Meccanica della Frattura - Costruzione di Macchine

In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno....
Strutture in compressione…
1
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno....
Strutture in compressione…
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno....
Strutture in legno…
2
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
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In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
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In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
Soprattutto quando si è cominciato a
fare ampio uso della saldatura
La saldatura, infatti, può introdurre un difetto nel
componente, ovvero una piccola mancanza di
continuità del materiale.
La saldatura, inoltre, rende monolitica la
struttura, consentendo alla frattura di
propagarsi senza ostacoli fino alla
completa rottura.
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In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
Soprattutto quando si è cominciato a
fare ampio uso della saldatura
La saldatura, infatti, può introdurre un difetto nel
componente, ovvero una piccola mancanza di
continuità del materiale.
La saldatura, inoltre, rende monolitica la
struttura, consentendo alla frattura di
propagarsi senza ostacoli fino alla
completa rottura.
In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce
questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche.
Le giunzioni chiodate, sotto questo aspetto, garantiscono una maggiore sicurezza, perché la
frattura non può propagarsi da una lamiera all’altra.
Vetture come questa,
costruite con lamiere
chiodate e legno, sono
rimaste in servizio per
oltre mezzo secolo.
6
Le navi Liberty nel secondo conflitto mondiale
Nel 1940 la saldatura fu introdotta nella tecnica delle costruzioni navali, soprattutto per
esigenze belliche.
Nelle strutture così realizzate, il fenomeno della frattura nei metalli, i cui effetti erano
stati, sino ad allora, contenuti, ebbe conseguenze importanti, spesso catastrofiche.
Le navi Liberty nel secondo conflitto mondiale
Nel 1940 la saldatura fu introdotta nella tecnica delle costruzioni navali, soprattutto per
esigenze belliche.
Nelle strutture così realizzate, il fenomeno della frattura nei metalli, i cui effetti erano
stati, sino ad allora, contenuti, ebbe conseguenze importanti, spesso catastrofiche.
7
Frattura fragile di una nave tipo Liberty (T-2), avvenuta durante la seconda guerra mondiale.
La fratture erano
generalmente innescate
da difetti dovuti a
saldature non bene
eseguite.
Delle 2700 navi da carico
di questo tipo, oltre 400
furono danneggiate, più o
meno seriamente, da
fratture fragili durante il
secondo conflitto mondiale.
Venti di esse furono
troncate in due, come
mostra questa foto.
In alcuni casi ciò avvenne
addirittura in porto e con la
nave scarica.
8
Rottura catastrofica di
una turbina causata dal
cedimento di un anello
di tenuta (ϕ 1350 mm)
realizzato in acciaio
fucinato.
SAE 3335
σS=690 Mpa
σR=854 MPa
Rottura catastrofica dell’albero di una turbina, realizzato in acciaio fucinato.
ASTM A293 σS=595 MPa σR=777 MPa
9
Oltre alla possibilità di creare piccoli difetti (cricche), il processo di saldatura può generare,
a causa dei forti gradienti termici che induce, tensioni residue e variazioni delle caratteristiche
meccaniche locali del materiale, sia nella zona fusa che nella zona immediatamente circostante,
detta zona termicamente alterata (ZTA).
Esempio di cricca prodotta da un colpo d’arco innescato su di un ferro di armatura
che ne ha causato la rottura fragile.
La foto qui a destra mostra una porosità in
una saldatura di una tubazione di acciaio al
carbonio tipo A106B
(254 mm di diametro e 16 mm di spessore).
Si osservi come ai suoi apici si siano prodotte
delle microcricche sotto l’azione delle tensioni
da ritiro del cordone di saldatura.
(50x)
(200x)
10
La foto qui a destra mostra una porosità in
una saldatura di una tubazione di acciaio al
carbonio tipo A106B
(254 mm di diametro e 16 mm di spessore).
Si osservi come ai suoi apici si siano prodotte
delle microcricche sotto l’azione delle tensioni
da ritiro del cordone di saldatura.
(50x)
La foto in basso mostra un ingrandimento della
cricca di sinistra.
(200x)
La frattura fragile si verifica improvvisamente, senza alcun segnale di preavviso
e si propaga rapidissimamente, con una velocità dell’ordine del migliaio di metri al secondo.
La rottura si può sviluppare in un campo di tensione nominale più basso, anche di molto,
della tensione di snervamento del materiale.
Inizialmente i progettisti tentarono di prevenire tale tipo di rotture applicando coefficienti di
sicurezza molto elevati (anche dell’ordine di 10) oppure utilizzando materiali ad alta resistenza.
La tendenza ad incrementare i coefficienti di sicurezza si rivelò decisamente sbagliata!
Infatti, l’aumento del coefficiente di sicurezza comporta un aumento inaccettabile del peso
delle strutture, che ne fa lievitare il costo e ne riduce le prestazioni.
Anche l’utilizzo di materiali ad alta resistenza si rivelò spesso disastroso, perché l’elevata
sensibilità ai difetti che questi materiali presentano ne riduce drasticamente le prestazioni,
a valori addirittura inferiori a quelli ottenibili con materiali meno “pregiati”.
11
Frattura catastrofica, durante una prova pneumatica, di un razzo vettore
costruito con acciaio ad alta resistenza.
Caratteristica tensione deformazione di un acciaio
al carbonio al variare del tenore di C
La capacità di resistere alla frattura fragile
è, in linea generale, minore negli acciai
che presentano un maggiore tensione di
snervamento.
Come si vede nel grafico, all’elevata
resistenza si associa una ridotta capacità di
assorbire energia prima della rottura.
La capacità di resistere alla frattura è
strettamente connessa alla capacità di
deformarsi plasticamente.
Per comprendere questo fatto è opportuno
fare alcune considerazioni sul campo di
tensione esistente nell’intorno di un difetto.
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Lastra piana soggetta a trazione con un foro ellittico
Il campo di tensione è alterato
nell’intorno del foro.
Il massimo valore della tensione dipende
dal raggio di curvatura minimo dell’ellisse.


a
b
 max   n 1  2 

Il raggio di curvatura minimo dell’ellisse è

2
b
a
per cui si ha:

 max   n 1  2

Il rapporto
Kt 
 max
n
a

 
è detto generalmente fattore d’intaglio
Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto
Se l’intaglio diventa molto acuto,
 0
la tensione locale in corrispondenza del
fondo intaglio tende a valori molto elevati.

Al limite, per   0 , la tensione locale al
fondo intaglio, nell’ipotesi di comportamento
puramente elastico del materiale, diventa
infinita.
13
Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto
In realtà il materiale presenta sempre un
comportamento plastico, seppur minimo.
Si crea quindi una piccola zona plastica
all’apice dell’intaglio che contiene il
valore della tensione, entro il limite
elastico, nel caso di stato di tensione
piano, entro due o tre volte tale limite,
nel caso di stato di deformazione
piano (dipendentemente dal valore
del modulo di Poisson).
L’area plastica è, in prima approssimazione,
circolare, con un raggio che può essere
espresso dalla relazione:
a  
rp   n 
2 s 
2
essendo a la semilunghezza del difetto
2a
Frattura fragile transgranulare all’apice della cricca
Se la zona plastica è piccola
il livello locale di tensione
raggiunto è sufficientemente
elevato da provocare la rottura
dei primi grani cristallini adiacenti
alla zona plastica, dai quali poi si
propagherà la frattura fragile
transgranulare.
La capacità di deformarsi
plasticamente consente al
materiale di resistere alla
propagazione della frattura
ed è quindi strettamente
connessa alla tenacità.
14
Meccanismi di frattura
La frattura può propagarsi per clivaggio, come avviene nei materiali fragili, o per coalescenza
di difetti, come si verifica nei materiali duttili.
Meccanismi di frattura
La frattura può propagarsi per clivaggio, come avviene nei materiali fragili, o per coalescenza
di difetti, come si verifica nei materiali duttili.
15
Perché la frattura fragile si verifichi è necessario il contemporaneo verificarsi
delle tre seguenti condizioni:
• livello di sollecitazione elevato (anche se inferiore alla tensione di rottura);
• presenza di un difetto (cricca) di dimensione sufficiente;
• bassa tenacità del materiale (bassa temperatura, elevata velocità di deformazione).
Stato di tensione
Dimensioni della cricca
Zona
Frattura
critica
Tenacità del materiale
16
Può accadere, quindi, che un difetto, anche molto esteso, rimanga stabile mentre cricche di
minori dimensioni provochino la rottura.
È necessario, infatti, che anche gli altri due parametri in gioco, tenacità e livello tensionale,
siano tali da innescare la rottura.
Stato di tensione
Dimensioni della cricca
Frattura
Tenacità del materiale
Per progettare in sicurezza componenti, nei quali esistano le condizioni di una possibile rottura
per frattura, è necessario quindi poter individuare quella zona critica entro la quale una
particolare combinazione di valori del carico applicato, delle dimensioni del difetto e della tenacità
renda possibile l’innesco della frattura.
Stato di tensione
Dimensioni della cricca
Frattura
Tenacità del materiale
17
Quando non esiste il rischio di rottura per frattura fragile, il dimensionamento di una struttura
nasce generalmente dal confronto di due quantità:
σ lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti;
σ0 le “prestazioni” del materiale, in termini di tensione ammissibile.
Tensione di lavoro
Tensione ammissibile
Invece, nel caso in cui sia necessario verificare la resistenza alla frattura, il progetto di una
struttura richiede di confrontare tre quantità:
σ lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti;
KIC le “prestazioni” del materiale, in termini di tenacità alla frattura;
a le dimensioni di un difetto, ovvero di una cricca.
Tenacità a frattura
(temperatura)
Tensione di lavoro
Dimensione del difetto
La presenza di eventuali difetti
può essere rivelata da
controlli non distruttivi.
Ultrasuoni
Magnetoscopia
Liquidi penetranti
Liquidi penetranti fluorescenti
18
La presenza di eventuali difetti
può essere rivelata da
controlli non distruttivi.
Principio di funzionamento dei
liquidi penetranti
Cricca superficiale rivelata dal liquido penetrante
19
Lo studioso inglese Griffith pubblicò nel 1920 una sua teoria
sul comportamento a frattura dei materiali, basata su considerazioni energetiche,
che può essere considerata la base storica della Meccanica della frattura
20
Si consideri una lastra nella quale
sia presente un difetto passante
B
2a
Si consideri una lastra nella quale
sia presente un difetto passante
U0
Energia potenziale elastica della lastra integra
UD
Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile)
21
Si consideri una lastra nella quale
sia presente un difetto passante
U0
Energia potenziale elastica della lastra integra
UD
Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile)
UA
Energia associata alla presenza del difetto (spesa)
U A  E E  E  E p
EE
Energia di deformazione elastica
dovuta al lavoro delle forze esterne
E
Energia di tensione superficiale
associata alla superficie del difetto
Ep
Energia di deformazione plastica
localizzata all’apice del difetto
Bilancio energetico
B
U  U0 U D U A
2a
U  U0 U D U A
U0
Energia potenziale elastica della lastra integra
UD
Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile)
UA
Energia associata alla presenza del difetto (spesa)
U A  E E  E  E p
EE
Energia di deformazione elastica
dovuta al lavoro delle forze esterne
E
Energia di tensione superficiale
associata alla superficie del difetto
Ep
Energia di deformazione plastica
localizzata all’apice del difetto
Se i carichi non si spostano per
effetto della crescita del difetto.
EE  0
B
2a
Se il materiale è perfettamente
elastico ovvero se la zona di
plasticizzazione è nulla.
Ep  0
22
U  U0 U D U A
U0
Energia potenziale elastica della lastra integra
UD
Energia rilasciata per la presenza del difetto
UA
Energia associata alla presenza del difetto
U A  E E  E  E p
EE
Energia di deformazione elastica
dovuta al lavoro delle forze esterne
E
Energia di tensione superficiale
associata alla superficie del difetto
Ep
Energia di deformazione plastica
localizzata all’apice del difetto
Ammettendo vere entrambe le
ipotesi si conclude che:
U A  E
B
e quindi:
U  U 0  U D  E
2a
Quindi il bilancio energetico si
può scrivere come:
U  U 0  U D  E

E  4aB
UD 
 a 2 2
E
B
Energia
necessaria per
generare 1 m2 di
nuova superficie
Tensione piana
B
Griffith valutò l’energia di
deformazione elastica sulla base
di un’analisi condotta da Inglis:
B
2a
UD 
 a 2 2
E
B
nel caso di stato piano di tensione
23
Quindi il bilancio energetico si
può scrivere come:
U  U 0  U D  E

E  4aB
UD 
UD 
Energia
necessaria per
generare 1 m2 di
nuova superficie
 a 2 2

B
E
 2 a2 1  2

Tensione piana
 B Deformazione
piana
E
B
Griffith valutò l’energia di
deformazione elastica sulla base
di un’analisi condotta da Inglis:
 a  1    B
2
B
UD 
2a
2
2
E
nel caso di stato piano di deformazione
Quindi il bilancio energetico si
può scrivere come:
U  U 0  U D  E
U  U 0  4aB 
 a 2 2
E
U
2 a 2
 4 B 
B
E
a
E  4aB
UD 
B
UD 
0
 a 2 2

B
E
 2 a2 1  2

 B Deformazione
piana
E
 a 2
E
Tensione piana
 2
Condizione critica
U
2 

B
2
a
E
2
2
 a
2 E 

La derivata seconda è sempre negativa, dunque il
punto in cui si annulla la derivata prima è un massimo
Kc
 a  Kc
24
E  4aB
U  U 0  U D  E
U  U 0  4aB 
UD 
 a 2 2
E
U
2 a 2
 4 B 
B
a
E
Griffith ottenne sperimentalmente il valore di
dal quale ricavò la quantità:
2 E 

UD 
B

B
E
 2 a2 1  2

 a 2
E
Tensione piana
 B Deformazione
piana
E
0

 a 2 2
 2
per il vetro,
 a
 0.15 MPa m
2 E 

Kc
Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti
difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto:
 a  0.25  0.26 MPa m
 a  Kc
Alluminio
70
1.6
Ferro
Magnesio
200
2.0
40
140
1.2
1.65
130
1.65
42
1.2
180
50-85
1.2
1.2
Nichel
Rame
Stagno
Silicio
Vetro
Griffith ottenne sperimentalmente il valore di
dal quale ricavò la quantità:
2 E 

 ( J / m2 )
E (GPa)
Materiale

per il vetro,
 0.15 MPa m
 a
2 E 

Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti
difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto:
 a  0.25  0.26 MPa m
Kc
 a  Kc
25
In generale K può essere calcolato come segue:
K  f ( a ) a
dove
f (a )
a
= dimensione del difetto
è un fattore geometrico dipendente da a e dalla geometria del
componente.
Il rateo di rilascio di energia, per unità di spessore, relativo ad un accrescimento
infinitesimo da delle dimensioni del difetto, è generalmente indicato come segue:
G 
 a 2
U D

E
a
 J 
 2
m 
 a  1  
2
oppure, nel caso di stato
piano di deformazione:
G
dipendente linearmente dalle
dimensioni del difetto
2
E
L’assorbimento di energia dovuto alla creazione di nuova superficie, sempre nel caso di
spessore unitario e per un materiale idealmente elastico, è indicato come segue:
R 
E
a
 2
 J 
 2
m 
indipendente
dalle dimensioni del difetto
La condizione critica è rappresentata dall’uguaglianza G
Il difetto è stabile se
G R
mentre si propaga in modo instabile per
R
G R
26
E
Energia
UD
G 
U D  2 a

a
E
R
E
a
U  U 0  E  U D
Massimo
acr
In condizioni critiche:
Lunghezza del difetto a
G R
 a  1    K 1  
G
2
2
2
K I  Y a
I
E
E
3
 3 >  2 >1
acr3 < acr2 < acr1
2
Energia
1
acr3 acr2 acr1
In condizioni critiche:
G 
U D  2 a

a
E
R
E
a
Lunghezza del difetto a
G R
27
Anche per
materiali fragili è
possibile che sia:
 2 >1
2
E p
a

E
a
G
1
E E p

a
a
E
R
a
Energia
R
acr a
acr
In condizioni critiche:
Se il materiale è fragile e la
plasticizzazione è modesta è
lecita l’ipotesi: E p  C  a
G R
Se c’è plasticizzazione
Zona plasticizzata
U A  E  E p
e quindi si ha:
R
a
C
è ancora indipendente da
a
R
3
 3 >  2 >1
E p
2
G
1
E E p

a
a
E
R
a
Energia
R
acr a
acr acr
In condizioni critiche:
G R
G R
a
a
All’aumentare della duttilità del materiale la zona plastica al
fondo intaglio diventa sempre più importante.
Poiché le sue dimensioni dipendono con legge non
lineare da a , ne consegue che: R dipende da a
Anche G cambia la sua legge
di dipendenza da a
28
La criticità di un difetto può essere valutata anche per altra via:
studiando il campo di tensione che si verifica nell’intorno dell’apice del difetto.
σy
y
r
ϑ
x
σy
z
Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:
MODI di apertura del difetto.
F
F
Modo I
di apertura
29
Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:
MODI di apertura del difetto.
Modo II
di taglio nel piano della cricca
Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto:
MODI di apertura del difetto.
Modo III
di taglio fuori dal piano della cricca
30
MODI di apertura del difetto.
Tra i diversi modi di rottura descritti, il modo I è il più interessante per chi progetta strutture.
Rappresenta, infatti, la forma di apertura più comune che si osserva nella realtà
che è anche la più critica, poiché richiede la minore tensione nominale per innescare la frattura.
Qualunque caso reale può essere ricondotto ad uno dei tre modi
oppure ad una loro combinazione.
Modo I di
apertura
r
 ij  C1  
 a

1
2
1
0
r
 r2
f1ij    C2   f2ij    C3   f3ij    .......
 a
 a
σy
σy
y
Zona di singolarità
r
ϑ
x
σy
z
31
y
a
r

z
Per
 0
y 
x
Lo stato tensionale nell’elementino
infinitesimo, in funzione di r e di  è
dato dalle relazioni che seguono, valide
all’interno della zona di singolarità:
si ha:
x 
a
2r
3 


a
cos 1  sen sen 
2r
2
2
2 
y 


a
3 
cos 1  sen sen 
2r
2
2
2 
 xy  
a
3


sen cos cos
2r
2
2
2
32
y
a
r

x
Irwin raggruppò il prodotto
KI    a
e pose
z
  a
che chiamò Fattore di intensificazione delle tensioni.
Le relazioni precedenti possono quindi essere riscritte come segue:
In generale possono essere
scritte nella forma:
KI
f ij  
2 r
 ij 
Per
 0


KI
3 
cos 1  sen sen 
2
2
2 
2 r
x 
la componente
y


KI
3 
cos 1  sen sen 
2
2
2 
2 r


3
KI

sen cos cos
2
2
2
2 r
y 
vale:
 xy
KI
y 
2 r
y
a
r

x
Irwin raggruppò il prodotto
y 
KI
2 r

KI    a
e pose
z
  a
che chiamò Fattore di intensificazione delle tensioni.
  a
2 r
dove con

si intende la tensione nominale
In generale il valore del fattore di intensità della tensione può essere espresso nella forma:
K I  Y a
dove Y è un fattore di forma dipendente dalla
geometria del difetto.
Nel caso particolare di un difetto passante, di lunghezza 2 a, in una piastra le cui
dimensioni possano essere considerate infinite rispetto ad a il fattore Y vale:

33
K I  Y a
espressione di validità generale
Cricca passante centrale
F
per w >> a
KI    a
Y 
per w > a
2a
Feddersen
Y   sec
w
Irwin
F
Y π
 a
w
π a
w
tan
π a
w
K I    a  sec
KI    a 
2
Isida
Y  π  0.454
 a
w
 a
w
tan
 a
w
a
 a
 a
 2.042    21.624  
 W
 W
W
3
Confronto tra i diversi andamenti dei fattori di forma
34
K I  Y a
Cricca passante al bordo
espressione di validità generale
F
per w >> a
a
per w > a
Y  1.12    0.41
w
K I  1.12    a
Y  1.12  
2
3
a
a
a
a
 18.7   38.48   53.85 
w
w
w
 
 
 w
4
F
Y  1.12  
Y 
Y  12%
K I  Y a
espressione di validità generale
Cricca passante ad entrambi i bordi
F
per w >> a
a
a
Y  1.12  
per w > a
Y  1.12    0.76
2
a
a
a
 8.48   27.36 
w
 w
 w
3
w
F
35
K I  Y a
espressione di validità generale
Trave appoggiata con cricca passante in
corrispondenza del centro del bordo teso.
F
B
w
a
L
K I  Y a
Cricca ellittica interna
β
2a
Y
KI   a 
2c


2

1
0

2
a
2
2
 4 sen      cos  

c
c2  a2
sen  2 d
c2

Vista dall’alto
Se il rapporto a/c è piccolo si
può utilizzare una espressione
approssimata:
2

1 c2  a2 3  c2  a2 




  1 

..........
2  4 c2
64  c 2 



3
8

 a2
8 c2
2a
2c
36
K I  Y a
Cricca ellittica interna
Y
β
2a
2

a
2
2
 4 sen      cos  
c

 
KI   a 
2c
Il valore del KI è massimo per β = π
KI   a 
/2 :


Vista dall’alto
Se il rapporto a/c è piccolo si
può utilizzare una espressione
approssimata:

3
8

 a2
8 c2
K I  Y a
Più frequente è il caso della
cricca semiellittica superficiale
Anche in questo caso il valore del
KI è massimo per β = π /2 :
a

K I  1.12
β
Q
 a
Y
2c

Q   2  0.212 
S
B-a
β
a
B

3
8




2
 a2
8 c2
Vista dall’alto
Per tener conto dell’effetto della prossimità della superficie,
sullo stato tensionale nell’intorno della cricca, si introduce il
fattore correttivo di Kobayashi:
K I  1.12 M K

Q
 a
37
K I  1.12 M K

Q
 a
σy
Il fattore correttivo
di Kobayashi
L’andamento della componente normale alla cricca
lungo l’asse r è dato dalla relazione:
Stato di tensione
all’apice del difetto
y 
KI
2 r
La tensione raggiungerà lo snervamento
a distanza r*p dall’apice cricca; r*p può essere calcolato come segue:
σS
y 
KI
2 rp*
S
rp* 
1
2
 KI

S
2
  2a
 
2 S2

ricordando che:
K I   a
r*p
cricca
Zona di plasticizzazione
r
a
Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del
materiale, la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più
sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza
di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita
sul materiale circostante.
38
σy
Per garantire l’equilibrio, altro materiale nell’intorno della zona
plastica deve incrementare il suo livello tensionale e, quindi,
l’area deformata plasticamente deve essere più ampia di quella
individuata da r*p.
Stato di tensione
all’apice del difetto
σS
r*p
cricca
r
a
Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del
materiale, la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più
sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza
di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita
sul materiale circostante.
σy
Per garantire l’equilibrio, altro materiale nell’intorno della zona
plastica deve incrementare il suo livello tensionale e, quindi,
l’area deformata plasticamente deve essere più ampia di quella
individuata da r*p.
Stato di tensione
all’apice del difetto
Secondo Irwin il valore effettivo del raggio plastico rp può essere
valutato facendo riferimento ad una cricca fittizia, di dimensioni
leggermente maggiori di quelle reali.
σS
Irwin calcolò rp supponendo che la cricca avesse lunghezza a+δ,
dove δ è piccolo rispetto ad a.
r*p
cricca
r
a
Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del
materiale la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più
sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza
di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita
sul materiale circostante.
39
Cricca fittizia: lunghezza a+δ, (δ << a )
σy
Per mantenere l’equilibrio le aree A e B devono essere uguali,
in modo che il carico non sopportato da A possa gravare su B.
Stato di tensione
all’apice del difetto
A
σS
L’andamento della tensione nell’intorno dell’apice della cricca è
ora indicato dalla curva in rosso, mentre la curva tratteggiata in
grigio rappresenta l’andamento della tensione previsto dalla
teoria per la cricca di lunghezza a.
Il raggio plastico effettivo rp è in questo caso, come si vede,
maggiore di quello precedente.
B
Anche alla cricca di dimensioni maggiori potremo
associare un raggio plastico che indichiamo con λ
e che può essere calcolato come segue:
rp
cricca
r
a
δ
λ
quindi:
σy
essendo:
a 
KI

2
2
S 

K I       
 2 a   
 rp*
2 S2
essendo δ << a
L’area B vale δ σS e, dovendo essere A = B si ha:



0

0
a 
dr     S
2r
   S     y dr      S   
Stato di tensione
all’apice del difetto
B
A
A
ricordando che δ << a
σS

     S   
B
rp
0
e che λ= r*p
  r  
a
dr
2r
*
p
S
elevando al quadrato si ha:
cricca

  r 
 4 rp*
r
essendo:
δ
quindi:
λ
rp* 
  rp*
 2a
2 S2
2rp* 
 2a
 S2
e di conseguenza:
 2a *
2r
 S2 p
  r 
* 2
p
a
  a 2rp*
* 2
p
 
2
rp      2rp*
Secondo Irwin, dunque, la zona plastica ha ampiezza:
rp  2rp*
40
L’analisi sperimentale ed i moderni metodi di calcolo
dello stato di deformazione hanno dimostrato che la
zona plastica all’apice della cricca ha forma e
ampiezza diverse da quanto ipotizzato da Irwin.
L’immagine riportata qui al lato mostra
il campo di deformazione di fondo cricca
in un provino di lega di alluminio 2024.
I grafici mostrano l’estensione della
zona plastica nei tre modi di rottura,
sia in stato piano di tensione
sia in stato piano di deformazione.
Come si vede, l’ampiezza della
zona plastica si riduce
notevolmente in presenza di uno
stato piano di deformazione,
rispetto al caso di tensione piana.
41
Perché l’ampiezza della zona plastica
in presenza di uno stato piano di deformazione
è ridotta rispetto al caso di tensione piana?
Si consideri una lamiera al
cui bordo è presente una
cricca passante, sollecitata
con un carico che agisce in
direzione normale al piano di
giacitura del difetto.
Lo stato di tensione nel materiale
lontano dal difetto è monoassiale.
42
Si consideri una lamiera al
cui bordo è presente una
cricca passante, sollecitata
con un carico che agisce in
direzione normale al piano di
giacitura del difetto.
Lo stato di tensione nel materiale
lontano dal difetto è monoassiale.
Per capire meglio come si
sviluppa lo stato triassiale lo
stato di tensione nell’intorno
dell’apice del difetto
immaginiamo ora di rendere
trasparente la lamiera.
Si consideri una lamiera al
cui bordo è presente una
cricca passante, sollecitata
con un carico che agisce in
direzione normale al piano di
giacitura del difetto.
La curva rappresenta l’andamento dello stato
di tensione nell’intorno dell’apice del difetto.
Lo stato di tensione nel materiale
lontano dal difetto è monoassiale.
Per capire meglio come si
sviluppa lo stato triassiale lo
stato di tensione nell’intorno
dell’apice del difetto
immaginiamo ora di rendere
trasparente la lamiera.
Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non
può farlo per congruenza con il materiale circostante
che è rimasto in campo elastico ed a tensione
relativamente bassa.
43
Per comprendere come
nasce la triassialità si
immagini ora di rimuovere la
congruenza nell’intorno del
difetto e considerare il
materiale come una serie di
parallelepipedi contigui
caricati da forze assiali.
La curva rappresenta l’andamento dello stato
di tensione nell’intorno dell’apice del difetto.
Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non
può farlo per congruenza con il materiale circostante
che è rimasto in campo elastico ed a tensione
relativamente bassa.
Per comprendere come
nasce la triassialità si
immagini ora di rimuovere la
congruenza nell’intorno del
difetto e considerare il
materiale come una serie di
parallelepipedi contigui
caricati da forze assiali.
La curva rappresenta l’andamento dello stato
di tensione nell’intorno dell’apice del difetto.
Nella vista dall’alto la contrazione laterale
dei parallelepipedi appare evidente
Prima dell’applicazione del carico
Dopo applicazione del carico
Imponendo la congruenza
Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non
può farlo per congruenza con il materiale circostante
che è rimasto in campo elastico ed a tensione
relativamente bassa.
44
Per effetto della contrazione
laterale impedita nascono le
componenti trasversali dello
stato di tensione.
La curva rappresenta l’andamento dello stato
di tensione nell’intorno dell’apice del difetto.
Il cilindro rappresenta la zona
nella quale si manifesta la
triassialità.
Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non
può farlo per congruenza con il materiale circostante
che è rimasto in campo elastico ed a tensione
relativamente bassa.
Per effetto della contrazione
laterale impedita nascono le
componenti trasversali dello
stato di tensione.
La curva rappresenta l’andamento dello stato
di tensione nell’intorno dell’apice del difetto.
Effetto della cricca
sullo stato di
tensione.
Il cilindro rappresenta la zona
nella quale si manifesta la
triassialità.
Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non
può farlo per congruenza con il materiale circostante
che è rimasto in campo elastico ed a tensione
relativamente bassa.
45
Nell’ipotesi che le componenti di tensione σx e
σy nell’intorno del difetto, possano essere
considerate, lungo l’asse x (θ =0), tensioni
principali, esse sono date dalle relazioni:
 y   x  1   2 
KI
y
x
2 x
z
Se si ammette, per quanto detto
prima, che la deformazione lungo lo
spessore sia nulla (stato piano di
deformazione) si ha:
 z  3 
1
 3    1   2   0
E
di conseguenza
 3    1   2   0
 3    1   2 
Nell’ipotesi che le componenti di tensione σx e
σy nell’intorno del difetto, possano essere
considerate, lungo l’asse x (θ =0), tensioni
principali, esse sono date dalle relazioni:
 y   x  1   2 
KI
x
2 x
z
 z   3    1   2 
posto:
essendo:

2
1
 2  1
e
y

si ha:
3
1
 1
e
  2
Dalla condizione di snervamento, scritta con il
criterio di von Mises, si ottiene la relazione:

1
2
2
2
2
2
2
 S2   1   2    2   3    3   1    1 1           1 
2
2
2
1
1
 S
1
2
2
2
  2  8 2  8  
    2 11  1 2    2 1  2
9
1
se

1
3
46
2
S 
1
  
9
 1 
σy
Stato piano di
deformazione
 1  3 S
σy = 3σS
Da questo risultato si deduce che la
zona plastica, nel caso di stato piano di
deformazione è meno estesa rispetto al
caso di stato piano di tensione, perché la
componente σy può raggiungere 3σS
prima che si manifesti lo snervamento.
Stato di tensione
all’apice del difetto
Stato piano
σ = σS
di tensione y
rp
cricca
a
r
rp
Zona plastica in stato piano di tensione
Zona plastica in stato piano di deformazione
In base alle considerazioni fatte fin ora si deduce
che il volume plastico ha una forma complessa.
Si assottiglia nella parte centrale della lamiera, dove
è prevalente lo stato di deformazione piana, e si
espande in corrispondenza delle superfici, dove lo
stato di tensione è piano.
Volume plastico
all’apice della cricca
Volume plastico in funzione dello spessore
spessore
47
In base alle considerazioni fatte fin ora si deduce
che il volume plastico ha una forma complessa.
Si assottiglia nella parte centrale della lamiera, dove
è prevalente lo stato di deformazione piana, e si
espande in corrispondenza delle superfici, dove lo
stato di tensione è piano.
Al crescere dello spessore diviene prevalente la parte
centrale del volume plastico rispetto alle zone estreme
superficiali e, quindi, si riduce l’energia specifica
necessaria alla propagazione instabile del difetto.
In altri termini, al crescere dello spessore si riduce
la tenacità del componente.
Volume plastico in funzione dello spessore
spessore
Il grado di triassialità dello stato di tensione influenza
la giacitura del piano di massimo scorrimento.
Piani di taglio massimo
Tensione
piana
Deformazione
piana
48
Piani di coalescenza dei vuoti
Stato piano di tensione
Stato piano di deformazione
Dipendenza dallo spessore della tenacità alla frattura
49
Dipendenza dallo spessore
della tenacità alla frattura
Spessore minimo per
l’applicabilità della MFLE

B
 K IC

 S



2
Dati sperimentali per un acciaio Maraging
 2.5
K 
B  2.5   IC 
 S 
2
50
Provini standard
ASTM
51
Prelievo dei provini
dal materiale
Il provino CT viene
sottoposto a trazione
52
Provino CT
Perché sia applicabile la MFLE la
curva carico spostamento deve
avere un andamento lineare
Nel caso di comportamento
lineare il valore di KI calcolato
per il provino può essere definito
come il KIC del materiale
Curve carico spostamento
1
3
5
7
9


P 
 a 2
 a 2
 a 2
 a 2
 a 2
KI 
29, 6   185, 5    655, 7   1017, 0    639, 0  
 W
 W
 W
 W
 W 
B W


53
Perché sia applicabile la MFLE la
curva carico spostamento deve
avere un andamento lineare
Nel caso di comportamento
lineare il valore di KI calcolato
per il provino può essere definito
come il KIC del materiale
Curve carico spostamento
Il valore del K critico può
anche essere calcolato con
quest’altra relazione:
2
3
4

 a
 a
 a
 a 
K I    a 16, 7 104, 6    370    574    361  
 W
 W
 W
 W 


P
BW
Criterio di applicabilità
della MFLE
54
Valori di tenacità per alcuni acciai
Valori di tenacità per acciai altoresistenizali
e per la lega 7075
55
Valori di tenacità per alcune leghe di alluminio
Valori di tenacità per alcuni polimeri
56
Effetto della temperatura sulla tenacità
F
B
2a
w
Una piastra presenta una cricca centrale
passante ed è soggetta ad un carico di
trazione F.
Si chiede di verificare il coefficiente di
sicurezza rispetto alla frattura.
DATI:
F = 200 kN
w = 760 mm
2a = 102 mm (a = 51 mm)
B = 5.0 mm
Spessore minimo per
l’applicabilità della MFLE
B = 2,55 mm
Materiale – SAE 4340
F
σR = 1820 MPa
σS = 1470 MPa
KIC = 47 MPa√m
Verifica
dell’applicabilità
della MFLE
K 
B  2.5   IC 
 S 
2
2
 47 
3
B  2.5  
  2.55  10 m  2.55 mm
 1470 
57
F
B
Una piastra presenta una cricca centrale
passante ed è soggetta ad un carico di
trazione F.
Si chiede di verificare il coefficiente di
sicurezza rispetto alla frattura.
DATI:
2a
F = 200 kN
w = 760 mm
2a = 102 mm (a = 51 mm)
B = 5.0 mm
w
Spessore minimo per
l’applicabilità della MFLE
B = 2,55 mm
Materiale – SAE 4340
σR = 1820 MPa
σS = 1470 MPa
F
XF 
KIC = 47 MPa√m

200 000
F
 53MPa

Bw
5  760
F
B
2a
 cr 
117
 2.2
53
K IC
47
 117 MPa

 0.051
Y a
Una piastra presenta una cricca centrale
passante ed è soggetta ad un carico di
trazione F.
Si chiede di:
1) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura;
2) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento;
3) calcolare il valore critico del difetto;
4) calcolare la tensione critica a frattura.
w
F
Materiale – 7075 T6
DATI:
σR = 560 MPa
σS = 500 MPa
F = 85 kN
w = 50.0 mm
2a = 4 mm (a = 2 mm)
B = 12.0 mm
KIC = 32 MPa√m
58
F
B
a
Una piastra presenta una cricca al bordo
passante ed è soggetta ad un carico di
trazione F.
Si chiede di:
1) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura;
2) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento;
3) calcolare il valore critico del difetto;
4) calcolare la tensione critica a frattura.
w
F
Materiale – 7075 T6
DATI:
σR = 560 MPa
σS = 500 MPa
F = 70 kN
w = 40.0 mm
2a = 6 mm (a = 3 mm)
B = 10.5 mm
KIC = 32 MPa√m
Una piastra presenta una cricca
superficiale di forma semiellittica.
F
B
Si chiede di:
1) calcolare il coefficiente di sicurezza
rispetto alla frattura;
2) calcolare la tensione critica a frattura.
a
Materiale – SAE 4340
2c
σR = 1820 MPa
σS = 1470 MPa
w
KIC = 47 MPa√m
F
DATI:
F = 225 kN
w = 50.0 mm
2c = 20 mm (a = 5 mm)
B = 15.0 mm
59
Andamento della tensione di rottura per frattura
in funzione della dimensione del difetto
1600
1400
Tensione di rottura (MPa)
F = 200 kN
a
1200
1000
w
800
600
400
200
0
0,000
0,005
0,010
0,015
0,020
Dimensione del difetto (m)
60