Documento finale

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
Giornata di Studio: Le Alluvioni e la Difesa del Suolo in Italia
Camera dei Deputati, Sala del Refettorio
Roma, 10 Aprile 2014
Capitolo: DOCUMENTO FINALE
Grafica e impaginazione:
- Ing. Tullia Valeria Di Giacomo, Segretario Commissione Dissesto Idrogeologico
dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma
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- IAEM International Association of Emergency Managers Italia Onlus
www.iaemitalia.it
[email protected]
In copertina:
fotografia del Dott. Geol. Pio Bersani del passaggio della piena a Ponte Sant’Angelo,
Roma, Febbraio 2014
In IV di copertina:
fotografia E.ON evento di piena Fiume Tevere - Diga di Alviano (TR), Novembre 2012
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Giornata di Studio: Le Alluvioni e la Difesa del Suolo in Italia
Camera dei Deputati, Sala del Refettorio
Roma, 10 Aprile 2014
L’incontro di oggi ha voluto porre l’attenzione ad alcuni aspetti sulla difesa del
territorio ed in particolare sulle le alluvioni nel Nostro Paese, per addivenire ad un
approccio più ingegneristico del problema e che parta dalla pianificazione e dalla
prevenzione.
È preferibile spendere una data quantità di risorse in pianificazione che spenderne
molte di più per rimediare a posteriori ai danni causati dalle calamità.
L’abbandono delle campagne, il modificarsi di modelli di produzione agricola ed il
mutato stile di vita dal secolo scorso hanno comportato un progressivo abbandono
della difesa del suolo puntiforme come era prassi fino a qualche decennio fa; a queste
mutate situazioni al contorno non ha corrisposto una adeguata e pronta risposta delle
Amministrazioni competenti che hanno spostato le attenzioni ed i finanziamenti
nell’organizzazione e gestione delle emergenze, svuotando le strutture tecniche
operative di presidio sul territorio. Pertanto l’opera che per anni è stata svolta dagli
Uffici periferici del Genio Civile è andata progressivamente diminuendo, la pulizia degli
alvei dei fiumi ha ceduto il posto alla rinaturalizzazione spontanea delle sponde
trascurando la necessaria sezione imposta dal calcolo idraulico; l’incapacità del sistema
Paese di coniugare livelli di pianificazione diversi ad esperienze professionali diverse,
come se il territorio con alti valori da preservare fosse ad esclusivo appannaggio di
categorie e non un impegno unanime per il Paese, da ciò la necessita di una revisione
critica dei ruoli e dei compiti di ciascuna Istituzione e dei tecnici preposti.
Le frammentazioni delle competenze e delle responsabilità hanno complicato la
gestione unitaria della pianificazione territoriale anche nel campo della difesa del suolo
e quindi in particolare nella prevenzione dalle alluvioni.
Le mutate caratteristiche delle piogge intense degli ultimi anni unite alla
meccanizzazione delle colture, che poco tengono conto della fragilità del territorio,
aggiunte alla urbanizzazione non sostenibile, hanno comportato una irrimediabile
situazione dalla quale occorre ripartire e questo incontro ha voluto stimolare l’avvio di
un nuovo percorso.
La nuova Dirigenza dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma con la
Commissione Dissesto Idrogeologico, promotrice dell’iniziativa, vuole porre un
campanello di allarme per il Paese e per le forze politiche che devono cambiare la
gestione della materia considerando l’unicum territoriale davanti al quale si trova il
pianificatore: “prevedere è più che provvedere” un vecchio adagio che si insegnava un
tempo nel mondo dell’ingegneria.
La bellezza del territorio, dovuta alla ricchezza della biodiversità che rendono l’Italia
uno dei paesi al mondo dotato di una innumerevole serie di habitat e di strutture
geologiche da proteggere, necessita anche nel campo della prevenzione dei dissesti
idrogeologici di una competenza ed una profondità di interazione tra le molte
discipline che il nostro sistema frammentario di formazione professionale non è più in
Capitolo: DOCUMENTO FINALE
DOCUMENTO FINALE
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grado di dare. Da qui il nuovo ruolo dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma
che intende fornire una formazione permanente ai colleghi Ingegneri per renderli
capaci di affrontare il loro compito anche nelle sfere di conoscenza vicine. Con le sue
caratteristiche uniche nel mondo, l’Italia è un paese fragile dal punto di vista
idrogeologico: dove il consumo di suolo ed il progressivo uso di parti del territorio, non
utilizzate per secoli e meno indicate per le costruzioni (fondovalli e versanti) rendono
la realizzazione di opere non ben pianificate più esposta a situazioni
idrogeologicamente non sostenibili. Si avverte pertanto la necessità che competenze e
livelli di governo del territorio lavorino insieme.
Le opere idrauliche di cui è ricco il territorio italiano presentano spesso uno stato di
abbandono se non di mutata funzionalità soprattutto alla laminazione delle piene
perché il trasporto solido nei fiumi ha reso gli sbarramenti contenitori di materiale
tolto alla normale evoluzione del fiume e delle coste.
Le caratteristiche dei suoli, le pendenze dei bacini idrografici (corsi d’acqua che si
sviluppano in pochi chilometri da oltre 2000 m sino all’arrivo al mare), necessitano una
accorta gestione del territorio: le elevate intensità di pioggia oggi tipiche del territorio
nazionale, impongono un diverso approccio con una maggiore attenzione al territorio.
Il rischio idrogeologico ed idraulico del territorio è da inputarsi sia ai fattori naturali
che a quelli antropici (aumento della densità della popolazione, sviluppo urbanistico ed
evoluzione socio-economica). A tutto ciò va aggiunta la scarsa efficienza del sistema di
previsione e prevenzione che deve tendere ad una sempre migliore organizzazione ed
efficienza soprattutto nei sistemi di early warning.
Le vulnerabilità del territorio alle calamità naturali sono ben note dalle numerose
catastrofi verificatesi: i dati raccolti negli ultimi anni confermano che entità e
frequenza degli eventi di inondazione hanno ormai raggiunto un livello tale per cui non
è più possibile ignorarli. Eventi di piene e conseguenti dissesti idrogeologici risultano
sempre più copiosi negli anni, a causa principalmente del cambiamento idrologico dei
bacini idrografici (uso del suolo, urbanizzazione, gestione degli alvei, etc.) e potranno
esserlo ancor di più per le imminenti variazioni dovute ai cambiamenti climatici.
Infatti, le trasformazioni del territorio, a seguito di urbanizzazioni e di ricorrenze dei
fenomeni meteorologici intensi sono segnali di un cambiamento climatico in atto.
Nel caso di Roma, per esempio, come mostrato dalle foto della raccolta degli atti di
questa giornata con un’accurata opera di gestione delle dighe a monte della città
risulta protetta dalle piene: il resto del territorio, invece, come pure tutto il periurbano
dove la manutenzione della rete delle fognatura e l’adeguamento nelle zone
spontanee non sono sufficienti, rimane a livelli di rischio non sempre ben gestiti. In
Italia, dall’800 ad oggi, numerosi sono gli studi e gli atti normativi redatti al fine di
migliorare le condizioni idrogeologiche del territorio e disciplinare la realizzazione di
opere e manufatti: già il Regio Decreto n° 523 del 1904, contemplava le disposizioni di
legge intorno alle opere idrauliche. Nel corso degli anni, a seguito di eventi calamitosi,
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non sono mancati atti normativi che definissero competenze e ruoli per le Istituzioni: a
seguito dell’alluvione di Firenze del 1966, fu istituita la Commissione De Marchi per
censire tutti i problemi idrogeologici nazionali, e da quegli anni si iniziò, a seguito dei
maggiori eventi calamitosi, a lavorare sulla legge della difesa del suolo, emanata nel
1989 con la Legge 183, e da lì i successivi atti normativi (legge n.267/98, legge
n.365/00). Già la Legge n. 183/89 prevedeva le Autorità di bacino come organo di
coordinamento sul territorio per la pianificazione, la programmazione e la verifica degli
interventi; pur tuttavia la Legge venne attuata dopo circa un decennio con i piani di
assetto idrogeologico predisposti dalle singole Autorità di bacino per le difficoltà
derivanti da un complicato assetto di competenze sia amministrative che legislative, e
per il numero di organi, enti e strutture paralleli che operavano sullo stesso territorio
con competenze simili. Ad esempio, in seguito all'entrata in vigore del Capo I della
Legge 15 marzo 1997, n°59 (Bassanini) vennero considerevolmente ridimensionati i
compiti e le strutture dei Servizi Tecnici e in particolare del Servizio Idrografico
Nazionale con la conseguenza che tutte le attività conoscitive sulla idrologia e sul
bilancio idrico vennero trasferite alle Amministrazioni regionali e suddivise in funzione
dei limiti amministrativi e non più per bacino idrografico.
Gli strumenti legislativi vigenti consentono di pervenire alla mappatura delle aree
soggette a rischio di alluvione a scala di bacino nell’ambito di ciascuna Autorità di
bacino, pur tuttavia solo in pochi casi le mappature riescono a ‘dialogare’ le une con le
altre: ciò comporta un grosso limite nella logica di una politica di pianificazione e
gestione del territorio. D’altra parte, dalla Legge 183 ad oggi, di fatto vi è stata una
“politica dei due tempi”: prima la predisposizione di ricognizione delle situazioni di
rischio, e successivamente la programmazione degli interventi, scindendo la
percorribilità tecnica da quella amministrativa, e portando ad una lungaggine per la
realizzazione degli interventi ‘urgenti’, spesso causata dal ruolo frenante della
burocrazia più lenta in confronto agli altri Paesi europei, ove la realizzazione degli
interventi urgenti risulta tempestiva. Di fatto poi dal 2003, con il temine dei
finanziamenti specifici per interventi a valere sulla Legge 183 la programmazione degli
stessi interventi è stata fatta su base regionale, spesso non coerentemente con le
indicazioni dei Piani di Assetto che nel frattempo erano stati approvati.
Negli ultimi anni pur diminuendo l’attenzione verso gli interventi di pianificazione per
la difesa del suolo e la mitigazione del rischio idrogeologico è da segnalare come, dallo
scorso anno gli impegni economici in materia sembrerebbero ripresi, ed ancor di più
rafforzati adesso: la legge di stabilità 2014 prevede uno stanziamento di 180 milioni di
euro per il triennio 2014-2016, e si auspica che questo possa essere un trend in
crescita nei prossimi anni stante le esigenze che il territorio italiano presenta e per la
salvaguardia dello stesso e per le opere di pianificazione necessarie.
Nell’ottica di aumentare l’attenzione rivolta alla pianificazione per la mitigazione del
livello di rischio massimo è auspicabile che i finanziamenti siano indirizzati ad opere
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veramente necessarie per una prevenzione da ulteriori dissesti idrogeologici causati da
piene improvvise o frequenti, ma soprattutto di assicurare il funzionamento delle
opere esistenti attraverso una pianificazione delle emergenze e manutenzione
preventiva. La cultura della prevenzione nel nostro Paese rimane pertanto ancora
lontana: l’esigenza di affrontare la problematica della difesa dalle alluvioni viene
avvertita solo dopo eventi catastrofici che presentano vittime, distruzione di beni e
strutture, e ciò dura per l’intera l’emergenza finché l’attenzione dei media è massima,
superata la quale tutto viene eclissato in un silenzio sino alla emergenza successiva
data da un altro evento.
Tra le numerose Istituzioni preposte alla tutela del territorio, ad oggi nessuna ancora è
stata promotrice di un progetto organico di pianificazione mirato alla prevenzione ed
alla sua salvaguardia. D’altro canto, se risulta poco perseguibile l’idea di sottrarsi agli
eventi estremi, tuttavia si rimette al compito dell’uomo puntare a scelte tecniche, tali
da mitigare gli effetti sul territorio, rendendo quest’ultimo pronto, con adeguate
pianificazioni anche in ambito urbano per far fronte anche agli eventi più calamitosi.
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Risulta indispensabile pertanto una proficua politica di mitigazione dell'impatto degli
eventi naturali sui territori interessati dalle alluvioni, basata su due azioni parallele e
coordinate: programmazione di interventi strutturali (argini, difese, riorganizzazione
delle opere anche in ambito urbano) integrati con una gestione delle fasce fluviali; e
programmazione di interventi non strutturali, con piani di protezione civile che
guidano la risposta sociale in condizioni di emergenza. E’ auspicabile anche una politica
di formazione dei cittadini per indurli a comportamenti corretti in caso di emergenze,
al fine di semplificare il compito delle Istituzioni demandate alla salvaguardia del
territorio e minimizzare la loro incolumità.
In proposito, risultano indispensabili da utilizzare le nuove tecnologie di osservazione
della terra nella previsione degli effetti al suolo delle condizioni atmosferiche estreme,
sia per l'acquisizione dei dati da remote sensing che di trasmissione dei dati ed
elaborazione tramite l'uso di modelli numerici utili per il preannuncio degli eventi
estremi di carattere idrometeorologico in modo tempestivo, pur restando la
produzione degli annali idrologici il vero “film” nel tempo di ciò che è accaduto nel
Nostro Paese. Senza la storia dei dati raccolti con attenzione nel lungo periodo non è
possibile una buona pianificazione.
Nel concepimento delle strategie di mitigazione del rischio non è da trascurare anche il
ruolo della formazione avanzata necessaria al personale delle Istituzioni e degli Enti
coinvolti, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie messe a disposizione dal mercato
e del loro upgrade continuo.
Attuare una strategia chiara con cui far fronte in modo univoco alle calamità naturali
risulta necessaria, facendo tesoro di quanto le generazioni precedenti sono stati capaci
di gestire il territorio di fronte a grandi eventi, predisponendo i terreni con adeguate
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pratiche agricole, aggiornate agli standard tecnologici offerti dal mercato, a cui
associare delle politiche di pianificazione sia per i terreni agricoli che urbanizzati o in
espansione urbanistica, affinché si passi da una politica di gestione dell’emergenza
attuale ad una politica di prevenzione del territorio.
E’ opportuno cominciare da subito a concepire e metter in atto un cambiamento che
rispetti le bellezze della natura, facendo positivamente coesistere il bello dei corsi
d’acqua con le opere costruite per la salvaguardia, e rigettando antropizzazioni lontane
da ogni tipo di pianificazione.
Nei lavori odierni si è voluto analizzare il caso specifico del fiume Tevere, ove lo stato
di rischio idraulico è stato determinato attraverso studi di dettaglio condotti dalla
Autorità di bacino. Il caso in esame ha ampiamente dimostrato come l'edificazione
incontrollata, il non rispetto delle minime distanze dal corso d’acqua, l’abusivismo, e
similari, determinano situazioni di pericolo e rischio idraulico non indifferenti.
La presenza di dighe sui corsi d’acqua rende più facile gestire l’emergenza per i territori
a valle, come nel caso dell’invaso artificiale di Corbara sul fiume Tevere in cui sono stati
esaminati gli effetti della gestione delle ultime due piene straordinarie, del novembre
2012 e febbraio 2014.
Il dissesto idrogeologico è quindi una grande priorità del Paese, ed occorre valorizzare
l’opera degli ingegneri idraulici.
Alla luce delle varie situazioni occorse anche negli ultimi anni ed al fine di addivenire
ad una completa ed organica riorganizzazione della difesa del territorio italiano è
auspicabile che il nostro Paese persegua un’azione coordinata tra i vari Enti deputati
alla materia, Presidenza del Consiglio-Ministeri-Regioni-Enti locali-Consorzi di bonifica,
nell’ambito ciascuno delle proprie competenze.
M. R. Di Lorenzo
M. Bencivenga
S. Grimaldi
F. Napolitano
C. Ferranti
C. Biacchi
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Auspichiamo infine che davvero le Istituzioni preposte possano perseguire la
realizzazione di un Piano unitario decennale di pianificazione e prevenzione del
Rischio, con l’obiettivo di mettere in sicurezza il territorio ed i cittadini italiani.
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