Spettroscopia rotazionale sub

` DEGLI STUDI DI PISA
UNIVERSITA
` DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
FACOLTA
CORSO DI LAUREA IN FISICA
Tesi di Laurea:
SPETTROSCOPIA ROTAZIONALE
SUB-DOPPLER SU CH3I
Candidato:
Davide Mazzotti
Relatore:
Chiar.mo Prof. P. Minguzzi
Controrelatori:
Chiar.mo Prof. G. Alzetta
Chiar.mo Prof. M. Giordano
Anno Accademico 1995-96
Tesina:
MISURA DELLA VITA MEDIA DEL LEPTONE τ A LEP
` τ −µ
E UNIVERSALITA
Relatore: Chiar.mo Prof. A. Lusiani
Indice
Introduzione
6
1 Evoluzione delle tecniche di doppia risonanza
10
1.1
Origini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.2
Sviluppi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3
1.2.1
Doppia risonanza microonde-microonde . . . . . . . . . . . . . 11
1.2.2
Doppia risonanza infrarosso-microonde . . . . . . . . . . . . . 15
Innovazioni recenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2 Apparato sperimentale
2.1
19
Risuonatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.1.1
Descrizione meccanica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.1.2
Propriet`a elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.2
Sistema di vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.3
Sezione a microonde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.4
2.3.1
Elementi del circuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.3.2
Stabilizzazione in frequenza del klystron . . . . . . . . . . . . 28
2.3.3
Sistema di rivelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.3.4
Standard di frequenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
Sezione a infrarosso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.4.1
Laser a CO2 convenzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.4.2
Laser a CO2 in guida dielettrica . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
3
2.5
2.4.3
Stabilizzazione in frequenza del laser convenzionale . . . . . . 35
2.4.4
Stabilizzazione in offset di frequenza del laser in guida
2.4.5
Procedure di allineamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
. . . . 37
Calcolatore e interfacccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
3 Livelli energetici del CH3 I
43
3.1
Simmetrie ed energia vibrazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.2
Energia rotazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.3
Energia di quadrupolo elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.4
Energia di accoppiamento spin-rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.5
Costanti molecolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4 Acquisizione ed elaborazione dati
4.1
4.2
Tecniche di acquisizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
4.1.1
Curva di trasmissione della cavit`a . . . . . . . . . . . . . . . . 53
4.1.2
Riga in doppia risonanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
4.1.3
Descrizione di una giornata tipica di misure . . . . . . . . . . 55
4.1.4
Problemi incontrati e successi conseguiti . . . . . . . . . . . . 56
Metodo di elaborazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4.2.1
Modello teorico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4.2.2
Algoritmo di fit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
5 Misure effettuate
5.1
5.2
5.3
52
66
Transizioni vibro-rotazionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
5.1.1
Procedura di determinazione delle frequenze . . . . . . . . . . 67
5.1.2
Risultati e commenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
Transizioni rotazionali nello stato vibrazionale v = 0 . . . . . . . . . . 76
5.2.1
Procedura di determinazione delle frequenze . . . . . . . . . . 76
5.2.2
Risultati e commenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
Transizioni rotazionali nello stato vibrazionale v = 1 . . . . . . . . . . 78
4
5.4
5.5
5.3.1
Procedura di determinazione delle frequenze . . . . . . . . . . 80
5.3.2
Risultati e commenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
Sorgenti di errore sistematico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
5.4.1
Potenza delle radiazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
5.4.2
Limiti della stabilizzazione in frequenza . . . . . . . . . . . . . 84
5.4.3
Modulazione in ampiezza delle radiazioni . . . . . . . . . . . . 86
5.4.4
Pulling della cavit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
Possibili miglioramenti delle costanti molecolari . . . . . . . . . . . . 88
Conclusioni
89
Bibliografia
91
5
INTRODUZIONE
In questo lavoro presentiamo i risultati dell’applicazione di una sofisticata tecnica
spettroscopica allo studio di alcune transizioni rotazionali e vibro-rotazionali del
CH3 I gassoso a bassa pressione. Si tratta di un metodo di doppia risonanza messo
a punto di recente, che consente misure ad alta risoluzione nella regione delle onde
millimetriche.
Nel capitolo 1 viene proprio evidenziato in che cosa consistono la novit`a e i vantaggi di questa tecnica rispetto a quelle di doppia risonanza tradizionali, impiegate
ormai da circa 40 anni. La scelta del CH3 I `e dovuta al fatto che si tratta di una
molecola con uno spettro abbastanza intenso e mediamente complicato: si presenta,
quindi, come un buon banco di prova per tecniche spettroscopiche innovative come
la nostra. Finora questa tecnica era stata impiegata con successo solamente per
effettuare misure su transizioni vibro-rotazionali v6 = 0 → 1 e su transizioni rotazionali nello stato vibrazionale eccitato v6 = 1. La novit`a di questo lavoro consiste
nell’estensione di tale tecnica a misure su transizioni rotazionali anche nello stato
vibrazionale fondamentale.
Il gas `e contenuto in un risuonatore per microonde di tipo Fabry-Perot ibrido,
che `e descritto in dettaglio, insieme alle altre parti dell’apparato sperimentale, nel
capitolo 2. Per tutte le misure si sfruttano 2 coincidenze tra le frequenze delle
transizioni del CH3 I e quelle delle sorgenti di radiazione a nostra disposizione: la
banda vibro-rotazionale R R8 (9) (v6 = 0 → 1) del CH3 I coincide con la riga 10P (8)
di un laser a CO2 (≈ 28.6 T Hz: infrarosso); i multipletti rotazionali del CH3 I
con J = 9 ↔ 10 e |K| = 8, 9 coincidono con la frequenza di emissione, duplicata,
del klystron che `e disponibile in laboratorio (≈ 150 GHz: microonde). Il laser a
CO2 impiegato per eccitare le transizioni vibro-rotazionali `e in guida dielettrica
ed `e stabilizzato in offset di frequenza rispetto a un laser a CO2 convenzionale, il
quale `e stabilizzato, a sua volta, sulla fluorescenza saturata della CO2 stessa. Il
6
klystron, invece, `e stabilizzato in frequenza rispetto a un quarzo a 5 M Hz riferito a
un orologio atomico al rubidio, tramite una catena di moltiplicazione e un circuito
di sincronizzazione in fase.
L’idea generale dell’esperimento `e la doppia risonanza tra le radiazioni in infrarosso e a microonde, che si propagano in maniera collineare, e le transizioni tra gli
stati del CH3 I. La funzione della radiazione in infrarosso, che viene modulata in
ampiezza tramite un chopper meccanico, `e quella di svuotare, seppur in minima parte, un particolare sottolivello rotazionale (J = 9, |K| = 8) nello stato vibrazionale
fondamentale e popolarne uno nello stato vibrazionale eccitato (J = 10, |K| = 9),
altrimenti vuoto. La funzione delle radiazione a microonde `e quella di produrre sul
gas assorbimento o emissione stimolata, a seconda che sia sintonizzata su una transizione rotazionale nello stato vibrazionale fondamentale o in quello eccitato, dove,
grazie al laser di pompa, si realizza una piccola inversione di popolazione. Un diodo
molto sensibile rivela la potenza a microonde trasmessa dal gas e un lock-in ne amplifica la componente in fase con il chopper del laser. Questo procedimento equivale
a effettuare la differenza tra il segnale a microonde osservato con il laser che eccita il
gas e quello senza laser. Un calcolatore gestisce l’acquisizione dati, effettuando una
spazzata in frequenza a step delle microonde e registrando il segnale proveniente dal
lock-in.
Siccome i livelli energetici del CH3 I sono complicati anche da una struttura
iperfine di quadrupolo elettrico, `e indispensabile conoscere in anticipo e con buona
approssimazione le frequenze delle transizioni che si vogliono misurare, in modo da
poterle identificare con certezza. Nel capitolo 3 vedremo proprio come si calcolano
le frequenze previste, a partire dalle costanti molecolari riportate in letteratura.
La risoluzione ottenuta nelle nostre misure `e sub-Doppler sia per le transizioni
rotazionali (≈ 3 kHz), sia per quelle vibro-rotazionali (≈ 100 kHz). Questo fatto
notevole `e dovuto alla collinearit`a dei 2 tipi di radiazione, che implica una selezione
in velocit`a delle molecole del gas: vengono eccitate dal laser solamente quelle che
possiedono la giusta componente di velocit`a lungo la direzione di propagazione del
7
fascio e, quindi, solo queste prendono parte alla doppia risonanza. La prova pi`
u evidente che dimostra in modo inequivocabile che si `e scesi sotto la risoluzione Doppler
`e il fatto che, se il laser non `e perfettamente risonante con la transizione vibrorotazionale, il segnale presenta 2 righe splittate anzich´e una sola. Questo si spiega
nel seguente modo: le molecole risonanti con la radiazione in infrarosso hanno, in
generale, una componente non nulla di velocit`a lungo la direzione del fascio laser; le
microonde co-propagantisi rispetto a tali molecole risuoneranno, quindi, a frequenza
superiore, quelle contro-propagantisi a frequenza inferiore. Abbiamo potuto misurare le frequenze vibro-rotazionali proprio utilizzando il fatto che, variando l’offset
di frequenza del laser, varia proporzionalmente anche lo splitting delle righe.
Eliminato l’allargamento per effetto Doppler, restano, per`o, cause residue di
allargamento: le collisioni tra le molecole (si pu`o diminuirne l’effetto, abbassando
sufficientemente la pressione) e la saturazione delle righe (a pressioni molto basse `e
quasi ineliminabile). Ci sono, poi, altre cause di allargamento di minor importanza,
ma non completamente trascurabili: la risoluzione limitata nella stabilizzazione in
frequenza del laser in guida al valore impostato e le collisioni con le pareti del
risuonatore (intrinseche all’apparato utilizzato).
Come verr`a illustrato nel capitolo 4, ogni acquisizione di una riga in doppia
risonanza presuppone sempre un’acquisizione della curva di trasmissione della cavit`a
risonante riempita col gas. Questo perch´e nel modello impiegato per analizzare i dati
non si pu`o separare completamente l’effetto del risuonatore da quello della doppia
risonanza che si vuole osservare.
Il capitolo 5 sar`a riservato all’esposizione dei risultati delle misure effettuate, con
particolare riguardo ai casi in cui il nostro metodo mostra in pieno le sue potenzialit`a,
ovvero quelli in cui la spettroscopia tradizionale in assorbimento a microonde (senza
laser) si troverebbe quasi (o del tutto) impotente. Il caso ha voluto, infatti, che 2
delle transizioni rotazionali da noi misurate nello stato vibrazionale fondamentale
capitassero molto vicine ad altre pi`
u intense e con diverso |K|. In queste condizioni
sarebbe alquanto proibitivo, disponendo solo delle curve di trasmissione della cavit`a
8
col gas scavate da buche di assorbimento con larghezza maggiore di quella Doppler,
riuscire a risolvere righe sovrapposte. L’utilizzo del laser permette, invece, di affrontare con successo anche questi difficili casi di coincidenza tra frequenze di transizioni
rotazionali con numeri quantici diversi.
9
Capitolo 1
Evoluzione delle tecniche di
doppia risonanza
In questo capitolo ci proponiamo di fornire una breve rassegna storico-bibliografica
a proposito della tecnica generale su cui si basa il nostro esperimento.
Descriveremo, quindi, come `e nata la tecnica della doppia risonanza, quali sono
stati i successivi sviluppi e in che cosa consistono le recenti innovazioni introdotte, da
qualche anno a questa parte, presso il laboratorio in cui si `e svolto il presente lavoro
di tesi. Nei libri che citeremo si possono trovare, poi, ulteriori ed ampi riferimenti
bibliografici per approfondire la conoscenza su quanto `e stato fatto prima di noi e
che, a dire la verit`a, costituisce un presupposto storico, ma, come vedremo, non ha
molto in comune col nostro lavoro.
1.1
Origini
Uno degli articoli maggiormente citati in letteratura come primo esempio di applicazione di una tecnica sperimentale di doppia risonanza `e il lavoro del 1959 di
Battaglia-Gozzini-Polacco [1]. Nel loro esperimento studiarono un sistema a 3 livelli
|1i, |2i e |3i, corrispondenti rispettivamente agli stati rotazionali J = 1, J = 2 e
J = 3 di OCS gassoso, con 2 sorgenti di radiazione a microonde (µw) sintonizzabili
10
intorno alle transizioni |1i → |2i e |2i → |3i. Una delle 2 radiazioni fungeva da
pompa, essendo di una potenza tale da modificare notevolmente le popolazioni degli
stati |1i e |2i, saturando la transizione |1i → |2i. L’altra, di potenza molto minore per non alterare in modo apprezzabile le popolazioni dei livelli, fungeva, invece,
da sonda per osservare come cambiavano la forma, l’intensit`a e la frequenza della
transizione |2i → |3i in presenza della radiazione di pompa. Questo lavoro mostr`o
come fosse possibile e molto interessante fare esperimenti di doppio irraggiamento
nella regione delle microonde.
1.2
Sviluppi
Su questa stessa idea di fondo si basarono i successivi esperimenti di doppia risonanza
microonde-microonde effettuati negli anni ’60 e ’70 (si veda la bibliografia riportata
in [2, 3]) e quelli di doppia risonanza infrarosso-microonde effettuati a partire dagli
anni ’70, grazie all’avvento dei laser in infrarosso (IR) a CO2 e al loro successivo
sviluppo. In entrambi i casi fu utilizzato sia uno schema a 3 livelli, uno dei quali
era comune a 2 transizioni, sia uno a 4 livelli, studiando gli effetti di trasferimento
di popolazione per collisioni.
1.2.1
Doppia risonanza microonde-microonde
La presenza di un’intensa radiazione di pompa rischia di accecare il rivelatore e,
quindi, bisogna, innanzitutto, escogitare un modo in cui disaccoppiare il rivelatore
` necessario, inoltre, inventare un sistema per raggiungere un effetto
dalla pompa. E
equivalente a quello di mettere e togliere il gas nello spettrometro, operazione che
non `e effettuabile in tempi abbastanza brevi per eliminare il fastidioso rumore 1/f
sul rivelatore stesso. Vediamo, ad esempio, 2 modi alternativi di risolvere il primo
problema [2]. In fig. 1.1-(a) (tratta da [4]) tale scopo `e raggiunto inserendo un
isolatore a guida d’onda, in modo da bloccare la propagazione della radiazione di
pompa verso il rivelatore; in fig. 1.1-(b) (tratta sempre da [4]) si utilizza, invece,
11
l’espediente di far propagare in versi opposti la radiazione di pompa e quella di sonda,
che deve essere rivelata. In entrambi gli apparati sperimentali il secondo problema `e
risolto con il sistema della modulazione Stark, che permette di raggiungere frequenze
fino a circa 100 kHz. Si possono individuare altri elementi comuni ai 2 apparati:
una frazione della radiazione di pompa viene inviata a un circuito secondario per
misurarne la frequenza e l’intensit`a; il rivelatore `e collegato a un rivelatore di fase
(P SD) che rivela, appunto, la componente del segnale proveniente dal rivelatore
in fase con la modulazione del campo elettrico nella cella contenente il gas; un
oscilloscopio permette di visualizzare tale segnale ed effettua anche la spazzata in
frequenza, inviando la sweep al klystron che produce la radiazione di sonda.
In esperimenti di questo tipo ci si deve scontrare, per`o, con difficolt`a di interpretazione dei segnali misurati. Un primo effetto `e lo splitting per coerenza, che
si verifica quando la radiazione di pompa `e molto intensa: le popolazioni dei 2 livelli la cui transizione `e risonante con tale radiazione oscillano in modo coerente
alla frequenza di Rabi, producendo effetti dello stesso tipo anche sulla transizione
risonante con la radiazione di sonda. Lo splitting risultante `e proporzionale alla
radice quadrata della potenza della radiazione di pompa. Un secondo effetto, concettualmente non molto diverso, `e il power-shift, cio`e lo spostamento del centro del
segnale in doppia risonanza a causa della potenza della radiazione di pompa. Esso
si annulla solo quando la frequenza della pompa stessa `e perfettamente risonante
con la transizione molecolare. Un terzo effetto, peculiare della modulazione Stark,
`e la comparsa, oltre che del picco corrispondente al segnale da misurare, anche di
buche corrispondenti alle componenti Stark, ai diversi M , che si separano quando
viene applicato il campo elettrico. Sono facilmente riconoscibili, poich´e si tratta di
segnali negativi, ma possono ugualmente sorgere problemi quando si sovrappongono
al segnale positivo che si vuole misurare, deformandolo in modo indesiderabile.
Per ovviare a tale inconveniente, in altri esperimenti `e stata utilizzata la tecnica
di modulazione di ampiezza, il cui apparato sperimentale `e mostrato in fig. 1.2
(tratta da [5]). La radiazione di pompa viene accesa e spenta da un diodo PIN,
12
Figura 1.1: Schema generale di 2 spettrometri a modulazione Stark per misure in
doppia risonanza microonde-microonde.
13
Figura 1.2: Schema generale di uno spettrometro a modulazione di ampiezza per
misure in doppia risonanza microonde-microonde.
in grado di produrre una modulazione a onda quadra con profondit`a del 100% e
frequenza fino a 30 kHz. Il resto dell’apparato sperimentale `e essenzialmente lo
stesso di fig. 1.1. Anche in questi casi, particolare cura va riservata all’isolamento
del rivelatore dalla radiazione di pompa, che deve essere, tipicamente, almeno di
circa 80 dB, dato che la variazione nell’assorbimento della radiazione di sonda `e
minima. Se lo spettrometro `e ben costruito, permette di raggiungere prestazioni che
sono comparabili con quelle di uno spettrometro a modulazione Stark, ma la forma
dei segnali che si ottengono `e abbastanza diversa. Inoltre si verifica la formazione di
segnali spuri anche quando la radiazione di pompa non `e perfettamente sintonizzata
sulla transizione molecolare.
14
1.2.2
Doppia risonanza infrarosso-microonde
Gli esperimenti di questo tipo si possono suddividere subito in 2 categorie: si pu`o
utilizzare come pompa la radiazione IR e come sonda quella a µw, oppure, alternativamente, si pu`o fare la scelta inversa. Nel primo caso la radiazione IR deve
essere intensa e quella a µw debole. Nel secondo caso, invece, entrambe le radiazioni
devono essere intense.
Sonda a microonde
Il vantaggio di utilizzare una radiazione di pompa nella regione dell’infrarosso `e che
si riescono a ottenere variazioni di popolazione superiori (oltre 10 volte) rispetto
all’utilizzo di una pompa a µw [6]. I motivi sono essenzialmente 2: la differenza
iniziale di popolazione tra livelli vibrazionali `e molto maggiore che tra livelli rotazionali e le sorgenti laser sono molto pi`
u intense (∼ 10 W ) rispetto a quelle a µw
(∼ 100 mW ). L’unico svantaggio in questo senso `e che, essendo la larghezza Doppler IR molto maggiore di quella a µw, partecipano al processo di pompaggio solo
alcune molecole: quelle che possiedono una componente di velocit`a tale da assorbire
la radiazione IR. Il gas molecolare `e racchiuso in una cella costituita da una guida
d’onda in cui la tenuta di vuoto `e assicurata da 2 setti di teflon posti ai suoi estremi.
Il fascio laser attraversa la cella passando per 2 finestre di Brewster in germanio
poste in corrispondenza di 2 curve della guida. Pu`o essere utile focalizzare il fascio
nel punto d’ingresso nella guida, rendendolo divergente in modo da farlo propagare
per riflessioni multiple sulle pareti interne della guida stessa. In tal modo si selezionano pi`
u classi di velocit`a, ma aumentano le perdite di potenza IR. La modulazione
pu`o essere effettuata o direttamente sulla radiazione di pompa, tramite un chopper
meccanico, o su un campo Stark applicato a 2 pareti della cella o in tutti e 2 i modi
contemporaneamente, utilizzando 2 rivelatori di fase posti in serie (questa tecnica
di doppia modulazione non `e pi`
u molto usata). Uno o due P SD rivelano, infine, la
componente del segnale di assorbimento della radiazione di sonda a µw in fase con
15
la modulazione.
Sonda in infrarosso
Il vantaggio di utilizzare una radiazione di sonda nella regione dell’infrarosso `e che,
rivelando fotoni di frequenza superiore, si ottiene una maggior sensibilit`a. Il gas
molecolare `e racchiuso in una cella della stessa forma di quella descritta sopra, ma
posta all’interno della cavit`a risonante del laser, anzich´e fuori. Questo accorgimento
ha il vantaggio che, se il laser si trova in condizioni di guadagno vicine alla soglia
di innesco dell’oscillazione, piccole variazioni del guadagno indotte dalla radiazione
di pompa a µw producono grossi effetti sull’intensit`a della radiazione IR di sonda.
Ci sono, per`o, diversi svantaggi che controbilanciano questo vantaggio. Innanzitutto, risulta complicata una determinazione quantitativa del trasferimento delle
popolazioni, poich´e entrambe le radiazioni sono intense e, quindi, disturbano la loro distribuzione. In secondo luogo, diventano critici l’allineamento e la stabilit`a in
frequenza del laser, in quanto la presenza, al suo interno, della cella contenente il
gas fa dipendere la potenza della radiazione IR dalla pressione del gas stesso, che
modifica l’indice di rifrazione e, quindi, la lunghezza ottica della cavit`a risonante. In
terzo luogo, non `e semplice costruire una cella che trasmetta bene sia la radiazione
IR, sia quella a µw; e comunque non si pu`o arrivare a frequenze della radiazione a
µw superiori a qualche decina di GHz, poich`e la guida diventerebbe troppo stretta
per lasciar passare indisturbato il fascio laser. Una significativa evoluzione di questo
tipo di doppia risonanza si `e avuta, invece, nella direzione delle basse frequenze: sono stati fatti esperimenti accurati di doppia risonanza impiegando radio-frequenze
(anzich´e µw) all’interno della cavit`a di un laser IR [7, 8]. Come vedremo, questi
esperimenti hanno fornito i risultati pi`
u precisi disponibili prima del nostro lavoro.
16
1.3
Innovazioni recenti
Risale ad appena 3 anni fa [9, 10] il primo caso di utilizzo della tecnica della doppia
risonanza effettuata inviando sul gas molecolare da investigare, oltre alla consueta
radiazione IR (νIR ≈ 28.1T Hz), radiazione a µw nella regione delle onde millimetriche (νµw ≈ 152 GHz). Fino a quel momento nessuno era ancora riuscito nell’intento
di mettere a punto un apparato sperimentale in grado di ottenere tale risultato.
Nel lavoro su citato si studia l’allargamento collisionale del CH3 Br su transizioni
rotazionali nello stato vibrazionale eccitato con v6 = 1 e l = −1. Nella misura del
coefficiente di allargamento collisionale `e stata anche determinata la larghezza di riga residua a pressione nulla: essa `e risultata inferiore a quella Doppler. Questo fatto
notevole `e stato reso possibile dall’apparato utilizzato, grazie alla selezione in velocit`a operata dalla radiazione IR nell’eccitazione delle molecole e alla propagazione
collineare dei 2 tipi di radiazione coinvolti nella doppia risonanza.
In un successivo lavoro [11, 12], con un apparato sperimentale molto migliorato, `e
stata proseguita l’indagine sul coefficiente di allargamento collisionale (questa volta
per il CH3 I), evidenziandone un aspetto totalmente nuovo: la sua dipendenza dalla
velocit`a relativa media nell’urto tra le molecole. Ne segue che il termine omogeneo
non `e del tutto esatto quando viene riferito all’allargamento collisionale, anche se
non c’`e assolutamente paragone con quello veramente inomogeneo dovuto all’effetto
Doppler. Il presupposto irrinunciabile per effettuare misure di questo tipo resta
sempre la selezione in velocit`a, ottenuta senza dover ricorrere a costosi apparati per
fasci molecolari: oltre al non trascurabile vantaggio economico, c’`e anche quello di
riuscire a vedere righe molto deboli, grazie a un cammino efficace di assorbimento
molto pi`
u lungo, ottenuto tramite un risuonatore per µw.
Nel lavoro immediatamente precedente a questo [13, 14], infine, `e stato misurato
il momento di dipolo elettrico del CH3 I nello stato vibrazionale eccitato v6 = 1, con
un’accuratezza relativa di circa 4 · 10−4 . Per effettuare tale misure si sono impiegate
2 diverse tecniche sperimentali: spazzata della frequenza delle µw a campo elettrico
17
fissato e, viceversa, spazzata del campo elettrico a frequenza delle µw fissata. L’applicazione di un campo elettrico `e resa possibile dal modo in cui `e stato concepito
e costruito il risuonatore per le µw: sono presenti 2 piastre Stark distanziate di
16 mm, che, oltre a guidare la radiazione a µw, fungono anche da condensatore, al
quale pu`o essere applicata una tensione variabile nel range 0 ÷ 300 V .
Mettiamo ora in evidenza le differenze sostanziali tra questa nuova tecnica di
doppia risonanza, utilizzata anche nel presente lavoro, e quelle descritte nei paragrafi precedenti. Innanzitutto le 2 radiazioni impiegate, quella IR di pompa e quella
a µw di sonda, sono entrambe deboli, non essendo assolutamente necessario saturare
le transizioni, n`e produrre grosse variazioni delle popolazioni dei livelli per vedere
dei segnali con un buon rapporto segnale/rumore. Questo `e reso possibile dalla
straordinaria sensibilit`a del rivelatore per µw di cui disponiamo. Come conseguenza
di questo fatto, non dobbiamo scontrarci con nessuno dei problemi interpretativi
descritti sopra per le tecniche tradizionali: splitting per coerenza, power-shift, comparsa di segnali spuri, ecc. Tutti questi effetti sono trascurabili per parecchi ordini di
grandezza: effetti di saturazione delle transizioni IR del CH3 I da noi studiate sono
stati ottenuti con densit`a di potenza circa 1000 volte superiori a quelle da noi impiegate [15]. Si evitano anche molte difficolt`a dell’apparato sperimentale, in particolare
l’isolamento del rivelatore dalla radiazione di pompa e la propagazione del fascio laser in una guida d’onda per µw. Inoltre, uno degli effetti limitanti per l’efficacia
delle tecniche convenzionali di doppia risonanza infrarosso-microonde, la selezione
di velocit`a operata dalla radiazione IR, `e, quasi per assurdo, proprio l’elemento determinante nel nostro esperimento per poter raggiungere la risoluzione sub-Doppler.
Come vedremo, questo `e reso possibile dalla buona stabilit`a in frequenza del nostro
laser.
18
Capitolo 2
Apparato sperimentale
In questo capitolo descriviamo l’apparato sperimentale (fig. 2.1) suddividendolo in 5
parti principali: il risuonatore, il sistema di vuoto, la sezione a microonde, la sezione
a infrarosso e l’acquisizione dati.
Figura 2.1: Schema generale dell’apparato sperimentale.
Il CH3 I gassoso interagisce con le radiazioni a µw e IR introdotte all’interno
del risuonatore; la radiazione a µw trasmessa viene rivelata all’uscita e i dati sono
acquisiti dal calcolatore.
19
2.1
Risuonatore
Per effettuare spettroscopia a µw su un gas molecolare `e utile confinare spazialmente
la radiazione, in modo da ottenere un cammino di assorbimento lungo, impiegando
un apparato di dimensioni relativamente modeste. Il risuonatore impiegato [16] si
pu`o definire ibrido, in quanto la radiazione a µw si propaga in modo guidato in una
delle 3 direzioni spaziali, mentre si propaga in modo risonante nelle altre 2 direzioni
(fig. 2.2). Si rende anche possibile, in tal modo, l’applicazione di un campo elettrico
Figura 2.2: Struttura del risuonatore Fabry-Perot ibrido.
omogeneo sulla zona investita dalle µw, in vista di eventuali esperimenti di effetto
Stark.
2.1.1
Descrizione meccanica
Descriviamo brevemente le parti che costituiscono il risuonatore. Due piastre di
vetro parallele, di dimensioni ap × bp × cp = 20.0 × 0.5 × 87.0 cm, poste a distanza
nominale d = 16 mm tramite distanziali di precisione in vetro, sono rivestite internamente di un sottile strato di rame per una lunghezza L0 = 83.0 cm, realizzando
20
ˆ Due specchi in alluminio, uno piano
il confinamento guidato lungo la direzione Y.
e uno cilindrico concavo con raggio di curvatura rs ≈ 5 m, sono inseriti in modo
coassiale alle estremit`a delle piastre, realizzando il confinamento risonante lungo le
ˆ e Z.
ˆ Le superfici riflettenti hanno dimensioni as × bs = 18.0 × 1.6 cm,
direzioni X
riflettivit`a RAl ≈ 0.94 a 10.5 µm e la loro distanza dallo strato di rame `e 3 mm
per lo specchio piano, 3 ÷ 15 mm per quello cilindrico: si evita, in tal modo, il
contatto ohmico con le piastre Stark. La struttura portante `e costituita da 3 barre
cilindriche di Superinvar fissate, parallelamente all’asse del risuonatore, a 4 sostegni
di alluminio a forma di L. I 2 sostegni terminali servono da supporto per gli specchi, i 2 centrali per le piastre. La profondit`a degli specchi `e stata scelta in modo
da minimizzare le variazioni termiche della loro distanza relativa, realizzando una
quasi totale compensazione di 2 effetti di dilatazione termica che agiscono in verso
opposto all’aumentare della temperatura: le barre fanno aumentare tale distanza,
mentre l’allungamento degli specchi la fa diminuire.
Lo specchio piano `e fisso e, volendo utilizzare il risuonatore per esperimenti
di spettroscopia in doppia risonanza, vi sono state praticate 2 coppie di fori per
l’ingresso e l’uscita dei 2 tipi di radiazione. I fori per la radiazione IR sono di forma
circolare con raggio rIR = 4 mm e sono posti nella zona periferica dello specchio
a distanza dIR = 15.0 cm, simmetricamente rispetto all’asse dell’interferometro.
Quelli per la radiazione a µw sono di forma rettangolare, di dimensioni aµw × bµw =
1.5 × 3.5 mm (sostanzialmente quelle delle guide in banda V) e sono posti nella zona
centrale dello specchio a distanza dµw = 14 mm, in modo che il foro d’ingresso sia
sull’asse dell’interferometro e il campo elettrico sia parallelo alle piastre Stark.
Lo specchio cilindrico `e montato su un carrello mobile, che pu`o essere spostato
da una vite micrometrica azionata da un piccolo motore elettrico con riduttore di
giri, il quale `e pilotato a impulsi di tensione da un driver elettronico. Questa serie
ˆ con una corsa di
di dispositivi `e in grado di spostare il carrello lungo la direzione Z
11.5 mm (pari a 12 modi assiali di risonanza del Fabry-Perot, per νµw = 150 GHz)
e una risoluzione di circa 0.1 µm (traslazione corrispondente a un singolo impulso),
21
anche se per la lettura della posizione si utilizza un encoder con display che limita
la risoluzione a 0.5 µm. La lunghezza della cavit`a, quindi, pu`o variare nel range
L = 83.6 ÷ 84.8 cm.
2.1.2
Propriet`
a elettromagnetiche
I 2 tipi di radiazione si comportano in modo diverso nel passaggio attraverso il risuonatore (fig. 2.3). La radiazione a µw si configura in un modo stazionario assiale
ˆ in cui, ponendo l’origine del sistema di coordinaT EMmnq guidato in direzione Y,
te nel centro dello specchio piano, una generica componente dei campi elettrico e
magnetico ha la seguente espressione [17]:
"
w0
u(X, Y, Z) ∝
w(Z)
#1
2
(
"
X2
kg X 2
exp − 2
− i kg Z − φ(Z) +
+ kc Y
w (Z)
2r(Z)
#)
(2.1)
dove

Ã
w(Z) = w0 1 +

!2  12
2Z

kg w02
Ã
kg w02

r(Z) = Z 1 +
2Z
!2 

Ã
1
2Z
φ(Z) =
arctan
2
kg w02
(2.2)
(2.3)
!
(2.4)
e i vettori d’onda sono:
kc =
π
d
Ã
kg =
(2.5)
ω2
² − kc2
c2
!1
2
(2.6)
Le condizioni di risonanza sono essenzialmente 2: la lunghezza L del risuonatore
deve essere un multiplo della semi-lunghezza d’onda λg /2; il raggio di curvatura
del fronte equifase della radiazione in corrispondenza dello specchio cilindrico deve
essere r(L) = rs . Si derivano, quindi, le seguenti equazioni:
Ã
1
2L
kg L =
arctan
2
kg w02
1
kg w02 = 2[L(rs − L)] 2
22
!
+ qπ
(2.7)
(2.8)
Il modo T EM fondamentale (gaussiano), per νµw = 150 GHz, `e caratterizzato
dai numeri quantici m = 0, n = 1 e q = 835 ÷ 846 (grazie alla mobilit`a dello
specchio cilindrico). Ciascuno di questi 3 numeri interi indica, in qualche modo,
ˆ Y
ˆ e Z.
ˆ
in quanti punti si annullano i campi rispettivamente lungo le direzioni X,
La caratteristica pi`
u interessante `e il beam-waist w (rappresentato in fig. 2.3 dalla
zona grigia), che quantifica l’estensione trasversale della radiazione. Esso `e definito,
Figura 2.3: Configurazione della radiazione nel risuonatore.
ˆ dall’asse del Fabry-Perot, alla quale
infatti, come la distanza, lungo la direzione X
l’intensit`a dei campi si riduce a una frazione 1/e del proprio valore massimo, assunto
appunto sull’asse. Il waist sullo specchio piatto, sempre per νµw = 150 GHz, `e
w(0) ≡ w0 ≈ 3.4 cm, mentre su quello cilindrico `e w(L) ≈ 3.8 cm. Sulla base di
tali dati si pu`o anche stimare che l’angolo massimo formato dal vettore d’onda della
radiazione a µw con l’asse del Fabry-Perot `e θµw ≈ 8 mrad.
Le perdite e, quindi, la larghezza non nulla del modo risonante a µw sono
originate da molteplici cause fisiche:
- conducibilit`a finita delle piastre Stark;
- riflettivit`a solo parziale degli specchi;
- diffrazione sui lati aperti del risuonatore;
23
- irraggiamento verso l’esterno attraverso i fori di accoppiamento per i 2 tipi di
radiazione;
- assorbimento del gas.
Il fattore di merito misurato risulta Q ≈ 50 000 ÷ 90 000, corrispondente a una larghezza totale di risonanza F W HM ≈ 3.0÷1.7M Hz. Queste variazioni del fattore di
merito osservato sono da imputare sia alla scelta dell’ordine di risonanza, effettuata
muovendo il carrello, sia ad assestamenti meccanici e termici della cavit`a. L’utilizzo
di un risuonatore per µw con un Q cos`ı elevato ha dei vantaggi e degli svantaggi: da una parte aumenta il cammino efficace (≈ 15 ÷ 30 m) della radiazione che
deve interagire col gas, dall’altra seleziona una finestra utile di frequenza piuttosto
stretta, cos`ı da poter effettuare misure spettroscopiche solo in una regione limitata
intorno alla transizione da misurare. Complessivamente il valore del Q risulta un
compromesso ottimale tra queste 2 esigenze contrastanti.
La radiazione IR `e costituita di un fascio laser gaussiano ben collimato, di cui
abbiamo determinato la divergenza (≈ 1 mrad), misurando la sua sezione (≈ 8 mm)
a una distanza di circa 6 m dal beam-waist (≈ 4 mm). In virt`
u di questo fatto abbiamo potuto simulare la traiettoria di propagazione del fascio all’interno del
risuonatore, utilizzando gli schemi dell’ottica geometrica matriciale (riflessioni multiple sui 2 specchi) per costruire un opportuno programma Fortran. Nella nostra
configurazione sperimentale la radiazione entra a un angolo di circa −13 mrad (il
segno − indica la convergenza verso l’asse del risuonatore) ed esce allo stesso angolo,
dopo aver effettuato 6 cammini avanti e indietro (come mostrato in fig. 2.3), corrispondenti a un percorso di circa 5 m. L’inclinazione del fascio rispetto all’asse del
risuonatore risulta compresa nell’intervallo θIR ≈ 10 ÷ 40 mrad. Nel grafico di fig.
2.4 `e rappresentata una simulazione della potenza efficace in funzione dell’angolo
d’ingresso del fascio laser nel risuonatore, ovvero il livello di sovrapposizione della
radiazione IR e di quella a µw, che determina l’ampiezza del segnale misurato in
doppia risonanza. Si pu`o notare che il massimo della potenza efficace si raggiunge
24
potenza efficace (a. u.)
-25 -20 -15 -10 -5
0
5
10
angolo d'ingresso (mrad)
15
20
25
Figura 2.4: Grafico della potenza efficace del fascio laser in funzione dell’angolo
d’ingresso nel risuonatore.
ad angoli molto vicini a quello che `e stato effettivamente utilizzato.
2.2
Sistema di vuoto
Il risuonatore `e contenuto in un parallelepipedo di alluminio a tenuta di vuoto, di
dimensioni interne ac × bc × cc ≈ 30.0 × 25.0 × 95.5 cm, per un volume Vc ≈ 72 l. Tale
camera a vuoto `e collegata all’esterno con un sistema di pompe costituito da una
rotativa e una a diffusione poste in serie. Sono presenti, inoltre, una piccola valvola
per l’introduzione del CH3 I gassoso, 2 finestre di germanio per l’ingresso e l’uscita
della radiazione IR e un’apertura per le guide a µw, tutto a tenuta di vuoto.
Per le misure di pressione si dispone di un manometro elettronico (Datametrics
mod. 1014A) basato su un sensore capacitivo (Datametrics mod. 572A) con accura-
25
tezza relativa (dichiarata dal costruttore) di 3·10−4 e risoluzione di 2mP a, che viene
letto da un voltmetro digitale di precisione con display a 5 cifre (Fluke mod. 8810A).
Tale sensore viene mantenuto costantemente acceso, per ridurre al minimo brusche
variazioni dello zero di pressione. Siccome, per`o, esso si sposta ugualmente per lenta
deriva termica, per ricalibrarlo si usa come riferimento l’alto vuoto realizzato dalla
pompa a diffusione.
La tenuta della camera `e limitata soprattuto dalla presenza di incollature nella
zona di ingresso delle guide, in cui `e facile che si formino piccole crepe. Le perdite
sono tali che la pressione aumenta al rate di circa 9 P a/giorno: questo significa
che durante il tempo di una singola misura la variazione di pressione ha effetti
trascurabili.
2.3
Sezione a microonde
L’apparato a µw (fig. 2.5) `e costituito di 3 parti principali: una serie di guide d’onda
e vari elementi circuitali, un sistema di stabilizzazione e uno di rivelazione.
2.3.1
Elementi del circuito
In testa al circuito si trova la sorgente di microonde: un klystron reflex (Varian mod.
VRE-2103B50) raffreddato ad acqua, con frequenza di emissione 72÷78GHz (banda
E) e una potenza massima nominale di circa 200 mW . Un alimentatore stabilizzato
a basso rumore fornisce la tensione sia al resonator, sia al repeller. La frequenza del
klystron pu`o essere variata sia agendo elettronicamente su quest’ultima tensione (di
circa 100 M Hz), sia spostando meccanicamente la vite micrometrica di regolazione
della lunghezza del resonator (di circa 6 GHz, appunto).
All’uscita del klystron `e posto un uni-line seguito da un phase-shifter, che, modificando opportunamente le fasi dei campi, serve ad ottimizzare il mescolamento
di questo segnale con quello in banda X proveniente da un altro ramo del circuito,
per stabilizzare in frequenza il klystron (come si vedr`a in seguito). Un accoppiatore
26
Figura 2.5: Schema generale dell’apparato a microonde.
direzionale da 10 dB serve, appunto, a deviare una frazione del segnale in banda
E verso un mixer. Un attenuatore variabile permette di regolare manualmente la
potenza delle µw, onde evitare effetti indesiderati di saturazione nell’assorbimento
del gas. Seguono un uni-line a trasmissione variabile, utilizzato per modulare in ampiezza le µw tramite un generatore di onde quadre, e un accoppiatore bidirezionale
da 10 dB su cui sono montati 2 detector. Un E-H tuner, agendo separatamente sui
campi elettrico e magnetico, permette di ottimizzare le fasi per l’accoppiamento con
il successivo duplicatore di frequenza: un diodo a barriera Schottky costituito da
una punta di tungsteno appoggiata su una piccolissima areola circolare di GaAs depositata su un chip di silicio (Farran mod. SD017). I detector, di cui sopra, servono
a misurare la potenza incidente sul duplicatore e quella riflessa. Per evitare, infine,
che al risuonatore Fabry-Perot arrivi anche l’armonica fondamentale (75 GHz), all’uscita del duplicatore `e posta una guida in banda G raccordata a quella in banda
V che entra nella camera a vuoto. A causa delle inevitabili perdite che si verificano
sui vari elementi circuitali appena descritti (soprattutto sul duplicatore), la potenza
27
massima a µw che arriva nel risuonatore si riduce a meno di 1 mW .
2.3.2
Stabilizzazione in frequenza del klystron
L’alimentatore del klystron, pur avendo un rumore molto basso sulla tensione fornita
(∆V /V ∼ 10−5 ), non `e sufficientemente stabile per misure di frequenza ad alta
risoluzione: risulta necessario, quindi, un sistema supplementare di stabilizzazione
in frequenza.
Alla base del circuito si trova un oscillatore a quarzo ad alta stabilit`a (Austron
mod. 1120S) con frequenza nominale di 5 M Hz, che, in una serie di stadi di amplificazione, distorsione e filtraggio, viene moltiplicata 50 volte fino a 250 M Hz.
Anch’esso, come il sensore di pressione, viene mantenuto costantemente acceso, per
ridurre al minimo brusche variazioni della sua frequenza di oscillazione. Il segnale
a 250 M Hz viene inviato su un diodo di moltiplicazione step-recovery (HP mod.
33003A) e, tra le varie armoniche generate, si seleziona la 37a , con frequenza di
9.25 GHz, tramite un filtro a cavit`a accordabile in banda X. Dopo aver attraversato
un E-H tuner, un filtro a cavit`a e un phase-shifter, questo segnale giunge a un mixer
armonico (un diodo 1N53), dove si mescola a quello in banda E proveniente dal ramo
principale del circuito, gi`a descritto nel § 2.3.1. L’amplificatore all’uscita del mixer
seleziona il battimento tra il segnale in banda E e l’8a armonica di quello in banda
X. Questo segnale raggiunge un secondo mixer, dove si mescola con quello, moltiplicato, filtrato e amplificato, proveniente da un sintetizzatore di frequenza (Fluke
mod. 6160B). Un sincronizzatore confronta questo segnale con un riferimento interno costituito da un quarzo oscillante alla frequenza νIF ≈ 41 M Hz. Il segnale in
uscita fornisce la tensione correttiva al repeller del klystron.
La frequenza di emissione del klystron, quindi, risulta stabilizzata al valore:
νkly = 8 · 37 · 50 · νquarzo ± N · νLO ± νIF
(2.9)
I segni ± sono dovuti all’impossibilit`a di risalire, dalla conoscenza di una frequenza
di battimento, a quale sia la maggiore delle 2 frequenze che si mescolano. Il numero
28
N indica l’armonica del sintetizzatore selezionata da 2 filtri a cavit`a (nel nostro caso
N = 4 o N = 6). Si possono per`o controllare sperimentalmente i segni che entrano
in gioco, visualizzando su un analizzatore di spettro (HP mod. 141T) il segnale
di battimento finale (quello a circa 41 M Hz). Variando manualmente, a loop di
aggancio aperto, la tensione di repeller e la frequenza del sintetizzatore e osservando il verso in cui si sposta questo segnale, si possono scegliere i segni voluti (nel
nostro caso entrambi +). In condizioni di loop chiuso, se ne controlla visivamente
sull’analizzatore di spettro sia l’intensit`a, sia la purezza spettrale (ovvero l’eventuale
presenza di frequenze spurie troppo vicine).
2.3.3
Sistema di rivelazione
La radiazione a µw in uscita dal risuonatore giunge su un diodo dello stesso tipo
del duplicatore di frequenza descritto in precedenza, ma impiegato in questo caso
come rivelatore di potenza. Il filo di tungsteno funge sia da antenna per il campo
elettrico a µw, sia da collegamento verso massa per il dispositivo che raddrizza la
corrente alternata indotta, producendo un segnale di tensione continuo. Segue un
√
preamplificatore con guadagno G ≈ 100, rumore Namp ≈ 3 nV / Hz a 1 kHz (poco
√
maggiore di quello termico Ntherm ≈ 2 nV / Hz) e banda passante di circa 20 kHz.
La sua funzione `e anche quella di fornire la corrente di polarizzazione al diodo, in
modo da ottimizzarne il punto di lavoro. Il segnale entra in un lock-in amplifier
(EG&G mod. 5206), che ne rivela e amplifica la componente in fase rispetto a un
riferimento a scelta. Nel nostro caso si tratta o del segnale di chopper per il laser, o
del segnale di modulazione delle µw, le cui frequenze sono rispettivamente 1.0 kHz e
4.2 kHz. Il segnale analogico amplificato viene, infine, convertito in segnale digitale
da un ADC a 12 bit (incluso nel lock-in), per poter essere inviato al calcolatore.
Abbiamo misurato l’andamento del rumore del diodo rivelatore in funzione della
frequenza (fig. 2.6), utilizzando per il lock-in un tempo d’integrazione τ = 1 s e
una pendenza del filtro di 12 dB/ottava (corrispondente a un polo di ordine n = 2
29
ampiezza (a. u.)
nella funzione di trasferimento del filtro). L’esponente misurato, corrispondente
102
103
frequenza (Hz)
104
Figura 2.6: Grafico del rumore del diodo in funzione della fequenza.
alla pendenza del grafico in scala bilogaritmica, `e αobs = 0.31(3) 1 , inferiore a quello
previsto per il rumore 1/f (α1/f = 0.5). Questo significa che alla frequenza scelta per
modulare il laser ci troviamo nella zona in cui il rumore 1/f comincia a raccordarsi
con la regione di rumore bianco che si trova a frequenze molto pi`
u alte.
In particolare, alla frequenza di 1kHz abbiamo misurato un rumore (amplificato)
di circa 21 µV . Ricordiamo, a questo proposito, le formule che esprimono la banda
equivalente di rumore N EB e la frequenza di taglio νt in funzione dell’ordine n del
filtro e del tempo τ d’integrazione:
N EB =
1
(2n − 3)!! 1
(2n − 2)!! 4τ
(2.10)
Adotteremo sempre la convenzione di riportare come errore su una misura 2 deviazioni standard
della media statistica, corrispondenti a un livello di confidenza di circa il 95%. L’errore sar`a sempre
scritto tra parentesi tonde, in unit`a dell’ultima cifra della misura.
30
νt =
³
1
´1
2n − 1
2
1
2πτ
(2.11)
Tenendo conto della N EB e del guadagno del preamplificatore, risulta che il segnale
√
fornito dal diodo ha un rumore, riferito all’ingresso, Ndiodo ≈ 600 nV / Hz a 1 kHz,
√
rispetto al quale il rumore shot Nshot ≈ 2 nV / Hz `e trascurabile. Essendo il rumore shot inferiore a quello del diodo di circa 25 dB, si potrebbe pensare, allora, di
aumentare la frequenza di modulazione del laser per ridurre il valore di Ndiodo . Tuttavia questo si scontra con l’esigenza di mantenere pi`
u stretta possibile la larghezza
di riga delle transizioni osservate. Dato che l’apparato sperimentale `e in grado di
raggiungere larghezze minime di poche decine di kHz [11], si potrebbe, ad esempio,
aumentare fino a 5 kHz la frequenza di modulazione; questo, per`o, apporterebbe un
miglioramento di appena 2 dB nel rapporto segnale/rumore. A conclusione di questo paragrafo si pu`o affermare, comunque, che le caratteristiche del nostro rivelatore
sono eccezionalmente buone, al livello dei migliori diodi descritti in letteratura.
2.3.4
Standard di frequenza
Dovendo misurare frequenze con precisione molto elevata (∼ 10−8 ), `e necessario
disporre di campioni noti con precisione ancora superiore. La frequenza di emissione
del klystron `e determinata da quelle dei quarzi che si trovano alla base della catena
di moltiplicazione: basta, quindi, confrontare queste frequenze (νquarzo , νLO , νIF )
con quella di un orologio atomico, che nel nostro caso `e a rubidio. Nel corso di ogni
misura si rilevano costantemente tramite 2 frequenzimetri (Philips mod. PM6676
e Racal-Dana mod. 1998) i rapporti A/Rb e F/Rb tra le frequenze dei quarzi
(rispettivamente Austron e Fluke) e quella dello standard. La frequenza νIF , essendo
quella che pesa di meno sulla determinazione della frequenza del klystron (come si
vede dall’eq. 2.9), `e stata misurata, invece, una volta per tutte e il valore trovato `e
νIF = 40.883 94(4) M Hz.
31
2.4
Sezione a infrarosso
Disponiamo, come sorgenti IR, di 2 laser a CO2 : uno convenzionale, stabilizzato
sulla fluorescenza saturata della CO2 , e uno in guida dielettrica, stabilizzato in
offset di frequenza rispetto al precedente. Descriveremo le loro caratteristiche di
costruzione, il sistema di stabilizzazione in frequenza e l’apparato ottico.
2.4.1
Laser a CO2 convenzionale
La struttura portante, alla quale sono fissati la cavit`a ottica e il tubo di scarica, `e
costituita da 4 blocchi metallici uniti da 3 sbarre di Superinvar, che assicurano al
laser una buona (∼ 10−7 K −1 ) stabilit`a termica (fig. 2.7).
Figura 2.7: Schema generale del laser a CO2 convenzionale.
La cavit`a ottica `e realizzata da un reticolo di diffrazione e da uno specchio
sferico, entrambi concavi, posti a distanza Llc = 150 cm. Il reticolo `e inciso con
150 righe/mm e ha un raggio di curvatura di 10 m; lo specchio, in ZnSe, ha una
riflettivit`a Rlc ≈ 0.8 a 10.5 µm, raggio di curvatura interno di 5 m, esterno di 3 m.
Questo semplice espediente diminuisce la divergenza del fascio laser in uscita. Con la
sua orientazione il reticolo permette di selezionare le diverse righe di emissione della
CO2 , nel nostro caso la 10P (8). Lo specchio `e fissato a un trasduttore piezoelettrico
(P ZT ), che serve per la regolazione fine della lunghezza della cavit`a.
32
Il tubo di scarica contenente il mezzo attivo `e lungo 60cm, ha un diametro interno
di 6 mm ed `e circondato da una camicia di raffreddamento ad acqua, per evitarne
il surriscaldamento. La posizione del tubo all’interno del risuonatore `e tale che il
beam-waist del fascio si trova proprio nel suo centro. Alle sue estremit`a si trovano 2
finestre in ZnSe poste all’angolo di Brewster, in modo da polarizzare linearmente la
radiazione IR sul piano orizzontale. La miscela di gas che viene immessa nel tubo in
flusso stazionario `e formata da He, N2 e CO2 in proporzioni ottimizzate per ottenere
la massima potenza in singolo modo, a una pressione totale plc ≈ 3.5kP a. La scarica
ai capi del tubo `e sostenuta da un alimentatore a basso rumore, che fornisce una
tensione Vlc ≈ 16 kV e una corrente Ilc ≈ 7 mA stabilizzata da una valvola.
La tunabilit`
a in frequenza del laser `e limitata dalla larghezza della curva di
guadagno, che risulta inferiore alla distanza Dlc = 100 M Hz tra 2 modi assiali
successivi. La potenza in uscita dal laser convenzionale, misurata con un powermeter
(Laserpoint mod. 2000) sulla riga 10P (8) al massimo del guadagno, risulta Plc ≈
2.4 W in singolo modo.
2.4.2
Laser a CO2 in guida dielettrica
La struttura portante `e analoga a quella del laser convenzionale (fig. 2.8). De-
Figura 2.8: Schema generale del laser a CO2 in guida dielettrica.
33
scriviamone gli altri dettagli costruttivi, sottolineando le differenze rispetto all’altro
laser.
La cavit`a ottica ha una lunghezza Llg = 75 cm ed `e terminata ai 2 estremi da
un reticolo di diffrazione con 150 righe/mm e da uno specchio in ZnSe con una
riflettivit`a Rlg ≈ 0.9, entrambi piani. Il P ZT muove il reticolo, che seleziona, anche
in questo caso, la riga 10P (8) della CO2 . Sebbene si possa ottenere una maggior
velocit`a di risposta meccanica muovendo lo specchio, che ha una massa minore, per
il sistema di stabilizzazione in offset di frequenza non `e necessario avere un’elevata
velocit`a di risposta, come nel caso dell’altro laser in cui il P ZT viene modulato.
Il tubo di scarica, anch’esso raffreddato ad acqua, `e lungo 35cm e ha un diametro
interno di 2.2 mm, comportandosi, quindi, come una guida d’onda per la radiazione
IR, che avrebbe un beam-waist di dimensioni maggiori. Le sue estremit`a sono chiuse
da 2 finestre di Brewster posizionate nello stesso modo dell’altro laser; una di esse
dista 2mm dallo specchio d’uscita. Tra l’altra estremit`a e il reticolo si trova una lente
convergente in ZnSe con trattamento anti-riflesso e con focale di 25 cm, che serve
ad adattare il fronte d’onda divergente del fascio che esce dalla guida alla forma
piana del reticolo, rendendo stabile il risuonatore. La miscela di gas usata come
mezzo attivo `e la stessa descritta prima, ma ad una pressione totale plg ≈ 8 kP a.
La scarica nel tubo `e doppia ed `e sostenuta da un alimentatore a basso rumore, che
fornisce ai 2 elettrodi centrali una tensione Vlg ≈ 10 kV e una corrente stabilizzata
Ilg ≈ 4.5 mA.
Proprio per il valore pi`
u elevato della pressione, la larghezza della curva di guadagno risulta, in questo caso, maggiore della distanza Dlg = 200 M Hz tra 2 modi
assiali successivi, rendendo, quindi, massima la tunabilit`a. La potenza fornita da
questo laser sulla riga 10P (8) al massimo del guadagno risulta Plg ≈ 2 W in singolo
modo.
34
2.4.3
Stabilizzazione in frequenza del laser convenzionale
Il laser convenzionale `e stabilizzato in frequenza sulla fluorescenza saturata della
riga 10P (8) della CO2 con un sistema schematizzato in fig. 2.9. La frequenza di
Figura 2.9:
Schema dell’apparato di stabilizzazione in frequenza del laser
convenzionale.
tale riga, dalle pi`
u recenti misure effettuate [18], risulta:
νconv = 28.616 541 765 9(8) T Hz
(2.12)
La potenza del fascio, attraverso un beam-splitter in germanio posto all’uscita di
questo laser, viene ripartita nelle seguente modo: circa 2/3 verso la cella di fluorescenza, circa 1/3 verso un altro beam-splitter in germanio adibito al battimento dei
2 laser.
La cella di metallo contiene CO2 pura mantenuta, in lentissimo flusso stazionario,
a pressione pcella ≈ 7 P a, valore ottimale per avere un dip di fluorescenza abbastanza
stretto e intenso. Essa ha una forma interna emisferica con raggio rcella = 4.0 cm,
per meglio convogliare la radiazione di fluorescenza verso la finestra d’uscita in
zaffiro, che `e trasparente a questa lunghezza d’onda (λf luor = 4.3 µm), ma opaco
35
per la radiazione laser (λlaser = 10.5 µm). La radiazione IR entra ed esce dalla
cella passando attraverso 2 finestre di Brewster in ZnSe, si riflette su uno specchio
piano e riattraversa la cella nel verso opposto, consentendo di realizzare, al variare
della frequenza del laser, un profilo di fluorescenza saturato centrato esattamente
sul picco (Lamb-dip).
Il rivelatore impiegato per raccogliere il segnale di fluorescenza `e un dispositivo
fotovoltaico a InSb raffreddato con azoto liquido alla temperatura T = 77 K. Le
√
sue caratteristiche nominali sono: detettivit`a DInSb ≈ 1 · 1011 cm Hz/W e potenza
√
equivalente di rumore N EPInSb ≈ 3 pW/ Hz a λ = 4.3 µm e νchop = 1 kHz. Il
segnale generato dal rivelatore passa in un preamplifictore a basso rumore e giunge
all’elettronica di servocontrollo adibita alla stabilizzazione in frequenza.
Descriviamo a grandi linee il circuito di stabilizzazione mostrato in fig. 2.10,
rimandando a [19] per una descrizione pi`
u dettagliata. Un oscillatore interno `e im-
Σ
Σ
Figura 2.10:
Schema del circuito di stabilizzazione in frequenza del laser
convenzionale.
postato alla frequenza di 330Hz, valore di compromesso per massimizzare l’intensit`a
del segnale di fluorescenza e minimizzare il rumore 1/f . Questo segnale di riferi36
mento viene suddiviso in 3 parti: una parte, amplificata ad alta tensione, serve a
modulare il P ZT del laser; un’altra `e utilizzata per la rivelazione in fase del segnale proveniente dal rivelatore InSb; un’altra ancora, duplicata in frequenza, viene
inviata al circuito di stable.
Il segnale di fluorescenza, dopo aver attraversato un amplificatore a guadagno
variabile (G = 1 ÷ 100), giunge a un circuito di rivelazione di fase, dal quale esce
un segnale proporzionale alla derivata 1a del dip, dalla caratteristica forma a S, che
indica il segno della reazione da inviare al P ZT . Per avviare la stabilizzazione si
procede nel seguente modo: si spazza manualmente la tensione del P ZT (search)
fino a individuare il segnale a S, ci si posiziona vicino al centro della S e si chiude
il circuito di aggancio (lock).
Una spia di overload indica quando si sta sovraccaricando lo stabilizzatore con
un segnale d’ingresso troppo grande, rischiando un malfunzionamento degli elementi
lineari del circuito. Una spia di stable indica, invece, quando l’aggancio `e stabile.
Per svolgere questo compito ci si serve della rivelazione del segnale di fluorescenza
in fase con la 2a armonica del riferimento interno: si ottiene, in tal modo, un segnale
proporzionale alla sua derivata 2a , che assume il valore massimo proprio al centro
del dip.
2.4.4
Stabilizzazione in offset di frequenza del laser in guida
Per ottenere una sorgente IR anche sintonizzabile, oltre che stabile, si utilizza il
laser in guida, agganciandolo in offset di frequenza al laser convenzionale (fig. 2.11),
che viene impiegato, quindi, come standard secondario di frequenza.
Il fascio in uscita dal laser in guida si riflette su uno specchio in rame con raggio di
curvatura di 1m, che ha la funzione di collimare il fascio, attraversa un beam-splitter
in ZnSe, si riflette su uno specchio dorato ed entra, infine, nel risuonatore. Il beamsplitter preleva circa 1/7 della sua potenza e la invia, tramite uno specchio dorato,
al beam-splitter di battimento, sul quale giunge anche circa 1/3 della potenza del
37
Figura 2.11: Schema dell’apparato ottico per l’aggancio dei 2 laser.
laser convenzionale. Al beam-splitter di battimento segue una lente in ZnSe, sulla
quale giungono in definitiva circa 1/10 della potenza del laser in guida e circa 1/12
del di quella del laser convenzionale. La sua funzione `e quella di focalizzare i fasci
dei 2 laser su un rivelatore foto-elettromagnetico (Vigo mod. PEM-L-3), che `e di
dimensioni molto piccole. Le sue caratteristiche nominali sono: detettivit`a DP EM ≈
√
√
3 · 106 cm Hz/W e potenza equivalente di rumore N EPP EM ≈ 16 nW/ Hz a
λ = 10.5 µm e νchop = 370 Hz. I 2 beam-splitters che prelevano la potenza laser sono
inclinati a un angolo prossimo a quello di Brewster, per ottenere una piccola intensit`a
della radiazione riflessa. Riducendo, in tal modo, la potenza totale incidente sul
rivelatore di battimento a circa 10 mW , si evita di danneggiarlo.
Il segnale a radiofrequenza νRF uscente dal rivelatore `e inviato al circuito di stabilizzazione (fig. 2.12), che illustriamo ora nelle sue parti principali, rimandando
a [19] per una descrizione pi`
u dettagliata. Dopo uno stadio di amplificazione, il
segnale RF giunge a un mixer, dove si mescola con quello a frequenza νLO generato
da un sintetizzatore programmabile. Il battimento a frequenza intermedia νIF passa
in un amplificatore accordato a 30 M Hz con banda passante di circa 2 M Hz. Dopo
38
ν
ν
Figura 2.12: Schema del circuito di stabilizzazione in offset di frequenza del laser in
guida.
stadi di divisione di frequenza e formazione, il segnale IF e quello di riferimento a
5 M Hz fornito da un oscillatore al quarzo giungono a un mixer, rendendo possibile
il confronto in fase. La tensione generata dal rivelatore di fase, dopo altri stadi di
integrazione e amplificazione, viene inviata al P ZT del laser in guida, per correggere opportunamente la frequenza del risuonatore. Per avviare la stabilizzazione si
procede in modo del tutto simile a quello descritto precedentemente per il laser convenzionale. Una tensione continua proporzionale all’ampiezza del segnale IF viene
inviata a una spia di stable, per controllare visivamente la stabilit`a dell’aggancio.
Una spia di overload indica quando il segnale di battimento `e troppo grande per un
corretto funzionamento dell’elettronica preposta alla stabilizzazione.
Possiamo affermare, in definitiva, che la frequenza del laser in guida `e stabilizzata
39
al valore
νguida = νconv ± (νLO ± νIF )
(2.13)
Il primo doppio segno deriva dalla scelta, operata tramite il commutatore +/−, della fase relativa tra il segnale in uscita dal P SD e la reazione sul P ZT del laser in
guida. Il secondo tiene conto, invece, della solita incertezza sul segnale di battimen` necessario, quindi, controllare ogni volta che l’aggancio sia quello
to selezionato. E
giusto (ovvero quello col segno −), visualizzando il segnale IF sull’analizzatore di
spettro e controllando, prima di chiudere il loop, in quale verso si sposta variando
manualmente la tensione di polarizzazione del P ZT . Tale segnale `e soggetto a fluttuazioni a brevissimo termine con ampiezza (rms) di circa 500kHz, che sono dovute
principalmente a instabilit`a meccaniche della struttura che costituisce il risuonatore
del laser in guida. Quelle che contano, comunque, sono la stabilit`a sulla durata di
una misura e la riproducibilit`a tra una misura e l’altra: entrambe sono decisamente
migliori. Tenuto conto dei limiti dell’elettronica del circuito di aggancio e dei limiti
del sistema di stabilizzazione in frequenza del laser convenzionale, possiamo stimare
come accuratezza della frequenza del laser in guida circa 50 kHz.
2.4.5
Procedure di allineamento
L’apparato ottico `e costituito dai seguenti elementi:
- 4 specchi dorati piani totalmente rifletttenti (RAu ≈ 0.98 a 10.5 µm);
- 1 specchio di rame con raggio di curvatura rlg = 1 m, totalmente riflettente
(RCu ≈ 0.96 a 10.5 µm);
- 1 specchio argentato piano totalmente riflettente (RAg ≈ 0.96 a 10.5 µm);
- 2 beam-splitters in germanio;
- 1 beam-splitter in ZnSe;
- 1 lente convergente in ZnSe.
40
Tutti questi elementi sono dotati di supporti con basi a fissaggio magnetico e di viti
per la regolazione fine degli angoli o della posizione.
Per controllare visivamente la traiettoria del fascio IR ci si serve di speciali
piastrine fluorescenti di varia sensibilit`a, illuminate da una lampada U V . La determinazione preliminare degli angoli si effettua misurando i vari punti di riflessione
del fascio sugli specchi, mediante un metro a nastro e una squadra. La direzione dei
fasci viene, poi, ottimizzata agendo sui micrometri e le viti dei supporti ottici.
L’allineamento dell’ottica si effettua in 4 passi:
1. si fa giungere la giusta frazione di potenza del laser convenzionale nella cella
di stabilizzazione, agendo su uno dei beam-splitters in germanio, su 2 specchi
dorati e su quello argentato;
2. si fa giungere la giusta frazione della restante potenza di questo laser sul
rivelatore P EM , agendo sull’altro beam-splitter in germanio e sulla lente;
3. si fa giungere il fascio del laser in guida sul foro d’ingresso del risuonatore al
giusto angolo, agendo sullo specchio di rame e su uno dorato;
4. si fa giungere la giusta frazione di potenza di questo laser sul rivelatore P EM ,
agendo sul beam-splitter in ZnSe e su uno specchio dorato.
La procedura che necessita della maggior quantit`a di tempo `e quella per far entrare il
laser nel risuonatore a un angolo tale da farlo anche uscire. Per facilitarla si dispone,
quindi, davanti alla finestra d’uscita dalla camera a vuoto un rivelatore a HgCdT e
raffreddato a temperatura T = 77 K, tramite il quale si controlla quanta potenza
IR esce. Per prima cosa si agisce sullo specchio di rame, in modo da far giungere
il fascio nella giusta posizione sullo specchio dorato. Si agisce, poi, sullo specchio
dorato, in modo da far giungere il fascio nella zona centrale della finestra d’ingresso
nella camera a vuoto. A questo punto si effettuano le regolazioni fini, in modo da
massimizzare la potenza in uscita che giunge al rivelatore.
41
2.5
Calcolatore e interfacccia
L’acquisizione dati durante l’esperimento `e gestita da un calcolatore (Zenith mod.
Z-89) un po’ antiquato, ma ancora efficiente per i nostri scopi, sul quale girano opportuni programmi scritti in Fortran e Assembler. In tal modo si riducono notevolmente
i tempi e si evitano errori indesiderati. Attraverso un’interfaccia di input/output digitale esso pu`o comunicare con la strumentazione periferica, effettuando le seguenti
operazioni: programmazione del sintetizzatore di frequenza nel circuito di stabilizzazione in frequenza del klystron, acquisizione dati sul segnale a µw dal lock-in
amplifier e lettura del voltmetro digitale per la misura della pressione nella camera
a vuoto.
42
Capitolo 3
Livelli energetici del CH3I
In questo capitolo affrontiamo la trattazione teorica riguardante la struttura dei
livelli energetici della molecola di CH3 I, le cui transizioni sono state misurate nel
corso del nostro esperimento (fig. 3.1).
Figura 3.1: Livelli energetici del CH3 I coinvolti nell’esperimento.
43
Rappresentiamo in tab. 3.1 i vari operatori momento angolare e i loro autovalori, che costituiscono i numeri quantici degli autostati energetici rotazionali.
O/¯h
O2 /¯
h2
I
I(I + 1)
J
J(J + 1)
F
F (F + 1)
1
Le
OZ /¯h Oz /¯h
KJ
MF
Tabella 3.1: Autovalori degli operatori momento angolare.
notazioni sono le seguenti: O `e un generico operatore momento angolare, I `e lo spin
del nucleo di iodio, J il momento angolare rotazionale della molecola e F il momento
angolare totale risultante dalla loro composizione. Fissati I e J, valgono le seguenti
limitazioni per gli altri numeri quantici:
−J ≤ KJ ≤ J
|J − I| ≤ F ≤ J + I
(3.1)
−F ≤ MF ≤ F
I valori permessi sono interi o semi-interi, a seconda dei casi. Poich´e i corrispondenti
operatori commutano tra loro e con gran parte dell’hamiltoniana totale (fa eccezione,
come vedremo, il termine di perturbazione di quadrupolo elettrico), I, J, KJ , F e
MF sono buoni numeri quantici, nel senso che le relative grandezze fisiche sono
misurabili simultaneamente e sono conservate. Nel seguito porremo, per brevit`a,
KJ ≡ K.
Esaminiamo ora separatamente i vari contributi all’energia totale della molecola:
vibrazionale, rotazionale, di quadrupolo elettrico e di spin-rotazione, rimandando a
[20, 21, 22] per spiegazioni pi`
u dettagliate.
1
Nel seguito si tenga presente che si `e adottata la convenzione usuale di denominare con le
lettere minuscole x, y, z le coordinate nel sistema di riferimento solidale alla molecola, con le
lettere maiuscole X, Y , Z quelle nel sistema del laboratorio e di porre come asse z l’asse di
simmetria della molecola.
44
3.1
Simmetrie ed energia vibrazionale
Le principali caratteristiche degli atomi che costituiscono la molecola di CH3 I sono
indicate in tab. 3.2, con Z numero atomico, A numero di massa e I spin nucleare.
Tale molecola `e un rotatore simmetrico prolato a 15 gradi di libert`a, di cui 6 sono
atomo
Z
A
I
idrogeno
1
1
1/2
carbonio
6
12
0
iodio
53 127
5/2
Tabella 3.2: Principali caratteristiche degli atomi della molecola di CH3 I.
moti rigidi globali (traslazioni e rotazioni) e 9 sono modi normali di vibrazione.
La configurazione geometrica degli atomi e dei legami (fig. 3.2) `e tale da inserire
questa molecola nel gruppo di simmetria C3v , formato da 6 elementi: l’identit`a E,
2 rotazioni C3 e 3 riflessioni σv su piani verticali.
Questo gruppo ammette 3 rappresentazioni irriducibili: 2 monodimensionali (A1
e A2 ) e una bidimensionale (E). La tab. 3.3 comprende la tavola dei caratteri e le
propriet`a di trasformazione di alcune grandezze sotto le operazioni del gruppo: le
coordinate e le componenti del momento angolare (moti rigidi), le componenti del
tensore polarizzabilit`a elettrica (spettroscopia Raman) e i modi normali di vibrazione, di cui sono indicate le frequenze. Ci sono, quindi, 3 frequenze non degeneri
C3v
E
2C3
3σv
moti rigidi
tensore polarizzabilit`a
modi normali
A1
1
1
1
z
z 2 , x2 + y 2
ν1 , ν2 , ν3
A2
1
1
−1
Jz
E
2
−1
0
(x, y), (Jx , Jy )
(xz, yz), (xy, x2 − y 2 )
ν4 , ν5 , ν6
Tabella 3.3: Tavola dei caratteri del gruppo C3v e propriet`a di trasformazione di
alcune grandezze d’interesse.
45
σ
σ
σ
Figura 3.2: Rappresentazione della molecola di CH3 I e degli elementi del gruppo di
simmetria C3v .
(ν1,2,3 ) e 3 doppiamente degeneri (ν4,5,6 ).
L’hamiltoniana vibrazionale `e data, in prima approssimazione, dalla somma di
oscillatori armonici:
Ã
di
6 X
Pij2
1X
HV =
+ ki Q2ij
2 i=1 j=1 mi
!
(3.2)
dove di sono le degenerazioni dei modi normali (d1,2,3 = 1, d4,5,6 = 2), mi e ki gli
autovalori dei tensori di massa e di elasticit`a, Pij e Qij gli impulsi e le coordinate
normali, cio`e i loro autovettori, e dove
1
2π
Ã
ki
mi
!1
2
≡ νi
(3.3)
Tenendo conto degli effetti di anarmonicit`a (interazione tra i modi normali di vibrazione) all’ordine pi`
u basso, si ottiene la seguente espressione per gli autovalori
46
energetici:
EV (vi , li ) =

6 
X
hνi
i=1

Ã
di
vi +
2
!
+
X
"
Ã
di
vi +
2
xik
k≥i
!Ã
dk
vk +
2
!
+ gik li lk
#


(3.4)
dove vi e li sono i numeri quantici vibrazionali e del momento angolare vibrazionale.
Nel seguito porremo, per brevit`a, l6 ≡ l, v6 ≡ v e d6 ≡ d. La frequenza vibrazionale
ha il valore ν6 = 26.469 188(30) T Hz [23]. La degenerazione indotta dal momento
angolare vibrazionale sul modo normale ν6 `e d = v + 1, assumendo l i seguenti valori
interi:
l = −v, −v + 2, . . . , v − 2, v
3.2
(3.5)
Energia rotazionale
L’hamiltoniana rotazionale di base `e quella di rotatore simmetrico prolato rigido:
HR = BJ2 + (A − B)Jz2
(3.6)
dove
h
¯2
2Iz
h
¯2
h
¯2
B =
=
2Ix
2Iy
A =
(3.7)
(3.8)
e Ix,y,z sono i momenti principali d’inerzia. Tenendo conto delle correzioni di distorsione centrifuga al 4◦ e 6◦ ordine, si ottiene la seguente espressione per gli autovalori
energetici nello stato vibrazionale fondamentale:
ER (J, K) = BJ(J + 1) + (A − B)K 2 +
−DJ J 2 (J + 1)2 − DJK J(J + 1)K 2 − DK K 4 +
(3.9)
+HJ J 3 (J + 1)3 + HJK J 2 (J + 1)2 K 2 + HKJ J(J + 1)K 4 + HK K 6
Le varie costanti rotazionali A, B, D e H hanno una dipendenza dallo stato vibrazionale della forma:
C(vi ) = Ce −
6
X
i=1
47
Ã
αiC
di
vi +
2
!
(3.10)
dove C rappresenta una generica costante rotazionale.
Tenendo conto dei termini d’interazione di Coriolis tra la rotazione e la vibrazione
doppiamente degenere ν6 , in uno stato vibrazionale eccitato bisogna aggiungere un
ulteriore contributo energetico:
∆ER (l, J, K) = −[2Ae ζ − ηJ J(J + 1) − ηK K 2 ]Kl +
(3.11)
2 (2Kl + 1)[J(J + 1) − Kl(Kl + 1)]
+ f (J, Kl)
−4q12
(1 + 2ζ)Ae − Be
dove
f (J, Kl) =

2

 ql [J(J+1)−Kl(Kl−1)][J(J+1)−(Kl−1)(Kl−2)]
se Kl 6= 1

 ± ql J(J + 1)
2
se Kl = 1
16
(Kl−1)[(1−ζ)Ae −Be ]
ql = q0 − q1 J(J + 1)
(3.12)
(3.13)
Le costanti ηJ e ηK danno correzioni di distorsione centrifuga al termine di accoppiamento tra momento angolare rotazionale e vibrazionale, ql `e la costante di l-doubling.
La costante ζ soddisfa le diseguaglianze
−1 ≤ ζ ≤ 1
(3.14)
e tiene conto dell’eccentricit`a del moto vibrazionale, che possiede in generale un
momento angolare non intero, di cui ζl rappresenta la componente lungo l’asse z.
Ci`o non entra in contraddizione con la ben nota legge di quantizzazione, poich´e essa
vale solo per il momento angolare totale, il quale `e la somma non scomponibile di
quello vibrazionale e di quello rotazionale, in quanto i 2 contributi provengono dagli
stessi gradi di libert`a del sistema fisico.
3.3
Energia di quadrupolo elettrico
Siccome per lo spin del nucleo di iodio vale I ≥ 1, esso possiede una distribuzione di
carica non sferica e, quindi, un momento di quadrupolo elettrico non nullo. Interagendo con il gradiente del campo elettrico generato dagli elettroni, esso induce una
48
struttura iperfine dei livelli energetici con 2I + 1 = 6 sottolivelli, nel caso J ≥ 3, che
`e anche il nostro. L’hamiltoniana di quadrupolo elettrico `e della forma:
HQ =
1 X
∂ 2φ
eQij
6 i,j=x,y,z
∂xi ∂xj
(3.15)
dove il tensore di quadrupolo elettrico `e:
Z
eQij =
ρ(x)(3xi xj − r2 δij ) d3 x
(3.16)
φ `e il potenziale scalare, ρ `e la densit`a di carica nucleare e le derivate sono calcolate
nella posizione del nucleo di iodio. I corrispondenti autovalori energetici sono stati
calcolati fino a uno pseudo-3◦ ordine perturbativo, a partire dagli elementi di matrice
di HQ tra gli stati imperturbati, ma utilizzando le energie gi`a corrette al 1◦ ordine.
Per brevit`a riportiamo solo il termine al 1◦ ordine [23]:
(
(1)
EQ (l, J, K, F )
"
#
3K 2
[eqQ + χJ J(J + 1) + χK K ]
=
− 1 ± 2δKl,1 ηl Kl +
J(J + 1)
)
K 2 (4K 2 − 1)
+χd
g(I, J, F )
(3.17)
J(J + 1)
2
dove
3
h(I, J, F )[h(I, J, F )
4
+ 1] − I(I + 1)J(J + 1)
2I(2I − 1)(2J − 1)(2J + 3)
h(I, J, F ) = F (F + 1) − I(I + 1) − J(J + 1)
g(I, J, F ) =
Z
eQ =
q =
ρ(x)(3zn2 − r2 ) d3 x
∂2φ
∂z 2
(3.18)
(3.19)
(3.20)
(3.21)
La funzione g(I, J, F ) `e detta di Casimir, zˆn `e la direzione dello spin I e la derivata
`e calcolata nella posizione del nucleo di iodio. Le costanti χJ , χK e χd tengono conto
degli effetti di distorsione centrifuga, la costante ηl `e un parametro di asimmetria
dovuto alla doppia degenerazione del modo normale ν6 , che interviene solo nei casi
K = l = ±1.
In generale bisognerebbe anche includere il termine d’interazione tra il momento
di dipolo magnetico del nucleo e il campo magnetico generato dagli elettroni, ma
nel caso del CH3 I, che ha una configurazione elettronica fondamentale di tipo 1 Σ0 ,
tale campo `e nullo al 1◦ ordine.
49
3.4
Energia di accoppiamento spin-rotazione
Per il livello di precisione raggiunto dalle misure sperimentali, `e necessario tener
conto anche dell’interazione magnetica tra lo spin nucleare e il momento angolare di
rotazione della molecola, che `e descritta da un hamiltoniana della forma:
X
HSR = −
Cij Ii Jj
(3.22)
i,j=x,y,z
Nel caso di rotatore simmetrico con nucleo sull’asse di simmetria, il tensore Cij `e
diagonale e si ottiene la seguente espressione per gli autovalori energetici:
"
#
1
K2
ESR (J, K, F ) = − C⊥ + (Ck − C⊥ )
h(I, J, F )
2
J(J + 1)
(3.23)
C⊥ = Cxx = Cyy
(3.24)
Ck = Czz
(3.25)
dove
e dove h(I, J, F ) `e dato sempre dall’eq. 3.19.
3.5
Costanti molecolari
Riportiamo in tab. 3.4 i pi`
u recenti e precisi valori delle costanti molecolari introdotte (tutte in unit`a di frequenza, eccetto ηl ), per avere un’idea degli ordini di
grandezza in gioco. Le costanti rotazionali sono state determinate: nello stato vibrazionale v = 0 da misure di transizioni a µw ad alto J, tranne A e DK [23, 24];
nello stato vibrazionale v = 1 da misure di transizioni a µw ad alto J [23, 25] e
di transizioni IR con laser a CO2 [8] e a diodo [26, 27]. Le costanti di l-doubling,
oltre ad A e DK , sono state determinate dalle stesse misure di transizioni IR di
cui sopra. Le costanti di quadrupolo elettrico e magnetiche sono state determinate:
nello stato vibrazionale v = 0 dalle misure di transizioni a µw ad alto J; nello stato
vibrazionale v = 1 dalle misure di transizioni a µw a basso J. Si noti, infine, che
la costante q12 = 0 per definizione, in quanto non si `e ancora riusciti a determinarla
con i dati sperimentali disponibili.
50
cost. unit`a
v=0
ref.
v=1
(94)
[23]
156.133
(10)
[23]
7.501 275 745 (42)
[23]
7.477 662 95
(96)
[23]
6.307 583 (190) [23]
6.348 26
(94)
[23]
[23]
98.883
(37)
[23]
[23]
2.687
(160)
[23]
155.092 4
ref.
A
(GHz)
B
(GHz)
DJ
(kHz)
DJK
(kHz)
DK
(M Hz)
HJ
(mHz)
−3.345 3 (44)
[23]
−4.76
(31)
[23]
HJK
(mHz)
60.9 (38)
[23]
63
(24)
[23]
HKJ
(Hz)
[23]
5.05
(54)
[23]
Aζ
(GHz)
32.833
(10)
[23]
ηJ
(kHz)
201.525
(96)
[23]
ηK
(M Hz)
3.91
(64)
[23]
q12
(Hz)
(0)
[23]
q0
(M Hz)
−5.922 0
(32)
[23]
q1
(Hz)
18.1
(21)
[23]
eqQ
(GHz)
(144)
[25]
χJ
(kHz)
χK
98.768 0 (27)
2.591 (156)
4.599 2
(130)
0
−1.934 080 (20)
[23]
−1.940 413
−1.647 (116)
[23]
−1.22
(28)
[25]
(kHz)
−37.0 (24)
[23]
−47.9
(48)
[25]
χd
(kHz)
24.03 (168) [23]
24.77
(170)
[25]
ηl
(10−3 )
1.198
(58)
[25]
C⊥
(kHz)
[23]
−17.54
(84)
[25]
Ck
(kHz)
−17.46 (178) [23]
−31.3
(38)
[25]
−17.596 (184)
Tabella 3.4: Costanti molecolari del CH3 I negli stati vibrazionali v = 0 e v = 1.
51
Capitolo 4
Acquisizione ed elaborazione dati
In questo capitolo descriviamo le tecniche di acquisizione dei dati e il modello teorico
impiegato per elaborare tali dati e ottenere, quindi, le misure delle grandezze fisiche
(per lo pi`
u frequenze) che ci interessano.
L’apparato sperimentale era stato finora utilizzato solamente per misurare transizioni a µw nello stato vibrazionale eccitato [11, 13]. Abbiamo verificato che esso consente di effettuare misure anche nello stato vibrazionale fondamentale, modificando
opportunamente alcune condizioni di lavoro, che andiamo ora a descrivere.
4.1
Tecniche di acquisizione
La tecnica generale, come gi`a ampiamente discusso nel capitolo 1, `e quella della
doppia risonanza. In ogni acquisizione sono coinvolti 3 livelli energetici e 2 transizioni: una vibro-rotazionale, risonante con la radiazione IR del laser in guida, e una
rotazionale, risonante con la radiazione a µw del klystron (fig. 3.1). Nel corso di
ogni misura il calcolatore, programmando il sintetizzatore in modo opportuno, varia
linearmente a step la frequenza del klystron. Per ogni frequenza impostata il lock-in
amplifier amplifica e rivela la componente del segnale proveniente dal diodo in fase
con un particolare riferimento. Distinguiamo 2 diversi tipi di acquisizione: quella
della curva di trasmissione della cavit`a (con o senza il CH3 I) e quella della riga in
52
doppia risonanza. La misura in doppia risonanza vera e propria presuppone, come
punto di partenza, quella della curva di trasmissione della cavit`a.
4.1.1
Curva di trasmissione della cavit`
a
La configurazione sperimentale `e rappresentata in fig. 4.1. Si interdice al laser
Figura 4.1:
Configurazione sperimentale per l’acquisizione della curva di
trasmissione della cavit`a.
l’ingresso nel risuonatore, le µw vengono modulate in ampiezza con l’uni-line a
tramissione variabile e lo stesso segnale fa da riferimento per il lock-in. La tecnica
della modulazione in ampiezza delle µw serve a migliorare il rapporto segnale/rumore
e a discriminare il livello continuo introdotto dalla corrente di polarizzazione del
rivelatore.
In questo tipo di misura, per`o, l’ampiezza del segnale `e talmente grande, che
l’errore da attribuire ai singoli dati acquisiti `e quello derivante dalla quantizzazione
dell’ADC. Il bit meno significativo dell’ADC corrisponde, infatti, a circa 1/2000 del
fondo scala impostato sul lock-in (che dev’essere superiore all’ampiezza del segnale).
Siccome il rumore del detector `e circa 20 µV , ogni volta che si usa un fondo scala
superiore a 40 mV (come capita quasi sempre per le curve di trasmissione della
cavit`a) prevale l’errore introdotto dall’ADC.
53
Per la cavit`a vuota si utilizzano tipicamente le seguenti impostazioni: spazzata in frequenza di 7.2 M Hz, tempo d’integrazione di 0.3 s, pendenza del filtro di
6 dB/ottava, 100 punti acquisiti. Per la cavit`a riempita di gas, invece, bisogna operare una distinzione: la spazzata e il tempo d’integrazione sono gli stessi della cavit`a
vuota, mentre il numero di punti `e 140 per lo stato vibrazionale fondamentale e 100
per quello eccitato. Questo perch´e la presenza del gas modifica la forma della curva
di trasmissione della cavit`a solo nelle misure sullo stato vibrazionale fondamentale,
scavandovi delle buche ben visibili (una in corrispondenza di ogni transizione a µw
possibile). Nello stato vibrazionale eccitato, invece, la minore popolazione dei livelli
non `e sufficiente a produrre variazioni apprezzabili.
4.1.2
Riga in doppia risonanza
La configurazione sperimentale `e rappresentata in fig. 4.2. Il laser in guida viene
Figura 4.2: Configurazione sperimentale per l’acquisizione della riga in doppia
risonanza.
modulato in ampiezza con un chopper meccanico subito prima di entrare nel risuonatore e lo stesso segnale fa da riferimento per il lock-in; la frequenza del laser viene
mantenuta fissa a un valore risonante o comunque vicino (entro 2 larghezze Dop54
pler) alla transizione IR. La sua funzione `e quella di svuotare lo stato vibrazionale
fondamentale e popolare quello eccitato, che, a T ≈ 300 K, ha una popolazione circa
100 volte inferiore.
In questo tipo di misura l’ampiezza del segnale `e sempre talmente piccola, che
l’errore da attribuire ai singoli dati acquisiti `e quello derivante dal rumore del detector, che prevale su quello introdotto dall’ADC, descritto nel paragrafo precedente.
Osserviamo, inoltre, che, nel caso di misure sullo stato vibrazionale fondamentale,
non `e necessario che la potenza del laser sia tale da produrre inversione di popolazione tra i 2 sottolivelli rotazionali; questo caso, peraltro, non si verifica nel nostro
` sufficienesperimento (sia con il laser, sia senza, le µw sono assorbite dal gas). E
te, infatti, che il laser produca una variazione di popolazione tale da poter essere
apprezzata dal sistema di rivelazione delle µw.
Rivelare il segnale proveniente dal diodo in fase con la frequenza del chopper
significa, all’atto pratico, effettuare la differenza tra i segnali di assorbimento delle
µw con e senza il laser, ovvero misurare la riga in doppia risonanza. In questo caso le
impostazioni sono leggermente diverse: spazzata in frequenza di 1.44 M Hz, tempo
d’integrazione di 1 s, pendenza del filtro di 12 dB/ottava, 120 punti acquisiti.
4.1.3
Descrizione di una giornata tipica di misure
La notte precedente un giorno di misure si lasciano in funzione la pompa a diffusione
sulla camera a vuoto e una pompa rotativa sulla cella della CO2 per la fluorescenza
saturata. All’inizio della giornata si effettuano tutte le procedure di accensione
delle varie parti dell’apparato, che durano mediamente circa 2 ore. Si inizia con
la sezione a µw, accendendo nell’ordine: l’analizzatore di spettro, il calcolatore, il
lock-in, il klystron e la relativa catena di stabilizzazione in frequenza del klystron.
Si raffredda il rivelatore InSb con l’azoto liquido, poi si regola la pressione della
cella per la fluorescenza saturata al suo valore ottimale. Si procede, poi, con la
sezione IR, accendendo nell’ordine: il laser convenzionale, il relativo circuito di
55
stabilizzazione in frequenza, il laser in guida e il relativo circuito di stabilizzazione
in offset di frequenza . A questo punto tutte le sorgenti di radiazione sono stabilizzate
in frequenza e bisogna solamente attendere che, andando a regime, si stabilizzino
anche in potenza.
Prima di iniziare le misure vere e proprie, si consultano i risultati di una simulazione al calcolatore delle frequenze delle transizioni rotazionali negli stati vibrazionali
v = 0 e v = 1 e di quelle vibro-rotazionali collegate, sulla base di quanto gi`a spiegato
nel capitolo 3. Si sceglie una transizione particolare e si regolano la frequenza di
emissione del klystron (eventualmente spostando la vite di accordo del resonator) e
l’offset di frequenza del laser in guida intorno ai loro valori previsti. Ci si assicura,
inoltre, muovendo il carrello con lo specchio cilindrico, che la frequenza di risonanza
della cavit`a sia il pi`
u vicino possibile a quella della riga a µw da misurare. Per ogni
misura si acquisiscono una curva di trasmissione della cavit`a col gas e una riga in
doppia risonanza. All’inizio e alla fine di ogni acquisizione il calcolatore legge dal
voltmetro digitale collegato al misuratore Datametrics il valore della pressione nella
camera a vuoto. Tenendo conto del numero di punti e del tempo di integrazione del
lock-in nei 2 casi, oltre che dei tempi di interscambio dei dati tra il calcolatore e il
lock-in stesso, si ottiene un tempo medio di circa 15 minuti per misura.
4.1.4
Problemi incontrati e successi conseguiti
Naturalmente non sempre le cose sono andate cos`ı lisce come potrebbe sembrare
dalla descrizione appena fatta. Ci siamo, innanzitutto, dovuti scontrare spesso con
inconvenienti tecnici di varia natura, che hanno interrotto il nostro lavoro fino a
quando non sono stati risolti. Il primo (e anche il pi`
u grosso) `e stata la rottura del
motorino elettrico per lo spostamento dello specchio cilindrico del risuonatore, che ci
ha costretto ad aprire la camera a vuoto per sostituirlo. Questa operazione ha compromesso la tenuta di vuoto, peggiorata fino a circa 45 P a/giorno, e l’allineamento
del risuonatore, tanto che il laser in guida non usciva pi`
u dal risuonatore stesso.
56
Siamo riusciti a migliorare la tenuta reincollando il punto d’ingresso delle guide nella camera a vuoto e a far fuoriuscire il laser intervenendo sull’ottica. Un giorno il
rivelatore InSb ha smesso di funzionare, essendosi spaccato letteralmente a met`a
il semiconduttore sul chip di supporto. L’abbiamo temporaneamente sostituito con
un altro, molto rumoroso, rimediato in laboratorio, ma abbiamo dovuto attendere
circa 4 mesi prima di poterne avere uno di buona qualit`a. Un altro giorno ci siamo
accorti che i tubi del laser in guida non tenevano pi`
u il vuoto e abbiamo dovuto
faticare non poco per individuare ed eliminare la perdita. Un altro giorno ancora
il detector per le µw ha smesso di funzionare bene, essendosi rovinato il contatto.
Abbiamo dovuto sostituire la punta in tungsteno con un’altra e cercare pazientemente un buon contatto. Abbiamo avuto, infine, problemi di natura elettronica con
una lunga serie di dispositivi: il Datametrics, il circuito di stabilizzazione in offset
di frequenza del laser in guida, l’encoder che legge la posizione dello specchio mobile
del risuonatore, il circuito di stabilizzazione in frequenza e l’alimentatore del laser
convenzionale.
Un problema non tecnico, bens`ı intrinseco al nostro apparato di misura, `e la
stabilit`a meccanica del carrello del risuonatore. Abbiamo sperimentato che risulta
alquanto difficoltoso, dal punto di vista pratico, mantenere fissa la posizione del
carrello, poich´e esso `e soggetto a perturbazioni di varia natura. Piccole variazioni
della temperatura nel laboratorio, anche di pochi decimi di ◦ C, provocano derive
termiche apprezzabili, ma in questo caso si pu`o intervenire cercando di mantenere
costante, quanto pi`
u possibile (entro qualche decimo di ◦ C, appunto), la temperatura
del laboratorio a T ≈ 24◦ C, mediante un condizionatore. Ogni volta che viene
spostato, invece, esso subisce assestamenti meccanici non controllabili, anche a lungo
termine (giorni). Si tratta, comunque, di spostamenti che cambiano la lunghezza
del risuonatore di meno di 1 µm, corrispondente a una variazione relativa di circa
10−6 .
Il rovescio della medaglia `e, d’altra parte, molto confortante, in quanto allo stato attuale il nostro apparato ha delle prestazioni veramente notevoli. Il rapporto
57
segnale/rumore `e straordinariamente grande per tutti i segnali di stabilizzazione
in frequenza delle sorgenti di radiazione impiegate: il segnale IF per la stabilizzazione del klystron ha (S/N )kly ≥ 30 dB, quello per la stabilizzazione del laser in
guida ha (S/N )lg ≥ 40 dB; il segnale del rivelatore InSb per la stabilizzazione del
laser convenzionale, prima ancora di entrare nel circuito di rivelazione di fase, ha
(S/N )lc ≥ 2, misurato su un oscilloscopio con larghezza di banda di circa 1 M Hz.
In virt`
u dell’intensit`a di questi segnali il klystron e i 2 laser sono in grado di restare
agganciati ai loro riferimenti per tutta la giornata (cio`e circa 10 ore)!
4.2
Metodo di elaborazione
Per estrarre dai dati grezzi valori ed errori affidabili per le grandezze fisiche che
interessano sono necessari 2 elementi: un buon modello in grado di interpretare le
osservazioni sperimentali e un algoritmo di fit per estrarre da tale modello dei numeri
significativi attraverso il calcolatore.
4.2.1
Modello teorico
Occorre un modello per ognuno dei 5 tipi di misure: curva di trasmissione della cavit`a
vuota; curva di trasmissione della cavit`a piena di gas e riga in doppia risonanza,
ciascuna delle quali nei 2 casi v = 0 e v = 1.
Cavit`
a vuota
Per la potenza trasmessa dalla cavit`a vuota si utilizza una funzione lorentziana
distorta linearmente al numeratore (fig. 4.3):
1 + DS0 (ν)
1 + S02 (ν)
(4.1)
ν − ν0
∆ν0
(4.2)
Pt (ν) = C + A
dove
S0 (ν) =
58
ampiezza (a. u.)
frequenza (1 MHz per div.)
Figura 4.3: Forma tipica della curva di trasmissione della cavit`a vuota (punti
sperimentali e fit); si noti che le barre d’errore sarebbero pi`
u piccole dei punti.
Si `e indicato con C la costante additiva (negativa) inserita deliberatamente nell’ADC
del lock-in per sfruttarne al meglio la dinamica, con A l’ampiezza di trasmissione,
con D il parametro di distorsione, con ν0 la frequenza di risonanza della cavit`a vuota
e con ∆ν0 la semilarghezza a met`a altezza (HW HM ). Il parametro di distorsione
D tiene conto, in modo fenomenologico, dell’asimmetria della curva rilevata sperimentalmente e dovuta a un accoppiamento non ottimale tra le guide d’onda e il
risuonatore nei punti d’ingresso e uscita. L’inevitabile disadattamento d’impedenza provoca una parziale riflessione della potenza incidente sui punti di raccordo, la
quale, in prima approssimazione, dipende dalla frequenza in modo lineare.
59
Cavit`
a piena nel caso v = 0
Per la potenza trasmessa dalla cavit`a piena di gas (fig. 4.4) si utilizza la funzione
ampiezza (a. u.)
proposta da Dymanus [28]:
frequenza (1 MHz per div.)
Figura 4.4: Forma tipica della curva di trasmissione della cavit`a piena nel caso v = 0
(punti sperimentali e fit); si notano le buche scavate da 4 righe di assorbimento: 2
di queste si vedono a stento.
Pb0 (ν) = C + A
1 + DSg (ν)
[1 + αg (ν)]2 + [Sg (ν) − βg (ν)]2
(4.3)
dove
Sg (ν) =
ν − νg
∆νg
(4.4)
Si `e indicato con νg la frequenza di risonanza della cavit`a piena di gas e con ∆νg la
larghezza.
La presenza del gas modifica la costante dielettrica di background ²∞ e si ha,
quindi, uno shift della frequenza di risonanza della cavit`a, che risulta data dalla
60
seguente equazione:
ν0
νg = q
²∞ (p)
(4.5)
Si pu`o supporre, al 1◦ ordine, un andamento lineare per l’indice di rifrazione n∞ =
√
²∞ :
n∞ (p) = 1 + ηp
(4.6)
Il valore misurato del coefficiente di shift `e η = 6.4(7) · 10−7 P a−1 .
Le funzioni αg (ν) e βg (ν) rappresentano rispettivamente il contributo di assorbimento e di dispersone del gas per la radiazione a µw libera, cio`e in assenza di una
cavit`a risonante. Per le regole di Kramers-Kronig esse sono una la trasformata di
Hilbert dell’altra. Supponiamo, per semplicit`a, che il contributo di assorbimento
abbia una forma lorentziana, anche se questo `e vero solo in un regime di pressioni
non troppo basse, in cui domina l’allargamento collisionale su quello Doppler. Sotto
questa ipotesi `e facilmente calcolabile anche il contributo di dispersione:
αg (ν) =
βg (ν) =
n
X
i=1
n
X
i=1
si (ν) =
Bi
1
1 + s2i (ν)
(4.7)
Bi
si (ν)
1 + s2i (ν)
(4.8)
ν − νi
∆νi
(4.9)
Si `e indicato con Bi l’ampiezza (adimensionale) di una transizione a µw del gas, con
νi la frequenza, con ∆νi la larghezza e con n il numero di transizioni che si vengono
a trovare entro la curva di trasmissione della cavit`a (le uniche rilevabili entro i limiti
del rapporto segnale/rumore).
Riga nel caso v = 0
Si suppone che l’effetto della presenza del laser sia equivalente a quello di una riga di
emissione del gas (che viene formalmente trattata come una riga con ampiezza negativa). Il laser produce, infatti, per svuotamento, una diminuzione della popolazione
dello stato rotazionale di partenza e, quindi, un aumento della trasmissione delle
61
µw. Per la potenza trasmessa in presenza del laser si utilizza, quindi, la funzione:
0
Pb0
(ν) = C + A
1 + DSg (ν)
[1 + αg (ν) − αl (ν)]2 + [Sg (ν) − βg (ν) + βl (ν)]2
(4.10)
dove
"
#
1
1
αl (ν) = Bl
+
2
1 + s− (ν) 1 + s2+ (ν)
#
"
s+ (ν)
s− (ν)
+
βl (ν) = Bl
1 + s2− (ν) 1 + s2+ (ν)
ν − (νr ± δ)
s± (ν) =
∆νr
(4.11)
(4.12)
(4.13)
La presenza della radiazione IR che si propaga collinearmente a quella a µw,
induce 2 righe negative con half-splitting δ e centro νr corrispondente alla frequenza
della transizione rotazionale. Questo si verifica perch´e in generale il laser non `e
perfettamente sintonizzato sulla transizione IR, ma `e presente un certo detuning e
si crea, quindi, un doppietto per effetto Doppler, come gi`a spiegato nell’introduzione.
Abbiamo gi`a detto che il lock-in, quando rivela il segnale del diodo in fase col
chopper, fornisce, a tutti gli effetti, la differenza tra la trasmissione delle µw con e
senza laser nella cavit`a. Per la potenza della riga in doppia risonanza (fig. 4.5) si
utilizza, quindi, la funzione:
0
Pr0 (ν) = Pb0
(ν) − Pb0 (ν)
(4.14)
Cavit`
a piena nel caso v = 1
Per la potenza trasmessa dalla cavit`a piena di gas in assenza di laser si utilizza la
funzione:
Pb1 (ν) = C + A
1 + DSg (ν)
1 + Sg2 (ν)
(4.15)
dove le notazioni sono le stesse usate in precedenza nel caso v = 0. Come si pu`o
vedere, la forma `e analoga a quella della cavit`a vuota, per i motivi gi`a spiegati.
62
ampiezza (a. u.)
frequenza (200 kHz per div.)
Figura 4.5: Forma tipica della riga in doppia risonanza, nel caso v = 0 (punti
sperimentali e fit): si tratta della transizione con F = 21/2 e ∆F = +1, misurata
alla pressione di 0.15 P a, usando per il laser un detuning di 7.8 M Hz; si pu`o notare
che il campionamento ha densit`a doppia nella zona centrale.
Riga nello stato v = 1
Per la potenza trasmessa in presenza del laser si utilizza la funzione:
0
Pb1
(ν) = C + A
1 + DSg (ν)
[1 − αl (ν)]2 + [Sg (ν) + βl (ν)]2
(4.16)
dove le notazioni sono le stesse del caso v = 0. Anche in questo caso l’effetto del laser
`e equivalente a quello di una riga con ampiezza negativa, poich´e esso produce un
aumento della popolazione dello stato rotazionale di partenza e, quindi, un aumento
dell’emissione delle µw.
Per la potenza della riga in doppia risonanza si utilizza la funzione:
0
Pr1 (ν) = Pb1
(ν) − Pb1 (ν)
63
(4.17)
La forma `e del tutto analoga a quella nel caso v = 0 (fig. 4.5). Per fornire un quadro
completo dei diversi tipi di righe acquisite riportiamo in fig. 4.6 un esempio di riga
ampiezza (a. u.)
non splittata, cio`e con il laser perfettamente risonante con la transizione IR.
frequenza (200 kHz per div.)
Figura 4.6: Forma tipica della riga in doppia risonanza, nel caso v = 1 (punti
sperimentali e fit): si tratta della transizione con F = 23/2 e ∆F = −1, misurata
alla pressione di 0.45 P a, usando per il laser un detuning nullo.
Osserviamo, infine, che la forma della riga risulta in entrambi i casi (v = 0
e v = 1) piuttosto sensibile a effetti di deformazione dovuti a una non perfetta
centratura della cavit`a, cio`e a una differenza troppo marcata tra le frequenze della
riga e della cavit`a. In questo caso la riga `e distorta e ci possono essere effetti di
pulling sulla frequenza νr fittata imputabili proprio a tale deformazione.
64
4.2.2
Algoritmo di fit
A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per costruire un algoritmo efficiente,
in modo da ottenere dei numeri sensati attraverso il calcolatore, a partire dai dati
grezzi acquisiti col nostro apparato sperimentale.
1. Si eseguono i fit delle curve di trasmissione della cavit`a col gas senza laser,
utilizzando un apposito programma in FORTRAN che gira su un PC e che
fornisce i seguenti dati di uscita: valori stimati dei parametri e relativi margini
di confidenza al 95%, valore del χ2 , probabilit`a del fit sulla base del test del
χ2 e matrice di correlazione tra i parametri.
2. Si utilizzano i parametri forniti dal fit della cavit`a per eseguire il secondo
fit, tenendo fissati quelli che riguardano la cavit`a senza laser (comprese le
eventuali buche di assorbimento del gas) con la sola eccezione di νg , per i
motivi gi`a spiegati, e lasciando liberi, invece, quelli che riguardano la riga
sdoppiata indotta dal laser.
In questo modo si evita che il secondo fit, cio`e quello che maggiormente ci interessa, abbia problemi di convergenza dovuti all’eccessivo numero di parametri liberi e
soprattutto al fatto che l’informazione sulla cavit`a contenuta nelle registrazioni in
doppia risonanza `e piuttosto modesta.
65
Capitolo 5
Misure effettuate
In questo capitolo riportiamo l’insieme delle misure spettroscopiche che abbiamo effettuato sul CH3 I, suddividendole nel modo seguente: transizioni vibro-rotazionali,
transizioni rotazionali nello stato vibrazionale v = 0 e in quello v = 1.
Per le transizioni rotazionali `e necessario operare una distinzione tra lo stato vibrazionale fondamentale e quello eccitato, per la diversit`a sia delle regole di selezione
che intervengono, sia dei modi in cui le frequenze vengono effettivamente determinate. In ciascuno dei 3 casi discutiamo le regole di selezione e la procedura completa
che porta ai risultati numerici e commentiamo tali risultati. Discutiamo alla fine
anche tutte le possibili sorgenti di errore sistematico e descriviamo brevemente l’analisi preliminare effettuata sui nostri dati, per capire quali costanti molecolari sono
pi`
u affidabili e quali meno.
5.1
Transizioni vibro-rotazionali
Prima di affrontare una qualunque serie misure su transizioni elettromagnetiche di
un sistema molecolare, `e necessario accertarsi, tramite gli strumenti forniti dalla
teoria dei gruppi, di quali transizioni di dipolo elettrico sono permesse e quali no.
In base alle propriet`a di trasformazione delle coordinate e del modo normale di
vibrazione v = 1, si possono dedurre per le transizioni vibro-rotazionali v = 0 → 1
66
le seguenti regole di selezione di banda ⊥:
∆J = 0, ±1
∆K = ±1
(5.1)
∆F = 0, ±1
Le transizioni da noi misurate sono caratterizzate dai seguenti numeri quantici 1 :
|00 , 9, 8, F i → |11 , 10, 9, F + 1i
(5.2)
cio`e ∆v = ∆l = ∆J = ∆K = ∆F = +1.
5.1.1
Procedura di determinazione delle frequenze
Di volta in volta il laser in guida `e sintonizzato intorno a una particolare transizione IR e il klystron `e sintonizzato sulla transizione a µw collegata, nello stato
vibrazionale fondamentale, a quella IR che si `e scelta. Per ottenere una determinata frequenza vibro-rotazionale abbiamo acquisito molte righe splittate (mediamente
15) a bassa pressione (≈ 0.2P a), per diversi valori dell’offset di frequenza del laser in
guida (in un range di circa 40 M Hz attorno alla risonanza). Riportiamo in fig. 5.1
un esempio delle righe acquisite, sotto forma di grafico tridimensionale. Inoltre nelle
fig. 5.2, 5.3, 5.4, 5.5 e 5.6 sono mostrate alcune delle altre misure, con l’indicazione,
a lato di ogni riga, del corrispondente offset di frequenza del laser.
La semilarghezza Doppler nel caso del CH3 I, con νIR ≈ 28.6T Hz, vale (∆ν)IR ≈
14.8 M Hz. Si noti, quindi, che siamo riusciti a effettuare misure detunate di ben
oltre una larghezza Doppler, senza per questo aver dovuto rinunciare a un ottimo
rapporto segnale/rumore (S/N ≥ 30).
Dopo aver fittato i profili di riga, secondo quanto esposto nel capitolo 4, abbiamo
effettuato un secondo fit sui valori di half-splitting ottenuti dal primo, a cui abbiamo
1
¯
®
La notazione per gli stati `e la seguente: ¯v |l| , J, |K|, F ; i 2 moduli derivano dal fatto che,
siccome tutti i termini dell’energia dipendono o da potenze pari di K o dal prodotto Kl, non sono
osservabili n`e il segno di K, n`e quello di l, ma solo quello relativo tra K e l.
67
ampiezza (a. u.)
fre
q.
(2
00
kH
zp
er
div
.)
30
35
40
45
fre
50
55
ffs
o
.
q
60
et
65
70
75
z)
H
(M
Figura 5.1: Serie di righe splittate, nel caso v = 0 (punti sperimentali e fit): si tratta
di transizioni con F = 19/2 e ∆F = +1, misurate alla pressione di ≈ 0.2 P a, usando
per il laser diversi valori di offset.
aggiunto a mano il segno giusto: + quando il laser era detunato superiormente e −
nel caso opposto. Se poniamo ∆ = νLO − νIF (eq. 2.13), la relazione tra l’offset ∆
e l’half-splitting δ `e lineare:
Ã
∆=
!
νIR
δ + ∆0
νµw
(5.3)
dove l’intercetta ∆0 della retta (fig. 5.7) rappresenta proprio l’offset di frequenza
corrispondente alla risonanza del laser in guida con la transizione vibro-rotazionale
(splitting nullo). Da questa si pu`o risalire alla frequenza νIR vera e propria semplicemente sommandovi quella del laser convenzionale, che `e nota con grande precisione
68
Figura 5.2: Alcune misure di righe splittate con F = 13/2 → 15/2.
69
Figura 5.3: Alcune misure di righe splittate con F = 15/2 → 17/2.
70
Figura 5.4: Alcune misure di righe splittate con F = 17/2 → 19/2.
71
Figura 5.5: Alcune misure di righe splittate con F = 21/2 → 23/2.
72
Figura 5.6: Alcune misure di righe splittate con F = 23/2 → 25/2.
73
(eq. 2.12). Il coefficiente angolare della retta fornito dal fit non `e consistente (al
75
freq. offset (MHz)
70
65
60
55
50
45
40
35
30
-100
-75
-50
-25
0
25
half-splitting (kHz)
50
75
100
Figura 5.7: Retta per la determinazione della frequenza IR (punti sperimentali e
fit): si tratta della stessa serie di misure di fig. 5.1.
10%) con quello teorico (νIR /νµw ≈ 191), ma questo non ci stupisce pi`
u di tanto.
Molto probabilmente ci`o `e dovuto ai limiti del modello di Dymanus: dovendo misurare, infatti, un doppietto, `e impossibile mettere la cavit`a esattamente sul centro
della riga e, quindi, c’`e un inevitabile effetto di pulling. In ogni caso l’informazione
importante `e data dall’intercetta, che `e determinata con grande precisione.
5.1.2
Risultati e commenti
Riportiamo in tab. 5.1 i valori trovati degli offset e delle frequenze IR, indicando
anche le accuratezze, corrispondenti agli errori statistici, e rinviando la discussione
di eventuali errori sistematici alla sezione 5.4.
Osserviamo, innanzitutto, che la misura della riga F = 13/2 `e stata effettuata
74
F → F0
∆obs
νobs
∆νobs
(M Hz)
(T Hz)
(kHz)
13/2 15/2
20.71
28.616 562 48
70
15/2 17/2
45.85
28.616 587 62
130
17/2 19/2
56.18
28.616 597 95
70
19/2 21/2
54.11
28.616 595 88
150
21/2 23/2
40.78
28.616 582 55
110
23/2 25/2
18.50
28.616 560 27
90
Tabella 5.1: Frequenze misurate delle transizioni vibro-rotazionali.
eseguendo misure sia nello stato vibrazionale v = 0, sia in quello v = 1. In tal modo
si `e potuta controllare la consistenza interna dei risultati ottenuti, con esito positivo.
Avremmo anche potuto riportare in tab. 5.1 gli scarti tra i valori delle frequenze
misurati e quelli calcolati, ma c’`e un problema: per calcolare tali frequenze occorre
anche il valore del contributo vibrazionale del modo ν6 , che, per`o, `e noto dalla letteratura [27] con un’accuratezza di appena 1.2 M Hz, molto peggiore di quella delle
nostre misure. L’unica cosa che possiamo dire `e che, anche cercando di aggiustare
tale parametro in modo da rendere nullo il valor medio degli scarti, persistono ugualmente delle discrepanze che sono comprese in una banda di circa 700 kHz. Questo
non `e sorprendente, perch´e le misure IR esistenti sono state quasi tutte ottenute
con laser a diodo.
Possiamo confrontarci, invece, con i migliori risultati sperimentali precedenti:
le uniche misure di transizioni IR effettuate su CH3 I con accuratezza (200 kHz)
confrontabile con la nostra sono quelle di Arimondo e Glorieux [8]. Nel loro lavoro
sperimentale del ’79 hanno misurato, con una tecnica diversa, 2 delle 6 transizioni
vibro-rotazionali in questione, quelle con gli offset di frequenza pi`
u piccoli: le righe
con F = 13/2 e F = 23/2. I valori da loro ottenuti per tali offset sono consistenti
con i nostri per quanto riguarda la riga con F = 13/2 (scarto di 100 kHz), un po’
75
meno per l’altra (scarto di 500 kHz).
5.2
Transizioni rotazionali nello stato vibrazionale v = 0
In questo caso valgono le seguenti regole di selezione:
∆J = 0, ±1
∆K = 0
(5.4)
∆F = 0, ±1
I numeri quantici che identificano le transizioni da noi misurate sono i seguenti:
|00 , 9, 8, F i → |00 , 10, 8, F + 1i
(5.5)
cio`e ∆J = ∆F = +1 e ∆K = 0.
5.2.1
Procedura di determinazione delle frequenze
Per ottenere una determinata frequenza rotazionale abbiamo utilizzato le stesse
misure e gli stessi fit del caso precedente. I fit dei profili di riga forniscono, infatti,
oltre ai valori degli half-splitting, anche quelli dei centri, corrispondenti proprio alle
frequenze delle transizioni rotazionali coinvolte.
5.2.2
Risultati e commenti
Riportiamo in tab. 5.2 i valori trovati delle frequenze a µw, indicando anche gli
errori puramente statistici e gli scarti tra i valori misurati e quelli calcolati a partire
dalle migliori costanti molecolari esistenti in letteratura (tab. 3.4).
Per quanto riguarda gli errori sistematici, abbiamo osservato che, nonostante
la raffinatezza del modello di fit utilizzato per analizzare i dati, persiste un piccolo effetto di pulling imputabile alla non perfetta centratura della cavit`a, com’`e gi`a
76
F → F0
νobs
∆νobs
νobs − νcalc
(GHz)
(kHz)
(kHz)
13/2 15/2
149.988 035 9
0.4
−0.5
15/2 17/2
149.891 383 3
1.2
+5.4
17/2 19/2
149.819 433 9
1.1
+8.0
19/2 21/2
149.791 023 3
0.8
+2.9
21/2 23/2
149.827 475 8
1.2
+1.2
23/2 25/2
149.952 450 7
1.1
+1.5
Tabella 5.2: Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 0.
stato anticipato nel § 4.2.1. Per quantificare tale effetto sistematico, abbiamo semplicemente confrontato tra loro i risultati dei fit di misure in cui la cavit`a era stata
deliberatamente decentrata a sinistra o a destra rispetto alla riga, osservando che
questo implica deviazioni che non vanno oltre 1 kHz. Per questo motivo, siccome
anche gli errori statistici sono circa 1 kHz, abbiamo stimato come accuratezza di
queste misure 2 kHz.
Si nota che le frequenze misurate si discostano pochissimo da quelle calcolate: gli
scarti (tutti positivi tranne uno) hanno un valor medio di +3.1 kHz e sono compresi
in una banda di circa 10kHz. Questo va confrontato con la semilarghezza Doppler a
µw, che vale (∆ν)µw ≈ 77.5 kHz. Le costanti molecolari sembrano, quindi, affidabili
per calcolare le frequenze rotazionali dello stato vibrazionale fondamentale.
Soffermiamoci, a questo punto, su un fatto estremamente rilevante, gi`a accennato nell’introduzione. Come abbiamo gi`a visto nel § 4.2.1, la forma della curva di
trasmissione della cavit`a riempita di gas presenta una o pi`
u buche di assorbimento,
corrispondenti alla transizione a µw coinvolta nella misura ed, eventualmente, ad
altre transizioni che capitano vicine a questa. Noi siamo stati particolarmente sfortunati (o fortunati, secondo il punto di vista), poich´e in 2 casi su 6 si `e verificato
proprio questo inconveniente: la riga con F = 13/2 dista circa 7 kHz da un’altra
77
con |K| = 2 e F = 19/2 circa 15 volte pi`
u intensa (in teoria); quella con F = 23/2
dista circa 230 kHz da un’altra con |K| = 5 e F = 15/2 circa 3.5 volte pi`
u intensa
(sempre in teoria).
La fortuna di cui si parlava poc’anzi `e che, grazie a queste coincidenze (del resto
non cos`ı improbabili), possiamo dimostrare, con maggiore efficacia, la potenza della
nostra tecnica di misura. Osserviamo, ad esempio, la fig. 5.8: si vede bene che la
spettroscopia a µw tradizionale `e costretta ad arrendersi di fronte alla manifesta
superiorit`a della doppia risonanza effettuata con l’ausilio del laser IR. L’unica,
minuscola traccia che resta della riga disturbatrice `e una spalla molto bassa sulla
destra della riga misurata: questo fatto `e previsto anche dal modello di Dymanus.
5.3
Transizioni rotazionali nello stato vibrazionale v = 1
In questo caso il laser popola il pi`
u alto dei 2 livelli rotazionali tra cui avviene la
transizione a µw; di conseguenza le righe vengono osservate in emissione stimolata
anzich´e in assorbimento. Valgono le seguenti regole di selezione:
∆J = 0, ±1
∆K = 0, ±1
(5.6)
∆F = 0, ±1
I numeri quantici che identificano le transizioni da noi misurate sono i seguenti:
|11 , 10, 9, F i →


 |11 , 9, 9, F i

 |11 , 9, 9, F − 1i
(5.7)
cio`e ∆J = −1, ∆K = 0 e ∆F = 0, −1. Osserviamo che le transizioni con ∆F = 0
sono molto meno intense (circa 30 volte) di quelle con ∆F = −1. Abbiamo deciso,
quindi, di misurarle solo nel caso v = 1, al fine di disporre del maggior numero
possibile di frequenze per poterci confrontare meglio con le costanti molecolari dello
stato vibrazionale eccitato, che, come vedremo, sono note con minor precisione.
78
Figura 5.8: Riga F = 23/2 misurata nello stato vibrazionale v = 0: (a) curva di
trasmissione della cavit`a col gas; (b) ingrandimento della zona centrale; (c) riga in
doppia risonanza.
79
5.3.1
Procedura di determinazione delle frequenze
Di volta in volta il klystron `e sintonizzato su una particolare transizione a µw nello
stato vibrazionale eccitato e il laser in guida `e sintonizzato sulla frequenza risonante
(determinata in base alle misure precedenti) della transizione IR collegata. Per
ottenere una determinata frequenza rotazionale abbiamo acquisito alcune righe non
splittate (mediamente 4) a bassa pressione (≈ 0.4 P a). Anche in questo caso siamo
riusciti a ottenere un buon rapporto segnale/rumore: S/N ≥ 20 per le righe con
∆F = −1 e S/N ≥ 10 per quelle con ∆F = 0. Siccome queste ultime sono molto
pi`
u deboli, per misurarle meglio abbiamo dovuto utilizzare tutta la potenza delle
µw disponibile (che, purtroppo, non raggiunge 1 mW ) e abbiamo anche allungato,
in certi casi, il tempo d’integrazione del lock-in a 3 s. In fig. 5.9 sono mostrate,
come esempio, 2 misure di righe a µw nello stato vibrazionale eccitato con il laser
risonante sulla transizione IR collegata.
5.3.2
Risultati e commenti
Riportiamo in tab. 5.3 e 5.4 i valori trovati delle frequenze a µw, indicando sempre
gli errori statistici e gli scarti tra i valori misurati e quelli calcolati.
F → F0
νobs
∆νobs
νobs − νcalc
(GHz)
(kHz)
(kHz)
15/2 13/2
149.550 612 2
1.2
−29.0
17/2 15/2
149.428 584 3
1.2
−1.2
19/2 17/2
149.336 257 6
0.5
+10.7
21/2 19/2
149.298 676 7
1.6
+7.9
23/2 21/2
149.344 002 1
1.1
−14.2
25/2 23/2
−
−
−
Tabella 5.3: Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 1 e ∆F = −1.
80
Figura 5.9: Esempi di righe misurate nello stato vibrazionale eccitato: (a) F =
19/2 → 17/2; (b) F = 17/2 → 17/2.
81
F
νobs
∆νobs
νobs − νcalc
(GHz)
(kHz)
(kHz)
15/2
149.114 338 9
2.3
−58.4
17/2
149.121 970 4
4.7
−65.4
19/2
−
−
−
21/2
149.473 041 9
2.4
−111.4
23/2
149.885 833 2
3.5
−183.3
Tabella 5.4: Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 1 e ∆F = 0.
Osserviamo, innanzitutto, che la riga con F = 15/2 e ∆F = −1 era stata gi`a
misurata accuratamente nel precedente lavoro di tesi [13] e, quindi, abbiamo deciso
di non rimisurarla. Come si pu`o vedere dai vuoti appositamenti lasciati nelle tabelle,
sono sfuggite alla nostra cattura 2 transizioni: quella con F = 25/2, ∆F = −1 e
quella con F = 19/2, ∆F = 0. Non siamo riusciti a misurarle a causa di problemi di
aggancio del klystron dovuti alla presenza di fastidiose frequenze spurie nel circuito
di moltiplicazione del quarzo.
Gli errori statistici sono: circa 1 kHz per quelle con ∆F = −1 e circa 3 kHz
per le righe con ∆F = 0 (a causa del fatto che il rapporto S/N `e peggiore nel
secondo caso). Tenendo conto anche dell’errore sistematico di cui si `e discusso nel §
5.2.2, possiamo stimare come accuratezza per queste misure rispettivamente 2 kHz
e 4 kHz.
Per quanto riguarda gli scarti delle frequenze misurate da quelle calcolate, bisogna operare una distinzione: quelli delle righe con ∆F = −1 (sia positivi, sia
negativi) hanno un valor medio di −5.2 kHz e sono compresi in una banda di circa
40 kHz; quelli delle righe con ∆F = 0 (sistematicamente negativi) hanno un valor
medio di −104.6 kHz e sono compresi in una banda di circa 125 kHz. Riteniamo
che questa differenza sia dovuta al fatto che le costanti molecolari dello stato vibrazionale v = 1 riportate in letteratura sono state ricavate tutte da misure effettuate
82
su transizioni con |∆F | = 1. Non ci deve stupire pi`
u di tanto, quindi, se frequenze
misurate di transizioni con ∆F = 0 non concordano con quelle previste a partire da
tali costanti.
5.4
Sorgenti di errore sistematico
Discutiamo, a questo punto, tutte le possibili fonti di errore sistematico, evidenziando di quali va tenuto conto e quali, invece, sono trascurabili. Per quanto riguarda
le 3 sorgenti di radiazione utilizzate (il klystron e i 2 laser) consideriamo gli effetti
della potenza delle radiazioni, dei processi di stabilizzazione in frequenza e della
modulazione in ampiezza. Spieghiamo, infine, come si verifica l’effetto di pulling
della cavit`a di cui si `e gi`a parlato svariate volte.
5.4.1
Potenza delle radiazioni
Due possibili effetti dell’intensit`a delle radiazioni inviate su un gas molecolare per
effettuare spettroscopia sono la saturazione delle transizioni e la perturbazione dei
livelli energetici della molecola.
Per quanto riguarda la radiazione IR possiamo affermare con sicurezza che non
provoca saturazione della transizione vibro-rotazionale, in quanto lo spopolamento
del sottolivello rotazionale nello stato vibrazionale fondamentale non `e sufficiente
nemmeno a realizzare inversione di popolazione tra questo livello e quello collegato ad
esso dalla transizione a µw. Questo significa che la variazione relativa di popolazione
indotta dal laser `e inferiore a νµw /KB T ≈ 2.5 · 10−2 (riteniamo di circa 10 volte).
Nel lavoro di tesi [9] e nel successivo articolo [10] `e stato verificato sperimentalmente
che la larghezza delle righe `e indipendente dalla potenza del laser, fino a un valore
di circa 6 W (ovvero 3 volte superiore a quello della potenza utilizzata nel nostro
esperimento). Basterebbe gi`a questo a convincersi del fatto che nemmeno il centro
delle righe pu`o subire shift sistematici, poich´e i 2 effetti sono collegati per ragioni
teoriche. Per avvalorare ulteriormente questa affermazione, abbiamo effettuato un
83
controllo sui risultati dei fit delle righe splittate per effetto Doppler. Si parte dalla
considerazione che tutte le frequenze delle transizioni vibro-rotazionali sono superiori
a quella del laser convenzionale (riga 10P (8) della CO2 ), cio`e hanno tutte un offset
di frequenza positivo. Nelle misure di splitting, inoltre, abbiamo variato tale offset
su un range di circa 40 M Hz. Dato che la potenza del laser diminuisce da 2 W
fino a 1 W all’aumentare dell’offset, effettuando misure a differenti offset abbiamo
implicitamente variato anche la potenza a cui sono state acquisite le righe splittate.
I centri delle righe fittati risultano tutti consistenti tra loro, senza che si evidenzi
nessun andamento sistematico con l’offset e, quindi, con la potenza.
Per quanto riguarda, invece, la radiazione a µw, la situazione `e invertita: va considerata la saturazione e si pu`o tranquillamente trascurare l’effetto della potenza,
che `e oltre 1000 volte inferiore a quella della radiazione IR. Prima di effettuare le
varie serie di misure abbiamo controllato sotto quali condizioni di potenza a µw e di
pressione del gas le transizioni rotazionali erano saturate. Abbiamo acquisito misure
di righe in doppia risonanza al variare della potenza a µw e a pressione costante, per
evidenziare l’effetto di allargamento per saturazione. Dai risultati ottenuti abbiamo
potuto quantificare l’allargamento per saturazione e, quindi, disporre di criteri oggettivi per poter scegliere, di volta in volta, a quale pressione e potenza effettuare
le misure vere e proprie per minimizzarne l’entit`a. Resta il fatto che un eventuale
allargamento non introduce, comunque, errori sistematici sulla determinazione del
centro delle righe: ne riduce soltanto la risoluzione.
5.4.2
Limiti della stabilizzazione in frequenza
La stabilit`a in frequenza del klystron `e determinata da quella dei quarzi attraverso
la catena di moltiplicazione descritta nel § 2.3.2. L’affidabilit`a di questo circuito
elettronico `e stata controllata confrontando misure a µw di transizioni intense del
CH3 F con i valori migliori disponibili in letteratura: i risultati [29] sono accurati
e riproducibili con una precisione di circa 2.5 · 10−9 , anche a distanza di parecchi
84
anni. La stabilit`a su tempi pi`
u brevi (minuti) si pu`o valutare mediante l’eq. 2.9. Il
quarzo che pesa di pi`
u `e l’Austron: la ditta costruttrice dichiara come rapporto tra
la densit`a spettrale di potenza alla frequenza portante e quella del rumore a 1 kHz
di distanza su una banda di 1 Hz un valore Lquarzo (1 kHz) < 180 dB. Tenendo
conto che la frequenza del quarzo viene moltiplicata di un fattore N ≈ 30000 e
che il rumore aumenta come N 2 , possiamo stimare che, alla fine del processo di
moltiplicazione, per il segnale a 150 GHz si ha una stabilit`a relativa in frequenza
di ∼ 10−9 . Siccome il frequenzimetro Philips impiegato per misurare la frequenza
del quarzo ha una risoluzione di 2 · 10−9 e generalmente questo quarzo si `e sempre
mantenuto molto stabile nel corso di ogni misura, possiamo stimare che l’errore
sistematico sulla frequenza a µw imputabile ai quarzi `e circa 300 Hz.
La stabilit`a in frequenza dei laser potrebbe essere stimata in modo serio solamente effettuando il battimento con un altro laser a CO2 stabilizzato nello stesso
modo e osservandone le caratteristiche. Siccome non disponiamo di un altro laser
stabilizzato in frequenza, possiamo solo fare delle valutazioni a posteriori, osservando la qualit`a delle misure delle 6 frequenze IR effettuate. In ognuna di queste
misure la retta di fit per la determinazione della frequenza IR passa per tutti i punti
sperimentali, entro le barre d’errore, e non sono presenti andamenti sistematici degli
scarti tra i punti sperimentali e quelli generati dal fit. Questo fatto, unitamente al
check di consistenza interna di cui si `e parlato nel § 5.1.2, ci consente di affermare
che l’accuratezza nella stabilizzazione in frequenza del laser in guida `e sicuramente
inferiore a 100 kHz, che `e la risoluzione statistica media ottenuta nella misura di
una frequenza IR. Come `e gi`a stato detto nel § 2.4.4, riteniamo che tale accuratezza
sia circa 50 kHz.
Discutiamo anche l’effetto sistematico delle fluttuazioni a brevissimo termine
nella frequenza del laser, di cui si `e gi`a parlato nel § 2.4.4. Tale effetto consiste in
un allargamento delle righe a µw facilmente quantificabile: circa 200 volte (ovvero
il rapporto tra la frequenza IR e quella a µw) inferiore all’ampiezza di dette fluttuazioni. Al peggio `e, quindi, di circa 2.5 kHz, cio`e quasi trascurabile rispetto alla
85
larghezza osservata, che, anche alle basse pressioni delle nostre misure, non scende
mai sotto i 30 kHz. Gli altri effetti che provocano un allargamento residuo delle
righe (in totale di circa 20 kHz) a pressione nulla sono: le collisioni con le pareti del
risuonatore, la leggera acollinearit`a delle radiazioni a µw e IR nel risuonatore e la
piccola saturazione residua delle transizioni a µw.
5.4.3
Modulazione in ampiezza delle radiazioni
Ogni volta che si modula in ampiezza (o in frequenza) della radiazione, si assiste alla
comparsa, nello spettro in frequenza, di 2 (o infinite) bande laterali, separate dalla
frequenza portante della radiazione (e tra loro) di una quantit`a pari alla frequenza
di modulazione. Questo origina, come effetto principale, un allargamento delle righe
che si vogliono misurare.
Nel nostro esperimento la radiazione a µw viene modulata in ampiezza, quando si effettua l’acquisizione della curva di trasmissione della cavit`a senza laser. La
frequenza di modulazione, che `e di 4.2 kHz, va confrontata con la ben maggiore larghezza Doppler delle eventuali buche presenti, che `e di 77.5 kHz, risultando, quindi,
trascurabile detto effetto di allargamento. La radiazione IR viene, invece, modulata in ampiezza, quando si effettua l’acquisizione della riga in doppia risonanza. In
questo caso, la frequenza di modulazione `e di 1.0 kHz, molto minore della larghezza
collisionale della riga, che `e sempre superiore a 30 kHz. Possiamo, quindi, concludere che gli eventuali effetti di allargamento, dovuti alla modulazione delle radiazioni,
sono del tutto trascurabli.
5.4.4
Pulling della cavit`
a
Cerchiamo di spiegare, dopo averlo chiamato in causa pi`
u volte nel corso di questa
tesi, in che cosa consiste esattamente e come si verifica l’effetto di pulling della cavit`a
risonante sulle righe misurate. Ogni volta che si utilizza un risuonatore per effettuare
spettroscopia, si dispone, a seconda del valore pi`
u o meno elevato del suo Q, di una
86
banda utile di frequenza pi`
u o meno stretta. In ogni caso esiste una frequenza di
risonanza della cavit`a, alla quale la trasmissione della radiazione a µw `e massima,
quella che nel capitolo 4 `e stata indicata con ν0 (nel caso di cavit`a vuota) o con νg
(nel caso di cavit`a piena di gas).
` opportuno sintonizzare tale frequenza, tramite lo spostamento dello specchio
E
mobile, il pi`
u vicino possibile a quella della riga in doppia risonanza che si vuole
misurare. Questo perch´e, se la riga si viene a trovare decentrata a destra o a sinistra
del massimo di trasmissione della cavit`a, subisce una deformazione tale che la sua
frequenza di risonanza apparente (quella che i programmi di analisi identificano
come corrispondente al massimo della riga) si sposta a destra o a sinistra di una
certa quantit`a, originando, quindi, un certo errore sistematico su questa misura.
Tale quantit`a cresce con la decentratura stessa e in modo tanto pi`
u rapido, quanto
pi`
u la curva di trasmissione della cavit`a `e piccata, ovvero quanto pi`
u alto `e il suo
Q. Questo `e uno dei motivi per cui non serve, anzi `e dannoso, aumentare il fattore
di merito del risuonatore al di l`a di un certo limite.
Per limitare l’effetto di pulling si pu`o intervenire sia a priori, all’atto della costruzione del risuonatore, sia a posteriori, al momento dell’acquisizione delle misure.
Il nostro risuonatore `e l’unico, tra quelli utilizzati in altri laboratori per effettuare
misure nella regione delle onde millimetriche, che possiede una struttura portante
per i 2 specchi costituita da barre di Superinvar, che limitano le derive della frequenza di risonanza della cavit`a dovute a variazioni termiche della distanza tra gli
specchi stessi (§ 2.1.1). Durante l’acquisizione delle misure si cerca, poi, agendo anche manualmente su un condizionatore, di mantenere costante quanto pi`
u possibile
la temperatura nel laboratorio (§ 4.1.4).
87
5.5
Possibili miglioramenti delle costanti molecolari
Per capire, a grandi linee, quali delle costanti molecolari sono maggiormente responsabili delle discrepanze osservate tra i dati sperimentali e quelli previsti, abbiamo
implementato un programma in Fortran per fittare tutte e 15 le frequenze misurate
(9 misure a µw con precisione relativa ≈ 2·10−8 e 6 misure IR con precisione relativa
≈ 3 · 10−9 ) usando 8 parametri liberi (essenzialmente delle opportune combinazioni
delle costanti molecolari).
Il risultato `e stato incoraggiante, in quanto il fit `e riuscito (fatto non del tutto
ovvio, trattandosi di numeri con 9 ÷ 10 cifre significative): abbiamo, cos`ı, potuto
confrontare i valori dei parametri ricavati dal fit con quelli calcolati a partire dalle
costanti molecolari. Ci sembra di poter dire, con discreta certezza, che le costanti
pi`
u sospette sono alcune di quelle dello stato vibrazionale eccitato: quelle quadrupolari (eqQ, χJ , χK , χd ) e quelle magnetiche (C⊥ , Ck ); sembrano, invece, abbastanza
affidabili quelle rotazionali. Abbiamo anche verificato che, lasciando fissati i 3 parametri dello stato vibrazionale fondamentale, i valori e gli errori degli altri 5 non
cambiavano in modo significativo, a conferma del fatto che le costanti dello stato
fondamentale sono affidabili.
88
CONCLUSIONI
Al termine di questo lavoro possiamo finalmente passare in rassegna tutti i principali risultati ottenuti. Abbiamo, innanzitutto, dimostrato che la tecnica da noi
utilizzata permette effettivamente di misurare transizioni rotazionali nello stato
vibrazionale fondamentale con risoluzione sub-Doppler.
L’accuratezza raggiunta nelle 6 misure effettuate, infatti, `e circa 2 kHz (cio`e
≈ 1.5 · 10−8 ) e le frequenze misurate sono risultate consistenti con quelle calcolate a
partire dalle costanti molecolari pi`
u precise reperibili in letteratura. Siamo, inoltre,
riusciti a misurare tali transizioni anche in 2 casi in cui la sovrapposizione con
altre righe ne avrebbe impedito l’osservazione mediante tecniche convenzionali [30].
Questo `e un risultato nuovo, che apre la strada per un miglioramento di 1 o 2 ordini
di grandezza nella precisione delle misure di transizioni rotazionali.
Abbiamo misurato 6 transizioni vibro-rotazionali, di cui 4 mai misurate prima,
con accuratezza di circa 100kHz (cio`e ≈ 3·10−9 ), scoprendo delle leggere discrepanze
(mediamente 200 kHz) tra le frequenze misurate e quelle previste.
Abbiamo misurato altre 9 transizioni rotazionali nello stato vibrazionale eccitato. L’accuratezza `e stata ancora di 2 kHz per quelle con ∆F = −1, mentre per
quelle con ∆F = 0 essa si `e ridotta a 4 kHz (cio`e ≈ 3 · 10−8 ), a causa a della piccolissima intensit`a dei segnali. Mentre nel caso ∆F = −1 si `e trovata una discreta
concordanza tra frequenze misurate e previste, nel caso ∆F = 0, invece, si assiste a
una discrepanza quasi sistematica di circa 100 kHz.
Facciamo notare che, prima d’ora, non erano mai state misurate transizioni rotazionali con ∆F = 0 nella regione delle onde millimetriche; inoltre tutte le transizioni
da noi osservate hanno |K| ≈ J e sono, quindi, relativamente deboli, a ulteriore
riprova della sensibilit`a del nostro apparato.
Abbiamo, infine, tutti gli elementi per affermare che, con molta probabilit`a, un
ulteriore lavoro di analisi permetter`a di migliorare in valore e precisione le costanti
89
molecolari della letteratura, inserendo in un unico fit le nostre misure e quelle gi`a
esistenti.
90
Bibliografia
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Nuovo Cimento 14, 1076-1081 (1959).
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94
RINGRAZIAMENTI
Al termine di questa mia fatica appena conclusa, desidero ringraziare di cuore
tutti coloro che mi hanno sostenuto e incoraggiato fino al raggiungimento della
meta: il Prof. Minguzzi, che si `e sempre dimostrato disponibile, attento al mio
lavoro e presente nei momenti importanti; Stefano, per i suoi utili suggerimenti e
consigli arrivati quasi sempre al momento giusto; i miei genitori, mio fratello e tutti
i miei amici, per il loro sostegno morale; infine Silvia, per la sua comprensione e,
soprattutto, per la sua infinita pazienza.
Elenco delle figure
1.1
Schema generale di 2 spettrometri a modulazione Stark per misure in
doppia risonanza microonde-microonde. . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.2
Schema generale di uno spettrometro a modulazione di ampiezza per
misure in doppia risonanza microonde-microonde. . . . . . . . . . . . 14
2.1
Schema generale dell’apparato sperimentale. . . . . . . . . . . . . . . 19
2.2
Struttura del risuonatore Fabry-Perot ibrido. . . . . . . . . . . . . . . 20
2.3
Configurazione della radiazione nel risuonatore. . . . . . . . . . . . . 23
2.4
Grafico della potenza efficace del fascio laser in funzione dell’angolo
d’ingresso nel risuonatore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.5
Schema generale dell’apparato a microonde. . . . . . . . . . . . . . . 27
2.6
Grafico del rumore del diodo in funzione della fequenza. . . . . . . . . 30
2.7
Schema generale del laser a CO2 convenzionale. . . . . . . . . . . . . 32
2.8
Schema generale del laser a CO2 in guida dielettrica. . . . . . . . . . 33
2.9
Schema dell’apparato di stabilizzazione in frequenza del laser convenzionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.10 Schema del circuito di stabilizzazione in frequenza del laser convenzionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.11 Schema dell’apparato ottico per l’aggancio dei 2 laser. . . . . . . . . . 38
2.12 Schema del circuito di stabilizzazione in offset di frequenza del laser
in guida. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.1
Livelli energetici del CH3 I coinvolti nell’esperimento. . . . . . . . . . 43
96
3.2
Rappresentazione della molecola di CH3 I e degli elementi del gruppo
di simmetria C3v . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
4.1
Configurazione sperimentale per l’acquisizione della curva di trasmissione della cavit`a. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
4.2
Configurazione sperimentale per l’acquisizione della riga in doppia
risonanza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
4.3
Forma tipica della curva di trasmissione della cavit`a vuota (punti
sperimentali e fit); si noti che le barre d’errore sarebbero pi`
u piccole
dei punti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
4.4
Forma tipica della curva di trasmissione della cavit`a piena nel caso
v = 0 (punti sperimentali e fit); si notano le buche scavate da 4 righe
di assorbimento: 2 di queste si vedono a stento. . . . . . . . . . . . . 60
4.5
Forma tipica della riga in doppia risonanza, nel caso v = 0 (punti
sperimentali e fit): si tratta della transizione con F = 21/2 e ∆F =
+1, misurata alla pressione di 0.15P a, usando per il laser un detuning
di 7.8 M Hz; si pu`o notare che il campionamento ha densit`a doppia
nella zona centrale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
4.6
Forma tipica della riga in doppia risonanza, nel caso v = 1 (punti
sperimentali e fit): si tratta della transizione con F = 23/2 e ∆F =
−1, misurata alla pressione di 0.45P a, usando per il laser un detuning
nullo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
5.1
Serie di righe splittate, nel caso v = 0 (punti sperimentali e fit): si
tratta di transizioni con F = 19/2 e ∆F = +1, misurate alla pressione
di ≈ 0.2 P a, usando per il laser diversi valori di offset. . . . . . . . . . 68
5.2
Alcune misure di righe splittate con F = 13/2 → 15/2. . . . . . . . . 69
5.3
Alcune misure di righe splittate con F = 15/2 → 17/2. . . . . . . . . 70
5.4
Alcune misure di righe splittate con F = 17/2 → 19/2. . . . . . . . . 71
5.5
Alcune misure di righe splittate con F = 21/2 → 23/2. . . . . . . . . 72
97
5.6
Alcune misure di righe splittate con F = 23/2 → 25/2. . . . . . . . . 73
5.7
Retta per la determinazione della frequenza IR (punti sperimentali e
fit): si tratta della stessa serie di misure di fig. 5.1. . . . . . . . . . . 74
5.8
Riga F = 23/2 misurata nello stato vibrazionale v = 0: (a) curva
di trasmissione della cavit`a col gas; (b) ingrandimento della zona
centrale; (c) riga in doppia risonanza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.9
Esempi di righe misurate nello stato vibrazionale eccitato: (a) F =
19/2 → 17/2; (b) F = 17/2 → 17/2. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
98
Elenco delle tabelle
3.1
Autovalori degli operatori momento angolare. . . . . . . . . . . . . . 44
3.2
Principali caratteristiche degli atomi della molecola di CH3 I. . . . . . 45
3.3
Tavola dei caratteri del gruppo C3v e propriet`a di trasformazione di
alcune grandezze d’interesse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.4
Costanti molecolari del CH3 I negli stati vibrazionali v = 0 e v = 1. . 51
5.1
Frequenze misurate delle transizioni vibro-rotazionali. . . . . . . . . . 75
5.2
Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 0. . . . . . . 77
5.3
Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 1 e ∆F = −1. 80
5.4
Frequenze misurate delle transizioni rotazionali con v = 1 e ∆F = 0. . 82
99