ieri e oggi - Fondazione Telios

L'Italia e le fonti rinnovabili di energia
Da circa un paio d'anni si è registrata un'inversione di tendenza sulle fonti
rinnovabili di energia, nel nostro paese. Non accade da noi soltanto, ad
esempio anche in Spagna è avvenuta la stessa cosa.
A fronte di una vera e propria corsa, che dal 2009 ha visto l'impennata degli
investimenti e della conseguente realizzazione di parchi fotovoltaici ed eolici,
dal 2012 si è assistito ad una frenata che ha varie cause.
Cause non solo economiche, conseguenti alla scoperta che l'incentivazione
concessa nei tre anni precedenti era stata troppo generosa, e sopratutto poco
avveduta sugli effetti per gli anni a venire.
Ostacolando in modo altrettanto crescente tutti coloro che - famiglie, imprese,
privati in genere - vorrebbero installare impianti di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili di vario genere, principalmente fotovoltaica ed
eolica.
Cause anche di tipo ambientalista: sì, proprio così.
D'improvviso, i pannelli fotovoltaici sono diventati deturpanti, specie se messi a
terra, così come le pale eoliche sono diventate uno sfregio al paesaggio, e un
attentato al silenzio e alla quiete.
In parallelo, sono aumentate le affermazioni, anche provenienti dal mondo
scientifico, sull'impossibilità di soddisfare il fabbisogno elettrico nazionale solo
ricorrendo a fonti rinnovabili di energia.
Da un lato, ufficialmente, nessuno si dichiara contrario alle rinnovabili. Dall'altro
lato, prese di posizione di associazioni varie e articoli di stampa mettono in
cattiva luce sia gli impianti che gli operatori che li realizzano, e vengono
emanati provvedimenti normativi che li ostacolano, li limitano, li caricano di
nuove tasse, e con provvedimenti retroattivi (tipici del nostro belpaese) ne
cambiano i piani di ammortamento.
Perchè tutto ciò, ci siamo chiesti, un po' per dovere d'ufficio (Telios è fondazione
onlus per la promozione e diffusione delle energie rinnovabili, del risparmio
energetico, della mobilità sostenibile, si legge nello statuto e sui cartoncini da
visita), un po' per curiosità e stupore.
Com'è possibile che un settore che fino a ieri godeva dell'approvazione
generale, sia diventato d'improvviso un mezzo nemico pubblico ?
In particolare, è davvero impossibile sotto il profilo tecnico soddisfare tutto il
fabbisogno energetico elettrico solo con fonti rinnovabili di energia ?
Solo gli impianti fotovoltaici ed eolici possono assicurarci l'autosufficienza
energetica, da un lato, e la riduzione delle emissioni climalteranti, dall'altro lato.
Contro queste due semplici affermazioni-constatazioni si affollano i pareri più
discordanti, le critiche più corrosive, le posizioni più scettiche, spesso basate su
analisi tecniche ed economiche autorevoli e non prive di logica.
Questo punto è importante, poiché da esso dipende la possibilità dell'Italia di
essere autosufficiente dal punto di vista energetico, che non è poco.
Le posizione contrarie essenzialmente sono:
- gli impianti fotovoltaici a terra consumano troppo territorio, specialmente
agricolo, e deturpano il paesaggio
- gli impianti eolici deturpano il paesaggio e disturbano l'avifauna
- gli incentivi concessi sono stati troppo generosi, e hanno alimentato la
speculazione
- l'intermittenza tipica di questi impianti li rende inadatti per alimentare le utenze
che richiedono invece continuità e modulabilità della fornitura di energia
Si aggiungono commenti del tipo:
- con gli incentivi troppo generosi abbiamo comprato impianti dagli stranieri,
tedeschi ieri e cinesi oggi, facendo loro un favore
- se si analizza il ciclo di vita (life cycle assessment - LCA) di questi impianti, si
scopre che non sono poi così ecologici o sostenibili.
Abbiamo cercato, con l’aiuto di due giovani stagisti, di inquadrare gli aspetti
tecnici e numerici da un lato (lavoro svolto da Jon García Aguirre, spagnolo
basco laureato in ingegneria chimica, presso Telios grazie ad una borsa di
studio europea, nello breve studio che chiamiamo “spazio e accumulo” per
prevità) e di spulciare le cronache per avere un florilegio delle affermazioni pro
e contro le rinnovabili (lavoro svolto da Giulia Baldoni, laureanda in economía).
Senza dimenticare un approccio il più pragmatico possibile: cosa si vede per la
strada.
Partiamo da questo aspetto.
Deturpa, non deturpa ? Essendo prevalentemente soggettivo, non è possibile
dire sì o no senza che qualcun altro dica il contrario.
Ci siamo limitati perciò a riportare ciò che si vede dall'alto (da Google Earth, o
dall'aereo in fase di atterraggio) in una delle due regioni prese a campione dei
nostri ragionamenti, in Puglia, dove i campi fotovoltaici a terra sono ampi e
numerosi.
E' possibile distinguerli dagli altrettanto ampi e numerosi vigneti coltivati a
tendone, e ricoperti di teli in plastica che servono a determinate pratiche
colturali?
L'esercizio si può fare anche percorrendo strade e autostrade della regione
pugliese.
I numeri
Lo studio “spazio e accumulo” ci dice che:
In Italia nel 2012 sono stati prodotti e consumati 307.219.100 Mwh, di cui
24.723.000 Mwh in Piemonte e 18.545.700 Mwh in Puglia
- in Piemonte, sempre nel 2012, gli impianti fotovoltaici hanno prodotto
1.426.100 Mwh (5,78% del fabbisogno), gli idroelettrici 6.615.400 Mwh (26,75%
del fabbisogno); il resto è stato coperto dagli impianti termoelettrici e per una
piccola parte da altri impianti da fonti rinnovabili (bioenergie, eolico)
- in Puglia, nel 2012, gli impianti fotovoltaici hanno prodotto 3.491.200 MWh
(18,8% del fabbisogno), gli impianti eolici 3.237.600 Mwh (17,5% del
fabbisogno); il resto è stato coperto dagli impianti termoelettrici e per una
piccola parte da idroelettrico e altre rinnovabili
Sono stati calcolati gli spazi per installare tutti gli impianti fotovoltaici necessari
a soddisfare i fabbisogni delle due regioni, al netto di quella già installata, oggi
coperti da fonti non rinnovabili (impianti termoelettrici) o da rinnovabili ma con
combustioni
La ricerca condotta ci offre un numero: quanto terreno è necessario occupare
con impianti fotovoltaici per installare tutta la potenza ancora necessaria a
soddisfare il fabbisogno energetico italiano, al netto di quella già installata.
I risultati:
In Piemonte, si possono teoricamente installare 2.691,4 MW di potenza
fotovoltaica sui tetti, mentre i restanti 12.423,6 MW debbono essere posizionati
a terra, occupando 316,8 km2 di terreno che sul totale della regione
rappresenta lo 1,25%.
In Puglia, 2.255,7 MW possono essere ancora installati sui tetti, mentre i
restanti 4.997,9 MW vanno posizionati a terra, occupando 127,4 km2 di terreno
che sul totale della regione rappresenta lo 0,66%.
Sono numeri insostenibili? No, non sono insostenibili
L'altro aspetto dirimente è la sostenibilità tecnica.
Le fonti rinnovabili di energia, eolica e fotovoltaica, sono per loro natura
intermittenti e non programmabili.
Solo quella idroelettrica dotata di bacini di accumulo è programmabile, anzi
perfettamente programmabile, tanto da poter essere utilizzata all'istante in caso
di maggior richiesta, o ridotta e spenta in caso di minor richiesta. Come nelle
anni 50, quando l’intero fabbisogno elettrico italiano era coperto dagli impianti
idroelettrici, che per lo natura, erano perfettamente in grado di essere
modulabili e di seguire quindi senza alcun problema la curva dei consumi
quotidiani di energia.
L'energia elettrica prodotta e immessa nella rete di distribuzione, che la porta
agli utilizzatori finali, non può infatti essere maggiore o minore della richiesta,
ossia del consumo, pena disfunzioni crescenti della rete stessa, sino al blocco,
al black-out di tutto il sistema.
Come fare, allora?
Utilizzando sistemi di accumulo (elettrochimico o di altro genere quale il
ripompaggio nei bacini idroelettrici) a fianco degli impianti di energia rinnovabile,
così da consentire loro di essere programmabili nell'immissione di corrente
elettrica nella rete.
Nello studio "spazio e accumulo" sono stati evidenziati alcuni numeri, senza
tuttavia pretendere di affrontare in modo esaustivo una materia così complessa,
dove entrano in gioco problemi di rete, ipotesi diverse di intervento di centrali
termoelettriche, ricorso ai sistemi di ripompaggio, fattori economici e tariffari.
Facendo astrazione da queste problematiche sulle quali è aperta oggi una
vivace discussione tra i diversi attori (autorità di regolazione, produttori
termoelettrici, produttori da rinnovabili, distributori di energia, gestore di rete,
ecc.) che potrà produrre risultati alquanto diversi rispetto alle aspettative di
ciascuno, ci si è limitati a mettere in evidenza che:
- senza altri apporti, il solo ricorso a fotovoltaico ed eolico imporrebbe quantità
di accumulo elettrochimico e installazioni di potenza sovradimensionate a causa
non solo delle intermittenze quotidiane ma sopratutto di quelle stagionali, e
difficili da realizzare sia per motivi economici che di spazio.
- rispetto alla più ovvia delle ipotesi, ossia di ricorrere al termoelettrico per
sopperire ai problemi di accumulo, vale la pena di esplorare il ricorso
all'idroelettrico - sia sotto forma di ripompaggio che di normali centrali a bacino per questa necessità.
- tale ipotesi è percorribile solo nel caso in cui fotovoltaico ed eolico giungano a
coprire gran parte del fabbisogno quotidiano di energia, consentendo così agli
impianti idroelettrici (già esistenti) di entrare in funzione solo per necessità di
regolazione (ed erogazione) notturna, o di imprevisti meteorologici stagionali.
La tendenza che sta emergendo, di dotare di sistemi di accumulo elettrochimico
gli impianti di energia rinnovabile di taglia piccola a servizio di un'unica utenza o
di utenze associate, consente di realizzare alla base il primo importante tassello
dell'autosufficienza energetica (vedi SEU, che sta per "sistemi efficienti di
utenza" normati da poco anche in Italia).
Il vero problema è che la discussione attorno a tali questioni è fortemente
influenzata dagli interessi commerciali oggi presenti, interessi forti e capaci di
bloccare sia l'innovazione che di orientare l'opinione pubblica.
Buona parte della campagna contro le rinnovabili non si spiega altrimenti.
Società sia pubbliche che private, di dimensione medio-grande (da ENEL a
Sorgenia, tanto per non far nomi, con numerose altre sia municipalizzate che
private diverse), che hanno investito molto in questi anni in centrali
termoelettriche ad alto rendimento e magari cogenerative (elettricità per la rete
elettrica e calore per il teleriscaldamento), assistono oggi alla riduzione dei
consumi dovuta sia alla contrazione economica sia alla quota crescente di
energia prodotta da fonti rinnovabili (circa il 27% nel 2012, oltre il 30% nel
2013).
La conseguenza è il sotto-utilizzo di tali centrali, quasi tutte a gas metano, e
quindi la mancanza di remunerazione del capitale investito.
L'opposizione di questi gruppi ad un incremento della produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili è palese, e si esplica in varie forme, tra cui anche la
sottolineatura delle difficoltà tecniche ed economiche oggettive che si
frappongono al raggiungimento di obiettivi ambiziosi di autosufficienza
energetica basata sulle rinnovabili
Come uscirne ?
Non c'è da essere ottimisti su una politica governativa coraggiosa, e sopratutto
lineare, che punti all'autosufficienza energetica dell'Italia, che non può che
essere basata sulle rinnovabili, come fatto in Germania. Il rapido accenno agli
obiettivi della politica tedesca in fatto di energia da fonti rinnovabili ci consente
di misurare, come sempre, la distanza tra noi e loro, tra improvvisatori e
metodici.
Le stesse acrimoniose critiche alla politica italiana degli incentivi (che spesso
nascondono un malcelato disappunto per non aver saputo o potuto essere della
partita degli "speculatori") ci ricordano che in Germania tale politica è stata
chiara e lineare fin dall'inizio (decrescita programmata) mentre da noi - a parte
la mancanza di programmazione - è stata oltretutto viziata da fattori contingenti
(sostegni ad aziende energivore in Sardegna, generalizzati poi a tutti) e
distorsivi.
Mentre è possibile proseguire sulla strada delle rinnovabili anche senza
incentivi, le vere difficoltà oggi nascono dalla ragnatela di norme, spesso locali,
connesse a prese di posizioni esagerate e spesso strumentali, di cui lo studio
ne elenca alcune.
Come sempre, solo la conoscenza diretta e approfondita dei fatti, delle
tecniche, degli effetti, delle politiche, consente di esprimere giudizi pacati e non
emozionali.
La leva e il punto d'appoggio per sollevare il mondo potrebbe essere invece
l'aspirazione sempre più diffusa all'autosufficienza energetica a livello locale,
che si coniuga con l'aspirazione alla libertà energetica ?
Il concetto inizia a diffondersi, in antitesi sia con le pressioni contro le rinnovabili
(gli autosufficienti non chiedono nulla), sia con la constatazione dell'enormità
del problema del rifacimento della rete elettrica (gli autosufficienti garantiscono
un impatto minimo o nullo sulla rete esistente).
Qui il problema sta di nuovo tutto nel conflitto di interessi che si crea tra gli
autosufficienti, che erodono ulteriori spazi e fatturati ai produttori termoelettrici,
e questi ultimi, che non vogliono certo assistere impotenti alla loro progressiva
riduzione.
Sotto il profilo tecnico, isole sempre più numerose di produttori-consumatori di
energia elettrica da fonti rinnovabili sono perfettamente compatibili con l'attuale
architettura della rete, posto che abbiano capacità di accumulo autonome e
richiedano input dalla rete nei momenti di prolungata sotto-produzione (ad
esempio fotovoltaico d'inverno in giornate consecutive di brutto tempo).
L'unico inconveniente è che ….. oggi sono proibite !
In Italia, infatti, è consentita unicamente l'unità produttiva singola a servizio
dell'utenza singola, e sempre con collegamento tariffario e quindi di prelievo
fiscale alla rete, su tutta l'energia prodotta.
Potremo un giorno non lontano vedere non solo più i lampioni d'illuminazione
stradale autosufficienti (alimentati da un piccolo pannello fotovoltaico con
batteria di accumulo e micro-inverter, come già oggi si vedono numerosi lungo
le strade extra-urbane), ma anche gruppi di case, condomini, gruppi di
capannoni, autosufficienti anch'essi ? Con costi finali dell'energia elettrica
prodotta e distribuita pari a circa 1/3 di quelli attualmente in bolletta?
Questo breve studio vuole essere un piccolo contributo in tal senso.
Scoraggiarsi oggi dall'impiantare fonti di energia rinnovabili solo perchè "se ne
parla male" mentre fino a ieri se ne parlava solo bene, sarebbe un errore.
Fotovoltaico ed eolico non sono una moda, sono l'unica alternativa oggi
praticabile per non dipendere dal gas o altre fonti fossili che vengono
dall'estero, e per non produrre combustioni e gas-serra per avere l'elettricità di
cui abbiamo bisogno.
Dimenticarlo sarebbe imperdonabile.
Torino, 1 agosto 2014
Umberto Novarese
Jon Garcia Aguirre
Giulia Baldoni
Fondazione Telios