-Imp.+Cop. ICP-42/2004

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42 2004
notiziario
CIRCOSCRIZIONE SPECIALE PIEMONTE E VALLE D’AOSTA
M A R I A
A U S I L I AT R I C E
Il Rettor Maggiore in
vacanza in Valle d’Aosta.
Gruppo logistica
Confronto 2004.
SOMMARIO
Lettera dell’Ispettore
1
Editoriale
3
Pastorale Giovanile
5
Formazione
6
Formazione - COSPES
11
Formazione permanente
16
Oratori - Centri giovanili 17
Sorrisi dall’oratorio
di Trino Vercellese.
Universitari
19
CNOS-FAP
24
Famiglia Salesiana
26
Missioni
29
Economia
38
Notizie e curiosità
41
Salesiani defunti
52
ESTATE
RAGAZZI
AL COLLE
DON
BOSCO
Lettera dell’Ispettore
Carissimi confratelli,
stiamo iniziando un nuovo anno pastorale con nella mente e nel cuore il vivo ricordo della proclamazione, da parte di Giovanni Paolo II, di un nuovo beato appartenente alla Famiglia Salesiana: l’exallievo Alberto Marvelli. È
la conferma che la santità continua a crescere nella nostra famiglia, e attraverso questo nuovo Beato ci richiama alcuni impegni e ci indica la strada da percorrere. Ci dice, in modo particolare della fondamentale importanza di un progetto di vita personale; della necessità di attingere all’Eucarestia per realizzare
tale progetto e del riferimento costante a Maria, madre della Chiesa e nostra,
quale aiuto potente e sicuro.
È dunque necessario elaborare un Progetto di vita chiaro, che dia forza e dinamismo al nostro orientamento totale a Dio. Troviamo gli elementi significativi di questo progetto elencati nella seconda parte delle Costituzioni e richiamati dal Rettor Maggiore nella sua lettera del Gennaio scorso (Atti n° 384)
e che utilizzerò come riferimento durante le visite di quest’anno.
•
•
•
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Noi salesiani:
siamo degli “inviati ai giovani”.
Questa è la missione per la quale siamo stati chiamati e che Gesù stesso ci
affida coinvolgendoci nella sua realizzazione.
viviamo “in comunità fraterne”.
La Comunità è lo strumento per un’azione efficace; ed è nella vita di comunità
che siamo chiamati a manifestare la centralità di Gesù.
“Al seguito di Cristo obbediente, povero e casto”.
Sono i Consigli evangelici, l’impegno specifico della consacrazione che siamo
chiamati a vivere in pienezza.
“In dialogo con il Signore”.
È il dialogo con il Signore, la preghiera personale e comunitaria, alimento necessario allo spirito.
La terza parte delle Costituzioni ci richiama un ultimo elemento del nostro
progetto, la necessità della “formazione continua”.
Risulta altrettanto necessario assumere due riferimenti della spiritualità
salesiana indispensabili nel cammino di santità:
• L’Eucarestia quale sacramento essenziale per incontrare il Signore e
costruire la Chiesa nella carità.
Se l’Eucarestia è quel “corpo donato e sangue versato... per voi e per tutti”,
diventa fondamentale che sappiamo cogliere e vivere i due volti della carità
che da essa ne derivano “quello per il quale Dio si fa dono e quello per il quale quel dono ci trasforma in regalo per gli altri”. Dunque una piena disponibilità al dono della grazia per una generosa e coerente testimonianza. Il dono dall’alto che riceviamo ogni giorno nell’Eucarestia è talmente sovrabbondante che non può rimanere sterile, ma deve riversarsi necessariamente come carità operante verso gli altri ogni giorno.
• Maria quale madre e maestra di vita.
Espressione del primato “comunionale” nella chiesa e testimone vivente della grazia, Maria accoglie in maniera incondizionata e attiva ciò che Dio vuo-
1
Lettera dell’Ispettore
le da lei divenendo la “serva obbediente” per eccellenza. Maria è modello e
sostegno per ogni cristiano nel suo cammino di Fede e di adesione alla volontà del Padre.
Il Beato Alberto Marvelli aveva compreso tutto questo, e sotto l’azione della grazia, si è costantemente dedicato alla costruzione della comunità ecclesiale
alla quale si sentiva profondamente appartenente. La comunione con il suo Signore e la devozione a Maria gli hanno dato quella forza e quella coerenza per
essere fedele alla sua vocazione e attento a proporsi come presenza caritatevole, espressione dell’amore di Dio per gli altri.
A conclusione, mentre auguro a tutti un buon inizio anno ricco di ogni benedizione del Signore; ribadisco che anche quest’anno, nelle lettere che apriranno i quattro notiziari, seguirò il cammino della Proposta Pastorale, sottolineando di volta in volta alcuni aspetti significativi con riferimento al tema della Strenna e al cammino di riflessione della Chiesa.
Torino, 8 settembre 2004
Festa della Natività della B. V. Maria
Don Pietro Migliasso - Ispettore
Congratulazioni
Neo-Diaconi 2004.
Novizi e Pre-Novizi
a San Giacomo di Entracque.
2
Editoriale
CONFRONTO 2004
Sono tanti i luoghi comuni sui giovani, soprattutto in negativo, in un
tempo come l’estate in cui spesso la vacanza, anziché come tempo di riposo
del corpo e dello spirito, è proposta
come il tempo della trasgressione, del
“tutto è lecito” e del mettersi in mostra (...).
Ma sarà vero? È davvero tutto così? Per sfatare certi stereotipi basta solo guardarsi attorno con un po’ più
d’attenzione, andare oltre la discoteca
sulla spiaggia o i villaggi turistici da sogno per vedere giovani animatori che si
dedicano ai più piccoli nelle svariate
attività estive, altri in ritiro spirituale
in paesini più o meno arroccati, altri
ancora in pellegrinaggio spesso accompagnando i malati. Non sono extraterrestri, né bigotti, né turbati: sono
giovani che amano la vita piena, vissuta nella gioia vera che non è quella
che viene dall’ubriacarsi o dalle corse
in auto, ma quella che ha origine nel
Signore della vita, che è anche Signore della festa, dell’ottimismo, dell’allegria e del gioco.
Così, seguendo le parole del Santo
Padre che ha invitato i giovani a mettersi in cammino cercando una misura alta della vita, circa 300 tra giovani e adulti animatori del Movimento
Giovanile Salesiano (MGS) d’Europa si sono incontrati al Colle Don Bosco (10-16 agosto) per il 3° Confronto
Europeo attorno al tema: Giovani in
cammino per una Europa in movimento!
3
Questi sono i Paesi rappresentati:
Albania, Austria, Belgio, Bielorussia,
Cina, Croazia, Medio Oriente (Egitto, Siria, Libano, Palestina, Israele),
Francia, Georgia, Gran Bretagna, Italia, Lituania, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia,
Spagna, Ucraina, Ungheria.
Il MGS, all’interno della più ampia Famiglia Salesiana, coinvolge in
tutta Europa e nel mondo migliaia di
giovani e adulti che a diversi livelli condividono e vivono la Spiritualità Giovanile Salesiana. Li troviamo negli oratori, nelle scuole, nelle università, nelle associazioni del tempo libero, nel
volontariato, nei luoghi di aggregazione giovanile informali per testimoniare che anche oggi è possibile crescere
da buoni cristiani e onesti cittadini
(Don Bosco).
Dopo la prima esperienza del
1992 quando si soffriva per la guerra nella ex-Jugoslavia e quella del
1999 alle porte del Grande Giubileo, la finalità infatti di questo Confronto è consistito nell’approfondire la
Spiritualità Giovanile Salesiana nella
sua novità, dinamismo e capacità di
offrire alla società forme alternative di
cittadinanza a partire dai contesti concreti in cui la si vive e la si propone ai
giovani.
Si è inteso, inoltre, promuovere una
maggiore comunione e coordinamento
tra il MGS delle diverse nazioni, condividere alcuni criteri e linee operative
per assicurare nel MGS un’animazio-
Editoriale
ne più efficace e rilanciare un’Europa dei popoli dalle radici cristiane contro un’Europa dell’euro priva
della memoria e quindi di un futuro. Concretamente
si punterà alla creazione di un Coordinamento Europeo MGS, che possa agilmente accompagnare il
cammino dei diversi Paesi, favorendo la comunicazione e la condivisione delle esperienze.
Il programma ha previsto tempi di preghiera e riflessione, lavori di gruppo, visita nei luoghi delle origini salesiane, festa e fraternità, confronto con i testimoni di ieri e di oggi. Significativa la presenza il
14 agosto del Rettor Maggior dei Salesiani, Don Pascual Chavez (Successore di Don Bosco) e della
Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
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Madre Antonia Colombo, che si sono intrattenuti
in un dialogo fraterno con i giovani sul tema della
santità giovanile in questo mondo che cambia.
Il Confronto MGS si è concluso il 16 agosto con
una celebrazione-festa in occasione del “compleanno” di Don Bosco, a cui hanno partecipato centinaia
di altre persone provenienti da tutta l’Italia e dai
Paesi europei più vicini, facenti parte della Famiglia Salesiana.
Per il Confronto una chiusura formale, ma insieme un’apertura al mondo, una missione che ciascun giovane animatore porterà nel proprio cuore e
nel proprio ambiente.
Don Pier Mainetti
Pastorale giovanile
VACANZA HARAMBÈE
Caldo sole d’agosto, montagna, mare,
quante avventure da
raccontare... e sapete
chi è? È la fantastica vacanza dell’Harambèe!!!
L’entusiasta attesa
e preparazione a vivere la vacanza ha tenuto tutti col fiato sospeso e finalmente arriva il giorno della
partenza.
Tutti pronti e felici, il 1° agosto ci incamminiamo verso i monti di San Martino di Venaus
per trascorrere i nostri primi quindici
giorni immersi nel verde e nella frescura.
Ma abbiamo anche sudato!!! Pensate, abbiamo scalato una montagna
alta 1.500 metri!!! e credeteci, la voglia di arrivare in cima per contemplare e ammirare tutto il paesaggio dall’alto, faceva dimenticare la fatica della salita.
Arriviamo al giorno 16, ci dispiace lasciare la favolosa natura che ci ha
accolto, ma ci aspetta il caldo atteso
sole del mare. Torniamo a Casale,
cambio di valigia e il 21 agosto partiamo per raggiungere le spiagge dorate dei lidi di Lignano Sabbiadoro!
Sì avete capito bene, Lignano Sabbiadoro!!! Abbiamo soggiornato in
un villaggio turistico. L’entusiasmo
era alto, il luogo si presentava accogliente e familiare. Immerso in una
immensa pineta, a 200 metri dal mare, il villaggio conteneva piscina olimpica, parco acquatico, campi di calcio,
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basket, tennis e come se non bastasse in spiaggia si trovavano numerosi
campi attrezzati per beach volley. Insomma il divertimento non mancava, e il desiderio di vivere ogni attimo ci teneva in gioiosa tensione. La
sera, si restava meravigliati a passeggiare in paese per ammirare tutti i fastosi negozi, le grandissime sale da
gioco e la piccola graziosa piazza sempre animata da musica e balli... ci è
sembrato di essere in una piccola Las
Vegas per l’effetto di luci e per la numerosa presenza di turisti. Un’emozione unica! Ma, come sempre tutto
arriva e tutto passa! Ci resta il ricordo di aver vissuto una bella vacanza
e soprattutto è stata una forte esperienza di condivisione in un clima sereno e familiare. Ora non ci resta che
fare tesoro di tutto ciò, e trasformarlo in nuova carica per riprendere il
nostro lavoro quotidiano.
Don Domenico Ricca
ed Educatori
Formazione
«UNA SOLA È LA COSA DI CUI C’È BISOGNO»
(Lc 10,42)
Che la Vita Consacrata stia attraversando un momento delicato è inutile dirlo. Che in questi anni abbiamo
cercato tutti i modi per trovare delle
soluzioni, è altrettanto ovvio ripeterlo, che spesso ci guardiamo in faccia
per chiederci che fare, è altrettanto
vero. Non si può però rimanere inerti nelle difficoltà. Occorre andare oltre per accogliere e vivere le proposte
di soluzione. La soluzione a tante difficoltà è data dal ritornare alla «sola cosa di cui c’è bisogno». Il Rettor Maggiore scrive nella sua ultima lettera:
«oggi come ieri i veri discepoli restano con
Gesù!». Ecco la soluzione! Restare con
Gesù perché «non c’è nessun altro che
davvero meriti fede e perché solo le
sue parole danno speranza alle attese
e assicurano vita senza fine».
Sappiamo bene che di fronte all’urgenza dei tanti servizi da svolgere
(scuola, oratorio, gruppi, missioni, catechesi...) le nostre comunità o ritrovano l’anima in una ragion d’essere che
va oltre le urgenze operative, oppure si
funzionalizzano e si svuotano, diventando poco a poco apparato tecnicoburocratico volto all’efficienza. Ma noi
siamo chiamati a fare altro! Da mihi
animas coetera tolle! Questo invito continua a risuonare per ogni salesiano
oggi!
Non dimentichiamo il progetto di
Giovanni Paolo II per il nuovo millennio tracciato nella “Novo Millennio
Ineunte”, dove ricorda che: «prima di
programmare iniziative concrete occorre
promuovere una spiritualità di comunione». Anche i vescovi italiani per il progetto pastorale del decennio che stiamo vivendo (Comunicare il Vangelo
6
in un mondo che cambia) scelgono come icona di riferimento 1 Gv 1,1-4; l’esperienza della Parola della Vita.
Guardando ai primi anni di vita
della comunità cristiana ritroviamo la
stessa preoccupazione. Quando Paolo
a Efeso è in procinto di partire per Gerusalemme ed è preoccupato per il futuro incerto, dà la sua risposta, lasciando a loro e a noi i suoi ultimi ricordi. È qui che di fronte alle incertezze
del futuro indica una via sicura e perenne: «Ed ora vi affido al Signore e alla Parola della sua grazia, che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità
con tutti i santificati» (At 20,32).
Come Paolo dobbiamo rivolgerci al
Signore e alla sua Parola che ha il potere di edificare, cioè di costruire l’edificio personale e comunitario, individuale ed ecclesiale, un edificio in
grado di affrontare tutte le incertezze
dei tempi nuovi.
Deve essere un ritorno alle “origini ”, un riandare ai primi decenni della Chiesa, quando l’unico alimento del
piccolo gregge era la Parola del Signore, Parola in nome della quale i discepoli hanno gettato le reti e senza spaventarsi hanno annunciato il Vangelo in ogni parte del mondo.
È un ritorno alle sorgenti, con alle
spalle la ricca esperienza spirituale di
intere generazioni che si sono alimentate di questa Parola di Vita.
«La Parola di Dio – ci ricorda l’esortazione apostolica Vita Consacrata
– è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta il rapporto personale con il Dio vivente e con
la sua volontà salvifica e santificante»
(VC 94).
Formazione
È questo il richiamo che il Rettor Maggiore consegna a tutti noi: «Vorrei che ci fosse nelle nostre comunità un rinnovato ascolto della Parola di Dio».
Un rinnovato ascolto!
Il punto di partenza è proprio questo: l’ascolto.
L’ascolto che è l’atteggiamento fondamentale del
credente, lo sappiamo bene. Un ascolto che permette di vivere in pienezza quella alleanza che Dio
stabilisce con noi. Alleanza stabilita con il popolo,
ma soprattutto con ogni singolo credente: non è un
caso che il cuore dell’Antico Testamento è racchiuso nello “shemà Israel”, Dt 6,4-9.
Dobbiamo tornare all’ascolto della Parola.
Mettersi in ascolto non può che generare e ri-generare la nostra vita, le nostre relazioni, il nostro lavoro, la nostra testimonianza. Lo ricorda bene don
Chavez nei quattro punti fondamentali della sua ultima Lettera Circolare. L’ascolto è necessario per:
– fare esperienza di Dio;
– diventare comunità;
– rimanere fedeli;
– diventare apostoli.
Su questi punti fondamentali dell’ascolto dobbiamo interrogarci personalmente e comunitariamente. Inoltre, proprio all’ascolto dobbiamo educare i nostri giovani. Le vocazioni arrivano da cuori riscaldati dalla Parola di Dio, (non dalle nostre!) e da occhi che vedono chiaramente perché
aperti allo spezzare del pane (Lc 24, 22-32).
Per educare a questo dobbiamo essere noi uomini della Parola. Guardiamo a Don Bosco! Il vasto
impiego delle Sacre Scritture nel campo dell’educazione dei giovani, testimonia che a monte c’è
un’assiduità costante con la Parola di Dio, una “ispirazione biblica”.
riamolo (Ap 10,9) perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma
ci darà gioia perché è dolce come il miele (Ap 10,
9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino» (EE 65).
L’Eucaristia è il luogo quotidiano per comprendere pienamente che “una sola è la cosa di cui c’è
bisogno”. Non lasciamoci sfuggire questa opportunità che «è il momento quotidiano più efficace di
formazione permanente, soprattutto se, non ne facciamo un oggetto di elucubrazione intellettuale o
di studio, ma ci apriamo all’accoglienza e alla comunione con Cristo» (don Vecchi, ACG 371).
Accompagniamo i giovani alla Parola e all’Eucaristia.
È questo l’unico percorso vocazionale che può
generare santità e santità giovanile.
Buon cammino a tutti. Accompagniamoci a vicenda con la preghiera!
Don Carlo Maria Zanotti
•
Due strumenti utili per la lettura e la formazione
• Può essere vantaggioso riprendere la sintesi della pratica della Lectio divina che propone il Rettor
Maggiore nella sua ultima Lettera.
• Alcune tra le più belle pagine dei Padri della
Chiesa sulla Parola di Dio.
Dalla lettera del Rettor Maggiore:
PAROLA DI DIO E VITA SALESIANA OGGI
(in ACG 386; 2004)
L’icona dei discepoli di Emmaus (Lc 24,22-32) è
l’immagine più eloquente di cosa significhi accompagnare vocazionalmente i nostri giovani, tutti!
Mi permetto di chiedere un investimento in più
alle comunità a questo riguardo. Non dobbiamo
avere paura di avvicinare i giovani alla Parola e
alla Eucaristia. Il Papa nella Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa” dice: «“L’ignoranza delle
Scritture è ignoranza di Cristo”. Continui ad essere la Sacra Bibbia un tesoro per la Chiesa e per ogni
cristiano: nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione. Prendiamo nelle nostre mani questo libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente
ce lo offre tramite la sua Chiesa (Ap 10,8). Divo-
7
L’approccio orante alla Parola di Dio costituisce “la radice
della spiritualità della Chiesa, la radice della spiritualità cristiana, e non è esclusiva di una o di un’altra spiritualità.
Una spiritualità cristiana non basata sulla Scrittura difficilmente potrà sopravvivere in un mondo complesso come
quello moderno, in un mondo difficile, frantumato, disorientato”. Anche noi salesiani a stento riusciremo a mantenerci oggi credenti, se non facciamo dell’ascolto della Parola di Dio la prima occupazione della nostra vita, la sorgente della nostra missione: “Tentato dalla fretta e dalla
superficialità, [il salesiano] troverà il segreto del suo rinnovamento soprattutto nella Parola di Dio seriamente approfondita”.
Per risvegliare e alimentare la fede “è necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale”, quello appunto “che fa cogliere nel testo biblico la parola viva che
Formazione
interpella, orienta, plasma l’esistenza”. Cos’altro è la fede
se non contemplare se stessi e scrutare la realtà con lo
sguardo di Dio? E per vedere la realtà come la vede Dio, bisogna pure sentire il parere di Dio, accogliere la sua Parola. Accolta la Parola, “viva ed efficace” com’è (Eb 4,12), essa diventa vita nostra e le promesse di Dio si realizzano in
noi e attraverso noi nel mondo.
“La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità
cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante”. Dall’ascolto della Parola scaturisce la vita nello Spirito; sotto la
sua azione “vengono difesi con tenacia i tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si implora dall’Alto con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni giorno
(Cf. Sap 9,10)”; ed è così che “la persona consacrata ritrova
la propria identità ed una serenità profonda, [e] cresce nell’attenzione alle provocazioni quotidiane della Parola di
Dio”. Strumento di eccezione per la crescita nell’ascolto
della Parola è la lectio divina. Grazie ad essa, la Parola di
Dio viene trasferita nella vita, sulla quale proietta la luce della sapienza, che è dono dello Spirito.
A ragione il CG 25, nel primo orientamento operativo circa la testimonianza evangelica, esorta la comunità salesiana a “mettere Dio come centro unificante del suo essere ed
a sviluppare la dimensione comunitaria della vita spirituale, favorendo la centralità della Parola di Dio nella vita comunitaria e personale mediante la lectio divina”.
L’obiettivo della lectio divina è ascoltare Dio pregando la sua
Parola, per vedere se stessi come Lui ci vede e volere se stessi come Lui ci vuole. Ad esso si arriva mediante un approccio sapienziale alla Parola scritta, che fa tesoro dell’esperienza di quanti hanno consacrato la loro vita a sentire Dio, per capire la realtà e loro stessi come parole di Dio.
Nella lectio la Parola di Dio diventa chiave della comprensione di sé; si cerca di lasciare che Dio ci dica chi siamo
noi per Lui e cosa vuole Lui da noi.
Per diventare familiare, la lectio divina chiede soprattutto volontà di ascolto e disponibilità di obbedienza. Nella più solida tradizione presenta quattro tappe o “gradi spirituali”:
Lettura. Si inizia la lectio divina leggendo con attenzione,
meglio sarebbe dire rileggendo a più riprese, il testo nel
quale cerchiamo di ascoltare Dio. Il testo scelto ci può
sembrare facile da capire, o ben conosciuto; non importa; lo si deve ripassare finché diventi familiare, quasi ad impararlo a memoria, “mettendo in rilievo gli elementi portanti”. Non si va oltre questo primo passo
finché non si può rispondere alla domanda: cosa significa in realtà quel che ho letto?
Meditazione. Scoperto il senso del testo biblico, il lettore
attento cerca di coinvolgersi personalmente, applicando il significato afferrato alla propria vita: che cosa mi
dice il testo? “Meditare quanto si legge porta ad appropriarsene, confrontandolo con se stessi. Qui si apre
un altro libro: quello della vita. Si passa dai pensieri
alla realtà. A misura dell’umiltà e della fede che si ha,
vi si scoprono i moti che agitano il cuore e li si può discernere”. La Parola sentita chiede consenso, non viene accolta se non arriva al cuore ed opera conversione. Capire il testo porta a comprendersi alla sua luce;
così il testo letto e compreso diventa norma di vita:
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cosa fare per attuarlo, come fare per dare quel senso alla propria esistenza?
Orazione. Conoscere, indovinare, anche solo immaginare
quello che Dio vuole porta naturalmente alla preghiera;
così diventa ardente desiderio quello che deve diventare la vita quotidiana. L’orante non chiede tanto ciò che
gli manca, ma piuttosto ciò che Dio gli ha fatto vedere
e capire. Si incomincia ad anelare a quello che Dio ci chiede: si fa del volere di Dio su di noi l’oggetto della nostra preghiera.
Contemplazione. Dal desiderio di fare la volontà di Dio si
passa poco alla volta, quasi senza accorgersene, all’adorazione, al silenzio, alla lode, “all’abbandono umile
e povero all’amorosa volontà del Padre in unione sempre più profonda con il Figlio suo diletto”. Dal contemplare se stessi e il proprio mondo alla luce di Dio,
dal vedersi come Dio ci vede si passa al contemplarsi veduti da Dio, al sapersi davanti a colui che è l’oggetto del
nostro desiderio, l’interlocutore unico della nostra preghiera. A differenza delle tappe precedenti, che sono
esercitazioni che richiedono forza di volontà, “la preghiera contemplativa è un dono, una grazia”, né normale né dovuta; la si può attendere e desiderare, chiedere ed accogliere, mai avere automaticamente.
Una forma privilegiata e concreta della lectio divina è la meditazione quotidiana. Don Bosco la raccomandava insistentemente ai suoi figli, fino a scrivere nei ricordi confidenziali ai direttori: “Non mai omettere ogni mattina la
meditazione”. Raccogliendo il suo pensiero, le Costituzioni
attestano che “questa forma indispensabile di preghiera...
rafforza la nostra intimità con Dio, salva dall’abitudine,
conserva il cuore libero e alimenta la dedizione verso il
prossimo”. E l’articolo conclude affermando che la meditazione fedelmente praticata ci fa camminare anche nella
gioia ed è perciò una garanzia della nostra perseveranza».
Alcune delle più belle pagine
dei Padri della Chiesa
Attendi con assiduità alla preghiera e alla lectio divina.
Quando preghi parli con Dio, quando leggi è Dio che parla con te.
Cipriano
Applicati sovente alla lettura biblica. Il sonno ti sorprenda
con la Bibbia in mano: e la pagina santa accolga il tuo viso cadente...
Preghi? Parli con lo sposo.
Leggi? È lui che ti parla.
Quando il sonno ti avrà sorpreso, egli verrà alla parete della stanza, spingerà la mano dentro lo spiraglio, toccherà il
tuo corpo. Allora ti alzerai tutta tremante e dirai: «Sono trafitta dall’amore»; poi ascolterai da lui ancora: «È un giardino recinto, la mia sorella e la mia sposa, un giardino recinto e una fonte sigillata». Alzati subito, aprigli, nel timore che se tu indugi, egli passi oltre.
Girolamo
Formazione
Sforzatevi in tutti i modi di applicarvi assiduamente e costantemente alla lettura della Bibbia, finché questa meditazione continua impregni la vostra anima, e la plasmi, per
così dire, a sua immagine.
A misura che il nostro spirito si rinnova con la meditazione delle Scritture, anche queste cominciano a rinnovarsi e
la bellezza di un senso più sacro cresce, a misura del nostro progresso.
Sarebbe già sufficiente se alla lettura e alla meditazione
delle Scritture, si dedicasse la medesima diligenza e il medesimo fervore che si dedicano agli studi profani.
Che la scienza spirituale prenda in voi la forza e consistenza duratura, e possiate goderne non più solamente per
qualche tempo come quelli che la possiedono, non per uno
studio proprio ma attraverso un contatto con altri, e ne
percepiscono, se così si può dire, un vago profumo nell’aria; ma che sia come inviscerata nei vostri sensi e vista e
palpata...
Giovanni Cassiano
Orsù leviamoci, finalmente,
poiché la Scrittura ci scuote dicendo:
È ormai tempo di svegliarci dal sonno (Rm 13,11).
Gli occhi nostri spalancati alla luce divina,
gli orecchi attoniti per lo stupore,
ascoltiamo la voce divina
che ogni giorno si rivolge a noi gridando:
Oggi, se ascoltate la sua voce,
non indurite il vostro cuore (Sl 94,8).
te qualche ora alle vostre occupazioni temporali per rileggere nelle vostre case la Parola di Dio e consacrarvi alla sua
misericordia, così che si compia felicemente in voi ciò che
sta scritto dell’uomo felice: «egli medita giorno e notte la
legge del Signore», e ancora: «Beati coloro che scrutano i
suoi comandamenti e lo cercano con tutto il cuore».
Cesario d’Arles
Tu hai chiamato e gridato
e hai squarciato la mia sordità.
Tu hai balenato e brillato
e fugato la mia cecità.
Tu hai mandato il tuo profumo
ed io l’ho aspirato; ed ora anelo a te.
Ti ho gustato;
ed ora ho fame di te.
Mi hai toccato
e ardo dal desiderio della tua pace.
La parole che vi ho detto
danno vita
perché vengono dallo Spirito di Dio.
Agostino
Giovanni 6,63
Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto.
Giovanni 14,26
Regola di San Benedetto
Teniamoci in esercizio mediante la lettura quotidiana della Parola di Dio, per essere in grado di imitare ciò che leggiamo. Alleniamoci in questa palestra delle virtù, di modo
che quando sopraggiungeranno le prove, il tempo della tentazione non ci colga fuori esercizio, denutriti di cibo spirituale e indeboliti dal digiuno della Parola di Dio.
Ambrogio
Chi si impegna seriamente nello studio della sacra Scrittura, sforzandosi di cogliere il senso della Parola di Dio, si trova a lottare con Dio, come Giacobbe.
Ruperto di Deutz
«Chi cerca trova, chi chiede riceve e a chi bussa sarà aperto». Chiediamo pregando, cerchiamo leggendo (la Bibbia),
bussiamo operando.
Gregorio
Oltre alla serie dei Salmi e delle preghiere che devi abituarti
a recitare, a terza, a sesta, a nona, a vespro, a mezzanotte e al mattino, stabilisci quante ore intendi dedicare allo
studio della sacra Scrittura, e il tempo che vuoi dedicare ad
una lettura che non ti affatichi ma che ti serva come ricreazione e nutrimento dell’anima.
Girolamo
Con l’aiuto di Cristo, fratelli carissimi, possiate sempre accogliere la lectio divina con un cuore così avido e assetato che la vostra fedelissima obbedienza vi procuri gioia spirituale; ma se volete che le Sacre Scritture diventino per
voi dolci e i precetti divini vi facciano progredire, sottrae-
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La lettura della Sacra Scrittura deve essere accompagnata
dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio
e l’uomo.
Dei Verbum, 25
Perché non dedichi il tempo libero alla lectio divina?
Perché non rivedi Cristo, non parli a Cristo, non ascolti Cristo?
A lui parliamo quando preghiamo, lui ascoltiamo quando
leggiamo gli oracoli divini.
Ambrogio
Lo Sposo si nasconde, quando lo si cerca, affinché, non trovandolo, la sposa lo cerchi con rinnovato ardore; e la sposa è ritardata nella sua ricerca, affinché questo ritardo accresca la capacità di accogliere Dio, e trovi un giorno più
pienamente ciò che essa cercava.
Gregorio
Si cerca in maniera più degna, si trova in maniera più facile mediante la preghiera che mediante la discussione.
Bernardo
Poiché la carne del Signore è vero cibo e il suo sangue vera bevanda, è quello il vero bene che ci è riservato nella vita presente, nutrirsi della sua carne e bere il suo sangue,
non solo nell’Eucaristia ma anche nella lettura della Sacra
Scrittura. È infatti vero cibo e vera bevanda la Parola di Dio
che si attinge dalla conoscenza delle Scritture.
Girolamo
Non c’è niente che possa far vivere l’anima dell’uomo,
quanto la Parola di Dio.
Allo stesso modo, infatti, che la Parola di Dio cresce nella
Formazione
nostra anima, nella misura in cui essa viene accolta capita e compresa, così anche la sua vita si sviluppa.
Al contrario, allo stesso modo che la Parola di Dio vien
meno nella nostra anima, così anche la sua vita subisce
un arresto.
E come questa connessione dell’anima e del nostro corpo
è animata, alimentata e tenuta insieme dallo Spirito vitale,
così la nostra anima è vivificata dal Verbo di Dio e dallo Spirito Santo.
Ambrogio
Consideriamo la Scrittura di Dio come un campo, dove noi
vogliamo costruire qualche cosa.
Non siamo pigri, non accontentiamoci di rimanere in superficie.
Scaviamo in profondità, fino ad arrivare alla pietra. E la pietra è Cristo.
Agostino
Quando ascoltiamo i Salmi, i Profeti e la Legge, insomma
tutto ciò che è stato scritto prima che il Signore nostro Gesù Cristo venisse nella carne, tutto il nostro intento sia
quello di trovarvi Cristo, di riconoscervi lui. Rivolgete dunque la vostra attenzione con me a questo salmo, e cerchiamo qui il Cristo.
Agostino
Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è
la vita dei credenti?
Girolamo
È Cristo che parla quando nella Chiesa si legge la sacra
Scrittura.
Sacrosanctum Concilium
Dio, che è sempre perfetto in te, cresca in te.
Quanto più conosci Dio, e quanto più lo accogli in te, tanto più sembrerà che Dio cresca in te; in sé però non diminuisce, essendo sempre perfetto.
Ieri tu lo conoscevi poco, oggi lo conosci un poco di più,
domani lo conoscerai ancora meglio: è la luce stessa di Dio
che cresce in te, così che in qualche modo Dio cresce in
te, lui che rimane sempre perfetto.
È come se uno, avendo iniziata la cura per guarire gli occhi da una vecchia cecità, cominciasse a vedere un pochino di luce, e il giorno appresso un po’ di più, e il terzo giorno un po’ di più ancora: egli avrà l’impressione che la luce cresca, mentre la luce è perfetta, sia che egli veda che
non veda.
Così è dell’uomo interiore, il quale progredisce in Dio, e
gli sembra che Dio cresca in lui.
Agostino
Leggi tutte le Scritture che potrai avere, non per inorgoglirti del tuo sapere, ma edificarti nella carità. Quei passi
della Scrittura che non potrai penetrare con l’intelletto rispettali umilmente come misteri divini, e rinviane piamente la comprensione finché non entrerai nel santuario di Dio
e ne intenderai le meraviglie. Ma, per quelli che comprenderai, ringrazia umilmente l’autore di questo dono.
Bernardo
Mi rifugio nel Vangelo come nella carne di Gesù Cristo.
Ignazio
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È meglio tacere ed essere che parlare senza essere. Non c’è
che un maestro: colui che «disse e tutto è fatto»; e le cose
che ha fatte nel silenzio sono degne del Padre. Chi possiede
davvero la parola di Gesù è in grado di capire anche il suo
silenzio.
Ignazio
IL SEGRETO DELLA FELICITÀ
Un giovane domandò al più saggio di tutti
gli uomini il segreto della felicità.
Il saggio suggerì al giovane di fare un giro
nel palazzo e di tornare dopo due ore.
“Solo ti chiedo un favore”
concluse il saggio, consegnandogli un
cucchiaino su cui versò due gocce d’olio.
“Mentre cammini, porta questo cucchiaio
senza versare l’olio”.
Dopo due ore il giovane tornò e il saggio
gli chiese: “Hai visto gli arazzi della mia
sala da pranzo? Hai visto i magnifici
giardini? Hai notato le belle pergamene?”.
Il giovane, vergognandosi, confessò
di non aver visto niente. La sua unica
preoccupazione era stata quella
di non versare le due gocce d’olio.
“Torna indietro e guarda le meraviglie del
mio mondo” disse il saggio.
Il giovane prese il cucchiaino e di nuovo
si mise a passeggiare, ma questa volta
osservò tutte le opere d’arte.
Notò i giardini, le montagne, i fiori. Tornò
dal saggio e riferì particolareggiatamente
tutto quello che aveva visto.
“Ma dove sono le due gocce d’olio
che ti ho affidato?” domandò il saggio.
Guardando il cucchiaino, il ragazzo si
accorse di averle versate.
“Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho
da darti” concluse il saggio. “Il segreto
della felicità consiste nel guardare tutte
le meraviglie del mondo
senza mai dimenticare le due gocce d’olio
nel cucchiaino”.
... Non dimenticare l’ESSENZIALE!
Formazione - COSPES
ORIENTAMENTO ALLA VITA
COME EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ
Considerazioni psicopedagogiche per il potenziamento della nostra libertà
PREMESSA
Orientamento e libertà
COSPES - Scuola Superiore
di Psicologia
Piazza Rebaudengo, 22
10155 Torino
Tel. 011/203562 - 2427193 fax
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Una delle espressioni ricorrenti per
indicare le finalità dell’azione orientativa diretta alla formazione dei giovani alla scelta della loro professione,
è di prepararli a gestire liberamente e
con responsabilità le loro scelte. Si
tende cioè a rendere operativamente
possibile l’esercizio delle proprie possibilità di scelta di fronte a contenuti professionali che coinvolgono la libertà personale ad affrontare coscientemente gli
impegni e le conseguenze che questi
contenuti comportano.
Orientare quindi si configura come
sinonimo di educare all’esercizio della libertà nella scelta del proprio avvenire professionale e di vita.
Ne consegue che, come premessa ad
ogni tipo di orientamento, si richiede
nell’orientatore-educatore un impegno
psicopedagogico di formazione alla presa di coscienza del significato che l’essere liberi assume nella strutturazione
del concetto di sé su cui si fonda sostanzialmente ogni decisione di scelta
da parte del soggetto orientando. A
questo mirano le considerazioni che
stiamo per fare. (1)
è forse “libertà” tutto questo? No.
In realtà, libertà è qualcosa di più,
perchè la libertà, rettamente intesa,
è frutto di conquista e non una semplice
condizione naturale dell’essere umano già
perfetta in se stessa.
Ne consegue allora che per essere
veramente liberi dobbiamo educarci
alla libertà.
Come? Cercando di “realizzarci come uomini” a pieno titolo, e cioè a:
– stimolarci a PENSARE per acquisire chiarezza di idee su noi stessi, su
quel che vogliamo fare e su quel che
dobbiamo essere (= consapevolezza e
coscienza morale)
– esercitarci a VOLERE ciò che la
mente ci presenta come oggettivamente interessante, cioè come utile, vero e
buono, ed infine
– impegnarci ad AMARE (= tradurre in atto) ciò che effettivamente ci
guida al raggiungimento dei fini professionali, naturali e soprannaturali
della nostra esistenza umana: il Lavoro, la Verità e il Bene.
Non ci può essere, infatti, una vita
retta e buona – e quindi felice – se non
si accettano idee rette e buone. Cerchiamo di approfondire quest’asserto.
Cosa vuol dire “essere liberi”
Ci sembra essere questa una “domanda a risposta scontata” in quanto tutti abbiamo coscienza di volere
fare determinate azioni o non farle,
di potere scegliere tra un sì ed un
no di fronte alle varie stimolazioni
quotidiane, di amare (= volere) ciò
che ci piace e di astenerci da ciò
che riteniamo non interessante. Non
11
Libero arbitrio e libertà
Approfondiamo la differenza tra libero arbitrio e libertà.
La constatazione da parte del nostro intelletto dell’esigenza del libero
arbitrio, cioè della possibilità che abbiamo di scegliere tra più alternative,
è d’immediata evidenza per tutti anche
se, contemporaneamente, riscontria-
Formazione - COSPES
mo in noi la presenza di condizionamenti nel fare
delle scelte, specie riguardo a ciò che si riferisce al
bene o al male; il che, infatti, riguarda il giudizio che
l’intelligenza dà su ciò che è bene o male, non la possibilità che abbiamo di poter scegliere. Questa non
è soggetta a condizionamenti, ma è una caratteristica naturale dell’uomo.
L’esistenza del libero arbitrio è inoltre resa ancor più
evidente se osserviamo il comportamento di chi ha
scelto abitualmente il male: ne è rimasto, infatti,
talmente condizionato da non essere quasi più in
grado di esercitare il libero arbitrio. Pensiamo ad
un alcoolizzato, ad un drogato (anche solo dal fumo!) o a un lussurioso... In questi soggetti, prima ancora che essi arrivino al limite dell’impotenza a reagire, s’inserisce, in aggiunta, l’orgoglio che non permette a loro di riconoscere la propria debolezza ammettendo che altri possano superare quel male a cui
essi hanno ceduto, tanto da arrivare a far loro proclamare teoreticamente l’assenza universale del libero arbitrio (!).
È pur vero, tuttavia, che se in chi sceglie il male si ha un affievolimento progressivo nella percezione del libero arbitrio, in colui che lotta per la
scelta di ciò che ritiene di essere un bene, l’esercizio del libero arbitrio è vissuto con un’evidenza progressivamente maggiore ed è percepito, unitamente
al pensiero, come una specifica caratteristica della spiritualità dell’anima umana.
Tuttavia, possedere il libero arbitrio non vuol
dire libertà: è solo “una forma” che necessita di un
“contenuto”. In quanto possibilità di scegliere, cioè,
il libero arbitrio necessita di un oggetto esterno alla persona – che potrà essere offerto dai sensi, dalla ragione, dalla legge, dalla fede... – su cui esercitare la scelta.
E siccome è solo in questa sintesi tra forma e
contenuto, che si realizza la libertà cioè l’attuazione della possibilità di scegliere, EDUCARCI
ALLA LIBERTÀ vorrà dire fare chiarezza nel mondo delle nostre idee per arrivare a capire il ”vero” contenuto delle nostre scelte professionali e di vita, in conformità al senso ultimo della nostra esistenza che è quello
di CONOSCERE ED AMARE solo quella VERITÀ
che può soddisfare pienamente l’esigenza di felicità insita in ogni uomo.
In questo senso si dice che “la verità ci rende liberi” in quanto è solo la conoscenza del vero che ci potenzia nell’esercizio della libertà e ci fa più uomini.
Approfondiamo ancora questo concetto.
L’esercizio della libertà, tuttavia, pur implicando
la conoscenza dell’oggetto da scegliere, non dipende unicamente né da questa conoscenza, né dal-
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l’oggetto. Essendo un’attuazione di una “possibilità
di scelta” è una dote della VOLONTÀ che, unitamente al PENSIERO (che ci apre alla verità) definisce essenzialmente la natura umana come tale,
cioè UMANIZZA l’uomo, rendendolo “veramente
uomo”. Ne consegue che non ci potrà esser libertà
autentica in nessuna attuazione che DISUMANIZZI
l’uomo.
In breve: “Non ci può essere una vita retta e buona – e quindi felice – se non si hanno e si accettano (=
si vogliono) idee rette e buone”. Parallelamente “Non
ci possono essere scelte giuste ed adatte – e quindi soddisfacenti – se non si hanno conoscenze precise e pertinenti”.
In altre parole: la libertà autentica è solo quella di scegliere il bene.
Scegliere il male non è libertà, ma negazione di
essa, è cioè NON LIBERTÀ, perché non è naturale per una funzione “naturale” attuarsi nella distruzione di se stessa. Il male conosciuto e voluto, rende l’uomo schiavo condizionandolo a fare ciò che
lo disumanizza, ad andare cioè contro la sua natura di uomo. È chiaro allora che non si può essere autenticamente liberi che nella scelta del bene, cioè
di quei valori che rendono l’uomo “veramente” uomo in tutte le sue componenti professionali, naturali e soprannaturali.
Eppure – qualcuno potrà obiettare – l’esperienza di ogni giorno di tutti noi, ci dimostra che l’uomo più volte sceglie il male. Se questa scelta fosse
non-libertà, nessuno dovrebbe sentirsi colpevole in
quanto “non responsabile”, il che chiaramente contraddice l’esperienza. Dunque c’è libertà anche nella scelta del male.
La pertinenza di questa obiezione ci dà l’occasione per quanto riguarda la cosidetta libertà di scegliere il male, di fare un confronto chiarificatore tra
conoscenza, consapevolezza e responsabilità.
La conoscenza può essere vera o falsa. Ora, solo la conoscenza vera è conoscenza. Una conoscenza falsa è infatti una non-conoscenza che, come tale, non ci arricchisce, anzi ci rende meno capaci di comprendere la realtà. Ciò che rende quindi “autentica” la conoscenza è solo il “vero” e non
il “falso”.
Analogamente come il vero è condizione dell’autenticità della conoscenza, cioè la rende tale,
così il “bene”, oggetto della libera volontà, ne condiziona l’autenticità, perché è della natura della volontà tendere al bene dell’uomo. Ciò che rende,
quindi, autentica la libertà (= conoscenza e volontà)
è solo il bene e non il male.
Facciamo un altro confronto.
Formazione - COSPES
Definire la libertà come la possibilità per l’uomo
di fare il male, sarebbe come dire che la sanità consiste nella possibilità che l’uomo ha di ammalarsi.
Ora una possibilità simile non rappresenta una perfezione della sanità, ma un difetto della sanità, in
quanto la sanità è tanto più sanità quanto meno è
esposta al rischio della malattia. Non è quindi la
malattia che definisce la sanità e la rende “autentica”, ma lo stato di salute posseduto.
Analogamente, non può essere la scelta del male ciò che garantisce l’autenticità della libertà, ma
solo la scelta del bene-valore che perfeziona l’uomo,
sottraendolo dalla schiavitù del male.
Riassumendo:
Il libero arbitrio, inteso come pura possibilità di
scelta (forma dell’atto) si trova tanto nella scelta
del bene che nella scelta del male. Non è così per
la libertà: essa non può avere come contenuto che
la verità ed il bene e al di fuori di questi valori non
ci può essere libertà.
Libero arbitrio e libertà sono due realtà distinte.
L’errore del moderno liberalismo e spontaneismo
esistenzialista
Questa distinzione ci aiuta a comprendere l’errore
del moderno liberalismo e dello spontaneismo esistenzialista che minano alla base il concetto di libertà.
Nel liberalismo la libertà, intesa esclusivamente come libero arbitrio, è un valore assoluto, da promuoversi come tale, senza limiti e condizionamenti (= libertà da ogni vincolo e restrizione). La libertà è concepita come un fine e non come un mezzo per qualcosa o di fare qualcosa, per cui, per il liberalismo, essere liberi vuol dire avere la massima
possibilità di scelta senza costrizione alcuna, tanto
da legittimare qualsiasi tipo di scelta. Chi può dire, ad esempio, che l’usuraio che richiede un interesse esagerato, o il datore di lavoro che da un salario di fame, viola la libertà? Tanto l’usuraio che il
datore di lavoro lasciano perfettamente liberi di accettare o non accettare le loro proposte.
Come può essere autentica un tipo di libertà del
genere, distaccata da ogni contenuto?
Su questa linea di svincolo da ogni condizionamento, si giunge perfino a vedere un attentato all’autonomia nell’azione educativa dei genitori in
quanto affettivamente verrebbero a condizionare le
scelte dei figli minacciandone il libero sviluppo (!).
Nello spontaneismo si celebra la libertà come pura forma, senza alcun genere di condizionamento,
cioè come assoluta spontaneità in cui ogni capric-
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cio, ogni impulso emotivo, ogni sfrenatezza, ecc.,
non sarebbe altro che pura espressione di poter fare ciò che ci piace, immediatamente, e senza alcuna riflessione mediatrice.
Ciò vorrebbe dire ridurre l’uomo al livello dell’animale in cui certamente lo spontaneo, l’immediato, il piacevole e l’irriflesso sono la sua naturale
espressione di vita. Ma è esercizio di libertà questo?
Nella mentalità spontaneista, le sollecitazioni al
bene sono considerate addirittura come impedimenti
ed ostacoli all’esercizio della libertà, mentre le sollecitazioni di permissività istintiva ne favorirebbero invece le espressioni di autenticità: chi le contrasta avrebbe “idee piccole, antiquate, non al passo con i tempi che cambiano, ecc.” (!).
Coscienza, consapevolezza, responsabilità
Educare alla libertà non può quindi voler dire
educare alla spontaneità emotivo-istintiva, alla irriflessione o all’immediatezza del piacere, ma a scegliere la verità e il bene attraverso la riflessione e lo
sforzo personale che sa andare anche controcorrente. Vuol dire, in breve, formare dei soggetti coscienti, consapevoli e responsabili.
Rendere coscienti
La parola “coscienza” può essere riferita a due
contesti differenti:
– un contesto morale e allora vuol dire conoscenza
di alcune norme ideali di vita ed autovalutazione del
proprio agire in funzione di quelle norme;
– un contesto psicologico ed allora vuol dire semplice consapevolezza di sé, della realtà del proprio io in
tutta l’estensione del proprio mondo interiore e
comportamentale.
A quale tipo di coscienza ci si deve riferire nell’educazione alla libertà?
Evidentemente, a tutti e due, perché il fine è di
condurre l’individuo ad essere il diretto “responsabile” della propria vita e, conseguentemente, ad avere una “retta coscienza del dover essere” nella “piena consapevolezza di quello che lui è”.
Per rendere coscienti, nel senso di rendere capaci a controllare le proprie azioni in conformità
alle finalità proposte, il cammino è sempre almeno
duplice: formazione dell’intelligenza e formazione della volontà.
In primo luogo, si tratta di far capire la bontà delle norme da seguire, perché solo seguendo norme
“buone”, vissute come tali, si forma una “retta coscienza”.
Formazione - COSPES
Ora, quand’è che una cosa si dice “buona”?
Quando corrisponde allo scopo per cui fu fatta.
Una lampada è buona quando illumina, uno
strumento è buono quando facilita il lavoro, un
deodorante è buono quando elimina il cattivo odore, ecc.
Una scelta professionale è buona quando porta
al raggiungimento dei fini per cui fu fatta cioè unicamente di realizzare il più possibile il bene della
persona.
Una coscienza cristiana è “buona” quando guida
l’uomo al raggiungimento del fine per cui fu creato, cioè a scegliere costantemente “il bene” (che ha
la sua espressione più genuina nell’amor di Dio e
del prossimo).
Una buona coscienza cristiana, quindi, per essere tale, presuppone sempre una chiara conoscenza
di ciò che è in sintonia con il fine ultimo dell’individuo (= fare la volontà di Dio) e che si esprime
concretamente nell’accettare, rispettare, aiutare ed
amare ogni persona come figlio di Dio.
Sarà compito della volontà attuarne i dettami; ed è
appunto nell’assolvimento di questo compito si educa
all’esercizio della libertà.
Rendere consapevoli
In una società come quella odierna che tende
all’emarginazione dell’altro, la tendenza dominante è quella d’interpretare la coscienza non nel senso morale, ma in quello psicologico di “consapevolezza di sé ”, perché si presume che per superare i
conflitti ed i disagi psicologici della vita, basti portare alla luce quello che si è (= consapevolezza ritenuta essenziale per la salute mentale).
La presa di coscienza di sé è fatta così diventare una valida norma di condotta per cui, con la riduzione della coscienza morale a semplice consapevolezza di sé, si viene soggettivamente a legittimare qualsiasi condotta alla sola condizione di esserne consapevoli.
C’è in questo atteggiamento una distorsione del
valore della consapevolezza di sé. Far luce su se
stessi, è solo una condizione per stabilire un confronto tra “l’essere” ed il “dover essere ”indicato dalla coscienza morale. L’essere (la consapevolezza) e
il dover essere (la coscienza morale) sono vie complementari che debbono stare alla base dell’esercizio della libertà nella scelta del bene che scaturisce dal confronto (= ciò che si deve fare per la
propria crescita umana), ma non possono e non debbono essere assunti pedagogicamente come fini a sé
stanti.
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Rendere responsabili
Per educarci alla libertà non basta renderci coscienti o consapevoli di noi stessi, ma occorre anche renderci “responsabili” delle scelte fatte.
Il termine responsabile non è da intendersi educativamente come indice di merito o di colpevolezza:
“Sei tu il responsabile di quel successo o il colpevole
di quell’insuccesso”, o di attribuzione di compiti o di
cariche da svolgere: “Sei tu il responsabile dell’andamento di quel settore”, ma è riferito alla persona
che intende diventare pienamente consapevole dei
propri atti e accetti di portarne direttamente le conseguenze.
Rendere responsabili però non può bastare. Il rispondere alle conseguenze prevedibili dei propri atti, infatti, non può prescindere – ai fini formativi –
dalla convinzione personale della natura buona o
meno buona degli atti da compiere; cioè non può
essere un fatto separato dalla coscienza morale buona che ne giustifica l’accettazione.
Oggi c’è la tendenza a separare l’etica della responsabilità dall’etica del dovere, indicando con il termine “responsabile” semplicemente la persona “impegnata” cioè rivolta positivamente alla realizzazione di un valore socialmente accettato, indipendentemente da criteri morali oggettivi.
Il problema educativo consisterebbe allora non
tanto nell’aiutare ad assumere responsabilmente un
codice di valori morali oggettivi, ma semplicemente nell’affinare il “senso di responsabilità individuale” nel
prevedere gli esiti del proprio agire. E questo non
solo perché nella società moderna c’è una progressiva insensibilità a valutare secondo un codice morale
– dovuta alla difficoltà a decifrare, tra i contrastanti messaggi da cui la società è bombardata, delle
istanze ideali a cui conformare la propria condotta
– ma anche perché si è formata la convinzione che
l’etica della responsabilità possa bastare a se stessa.
Una simile convinzione però è socialmente e pedagogicamente negativa in quanto ridurrebbe la responsabilità individuale al solo calcolo delle conseguenze dei propri atti e porterebbe ad indirizzare il proprio agire unicamente nel senso della propria convenienza e della propria riuscita personale come se non si dovesse rispondere di ciò che si
fa, anche al nostro prossimo con cui siamo in relazione.
Su questa linea si arriverebbe ad una educazione
all’autonomia personale prettamente egoistica ed individualista, fonte d’isolamento e di infelicità, con
stressanti forme di ansia e di nevrosi.
L’uomo formato alla pura etica della responsabi-
Formazione - COSPES
lità è indicato da R. MUSIL come “uomo senza
qualità”, privo di convincimenti ed indotto a sperimentare ciò che impulsi e desideri gli vanno proponendo. Il LASCH emblematicamente lo definisce come “l’uomo dall’io minimo” che di fronte ai
turbamenti della vita non sa far altro che vivere alla giornata, fermandosi sulla soglia delle scelte, evitando specialmente quelle che possono impegnarlo
in modo duraturo o precludergli nuove scelte; egli
vive unicamente nel presente, senza speranze per il
futuro, senza fare progetti, adattandosi e rassegnandosi alle circostanze.
Se si inserisce in un gruppo, non è tanto per ottenere una risposta ai suoi problemi, ma per avere
un appoggio, un punto di riferimento che lo ripari
dalle tensioni dell’esistenza.
Le analisi sociologiche mostrano che purtroppo
un gran numero di giovani propende a isolarsi in un
pragmatismo di utilità immediata che è loro data da vivere, a ridurre motivazione ed interesse per l’as-
sunzione di ruoli sociali di servizio, a concentrarsi
sull’autorealizzazione immediata di ciò che egoisticamente dà soddisfazione, scivolando in tal modo in
una pratica di pura sopravvivenza.
È questo l’evidente frutto di un’educazione alla pura etica della responsabilità personale avulsa dall’etica
del dovere derivante da una retta coscienza morale.
Una simile educazione non può certo definirsi
come educazione alla libertà di vivere quella VERITÀ che rende liberi e aperti all’AMORE di Dio
e che sola può veramente rendere felice l’uomo. È
per essa, infatti, che è stato creato! Educare alla libertà di scelta della propria professione è pertanto
educare alla realizzazione del progetto di Dio in ogni
uomo.
Don Mario Viglietti
(1) Ci serviamo ampiamente della piccola monografia del Prof.
GIANCARLO CAVALLERIA, Siamo davvero liberi?, Edizioni
Nuove Colibrì, Torri del Banaco, Fogli n. 83, 1984.
LIBERO DI...
TROPPO
TROPPO
TROPPO
GIOVANE
SICURO DI SÉ
STANCO
PER PENSARE A DIO
PER PENSARE A DIO
PER PENSARE A DIO
TROPPO
TROPPO
TROPPO
FELICE
IMPEGNATO
TARDI
PER PENSARE A DIO
PER PENSARE A DIO
PER PENSARE A DIO
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Formazione permanente
HO SCELTO DI ESSERE FELICE
Continuiamo il discorso...
Nell’ultimo articolo del Notiziario
del mese di aprile scrivevo che per vivere in pienezza la propria anzianità
bisogna coltivare l’atteggiamento “dell’attesa” e concludevo che solo così si
arriva “contenti e gioiosi” alla meta.
La gioia, la serenità, la contentezza, aiutano a vivere bene e a raggiungere la meta!
E allora, mi pare logico, continuare il discorso dicendo che “per non invecchiare, pur andando avanti l’età, bisogna sentirsi felici, contenti”!
Il segreto?
Un atteggiamento fondato sulla
convinzione profonda che la felicità e
la gioia sono dentro.
La radice profonda della gioia è il
Vangelo del Signore Gesù, di cui il Salesiano è annunciatore: “In voi dimori
la mia gioia” (Io, 15.11). Si tratta di
una gioia piena e duratura: “La vostra
gioia sia piena... Nessuno ve la potrà togliere” (Io, 16.22).
La gioia nasce dallo Spirito e nasce dalla convinzione che Dio ci vuole bene.
Da questa radice profonda e solida
nasce un cristianesimo sereno ed entusiasmante, che si colora di “allegria”,
quale appariva in Domenico Savio:
“Noi facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri” e quale Don Bosco
presentava come programma di vita ai
suoi Salesiani e ai suoi ragazzi.
Non si tratta di una forma alienante
che fa vivere in una beata incoscienza, ma di una vera santificazione della
“gioia”.
L’ambiente salesiano…
ambiente di gioia
L’ambiente salesiano deve fare percepire e sperimentare quel clima di
gioia che apre i cuori all’ottimismo e
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alla fiducia, fa accettare con serenità le
stesse dure esigenze della vita e illumina persino di “santa allegria” il momento difficile della morte.
Ditevi, allora, che la gioia e la felicità
è in voi!
Siate coscienti che la vita è bella. Che
val la pena di essere vissuta, che è fatta
per la felicità!
Il Salesiano sa che la gioia genuina
e autentica, è diffusiva, è contagiosa,
ha bisogno di esplodere in allegria, in
festa; però, come si legge nel sogno del
pergolato di rose, sa pure che è “uno dei
punti più impegnativi di ascesi”: è una
gioia che si alimenta al sacrificio, talvolta arduo, accolto col sorriso sul labbro, con semplicità e disinvoltura, come cose del tutto normali, senza atteggiamenti di vittima e di eroe!
Decidere di essere felici...
I colpi duri fanno soffrire, ma l’atteggiamento interiore impedisce di vacillare di fronte alle avversità.
Decidete di “essere felici” e di vivere
“con gioia” la vostra vita che sta gradualmente colorandosi della luce del
tramonto!
Decidere di essere felici non vuole
dire essere appagati e soddisfatti..., ma
vuol dire essere capaci di attingere costantemente alla “riserva di gioia” che
è in voi, frutto della vostra interiorità,
per non perdere mai il proprio ottimismo nella vita!
Vedersi invecchiare, per alcuni, è
smarrimento, panico...
Se avrete il cuore colmo di gioia,
lascerete che gli anni si aggiungano
agli anni e, come scriveva Don Bosco
nel “Giovane Provveduto, “servirete il
Signore in santa allegria”!
Don Piero Ponzo
Delegato Ispettoriale
per i confratelli anziani e ammalati
Oratori - Centri giovanili
UN GIORNO CON DON BOSCO
ESTATE RAGAZZI 2004
Anche quest’anno al
Colle è approdata l’estate ragazzi: quattro settimane nelle quali più di
13.500 ragazzi hanno letteralmente invaso la “Terra Santa” salesiana con la
loro allegria, la loro vivacità, la loro voglia di
giocare e divertirsi...
Ad accoglierli come ormai da qualche anno, oltre ai salesiani, ogni settimana si sono avvicendati alcuni giovani animatori che hanno scelto di
trascorrere una settimana insieme alla comunità salesiana, condividendone i ritmi e i momenti di fraternità e
di preghiera, per animare i numerosi
gruppi provenienti dalle più diverse
località: oratori e parrocchie (salesiane e non) da tutto il Piemonte ma anche da Milano, Brescia e Genova.
Il grande piazzale del tempio, abituato ad accogliere gli innumerevoli
fedeli che abitualmente lo affollano,
ogni mattina si preparava a dare il benvenuto a questi insoliti e scalmanati
“pellegrini” che a modo loro si preparavano a vivere una giornata con Don
Bosco.
Ma vediamo quale era la giornata
tipo... dopo un po’ di riscaldamento a
base di balli e musica, che serviva a
sciogliere il ghiaccio, partivano i giochi: un grande gioco a stands per tutti i piccoli delle elementari, in cui
ogni stand corrispondeva ad un’ora di
una giornata di Giovannino Bosco, e
una caccia al tesoro, per le medie preceduta da una presentazione in Power
Point sul Colle Don Bosco, con protagonista Domenico Savio “colpevole” di aver perso un’importante per-
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gamena scritta da Don Bosco in persona, che doveva essere ritrovata dalle squadre.
Era uno spettacolo stupendo vedere correre da un capo all’altro del Colle i gruppi dei ragazzi alla ricerca del
gioco da svolgere o del personaggio
misterioso in grado di fornire loro le indicazioni per trovare il prezioso tesoro lasciato da Don Bosco...
La mattinata si concludeva con un
po’ di musica e con la premiazione dei
vincitori; dopo la meritata pausa pranzo il caldo pomeriggio era mitigato dai
giochi ad acqua attesi veramente da
tutti, anche dagli animatori...
Certamente però la giornata al Colle non poteva terminare senza il momento del grazie al Signore per il dono di Don Bosco e Domenico Savio:
così, una volta asciutti, i ragazzi, dopo
aver scorrazzato come dei forsennati
tutto il giorno, si radunavano nel tempio per la preghiera, oppure per la Santa Messa o per le confessioni.
La giornata volgeva così lentamente
al termine, accompagnati dallo sventolare delle bandiere di tutte le nazioni si salutavano i ragazzi mentre i pullman lasciavano il piazzale. Gli stanchi animatori si godevano a questo
punto il momento del riposo che grazie ai gelati freschi del buon Luciano
Oratori - Centri giovanili
Colle siano tornati a casa strafelici e con la voglia
di rivivere queste giornate. Ho trovato molto bella
l’ambientazione dei giochi, interessante il loro tema: parlare ai ragazzi di Don Bosco e Domenico Savio attraverso il gioco, per far conoscere ai più piccoli questi due grandi personaggi...” (Simone, parrocchia Pentecoste).
rendeva meno duro il dover pulire tutto il porticato e il risistemare per l’indomani.
Certamente questa esperienza ha lasciato un ricordo positivo in tutti noi che l’abbiamo vissuta: salesiani, giovani della comunità animatori e ragazzi
che con i loro accompagnatori sono passati solo
per un giorno. È bello allora leggere direttamente
alcuni commenti scritti a caldo da tre dei tanti animatori che hanno vissuto la settimana di comunità
animatori, più due testimonianze di due giovani
pre-animatori di Cunico.
“La settimana d’animazione che ho vissuto al
Colle Don Bosco è stata una bella esperienza: mi sono ritrovato con giovani di altri centri, con i quali ho condiviso la gioia dello stare insieme. Anche
se faticoso, è stato molto bello accogliere ogni giorno centinaia di ragazzi davanti al tempio; venerdì
poi mi è capitata una cosa grandiosa: eravamo nel
tempio inferiore ed era appena finita la preghiera,
mentre raccoglievo i foglietti dei canti un ragazzo
mi avvicina e mi abbraccia e in quell’abbraccio si
è riassunta tutta la mia settimana. Io l’ho visto come un abbraccio di Dio che mi ringraziava per la settimana trascorsa con tutti i ragazzi, alla sua presenza” (Tiziano, Novara).
“La settimana al Colle si somma alle mie precedenti esperienze di animazione, è ormai quasi quattro anni che sono animatore in parrocchia, ... questa settimana è stata per me senz’altro una cosa nuova: tanti ragazzi in più, parecchie piccole responsabilità da mantenere... che dire, non posso che evidenziare i lati positivi: l’equipe di animatori l’ho
trovata più che unita, io ho cercato di dare il meglio di me, ora non so se ci sono riuscito ma spero
di sì. Non importa che io sia tornato a casa stanco,
ciò che conta è che i ragazzi che sono passati al
18
“Avevo già avuto alcune esperienze passate di
animazione, tuttavia l’esperienza che ho apprezzato maggiormente e che mi ha dato più soddisfazione è stata quella fatta al Colle Don Bosco. Innanzitutto, con gli altri animatori si condividono non
solo le attività, ma anche ore libere (il pranzo, la cena, le serate), questo aiuta a conoscersi meglio e a
formare un gruppo molto unito. Ogni giorno l’incontrare nuovi bambini e ragazzi richiedeva la capacità di adattarsi per dimostrare la massima disponibilità verso di loro, questo impegno così faticoso
è stato ampliamente ripagato, dai loro sorrisi e dal
loro entusiasmo.
Al Colle inoltre ho trovato un ambiente molto
piacevole e sereno, alcune ore della giornata erano
dedicate alla nostra formazione che ci aiutavano a
riflettere su cosa volesse dire animare con il cuore
di Don Bosco. Mi sono certamente divertita ma nello stesso tempo ho la sensazione di aver trasmesso
qualcosa degli insegnamenti di Don Bosco ai bambini” (Cristina di Valsalice).
“L’esperienza che ho fatto al Colle Don Bosco è
stata bella perché mi ha aiutato a capire cosa vuol
dire fare animazione a bambini più piccoli” (Lorenzo di Cunico).
“Ero spaventata all’idea di dovere animare tanti
bambini, pensavo di non essere in grado, invece
giorno dopo giorno, grazie all’aiuto degli animatori del Colle mi sono lanciata in questa splendida
avventura. Mi ha colpito in modo particolare la pazienza con cui siamo stati accolti sin dai primi giorni da tutti” (Sara di Cunico).
A conclusione di queste belle testimonianze non
si può fare a meno di ringraziare il Buon Dio per
averci guidato in questa meravigliosa avventura per
continuare a far sognare in grande, come Giovannino Bosco, tanti ragazzi. Un grazie ancora a tutti
coloro che in molti modi si sono resi disponibili per
la buona riuscita di questa Estate Ragazzi.
Arrivederci con Don Bosco al prossimo anno.
Don Vincenzo Trotta, Devis, Tomek, Francesco
e la comunità animatori 2004
Universitari
SU E GIÙ PER L’EUROPA
Quando lessi per la prima volta la
vita di Don Bosco rimasi colpito dal
modo con cui faceva vacanza con i
suoi ragazzi: offriva loro passeggiate a
piedi su e giù per le colline del Monferrato della durata di 10-15 giorni con
tanto di banda musicale al seguito.
Più tardi compresi che quel tipo di
“divertimento” (lunghe camminate,
notti sui fienili, pasti offerti da contadini generosi...) erano un ulteriore segno di vicinanza e di amore, faticoso,
ma proprio per questo autentico e di
facile lettura.
Le vacanze sono sempre un tempo
“ambiguo”, da gestire con intelligenza
perché diventi tempo di grazia e non
“vendemmia del diavolo”, come ci ricorda ancora Don Bosco.
Quest’anno agli universitari è stato
proposto un viaggio “turistico” di 9
giorni a Parigi e un pellegrinaggio a
Santiago de Compostela con a piedi
gli ultimi 150 km.
Sono state “in sintesi” due esperienze riuscite, ricche e arricchenti.
Lascio la parola ai partecipanti.
GITA A PARIGI
Appena saputo che si organizzava
una gita a Parigi non abbiamo esitato
ad iscriverci... e in effetti ha superato
le nostre aspettative: davvero unici
quei giorni trascorsi così intensamente, con tanta gioia e spensieratezza!
L’entusiasmo di posti nuovi da scoprire insieme ci trasmetteva tanta allegria fin dall’inizio del viaggio! Quante risate anche per piccole cose!
È stato il giusto mix tra preghiera,
divertimento e cultura!
19
Abbiamo visitato monumenti imponenti e grandiosi come Notre Dame
e la S.te Chapelle con le sue magnifiche vetrate colorate; il Quartiere Latino con i suoi locali caratteristici, il
Louvre dove abbiamo potuto ammirare tante sculture e quadri (tra cui la
famosa Gioconda); il museo D’Orsay
con i bellissimi quadri impressionistici; Versailles e i suoi immensi giardini... un vero “tuffo” nella storia! Stupendi sono poi stati i panorami che
abbiamo potuto ammirare dall’Arco di
Trionfo e dalla Defance.
Che bello iniziare la giornata con
una riflessione di vita e una preghiera
comunitaria, capire che, se si è più vicini al Signore, si è più sereni con se
stessi e con gli altri.
Tutto ciò ci ha fatto comprendere
meglio il nostro credo sconvolgendoci piacevolmente. È stata interessante
anche l’opportunità di partecipare alla messa giornaliera, il modo migliore
per iniziare la giornata!
La voglia di condividere insieme
ogni momento era così forte che superava certi momenti di stanchezza! E infatti, dopo le nostre indimenticabili
uscite serali (come il giro in battello
sulla Senna, la veduta notturna di Parigi da una delle torri di Notre Dame
e dal Sacre Coeur, la Tour Eiffel con i
suoi effetti di luce) non potevano mancare le partite a scala quaranta e gli
spuntini notturni... quante risate!
Altrettanto divertente è stata la cena improvvisata da alcuni di noi: ci
siamo scambiati consigli sulla preparazione e abbiamo diviso i compiti in
un’atmosfera allegra e scherzosa.
Valentina e Laura
Universitari
La Tour Eiffel. Nemmeno la miglior foto può catturare la sua bellezza.
La vedi lontana da Piazza Soufflot, seminascosta
dagli alberi, chiedendoti cosa avrà mai di così particolare; poi, d’un tratto, ti ritrovi ai Champs Mars
e capisci. Tessuta da mani abili, disegna sulle nuvole
intricati arabeschi e, la notte, innalza la luce per
salutare la tua partenza sul Bateau-Mouche.
Certamente non è stato solo questo Parigi. È stato soprattutto amicizia, allegria, condivisione.
Partiti una mattina presto, carichi di bagagli e
cibo, col dubbio che i nostri genitori non sarebbero riusciti a cavarsela senza di noi, il viaggio in pulmino è stato un’occasione per conoscere gli amici
nuovi e riabbracciare quelli vecchi.
Giunti a quella che sarebbe stata la nostra casa
per più di una settimana, siamo partiti all’attacco armati di spugne e detersivo – chi l’avrebbe mai detto? Nessuno. E infatti abbiamo scattato qualche foto a testimoniare che anche noi ragazzi, ogni tanto, ci adoperiamo nella pulizia casalinga.
Poi è iniziata veramente l’avventura.
Non elencherò tutti i monumenti visti, o le cose fatte. Non proverò neanche a scrivere il numero di gradini saliti e scesi nella metropolitana, perché credo di averne perso il conto.
Le nostre giornate scorrevano molto allegre, forse un po’ troppo veloci, all’insegna delle lunghe
camminate, della vita di comunità con i suoi momenti belli e quelli difficili, della preghiera e dell’immancabile partita a carte notturna tra coloro
che non erano ancora così stanchi da andare a dormire – o almeno non lo volevano ammettere!
Ah, il momento più bello? Il grazie di Elena per
averla invitata.
Così, non è neanche iniziato un altro anno universitario e sto già aspettando le prossime vacanze
estive!
Livia
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!”.
La nostra esperienza di animatori del gruppo di
giovani che hanno partecipato al viaggio a Parigi
giunge a coronamento di un anno di studio e di lavoro in cui abbiamo seguito come responsabili il
corso di Teologia a Valdocco.
Nei meravigliosi giorni trascorsi insieme, abbiamo vissuto lo spirito di servizio con gioia, guidati dagli insegnamenti di Don Bosco, che ripeteva spesso ai suoi giovani: la santità consiste nello stare
sempre allegri! Inoltre, la vita di comunità ci ha
permesso di gustare ancor più intensamente le gioie
del nostro viaggio e ci ha aiutati a superare le difficoltà che, inevitabilmente, si sono presentate sul
20
nostro cammino. I momenti di preghiera ci hanno
portato a riflettere per cercare di vivere ogni giorno il messaggio evangelico e per scoprire i veri “tesori” nella nostra vita, imparando ad apprezzare ciò
che abbiamo e a comprendere il senso e la potenza
del ringraziamento. Che bella esperienza di arricchimento culturale e spirituale!
Ora ritorniamo alle nostre attività quotidiane
con la consapevolezza che il Signore ci accompagna
sempre.
Maria Adele e Andrea
Parigi... dieci giorni... una vacanza indimenticabile piena di ricordi e di cose belle che hanno arricchito la mente e lo spirito. Questo viaggio è stato importante non soltanto dal punto di vista culturale, infatti siamo riusciti a sfruttare al massimo
il tempo per vedere il più possibile, ma anche da un
punto di vista umano in quanto c’è stato il gusto di
stare insieme, di conoscersi anche quando la stanchezza era veramente tanta per aver camminnato
tutto il giorno! E poi è stato un modo per rendersi
conto di come Dio sia sempre presente nella nostra
vita e fortunatamente Lui una vacanza non se la
prende...
C’è stata una frase del Vangelo che è stata il motto di questa gita che diceva più o meno così: “Là dove c’è il tuo tesoro lì è il tuo cuore”. In questo viaggio ogni singola persona mi ha donato qualcosa di
sé e così questa esperienza è diventata parte del mio
tesoro. Questi dieci giorni mi hanno ricordato quanta gioia ci regalano le cose semplici della vita come è stato un sorriso o anche un panino col salame. Avrei voluto durasse un po’ di più.
Leila
Parigi: il solo pronunciare le poche lettere che
compongono il nome di questa capitale rende indispensabile fare le valigie e partire subito. Parigi:
la possibilità di soggiornarvi tanto a lungo da poterne
respirare l’aria fino in fondo ai polmoni, di poterne
contemplare la magnificenza, la storia, la cultura, i
segni dell’incrociarsi dei destini e delle storie individuali dei grandi personaggi e dei piccoli, che con
le loro vite, nascoste dall’anonimato, ci hanno permesso in parte di essere quello che siamo, di godere dei privilegi che abbiamo. Parigi: la possibilità di
immergersi nel silenzio necessario per prendere coscienza dell’esigenza della nostra anima di essere
nutrita e delle nostre preghiere di essere fortificate
ed aumentate. La consapevolezza di non essere soli in questo evolvere della nostra condizione di esseri umani e di cristiani, ma di poter contare sempre sul sostegno reciproco..
Alessia
Universitari
L’esperienza di viaggio vissuta nel corso di questa estate a Parigi è stata arricchente sotto molteplici punti di vista. Se, infatti, abbiamo avuto l’opportunità di visitare luoghi incantevoli per arte e storia, abbiamo anche avuto la fortuna di un’esperienza
di gruppo, che ha permesso ad ognuno di noi di conoscere persone nuove, con cui è stato possibile
scambiare opinioni ed idee, vivendo fianco a fianco ogni giorno, sotto la guida infaticabile del nostro
don Gianni, che ci ha regalato il suo appoggio e la
sua disponibilità, sia accompagnandoci sempre ed
ovunque, sia offrendosi come prezioso referente spirituale. La sensazione finale, quella che ci rimarrà
dentro per sempre, è di aver vissuto giorni di bellezza interiore e di pace, in cui è stato possibile ritrovare noi stessi, anche a dispetto dei ritmi frenetici della vita quotidiana e dei falsi modelli che essa ogni giorno ci propone. Speriamo che non sia
chiedere troppo desiderare una nuova, anche più
modesta, occasione!
Valeria
GITA A SANTIAGO
«Non sei tu che fai il cammino, ma è il cammino che ti fa»: con questa frase, letta più volte nelle testimonianze di chi si era fatto pellegrino sulla
strada verso Santiago di Compostela, anch’io, assieme ad un gruppo di amici, ho voluto mettermi in
marcia.
Giorno dopo giorno, lungo il cammino, in compagnia di altri pellegrini oppure sola per ore intere,
ho finalmente compreso che queste parole racchiu-
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devano la sfida, la ricchezza e il dono di tutto il pellegrinaggio: camminare con le gambe per far avanzare il cuore, arrivare ai limiti della resistenza fisica per mettere alla prova il carattere, la forza d’animo, il rapporto con noi stessi, con gli altri, con
la fede e con Dio.
Temporaneamente libera dalle angustie e dalle
responsabilità della vita quotidiana, ho potuto prendermi lunghi momenti di riflessione e guardare a
fondo in me stessa, mettere a nudo le mie debolezze, riconoscere i miei limiti e la mia povertà, ma
anche trovare in me una forza, un coraggio e delle
qualità fino ad allora insospettate. Conoscere meglio se stessi non ha potuto poi che riverberarsi nel
rapporto con gli altri: vincere l’orgoglio e l’imbarazzo, imparare a chiedere aiuto e a riceverne gratuitamente, abituarsi a dare, a confortare, a incoraggiare e a regalare un sorriso o un po’ di buonumore sono stati i frutti della carità che il cammino
mi ha permesso di raccogliere e gustare.
Nuovo e forte è stato il senso della assidua e amorevole presenza di Dio al mio fianco: la fatica, la
stanchezza, il dolore fisico, il silenzio e la solitudine sono state la mia strada per arrivare alla riconoscenza. Un senso di profonda gratitudine e un grazie sono sgorgati dal mio cuore e, come l’onda che
si propaga in uno stagno in seguito al lancio di una
pietra, hanno a poco a poco abbracciato la consapevolezza della salute fisica e della meravigliosa perfezione e vigoria dell’organismo umano; la magnificenza del creato squadernata nello splendore accecante dell’alba, nei colori brillanti del cielo, dell’erba e dei fiori, nella quiete lattiginosa della nebbia mattutina, nella luminosità delle ultime stelle della notte; la generosità del gesto gratuito di un
compagno di cammino; l’amicizia,
il sostegno, l’incoraggiamento o il
buonumore ricevuti in dono da un
amico...
Tornati alla vita di tutti i giorni,
cosa rimane di una simile abbondanza di doni? Anzitutto, la consapevolezza forte e chiara che questo
cammino verso Santiago ha aperto
le finestre del mio cuore e ha fatto
circolare nelle sue stanze una ventata di aria fresca, sgomberandolo
da polvere e vecchiume e lasciando al loro posto entusiasmo, serenità di fronte alle difficoltà, carità,
coraggio e fiducia nella Provvidenza. In secondo luogo, il desiderio di
Universitari
cercare di condividere questa ricchezza con quanti
ogni giorno, nelle più diverse circostanze, percorrono
al mio fianco un pezzo di cammino sui più o meno
ardui sentieri della quotidianità.
Laura
Forse le mie aspettative erano troppo grandi –
speravo infatti di ricevere una inequivocabile illuminazione, ispirata da San Giacomo, sulle scelte
importanti da fare nel mio immediato futuro (la
laurea specialistica, come e dove...) – e pertanto sono arrivata a casa quasi come ero partita: confusa e
indecisa. Quasi, però. Perché mi sono riscoperta più
serena, finalmente riconciliata col Signore, che avevo trascurato un po’. E perché ora ho come l’impressione che qualsiasi scelta, se meditata e pregata, sarà quella giusta.
E il pellegrinaggio è stato anche una bellissima
occasione per parlare veramente a fondo con chi
amo, per farmi conoscere di più e conoscerlo meglio.
E per mettere, quello che sarà di noi due, nelle mani del Signore.
Elena
Sono partita per Santiago convinta di percorrere tutto il cammino programmato perché molto
allenata ed invece la tendinite mi ha bloccato a
metà strada. Che fare? Che dire? Perché proprio a
me? Invece stranamente i momenti di sconforto
sono stati pochi grazie alle persone che ho incontrato lungo il percorso. Quando la fatica sia fisica
sia morale si faceva sentire in maniera eccessiva,
c’era sempre qualcuno disposto ad offrirmi un aiuto, anche se non mi conosceva. È stato il più bel
dono che ho ricevuto, di cui avevo bisogno. Sono
partita da Torino lasciandomi alle spalle molte
preoccupazioni e problemi, che ora dovrò affrontare, però il mio animo è cambiato. Sono tornata
serena, fiduciosa e nuovamente conscia di tutti i
doni belli (anche tanti) che ho sempre ricevuto e
che negli ultimi tempi non sapevo più apprezzare,
forse proprio perché troppo abituata ad averli. Spero che la forza che mi ha infuso il cammino mi
accompagni a lungo nel cammino di ogni giorno,
anche quando Santiago sarà un lontano ricordo e
l’affanno del presente rischierà di prendere il sopravvento.
Chiara
Dopo una giornata di corsa, mi sono accorto come oggi abbia fatto poca strada con lo spirito, a differenza di quanto fatto nei giorni di Santiago. Forse perché era vacanza...?
Io spererei di no, ma adesso che è sera e scopro
22
che sono stanco e stufo e nervoso, e non ho fatto
niente di particolare. La cosa che più mi manca è
la stanchezza bella del pomeriggio e della sera dopo il cammino. Inoltre sento che quando sorridevo agli altri pellegrini che camminavano, il sorriso era colto e ricambiato. Stamattina sul treno mi
sono accorto che ero solo e che non stavo “camminando”.
Di strada ne devo ancora fare tanta, ma stamattina mi sembrava di essermi girato indietro e di stare tornando verso la direzione da cui ero venuto,
allontanadomi da Santiago...
Alberto
Sono ritornata a casa arricchita interiormente.
Ognuno di noi ha avuto la consapevolezza dei
propri limiti e della propria forza, non solo fisici ma
soprattutto con una rinnovata “chiarezza” di cuore
e di carattere. C’è chi ha imparato a sopportare il
dolore e chi a chiedere aiuto agli altri; chi ha imparato a tollerare i difetti altrui e chi ha scoperto di
essere migliore e più forte di quanto pensasse; chi
ha messo ordine nella propria vita; chi ha imparato il silenzio e chi la condivisione con i compagni
di Cammino dei propri pensieri... È stato un viaggio “totale” che ci ha preso letteralmente anima e
corpo e non è semplice da spiegare a parole...
Se solo riuscissimo a trasmettere, in un modo
qualunque, anche solo una piccola percentuale del
bene che questo Cammino ci ha fatto, sarà già una
conquista nei confronti di un mondo che non sempre dimostra di apprezzare piccole grandi cose come un sorriso o un augurio di “Buen Camino” dati
gratuitamente.
Mariachiara
Mi piace pensare che il pellegrinaggio a Santiago de Compostela sia come la vita... Molti pellegrini che camminano sulla stessa strada fatta di salite e di discese, di terra, prato o asfalto; tratti più
facili o più difficili, punti di ristoro... ecco c’è proprio tutto! Se stai camminando nella direzione sbagliata (e alcuni di noi lo facevano ogni giorno) tutti ti rimproveravano di esser sulla strada sbagliata.
Sempre qualcuno a sostenerti nel momento del bisogno, o qualcuno molto più bisognoso di te da dover sostenere! Ogni istante un compagno di viaggio
che ti mostra cosa sia l’umiltà, quale la tenacia o la
gioia o l’amore.
Anche quelle frecce gialle che indicano la strada verso Santiago ci sono ogni giorno nella nostra
vita solo che a volte siamo troppo presi dai nostri
piccoli problemi che non riusciamo proprio a vedere
nessuna freccia. E invece Gesù cosparge il nostro
Universitari
sentiero di segni di mille colori perché noi non sbagliamo strada e non dobbiamo ritornare indietro.
Alla fine di questa stupenda esperienza, dopo aver
sperimentato l’abbondanza nella povertà e nelle piccole cose, mi impegno allora ad alzare gli occhi e a
cercare sul sentiero della mia vita quelle frecce gialle che indicano la Vera strada.
Marco
E poi come dimenticare l’emozione provata nell’arrivare, dopo tanta fatica, in piazza, davanti alla
splendida Cattedrale di Santiago? Gli occhi mi si sono riempiti di lacrime e ho provato una gioia immensa!
È stata un’esperienza indimenticabile, che porterò
nel mio cuore, tra le cose più preziose.
Maria
Perché vai a Santiago?
Mi è stata rivolta tanto questa domanda prima di
partire e riuscivo solo a rispondere: “Perché sento
di averne bisogno”.
Ora sono tornata, dopo 6 giorni di cammino, 150
km di stanchezza, fatica, sudore, ma anche tante risate, allegria, pace, fede. Santiago è stato amicizia,
natura, parlare con se stessi, ascoltare il proprio corpo e il proprio cuore, i propri passi. Ho visto albe,
tramonti, pioggia, sole, fango, salite e discese; un
cammino, il simbolo della vita racchiuso in soli sei
giorni.
Perché andare a Santiago?
Per volersi bene, per aprire il proprio cuore e
riempirlo di ricordi e sorrisi, farne il proprio bagaglio e portarlo con sé, sempre.
Cristiana
Ho deciso di partecipare all’esperienza del cammino di Santiago con l’obiettivo di ritrovare me
stessa e di riconciliarmi con Dio.
Vivevo, infatti, un periodo un po’ difficile, in cui
non accettavo alcuni aspetti della mia vita.
Ho cercato, quindi, di utilizzare in maniera proficua ogni attimo dell’esperienza, di vivere con intensità ogni minuto delle giornate.
Ho provato a camminare non solo con i piedi, ma
anche con il cuore (come don Gianni tante volte
ci ha invitato a fare).
Ed ho scoperto che il cammino è davvero una metafora della vita (anche questo ce lo diceva don
Gianni in quei giorni): durante il cammino ho vissuto l’esperienza dell’incontro con l’altro, dell’amicizia, della condivisione con alcuni; nei pezzi di strada, ho provato il dolore, la fatica, la stanchezza, la
paura di non farcela, ma dentro di me ho trovato
anche l’entusiasmo di fare un’esperienza nuova, la
determinazione e la tenacia nel proseguire, la capacità di fidarmi di Dio, l’attesa del traguardo, la
gioia immensa nell’arrivare alla meta…
Il contatto con la natura, la semplicità e l’essenzialità dello stile di vita, la convivenza con coetanei vicini per esperienza e per condivisione di valori mi hanno aiutato tanto a rasserenarmi e a riconciliarmi con la vita...
23
Camminando s’apre cammino
Guardando al nuovo anno e a quanto abbiamo
sentito nelle giornate del Colle sia da don Bozzolo
che dall’Ispettore, mi sembra di poter chiedere e offrire questo:
Chi conosce dei giovani che sono di Torino o
che vengono a Torino per frequentare l’Università
e non hanno punti di contatto o di riferimento,
può indirizzarli da me: presenterò loro le iniziative,
i corsi, gli incontri, ... che vengono organizzati. Saranno in ogni caso i “benvenuti”.
Per quanto l’educazione dei giovani alla fede,
tema che riguarda il cuore della nostra missione salesiana, da otto anni viene offerto un corso di “Teologia per giovani”, o più semplicemente un cammino di formazione cristiana. Si propone di ridire il catechismo ai giovani e si articola in due anni:
– Il Credo: Gesù Cristo, il Padre, lo Spirito Santo, la Chiesa, la figura di Maria, la vita eterna
– I Sacramenti, la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) e la Morale.
Chi fosse interessato e desiderasse ulteriori informazioni, mi contatti e sarò lieto di fare tutto quello che potrò fare.
Don Gianni Ghiglione
UN ALTRO PASSO VERSO L’INNOVAZIONE!
Due anni fa in tre centri: Fossano,
Vercelli e Vigliano, sono stati avviati
e attuati i corsi sperimentali suggeriti
dalla nuova riforma Moratti. Tali corsi hanno avuto il beneficio di seminarne altri nell’anno successivo con
Bra, San Benigno, doppiando i precedenti.
Quest’anno l’innovazione ha raggiunto tutti i centri. Infatti la Regione Piemonte ha preso l’iniziativa di
emanare una specifica direttiva, intitolata “Attività formative sperimentali afferenti il Diritto Dovere di Istruzione e Formazione Professionale”, motivando l’importante deliberazione e
stabilendo le risorse occorrenti (oltre
69 milioni di Euro.
Tutti i nostri centri, ormai sensibilizzati dall’ingente lavoro precedente
e arricchiti dalla esperienza acquisita,
per essersi proposti come capofila nella sperimentazione, hanno presentato progetti per corsi triennali (per
coloro che escono dalla scuola media), corsi biennali (per coloro che
hanno interrotto il percorso dalla
scuola superiore) e corsi annuali (per
coloro che hanno abbandonato tutto
e si trovano ancora nell’arco dei diciotto anni).
La risposta alle direttive, appena
emanate dalle varie province, hanno
ottenuto i seguenti risultati (è prudente informare che alcuni corsi, per
motivi diversi, sono ancora da confermare):
– ad Alessandria, 1 corso triennale e
1 biennale, che sarà svolto a Serravalle;
– a Bra, 1 corso triennale;
24
– al Colle Don Bosco, 1 corso triennale e 1 biennale;
– a Fossano, 4 corsi triennali e 1 biennale, da svolgere anche a Savigliano;
– a San Benigno, 5 corsi triennali e
2 biennali;
– a To -Agnelli, 1 corso biennale
– a To -Rebaudengo, 3 corsi triennali e 1 biennale
– a To -Valdocco, 2 corsi triennali e
1 biennale
– a Vercelli, 2 corsi triennali e 1 biennale
– a Vigliano, 4 corsi triennali, 2 biennali e 1 annuale.
Possiamo essere contenti per questi
buoni risultati, ma nello stesso tempo
sentiamo la responsabilità di saperli
condurre in modo ottimale, come per
tutta la sperimentazione in atto.
Per questa ragione si sente l’urgenza di coinvolgere tutti i nostri operatori. Sarebbe assurdo e colpevole ignorare gli strumenti che fanno parte della specifica nostra competenza.
Da qui l’idea-progetto di una giornata per informare, per sensibilizzare,
per far partecipi tutti.
A sostegno di questa idea-progetto
esiste un prezioso volume: “Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema della istruzione e
della formazione professionale”, edito
dalla sede nazionale dai preziosi contenuti; esso può e deve costituire il
nucleo portante delle attività di formazione professionale; deve diventare lo strumento di riferimento per tutti gli operatori, direttamente o indi-
CNOS-FAP
rettamente occupati nei corsi: quindi occorre conoscerlo!
La giornata formativa intende coinvolgere in un
Progetto con la maiuscola, perché mira a dare una
visione organica agli interventi che dobbiamo affrontare per i corsi assegnateci sul percorso della
Istruzione e della Formazione Professionale: il volume
parte da un impianto normativo, per arrivare a descrivere le varie offerte formative e le diverse tipologie di intervento, per rendere possibile la creazione di un sistema nazionale a gestione regionale.
Un bel Progetto!
Il tutto per offrire ai giovani, che iniziano il percorso del secondo ciclo, comprendente il sistema dei
licei e il sistema dell’istruzione e formazione professionale, di trovare pluralità di percorsi in risposta alle loro differenti capacità e inclinazioni, in
modo che tutti possano prepararsi alla vita adulta
con una cultura e una professionalità adeguate e
testimoniate dal conseguimento di un diploma o
di una qualifica. Segue il programma della giornata formativa.
Guido Bombarda
LA REGIONE PIEMONTE
in collaborazione con il CNOS-FAP e l’associazione ACEF
organizza
Unione europea
Fondo sociale europeo
MINISTERO DEL LAVORO
E DELLE POLITICHE SOCIALI
Ufficio Centrale per l’Orientamento e
la Formazione Professionale dei Lavoratori
LA GIORNATA FORMATIVA
PER GLI OPERATORI DEI CENTRI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
Martedì, 7 settembre 2004
Centro Congressi
Regione Piemonte
Sala Trecento
Torino, Corso Stati Uniti, 23
Tematica: I PERCORSI EDUCATIVI NELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
Dal rinnovamento dei percorsi formativi al coinvolgimento degli operatori
dalla stipula di accordi e protocolli alle metodologie nei centri di formazione dal livello progettuale a quello esperienziale
Ore 10,00 Presentazione - SERGIO PELLINI, Presidente Cnos-Fap
Ore 10,15 La riforma della formazione professionale
FRANCESCO VIANO, Regione Piemonte
Ore 11,00 Significato del nuovo sistema educativo
DARIO NICOLI, Università Cattolica
Ore 12,00 La carta dei valori della formazione professionale
STEFANO MARTOGLIO, Direzione Valdocco
Ore 12,30 Interventi
Ore 13,00 Buffet
Ore 14,00 Tavola rotonda:
Le metodologie didattiche nella prassi della formazione professionale
LUDOVICO ALBERT, Provincia di Torino
GRAZIELLA ANSALDI, SILVANA DI COSTANZO, Direzione MIUR
CRISTINA BALLARIO, Formatrice Tutor Cnos-Fap
DANIELA ZOCCALI, Coordinatrice Orientamento Cnos-Fap
ROBERTO CAVAGLIÀ, Coordinatore Percorsi IeFP Cnos-Fap
Conduce il Prof. CLAUDIO PALUMBO, Università di Parma
Ore 16,00 Conclusioni
25
Famiglia Salesiana - ADMA
XIV GIORNATA MARIANA ANNUALE
DOMENICA 3 OTTOBRE 2004
Torino-Valdocco, Via Maria Ausiliatrice, 32
Ufficio ADMA: S 011.52.24.216
Portineria: S 011.52.24.222
ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE
Presentiamo una... lunga premessa,
che consideriamo importante e... certamente gradita, perché è sempre bello e utile rifarci al nostro Fondatore e
Padre.
Mamma Margherita al figlio Giovanni la sera prima di entrare nel seminario di Chieri (30 ottobre 1835)
disse a conclusione del suo materno
discorsetto: “Giovanni, se diventerai
sacerdote, diffondi attorno a te l’amore alla Madonna”.
La sera del 30 maggio 1862 Don
Bosco narra nella “buona notte” il sogno delle DUE COLONNE in cui vede nell’Eucaristia e nell’ImmacolataAusiliatrice la vittoria della Chiesa e
del Papa su chi li combatte aspramente.
Nello stesso anno con il chierico
Paolo Albera parla di una chiesa grande, bella, magnifica... con il nome di
“Chiesa di Maria Ausiliatrice”.
Sempre nel 1862 al giovane sacerdote Don Giovanni Cagliero Don Bosco confida: “Sinora noi abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa
dell’Immacolata, perché l’8 dicembre
ebbero principio le nostre prime opere. Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi sono così tristi e cattivi
che abbiamo bisogno che la Vergine ci
aiuti a conservare e a difendere la fede cristiana... La Madonna, inoltre, è
la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere a favore della gioventù”.
Il 9 giugno 1868 inaugurò il “monumento in muratura” a Maria Ausiliatrice sulla cui cupola troneggia
l’Immacolata e il 18 aprile 1869 fonda il “primo monumento vivente”,
l’ADMA, cui fa seguito nel 1872 il
26
“secondo”, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Facciamo un salto di 15 anni.
Nel 1887 Don Bosco sta per compiere 73 anni di età: dal 20 al 31 dicembre la sua salute andò di male in
peggio; dal 1° al 20 gennaio 1888 vi
fu un rifiorire di speranze... quindi il
crollo definitivo.
Il 29 dicembre lo passò in un assopimento quasi continuo; verso sera fece chiamare Don Rua e Mons. Cagliero.
Parlò di... tante cose ma specialmente delle missioni e dei missionari
dell’Argentina: “Raccomandate la frequente Comunione e la devozione a
Maria Santissima Ausiliatrice”.
“Questo potrebbe servire per la
«strenna» del nuovo anno da mandare a tutte le nostre Case” soggiunse
Don Rua. Egli rispose: “Questo sia per
tutta la vita...”. Però acconsentì che
servisse anche di strenna.
Verso le ore venti Mons. Cagliero gli
impartì la benedizione papale, che Don
Bosco seguì con viva commozione. Poi
disse: “Pregate la devozione a Maria
Santissima nella Terra del Fuoco (Argentina e Cile). Se sapeste quante anime Maria Ausiliatrice vuole guadagnare al Cielo per mezzo dei Salesiani!”.
Don Bosco ottenne dalla S. Sede
di poter estendere l’ADMA, nel 1870,
a tutta l’Arcidiocesi di Torino e nel
1877 a tutte le diocesi del Piemonte,
quindi Don Rua e Don Albera (nel
1889, 1894, 1896 e finalmente nel
1914) a tutto il mondo SDB, FMA e
a tutte le opere diocesane.
Attualmente è viva e vitale nei 5
Continenti.
Famiglia Salesiana - ADMA
L’ADMA, oltre ai 4 Congressi Internazionali, qui
a Valdocco, nel 1990 ha organizzato una GIORNATA MARIANA per ringraziare l’Ausiliatrice e
Don Bosco per il riconoscimento ufficiale di appartenenza alla Famiglia Salesiana (5 luglio 1989) da
parte del Rettor Maggiore Don Egidio Viganò con
il suo Consiglio. Giornata che si è ripetuta ogni anno per l’ANIMAZIONE DELLA DEVOZIONE A
MARIA AUSILIATRICE ovunque e con tutti ma
soprattutto per tutti i Gruppi della Famiglia Salesiana e quest’anno siamo giunti alla XIV GIORNATA MARIANA ANNUALE 2004.
L’ADMA Primaria invita tutte le Sezioni locali
ADMA tutti i Gruppi di Consacrati e Laici della Famiglia Salesiana e i Devoti di Maria Ausiliatrice e
di Don Bosco del Piemonte e Valle d’Aosta a parteciparvi.
Evidenziamo il 150° anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolato concepimento
di Maria, il Sinodo dei Vescovi sull’Eucaristia e rinnoviamo il ricordo di Don Egidio Viganò: “Vi confesso la mia intima convinzione, sempre più lucida
e più alta, che senza una ripresa della devozione a
Maria Ausiliatrice non riuscirà «gran che» tutto il
resto” (Doc. Capit. CG 21, 589).
Invito speciale
Il Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez nel promulgare il Nuovo Regolamento dell’ADMA scrive:
“Il fatto di aver rivisto il Regolamento è una prova
della vitalità dell’Associazione, che desidera camminare in sintonia pastorale e spirituale con la Chiesa e con la Famiglia Salesiana.
Esso esprime anche l’impegno più genuino di fedeltà dinamica a Don Bosco, che ha voluto l’Associazione di Maria Ausiliatrice come un segno della
sua riconoscenza alla presenza materna della Madonna nella sua vita e nella sua opera, e come forma di una vita cristiana centrata sulla conoscenza,
l’amore, l’imitazione della Vergine Maria”.
Perciò mossi da queste parole del Rettor Maggiore, in questa XIV Giornata Mariana daremo spazio all’Animazione dell’ADMA nella nostra Ispettoria
perché dalle nostre Case vengano confratelli disposti a ritornare all’impegno di alcuni decenni fa
ricordando anche l’articolo 74 dei Regolamenti Generali SDB.
Chi poi, non potesse venire domenica 3 ottobre
potrà venire sabato 2 ottobre per le ore 10,00, sempre a Valdocco essendovi possibilità di pranzare alle ore 12,30 avvisandoci entro e non oltre venerdì
1° ottobre s 011.52.24.216 (ADMA), oppure s
011.52.24.222 (Portineria).
La ripresa dell’ADMA è certamente segno concreto di amore all’Ausiliatrice e fedeltà a Don Bosco e aiuto nell’apostolato cristiano, mariano e salesiano tra gli adulti e i giovani.
Vi attendiamo.
In Maria Ausiliatrice e Don Bosco
Don Sebastiano Viotti
PROGRAMMA DELLA XIV GIORNATA MARIANA ANNUALE 2004
Domenica 3 ottobre 2004
Ore 19,00 Arrivi
Ore 19,30 Preghiera: Lodi mattutine
• “L’Eucaristia e l’Immacolata-Ausiliatrice. Spunti per una spiritualità moderna” - Intervento di Don Giuseppe Pelizza
• La Famiglia Salesiana e l’ADMA
Ore 12,30 Pranzo nel “Ristoro della Basilica”
Ore 14,45 In Basilica:
• Il “Nuovo Regolamento” dell’ADMA
• Preghiamo Gesù con Maria
• Concelebrazione Eucaristica presieduta da Don Pietro Migliasso, Ispettore ICP - Faranno la “Promessa ADMA” Aspiranti della Primaria, di Torino-Agnelli e Torino-Snia FMA
Ore 17,15 Arrivederci!
27
Famiglia Salesiana - Figlie dei Sacri Cuori
La sottoscritta Superiora Generale
dell’Istituto delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria
In ottemperanza alle facoltà inerenti al mio incarico e
CONSIDERANDO:
15 gennaio
Beato Luigi Variara
Sacerdote
Colletta
O Dio, fonte di ogni bontà,
che con la morte e risurrezione
del tuo Figlio hai salvato il mondo,
concedi benigno che,
per intercessione del beato Luigi,
sacerdote, possiamo partecipare
alle sofferenze di Cristo,
per essere ovunque
veri testimoni del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio che è Dio
e vive e regna con Te,
nell’uità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Sulle offerte
Accogli, o Padre,
questo sacrificio che ti offriamo
nel ricordo del Beato Luigi Variara,
e donaci di esprimere nelle opere
la passione del tuo Figlio,
che celebriamo nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.
Dopo la Comunione
O Dio, nostro Padre,
confermaci nella fede
per la potenza misteriosa
di questi sacramenti,
perché possiamo sempre testimoniare
la verità evangelica per la quale
il Beato Don Luigi Variara
lavorò instancabilmente
fino alla morte.
Per Cristo nostro Signore.
1. Le decisioni prese nel raduno delle Superiori Maggiori dell’Istituto, dal 19
al 25 marzo 2004.
2. Che Don Luigi Variara, “spinto dalla vocazione missionaria arrivò in Colombia
per dedicare tutta la sua vita al servizio degli infermi di lebbra ad Agua de
Dios” (Costituzioni art. 2) e che lui stesso si è sentito interpellato dal lazzaretto e sotto l’ispirazione dello Spirito Santo interpretò la volontà di Dio nel
condividere con le giovani il suo Carisma e spiritualità, dando orgine al nostro Istituto.
3. Che “il nostro Istituto fu suscitato nella Chiesa sotto la guida dello Spirito
Santo come progetto singolare di vita Consacrata” (Costituzioni art. 2).
4. Che il 7 maggio 2005 l’Istituto compie 100 anni di fondazione (Fondazione
avvenuta il 7 maggio 1905 in Agua de Dios, Cundinamarca Colombia).
5. Che il centenario della fondazione dell’Istituto è un avvenimento d’indole
ecclesiale e soprattutto di gioia piena per le Figlie dei Sacri Cuori, che devono vedere in questo evento la predilezione e la grazia di Dio e della Santissima Vergine Maria che costantemente ci hanno manifestato il loro amore e protezione.
6. Che questo centenario deve essere celebrato nell’umiltà, nell’azione di grazie e nella preghiera propria del nostro Istituto e manifestata con chiarezza
nel nostro diritto proprio.
DECRETA
1. Dichiaro ANNO GIUBILARE dell’Istituto delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria il tempo compreso tra il 7 maggio 2004 e il 7 maggio 2005.
2. Che nel corso di quest’anno si terranno diverse attività d’ordine spirituale e
pastorale con la dovuta programmazione e preparazione, secondo l’itinerario previsto.
3. Invito tutte le Suore dell’Istituto, il Movimento Secolare Don Luigi Variara, tutte le opere apostoliche dell’Istituto, le istituzioni e persone legate alla Congregazione, a prepararsi spiritualmente e moralmente per fare di quest’anno giubilare una vera esaltazione di tutta l’eredità che ci ha lasciato il
Padre Luigi Variara, illuminato dallo Spirito Santo e confermato dalla santa Chiesa.
SI COMUNICHI, SI PUBBLICHI E SI COMPIA
Si spedisce e si firma nella città di Bogotà, Colombia, il 14 aprile 2004.
Suor Eulalia Marin R.
Superiora Generale
28
Missioni
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DAL PAKISTAN
Carissimi tutti,
come forse qualcuno ha notato, mi
sono permesso anch’io di “darvi le ferie”, facendo un “enorme” sforzo su me
stesso per astenermi dallo scrivervi nel
mese scorso. Tento di riprendere il filo, in questa nona lettera, nella speranza che non sia bastato così poco
per farvi dimenticare di me e soprattutto della preghiera per le persone e
le situazioni cui sono mandato...
Prima di tutto, la situazione dei confratelli: in questo periodo sono stati
assenti i due “baba”, cioè gli anziani, i
saggi (qui il termine indica entrambi
i concetti) delle comunità di Lahore e
Quetta; d. Pietro è tornato da pochi
giorni qui, e tra altri pochi si recherà
a Lahore, perché fr. Hans, rientrato
poco prima, non potrà più reggere i
ritmi di lavoro precedenti a causa di
una malattia che gli è stata diagnosticata. Perciò, a Quetta continueremo
fr. Julio ed io, sempre nella speranza
che altri si possano aggiungere a questo sparuto gruppetto. C’è qualche speranza, in effetti, che un confratello ci
raggiunga entro gennaio, ma dipenderà anche dalla possibilità di ottenergli un visto d’ingresso come missionario.
Nel frattempo, cerchiamo di non
rimanere con le mani in mano ed, oltre alle normali attività della scuola
e della parrocchia, stiamo cercando
un terreno ove costruire una chiesa
che sia capiente e vicina alle “colonie” cristiane: il progetto, già approvato, era di costruirla dove abbiamo
la casa e la scuola, ma ci è stato poi
fortemente “sconsigliato” per la prossimità di “zone ad alto rischio di ten-
29
sioni etnico-religiose”. Quello spazio
sarà dunque salesianamente utilizzato
come cortile per i ragazzi della scuola, i cui numeri sono sempre in crescita, e noi cerchiamo altrove per la
nuova chiesa...
A proposito della casa in cui viviamo (e quindi anche della scuola, il
“D.B. Learning Centre”), provo a descrivervene la posizione; sul lato orientale (E-S-E) scorre un canale (quasi
fetido come quello di Lahore, ma decisamente più arido), attraversabile o
con ponte poco più a Nord, o a piedi
o con bicicletta (in spalla!), cose tutte normali ed abituali; sull’altro lato
vi sono due quartieri: Issanagri, a maggioranza cristiana, fatto di case a un
piano, in pietre e mattoni, ed uno di
rifugiati Afghani, con case in fango,
pavimenti coperti da tappeti e tetto di
coperte/tappeti (al momento molti tetti sono spariti, il che indica il “trasloco” delle famiglie: il governo cerca di
attuare quanto richiesto dall’ONU, rimandando i rifugiati in patria). Verso
settentrione si estende un terreno apparentemente abbandonato, perché già
utilizzato come cimitero musulmano.
Per il resto, siamo “circondati” dal
quartiere a maggioranza sciita, costituito da case abitualmente a due piani, imbiancate, al di sopra delle normali
possibilità di un Pakistano medio, per
quanto visto finora. Ai limiti della
città, sia ad oriente che ad occidente,
si innalzano le cime della catena montuosa (tra i 2000 e i 3000 m s.l.m., direi) in cui la città è incastonata. Tutto ciò è contemplabile dal tetto a terrazza di casa nostra... purché non sia in
corso una di quelle tempeste di sabbia
Missioni
così frequenti da queste parti (almeno in questi ultimi mesi).
Ancora a proposito del panorama, ma scendendo in strada e percorrendo le strade, mi pare che
non vi ho ancora mai parlato del traffico cittadino.
Il codice della strada è abitualmente lasciato alla
discrezione della situazione specifica o della mancanza
di colazione dell’eventuale poliziotto: in quest’ultimo caso, questi ferma il primo che fa qualcosa di poco ortodosso, minacciandolo di multe salatissime (e
soprattutto di enormi perdite di tempo), per giungere ad un “agreement”, un accordo che vada bene
ad entrambi... La situazione specifica, di cui sopra,
può essere o una buca nella propria corsia, o un ciclista che sbanda, o un risciò che cerca i passaggi migliori tra le macchine e le buche, o il veicolo più
grosso (o più aggressivo...) che si avvicina all’ostacolo, o un bambino col naso all’insù che si butta in
mezzo alla strada guardando né a destra né a sinistra, perché all’inseguimento di un aquilone...
In questo caos, non è che non ci siano regole: la
prima che si può intuire (a meno di essere già sordi) è che il clacson non indica pericolo imminente, quanto piuttosto un avvertimento generico: “Spostati perché ti voglio superare”, “Ma perché vai adagio”, “Guarda che ti sto passando a sinistra” (qui
dovrebbe esserci la guida inglese), “Attenzione che
io non cambio traiettoria solo perché tu, ciclista,
sei davanti a me” o, in caso di bus, “Sto accostando: chi deve salire si faccia vivo!”... il tutto non
con clacson uguali, né anche solo simili: ci sono
quelli “comuni” ma ci sono anche quelli “melodici” (anche la “Per Elisa”), ci sono quelli assordanti
e quelli a mo’ di zufolo, ecc. ecc.
Ma da quali veicoli è costituito il traffico? Be’, oltre alle auto e alle moto (soprattutto giapponesi e
di produzione locale) e a bus dall’apparenza sgangheratissima, la parte del leone è tenuta dai risciò
(a motore): Apecar della Piaggio e sue riedizioni
giapponesi in versione chiusa dietro per alloggiare
due persone (quelli più grandi quattro) dietro all’autista, che comunque possono essere molte di più,
previa contrattazione. Inoltre, c’è gran movimento
di veicoli non a motore: un’infinità di carretti trainati da asini (trattati veramente come delle bestie...), altri da cavalli ed ogni tanto da... cammelli! Sì: anche il cammello è bestia da soma, ed è abbastanza normale vederne, qui a Quetta (a Lahore
mi capitò solo 3-4 volte). E poi bici, capre, galline,
greggi di pecore...
Ma come mai questo accenno al traffico, dopo più
di dieci mesi di vita in Pakistan? Mah, probabilmente perché in questi ultimi due mesi ho girato
30
molto di più, in città, che nei precedenti; un po’
per l’assenza di d. Pietro, e quindi per sostituirlo
nelle sue abituali commissioni, un po’ per l’aumento di necessità della mia presenza, o per lavoro o
per “diplomazia” (= cercare collegamenti con gli altri religiosi/clero), un po’ per raggiungere il mio
nuovo prof. di Urdu, ed infine anche per aver iniziato un processo di “avvicinamento” alla parrocchia, attraverso le visite alle famiglie, accompagnato
da un cosiddetto “catechista” e (di solito) da una suora (Francescane Missionarie di Maria). Esperienza interessante, questa, che ritengo non solo utile ma
indispensabile per la conoscenza della situazione e
dei livelli di vita e di fede (più spesso superstizione) in cui si trova la nostra comunità cattolica. Ma
cercherò di scrivervene quando avrò un po’ di più
“il polso della situazione”.
Per quanto riguarda l’Urdu, non grosse novità
sul fronte del miglioramento, ma sto riprendendo
un po’ di impegno nel suo studio. Tra le altre cose,
ho scoperto che il nome stesso ha la stessa radice di
un vocabolo italiano, e trovo che renda abbastanza l’idea di questa lingua: orda; sì, proprio quella
delle “orde barbariche”! In verità, è una lingua che
fu creata 3-4 secoli fa per le comunicazioni all’interno dell’esercito (mogul, se le reminescenze storiche mi aiutano), composto da gruppi di diverse etnie e lingue. Niente di più vero anche per il Pakistan attuale, composto a tavolino dall’unificazione
di gruppi assai distinti, niente aventi in comune eccetto un secolo (chi più, chi meno) di sottomissione all’Impero britannico e la fede. Anche quest’ultima, come oggi è molto più evidente, intesa in modi decisamente diversa, quando non opposta...
Be’, non volendo ulteriormente tediarvi, pur
avendo altri temi da toccare ed approfondire, vi lascio ai vostri quotidiani impegni, non senza rinnovare il ringraziamento a tutti coloro che continuano a tenermi “prossimo” nel ricordo, nel sostegno
e nella preghiera, ed invitandovi a continuare questo accompagnamento.
Vi abbraccio nel Signore. Vi accompagni la Sua
benedizione.
Di cuore
Stefano Macchi, s.d.b.
P.S.: Un saluto speciale, oggi, al gruppo “dei
Moldavi” ed a tutte le persone che hanno scelto
di donare qualche settimana della propria estate
per vivere con persone più povere e/o meno fortunate. Possa quest’esperienza aiutarvi in ogni scelta
futura.
Missioni
Quetta, settembre 2004
Cari tutti,
attorno all’anniversario della mia prima professione religiosa (’93), al precedente ingresso in noviziato, ed avvicinandosi il primo anno dall’aver ricevuto il “crocifisso missionario”, inizio questa nuova lettera. Quant’acqua è passata sotto i ponti! Di
certo non posso dire: “Mi sembra ieri che...”, tanti
sono i cambiamenti attraverso cui sono passato e
tante le persone conosciute in questi anni. Chi mi
conobbe prima di quella (ri-?) scoperta della vita
avviata durante il servizio civile ne può essere testimone: molto è cambiato, e molto in meglio (figuratevi prima!). Deo gratias.
...Ma riprendiamo il discorso interrotto, senza
troppo fermarci sul passato: seppur vero che su di esso si fonda il presente, non è meno vero che il presente è l’unico su cui possiamo lavorare, ciascuno
“nel proprio piccolo”, per un futuro sempre migliore, più bello, più giusto, più unito, ...più umano.
Io sto bene, grazie al Cielo, senza problemi maggiori di quelli che si possono trovare in qualunque
casa salesiana; sto bene fatta forse eccezione per il
rischio di solitudine, che in questi giorni è più reale che mai, trovandomi ad essere l’unico s.d.b. di
Quetta (e, quindi, di tutto l’occidente del Pakistan),
gli altri quattro essendo tutti a Lahore in questa settimana. Sono contento che, in quest’ultimo mese,
sto incontrando quasi quotidianamente fr. Marek, un
“o.m.i.”, sacerdote, polacco, poco più giovane di me
(all’anagrafe) con qualche anno di ordinazione in
più, arrivato una settimana dopo di me in Pakistan:
andiamo dallo stesso insegnante di Urdu, e scambiamo quattro chiacchiere (non in Urdu...!), aiutandoci a vicenda. Credo che una buona amicizia
stia nascendo.
Una delle maggiori difficoltà che sto riscontrando, è (tanto per cambiare) nelle relazioni interpersonali; qua sembra impossibile poter dare fiducia a
chicchesia: l’esperienza di chi è qui da più tempo,
prima ancora della mia, dice che tutti cercano di ottenere qlcs. da chiunque altro, con speciale “predilezione” da chi è “occidentale” (che è sempre più
“abbiente”): dal fruttivendolo che raddoppia i prezzi all’ingegnere che ti fa pagare per le migliori qualità comprando le peggiori, dal parrocchiano che
viene a chiedere un aiuto per la malattia del padre
(morto da qualche anno...) all’aspirante che ti viene a chiedere i soldi per il trasporto sul luogo di attività pastorale (avendo ancora in tasca metà di
quello del mese precedente), dal poliziotto che ferma (in genere fermano i più poveracci, perché cer-
31
tamente indifesi) per ottenere, nel non dare la multa “ufficiale”, la colazione non ancora fatta, alla madre che prima piangendo, poi allungando 200 Rupie infine insultando (perché i parroci precedenti lo
facevano), chiede di cambiare la data di nascita del
figlio sul registro battesimale, perché possa andare
subito a lavorare...
È naturalmente difficile instaurare rapporti sinceri, veri, in queste condizioni; non essendo però
un’attitudine rivolta limitatamente agli stranieri (la
differenza è solo che questi capiscono di meno ed
hanno di più, perciò di più può essere loro chiesto:
molto evangelici, in questo), ciò comporta che tutta la vita sociale sia impostata su “maschere”: si è
educati fin dalla più tenera infanzia a dire sempre
di sì tra convincenti sorrisi, senza però che alcun
cambiamento interiore sia necessario; è ben educato non chi dice la verità ma chi dà la risposta che
l’interlocutore spera...
Lascio alle vostre fantasie l’immaginarvi le conseguenze di queste “mascherate”: dall’ambito familiare (pronti a sterminare una famiglia per l’onore
della propria figlia ma con non minore furia, in casa, picchiare la moglie o il figlio non immediatamente disponibili od obbedienti) a quello politico,
a quello della formazione scolastica (si continua ad
insegnare che Gesù e Maometto giocavano insieme,
che il Pakistan ha vinto la guerra del ’65 contro
l’India...) e religiosa (tutti fanno tutto ciò che “devono” in esemplare maniera, finché hanno uno
sguardo fisso su di loro)... Lunga è la via ed immenso
il campo di semina; ad altri l’attendere il tempo della mietitura.
Per carità, però: non lasciatevi prendere da scoraggiamento! Non ce n’è ragione, finché lavoriamo
per il Signore e non per imporre noi stessi! “Nel nostro piccolo”, come sopra accennato, ognuno s’impegna fin dove può, lasciando a Lui il grosso del lavoro (a cui si aggiunge il dover riparare i nostri
danni)...
In quanto a noi, come impegni principali di questa comunità s.d.b. in Quetta, abbiamo al momento una scuola in crescita sia numerica che come apprezzamento tra la gente comune, e questo per varie ragioni: di certo per lo stile salesiano “umano”,
che lascia tempi di sfogo per i ragazzi e spazio alle
relazioni con gli insegnanti, lentamente ma inesorabilmente limando l’anti-evangelica concezione di
gerarchia (per cui chi è “più su di grado” può chiedere qualunque cosa a chi “sta sotto”) tra preside,
vice-presidi, coordinatori di classe ed altri insegnanti, e di questi nei confronti dei ragazzi e del
Missioni
personale di pulizia. Non meno apprezzate sono, naturalmente, le rette scolastiche tenute estremamente
basse (grazie ai molti benefattori, grandi e non, da
tutta Europa, è possibile richiedere alle famiglie solo un contributo simbolico, pur significativo nei loro standard) per favorire l’accesso alle famiglie bisognose, che sono soprattutto quelle cristiane. Altro motivo di apprezzamento, seppur comportante
maggiori difficoltà sia per i ragazzi che per gl’insegnanti, è l’uso della lingua inglese nella scuola, per
offrire maggiori opportunità future ai ragazzi stessi.
Ultime ragioni di gradimento che vi cito, da parte
degli insegnanti, sono l’obbligo (pagato dalla scuola, cioè dai benefattori) di aggiornamento annuale
e il regolare aumento di stipendi con il succedersi
degli anni e con l’incremento di professionalità.
Sappiamo che è un investimento “a fondo perso”,
molti insegnanti cambiando scuola una volta rag-
giunto un più alto livello di qualifica, ma riteniamo
che sia comunque un ottimo investimento per questo Paese e per il suo futuro, oltre ad un esempio di
evangelica gratuità.
Be’, non mi dilungo ulteriormente, non essendo
ancora trascorso un mese dalla precedente, per non
assillarvi troppo con la mia invadenza nelle vostre
caselle di posta elettronica.
Aggiungo solo un augurio ed uno speciale ricordo nella preghiera (il primo arriverà in ritardo, ma
vi assicuro della puntualità della preghiera) a chi
l’8/9 emette i primi voti come s.d.b., a chi lo stesso giorno li rinnova, ai “professandi perpetui” e a coloro che, il 26/9, riceveranno il crocifisso missionario al Colle d.B..
Il Signore vi accompagni. Lasciamoci guidare.
Un abbraccio
Stefano Macchi, s.d.b.
DA YANJI (CINA)
Iniziare cose nuove è sempre interessante ma alle volte viene voglia di pregare il Signore di non
esagerare con le nuove emozioni. L’anno scorso in Dicembre Don Bonetti che è stato il fondatore dell’opera è dovuto tornare in Corea: ci siamo molto spaventati, siamo rimasti solo in quattro salesiani di cui
uno giovane che è qui solo per un anno. Don Giuseppe, olandese ha già 72 anni e di salute non è affatto brillante. Fatica sempre più a passare ore e ore
davanti al computer per poter tenere sotto controllo l’economia della scuola. Anch’io ho un età pensionabile. Tutta la responsabilità dell’opera veniva a
cadere sulle spalle del povero Don Francesco Kim che
ha un mucchio di qualità: da buon salesiano ama
molto lo sport e immensamente i giovani. Purtroppo ha anche un’ernia del disco che lo fa soffrire non
poco e non trova il tempo per andare a curarsi.
Quando ho saputo che a sostituire Don Enrico
Bonetti mandavano Don Roberto Falk, ex maestro
dei novizi, ex ispettore ecc... ma, anche lui, 72enne, mi sono davvero chiesto se volevano fare qui l’ospizio dei vecchi!... Poi pensandoci su, lui ha la fama di essere il più santo nell’ispettoria, forse, è la
cosa di cui più abbiamo bisogno!
32
Infatti durante l’anno siamo passati tra molte
tempeste, tra cui, la lotta di potere tra i responsabili inviati dal governo, che ha creato molta tensione
tra i maestri. La lotta è durata più di un anno, finalmente dal ministero hanno deciso di mandare
altrove tutti e due i litiganti per nostra grande liberazione.
Abbiamo dovuto fare il tetto sul palazzo del pensionato. Prima c’era il terrazzo che, con gli sbalzi di
temperatura che abbiamo qui, è impossibile che rimanga a lungo impermeabile. Nei giorni di pioggia
le ragazze del 4° piano dovevano dormire con l’ombrello aperto e grandi bidoni per raccogliere le gocce. Ci siamo lanciati nell’impresa all’inizio dell’estate,
Missioni
e malgrado i tanti imprevisti e le difficoltà economiche, siamo riusciti a concludere i lavori prima
del grande freddo.
In tutti i momenti difficili Don Roberto non si
lascia spaventare e aiuta tutti noi ad avere fede nel
Signore. Pensavano che alla sua età non gli venisse neppure in mente l’idea di imparare il cinese;
con i nostri giovani si può comunicare bene in coreano, lingua che lui conosce perfettamente. Noi
l’abbiamo deriso un po’ pensando che dopo i primi
mesi avrebbe smesso. Ora comincia a farci invidia,
la sua pronuncia è ottima e nella conversazione comincia a cavarsela bene.
L’epidemia di SARS durante la primavera scorsa ci ha anche complicato un po’ la vita. Qui nella zona non ci furono casi di infezione ma, quando la situazione è stata grave un po’ in tutta la Cina, anche noi siamo stati obbligati a prendere misure preventive tra cui: disinfettare tutti i locali
ogni giorno, misurare tutti i giorni la febbre a tutti gli allievi, non lasciare entrare persone dall’esterno e non inviare giovani a casa per un lungo periodo. Grazie a Dio con l’arrivo dell’estate si è tornati alla vita normale.
Ogni anno abbiamo avuto dei giovani volontari americani per insegnare l’inglese. Quest’anno a
causa dell’epidemia di cui ho parlato, non abbiamo
potuto avere rinforzi dall’America; ci rimanevano
molte ore da coprire: il nostro caro Don Roberto,
come è sua abitudine, ha detto: “faccio io”. Abbiamo avuto grande paura, non è certo l’età ideale per prendersi tali impegni, cosa strana, lui felice e gli allievi molto felici, sarà un altro dei suoi
miracoli!...
Novità dell’anno: abbiamo iniziato i corsi brevi
per insegnare il mestiere a giovani che non possono fare i tre anni regolari che sono in genere i giovani più poveri. La cosa ha portato non poche complicazioni specie per i maestri, si è dovuto preparare altro materiale didattico. Temevamo che da parte dei maestri un’opposizione, invece hanno collaborato molto bene anche quando ho portato un
gruppo di loro nel cimitero delle auto per ricuperare motori vecchi e pezzi vari. Neanche a farlo apposta era 15 gradi sotto zero e tirava un vento terribile. Per farmi perdonare ho pagato loro una cena calda con un bel po’ di grappa cinese.
Una cosa impressionante è vedere il cambiamento
nei giovani. Gli allievi più difficili sono quelli dell’auto meccanica. Sono giovani che non hanno capacità di studio e pensano che, con la chiave inglese, possano risolvere il problema del loro avvenire.
Purtroppo entrando nella scuola si accorgono che
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al giorno d’oggi senza studiare non si può più fare
niente. Fino al secondo anno, per me, insegnare loro teoria era un lavoro terribilmente difficile; ora,
con i giovani del terzo anno, si è veramente verificato un miracolo. Quelli che cercavano solo di fare
scherzi e, eventualmente, scappare prima del tempo,
ora in classe si competono i posti in prima fila e continuano a fare domande per ricuperare quello che
non hanno imparato in passato.
Le autorità apprezzano molto il nostro lavoro anche per la precedenza che diamo ai giovani poveri.
L’ex sindaco di Yanji, colui che più si è dato da
fare perché noi aprissimo la scuola, con un gruppo
di amici in pensione, ha fondato un club che ha lo
scopo di venire a contatto con i bambini e giovani
poveri e per aiutarli a proseguire gli studi. Oltre che
inviare a noi ragazzi veramente bisognosi, tramite lui,
possiamo aiutare bambini delle elementari e medie
che sono in gravi difficoltà.
Ogni volta che ci presentano un caso difficile è
nostra abitudine far visita alla famiglia. Ecco come
Don Roberto descrive la sua prima esperienza:
“Dopo poche settimane in Cina, ho potuto visitare una casa cinese. Un nostro ragazzo che impara auto meccanica ha detto a Don Francesco che non
poteva più pagare la retta perché sua mamma era
molto ammalata.
Abbiamo visitato la casa: la mamma, vedova, aveva un tumore allo stomaco molto avanzato, non
aveva avuto i mezzi per curarsi, nelle famiglie in
campagna questa situazione è molto comune. In un
paese senza religione mi sono meravigliato nel vedere come questa mamma soffrisse con tanto coraggio e tanta rassegnazione. Ci ha parlato molto
di suo figlio e della sua educazione. Dopo un po’
che eravamo insieme ha intuito chi eravamo, perché ci interessavamo al suo dolore e perché desideravamo aiutarla; allora ha incominciato a parlare del cielo «Tien» in cinese. Si sentiva quanta
bontà c’era nel cuore di quella mamma. La mamma
è morta un mese fa e il figlio terminerà la scuola il
prossimo anno. È davvero un peccato, ma era troppo tardi e non potevamo fare più nulla per lei. Siamo convinti che il figlio, Kim Jin Woo, continuerà
a crescere nel grande amore che sua mamma ha per
lui e per il «Cielo» (Tian).
Dio ama senza dubbio molto i poveri perché il loro amore è così sincero”.
La primavera scorsa da Hong Kong è arrivato un
nuovo confratello. Finalmente abbiamo un cinese
nella comunità. Anche se è già del club dei settantenni, ha scoperto qui una nuova vita, impara il
Missioni
coreano, insegna il cinese ai confratelli, si da fare
con il computer. Grazie a lui possiamo iniziare un
po’ di inculturazione cinese, cominciando con le
preghiere. Unico problema: conosce troppo bene
l’inglese e l’italiano, così a tavola (a volte siamo 5
nazionalità differenti) parliamo un po’ tutte le lingue ma poco il cinese, anche perché alcuni sono
arrivati da poco tempo.
Altra buona notizia: abbiamo in vista rinforzi!
Dalla Corea. Due confratelli molto specializzati, uno
in elettricità e l’altro in meccanica. Per tutti noi è
davvero un grande respiro. Tutti hanno già molta
esperienza nel lavoro educativo potranno fare molto del bene.
Ringrazio tutti per l’aiuto, la comprensione, l’appoggio e la preghiera, è davvero bello sentirsi appoggiati nella nostra missione educativa in un paese tanto lontano. Devo scusarmi con coloro che
hanno inviato offerte e non hanno ricevuto risposta. Per un certo periodo dalla casa generalizia mi
arrivava solo il resoconto delle entrate senza la lista con il nome del benefattore. Finalmente sono riu-
sciti a trovare l’errore. In futuro spero di mantenere i contatti regolarmente.
Teniamoci uniti nella preghiera affinché il Signore ci dia nuovamente fede rinnovata in Lui e
nel futuro.
Con grande affetto.
Marino Bois
UNA NUOVA PRESENZA IN NIGERIA: IBADAN
Nel settembre del 1982 partivano da Torino e da
Novara i primi due gruppi di salesiani per la Nigeria destinati ad Akure e a Ondo; in 22 anni le
due opere si sono sviluppate in modo sorprendente grazie al contributo di personale e aiuti economici delle due ispettorie di origine, allora la Subalpina e la Novarese; sei anni più tardi anche l’Ispettoria Adriatica apriva un’opera a Onitcha. Un
po’ in ritardo sui tempi previsti, con il mese di ottobre 2004 ha inizio una nuova presenza dei salesiani in Ibadan.
Per ora solo tre salesiani per iniziare con le attività dell’Oratorio e Centro Giovanile e organizzare il Centro Studi e il Postnoviziato.
Ibadan è una città del Sud della Nigeria, 110 km
da Lagos, con circa 10 milioni di abitanti appartenenti in maggioranza alle tre principali etnie della
Nigeria: Yoruba, Ibo, Hausa.
Una città molto antica, prevalentemente commerciale, che vanta una grande Università frequentata da studenti provenienti da ogni parte dell’Africa.
34
La Chiesa Cattolica ha una consolidata presenza, con numerose parrocchie, con la sede del vescovo e con 2 centri di studi religiosi: il Seminario
e l’Istituto di scienze filosofiche e teologiche gestito dai Domenicani. Proprio per questo molte congregazioni religiose hanno scelto Ibadan come sede
dei loro centri di formazione e di studi.
Il Centro Salesiano che sta per iniziare prevede
3 diversi settori che si integrano a vicenda:
– il Post-Noviziato
– il Centro Studi
– il Centro di Animazione Giovanile.
POSTNOVIZIATO
Per alcuni anni abbiamo usufruito del postnoviziato di Moshi, in Tanzania, ma sempre più si rivelava insufficiente per i postnovizi salesiani di lingua inglese.
Attualmente la nostra nuova Circoscrizione, comprendente Nigeria, Ghana, Liberia e Sierra Leone
Missioni
(AFW); ha 25 postnovizi a Moshi (lingua inglese e
5 a Lomé (lingua francese), ma dal 2005 ci auguriamo siano pronti il team dei formatori e il gruppo degli insegnanti ad Ibadan.
CENTRO DI STUDI
Il centro di Ibadan vuole essere anche un Centro Studi che oltre agli studi filosofici offra anche specializzazioni in Scienze dell’Educazione, Pedagogia,
Psicologia, Catechetica, Pastorale Giovanile, Massmedia, non solo per i postnovizi salesiani e membri della Famiglia Salesiana, ma aperto ai religiosi
e laici della città, della diocesi e della Nigeria in
genere.
Tale Centro intende essere affiliato alla Pontifi-
cia Università Salesiana e alla Università Cattolica della Nigeria.
La chiesa locale nella persona del vescovo e alcune congregazioni religiose hanno espresso la loro
volontà di usufruire e di cooperare alla realizzazione di tale centro di studi.
CENTRO DI ANIMAZIONE GIOVANILE:
Oratorio e Centro Giovanile
Oltre gli studi teorici il Centro vuole offrire attività di animazione giovanile, come seminari, ritiri, incontri giovanili, un “Osservatorio della Gioventù”, settimane di riflessione e ritiri.
Sarà compito della comunità salesiana, insegnanti
e studenti, aver cura dei giovani della zona, aprendo il Centro Giovanile ad attività oratoriane, riflessione religiosa, animazione sociale della zona.
Un’attività privilegiata di animazione sarà un centro editoriale di produzione di materiale di animazione giovanile e salesiana con un uso appropriato
di mezzi di comunicazioni sociali o massmedia.
La popolazione della città è prevalentemente musulmana e provvidenzialmente iniziamo con “l’oratorio”; abbiamo fiducia che, secondo la tradizione salesiana, i ragazzi saranno quelli che faranno conoscere Don Bosco e la sua opera nella città.
Don Vincenzo Marrone
DON BOSCO VOCATIONAL TRAINING CENTRE
Cosa fanno i salesiani per il Darfur?
Molti di voi, forse, si sono fatti con apprensione
questa domanda.
E difatti i salesiani vogliono essere presenti nei
luoghi dove la gioventù incontra maggiori difficoltà
e tragedie.
Ecco quello che facciamo, o meglio che abbiamo
deciso di fare. Abbiamo deciso di accogliere nella
scuola salesiana più vicina all’area della tragedia, e
cioè a El-Obeid, un gruppo di 50 ragazzi orfani,
provvedendo loro alloggio in una casa in affitto (in
mancanza di internato), cibo, cure mediche, educazione, e un corso tecnico in vista del loro futuro.
Questo progetto è già avviato e tra poco arrive-
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ranno qui gli orfani del Darfur. Inoltre per i ragazzi più piccoli vorremmo creare un orfanotrofio, o
nido-famiglia sul posto, a Nyala, affidando i ragazzini alle cure di qualche buona mamma. Siamo sicuri di interpretare il cuore di Don Bosco. La tragedia nuova è immensa. Più di un milione di poveri
senza cibo, e senza casa, proprio ora che sono iniziate le piogge... ogni giorno muoiono 3000 persone... e ne moriranno di più.
Le comunità giovanili che volessero aiutare questa gente sofferente può servirsi di noi, e il Signore ricompenserà.
Coadiutore Giacomo Comino
Don Vincenzo Donati
Missioni
DON FULVIO, “STAR” DELLA TV NIGERIANA
Akure è la capitale dello Stato dell’Ondo, in Nigeria. Vive qui don Fulvio Ornato, sacerdote salesiano, partito da Bra nel 1991 e da allora tornato
sotto la Zizzola per una breve visita a parenti e amici solo un paio di volte, perché “certo, a volte si
sente la mancanza di casa, ma quando gli impegni
sono molti passano i giorni, i mesi, e gli anni volano. Ne sono passati sei in un batter d’occhi da quando nel 1998, sono stato a Bra l’ultima volta. Così quest’anno ho deciso di tornare in visita, per poco più
di un mese”.
Ed è già ripartito martedì 20 luglio per la Nigeria don Fulvio, per gli amici Furia, a causa di una
maglietta che amava indossare da piccolo, quando,
insieme a molti altri ragazzi frequentava l’Oratorio
braidese di viale Rimembranze.
Di lì è iniziata la sua formazione, nutrita da incontri, ore trascorse insieme, riflessioni; una formazione che via via si è delineata in una vocazione religiosa e poi nella scelta di diventare missionario, “forse anche per i legami che mi univano ad
altri sacerdoti missionari e per essere cresciuto ascoltando i loro racconti”.
Del resto di impegni in Nigeria don Fulvio ne
ha davvero molti: “Di solito, non si ha il tempo di
finire un lavoro che già se ne vedono all’orizzonte
almeno altri tre o quattro”.
Ad Akure la missione salesiana dove opera è, allo stesso tempo, parrocchia, dispensario farmaceutico con annesso laboratorio di analisi, scuola tecnica, scuola serale, che offre corsi di aggiornamento in ambito informatico a quasi duecento studenti lavoratori, e centro giovanile.
Un centro non certo convenzionale, se si pensa
al fatto che tra le attività di cui si occupa c’è anche un programma televisivo di cui don Fulvio è
direttore, che dall’aprile del 2002 va in onda ogni
sera, tra le 20,30 e le 21,30, sul canale di Stato nigeriano. Sabenko, è il nome della trasmissione, prima parola di un proverbio locale che recita più o meno così: “Se sbatti la mano su una lametta ti tagli”.
Il che significa, come spiega don Fulvio, che “chi dice la verità a volte soffre o fa soffrire”. La trasmissione è seguita in media da qualcosa come 25 milioni di telespettatori: “Un programma di formazione morale non prettamente religiosa, nel corso del
quale si affrontano tematiche legate all’attualità e
36
ai principali problemi delle popolazioni locali con
l’obiettivo di informare e di prevenire per quanto
possibile. Di recente, per esempio, abbiamo preparato sei episodi sul tema dell’Hiv, o alcune puntate
sulla prostituzione”. Dunque sacerdote salesiano,
missionario e... star televisiva.
Da questo peculiare punto di vista don Fulvio
guarda alla Nigeria, con gli occhi di chi “è partito
per quella terra con l’obiettivo di cercare di fare del
bene e poi si è trovato immerso in un’altra cultura,
tra persone che parlano una lingua che non conosceva, e si è trovato a dover capire uno stile di vita diverso, a dover lottare ogni giorno con il rischio
di cadere in forme di paternalismo e di assistenzialismo che non fanno crescere, di chi, in buona sostanza, voleva aiutare e ha finito per il dover essere aiutato a imparare l’«abc» di quella terra”.
Certo, spiega il sacerdote, “all’inizio è frustrante
capire che non riesci a realizzare quanto ti eri prefissato. Ma poi impari a vivere quella terra, ti crei
dei legami e alla fine ti scopri a far parte di quel
mondo come se fosse il tuo. Oggi sono circondato
da giovani che sono cresciuti con me, da famiglie
che collaborano, senza le quali sarebbe impossibile
lavorare in quel contesto”.
Missioni
Tra quanti lo aiutano nelle attività parrocchiali,
ricorda in particolare una coppia di giovani genitori
che hanno voluto battezzare il proprio figlio con il
nome Fulvio Ornato.
“In Africa il nome identifica una persona come
appartenente a una famiglia. Letto in quest’ottica,
si tratta dunque di un gesto assai significativo. Sapevano che ero l’unico figlio maschio e in questo
modo hanno voluto che la mia discendenza proseguisse. Per loro questa continuazione è fondamentale, perché crea un collegamento tra la vita e la
morte”.
È la testimonianza di chi “risponde a una chiamata” senza false illusioni, senza utopiche convinzioni di poter di punto in bianco ribaltare una situazione che conserva i suoi tratti di gravità, quella di don Fulvio. Testimonianza che si staglia sulla
consapevolezza che “in questi tredici anni di attività
in Nigeria, ho notato che le cose non stanno affatto andando per il meglio. Sono poco ottimista, forse tredici anni sono pochi per poter giudicare, ma
noto un certo declino, economico, ma soprattutto
morale, in un contesto in cui il primo è diretta conseguenza del secondo. L’invasione dei media ha lavato via la cultura tradizionale e ha lasciato solo
una mentalità consumistica. L’Europa, vista dalla
SABATO
televisione è il paese dei balocchi. Per questo un
programma televisivo che racconti le cose attenendosi alla verità può essere utile, ai fini della prevenzione. Può insegnare a non prendere tutto per
oro colato”.
Così don Fulvio Ornato è di nuovo partito alla
volta della Nigeria. Quando, lo scorso 26 maggio,
era arrivato in Italia, per la sua breve visita, aveva
portato con sé “un po’ di speranza, di gioia di vivere. In Nigeria si vive in un contesto di povertà, la
vita è un continuo imprevisto. In Italia ci sono più
certezze e non solo economiche. Eppure qui ci si
arrende più facilmente, si perdono di vista gli obiettivi, ci si preoccupa di più. Ci sono contesti in cui
le cose vanno peggio, eppure la gente apprezza quel
poco che ha ogni giorno e conosce la gioia di vivere”.
Dopo il suo soggiorno sotto la Zizzola, il missionario è partito con “qualche ora di riposo in più e
tanta pazienza per affrontare quei contesti della Nigeria a cui ancora non ha fatto l’abitudine; il clima,
soprattutto, che logora e debilita fisicamente”.
Per il resto, proseguirà il lavoro di sempre, convinto del fatto che “questa è la mia strada, la mia
missione”.
Elisa Broccardo
da Bra oggi, 3-8-2004
25 SETTEMBRE ___________________________________________________
Ore 15,00
Ore 17,00
Ore 18,30
Ore 20,00
Ore 21,00
Ore 22,30
DOMENICA
Accoglienza in teatro di tutti i partecipanti guidata da un bravo animatore.
Per chi è stato nei Paesi Poveri: confronto in gruppo sull’esperienza vissuta.
Per tutti gli altri: visita guidata al Museo missionario.
In teatro, verifichiamo tutti insieme tre obiettivi dell’esperienza estiva:
– quale identità vocazionale si è rivelata nel confronto con i poveri;
– che cosa ti hanno insegnato i poveri;
– che itinerario hai scelto di percorrere nel tuo futuro.
Cena.
In teatro, serata allegra in compagnia.
In Basilica, veglia di preghiera e Buona notte
di Don Francis Alencherry, Consigliere Generale per le Missioni.
26 SETTEMBRE ________________________________________________
Ore 7,00-8,00 Adorazione silenziosa nella Chiesa inferiore.
Ore 9,00
Il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Pascual Chávez:
LA MISSIONARIETÀ DI DON BOSCO
Presentazione dei Volontari VIS in partenza
e Programma di Animazione Missionaria;
• Antonio Raimondi, Presidente VIS
• Don Ferdinando Colombo, Animatore Missionario Nazionale.
Ore 15,00
Eucaristia presieduta dal Rettor Maggiore e mandato missionario.
37
Economia
AFFRONTARE LA CRESCENTE COMPLESSITÀ
DELLE OPERE A PARTIRE
DA UNA RINNOVATA ATTENZIONE
NELLA GESTIONE DEL PERSONALE
I cambiamenti che investono oggi
le nostre Opere – oratori, scuole, cfp...
– in buona parte indotti da una società che via via allarga sempre più i
propri orizzonti – non a caso si parla
di “società globalizzata” – e che, al
contempo, si diversifica e complica,
pongono non pochi problemi alla nostra azione educativa e pastorale.
Non intendo qui sollevare dubbi
sulla efficacia della grazia divina, che
in modo a noi invisibile agisce a prescindere dalla nostra efficienza e bravura. Alla base di tutto il nostro lavoro apostolico vi è infatti la profonda convinzione che è Dio che conduce la storia e che solo Lui è in grado,
come si dice solitamente, di “tirare linee dritte su righe storte”; non mancano le volte in cui questa convinzione ci aiuta anche ad andare avanti,
soprattutto quando i risultati non corrispondono agli sforzi.
La presente riflessione, in questa sede, intende viceversa muoversi più dai
tetti in giù, forse per una deformazione
professionale data dal ruolo del sottoscritto; in particolare mi muovo dalla
convinzione che ogni nostra Opera ha
in sé tutti gli elementi di ogni tipica
organizzazione stabile e duratura perché, in ognuna di esse, troviamo persone, attività, strutture a prescindere
dalle dimensioni più o meno grandi
della casa, dal numero dei salesiani,
dei collaboratori e dei ragazzi.
Parlo di una organizzazione, quella
sottostante le nostre Opere, che ha
dovuto negli ultimi decenni cambiare
notevolmente la propria impostazione. Mano a mano infatti che il modello “conventuale”, riconducibile al-
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la figura del castello medioevale, autarchico e chiuso su se stesso, penso
soprattutto ai nostri “collegi” che hanno garantito l’educazione di generazioni e generazioni di giovani, iniziava a non essere più adatto ai cambiamenti imposti dalla società, ci si è dovuti aprire verso l’esterno fino ad arrivare alle strutture odierne, più riconducibili all’immagine di “strutture
a rete”. Possiamo dire che il processo
che ha interessato molte delle nostre
Opere, così come forse molte altre istituzioni all’interno della vita religiosa,
è stato un processo vero e proprio di
migrazione dal “castello” alla “rete”,
peraltro non ancora del tutto concluso.
Ogni nostra Opera è dunque una
organizzazione in sé e per sé articolata e complessa la cui finalità educativa e pastorale non la rende immune
o estranea ai cambiamenti imposti dalla società in cui si trova, semmai può
rappresentare una marcia in più per
superare le difficoltà.
Come dicevo, con il venire meno
delle nostre strutture storiche, riducendosi il numero stesso dei confratelli, non si è potuto fare a meno di ripensare e riprogettare il modo di combinare insieme secondo modalità nuove strutture, organizzazioni e persone
– mi riferisco a tutti i laici coinvolti
nel nostro lavoro a vario titolo – perché da questo “incrocio” fossero garantite le condizioni necessarie per
continuare la nostra missione, pur se
in modi nuovi.
E non è certo un problema che interessa solo un certo tipo di Opera salesiana. Se pensiamo infatti agli oratori,
Economia
è sotto gli occhi di tutti come in questi anni il numero di educatori professionali inseriti stabilmente
sia aumentato notevolmente, riproponendo, anche
se in modo più contenuto, quanto già avvenuto per
la scuola o la formazione professionale.
Si tratta dunque di un processo che non può certo ritenersi concluso, e che ci vede impegnati come Congregazione e come Ispettoria. In particolare, in questo momento di “ risorse scarse ”, ci obbliga a curare con molta attenzione la risorsa più
preziosa di cui disponiamo: i nostri collaboratori laici.
Il puntare sui nostri collaboratori o, come si dice in linguaggio aziendale, l’investire prima di tutto sulle risorse umane, è ormai una strada obbligata
perché alla base di ogni successo, anche a livello di
aziendale, ci sono anzitutto le persone.
Attrarre e trattenere i collaboratori migliori, soprattutto in un contesto post-industriale come quello che stiamo vivendo, è diventato per ogni organizzazione che intende perseguire stabilmente degli obiettivi, economici o meno, un imperativo categorico.
Forse per qualcuno che sta leggendo, questo discorso sa un po’ troppo di “terra” e poco di “cielo”
e potrebbe anche dire: ma come? Anziché parlare
di primato di Dio, di spiritualità o di interiorità apostolica, si parla di “risorse umane”, organizzazione,
post-industriale.
Ma che discorsi sono.
A quanti pensano questo, dico solo: permettete
che per questa volta tralasci – solo per un attimo –
tutto ciò che va “dai tetti in su”, che dia per scontato ciò che appartiene alle sfere più profonde di
noi e muove dallo Spirito per soffermarmi, invece,
su alcuni aspetti della nostra missione troppe volte
considerati, erroneamente, secondari o non inerenti
le nostre realtà.
Del resto, quante volte ognuno di noi dà per
scontato quanto è necessario al nostro vivere in comunità, dalle situazioni più elementari fino alle più
complesse, almeno fino a che tutto “gira” per il giusto. A mo’ di paragone direi che è un po’ come
quando manca la corrente elettrica: fino a quando
c’è, tutto funziona e nessuno ci pensa. Ma appena
manca, ce ne accorgiamo immediatamente, non solo perché restiamo al buio, e subito iniziamo a far
pressione con chi di dovere perché ci faccia tornare al più presto alla normalità.
Fuori metafora, sottolineare l’importanza di quanti – dipendenti e non – collaborano con noi per la
buona riuscita della missione delle nostre opere,
non significa disconoscere l’importanza di altri ele-
39
menti, sicuramente altrettanto importanti come il
credere e il condividere i medesimi valori o la stessa spiritualità salesiana. Significa, semplicemente,
fare nostra la convinzione che alla base di un buon
lavoro educativo e pastorale ci sono ormai anche loro, dipendenti e collaboratori, e che tra i vari obiettivi da perseguire, vi dovrebbe essere anche quello
di metterli sempre in grado di lavorare meglio, per
trarre costante soddisfazione dalla loro attività e garantire così un buon ambiente di lavoro.
Se le esigenze per una efficace e aggiornata azione educativo pastorale sono cambiate, portando in
primo piano la qualità delle persone e il loro impiego
su una pluralità di fronti, non è pensabile che a situazioni più complesse ed esigenti si faccia fronte con
una rigidità – o povertà – gestionale con cui si poteva, in un passato anche recente, gestire i propri
collaboratori.
Permettete dunque che a questo punto mi soffermi
un po’ di più sulla gestione di quanti collaborano con
noi in forza di un regolare contratto di lavoro subordinato, ossia i nostri dipendenti, perché, se da un
lato costituiscono sicuramente una risorsa preziosa,
dall’altro sono anche la risorsa più complessa da gestire.
Una prima attenzione, peraltro molto concreta,
che occorre avere quando si parla di personale dipendente, riguarda proprio il “clima” dell’ambiente di lavoro.
A questo riguardo i tre indicatori che, considerati congiuntamente, consentono di predire il grado di soddisfazione del personale sono: turnover
(per chi non ama l’inglese, rotazione o avvicendamento), assenteismo e conflittualità sindacale.
Quando le uscite dei dipendenti sono ridotte ai
minimi termini e sono, per la maggioranza dei casi, indotte dall’anzianità (pensionamento) o da motivazioni familiari, le assenze sono un fenomeno assente o di portata limitata e le relazioni sindacali sono poco critiche, significa che il “clima” nell’ambiente è già buono ed è adatto per affrontare discorsi più impegnativi e proporre la condivisione
della stessa missione educativo-pastorale e dei valori della nostra spiritualità.
Un secondo aspetto, che suggerisco di tenere in
considerazione, riguarda la flessibilità che deve (o dovrebbe) contraddistinguere il nostro personale.
È ormai necessario puntare su persone che sappiano interpretare correttamente la flessibilità generale, indotta proprio dalla rapidità e dalla variabilità delle trasformazioni tipiche del momento attuale.
È evidente, infatti, che il carattere tumultuoso
Economia
dei cambiamenti riduce di molto la portata delle
strutture eccessivamente rigide, chiamando in primo piano e valorizzando, viceversa, le caratteristiche di chi interpreta modi e funzioni, al di là degli assetti formali e delle mansioni previste.
In altre parole, considerare le persone come variabili dipendenti dall’organizzazione porta a scegliere soggetti ripetitivi e scarsamente flessibili,
che finiscono con l’essere controproducenti quanto i tempi accelerano la necessità di adeguarsi al
cambiamento, di saperlo interpretare, di accompagnarlo nelle sue fasi, a volte convulse e contraddittorie.
Tutto ciò porta dunque a ribaltare la situazione:
non sono più le persone che devono adattarsi ad
una organizzazione ma è questa, se non vuole perdere il “treno della storia”, che deve essere in grado di cambiare valorizzando le potenzialità delle
persone: d’altronde sono loro che leggono la realtà,
la interpretano e insieme a noi progettano le risposte organizzative e lavorative più adeguate ed efficaci. Tutto ciò vale anche per le nostre realtà
educative, ovviamente là dove il personale non risulti, prevalentemente, ripiegato sui propri interessi.
La sfida dunque per le nostre Opere, e in particolare per chi è chiamato a dirigerle, è di essere
capaci di trovare persone di tale levatura, di motivarle e valorizzarle, “governandole” anche intelligentemente, in modo che siano loro stesse a “tirare” di fronte ai cambiamenti, anziché farsi “trascinare”.
Eccoci dunque al terzo aspetto, a cui tra l’altro
ho appena fatto cenno: il modo di gestire e governare il nostro personale.
Come si potrà comprendere, non esiste un unico modello valido per tutte le organizzazioni, tipo
quello che vigeva una volta in campo industriale
riconducibile al sistema cosiddetto “fordista”... della serie “tutti allineati e coperti”. Esistono però estremizzazioni in cui è facile ricadere se non si presta particolare attenzione. Esse sono, anzitutto, l’“amministrativismo”, ossia l’impostare ogni relazione con
il personale in modo “fiscale”, quasi ragionieristico,
prendendo a riferimento solo ed esclusivamente il
dettato contrattuale e null’altro. A volte può anche essere una reazione alla “fiscalità” manifestata
da alcuni tra il personale stesso, soprattutto quando sono in ballo rivendicazioni di tipo salariale. Ma
a parte questi casi, occorre fare attenzione a non
“soffocare” la dimensione relazionale e la flessibilità di cui si diceva prima. Detto ciò, occorre però
anche riconoscere che non è assolutamente facile
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evitare che questa flessibilità si trasformi in “anarchia”, soprattutto quando mancano sia un clima sereno nell’ambiente di lavoro, sia la “passione” da
parte del personale per quanto è chiamato a svolgere. In questi casi occorre pazientemente ricominciare a tessere dei rapporti nuovi, impostati sulla fiducia e sulla giustizia, concedendo da un alto e, al
medesimo tempo, esigendo il rispetto di quanto
pattuito insieme.
Comunque, recuperare un ambiente di lavoro è
facile a dirsi, ma non altrettanto a farsi.
L’altro estremo da evitare è quello che possiamo
definire “paternalistico”, ossia di chi tratta il proprio
personale lasciandosi trasportare da un eccessivo
“buonismo” che non vede, o fa finta di non vedere, e soprattutto lascia passare ogni mancanza e limite. Andare avanti solo a “tarallucci e vino”, come suol dirsi, non è indice di una buona gestione
del personale. Quando è necessario riprendere o richiamare qualcuno, occorre farlo, ovviamente con
modi garbati e corretti. Bisogna far capire a chi sta
mancando al proprio dovere che così non può andare avanti, anche solo per una questione di giustizia
nei confronti dei colleghi.
Come si potrà facilmente comprendere, anche
in fatto di gestione del personale, la soluzione sta nel
mezzo e si basa, anzitutto, su un rapporto diretto
con i propri dipendenti improntato su motivazioni
profonde – che comprendano cioè le ragioni profonde del nostro e del loro lavoro – onestà reciproca e
chiarezza nei rapporti. Il resto lo lasciamo ad un
buon contratto nazionale.
A conclusione di queste brevi riflessioni sarebbe
interessante, per chi fosse arrivato fin qui nella lettura, domandarsi quale sia il clima che “sente” tra
i dipendenti della propria Opera, o a quale modello è possibile ricondurre la gestione del personale.
Non si tratta chiaramente di dare giudizi “a destra o a sinistra”, ma solo di verificare in prima persona se quanto fin qui evidenziato può avere un
qualche riscontro nella realtà o se invece, alla fine,
ci si deve accontentare del solito “facciamo quello che possiamo”... anche in fatto di gestione dei
nostri collaboratori.
E sforzarci per qualcosa in più?
Claudio Marangio
Economo Ispettoriale
Notizie e curiosità
NOTIZIE DI FAMIGLIA
Carissimi confratelli,
all’inizio di questo nuovo anno pastorale desidero
far conoscere a voi i miei sentimenti di gratitudine
per la dedizione con la quale vivete la vostra consacrazione; ma vorrei anche ringraziare alcuni confratelli in particolare per il ruolo svolto nella nostra
Ispettoria e dare il benvenuto ad altri.
Un primo grazie va al delegato della Pastorale Giovanile, Don Stefano Martoglio, che per 5 anni ha animato questo settore con competenza e generosità
attraverso difficoltà complesse e reali, anche se non
sempre visibili.
Un secondo grazie al delegato della Scuola, il Signor
Teresio Fraire, che ha saputo districarsi nell’animazione delle nostre scuole in un periodo che ha visto parecchi cambiamenti che accentuavano l’incertezza e rendevano difficile il lavoro educativo
con giovani e famiglie.
Un grazie particolare a Don Luigi Basset per gli undici anni di rettorato della Basilica di Maria Ausiliatrice contraddistinti per la presenza costante e
sacrificata, la dedizione e l’attenzione a tutti i particolari per rendere la Basilica sempre più accogliente
e attenta alle esigenze di fedeli e pellegrini.
Un grazie ancora al Signor Guido Bombarda, per il
suo prezioso servizio e la sua continua disponibi-
lità in questi nove anni in cui è stato delegato Regionale CNOS-FAP.
A sostituire Don Stefano come delegato della Pastorale Giovanile subentrerà Don Pier Majnetti, già
dell’équipe di coordinamento di P.G.: a lui diamo il
benvenuto insieme a Don Pietro Mellano che verrà
a dare manforte nel coordinare alcuni settori.
Diamo il bentornato a Don Stefano Colombo che
rientra in Ispettoria dopo il suo servizio nazionale
novennale e assumerà la responsabilità di delegato
CNOS-Scuola e CNOS-FAP.
A sostituire Don Basset nel ruolo di Rettore della Basilica è stato chiamato Don Sergio Pellini che ha
accettato questo gravoso compito che porterà avanti continuando ad essere Vicario; ma sarà sollevato dall’impegno dalle visite a nome dell’Ispettore.
Ringraziamento speciale e doveroso questo, per loro che hanno un compito tutto particolare nell’animazione dell’Ispettoria.
Un grazie sincero anche a tutti gli altri che hanno
reso meno gravose e meno sofferte le esigenze pastorali dell’Ispettoria. Buon lavoro a tutti da parte
mia e del Consiglio ispettoriale. La Congregazione
ha fiducia in voi e Don Bosco benedice la vostra disponibilità.
Con affetto e riconoscenza
Don Pietro Migliasso
Ispettore
NOVITÀ 2004 -2005
L
P
L
P
P
P
L
P
L
P
L
P
Cognome
Airoldi
Avallone
Bertocchi
Bianco
Bianco
Blanda
Bombarda
Bonalume
Bonato
Bonzi
Carboni
Cattane
Nome
Sig. Giuseppe
Don Gianfranco
Sig. Alessandro
Don Giovanni
Don Pietro
Don Salvatore
Sig. Guido
Don Pietro
Sig. Remigio
Don Marcello
Sig. Ilario
Don Gianni
Nuova Comunità
Torino - Agnelli
Torino - Monterosa
Colle Don Bosco
Frascati Villa Sora (IRO)
Borgomanero
Cumiana
Valdocco
Alessandria
Colle Don Bosco
Torino - Rebaudengo
San Benigno Canavese
Valdocco
41
Occupazione
Aiuto Economo
Parroco
Aiuto CNOS-FAP
Animatore e Insegnante
Cappellano FMA di Orta e Confessore
Catechista - Animatore e Insegnante Liceo Scientifico
Incaricato Accoglienza e Ospitalità
Cappellano FMA di San Salvatore Monferrato
Aiuto Accoglienza
Aiuto Economo
Insegnante - Animatore nella Formazione Professionale
Vicerettore della Basilica di Maria Ausiliatrice
Notizie e curiosità
Cognome
Nome
Nuova Comunità
Occupazione
P
Cattanea
Don Mario
Torino - Parrocchia Don Bosco
Confessore - Aiuto Parroco
P
Cavicchiolo
Don Gianfranco Torino - Leumann
Vicario - Aiuto Economo
P
Cerutti
Don Pierluigi
Torino - Crocetta
Incaricato dell’Oratorio - Centro Giovanile
P
Colombo
Don Stefano
Torino - Valdocco Maria Ausiliatrice
Delegato Ispettoriale CNOS-Scuola - CNOS-FAP
L
Drago
Sig. Giuseppe
Oulx
Aiuto Economo - Provveditore
P
Durando
Don Claudio
Venaria (San Francesco)
Viceparroco e Incaricato Dell’oratorio
P
Ercole
Don Mario
Novara
Economo
P
Faganello
Don Livio
Torino - San Domenico Savio
Insegnante
P
Formigoni
Don Edoardo
Chieri
Incaricato Oratorio e Animatore Scuola Media
L
Fraire
Sig. Teresio
Bra
Preside Scuola Media e Insegnante
S
Franzò
Alessandro
Novara
Tirocinante - Convitto
S
Frigerio
Riccardo
Pinerolo - Monte Oliveto
Incaricato Oratorio - Studente in Teologia Morale (Milano)
S
Garombo
Andrea
Chatillon
Tirocinante - Scuola Superiore
P
Gignone
Don Silvio
Muzzano
Animatore Esercizi Spirituali - Attività di Pastorale Giovanile
P
Gramaglia
Don Giorgio
Rivoli - Cascine Vica
Parroco
S
Grande
Andrea
Lombriasco
Tirocinante
P
Gribaudo
Don Franco
Lanzo Torinese
Parrocchia e Oratorio
P
Iuculano
Don Massimo
Borgomanero
Catechista - Animatore Scuola Media
P
Jankosz
Don Jacek
Asti
Viceparroco - Incaricato dell’Oratorio
P
Lonardi
Don Lino
Cumiana
Aiuto Liceo - Confessore
P
Maffei
Don Giuseppe
Caselette
Aiuto Accoglienza
P
Majnetti
Don Piermario
Valdocco
Delegato Ispettoriale Pastorale Giovanile
P
Mellano
Don Pietro
Torino - Valdocco Maria Ausiliatrice
Membro dell’equipe di Coordinamento Pastorale Giovanile
P
Mergola
Don Mauro
Torino - San Paolo
Responsabile Regionale PGS
P
Miconi
Don Pietro
Casale Monferrato
Vicario Parrocchiale
P
Molinar M. B. Don Michele
Alessandria
Viceparroco e Incaricato Oratorio
S
Monetti
Davis
Torino - Crocetta
Studente di Teologia
P
Odello
Don Augusto
Avigliana
Confessore
S
Palazzo
Maurizio
Borgomanero
Tirocinante
S
Panero
Marco
Chatillon
Tirocinante - Scuola Media
P
Papagni
Don Giuseppe
Ivrea
Insegnante - Animatore Scuola Media
P
Pasquero
Don Roberto
Oulx
Economo
P
Pelizza
Don Giuseppe
Torino - Leumann
Direttore di “Dimensioni Nuove”
P
Pellini
Don Sergio
Valdocco
Rettore della Basilica e Coordinatore Luoghi Storici Salesiani
P
Pierbattisti
Don Sergio
Roma - Gerini Studenti Ups
Economo
L
Piovesan
Sig. Tarcisio
Muzzano
Aiuto Economo - Accoglienza
L
Rovere
Sig. Alberto
Vercelli
Aiuto Economo
P
Sanmartino
Don Pier Michele Cuneo
Parroco
P
Scavarda
Don Augusto
Bra
Direttore CFP
P
Testa
Don Giovanni
Torino - San Paolo
Confessore
P
Tibaldi
Don Enrico
Muzzano
Economo
P
Tomˇsík
Don Jozef
Asti
Cappellano FMA di Nizza Monferrato
Tutti i Confratelli della Comunità dell’Ispettorato formeranno una sola Comunità con i Confratelli della Comunità Maria Ausiliatrice.
I Confratelli di Cuorgnè che rimangono nella Casa Salesiana, appartengono giuridicamente alla Comunità di San Benigno Canavese.
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Notizie e curiosità
GIUBILEI
Alcuni festeggiati
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Notizie e curiosità
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Notizie e curiosità
A BRA ABBIAMO OSPITATO UN SANTO
L’Istituto salesiano di Bra, intitolato a San Domenico Savio, capolavoro della grazia di Dio e del metodo educativo di Don Bosco, ha avuto la gioia e la grazia di avere, per tre giorni, le reliquie contenute dalla nuova urna.
I nostri allievi si sono preparati per tempo ad accoglierlo come un
amico.
I ragazzi/e della Scuola Media hanno studiato la vita di Domenico concludendo con una appassionata gara tra le classi e hanno partecipato alla giornata al Colle Don Bosco.
Anche i giovani del CFP hanno preso parte, a Cascine Vica, alla giornata organizzata per loro e sono rimasti entusiasti.
Non essendo stata programmata una giornata “ufficiale” per gli allievi delle nostre scuole superiori, abbiamo provato a chiedere di poter “ospitare” noi il giovane Santo a cui tutta la nostra Opera è intitolata (Casa, Oratorio, ITI, CFP, Media e Chiesa pubblica).
Il successo dell’iniziativa è stato di molto superiore ad ogni aspettativa. Al termine dei tre giorni, un attento osservatore, sempre presente
ad accogliere i devoti del Santo, ha calcolato un afflusso di circa tremila persone: è una stima concreta, basata sui quantitativi di materiale informativo distribuito, sulle immagini-ricordo ritirate dal fondo
della chiesa, sul numero di persone presenti alle varie celebrazioni,
sui momenti di incontro e di presentazione dell’urna… sul registro delle firme dove, però, mancavano quelle del numerosi bimbi delle Scuole Materne, dei ragazzi/e delle prime comunioni e cresime, del folto
gruppo di chierichetti delle parrocchie braidesi, degli animatori di
Estate Ragazzi e Campi estivi parrocchiali e degli oltre 50 giovanotti
e signorine del Gruppo Gam della diocesi di Alba che hanno pregato, cantato e riflettuto dalla ore 21 alle 23 di sabato 5 giugno, e inoltre c’è da dire che per i nuclei familiari generalmente firmava il papà
che aggiungeva... “e famiglia”.
Il flusso di persone che si sono recate a pregare davanti all’urna è stato continuo nei tre giorni, dal mattino presto a notte fonda: non abbiamo mai potuto chiudere la chiesa prima delle 23,30.
I visitatori, entrando nel cortile hanno visto, anzitutto, campeggiare,
sulla facciata della chiesa, una grande effigie di San Domenico Savio,
realizzata su un telone di tre metri per quattro.
Sulla sinistra, prima di salire i gradini che portano in chiesa, era al-
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Notizie e curiosità
lestito un stand dove, attraverso riproduzioni era illustrata la breve
vita del giovane Santo nei suoi momenti più significativi. Seguiva
una presentazione dell’ urna attraverso diapositive in Powerpoint.
Nello stesso stand si potevano acquistare anche libri, immagini, videocassette e vari oggetti devozionali riguardanti Domenico Savio e
Don Bosco, suo Santo educatore.
In chiesa, poi, il Direttore, sempre presente, accoglieva, spiegava, aiutava a pregare.
La realizzazione dell’insieme ha richiesto la collaborazione e il con-
tributo di molti: i Cooperatori e gli exallievi, gli amici dell’Opera, le
ditte “Neon Musso” e “Siecab”, il quartiere “oltreferrovia”, il Comune, i giovani della terza e della quarta ITI...
I giorni vissuti non con “un” Santo ma con “questo” Santo non ancora quindicenne ci ha fatto capire che egli ha ancora molte cose da
dire e da insegnare a noi del ventunesimo secolo. E, dato l’interesse
suscitato in tutti i visitatori, c’è da pensare che, se viene presentato
nel modo giusto, attira ancora folle: uomini, donne, giovani, ragazzi e bambini.
A tutti Domenico ha saputo offrire un modello di vita cristiana semplice ma efficace e profondo perché ancorato a Cristo, riconosciuto
come Signore e amico, e a Maria SS., considerata Madre amorosa.
Domenico ha dimostrato che la santità è alla portata di tutti: è un Santo per tutte le stagioni della vita e ha lasciato qualcosa di valido sia
agli educatori che agli educandi.
In particolare la sua presenza è stata una formidabile occasione di riflessione per i tanti ragazzi e giovani che lo hanno ammirato e pregato, affidandogli il loro avvenire per poter crescere anche loro come
“buoni cristiani e onesti cittadini”.
Ha ripetuto anche a noi quello che diceva ai suoi compagni all’Oratorio di Don Bosco: “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nel compiere esattamente i nostri doveri”.
Domenico, animatore e trascinatore dei compagni verso il bene, ha
trascinato anche noi verso ciò che conta veramente: la nostra santificazione.
La Comunità Salesiana di Bra
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Notizie e curiosità
FLASH DEI PRENOVIZI E DEI NOVIZI
IN MILLE
AL MARE, CON
TRENO SPECIALE,
DA VENARIA
Giovedì 1° luglio, mille ragazzi e giovani delle cinque parrocchie di Venaria Reale (Torino)
si recheranno ad Albisola (Savona) con un
treno speciale, tutto per loro.
L’iniziativa, organizzata nell’àmbito di “Estate Ragazzi”, prevede che alle ore 7 alcuni
pullman della Satti trasportino i partecipanti
alla stazione di Torino Lingotto. Di qui, con
un convoglio che le FS hanno loro riservato,
raggiungeranno la località marina. E dopo una
giornata in spiaggia, tra giochi e canti, il ritorno con lo stesso convoglio e i bus, verso
le ore 20.
Alla kermesse parteciperanno circa 850 ragazzi, oltre cento animatori e alcuni sacerdoti delle cinque parrocchie di Venaria. È dal
1922, infatti, che gli operatori della città svolgono insieme l’animazione pastorale coordinata, secondo un progetto comune, che per
quanto riguarda “Estate Ragazzi” ha ottenuto anche il sostegno del Comune. E quest’anno, tra le iniziative, c’è appunto la “kermesse” al mare con il treno speciale.
Per informazioni, rivolgersi a Don Guido Candela, parrocchia San Lorenzo, frazione Altessano di Venaria, tel. 011.4526026, oppure
a Don Jankosz Jacek, salesiano polacco, vice
parroco nella parrocchia San Francesco d’Assisi, Venaria, tel. 011.4520812.
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Notizie e curiosità
Il Rettor Maggiore ad Annecy.
Il Rettor Maggiore a Cogne per il 50° della presenza salesiana.
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Notizie e curiosità
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Notizie e curiosità
PELLEGRINAGGIO SALESIANO
ALLA MADONNA DEI GHIACCIAI
DEL MONTEROSA
Sabato 7 agosto
La Cappella è nata dal cuore di un gruppo di
giovani del liceo Valsalice di Torino che ha voluto creare un ricordo alla loro guida spirituale, Don Aristide Vesco, caduto al monte
Ciampono (Gressoney) il 9 luglio 1966.
L’iniziativa trovò molti amici, volontari e benefattori, è stata progettata dall’architetto
Don Franco Delpiano; fu inaugurata e benedetta il 5 agosto 1967 da S. E. Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo di Ivrea; il Maestro Don Domenico Machetta eseguì la “Messa per coro
di montagna a quattro voci pari”, composta
per quest’occasione: 40 giovani chierici Salesiani saliti da Gressoney, la eseguirono.
All’interno a destra c’è il Crocifisso di Luigi
Meynet di Valtournanche donato alla Regione Valle d'Aosta; a sinistra la Madonnina del
Duomo donata dal Cardinale di Milano G. B.
Montini (poi Papa Paolo VI) alla spedizione
“Cento donne sul Rosa” del 1960; ai piedi
della Madonnina il prezioso volume “Ai Caduti del Monte Rosa”.
Nel 1977 è stata dedicata ufficialmente a tutti i Caduti del Monte Rosa e ai Grandi Amici
di questa montagna. Il Vescovo Bettazzi, in
seguito, partecipò ancora nel 1987, nel 1990,
nel 1992 e nel 1997; il Vescovo di Aosta,
Mons. Giuseppe Anfossi nel 1998; il Vescovo di Chiavari, ora di Ventimiglia-San Remo,
Mons. Alberto Maria Careggio, Valdostano di
origine, nel 2000 e 2002. L’Ispettore Salesiano don Angelo Viganò presenziò la celebrazione nel 1989-91-93; don Luigi Testa nel
1988, centenario di Don Bosco, mentre quest’anno ha presenziato don Pietro Migliasso,
d’origine Astigiana, come il marchese Bonifacio Rotario che nel 1358 scalò per primo il
Rocciamelone; quando lo avevo invitato aveva fatto qualche difficoltà: “Ho gli scarponi da
qualche parte, ma sono vent’anni che non li
metto... bisognerà ingrassarli... sono senza
allenamento... chissà...”, ma poi è venuto il
Papa a fare le vacanze alpine nella colonia salesiana di Les Combes, ha dovuto fare gli onori di casa, sicuramente l’amore del Papa per la
montagna lo ha contagiato e non solo lui ma
anche altri Salesiani, tant’è che dei 7 concelebranti 5 erano Salesiani, ecco i loro nomi:
don Remo Baudrocco di Chiavazza (BI), don
P. Angelo Cerruti di Varallo Pomba, i Salesiani don Giovanni Moriondo, don Giuseppe Biancardi, don Franco Campello,
don Giuseppe Capra, la presenza Salesiana
è completata dai fratelli consacrati laici Mario Rosso, Claudio Marangio e Roberto Bava.
Dopo la proclamazione della Parola, don Pietro Migliasso dice:
“La prima lettura che abbiamo ascoltato ci ha
ricordato come la mano potente e sapiente di
Dio ha disegnato e realizzato la stupenda natura che ci circonda, di cui ci siamo inebriati durante le ore di faticosa, lenta e meditata
ascensione.
Affermerei che il primo atteggiamento augu-
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rabile è quello di rimanere, anche negli anni
che passano, come dei bambini, sempre stupiti di fronte alle cose che vedono: Dio si fa
ascoltare dai semplici, dagli umili.
Lo stupore più grande Dio lo suscita con il
capolavoro umano, tra cui primeggia Maria,
Madre di Gesù, che noi oggi festeggiamo come «Madonna dei Ghiacciai».
Maria, con il cantico che sprigiona dal suo
cuore riempiendo di gioia la casa di Elisabetta, c’insegna in primo luogo l’atteggiamento di Lode e di Ringraziamento al Signore per i suoi doni e ai fratelli: Dio ci ha creati per il dono reciproco e per il ringraziamento
reciproco; tutto questo può diventare fonte di
grande gioia.
Il secondo atteggiamento che c’insegna Ma-
Notizie e curiosità
ria è Ascoltare, percepire la voce di Dio; ce lo
ha augurato il Papa alla conclusione della
decima edizione delle sue vacanze nella casa alpina salesiana di Les Combes di Introd
dove ho avuto l’onore, come Superiore dei Salesiani, di accoglierlo, disse: «È importante
percepire nel silenzio la voce di Dio, o meglio,
è importante fare silenzio perché Dio parli al
nostro cuore».
Il terzo atteggiamento di lode al Signore è Fare la Sua Volontà, lodarlo con le opere della
nostra vita sempre più armonizzata alla vita di Gesù, di Maria, dei Santi.
Maria appena ricevuto il grande messaggio
dell’Angelo si è affrettata verso la montagna
per rendere partecipe Elisabetta del dono ricevuto, per moltiplicare la gioia, per fermarsi a servirla. Uno dei titoli che la storia cristiana ha riservato a Maria è «Madonna del
Soccorso», o del «Perpetuo Soccorso» (come
la invocano i Redentoristi), per noi salesiani
è «Maria Aiuto dei cristiani».
I Santuari mariani sono onusti di ex-voto per
ringraziare Maria del soccorso dato direttamente dal Cielo; o stimolato attraverso il cuore dei suoi figli. Sappiamo di San Bernardo
d’Aosta, protettore degli Alpinisti, che mille anni fa fondò una congregazione religiosa di canonici regolari per il soccorso a chi valicava
le Alpi, non per esercizio sportivo, ma per la
necessità di una vita povera e sacrificata.
Cinquant’anni fa, tra alpinisti molto idealizzati, nacque il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico e alcuni membri sono qui presenti; oggi, quassù tra queste ardue vette, vogliamo ringraziare quest’esercito
silenzioso che tanti prodigi di abnegazione e
solidarietà, anche estrema, ha compiuto su
questo Monte Rosa, sulle Alpi e su altre montagne del mondo.
Alcuni di loro sono morti durante operazioni
di soccorso, alcuni sono stati promossi all’onorificenza della medaglia al valor civile; per
tutti c’è la promozione di Gesù: «Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri
amici»; per tutti i defunti di questo nobile sodalizio, che tanto onora la nostra patria e le
nostre radici cristiane, sarà offerta una delle
fiaccole. La fiaccola esprime: col fuoco, il calore della solidarietà e con la luce, l’ideale
che illumina la vita e i passi da compiere.
Vogliamo ringraziare Maria, Madonna del
Soccorso e Ausiliatrice, per tutti i passi di solidarietà che sono avvenuti sulle montagne,
anche tra le lontane montagne del mondo dove alpinisti italiani hanno aperto scuole e centri di solidarietà e promozione per i bambini
e i giovani di popolazioni poverissime; in particolare, come salesiano, voglio ringraziare
per le guide alpine italiane che hanno collaborato con il missionario salesiano valtelli-
nese, don Ugo De Censi, nell’«Operazione Mato Grosso» all’erezione di tre altissimi rifugi Andini in Perù (uno intitolato a Don Bosco, a
4700 metri dell’Huascaran) e hanno aperto
la prima scuola di Andinismo in cui lo scorso anno sono stati diplomati «guide andine»
12 giovanissimi Peruviani (la rivista «Lo Scarpone» di giugno 2004 menziona appunto le
guide Fabrizio Manoni e Franco Bertoglio).
Maria Soccorritrice, Ausiliatrice benedica e
protegga tutte queste iniziative e ottenga a
noi questi «tre» doni:
1° - di avere occhi intelligenti per vedere e capire il bisogno degli altri;
2° - di metterci in cammino schiodandoci
dai nostri egoismi e slanciarci al soccorso;
3° - Portare un dono più grande di noi stessi: la certezza che Dio è Amore e Solidarietà
Estrema e Gioia di Comunione”.
Ed ecco il momento più toccante della nostra celebrazione: undici fiaccole vengono,
via via, sollevate verso il cielo dalla persona
più vicina al defunto di cui reca il nome, mentre viene scandito il profilo che è custodito
nel prezioso volume posto ai piedi della Madonna dei Ghiacciai.
Il Presidente del C.A.I. di Varallo, dr. Giorgio Salina, conclude la splendida celebrazione ringraziando i 300 partecipanti e i Salesiani che da 37 anni organizzano questa
celebrazione.
UN’ESTATE INDIMENTICABILE
DAI SALESIANI A BRA
Dite: “Amici!” ed entrate! È stato l’invito di
Estate Ragazzi 2004 presso i salesiani di Bra,
cui hanno risposto in oltre 400, più una cinquantina di animatori. Entusiasmo, frenesia e
freschezza giovanile hanno inondato i cortili e gli ambienti dell’Istituto di viale Rimembranza che, volentieri, ha messo a disposizione ogni suo spazio.
Dite: “Amici!”: è l’entusiasmo di tanti ragazzi ad aver proclamato la bellezza e la verità dell’invito che ha inebriato gli oltre 400
cuori di bambini i quali hanno ratificato l’importanza educativa della formazione, della
socializzazione e dell’organizzazione. Quando, poi, ci si addentra negli organigrammi di
attività, di laboratori, di gite, di giochi la penna non trova più né requiem né riposo, tante e tali sono state le manifestazioni e le
esperienze sperimentate! Eppure non si possono tralasciare. Almeno una breve panoramica è bene che la si esponga. Numerose ed
interessanti le gite: i tuffi e i giochi acquatici alle Cupole e alle Caravelle; la gioia e la distensione di Gardaland; la proposta formativa al Colle Don Bosco, il richiamo delle montagne con “Scopri la miniera di Praly”, il riferimento ecologico al “Salgari Campus” di
Torino, tutti nel mare di Alassio per le medie e la prima superiore.
Dite: “Amici!” ed entrate: e questi 400 ragazzi sono entrati a far parte della grande famiglia dell’amicizia, della solidarietà e dell’ambiente salesiano. Il tutto programmato
dagli animatori e guidato dalla solerte presenza di don Augusto (incaricato del Centro
giovanile salesiano) e da don Fabio, suo collaboratore. Ricordiamo tra le tante novità i
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giochi di massa, i laboratori di calcio, pallavolo, basket, danza, decoupage, twirling, artattack, teatro. Attività tutte che hanno avuto entusiastica conclusione nella serata di venerdì 23 luglio alla presenza di numerosissimo pubblico.
Osservando la fiumana di bambini, ragazzi
e ragazze così attivi, entusiasti, ricchi di freschezza vitale non si può che felicitarsi con
la stessa risposta di fiducia che con la loro
presenza hanno dato ai salesiani. Da amici
sono entrati e da amici entusiasti ne hanno
terminato l’esperienza, con molta nostalgia
nel cuore.
Ma... niente paura: c’è posto per il secondo
turno che dal 23 agosto si potrarrà fino al 3
settembre con l’innesto di favolose Olimpiadi! Nuova avventura di amicizia e di entusiasmo. Arrivederci, dunque!
Salesiani defunti ICP
(aprile-agosto 2004)
Don SANTO MOGNONI
16-10-1923 – 30-04-2004
Nato a Fenegrò (CO), venne a Bagnolo Piemonte per gli studi ginnasiali (35-39), terminati i quali entrò nel Noviziato di Villa Moglia. Emise la prima professione religiosa il 16 agosto 1940. A Foglizzo compì
due anni di Filosofia (40-42) e svolse il tirocinio per due anni (42-44)
a Novi Ligure, poi un anno a Torino-Rebaudengo (44-45) e infine ancora un anno (45-46) al Colle Don Bosco. Iniziati gli studi teologici
a Bagnolo Piemonte, li concluse con l’ordinazione sacerdotale sempre
a Bagnolo il 2 luglio 1950.
Conseguì vari titoli civili: la licenza ginnasiale a Torino-Valsalice (41),
la maturità classica ad Alessandria (44), il diploma di Educazione Fisica a Torino (49) e il diploma di Educazione artistica per la Scuola
media a Nizza Monferrato (66).
Iniziò il suo apostolato di educatore e sacerdote a Mirabello come Consigliere scolastico e insegnante (50-54). Poi come insegnante e assistente in varie case: Ivrea (54-57), Penango (57-58), Bagnolo (58-62) e infine a Roma-San Tarcisio
(62-65). Poi cambiò campo di apostolato: fu Cappellano delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Roccavione
(65-66); venne nominato Viceparroco nella parrocchia di Maria Ausiliatrice a Valdocco e appartenne prima alla comunità Don Lemoyne (66-69) e poi alla cosiddetta “Comunità Apostolica”, che svolgeva la funzione di Aspirantato (69-76). Dal ’76 al ’79 fu prefetto della comunità Maria Ausiliatrice a Valdocco, poi
fu trasferito al Colle Don Bosco come aiutante del Rettore del Santuario (79-80). Nel 1980 venne a Torino-Parrocchia San Giuseppe Lavoratore, dove fu Viceparroco (80-93), Vicario del Direttore (81-93), poi
dal ’93 al ’99 svolse l’incarico di confessore.
Passò gli ultimi anni della vita come infermo prima a Valdocco e nel 2003 a casa Andrea Beltrami, dove morì.
Don Mognoni da giovane lasciò la sua Lombardia e si portò in Piemonte per iniziare il suo cammino nella vita salesiana, che visse per più di 60 anni in vari ambienti dove lo chiamò l’obbedienza e in varie mansioni educative e pastorali: insegnamento ed assistenza, azione pastorale di predicazione, celebrazione dei
sacramenti in zone popolari.
Fu religioso convinto, fedele, testimone verace di Cristo, “che deve regnare sempre!”, salesiano entusiasta,
laborioso e versatile, sacerdote generoso, delicato, disponibile per il bene delle anime. Negli ultimi anni
la malattia purificò la sua vita, rendendolo un’ostia sacrificata e gradita a Dio. Maria Santissima, che
tanto amò, servì e fece amare, l’accompagnò nell’incontro con Dio nei primi giorni del mese di Maria Ausiliatrice.
Don EDOARDO REY
18-04-1916 – 30-04-2004
Nacque a Bardonecchia (TO), frequentò il ginnasio e le due classi
liceali al Seminario di Susa, poi venne a Cumiana come insegnante
(34-35). Di qui passò al Noviziato di Villa Moglia e divenne salesiano con la prima professione religiosa il 3 settembre 1936.
Frequentato un anno di Filosofia a Foglizzo (36-37), svolse il tirocinio
pratico a Ivrea (37-39), quindi per la Teologia andò a Torino-Crocetta (39-41) e a Bagnolo Piemonte (41-43). Fu ordinato sacerdote a
Bagnolo il 29 giugno 1943.
Il suo ministero sacerdotale e salesiano ebbe inizio a Mirabello (4349), per due anni (43-45) fu aiutante del Prefetto (Economo) e per quattro (45-49) fu Prefetto e Incaricato dell’Oratorio festivo. Dal ’49 al ’52
esercitò l’ufficio di Prefetto a Torino-Agnelli, dove fu anche insegnante.
Ammalatosi seriamente passò tre anni (49-52) nella casa di cura per
salesiani di Piossasco. Lo troviamo poi a Montalenghe, prima come
confessore (52-53) e poi come Prefetto e insegnante (53-54). Passato a Ulzio fu dapprima Incaricato della comunità non ancora regolare (54-58) e poi Direttore (58-64).
Trasferito all’Ispettoria Novarese nel settembre 1964, fu mandato a Casale Monferrato dove rimase per
un anno (64-65) come Direttore, poi tornò nella Centrale a Ulzio svolgendo l’incarico di Direttore
(65-66). Di qui passò a Cumiana come Prefetto (66-68), poi andò in Argentina (Ispettoria di Bahia Blan-
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Salesiani defunti
ca) nella casa di Villa Regina impegnato in opere parrocchiali e nell’insegnamento (68-73). Tornato in
Italia fu inviato ancora ad Ulzio come Vicario del Direttore (73-74), quindi approdò a Cumiana dove
rimase fino alla sua morte. Qui ebbe l’incarico di Economo (74-75) e di Insegnante fino a che le forze
glielo permisero. Passò gli ultimi anni della sua vita nella sofferenza fisica e interiore, fino a quando il
Signore lo chiamò a Sé.
Don Edoardo seguì il Signore nella Congregazione Salesiana dove la Provvidenza lo chiamò ad essere segno e portatore dell’amore di Dio ai giovani. Visse come religioso osservate e di buono spirito, salesiano
laborioso e disponibile, sacerdote zelante e apostolico. I confratelli, che vissero con lui, così presentano la
sua personalità: “Don Rey ha vissuto la sua vita salesiana e sacerdotale con grande dedizione e spirito apostolico, soprattutto nell’educazione dei giovani, per aiutarli ad essere e operare nella vita come onesti cittadini e buoni cristiani”. Offrì con generosità la sua disponibilità per un impegno di donazione missionaria in Argentina. Dio, che lo ha provato con la sofferenza, lo ricompensi e, con l’aiuto di Maria Santissima, lo accolga nella gioia della sua Casa.
Don DARIO SESTERO
14-01-1914 – 25-05-2004
Era nato a Chiusa di San Michele (TO). Venuto a Torino frequenta la
5ª elementare al Martinetto (25-26), continua gli studi con quattro anni di ginnasio a Valdocco (26-30) e il quinto a Cuorgnè (30-31), quindi passa a Torino-Valsalice per il Liceo classico conseguendo la maturità (31-34).
Entrato in Noviziato, lo conclude con la prima professione religiosa il
20 novembre 1935. Svolse il tirocinio pratico a Benevagienna (35-37)
e a Torino-Martinetto (37-38), qui inizia a frequentare la Facoltà di
Scienze Naturali all’Università di Torino. Per non interrompere gli studi universitari trascorre ancora tre anni come tirocinante a Valsalice
(38-41) e uno a Valdocco (41-42).
Compie gli studi di Teologia a Bollengo (42-43), a Torino-Oratorio Valdocco (43-45) e infine a Valsalice (45-46). È ordinato sacerdote nella Cattedrale di Torino il 30 maggio 1946.
La prima casa che beneficia del suo apostolato educativo e sacerdotale è Torino-San Giovanni Evangelista (46-52), qui insegna Matematica nella Scuola media ed è pure insegnante di Scienze nel Liceo di Valsalice. Viene poi trasferito a Foglizzo, dove c’erano i chierici, come insegnante di materie scientifiche
(52-70). Passato a Cuorgnè fu insegnante di Matematica (70-91) e anche Preside della scuola dal settembre ’80. Si prestava pure per le confessioni dei ragazzi e dei fedeli.
Dal ’91 fino alla morte svolse il suo apostolato ad Avigliana come confessore e come cappellano delle
FMA. Passò gli ultimi mesi della vita nella malattia, offrendo le sue sofferenze al Signore, finché Egli lo ha
chiamato per dargli il premio del servo buono e fedele.
Don Sestero ventenne seguì Don Bosco nella vocazione salesiana come sacerdote, accogliendo il dono che
il Signore gli affidò. Fu uomo buono, retto, delicato e cordiale, educato in famiglia nella fede cristiana
profonda. Visse come religioso salesiano convinto, fedele, segno concreto dell’amore di Dio verso i giovani
e le persone che incontrò nella vita, cui profuse generosamente le sue doti di mente e di cuore.
Era sacerdote zelante nel ministero della Parola, della Riconciliazione e nella direzione spirituale. Il movente di tutta la sua vita fu “La Volontà di Dio!”, come scrisse su un foglietto prima di morire, non potendo più usare la parola.
Maria Ausiliatrice, che egli tanto amò e fece conoscere, lo accolse con materno amore nella Casa del Padre, nei giorni della Sua festa.
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Salesiani defunti
Don SEVERINO VENZON
16-02-1917 – 27-06-2004
Nato a Fonzaso (BL), Severino frequenta il ginnasio a Benevagienna
(28-32), poi entra nel Noviziato di Pinerolo Monte Oliveto (32-33).
Diventa salesiano con la prima professione a Pinerolo il 17 settembre 1933.
Compie gli studi filosofici a Foglizzo Canavese (33-35) e svolge il tirocinio pratico a Lanzo Torinese (35-39). Iniziò gli studi teologici a
Chieri (39-42) e li completò a Bagnolo Piemonte (42-43) dove fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1943.
Il primo campo del suo apostolato fu Torino-Valdocco dove fu insegnante di Lettere nelle varie classi del Ginnasio (43-49). In questo periodo fu anche incaricato della Sezione Aspiranti dell’Oratorio (46-48)
e per un anno aiutante all’Oratorio (48-49). Trasferito a Benevagienna svolge il compito di Consigliere scolastico e insegnante (49-51), poi
torna a Valdocco addetto all’Oratorio (51-54). In seguito lo troviamo
a Chieri come Direttore dell’Oratorio (54-56); ad Avigliana come Rettore del Santuario e confessore (5657), a Torino-Richelmy è confessore e insegnante (57-58). Viene poi mandato a Cuneo-Convitto civico (5877) come catechista, ma nel ’59 lascia l’incarico e passa Rettore e confessore nella chiesa pubblica di Santa Chiara, nel contempo è Delegato dei Cooperatori.
Dal ’77 all’81 è a Saluzzo aiutante all’Oratorio e confessore. Da qui passa all’Istituto Salesiano di Bra
come Rettore della chiesa pubblica e confessore (81-98). Infine gli ultimi anni della sua vita fino alla
morte li trascorre infermo prima a Valdocco nell’infermeria della comunità Maria Ausiliatrice (98-2001)
e poi a Torino-Andrea Beltrami (2001-04), valorizzando la sua sofferenza e dedicandosi alla preghiera
fervente.
La vita di don Severino fu messa per 70 anni a servizio del Signore nella Congregazione Salesiana, come assistente ed insegnante di giovani; incaricato di Oratorio in ambienti di frontiera; rettore di Chiese
pubbliche in zone periferiche e popolari, con l’impegno di offrire ai suoi destinatari quegli elementi di
formazione umana e spirituale necessari per essere e vivere nella società come autentici cittadini e buoni cristiani.
Fu religioso osservante, convinto, fedele, di “pietà” buona e sentita; salesiano sereno, buono, donato ai giovani, come Don Bosco, per “renderli allegri e contenti”; sacerdote dal cuore pastorale “desideroso di essere
un buon salesiano”, dedito alla salvezza delle anime, con la parola, i sacramenti e la direzione spirituale.
Negli ultimi anni la sofferenza lo rese ostia sempre più gradita a Dio. Maria Santissima, da lui amata, lo
accompagnò alla felicità eterna nella Casa del Padre.
Don EMILIO BRUNO CALLEGARI
14-11-1911 – 13-07-2004
Nacque a Vigonza (PD). Venuto a Casale Monferrato per gli studi vi
rimase un anno (27-28) poi passò al Noviziato di Borgomanero, che
concluse con la prima professione religiosa l’11 settembre 1929. Frequentò
la Filosofia a Foglizzo (29-31) e svolse il tirocinio a Borgomanero
(31-34). Compiuti gli studi teologici a Torino-Crocetta (34-38), fu ordinato sacerdote a Torino il 3 luglio 1938.
Nello stesso anno ottenne a Novara l’Autorizzazione all’insegnamento delle Lettere e iniziò il suo curricolo di educatore e sacerdote a Borgomanero come insegnante (38-40). Fu Cappellano militare durante
la seconda guerra mondiale (40-45) presso il 152° Reggimento Fanteria. Lo troviamo in seguito a Borgo San Martino in qualità di Consigliere scolastico e insegnante (45-49).
Svolse per vari anni l’incarico di Catechista e insegnante: a Borgomanero
(49-51), a Casale Monferrato (51-53), a Borgo San Martino (53-56),
a Novara (56-62). Mandato a Intra vi rimase due anni (62-64) come Prefetto (Economo) e insegnante, infine approdò a Novara dove insegnò dal ’64 all’88. Per motivi di salute si ritirò dall’insegnamento e si prestò come confessore fino a che le forze glielo permisero. Passò vari anni ammalato nella clinica San Eusebio di Vercelli e ultimamente (2004) nella casa di Torino-Andrea Beltrami fino alla sua morte.
Don Emilio Bruno Callegari ha vissuto 75 anni di vita salesiana nella Congregazione di Don Bosco. La sua
54
Salesiani defunti
lunga vita si può suddividere: in una fase preparatoria nelle case di formazione; in un periodo di attività
salesiana come insegnante e con altre mansioni e nell’esperienza difficile del servizio militare negli anni
1940-45; e negli ultimi anni di sofferenza.
Così è ricordato dai confratelli ed exallievi nella sua missione di educatore salesiano per una formazione
totale in campo umano e spirituale: “Uomo schietto e di fede sincera, insegnante capace ed esigente, religiosamente fedele ed obbediente”. Il Signore gli doni il premio promesso ai servi buoni e fedeli.
Sig. PIER OTTAVIO FASANI
18-04-1925 – 06-08-2004
Il signor Pier Ottavio era nato a Bourg Saint Maurice (Francia). Venuto a Torino, seguì un corso per artigiani all’Istituto Rebaudengo. Trascorse l’anno di Noviziato a Chieri-Villa Moglia (41-42) ed emise la
prima professione religiosa come coadiutore il 16 agosto 1942.
Nella casa salesiana di Torino-Rebaudengo frequenta il Magistero
per coadiutori (42-46) e qui scopre la sua vocazione artistica.
Inizia il suo lavoro educativo e salesiano a San Benigno Canavese (47),
dove rimane fino al termine della sua vita. Consegue il Diploma di
Maturità Artistica (56) e compie un periodo di perfezionamento nel
Disegno e nell’Intaglio a San Benigno alla scuola del Prof. Concas. In
seguito ottiene il Diploma del Corso Superiore dell’Istituto Statale d’Arte “Bernardino di Betto” a Perugia (58) e successivamente l’Abilitazione
all’insegnamento del Disegno.
Ricopre il ruolo di Vice Capo degli intagliatori e poi quello del Capo
degli scultori. È professore di storia dell’Arte, di disegno e di scultura nella scuola professionale dell’Istituto salesiano. Nel contempo svolge la sua attività di pittore, in particolare ha realizzato, in anni di costante
impegno, cicli pittorici legati a grandi temi: il Cristo delle genti (62), la Via Crucis (76-78) e l’Apocalisse
(79-90). Il suo laboratorio artistico è nella Torre comunale di San Benigno in Piazza Guglielmo da Volpiano.
Lasciato l’insegnamento diretto, continuò a dedicarsi alla sua arte, formando uno stuolo di giovani riconoscenti e ammirati dell’attività del maestro.
Negli ultimi anni della vita la sofferenza bussò alla sua porta, finché il Signore lo ha chiamato a Sé per
ammirare la bellezza infinita del Paradiso, quella bellezza che aveva immaginato ed espresso nella sua
arte pittorica.
Il prof. Pier Ottavio Fasani fu dotato di spiccate doti artistiche, che condivise con gli allievi nel suo più che
trentennale insegnamento presso le Scuole Professionali salesiane di San Benigno e che perfezionò personalmente con la frequenza a vari corsi superiori d’Arte e con l’invenzione della tecnica del “Bois brûlé”, fino a raggiungere notevoli traguardi e riconoscimenti in varie esposizioni personali e collettive.
Religioso salesiano, nelle sue opere rappresenta, in modo particolare, i valori della fede e della religiosità
cristiana, come nella Via Crucis e nelle tavole dell’Apocalisse.
Dio lo chiamò nella sua Casa nei giorni precedenti l’Assunta, la Vergine Maria, che i confratello tanto amava e faceva conoscere nei suoi dipinti.
Don GIOVANNI MANO
16-12-1923 – 27-08-2004
Era nato a Sommariva Perno (CN), frazione San Giuseppe, da una famiglia ricca della saggezza contadina, di fede e di figli, 10 di cui 4
donati al Signore nella Congregazione di Don Bosco. Giovanni compie il Noviziato a Pinerolo (39-40) e lo conclude con la prima professione religiosa il 16 agosto 1940.
A Foglizzo completa gli studi superiori e la filosofia (40-43). Il tirocinio lo svolge a Cuorgnè (43-46). Frequenta la teologia a Bagnolo Piemonte (46-50), dove viene ordinato sacerdote il 2 luglio 1950.
In tutti gli anni di formazione gli sono riconosciute dai superiori attitudini e doti intellettuali assai buone, pietà, e qualità morali ottime, carattere serio, sereno, attivo e aperto. Lodevole l’impegno. Era
un uomo intelligente ma che sapeva farsi evangelicamente piccolo
con i piccoli.
55
Salesiani defunti
Dal 1950 al 1953 l’obbedienza lo chiama a Torino-Valdocco come assistente generale della sezione artigiani, assistente del 5° corso e insegnante, frequentando con impegno, dedizione e sacrificio, l’università
dove poi (57) si laureò in Lettere.
Ritorna a Cuorgnè come insegnante e consigliere (53-56) e con lo stesso incarico lo troviamo a San Mauro (56-58).
Mandato a Torino-San Giovanni Evangelista, svolge la mansione di segretario della scuola e insegnante (5864); poi continuerà con gli stessi incarichi al Martinetto, dal ’64 fino a quando la malattia lo costringerà
a fermarsi nel ’99. Trasferito a Casa Andrea Beltrami (2000) ha percorso la via del Calvario soffrendo con
grande dignità immobilizzato a letto, accettando la volontà di Dio ed offrendo le sue sofferenze per i suoi
familiari, la Congregazione e soprattutto per le vocazioni.
Si spegne rapidamente e quasi silenziosamente invocando sovente la sua cara mamma, confortato dai
suoi confratelli e dalle Figlie dei Sacri Cuori, ricevendo l’unzione degli infermi e affidandosi a Maria Ausiliatrice.
Don Giovanni Mano, ricco di una formazione spirituale profonda ricevuta in famiglia; giovanissimo si mise totalmente al servizio del Signore nella Famiglia di Don Bosco. Fu salesiano sereno, convinto, generoso,
fedele, formativo con la parola e l’esempio; religioso testimone dell’amore di Dio fra i giovani, collaborando con gli altri confratelli salesiani; sacerdote gioioso, dispensatore della parola di Dio, dei Sacramenti e
nella direzione spirituale. Negli ultimi anni la sofferenza lo avvolse e maturò la sua vita spirituale, rendendola ostia pura e sacrificale al Dio vivente per i giovani e le vocazioni. Molti lo ricordano, con amore
e riconoscenza, presso il Signore e la Vergine Maria.
PARENTI DEFUNTI DEI SALESIANI
Sorella di
Don Egidio Carniel
(Comunità di Fossano)
Don Luigi Testa
(Comunità del Colle Don Bosco)
Don Mario Delpiano
(già della ICP, Direttore a Corigliano Calabro)
Sig. Franco Ceppa
(Comunità di San Benigno Canavese)
Mamma di
Don Mario Cattanea
(Comunità Cuneo)
Fratello del
Sig. Giovanni Oreglia
(Comunità di Muzzano)
Don Giovanni Zappino
(Comunità di Valdocco - Maria Ausiliatrice)
Don Domenico Gasparini
(Comunità dell’Ispettorato)
Sig. Renzo Tomasello
(Comunità di Vercelli)
Don Adriano Manente
(Comunità di Torino - San Giuseppe Lavoratore)
Don Matteo Zindo
(Comunità di Torino - Valsalice)
Fratello del
Sig. Giuseppe Mazzocchin
(Comunità di Torino - Rebaudengo)
Fratello del
Sig. Antonio Pizziola
(Comunità di Torino - Agnelli)
Don Roberto Gorgerino
(Comunità di Trino Vercellese)
Fratello di
Papà di
Mamma del
Sorella di
Fratello di
Mamma del
Papà di
Fratello di
Papà di
56
LA GIOIA GIOVANILE
DEI VARI GRUPPI
DI ESTATE RAGAZZI
Agenda Ispettoriale 2004/2005
Gra ndi Con voca zion i
Incon tro al Colle don Bosco
o
Giornata formativa CNOS-FAP a Torin
Prime professioni al Colle don Bosco
Bosco
Professioni perpetue al Colle don
Ritrovo Campisti
fissi
Harambée e Consegna Croci
Convegno sulla scuola CISI/CII
Roma Pisana
CS
Seminario sull’Immigrazione, CISI-S
27-30 dicembre
Roma Frascati
nza
Giornata del coadiutore con la prese
19 marzo
del Rettor Maggiore
Festa Comunità Ispettoriale
25 aprile
primavera Festa MGS
Ordinazioni diaconali in Basilica
11 giugno
Festa Compleanno
15-16 agosto
di don Bosco al Colle
1-3
7
8
12
11-12
25-26
8-10
sette mbre
settembre
settembre
settembre
settembre
settembre
ottobre
Formazione SdB
27 settembre Consulta formazione a Valdocco (ore 17.00)
2 ottobre
Incontro tirocinanti
16 ottobre
Incontro Cism al Colle (preti, coadiutori del
quinquennio, studenti di teologia,
tirocinanti, formatori)
6 novembre Incontro tirocinanti
27 novembre Incontro quinquennio
11 dicembre Incontro tirocinanti
27 dicembre Incontro di tutti i confratelli in formazione
12 febbraio
Incontro tirocinanti
5 marzo
Incontro quinquennio
19 marzo
Incontro preti e coadiutori del quinquennio
2 aprile
Incontro tirocinanti alla Crocetta
16 aprile
Incontro quinquennio
21 maggio
Incontro preti e coadiutori del quinquennio
11 giugno
Incontro tirocinanti
25-26 luglio
Incontro di tutti i confratelli
in formazione
Consig li Ispetto riali
20
4
18
15
19-20
settembre
ottobre
ottobre
novembre
dicembre Consiglio
Ispettoriale congiunto
alle FMA
24 gennaio
7 febbraio
28 febbraio
21 marzo
4 aprile
2 maggio insieme ai direttori
16 maggio
30 maggio
13 giugno
20 giugno
3-6 luglio
Incontri dei Direttori delle Opere
1-3
11
22
13
10
26
19
settembre
ottobre
novembre
dicembre
gennaio
febbraio
marzo
2 maggio
27-28 luglio
Colle don Bosco (ore 9-14)
Valdocco (ore 9.30-17.00)
Valdocco (ore 9.30-17.00)
Valdocco (ore 9.30-17.00)
Valdocco (ore 9.30-17.00)
Valdocco (ore 9.00-12.30) SDB ed FMA
S.Benigno - Giornata del Coadiutore
con la presenza del Rettor Maggiore
Valdocco (ore 9.00-12.30)
con il Consiglio Ispettoriale
Campo 5 ad Ivrea
Incontr i Diretto ri CFP e Consig li Diretti vi
7 settembre
10 settembre
14 settembre
28 settembre
12 ottobre
27 ottobre
9 novembre
23 novembre
7 dicembre
18 dicembre
11 gennaio
14 gennaio
25 gennaio
15 febbraio
1 marzo
22 marzo
12 aprile
10 maggio
27 maggio
14 giugno
2 luglio
Giornata formativa Cnos-Fap a Torino
CDR
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
CDR
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
Assemblea Regionale
Incontro direttori
CDR
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
Incontro direttori
CDR
Incontro direttori
Assemblea Regionale
Incaric ati di Oratori o
27 settembre
25-26-27 ottobre
Gruppi Univer sitari
17 gennaio
14 marzo
9 maggio
Famigl ia Salesia na
settembre Cooperatori al Colle
settembre Consulta Famiglia Salesiana
Giornata Mariana ADMA
ottobre
Consiglio Ispettoriale Exallievi
ottobre
Convegno nazionale
ottobre
“Laboratori di mamma Margherita”
6-7 novembre Incontro VDB
8 novembre Formazione Delegati/e Cooperatori
14 novembre Consigli riuniti Cooperatori ed Exallievi
6 dicembre Veglia Famiglia Salesiana
8 dicembre Celebrazione a San Francesco d’Assisi
19 dicembre Ritiro ADMA
S.Messa per la Famiglia Salesiana - ore 21
31 gennaio
Donboscoinsieme,
5-6 febbraio
presentazione strenna e incontro VDB
Consigli riuniti Famiglia Salesiana
12 febbraio
Delegati/e Cooperatori a Valdocco
28 febbraio
Ritiro ADMA
20 marzo
Festa Famiglia Salesiana
10 aprile
Incontro VDB
30 aprile
Assemblea ADMA
22 maggio
Consulta della Famiglia Salesiana
4 giugno
12
18
3
17
22
Programmazione
Serata d’apertura
A
1° anno Univ. con 5 sup.
Ritiro di Avvento
Gita di capodanno
Ritiro di Quaresima
A
1° anno Univ. con 5 sup.
Ritiro di Quaresima
Ritiro di Quaresima
Festa conclusiva
Collegi Universitari
13 novembre 2004
28 maggio 2005
Incontro nazionale CUS
Incontro nazionale CUS
INFO >
don Gianni Ghiglione, tel. 011 5224405
[email protected] www.unigio.org
Formaz ione SdB, FMA e Laici
EUROPA, IMMIGRA ZIONE E...
Incontro di introduzione
Plenaria
18 ottobre
La nuova Europa e i fenomeni migratori
6 dicembre Zone
8 novembre Plenaria
Immigrazione e Famiglia
7 febbraio Plenaria
7 marzo
Zone
Immigrazione e Religione
Plenaria
11 aprile
Catech isti
vacanze di natale
18-19-20 luglio
incontro da programm are
Prima e seconda superiore
26-27 febbraio
13-14 novembre
Triennio Terza e quarta superiore
19-20 febbraio
20-21 novembre
Quinta superiore e primo anno di Università
19-20 febbraio
20-21 novembre
Biennio
INFO > PG SdB, tel. 011 5224238 PG FMA, tel. 011 4604655
[email protected]
1A e 2A media
3A media
Campo invernale
1A e 2A media
3A media
Festa
27
8
17
14
9
3
settembre
novembre
gennaio
marzo
maggio
luglio
con Consiglio Ispettoriale
Ani maz ione Mis sion aria
incontro iniziale
incontro finale
INFO > tel. 011 5224506
animazionemissionariaicp@valdo
cco.it
Eserciz i spiritu ali
Ani maz ione Voc azio nale
Per un Giorno Salesiano
11 gennaio
18 gennaio
25 gennaio
10 maggio
17 maggio
Èquipe di PG
Corso partenti
16 ottobre
20-21 novembre
5-6 marzo
16 maggio
INFO > don Livio Sola, tel. 335 6307565
PG SdB, tel. 011 5224238
[email protected]
Grup pi Ricerca
(dalla 4A superiore in su)
Laboratorio della fede
13-14 novembre
11-12 dicembre
26-27 febbraio
9-10 aprile
14-15 maggio
Convegno conclusivo
27 maggio
INFO > PG SdB, tel. 011 5224231/238
[email protected]
Week-e nd di Formaz ione
SavioClub
6-7 novembre
27-28 novembre
27-30 dicembre
5-6 marzo
12-13 marzo
7-8 maggio
26 settembre 2004
7 ottobre 2004
20-21 novembre 2004
27-28 novembre 2004
31 dicembre / 2 gennaio
12-13 febbraio 2005
19-20 febbraio 2005
26-27 febbraio 2005
5-6 marzo 2005
8 giugno 2005
Giovani per i Giovani
30-31 ottobre
20-21 novembre
18-19 dicembre
12-13 febbraio
5-6 marzo
16-17 aprile
Esercizi Spirituali Quaresimali
3-5 marzo biennio e CFP
3-5 marzo triennio
10-12 marzo 2A e 3A media
Settimana di Comunità a Valdocco
24-30 gennaio
INFO > Animazione Vocazionale,
tel. 011 5224406
animazionevocazionaleicp@valdo
cco.it
[email protected]
studiolucaguerriero
7-13 novembre
14-20 novembre
31 gen. / 6 feb.
13-19 febbraio
1-7 maggio
12-18 giugno
19-25 giugno
26 giu. / 2 luglio
10-16 luglio
10-16 luglio
17-23 luglio
21-27 agosto
21-27 agosto
28 ago. / 3 sett.
Caselette
Avigliana
Muzzano (Crocetta)
Avigliana (Parroci e vice)
Avigliana
(Esercizi itineranti a livello nazionale)
Caselette
Avigliana
S.Ignazio (Lanzo) corso interreligioso CISM
Caselette
Muzzano (Famiglia Salesiana)
Avigliana
Muzzano (novizi)
Avigliana
Caselette
Incontri Economi ICP
15 dicembre 2004
16 marzo 2005
25 maggio
2005
studiolucaguerriero