0-014 perdita di massa per gelo-disgelo

0-014 perdita di massa per gelo-disgelo
PERDITA DI MASSA (DELAMINAZIONE, DISTACCO E CADUTA O ESPULSIONE DI PARTI, DISGREGAZIONE) DEL
RIVESTIMENTO ESTERNO PER EFFETTO DI CICLI GELO-DISGELO
Il congelamento dell’acqua produce, nella maggior parte dei casi, un aumento di volume del liquido contenuto in un recipiente, pari a circa il 10%. Tale espansione di volume, insolita tra le altre specie chimiche nelle stesse condizioni di temperatura
e pressione, viene correntemente considerato dannoso in quanto l’energia necessaria per comprimere il volume solido alle
dimensioni che aveva prima del congelamento è elevatissima.
Se, in linea di principio, l’acqua può congelare anche all’interno dei capillari dei materiali porosi, quando la temperatura
scende al di sotto dello zero (°C), in realtà le cose sono più complicate. Nell’acqua dei capillari, infatti:
ci sono dei sali che abbassano il punto di congelamento e trasformano le modalità di fusione
l’acqua è in uno stato tensionale particolare, cui competono temperature di fusioni ancora inferiori
la precipitazione dei cristalli di ghiaccio avviene in una condizione particolare di interazione molecolare con le pareti
In linea di principio, si ha sempre che:
Materiali con grandi pori sono più sensibili al gelo
Le variazioni di temperatura intorno alla temperatura di congelamento producono un degrado maggiore
Si misura confrontando la resistenza flessionale del provino a seguito di un certo numero di cicli alternati di 3 h di
immersione in acqua a 35°C e di congelamento completo (3h in frigo) a –15°C
Per valutare la sensibilità del materiale alle azioni che il congelamento può indurre si è soliti valutare la modifica delle proprietà meccaniche (o della massa o dell’aspetto) mediante prove che ambiscono a simulare, in maniera accelerata, le condizioni a cui i materiali sono sottoposti, una volta posti in opera. Il sistema normativo italiano propone diverse tipologie di ciclo
di gelo-disgelo e modalità di test, al variare del materiale o del tipo di prodotto da valutare:
UNI EN 539-2:2000, per le tegole di laterizio per coperture discontinue
UNI EN 772-18:2001, per gli elementi di muratura di silicato di calcio
UNI EN 1328:1997, per i pannelli di particelle di legno legate con cemento
UNI 7087:2002, per il calcestruzzo
UNI EN 1367-1:2001, per gli aggregati per calcestruzzo
UNI EN ISO 10545-12:2000, per le piastrelle di ceramica
UNI EN 12091:1999, per gli isolanti termici per edilizia
UNI EN 12371:2003, per le pietre naturali
UNI EN 13581:2003 e le norme della serie UNI EN 13687/1-5, per alcuni prodotti di protezione e riparazione delle
strutture di calcestruzzo (con sale)
EN 772-18:2000, ancora non recepita, per gli elementi per muratura
Tutte queste norme, tuttavia, si basano sulla totale immersione del materiale in acqua e sul suo successivo congelamento.
Benché i risultati ottenibili siano riproducibili con una buona approssimazione, la letteratura scientifica relativa considera la
prova non significativa per valutare la durata dei materiali né qualitativamente né, tantomeno, quantitativamente.
Effetti dei cicli gelo-disgelo della prova JTD da Amoruso .
In realtà, infatti, il grado di saturazione di un materiale “edilizio” decresce dall’esterno (nella maggioranza dei casi la superficie più fredda) verso l’interno (più calda, la parete è isoterma, infatti, solo se si tratta di un parapetto), in altri termini le condi-
zioni di sollecitazione sono ben diverse (meno severe) delle condizioni di test delle norme sopra citate che prevedono il raggiungimento della saturazione delle porosità aperte dei prodotti considerati.
A questo proposito ci sono diverse alternative, tra le quali citiamo una prova conosciuta come JPD, svolta su cubi di medie
dimensioni (20x20x20 cm) del materiale considerato, che vengono sottoposti ad una differenza di temperatura tra le due facce, una in acqua a 24°C e l’altra inferiormente ad una piastra a –20°C. La prova si basa sull’innalzamento e abbassamento
dell’isoterma zero, prodotto scaldando o raffreddando l’acqua. Benché non ci siano accordi relativamente alla significatività
dei risultati ottenuti relativamente all’effettiva resistenza del materiale considerato nei confronti del meccanismo di degrado,
essa è considerata rappresentativa e confrontabile con la situazione reale di sollecitazione.
Immagine tratta da DAMAGEATLAS, «distacco ed espulsione di parti per azione del gelo» [“spalling”, p.71].
Alcuni materiali non sono, di fatto, sensibili all’azione dei cicli gelo-disgelo: molte pietre naturali, per esempio, in particolar
modo quelle a bassa porositàè, tra le sedimentarie, quelle meno caratterizzate da piani di sfaldatura; molti laterizi e ceramiche, che possono essere scarsamente sensibili al gelo se, appunto, la loro porosità aperta (valutabile in termini di assorbimento idrico) è contenuta entro determinati valori o se sono stati trattati in maniera tale da minimizzare, appunto,
l’assorbimento (per es. trattamenti silani-silossanici). Seguono gli intonaci che, se adeguatamente studiati e lavorati per minimizzare la formazione di cavillature da ritiro (vedi MdG0-016) facilmente assicurano la stessa resistenza al gelo dei laterizi
Effetti del gelo. Immagini tratte da GIACALONE 1997, [Fig. 2.7a, b e c, di pag.26 e fig. 1.8 di pag.13]. Nel primo caso si
tratta dell’«azione del gelo sulle tre differenti tipologie di faccia a vista: mattone pieno, trafilato e listelli». Nell’ultima, invece, gli autori presentano le «rotture per gelività. In un mattone a vista trafilato». Secondo loro, tale patologia è assai grave». Una volta che le azioni meccaniche prodotte dai cicli di gelo-disgelo hanno disgregato la porzione superficiale del
materiale, infatti, l’acqua avrebbe via libera verso l’interno e la tenuta all’acqua della parete sarebbe insufficiente o, comunque, tale da renderla assai sensibile a tutti i meccanismi di degrado collegati al ciclo dell’acqua.
Prevenzione in fase di progetto
Le scelte progettuali più efficaci sul piano della prevenzione dei danni che possono essere arrecati dai cicli di gelo-disgelo,
sono quelle che minimizzano l’apporto idrico alle superfici delle facciate.
Seguono quelle che minimizzano l’assorbimento dell’acqua ricevuta:
trattamenti superficiali
minimizzazione delle fessure e delle cavillature
sigillatura dei giunti
tenendo in considerazione, però, il fatto che la riduzione dell’assorbimento idrico non deve aumentare troppo la resistenza
alla diffusione del vapore tra il volume interno della parete e le sue superfici.
La scelta dei materiali utilizzati è fondamentale, ma anche il disegno dei dettagli deve minimizzare i punti critici, ovvero quelli
in cui è più difficile (se non impossibile) minimizzare l’apporto o il ristagno d’acqua e la formazione di fessure.
Prevenzione in fase di cantiere
I controlli in corso d’opera devono, in primo luogo, garantire la conformità delle caratteristiche dei materiali (assorbimento)
alle specifiche. Quindi garantire che le lavorazioni rispettino quelle prescrizioni della buona pratica che garantiscono che
prodotti adeguati forniscano prestazioni di durata conformi alle aspettative.