fare in modo che lo spazio restasse ad uso
pubblico del quartiere», racconta Alberto Toso Fei, del comitato di quartiere cinema America. Da oltre un
anno, un gruppo di ragazzi ha occupato lo stabile e inaugurato una gestione autonoma di iniziative culturali. È
stata allestita una piccola biblioteca e predisposta una sala per incontri e corsi di formazione. Insomma
vincolato il cinema ci faremo garanti che l'immobile non rimanga chiuso per altri 14 anni, ma venga
restaurato, come di fatto stiamo già facendo da due anni a questa parte. Anticipiamo che a settembre sono
state già confermate alcune parteicipazioni a sostegno dell'esperienza dell'America Occupato, Paolo Virzì,
Toni Servillo e Francesco Bruni saranno infatti nelle programmazioni di Settembre ed Ottobre che
pubblicheremo a fine Agosto». Una vicenda, quella del cinema America, che per Franceschini non può
essere accumunata a quella di un altro spazio culturale romano occupato, il Teatro Valle: «Qui l'intenzione
dichiarata degli occupanti è sempre stata di preservare la funzione del Cinema, non di occuparlo a tempo
indeterminato. Il caso del Valle è diverso, anche perché il teatro à di proprietà pubblica», ha scandito il
ministro. L'esito dell'occupazione del cinema America ha preso le mosse verso la metà del giugno scorso
quando la vedova dello scultore pescarese Pietro Cascella scomparso nel 2008, Anna Maria Cesarini Sforza,
scrisse al ministro dei Beni culturali alle Soprintendenze del Mibact e di Roma Capitale, al governatore del
Lazio, Nicola Zingaretti, e al sindaco di Roma, Ignazio Marino, rivelando che i mosaici del cinema non erano
opera solo sua, come creduto fino a quel momento, ma anche del marito scomparso e chiedendone la tutela.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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Trastevere
30/07/2014
ItaliaOggi
Pag. 1
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Mediaset , perdite per 20,5 mln, indebitamento giù di oltre 400 mln
MARCO A. CAPISANI
Capisani a pag. 23 Mediaset termina il primo semestre 2014 in rosso per 20,5 milioni di euro, contro la
perdita netta pari a 12,5 milioni di euro alla fine del primo trimestre e l'utile di 30,1 milioni registrato alla fine
del primo semestre 2013. Ma sulla perdita dei primi sei mesi 2014 ha pesato «per -12,3 milioni di euro
l'adeguamento del valore di carico della partecipazione in Digital Plus al suo valore di realizzo, per la
componente non condizionata, del prezzo pattuito sulla base degli accordi di vendita a Telefonica», fanno
sapere dalla media company guidata da Pier Silvio Berlusconi che ha approvato ieri i conti al primo semestre
dell'anno, durante il cda presieduto da Fedele Confalonieri. In particolare, i ricavi netti del gruppo si attestano
a quota 1,725 miliardi dai 1,737 miliardi dei primi sei mesi del 2013. La raccolta pubblicitaria in Italia risente di
un mercato ancora negativo e contrae del 3,9% per poco di un miliardo. I ricavi della pay tv Mediaset
Premium scendono del 2,1% sui 274,3 milioni. A livello consolidato, invece, aumenta l'ebitda a 668,3 milioni
(rispetto ai 659,4 milioni del 2013) mentre è l'ebit che diminuisce del 18% pari a 109,5 milioni di euro su cui
hanno inciso gli ammortamenti di diritti (soprattutto pay della Serie A) per 482,4 milioni di euro (contro i
precedenti 436,1 milioni). Sempre nel primo semestre 2014, precisano da Mediaset, il valore per diritti
televisivi e cinematografi ci crescono di un miliardo fi no ai 2,8 miliardi di euro. Trend positivo infine per
l'indebitamento finanziario netto di gruppo che si riduce di 432,6 mln a 1,026 miliardi d euro, «per effetto di
un'ottima generazione di cassa caratteristica (free cash ow) pari a 165,2 milioni di euro, realizzata in un
semestre negativo per il mercato, e dell'incasso netto pari a 280,2 milioni di euro proveniente dalla cessione
di una quota di partecipazione di EI Towers avvenuta nel secondo trimestre dell'esercizio». Se a luglio il
Biscione defi nisce il trend del mercato in linea con quella del primo semestre 2014, per i mesi successivi
l'attesa è che arrivino segnali più chiari e decisi di una ripresa della domanda interna e dei consumi. Per
l'Italia, quindi, è «difficile produrre stime attendibili circa l'evoluzione del risultato economico consolidato per
l'esercizio», mentre «in Spagna, dove la ripresa economica è maggiormente avviata, i ricavi pubblicitari
dovrebbero continuare a registrare un andamento positivo anche nei prossimi mesi, considerando gli ottimi
risultati che le partite del Mondiale di calcio disputato in Brasile hanno avuto in giugno e luglio sulla raccolta di
Mediaset España». Nella seconda parte dell'anno, precisano da Cologno monzese, la quota del gruppo in
Mediaset España salirà dal 42,1 al 46,1% perché, pur non comprendendo la quota del 22% in Digital Plus
(ceduta lo scorso 4 luglio per 325 mln), la controllata iberica ha riacquistato da Prisa la quota detenuta pari
all'8,5%. I risultati per differenti aree geografiche registrano in Italia ricavi per 1,257 miliardi contro i
precedenti 1,31 miliardi alla fine del primo semestre 2013. Oltre ai ricavi di Mediaset Premium, ci sono quelli
di Ei Towers che rimangono stabili intorno ai 116,7 milioni di euro. Di contro, i costi operativi contraggono
dello 0,9% per 778 milioni di euro. L'ebit passa a 29,4 milioni da 86,4 milioni, il risultato netto è negativo per
29,3 milioni di euro contro l'utile di 17,6 milioni al termine dei primi sei mesi dell'anno scorso. A livello di
ascolti, sottolineano da Cologno, «le reti Mediaset registrano una crescita sul pubblico totale dello 0,6%
rispetto al primo semestre 2013 sia in prima serata sia nelle 24 ore. E con il 36,3% in prime time e il 35,1%
nelle 24 ore confermano la leadership nazionale tra i telespettatori tra i 15 e i 64 anni». Spostandosi in
Spagna, infi ne, il fatturato sale a 468 milioni di euro (+9,6%), la raccolta pubblicitaria lorda è pari a 446,5
milioni (+6,8%) e l'ebit cresce a 80,1 milioni da 47,2 milioni. L'utile netto è di 21,4 mln (30,1 mln nel 2013).
«Nel primo semestre 2014 le reti televisive del Gruppo Mediaset España», concludono da Mediaset,
«ottengono la leadership sia in prime time (29,2%) che nelle 24 ore (30,2%)». Ieri, il titolo ha chiuso a +1,48%
a 3,15 euro.
Foto: Pier Silvio Berlusconi
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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I DATI SEMESTRALI
30/07/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 36
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Salvati dai cartoon
dai Ai festival in crisi di star vincono i divi dell'animazione
ARIANNA FINOS
IN principio c'erano Disney, una matita e un foglio di carta. Oggi c'è una galassia di grandi e mini major
dell'animazione, ciascuna con una propria personalità, tutte con una tecnologia sempre più sofisticata, che
affollano un mercato in continua espansione. La Pixar di Toy Story , la Dreamworks di Shrek, la Blue Sky di
L'era glaciale , la più casalinga Aardman di Wallace & Gromit sono già veterane, incalzate da nuovi studios
come la Illumination e Laika, che si fanno notare per furbizia e alto tasso di originalità. Un mondo a parte,
scuola imprescindibile per tutti, resta il giapponese Studio Ghibli: «Siamo tutti discepoli di Miyazaki»,
ammettono all'unisono John Lasseter e Travis Knight, il giovane presidente della Laika, figlio del signor Nike,
che ha firmato gioielli in stop motion come Coralinee ParaNorman . In Italia c'è la Rainbow di Iginio Straffi, più
focalizzata sull'animazione televisiva ( Winx, Monster allergy ).
Non solo l'animazione regge sulle spalle una larga fetta del botteghino mondiale- quest'annoè toccatoa
Frozen e Cattivissimo me 2 - ma dà anche una mano ai festival di cinema. Sono sempre meno le grandi
produzioni che affrontano le spese di una trasferta di divi e seguito per presentare un film in una vetrina
rischiosa: l'accoglienza dei critici è spesso incerto, le stroncature fanno molto male. Gli unici Studios che
assicurano presenza ed eventi spettacolari ai festival sono quelli d'animazione. Allo scorso Cannes la
Croisette si è riempita di corna vichinghe per Dragon Trainer 2 della Dreamworks, con presenza fissa di
Jeffrey Katzenberg (e con lui Cate Blanchett e Kit Harington in versione doppiatori). Quello tra i festival e i
cartoni è un amore iniziato tanto tempo fa. Nel '47 Dumbo vinse il Gran premio collettivo a Cannes, nel '38
alla Mostra di Venezia fu tributato il Gran Trofeo d'arte della Biennale a Biancaneve . Ma ci sono voluti
cinquant'anni perché a Cannes venisse consegnato il premio della giuria a un cartone, Persepolis di Marjane
Satrapi. C'è stato un lungo periodo in cui alla Croisettei cartoni erano relegatia evento collaterale, snobbato
dai critici.
Tra i pionieri della riscossa è Shrek , con il suo umorismo irriverente, le battute adulte, le gag scatologiche,
che hanno conquistato i critici. Tra le immagini negli annali Cannes e Venezia ci sono anche Shark tale in
piazza San Marco, Angelina Jolie e Jack Black con i pupazzoni di Kung fu Panda sulla Croisette.
La Mostra di Venezia, che ha ospitato spesso i lavori di Miyazaki e altri autori giapponesi (l'anno scorso c'era
Capitan Harlock ) all'animazione di Simone Massi riserva sigle e manifesti (bellissimo quello di quest'anno,
omaggioaI 400 colpi di Truffaut) più il corto in Orizzonti L'attesa del maggio . Tra gli eventi più attesi, fuori
concorso, domenica 31 agosto c'è Boxtrolls- il nuovo film della Laika. Al Lido insieme ai registi planerà Travis
Knight con famiglia (numerosa). Malgrado finora non abbia brillato per incassi, al contrario dei volponi della
Illumination che hanno concesso fino troppo al marketing per gli irresistibili Minions di Cattivissimo me , i film
della Laika hanno conquistato più i critici che il pubblico: le atmosfere dark di Coraline e la Porta magica , la
storia zombie di ParaNorman sono per bimbi coraggiosi.E affrontano spesso temi coraggiosi, soprattutto
quello della diversità: in ParaNorman alla fine un personaggio rivelava di essere omosessuale.
Nel primo trailer di Boxtrolls-Le scatole magiche ci sono genitori dello stesso sesso. Al clamore sollevato in
Usa, Trevor Knight ha replicato serafico: «Non siamo attivisti, proviamo a raccontare ciò che siamo».
I PINGUINI I Pinguini di Madagascar, spin-off cinematografico con protagonisti Skipper, Kowalski, Rico e
Soldato.
Arriverà nelle sale italiane il 4 dicembre HOME Nato da un corto, Home è il cartone su un gruppo di piccoli
alieni viola che invadono la terra per difendersi dal nemico. Le 12 canzoni del film sono di Rihanna IN
ARRIVO
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
R2/Cresce il mercato dei cartoni, aumentano gli incassi e le nuove produzioni conquistano Cannes e la
Mostra di Venezia
30/07/2014
La Repubblica - Ed. Nazionale
Pag. 35
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Il Cardellino" di Donna Tartt diventerà un film della Warner
LOS ANGELES. Il bestseller di Donna Tartt Il Cardellino diventerà un film. Le case di produzione Warner
Bros e RatPac Entertainment hanno ufficializzato ieri l'acquisto dei diritti del romanzo vincitore del Premio
Pulitzer e in cima alle classifiche del New York Times per 39 settimane. A portare sul grande schermo le 896
pagine (tante ne conta la versione italiana tradotta da Rizzoli) dell'autrice americana sarà Brett Ratner, il
regista di blockbuster come Rush Houre Red Dragon , prequel del Silenzio degli innocenti di Thomas Harris.
A produrre il film Brad Simpson e Nina Jacobson, la coppia milionaria che ha già firmato la serie di Hunger
Games . È ancora presto per sapere chi avrà il volto di adolescente e poi di adulto del protagonista Theo
Decker, che, rimasto orfano a tredici anni, si aggrappa al piccolo quadro che lo fa sentire vicino alla madre
scomparsa. Il ragazzo crescerà a New York fino a scivolare negli ambienti della criminalità internazionale, tra
capolavori rubati e fughe da thriller lungo i canali di Amsterdam. La Warner aveva già comprato i diritti di Dio
di illusioni , primo romanzo della Tartt, senza mai tradurlo in film.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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La propriet intelletuale riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato
R2/SHORT STORIES/DAL PULITZER ALLO SCHERMO
30/07/2014
La Repubblica - Napoli
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Giffoni Experience gli ingredienti di un successo
DOMENICO DE MASI
«IL FESTIVAL - diceva Richard Wagner - è un evento eccezionale, in un luogo straordinario, in un particolare
lasso di tempo». Giffoni Experience è un evento più che eccezionale, unico al mondo; non avviene in un
luogo straordinario ma nel più paesano dei borghi campani; esplode in un momento particolare dell'estate ma
covae risuona durante tutto l'anno.I festival in Italia sono più di 2000. Hanno prima affiancato le feste
padronali e ora le vanno via via soppiantando. Il loro successo risiede nella capacità di esprimere il genius
loci, ostentare e valorizzare le risorse locali, vivacizzare un ambiente opaco, sfidare le proprie capacità
ideative e organizzative, formare nuove professionalità. EANCORA: supplire alle carenze formative della
scuola, controbilanciare la trivialità e il vuoto della tv, incentivare l'economia e la cultura locale, divertire,
provocare, stupire e magari scandalizzare. In Campania i festival sono una settantina ma solo quello di
Giffoni è riuscito a creare un format unico nel suo genere, partito dal cinema per ragazzi e approdato a un
evento multidisciplinare che coinvolge cultura alta e bassa, infantile, giovanile e adulta.
Se il globale consiste nel locale senza le mura, Giffoni è il festival più globale che esiste, al punto che ogni
giorno, in tutto il mondo, tre milioni di persone partecipano in streaming ai suoi eventi. Quando un Robert De
Niro e una Meryl Streep, un Richard Gere e un Wim Wenders, un Roman Polanski e un Michail Gorbacev
vivono giornate esaltanti insieme a una giuria di 3.500 ragazzi e finiscono la sera in piazza per scandire inni
alla pace cantando insieme a 10.000 giovani venuti da tutto il mondo e altrettanti contadini, studenti, artigiani
e professionisti della zona, quando tutto questo avviene nella stessa regione dove, a due passi, regna la
camorra, allora occorre ammettere che qualcosa di grande sta avvenendo in Campania, nonostante la
Campania. La strategia di tutti i governi nazionali ha puntato sulla priorità dello sviluppo economico dal quale,
in seconda battuta, sarebbe derivato automaticamente il progresso culturale. L'esito fallimentare di questo
paradigma è sotto gli occhi di tutti. La strategia adottata da Claudio Gubitosi, demiurgo del Giffoni Experience
, è precisamente l'opposto: sviluppare la cultura del suo territorio per ottenere, insieme alla crescita
intellettuale dei cittadini e dei loro ospiti, anche il progresso economico.
Cominciando dai bambini di tre anni. Questa, infatti è l'età dei giurati più piccoli e questa è l'età in cui, anni
fa, parteciparono alla giuriai due giovani che oggi sono rispettivamente sindaco di Giffoni e presidente del
Festival.
Un festival non è un'accozzaglia di spettacoli affastellati in base alla disponibilità estemporanea di nani e
ballerine forniti dalle agenzie. La materia prima di un festival è fatta di idee e le idee nascono, crescono e si
evolvono là dove una cultura profonda è unita a una profonda passione. Nei suoi 44 anni la kermesse di
Giffoni non è mai stata uguale a se stessa: da Giffoni Festival si è trasformata in Giffoni Experiencee ora sta
per trasformarsi in Giffoni Opportunity .
Un festival non separa ma unisce. Non si auto-imprigiona superbamente in un recinto elitario ed escludente
ma s'innerva nella popolazione che lo ospita e lo esprime. La cartina al tornasole di questa osmosi tra i
promotori, gli ideatori, gli attori, il pubblicoe la popolazione residenteè fornita dal numero dei volontari che vi
lavorano. Giffoni e Mantova riescono entrambi ad attrarre 200.000 persone ed entrambi sono animati da
centinaia di volontari che arrivano da tutto il mondo per collaborare gratuitamente a un'esperienza creativa
indimenticabile. A Giffoni confluiscono soldi pubblici e privati e il contributo pubblico, come ha da essere,
viene valorizzato per azioni che i privati non intraprenderebbero perché hanno come scopo primario non il
profitto personale ma la crescita del territorio. In sintesi, quali risultati Gubitosi e Giffoni sono riusciti a
raggiungere con il loro festival? Il paese e la sua area circostante rappresentano l'unica zona della Campania
in cui, bloccata l'emigrazione, si sono trasferite più di 10.000 persone. 50 nuovi Bed&Breakfast hanno
trasformato la località in un paese-albergo. Poiché i 3.500 ragazzi delle giurie provengono da tutto il mondo e
sono ospitati per quindici giorni in tutte le famiglie di Giffoni, l'intensità emotiva dell'interscambio culturale tra
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LA RASSEGNA
30/07/2014
La Repubblica - Napoli
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
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ospiti e ospitanti ha trasformato la popolazione locale in una fitto network meticcio e internazionale, che fa di
Giffoni la rete più interattiva d'Italia e forse d'Europa. A questa rete informale si aggiunge quella formale delle
diramazioni del festival in vari Paesi del mondo, dalla Polonia all'Australia, dal Brasile al Qatar.
Nella conferenza stampa conclusiva di questa 44^ edizione, Caterina Miraglia, assessore regionale alla
cultura, che supporta con lungimirante intelligenza Claudio Gubitosi, ha definito la Giffoni Experience una
«cultura soave, dolce, incisiva». Già nel 1982 un ospite mitico come François Truffaut aveva detto: «Di tutti i
festival, quello di Giffoniè il più necessario». Il tempo gli ha dato ragione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: I GIURATI I ragazzi della giuria di Giffoni Experience, protagonisti del festival
30/07/2014
La Repubblica - Roma
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Così salveremo i mosaici di Cascella" Poi annuncia: "Entriamo nel Film Fest"
SARA GRATTOGGI
L'AMERICA resterà un cinema. Parola del ministro ai Beni culturali. Dario Franceschini ieri ha incontrato gli
occupanti della storica sala di Trastevere che rischiava di essere demolita per fare spazioa mini-appartamenti
e garage, secondo il progetto presentato dai proprietari. «Abbiamo avviato la procedura per un vincolo sia sui
mosaici di Anna Maria Cesarini Sforza e di Pietro Cascella, sia sulla destinazione d'uso dell'edificio» ha
annunciato il ministro. Una richiesta più volte avanzata dai ragazzi che nel 2012 lo occuparono e lo riaprirono
al quartiere dopo 14 anni. Ma anche da attori e registi, dagli architetti preoccupati per il destino del gioiello
anni '50, progettato da Angelo Di Castro, dalla Regione Lazio, dalla stessa Cesarini Sforza.
E ora accolta. Ma non solo.
«Nel decreto cultura, che ora è legge, è previsto il 30% di credito d'imposta per il restauro di sale
cinematografiche costruite prima del 1980 - ha sottolineato Franceschini - Se vorrà, la proprietà potrà
approfittare di questa opportunità».
Scongiurato, quindi, il rischio demolizione e trasformazione della sala, che aveva spinto i ragazzi a
occuparla. Dando vita a una programmazione ricca di proposte e ospiti (da Carlo Verdonea Nanni Morettie
Paolo Sorrentino) e a un'esperienza sostenuta dai residenti.
«Questi ragazzi hanno reso il cinema un luogo di memoria viva, dando nuovo impulsoa una battaglia che noi
conducevamo da anni» commenta Alberto Toso Fei, presidente del Comitato cinema America. Soddisfatti gli
occupanti, che promettono di diventare i garanti della nuova vita del Cinema America: «L'occupazione per noi
è un mezzoe non un fine- hanno detto al ministro - Quando i vincoli saranno effettivi, auspichiamo che si trovi
comunque una soluzione coerente col percorso costruito fino a oggi insieme al territorio». «Potremo dire di
aver vinto la nostra battaglia - precisano i ragazzi - quando il cinema sarà vincolato, si procederà coi lavori di
restauroe la sala sarà riattivata con il coinvolgimento del rione».
Nel frattempo, la programmazione va avanti.E fra settembre e ottobre la sala di Trastevere ospiterà anche
Toni Servillo, Paolo Virzì e Francesco Bruni. Plaude all'annuncio dei vincoli anche il presidente della Regione,
Nicola Zingaretti. Mentre da Franceschini, in serata, è arrivato un altro annuncio, in due lettere indirizzate al
sindaco Marino e a Zingaretti: il Mibact contribuirà al finanziamento del Festival internazionale del Film di
Roma 2014, primo passo di un percorso che dovrebbe portare il Ministero a entrare come socio nella
fondazione Cinema per Roma.
Foto: L'OPERA VINCOLATA Il mosaico del cinema America fu eseguito da Anna Cesarini Sforza e da suo
marito Pietro Cascella (1921-2008). Lo ha rivelato l'artista 94enne
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Blitz di Franceschini all'America "No alle ruspe vivrà come cinema "
30/07/2014
La Sicilia - Enna
Pag. 30
(diffusione:64550, tiratura:80914)
Nuovo lavoro cinematografico dell'ennese Vigore
davide vigore E' prodotto dal Centro sperimentale di cinematografia e dedicato alla figura dello sfortunato
atleta palermitano Maurizio Schillaci, ex attaccante della Lazio ("imprendibile" a giudizio degli avversari) e
cugino del più celebre Totò, al quale lo accomuna lo sport, il calcio, il nuovo lavoro cinematografico di Davide
Vigore, giovane rivelazione del cinema isolano che dalla sua Enna ha preso il volo per costruire, tassello
dopo tassello, un percorso creativo di valore. Il titolo del nuovo film è "Fuori gioco" ovvero la storia di
Schillaci, che oggi conduce una vita da senzatetto, raccontata nel suo rapporto con Palermo, città che viene
ripresa in una modalità inusuale, notturna, quasi a volerne cogliere l'anima sotterranea nei mille diseredati
che la abitano. Il film documentario vuol mostrare cosa c'è dopo il successo quando il successo finisce; sarà
presentato ufficialmente in settembre prossimo e intanto è stato inviato alla Mostra del Cinema di Venezia. E
intanto Vigore macina premi con il più recente lavoro "Chi vuoi che sia", co-diretto insieme a Riccardo
Cannella, che ha conquistato il primo premio al Festival internazionale del cortometraggio di Erice (categoria
"Sicilia in short"), che si aggiunge ai sei vinti in tutta Italia e a due nomination conquistate in altrettanti premi
(in concorso anche nell'ultima edizione del David di Donatello nella sezione documentario). "Chi vuoi che sia"
è un mediometraggio, girato nel 2013 a Ballarò, che racconta una storia d'amore, quella di Massimo e Gino,
dentro il cuore pulsante di Palermo. «Vivo ormai da qualche tempo a Palermo - dice Vigore - ma conservo
uno sguardo, come dire, "esterno" sulla città. Ballarò poi è un quartiere molto tradizionale, che ha i suoi codici
ed è singolare che proprio in questo quartiere vivessero due persone, che poi sono i protagonisti del nostro
film, capaci di rompere completamente con gli schemi definiti. Eppure, anche quando Massimo, che è uno dei
protagonisti, crea un simpatico corto circuito questo non vuol dire che egli non sia parte del tutto, del
quartiere». Il film documentario scava nell'animo dei due protagonisti, attori non professionisti che
interpretano se stessi grazie alla sinergia nata con Vigore e Cannella. «Abbiamo creato con loro un rapporto
di fiducia - dice Vigore - e prima di girare li abbiamo incontrati spesso. Andavamo quasi quotidianamente nel
loro negozio di pelletteria per creare un rapporto di amicizia e condivisione, che credo sia poi la forza del film
, nel quale loro si aprono completamente e in maniera straordinaria. Abbiamo scritto poi il soggetto e quando
loro si interfacciavano alla macchina si interfacciavano "senza schermo", si fidavano di noi e noi ci fidavamo
di loro». Davide Vigore ha pure fondato nel 2012 la sua società cinematografica, la Amira, il cui nome
riprende il titolo del primo film del giovane cineasta siciliano. «Lì c'è un bel gruppo consolidato - dice - che sta
crescendo e con il quale speriamo di affacciarci quanto prima sulla ribalta accanto ai big. Un assaggio lo
abbiamo avuto in concorso al David di Donatello, ora aspettiamo altri risultati». Peccato che i tanti festival
dedicati al cinema in Sicilia, dal "fratello maggiore" a tutti quelli più piccoli, scelgano di spendere parti
consistenti dei loro budget solo in nome del "glamour" e della copertina patinata piuttosto che investirli per la
formazione e la promozione delle nuove generazioni di cineasti. Rosamaria Li Vecchi 30/07/2014
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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Film sulla vita in... fuorigioco dell'ex laziale Schillaci
30/07/2014
La Stampa - Asti
Pag. 47
(diffusione:309253, tiratura:418328)
valentina fassio
François Koltès, Amos Gitai, Ditta Miranda Jasifi, Luca D'Alberto, Jonathan Nossiter: questo il parterre
d'eccezione della seconda giornata di «Io con gli altri. Incontri tra artisti aspettando il festival che verrà», il
prologo alle edizioni di Asti Teatro 2015-2016 con direzione artistica di Pippo Delbono. Il programma di oggi
inizia alle 18 nella Sala Gianni Basso (ridotto del Teatro Alfieri) con «Omaggio a Bernard-Marie Koltès, un
artista immerso nella vita», nel ricordo di François Koltès, fratello del drammaturgo francese Bernard, di cui
racconterà al pubblico l'arte e la vita ribelli. Alle 19 in Sala Pastrone, cinema e parole: sarà presentato il film
«Resistenza naturale» del regista brasiliano-americano Jonathan Nossiter. Uscito a dieci anni dal suo
pluripremiato «Mondovino», proposto al pubblico come «il documentario che dà voce alla nuova resistenza
italiana», il film nasce dall'incontro di Nossiter con alcuni viticoltori di quattro regioni del Centro-Nord Italia
(Piemonte, Toscana, Emilia e Marche) che scelgono un'agricoltura naturale, etica e sostenibile nonostante i
numerosi ostacoli legislativi. Seguirà l'incontro con il regista e alcuni dei protagonisti del film, per un confronto
sul tema della resistenza ai poteri delle «grandi aziende». In chiusura degustazione di vini biologici. Temi di
stretta attualità in Sala Pastrone: dalle 21, proiezione del film «Ana Arabia» di Amos Gitai e incontro con il
regista sul tema del conflitto israelo-palestinese.
Filmato in un unico piano sequenza di 81 minuti, «Ana Arabia» è un momento nella vita di una piccola
comunità di reietti, ebrei e arabi, che vivono insieme in una enclave dimenticata al confine tra Jaffa e Bat
Yam. E' qui che arriva una giovane giornalista di Tel Aviv per un'inchiesta su una donna sopravvissuta alla
Shoah che aveva deciso di sposare un palestinese e di convertirsi all'Islam.
Appuntamento conclusivo, alle 23 al Piccolo teatro Giraudi, «Le donne di Pina»: Ditta Miranda Jasifi,
danzatrice di Pina Bausch, presenta «Estasi», progetto del musicista e compositore Luca D' Alberto. Domani
si continua con Amos Gitai e Gennaro Migliore, l'attrice Irène Jacob, Pippo Delbono e il suo omaggio a
Koltès. Tutti gli incontri sono a ingresso libero su prenotazione: 0141/399057 (dalle 9 alle 12).
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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Ebrei e arabi La guerra secondo Gitai
30/07/2014
La Stampa - Aosta
Pag. 44
(diffusione:309253, tiratura:418328)
davide jaccod
E' un doppio ritorno alle origini, quello di Strade del cinema: alle origini della settima arte, ma anche alle
origini di un progetto nato proprio nelle strade di Aosta e che quest'anno (meteo permettendo) torna a
popolare spazi inusuali, angoli suggestivi della città. La giornata di ieri ha visto la presentazione di un
progetto che tornerà a vivere dal 6 all'8 agosto, riprendendo quella che era la formula degli inizi: non un'unica
sede, ma luoghi diversi dove portare il cinema muto musicato dal vivo. Il percorso prenderà il via nella piazza
di Sant'Orso, mercoledì 6: ad arrivare ad Aosta sarà un ensemble diretto dal trombonista Gianluca Petrella,
tra gli strumentisti più acclamati della scena jazz italiana: la serata orbiterà intorno a «Exp and tricks», un
prodotto creato dalla Cineteca di Bologna che riunisce diversi cortometraggi dei primissimi anni del cinema. Il
giorno dopo lo schermo si sposterà al teatro romano, nei pressi della struttura archeologica: a uscire dal
proiettore sarà nientemeno che «La corazzata Potëmkin», il mitico film di Sergei Eisenstein del 1925 con il
quale il festival si propone di «sfatare il mito che circonda una pellicola». Insomma, non è un film noioso e
inguardabile, come proposto in un celebre film di Fantozzi. A musicarlo saranno i «Sjö», duo composto da
Marcel Zaes e dal talentuoso pianista Andrea Manzoni, ex Lomè e a maggio protagonista di un acclamato
concerto ad Aosta. L'ultima serata, nella piazzetta del Museo archeologico regionale, vedrà un collettivo di
musicisti noti alla scena valdostana (Alessandro Maiorino, Manuel Pramotton, Marco Giovinazzo, Mauro Gino
e Paola Mei) cimentarsi con «I promessi sposi» di Eleuterio Rodolfi: la pellicola del 1913 restaurata dal
Museo del cinema di Torino è al centro di un progetto editoriale che il prossimo anno vedrà pubblicato il libro
di Manzoni (questa volta Alessandro) insieme al film con le musiche curate dall'ensemble valdostano.
Due «cinenconcerti a sorpresa» popoleranno poi l'aperitivo del Caffè Nazionale di piazza Chanoux. «Gli
appuntamenti - spiega Marco Gianni, direttore artistico del progetto - non sono semplici proiezioni, ma vere
esperienze per il pubblico. Quello che vogliamo fare è portare gli spettatori a vivere l'atmosfera del cinema
muto come doveva essere all'epoca: anche per questo andiamo anche in un caffè, ritrovando quegli spazi in
cui i primi film venivano proiettati. Succedeva anche ad Aosta: il Caffè Nazionale è uno dei luoghi dove
avvenivano le prime proiezioni, anche se spesso non si conoscevano i titoli dei film o chi li avrebbe
accompagnati. Come allora, proponiamo ogni giorno un'esperienza diversa».
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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Aosta, Strade del cinema è un ritorno alle origini
30/07/2014
La Stampa - Ed. Nazionale
Pag. 32
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Nessuno ci conosce ma le facce da cinema le scopriamo noi" *
I direttori del cast raccolgono firme per chiedere che ai David sia inserita anche la loro categoria «Arca per
Ozpetek sembrava una follia Invece era perfetto»
FULVIA CAPRARA ROMA
In America dettano legge e spesso sono così influenti da essere loro a scegliere i nomi degli attori con cui
registi, anche famosi, faranno il nuovo film. In Italia hanno appena ottenuto, per la prima volta, di gareggiare
per i Nastri d'argento, ma di David ancora non si parla, nonostante la petizione firmata da cineasti e produttori
(circa 300) che chiedono di valorizzare il loro lavoro. Sono i casting director, quelli che propongono nomi e
facce per i film che verranno, decretando successi, scoperte e anche flop, perché non è facile capire, sulla
base di una sceneggiatura, qual è la persona migliore per interpretarla: «Riceviamo il copione dal regista o
dalla produzione - spiega Pino Pellegrino, Nastro d'argento per Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek, di cui
è storico collaboratore - poi sta alla nostra sensibilità individuare il cast. Il nostro è un lavoro che non ha una
formula precisa. Lo faccio da 18 anni e trovo che non sia mai uguale». Quella di Francesco Arca per il melò di
Ozpetek è parsa a molti scelta azzardata: «Ci voleva un interprete dotato di carnalità, non un bel bambolotto,
uno con qualcosa di selvaggio, insomma un tipo difficile da trovare in Italia. Ho visto un sacco di tronisti e
anche di professionisti, poi mi è arrivata la sua foto, ma era in giacca e cravatta, non andava bene, gliene ho
fatte fare altre senza e, dopo i provini, l'abbiamo preso». Come nell' Uomo delle stelle di Giuseppe
Tornatore(«profilo destro, profilo sinistro, profilo centro» ripeteva agli aspiranti attori il talent scout imbroglione
di Sergio Castellitto), l'audizione ha sempre il suo peso, ma spesso vale di più l'intuito del casting: «Ho fatto il
cast dell' Ultimo bacio - racconta Francesco Vedovati, 48 anni, assistente alla regia da quando ne aveva 20 . Dopo vari tentativi, vennero presi Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno, ma stava saltando tutto perché
i due, all'epoca insieme, erano in crisi». Si dice che al loro posto avrebbero dovuto esserci Kim Rossi Stuart e
Claudia Pandolfi. Lui disse subito di no, lei invece avrebbe accettato, ma l'agente che aveva all'epoca non le
fece nemmeno leggere la s c e n e g g i a t u r a . Le vie del cinema sono infinte, Martina Stella, per esempio,
entrò nel cast dopo infinte ricerche: «Avevamo battuto tutti i licei di Roma, poi da una piccola e ignota agenzia
di moda toscana arrivò la foto di quella ragazza...». Uno dei problemi più grossi per i nostri interpreti, dice
Vedovati, che ha lavorato per Salvatores, Costanzo, Golino, Maria Sole Tognazzi, e ora anche per i Taviani (
Maraviglioso Boccaccio ha il classico cast stellare, fitto di nomi celebri che hanno girato con «cachet molto
bassi, un po' co m e s u cce d e spesso per i film d i Wo o d y A l len») è la lingua: «È difficile piazzare un
nome italiano in un cast americano, alla fine vengono preferiti sempre quelli che hanno una vera familiarità
con l'inglese». Nel consigliare i registi, bisogna tenere conto soprattutto della loro capacità di dirigere, una
dote speciale, e poi, naturalmente, del gusto: «Certe volte, per convincerli, si fanno delle vere lotte, magari
solo perché sono rimasti legati a una vecchia impressione, sbagliata, e non cambiano idea». Però è così che
arrivano le soddisfazioni. Pellegrino, che lavora per cinema e tivù, ricorda l'insistenza con cui propose
l'ingaggio di Loredana Cannata per Il bello delle donne , mentre Vedovati cita Vittoria Puccini tra le sue più
felici intuizioni: «L'ho proposta a Rubini per Tutto l'amore che c'è , l'aveva già incontrata, non era convinto, e
invece...».
Talent scout
«Martina Stella? Era nascosta fra mille fotografie»
Francesco Vedovati
Foto: Kasia Smutniak e Francesco Arca scelti da Pino Pellegrino per Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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Retroscena
30/07/2014
Vanity Fair - N.30 - 6 Agosto 2014
Pag. 150
(diffusione:362550, tiratura:275938)
Super Scarlett e i suoi fratelli
Pronti per il Festival di Locamo? Dal 6 al 16 agosto, nella Piazza Grande arrivano dive, armate e no, ex
bambini della Nouvelle Vague, Rita Pavone e film hipster. Ecco la guida alle 10 cose da non perdere
FERDINANDO COTUGNO
LA DONNA CON LA PISTOLA Apre Scarlett Johansson a mano armata: è la protagonista (con superpoteri
causati da droghe ingerite per sbaglio) di Lucy di Lue Besson. E il film più atteso della rassegna e sarà la
prima delle proiezioni serali nella Piazza Grande. LA S1NGLE MELANIE Ci sarà Melanie Griffith protagonista
del cortometraggio Thirst. Ma soprattutto sarà una delle prime uscite pubbliche da single, dopo la
separazione di giugno (con tanto di cancellazione del tatuaggio) da Antonio Banderas.
ISLANDAONTHERDAD Land Ho! è un film indipendente americano, visto già al Sundance, che potrebbe
diventare uno dei casi cinematografici della stagione. Storia di due anziani amici che per superare un lutto
fanno uno sgangherato viaggio on *he road in Islanda. MADE IN ITALY C'è un solo film italiano nel concorso
principale di Locamo, di un regista tutto da scoprire, il sardo Bonifacio Angius. Perfidia è un'opera prima: la
storia di una famiglia raccontata in modo minimalista in un territorio difficile. IL FILM HIPSTER Elisabeth
Moss (la Peggy Olson di Mad Men) sta diventando una delle attric più interessanti di Hollywood. A Locamo
arriva con un classico film alla Sundance, Lisien Up Philip, storia di uno scrittore in crisi creativa. IL BAMBINO
DI TRUFFAUT Con I 400 colpi è diventato i ragazzino più famoso del cinema francese, simbolo della
Nouvelle Vague. Oggi Jean-Pierre Léaud ha 70 anni, riceverà il Pardo alla carriera e racconterà la sua
esperienza con Truffaut. RITAVINTAGE Dopo nove anni di assenza dalle scene, Rita Pavone è tornata. A
Locamo sarà ospite di un momento intage come pochi altri: la proiezione di Non stuzzicate la zanzara, un
musicarello diretto da Lina Wertmùller. WEST SIDE STORY IN FRANCIA La fama di Tony Gatlif è ancora
limitata al circuito dei festival, ed è un peccato. Con Geron/mo, il regista franco-algerino riadatta Wesf Side
Story, portando il conflitto nel Sud della Francia tra una famiglia di turchi e una di spagnoli. La sua sposa in
fuga e innamorata vi conquisterà. DIVA MIA Festival ha puntato sul cinema d'autore, con pochissime star nei
film in concorso. Ma niente paura, cari cacciatori di autografi: a portare un tocco di glamour (e ricevere premi
alla carriera) arrivano due vere dive: Mia Farrow e Juliette Binoche. Wk IL GATTOPARDO] Se c'è poco
cinema italiano di oggi, ce ne sarà tanto di quello del passato, grazie alla retrospettiva sulla Titonus, la casa
di produzione (rata nel 1928) più antica d'Italia. Il momento clou: la proiezione in Pjazza Grande del
Gattopardo.
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 30/07/2014 - 30/07/2014
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vanity show / cinema