Siena Istituita dal Conte Guido Chigi Saracini nel 1932 Eretta in Fondazione con Decreto Presidenziale del 17 ottobre 1961 17 luglio 71a Settimana Musicale Senese 10-17 luglio 2014 SPECCHI Siena Presidente Antonella Mansi Vicepresidente Vittorio Carnesecchi Direttore artistico Aldo Bennici Direttore amministrativo Angelo Armiento Consiglio di Amministrazione Donatella Capresi Fondazione Monte dei Paschi di Siena Vittorio Carnesecchi Rettore Società Esecutori Pie Disposizioni Maria Elisabetta Cuccia Provincia di Siena Stefano Fabbri Fondazione Monte dei Paschi di Siena Enrico Granata Fondazione Monte dei Paschi di Siena Stefano Jacoviello Comune di Siena Danilo Lombardi Comune di Siena Michele Napolitano Ministero Beni e Attività Culturali Alessio Rosati Fondazione Monte dei Paschi di Siena Da nominare Regione Toscana Collegio dei revisori dei conti Effettivi Marco Baglioni Fondazione Monte dei Paschi di Siena Fabio Coviello Ministero Beni e Attività Culturali Pompilio Romano Comune di Siena Supplenti Donatella Gavioli Ministero Beni e Attività Culturali Lucia Mangani Fondazione Monte dei Paschi di Siena Assistente del Direttore artistico e Responsabile della Biblioteca Cesare Mancini Capo servizio attività didattiche e artistiche Carla Bellini Capo servizio segreteria amministrativa Maria Rosaria Coppola LA 71a SETTIMANA MUSICALE SENESE: QUANDO LA TRADIZIONE POPOLARE E LA MUSICA COLTA S’INCONTRANO Aldo Bennici Direttore artistico dell’Accademia Musicale Chigiana Da tempo accarezzavo l’idea di poter organizzare proposte musicali che stabilissero confronti e dialoghi fra la musica etnica e quella colta, solleticato in ciò dalla mia personale esperienza di musicista vissuta accanto a Luciano Berio. L’occasione è arrivata, del tutto inaspettata, quando, dopo aver deciso di concludere la mia carriera pluriennale di Direttore artistico dell’Accademia Chigiana, mi è stato chiesto di mettere a frutto ancora una volta la mia lunga esperienza di organizzatore musicale per fronteggiare un momento particolarmente difficile nella vita stessa della Chigiana, e disegnare (in poco tempo e con risorse economiche assai contenute rispetto ad una volta) la programmazione della Settimana Musicale Senese e dell’Estate Musicale Chigiana. L’intenzione di avvicinare quei due ambiti musicali, abbattendo così ogni sorta di confine, è diventata predominante, e poteva essere estesa, come un filo rosso, all’intero calendario degli appuntamenti della Settimana Musicale. Nasce così Specchi, il titolo che raccoglie le manifestazioni della Settimana Senese 2014: occasioni dove la tradizione musicale tramandata per via orale e di ogni provenienza geografica si confronta con i grandi classici, dando vita a un gioco continuo di corrispondenze e di cambi di prospettiva, proprio come i continui riflessi che movimentano la superficie di uno specchio. In questo trova anche nuova affermazione il mio personale amore per l’etnomusicologia, disciplina che, del resto, proprio all’Accademia Chigiana ebbe, anni fa, una sua particolare autorevolezza didattica grazie alle cattedre tenute da due illustri studiosi come Diego Carpitella e Roberto Leydi. Il gioco dei raffronti e delle differenti angolazioni è affermato fin dalla serata inaugurale, che avvicina le musiche di scena per l’Arlésienne di Bizet a quelle (appositamente commissionate dalla Chigiana, e in prima esecuzione assoluta) per Blanquette di Azio Corghi: queste ultime basate su un racconto di Alphonse Daudet presente in quelle stesse Lettres de mon moulin seguite da Bizet nel suo capolavoro. Uno stesso testo visto nello specchio musicale della contemporaneità, secondo un’operazione che conferma, ancora una volta, l’attenzione delle programmazioni chigiane alla musica del nostro tempo. Il concerto intitolato Santi e santini vuol far riflettere su come l’esigenza di spiritualità, da sempre insita nell’uomo, possa esprimersi con pari intensità sia nella quotidianità semplice del canto popolare sia nell’universalità ‘alta’ del capolavoro conclamato. Ascolteremo così le espressioni di fede intonate nei canti sacri della tradizione sarda, accanto a quelle, raccolte e non di rado imbevute di gusto operistico, dello Stabat Mater di Boccherini. È ancora la tradizione popolare, stavolta quella di alcune canzoni sefardite, ad essere vista con gli occhi della contemporaneità in Juego de Siempre di Betty Olivero, compositrice israeliana fortemente legata all’Italia, avendo vissuto a Firenze ai tempi dei suoi studi con Berio. Questa pagina è messa a fianco di un’antologia di antiche canzoni spagnole raccolte e armonizzate da Federico García Lorca: omaggio, questo, alla figura del conte Guido Chigi Saracini, che acquistò una delle prime edizioni della raccolta. Il volume è oggi conservato nella Biblioteca dell’Accademia. Visioni andaluse: ecco dunque il titolo del concerto. Ravvicinamenti testimonianza di innovazioni sono poi quelli che caratterizzano l’appuntamento con i Solisti di Pavia ed Enrico Dindo, protagonisti di un viaggio fra Weimar e Mar del Plata: da una parte Carl Philipp Emanuel Bach, secondogenito di Johann Sebastian, nella cui musica avanza un’espressività moderna e che punta al pieno coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. Dall’altra, Astor Piazzolla, che riesce sempre a dare il colore del tango anche nelle ‘altre’ musiche, e che alla tradizione del tango dà una nuova dignità artistica, fatta di significati malinconici e sensuali. La proposta di Naturale di Berio assieme ad alcuni canti della tradizione siciliana è la testimonianza, affettuosa e sentita, dei miei legami personali con la terra che mi ha visto nascere e con la figura di un grande amico musicista. Quei canti di mare, quelle abbagnate (le prolungate esclamazioni dei venditori ambulanti), furono da me personalmente raccolti. Berio ne rimase letteralmente affascinato. Nacquero Voci, e poi Naturale, dove la viola commenta quel tessuto di canti popolari registrati, da me tenuto a battesimo ed eseguito infinite volte. Un tocco di autenticità, nella seconda parte della serata, sarà assicurato dalla presenza dell’attore-cantante Maurizio Sazio, che ci offrirà le atmosfere di quei canti con la schiettezza e l’intensità di un antico cantastorie. I ritmi sfrenati della tarantella, filtrati dalle riappropriazioni colte di Stravinskij, Beethoven, Szymanowski e Sarasate, si sposano infine alla gestualità altrettanto scatenata della pizzica (che ne è la variante più tipicamene salentina), per scandire l’appuntamento conclusivo della Settimana Musicale Senese. Edoardo Zosi, violinista già allievo dell’Accademia Chigiana, e l’Orchestra Popolare Italiana con Ambrogio Sparagna si avvicenderanno per una conclusione dalle atmosfere trascinanti e festose, dove la tradizione popolare non s’intimidisce accanto alle note della musica colta. Linguaggi diversi che trovano così una loro dimensione comune. Anche perché ho sempre amato la musica. Tutta. Giovedì 17 luglio Piazza Duomo ore 21.15 TARANTA D’AMORE. LA NOTTE DEL GRAN BALLO Giovedì 17 luglio Piazza Duomo ore 21.15 TARANTA D’AMORE. LA NOTTE DEL GRAN BALLO Gira la canzone | Stornelli Ruccano | Piovere non piovere Bella che al braccio mi legasti | Come te posso amà Tammurriata | Vorrei ballare Libera nos a malo | Dormi piccola carina L’asino che balla | Settepalmi Suspiri de core | Diamante Giro misero | Pomodori Strambotti | Taranta d’amore Ambrogio Sparagna voce e organetti Orchestra Popolare Italiana Clara Graziano voce, organetto, danza Valentina Ferraiuolo voce, tamburello Erasmo Treglia violino, ghironda, ciaramella Cristiano Califano chitarre Raffaello Simeoni voce, fiati popolari Diego Micheli contrabbasso Ottavio Saviano percussioni In collaborazione con IKO nell’ambito della rassegna “Siena and Stars” Taranta d’Amore è una grande festa spettacolo dedicata al ricco repertorio di serenate e balli della tradizione popolare italiana: gighe, saltarelli, ballarelle, pizziche, tammurriate e soprattutto tarantelle, la danza matrice di tante tradizioni musicali delle nostre regioni. Al centro della scena Sparagna, sostenuto dalla straordinaria energia e bravura dei musicisti dell’Orchestra, dà vita ad una grande festa spettacolo che riesce ad animare la piazza, la fa saltare al ritmo vorticoso dei nostri balli popolari, tra organetti, chitarre, mandolini e tamburelli. Nel corso dello spettacolo, il pubblico divenuto ‘protagonista della festa’ si lascia piano piano travolgere dalla forza della musica abbandonandosi agli inviti del Maestro a ballare, battere le mani, sorridere e fischiare una melodia, cantare un ritornello e sorridere per un numero ad effetto. Così stregato dall’energia del ritmo ed affascinato dalla varietà ed originalità dei suoni degli strumenti popolari e dalla forza delle voci che cantano tanti dialetti diversi provenienti da varie regioni italiane, il pubblico si ritrova a rivivere suggestioni ed emozioni straordinarie tipiche delle antiche feste contadine italiane. ANTIDOTUM TARANTULAE Paolo Scarnecchia Tutto sembra già stato detto e scritto, tanti sono i documenti e le discussioni che si sono accumulati attorno alla storia musicale del tarantismo. Tra le citazioni illustri c’è persino Leonardo da Vinci, che in un suo scritto fa un accenno all’occhiuto aracnide divenuto uno dei simboli ritmico-musicali dei nostri tempi: «Il morso della taranta mantiene l’uomo nel suo proponimento, cioè quel che pensava quando fu morso». La frase, riportata da Ernesto De Martino ne La terra del rimorso, e posta come una dedicatoria da Giorgio Di Lecce in La danza della piccola taranta, è uno degli indizi che hanno contribuito a creare il mito moderno del neo-tarantismo. D’altronde la quantità di testimonianze, resoconti e memorie (Keppel Craven, Ramage, Palustre de Montifaut, Lenormant, Ross e via di seguito) che appartengono alla affabulazione del viaggio in Italia e del pittoresco meridionale nel XIX secolo, non lasciano dubbi sull’esistenza del fenomeno che è divenuto uno dei casi di studio fondanti della antropologia e della etnomusicologia italiane. Il viaggio di Ernesto De Martino e Diego Carpitella nell’estate del 1959 è la parte più importante della sua narrazione, oltre che una esemplare e magistrale indagine sul campo, ed è il punto di riferimento di tutto quello che in questi cinquant’anni si è andato stratificando attorno al tarantismo, magnifica e ridondante ossessione salentina. Ma le radici delle riflessioni moderne sono lontane nel tempo. Già nel XIV secolo la trattatistica medica a proposito di veleni faceva riferimento all’efficacia della musica come antidoto, e tranne la voce fuori dal coro di Giovanni Pontano, che insinuò il sospetto di una messinscena, tra gli umanisti che si interessarono al tarantismo spiccano i padri gesuiti che dirigevano i collegi pugliesi, e che furono gli informatori di Athanasius Kircher che si servì dei loro resoconti per descrivere la stravagante e multiforme fenomenologia del tarantismo nel Magnes sive de magnetica arte. Nell’opera del dotto enciclopedista seicentesco è inserita una tavola xilografica nella cui parte superiore compare la notazione di una melodia preceduta dal titolo «Antidotum tarantulae» e in quella inferiore, al centro di un cartiglio, la scritta «Musica Sola mei Superest medicina Veneni» (la musica è la sola medicina in grado di sopraffare il mio veleno). Uno degli aspetti più interessanti della trattazione, dal punto di vista musicale, è la presenza di differenti moduli melodici atti ad entrare in risonanza con gli effetti velenosi dei morsi di diversi tipi di tarantole, che volenti o nolenti inducevano al ballo i tarantati. Ma nonostante la presenza di melodie differenti, anche frutto di improvvisazione, Kircher fa riferimento ad una convergenza melodica generale usata frequentemente, una ‘intonazione comune’ ad Apuli e Siculi definita «l’aria turchesca». Nello stesso secolo Cesare Ripa, che appartenne alla Accademia degli Intronati di Siena, nella sua Iconologia raffigurava la Puglia attraverso una donna che sembra in procinto di danzare, con una ghirlanda di rametti d’olivo sul capo e una spiga di grano e una fronda di mandorlo nella mano destra; ma i veri elementi identificativi sono i ragni sull’abito e alcuni strumenti musicali ai suoi piedi. Nel testo che commenta l’allegoria si descrive il comportamento di chi subisce i morsi del falangio apulo: «alcuni cantano, alcuni ridono, alcuni piangono; chi grida, chi dorme, chi veglia, chi salta, chi trema, chi suda, e chi patisce altri diversi accidenti, e fanno pazzie, come se fossero spiritati». La presenza degli strumenti altro non simboleggia che il rimedio contro il veleno che «universalmente si mitiga, e si vince colla musica de’ suoni». Isterismo? latrodectismo? possessione? esorcismo? adorcismo? bovarismo? si chiede Daniela Rota nella prefazione al suo studio sugli scritti di Kircher (e dell’epigono Caspar Schott) dedicati al tarantismo e ai gesuiti. Ma tornando con la mente alle ricerche di De Martino e al fenomeno legato alla povertà, al disagio e all’arretratezza delle campagne salentine degli anni Cinquanta, viene da chiedersi come si sia arrivati al simbolo odierno di una pizzica che alimenta l’edonismo turistico delle Notti delle tarante. Forse si potrebbe rispondere con le parole del marchese Ceva-Grimaldi che nel 1818 nel resoconto di un viaggio da Napoli a Lecce parlando di insetti molesti scrisse: «La tarantola secondo Linneo è un ragno della seconda specie della quarta famiglia con otto occhi. Si è dottamente disputato sulla esistenza del veleno nella tarantola: il Galateo vi credea; egli dice che tal veleno si espelle col suono de’ timpani e de’ flauti, il che assicurar potea per averne fatto esperimento. Sia realtà o immaginazione, è fuori dubbio che le persone morsicate da questo insetto, particolarmente tra il volgo, si abbandonano alla più vivace danza. Ma se questa è un’illusione, e perché invidiarne il contento alla classe infelice, condannata alla fatica e alla povertà? Felice pregiudizio è quello che sparge un balsamo sui mali della vita». A mbrogio Sparagna Figlio di musicisti tradizionali di Maranola (Latina), studia etnomusicologia all’Università di Roma con Diego Carpitella con cui realizza numerose campagne di rilevamento sulla musica popolare italiana. Nel 1976 dà vita alla prima scuola di musica popolare contadina in Italia presso il Circolo Gianni Bosio di Roma dove nel 1984 fonda la Bosio Big Band, un’originale orchestra d’organetti con cui nel 1988 mette in scena Trillillì, Storie di magici organetti ed altre meraviglie, un’opera ‘folk’ che utilizza la favola come espediente narrativo. Inizia una lunga attività concertistica in Francia e in Europa insieme a Lucilla Galeazzi e Carlo Rizzo con cui pubblica in Francia nel ‘91 l’album Il Trillo. Nel 1992 scrive l’opera Giofà il servo del Re e nel 1993 la cantata Voci all’aria per Rai-Radio Tre. Nel 1995 pubblica l’album Invito e compone La via dei Romei. L’opera, che ha fra i suoi protagonisti Francesco De Gregori nel ruolo di cantastorie, viene accolta con ampi consensi al Grand Prix Italia ‘96. Per il bicentenario della nascita di Giacomo Leopardi compone la cantata Un canto s’udia pe’ li sentieri, trasmessa in diretta radiofonica Rai per le celebrazioni leopardiane. Nel 1999 compone per l’Accademia della Canzone di San Remo le musiche per Sono tutti più bravi di me, un musical diretto da Emanuela Giordano, e mette in scena per il Festival Musicorum Tempora di Villa Adriana La serva padrona di Pergolesi, che ha fra gli interpreti Lello Arena nel ruolo di Vespone. Per il Giubileo compone una Messa popolare per soli, coro, assemblea, orchestra d’archi e strumenti popolari che viene presentata a Ravenna nel Duomo e a Roma nella Chiesa di S. Ignazio. Pubblica l’album L’avvenuta profezia, Viaggio nelle Pastorali e nei repertori del Natale. Nel 2001 è ospite con la Bosio Big Band dei Concerti di Radio Tre dalla Sala Paolina del Quirinale e pubblica l’album Vorrei ballare; quindi mette in scena Voi ch’amate, una sacra rappresentazione per attori, soli, coro e orchestra di strumenti popolari. Nell’estate del 2002 compone con Giovanni Lindo Ferretti Attaranta. Tradizione/ Tradimento e nella primavera del 2003, su commissione della Regione Basilicata, Passaggio alla città, un’originale cantata su testi di Rocco Scotellaro. Nell’inverno del 2003 compone con Lindo Ferretti l’oratorio sacro Litania che viene presentato in diretta radiofonica dalla Cappella Paolina del Quirinale e successivamente pubblicato dalla Eidel. Contemporaneamente pubblica il suo decimo album dal titolo Ambrogio Sparagna dove riveste un inedito ruolo di cantastorie. Dal 2004 al 2006 è maestro concertatore del Festival La Notte della Taranta dove per l’occasione fonda una grande orchestra di sessanta elementi composta da strumenti popolari, con cui dà vita per tre anni di seguito a spettacoli straordinari a cui prendono parte decine e decine di migliaia di spettatori e a cui partecipano in qualità di ospiti anche Franco Battiato, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Gianna Nannini, Carmen Consoli, Piero Pelù, Francesco Di Giacomo, Giovanni Lindo Ferretti, Peppe Servillo e tanti altri. Con l’Orchestra Popolare della Notte della Taranta realizza alcuni grandi concerti in Italia e all’estero, in particolare in Cina nel maggio del 2006 con un grande concerto a Pechino. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati in due dischi, registrati dal vivo in occasione delle edizioni 2005 e 2006 della Notte della Taranta, editi dall’Auditorium Parco della Musica di Roma. Nell’inverno del 2006 pubblica l’album Fermarono i cieli, dedicato ai canti popolari sacri del repertorio di Natale. Nell’inverno del 2006 il Ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli lo nomina consulente per la musica popolare nella Commissione ministeriale per la tutela e promozioni delle tradizioni popolari. Nell’estate del 2007 fonda l’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, un grande gruppo strumentale residente all’interno dell’Auditorium allo scopo di promuovere il repertorio della musica popolare italiana. Collabora al Ravenna Festival realizzando produzioni originali fra cui il Dante Cantato, uno spettacolo che propone alcuni canti della Divina Commedia cantati secondo lo stile musicale dei pastori, e Sale un canto mentre cala il sole, uno spettacolo che realizza nelle saline di Cervia. Ha inoltre al suo attivo un’intensa attività concertistica internazionale realizzata periodicamente in numerosi paesi europei ed extraeuropei; un’ampia esperienza di didatta realizzata anche in ambito universitario, in particolare a Parigi dove ha insegnato etnomusicologia nel biennio 1991/1992 presso l’Ottava Università, e la pubblicazione di numerosi saggi e documenti audiovisivi sulla musica popolare italiana. Orchestra Popolare Italiana È un originale ensemble di voci, organetti, percussioni e altri strumenti tradizionali diretto da Ambrogio Sparagna, che propone un variegato repertorio che abbraccia diverse regioni d’Italia, con particolare attenzione al repertorio di balli (pizzica, tarantella, saltarello, tammurriata) e di canti. Molti gli spettacoli in festival, ma anche interventi musicali e teatrali per animare piazze e interi paesi, che hanno sempre catturato l’attenzione e l’entusiastica partecipazione del pubblico. Il gruppo vanta una ampia e qualificata esperienza, in Italia e all’estero. Grande successo nella sua esibizione al WOMEX, la più importante fiera internazionale di world music. Dopo il primo disco dell’OPI Taranta d’Amore (ed. Auditorium/Finisterre) è di recente pubblicazione la nuova produzione discografica Vola, vola, vola che vede l’Orchestra Popolare Italiana insieme a Francesco De Gregori e Maria Nazionale (ed. Auditorium/Finisterre). Siena Pubblicazione della Fondazione Accademia Musicale Chigiana - Siena A cura di Cesare Mancini Composizione grafica e stampa Tipografia Senese - Siena Foto Roberto Testi - Siena Progetto proprio della con il contributo di sponsor tecnico
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