Anteprima - eBook Store di Telecom Italia

N°14 Settembre 2014 d € 6,90
Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR
SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI
DALL’ANTICHITÀ AI TEMPI MODERNI
LE OPERAZIONI IN FORZE
DIETRO LE LINEE DEL NEMICO
UNIFORMI
1914: i soldati di Europa e Asia
si preparano alla guerra.
Con divise troppo sgargianti
1943-44
Le più straodinarie foto a
colori della Campagna d’Italia
RAID & INCURSIONI
WELLINGTON
Vita e carriera del Duca di
Ferro, il generale britannico
che sconfisse Napoleone
WARS. LA STORIA IN PRIMA LINEA
RI
E
M
U
N
2
A SOLO
€
7h,é9€193,80)
(anzic
Un’opportunità da non perdere:
tornano in edicola 2 numeri di Focus Storia Wars
a un prezzo eccezionale
Per non perdere le nuove uscite ABBONATI SU www.abbonamenti.it/wars
WARS
SOMMARIO
Oltre le linee
nemiche
4
Per intimidire o per fare terra bruciata, per
conquistare a sorpresa un territorio o per
compiere una rappresaglia... Molte sono le
categorie sotto le quali si possono raccogliere
i diversi tipi di incursione, e Andrea Frediani
le illustra nell’introduzione al nostro servizio
di copertina. Ma una cosa è certa, e cioè che
questo tipo di azione è la più antica della storia
bellica dell’umanità. Ai tempi delle tribù i colpi
di mano, gli assalti improvvisi dietro le linee
dei nemici erano il solo modo di combattere.
E anche oggi, migliaia di anni dopo, nell’era
della guerra tecnologica, essi hanno mantenuto
tutta la loro mortale validità.
Jacopo Loredan d direttore
10
16
PROTAGONISTI
WELLINGTON, IL DUCA DI FERRO
Da irlandese scalò i vertici politici e militari inglesi. Ecco come
diventò l’artefice della sconfitta di Napoleone.
UNIFORMOLOGIA
PRIMA GUERRA MONDIALE
Prima del grigioverde, in trincea si videro le uniformi ottocentesche
dai colori sgargianti, bersagli ideali per i cecchini.
RAID & INCURSORI
Si va, si colpisce, si rientra. Missioni speciali per uomini speciali, che
sanno sorprendere il nemico calando sull’obiettivo, combattendo,
sganciandosi in fretta e ritirandosi dopo aver fatto danno.
20 TERRA BRUCIATA
Spartani e Ateniesi adottarono la strategia delle spedizioni punitive
nella Guerra del Peloponneso.
26 TUTTO PER UNA MANDRIA
Alle radici della guerra ci sono le razzie. Nelle società tribali di
piccola scala le incursioni avevano obiettivi non militari: le vacche.
30 IN ATTACCO E IN DIFESA
Con Giulio Cesare Roma sperimentò i raid nelle sue spedizioni di
conquista. Poi li subì durante l’assedio dei Vandali all’Urbe.
WARS I NOSTRI ESPERTI
36
GIORGIO ALBERTINI
Milanese, 45 anni, laureato in Storia
medievale, illustratore
professionista per case editrici
e riviste (giorgioalbertini.com).
COME DEMONI URLANTI
Quando i Vichinghi dominatori dei mari dilagarono sulle coste
le popolazioni britanniche e continentali scoprirono la loro ferocia.
42 IL CORSARO DI SUA MAESTÀ
Francis Drake disse di aver bruciato la barba del re di Spagna. Il suo
raid sulle coste spagnole anticipò la disfatta dell’Invincibile Armata.
GASTONE BRECCIA
Livornese, 52 anni, bizantinista e
storico militare, ha pubblicato saggi
sull’arte della guerra, sulla guerriglia
e sulla missione ISAF in Afghanistan.
46 L’ASCIA E IL FUCILE
ANDREA FREDIANI
52
Romano, 50 anni, medievista,
ha scritto vari saggi di storia militare
e romanzi storici di successo
(andreafrediani.it).
STEFANO ROSSI
Milanese, 54 anni, già ufficiale
degli Alpini paracadutisti. Reporter
di guerra, collabora con molte
testate giornalistiche.
WARS
56
PAG. 41
EVOLUZIONE DI UN’ARMA
PAG. 73
CINEMA
PAG. 74
LIVING HISTORY
PAG. 75
RECENSIONI
PAG. 82
Raider americano (Arcangel) precede un guerriero vichingo (C. Collingwood).
A destra dall’alto, ill. di Giorgio Albertini, Gettyimages, Bridgeman/Alinari.
L’ULTIMO CAVALIERE
I raid del generale confederato J.E.B. Stuart, con le sue cavalcate
attorno all’armata unionista, sono entrati nella leggenda.
OBIETTIVO SOL LEVANTE
I giapponesi sembravano invincibili. Ma una pattuglia di americani
al comando di Jimmy Doolittle infranse questa fama di imbattibilità.
62 CHINDITS, I LEONI DI WINGATE
Il generale guerrigliero combatté i giapponesi nella giungla birmana
con una brigata di infiltrati dando vita alla sua leggenda.
RUBRICHE
APPUNTAMENTI
IN COPERTINA
Nelle terre selvagge del Nordamerica i ranger svilupparono una
tecnica di combattimento nella foresta fatta di raid spietati.
68
76
APPROFONDIMENTI
SALTO NEL BUIO
I paracadute erano rudimentali e la tecnica ancora da inventare,
c’era solo il coraggio. Questa è la storia del primo aviolancio italiano.
MEMORIE
I COLORI DELLA GUERRA
Dal ’43 al ’44, durante la Campagna d’Italia, i reporter della rivista
Life documentarono con le nuove pellicole la Liberazione.
3
PRIMO PIANO
SI VA, SI COLPISCE, SI RIENTRA.
MISSIONI SPECIALI PER
UOMINI SPECIALI, CHE SANNO
SORPRENDERE IL NEMICO CALANDO
SULL’OBIETTIVO, COMBATTERE,
SGANCIARSI IN FRETTA E RITIRARSI
RAID
& INCURSIONI
Le incursioni
degli Ungari
G
ente cui “null’altro piace se non combattere”,
secondo la definizione di un cronista coevo, gli
Ungari raggiunsero le pianure tra Tibisco e Danubio negli ultimi decenni del IX secolo, da dove lanciarono
incursioni pressoché annuali sui territori a occidente. Abili
arcieri a cavallo come i loro predecessori Unni, facevano della
mobilità il loro tratto distintivo, coprendo enormi distanze in tempi
brevissimi, il che gli consentiva di portare le loro scorrerie molto in
profondità: nessun centro abitato dell’Europa Centrale poteva dirsi al
sicuro dai loro raid, tanto che anche l’Italia ne fu spesso vittima; celebre
è il loro saccheggio dell’Abbazia di Nonantola (Modena), seguito alla
loro vittoria sul Brenta contro le armate di Berengario del Friuli, nell’899.
In avanscoperta. Gli Ungari erano soliti farsi precedere da esploratori
che gli indicassero i territori dove le difese erano più deboli, ed evitavano
di assalire città e castelli, per non dover compromettere la loro rapidità
portandosi dietro macchine ossidionali . Perciò i loro obiettivi erano esclusivamente ricchi monasteri, abbazie, villaggi e ville. Solo in un’occasione
derogarono alla loro strategia assediando Augusta, in Svevia, e fu loro
fatale: nel 955 diedero infatti modo al re di Germania Ottone I di sconfiggerli nella Battaglia di Lechfeld. Di lì a poco si sarebbero trasformati in
popolo cristiano e sedentario.
16
La battaglia è un confronto tra soldati, combattenti di professione che di solito si possono rimpiazzare una volta persi. Altri
tipi di operazioni, che rientrano nella guerra definita “asimmetrica”, o “tetradimensionale”, possono incidere sulla popolazione, minarne il morale e sottrarle le risorse, creando movimenti
d’opinione avversi alla guerra, sfiducia nei governanti, insicurezza, instabilità politica, carestia ed epidemie.
È un modello di guerra non convenzionale diverso dalla
guerriglia, ma che ne adotta spesso le stesse strategie. Laddove però il guerrigliero non ha altra strada che le azioni di piccolo cabotaggio contro una potenza occupante, l’incursore può
anche far parte di un esercito convenzionale, essere il componente di un’armata o di un suo distaccamento deputati a lavorare il nemico ai fianchi, invece che affrontarlo frontalmente,
facendo leva più su fattori sociali, culturali e politici, che sulla
dottrina militare. Si tratta di operazioni che i comandanti non
hanno mai adottato volentieri perché portano meno gloria di
uno scontro campale alla luce del sole, sono in genere soggette a più variabili e quindi rischiose per chi le mette in atto. V’è
inoltre bisogno che siano seguite da altre azioni dello stesso tipo perché risultino risolutive, e spesso, per il coinvolgimento
di civili procurano l’esecrazione ai loro promotori.
Eppure, per le incursioni valgono le stesse motivazioni delle battaglie: dietro di esse può esserci un piano geniale, oppure la semplice necessità. Fin dall’antichità, i resoconti e le cronache storiche ci offrono una tale mole di esempi al riguardo
da permetterci di creare delle categorie.
Si tratta di un’esibizione di forza, a scopo
essenzialmente dimostrativo, mirata ad affermare l’autorità di
una potenza nei confronti degli Stati limitrofi, o di quelli assoggettati in rivolta, o per dissuaderli dal compiere a loro volta incursioni. Ma può anche essere attuata per instillare terrore nel nemico rendendone insicure le retrovie. Di solito, la si
compie con un’armata consistente, proprio per esibire la propria potenza, devastando e saccheggiando un settore di territorio e rientrando alle proprie sedi con relativa celerità, per
evitare il rischio di vedersi tagliare le vie di comunicazione, di
soffrire di carenza di vettovagliamento o di far risultare la spedizione troppo costosa.
Macchine ossidionali Gli strumenti usati per gli assedi, dalle macchine a contrappeso (mangani,
trabocchi) o da sfondamento (arieti), ai sistemi di lancio (balliste e catapulte) fino alle torri.
OSPREY
a guerra regolare, costituita da un esercito in campagna che ne affronta un altro in una battaglia campale,
oppure che assedia un caposaldo, ha costituito l’elemento trainante di ogni resoconto bellico. Quando si
racconta un conflitto lo si fa per lo più attraverso i suoi scontri
campali, descrivendo l’avanzata di un’armata in territorio ostile culminante con l’occupazione o con la ritirata.
Ma la storia militare è fatta di molto altro e, se sovente è uno
scontro tra armate regolari ad attirare l’attenzione, non è detto che esso sia efficace e risolutivo quanto azioni che coinvolgono un minor numero di effettivi e si svolgono essenzialmente nell’ombra; parimenti, il genio di un comandante non si manifesta solo nella tattica adottata per superare l’avversario nello scontro diretto, ma anche nelle operazioni alternative che
riesce a escogitare per logorare il nemico. Può quindi accadere che la battaglia sia solo un’esibizione muscolare, che lascia
il confronto sostanzialmente irrisolto, e che siano invece azioni apparentemente di minore portata, come incursioni, raid e
colpi di mano, a condurre un conflitto alla conclusione.
L
Nel Medioevo: le chevauchée
e battaglie vere nel corso della Guerra dei cent’anni erano rare, gli assedi appena più frequenti, ma ciò che non mancava erano gli attacchi proditori e i raid su campagne e villaggi, messi in atto dagli inglesi partendo dai loro possedimenti sul continente, nel settore sud-ovest del regno, ma
anche dai francesi verso i territori occupati dal nemico e perfino nella stessa
Inghilterra. Le loro scorrerie sono comunemente conosciute come chevauchée, incursioni a cavallo compiute da colonne di armigeri che
potevano arrivare ad assommare a un’intera armata.
Il Principe Nero. Gli inglesi iniziarono a farne uso in forma
difensiva, per reagire alla guerriglia messa in atto dai francesi fin dall’inizio del conflitto. Per rappresaglia contro le tattiche
elusive degli avversari, infatti, devastavano, saccheggiavano e bruciavano fin dove potevano spingersi
senza correre il rischio di essere tagliati fuori dai
loro territori. Particolarmente rilevanti le due del
1355 in Linguadoca, condotte da Edoardo III
nell’Artois e da suo figlio, passato alla Storia
come il Principe Nero, e quella dell’anno seguente, che il re di Francia Giovanni il Buono
tentò di fermare dando battaglia a Poitiers.
LA CAVALCATA
La scorreria (o chevauchée)
da Calais a Bordeaux
compiuta da Giovanni
di Gand, del casato dei
Lancaster, nel 1373 per
colpire il cuore della
Francia. I raider inglesi
predarono e razziarono.
ANSA
APPROFONDIMENTI
nel
68
SIERRA (2)
IL FEGATO DEI PIONIERI
A sinistra e sopra, il lancio di un aerostiere dal
pallone; ispirò quello dagli aerei. Sotto, gli ufficiali
italiani che, a partire da Alessandro Tandura, durante
la Grande guerra effettuarono il primo lancio oltre
le linee nemiche, di notte e senza addestramento,
contribuendo alla vittoria sull’Austria.
PIER ARRIGO
BARNABA
ANTONIO
PAVAN
ALESSANDRO
TANDURA
FERRUCCIO
NICOLOSO
uomo in uniforme è seduto scomodamente in un
cavedio di stretta misura, ricavato artigianalmente, nella fusoliera dell’aereo. Il velivolo è un Savoia
Pomilio SP4, pesante e grosso biplano con doppia
trave di coda. Decollato dal campo di Villaverla-Thiene, è pilotato dal maggiore Barker , mentre l’osservatore è il capitano
Wegdwood: due esperti aviatori alleati che per l’occasione hanno sostituito i colleghi italiani. L’aereo vola a circa 2.500 metri
di quota tra le nuvole dense di pioggia; l’acqua sferza violentemente i tre occupanti, i due aviatori e lo strano passeggero
che viaggia seduto nel cavedio, in senso contrario a quello di
volo. L’uomo, avvolto in uno scomodo intrico di cinghie e bretelle, tiene in grembo uno zaino con degli abiti civili usati, una
vanghetta, una bussola e poco altro; ha i piedi nel vuoto e quasi non li sente più. Anche per cercare di non cedere al freddo, i
suoi pensieri sono concentrati nel rianalizzare meccanicamente quanto succederà nelle prossime ore e nel far fronte a eventuali imprevisti. A un certo punto ha come il sentore che i motori dell’aereo rallentino e che questo cominci a scendere, ma
non ne ha conferma perché dalla sua posizione non vede nulla e non può comunicare con i piloti.
In qualche maniera riesce a bere un sorso di cordiale da una
fiaschetta; poi, di colpo, senza nessun preavviso, la botola sulla quale è seduto si apre nel vuoto, manovrata anteriormente con dei cavi dall’osservatore, e l’uomo viene catapultato nel
buio della notte, a circa 1.500 metri dal suolo. Una caduta di
qualche secondo, una sensazione mai provata prima: la fune
di caucciù che si tende tra il corpo dell’uomo e un contenitore
fissato sotto la carlinga, e poi lo schiocco liberatorio del paracadute che si apre, frenando bruscamente la discesa.
“Ah…viene in me un solo senso; le orecchie sono straziate da un sibilo che mi devasta il cervello. L’incubo
dei sogni orribili! Ma subito ho l’impressione di essere sollevato, di
tornare in su. Alzo gli occhi e vedo il paracadute aperto”, scriverà
poi l’uomo in un suo libro di memorie. Dopo un po’ di volteggi, smarrito, sviene; si riprende solo al duro impatto col terreno bagnato, in un vigneto. È la notte tra l’8 e il 9 agosto 1918; il
tenente Alessandro Tandura, un Ardito, già nel XX Reggimento d’assalto e ora in forza al Servizio informazioni dell’VIII Armata del Regio esercito italiano, si ritrova a terra, in territorio
nemico nelle retrovie del fronte del Piave, nel Trevigiano. Non
si rende conto di essere il primo soldato al mondo a utilizzare questo mezzo di discesa per scopi prettamente tattici e non
solo legati alla sicurezza, come invece accaduto fino a quel momento. Tandura è il precursore degli Incursori paracadutisti di
oggi. Data la familiarità coi luoghi, essendo nato a Vittorio si
accorge subito di essere atterrato ad Antano anziché a Sarmede, zona programmata, più vicino del previsto alla sua città
natale e primo obiettivo da raggiungere. L’ufficiale, che si è
lanciato in uniforme per evitare la fucilazione come spia
se catturato in atterraggio, indossa gli abiti civili, sotterWilliam Barker (1894-1930) Asso canadese della Prima guerra mondiale. In quel periodo
comandava la 139ª Squadriglia di stanza sullo stesso campo di volo; in Italia sul suo aereo da caccia, il bliplano Sopwith Camel, ottenne più vittorie di chiunque altro.
Vittorio Comune della provincia di Treviso, in Veneto. Nacque nel 1866 con l’unione dei
preesistenti comuni di Ceneda e Serravalle e assunse il nome di “Vittorio” in omaggio
a Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. La cittadina fu protagonista della battaglia che
pose fine alle ostilità sul fronte italo-austriaco nella Prima guerra mondiale. L’appellativo
“Veneto” fu usato abitualmente dopo la battaglia e venne ufficializzato, assieme al conferimento del titolo di città, nel luglio del 1923.
69
WARS
L’EVOLUZIONE DI UN’ARMA
IL LANCIAFIAMME
A cura di Stefano Rossi
uando i lanciafiamme apparvero, all’inizio della Prima guerra
mondiale, si presentavano come armi rivoluzionarie e novità assolute. Non era così: da sempre l’uomo cercava un modo per utilizzare in guerra
il fuoco e fin dall’antichità erano stati
escogitati ordigni per lanciare contro il
nemico miscele infuocate. La prima volta ne fa menzione Tucidide descrivendo
un rudimentale lanciafiamme a caldaia,
usato dai Beoti nella Battaglia di Delion
del 424 a.C.
Il cosiddetto “fuoco greco” (i Greci ne
conservarono infatti il segreto per quattro secoli) o “fuoco marino” era inizialmente una miscela liquida di zolfo e calce viva che si infiammava con l’acqua e
veniva usata, lanciandola tramite appositi sifoni, nelle battaglie navali. Venne-
ro poi studiate altre miscele utilizzabili anche sulla terraferma; nel VII secolo se ne servì Costantino IV nell’assedio
di Costantinopoli e i Saraceni lo usarono contro i crociati a Durazzo, Tolemaide e Damietta.
Con la
scoperta e l’utilizzo della polvere pirica
per gli ordigni, le macchine lanciafuoco
caddero via via in disuso, per riapparire
però, quasi di colpo, durante la Grande
guerra: i tedeschi li impiegarono in prova a Malancourt, nel febbraio 1915, e poi
in numero maggiore a Hooge, il 30 luglio.
In breve divennero parte delle dotazioni
di tutti gli eserciti belligeranti, creando
non pochi vantaggi tattici, ma soprattutto psicologici, durante i combattimenti.
Perfezionati e potenziati, anche montati su carri armati, furono spesso usati
da tutti i contendenti durante la Seconda guerra mondiale: famose sono le immagini dei bunker giapponesi sgomberati dai Marines americani col fuoco. Il
loro impiego risale anche a guerre più
recenti, come il Vietnam.
Passati successivamente in secondo
piano, i lanciafiamme fanno ancora parte, seppur in numero limitato, di molti
arsenali militari.
•
Lanciafiamme DLF
italiano della
Grande guerra.
Ideato e costruito
in Italia nel
febbraio 1918,
il DLF (direzione
lancia fiamme) era
un apparecchio
portatile a getto
intermittente,
semplice, sicuro,
che sostituì quelli
fino ad allora in
dotazione al Regio
esercito.
D. TUROTTI (4)
Lanciafiamme dell’VIII secolo a sifone,
come quelli montati sulle navi bizantine
durante l’assedio musulmano del 717
d.C. Lanciava una mistura segreta simile
al moderno napalm.
Un M2 americano
del 1943. Formato
con 2 bombole da 8
litri di benzina e una
di azoto propellente,
pesava circa 30 kg.
Con getti da
2 l/sec, dalla
gittata massima
fino a 40 metri,
poteva scaricare in
7 secondi tutto il
contenuto.
Uno degli ultimi lanciafiamme a essere
sviluppato, a fine anni ’60, e ancora in
uso, fu il sovietico LPO 50 (lanciafiamme
leggero da fanteria). L’arma può sparare
tre getti, ognuno dei quali svuota uno
dei tre serbatoi.
73