In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... Strutture in compressione… 1 In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... Strutture in compressione… In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... Strutture in legno… 2 In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. 3 In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. 4 In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. Soprattutto quando si è cominciato a fare ampio uso della saldatura La saldatura, infatti, può introdurre un difetto nel componente, ovvero una piccola mancanza di continuità del materiale. La saldatura, inoltre, rende monolitica la struttura, consentendo alla frattura di propagarsi senza ostacoli fino alla completa rottura. 5 In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. Soprattutto quando si è cominciato a fare ampio uso della saldatura La saldatura, infatti, può introdurre un difetto nel componente, ovvero una piccola mancanza di continuità del materiale. La saldatura, inoltre, rende monolitica la struttura, consentendo alla frattura di propagarsi senza ostacoli fino alla completa rottura. In passato, infatti, i materiali e le tecnologie di costruzione non avevano mai messo in luce questo fenomeno.... …..finché non sono state realizzate le prime grandi strutture metalliche. Le giunzioni chiodate, sotto questo aspetto, garantiscono una maggiore sicurezza, perché la frattura non può propagarsi da una lamiera all’altra. Vetture come questa, costruite con lamiere chiodate e legno, sono rimaste in servizio per oltre mezzo secolo. 6 Le navi Liberty nel secondo conflitto mondiale Nel 1940 la saldatura fu introdotta nella tecnica delle costruzioni navali, soprattutto per esigenze belliche. Nelle strutture così realizzate, il fenomeno della frattura nei metalli, i cui effetti erano stati, sino ad allora, contenuti, ebbe conseguenze importanti, spesso catastrofiche. Le navi Liberty nel secondo conflitto mondiale Nel 1940 la saldatura fu introdotta nella tecnica delle costruzioni navali, soprattutto per esigenze belliche. Nelle strutture così realizzate, il fenomeno della frattura nei metalli, i cui effetti erano stati, sino ad allora, contenuti, ebbe conseguenze importanti, spesso catastrofiche. 7 Frattura fragile di una nave tipo Liberty (T-2), avvenuta durante la seconda guerra mondiale. La fratture erano generalmente innescate da difetti dovuti a saldature non bene eseguite. Delle 2700 navi da carico di questo tipo, oltre 400 furono danneggiate, più o meno seriamente, da fratture fragili durante il secondo conflitto mondiale. Venti di esse furono troncate in due, come mostra questa foto. In alcuni casi ciò avvenne addirittura in porto e con la nave scarica. 8 Rottura catastrofica di una turbina causata dal cedimento di un anello di tenuta (ϕ 1350 mm) realizzato in acciaio fucinato. SAE 3335 σS=690 Mpa σR=854 MPa Rottura catastrofica dell’albero di una turbina, realizzato in acciaio fucinato. ASTM A293 σS=595 MPa σR=777 MPa 9 Oltre alla possibilità di creare piccoli difetti (cricche), il processo di saldatura può generare, a causa dei forti gradienti termici che induce, tensioni residue e variazioni delle caratteristiche meccaniche locali del materiale, sia nella zona fusa che nella zona immediatamente circostante, detta zona termicamente alterata (ZTA). Esempio di cricca prodotta da un colpo d’arco innescato su di un ferro di armatura che ne ha causato la rottura fragile. La foto qui a destra mostra una porosità in una saldatura di una tubazione di acciaio al carbonio tipo A106B (254 mm di diametro e 16 mm di spessore). Si osservi come ai suoi apici si siano prodotte delle microcricche sotto l’azione delle tensioni da ritiro del cordone di saldatura. (50x) (200x) 10 La foto qui a destra mostra una porosità in una saldatura di una tubazione di acciaio al carbonio tipo A106B (254 mm di diametro e 16 mm di spessore). Si osservi come ai suoi apici si siano prodotte delle microcricche sotto l’azione delle tensioni da ritiro del cordone di saldatura. (50x) La foto in basso mostra un ingrandimento della cricca di sinistra. (200x) La frattura fragile si verifica improvvisamente, senza alcun segnale di preavviso e si propaga rapidissimamente, con una velocità dell’ordine del migliaio di metri al secondo. La rottura si può sviluppare in un campo di tensione nominale più basso, anche di molto, della tensione di snervamento del materiale. Inizialmente i progettisti tentarono di prevenire tale tipo di rotture applicando coefficienti di sicurezza molto elevati (anche dell’ordine di 10) oppure utilizzando materiali ad alta resistenza. La tendenza ad incrementare i coefficienti di sicurezza si rivelò decisamente sbagliata! Infatti, l’aumento del coefficiente di sicurezza comporta un aumento inaccettabile del peso delle strutture, che ne fa lievitare il costo e ne riduce le prestazioni. Anche l’utilizzo di materiali ad alta resistenza si rivelò spesso disastroso, perché l’elevata sensibilità ai difetti che questi materiali presentano ne riduce drasticamente le prestazioni, a valori addirittura inferiori a quelli ottenibili con materiali meno “pregiati”. 11 Frattura catastrofica, durante una prova pneumatica, di un razzo vettore costruito con acciaio ad alta resistenza. Caratteristica tensione deformazione di un acciaio al carbonio al variare del tenore di C La capacità di resistere alla frattura fragile è, in linea generale, minore negli acciai che presentano un maggiore tensione di snervamento. Come si vede nel grafico, all’elevata resistenza si associa una ridotta capacità di assorbire energia prima della rottura. La capacità di resistere alla frattura è strettamente connessa alla capacità di deformarsi plasticamente. Per comprendere questo fatto è opportuno fare alcune considerazioni sul campo di tensione esistente nell’intorno di un difetto. 12 Lastra piana soggetta a trazione con un foro ellittico Il campo di tensione è alterato nell’intorno del foro. Il massimo valore della tensione dipende dal raggio di curvatura minimo dell’ellisse. a b max n 1 2 Il raggio di curvatura minimo dell’ellisse è 2 b a per cui si ha: max n 1 2 Il rapporto Kt max n a è detto generalmente fattore d’intaglio Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto Se l’intaglio diventa molto acuto, 0 la tensione locale in corrispondenza del fondo intaglio tende a valori molto elevati. Al limite, per 0 , la tensione locale al fondo intaglio, nell’ipotesi di comportamento puramente elastico del materiale, diventa infinita. 13 Lastra piana soggetta a trazione con intaglio acuto In realtà il materiale presenta sempre un comportamento plastico, seppur minimo. Si crea quindi una piccola zona plastica all’apice dell’intaglio che contiene il valore della tensione, entro il limite elastico, nel caso di stato di tensione piano, entro due o tre volte tale limite, nel caso di stato di deformazione piano (dipendentemente dal valore del modulo di Poisson). L’area plastica è, in prima approssimazione, circolare, con un raggio che può essere espresso dalla relazione: a rp n 2 s 2 essendo a la semilunghezza del difetto 2a Frattura fragile transgranulare all’apice della cricca Se la zona plastica è piccola il livello locale di tensione raggiunto è sufficientemente elevato da provocare la rottura dei primi grani cristallini adiacenti alla zona plastica, dai quali poi si propagherà la frattura fragile transgranulare. La capacità di deformarsi plasticamente consente al materiale di resistere alla propagazione della frattura ed è quindi strettamente connessa alla tenacità. 14 Meccanismi di frattura La frattura può propagarsi per clivaggio, come avviene nei materiali fragili, o per coalescenza di difetti, come si verifica nei materiali duttili. Meccanismi di frattura La frattura può propagarsi per clivaggio, come avviene nei materiali fragili, o per coalescenza di difetti, come si verifica nei materiali duttili. 15 Perché la frattura fragile si verifichi è necessario il contemporaneo verificarsi delle tre seguenti condizioni: • livello di sollecitazione elevato (anche se inferiore alla tensione di rottura); • presenza di un difetto (cricca) di dimensione sufficiente; • bassa tenacità del materiale (bassa temperatura, elevata velocità di deformazione). Stato di tensione Dimensioni della cricca Zona Frattura critica Tenacità del materiale 16 Può accadere, quindi, che un difetto, anche molto esteso, rimanga stabile mentre cricche di minori dimensioni provochino la rottura. È necessario, infatti, che anche gli altri due parametri in gioco, tenacità e livello tensionale, siano tali da innescare la rottura. Stato di tensione Dimensioni della cricca Frattura Tenacità del materiale Per progettare in sicurezza componenti, nei quali esistano le condizioni di una possibile rottura per frattura, è necessario quindi poter individuare quella zona critica entro la quale una particolare combinazione di valori del carico applicato, delle dimensioni del difetto e della tenacità renda possibile l’innesco della frattura. Stato di tensione Dimensioni della cricca Frattura Tenacità del materiale 17 Quando non esiste il rischio di rottura per frattura fragile, il dimensionamento di una struttura nasce generalmente dal confronto di due quantità: σ lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti; σ0 le “prestazioni” del materiale, in termini di tensione ammissibile. Tensione di lavoro Tensione ammissibile Invece, nel caso in cui sia necessario verificare la resistenza alla frattura, il progetto di una struttura richiede di confrontare tre quantità: σ lo stato di tensione che si verifica sotto l’applicazione dei carichi previsti; KIC le “prestazioni” del materiale, in termini di tenacità alla frattura; a le dimensioni di un difetto, ovvero di una cricca. Tenacità a frattura (temperatura) Tensione di lavoro Dimensione del difetto La presenza di eventuali difetti può essere rivelata da controlli non distruttivi. Ultrasuoni Magnetoscopia Liquidi penetranti Liquidi penetranti fluorescenti 18 La presenza di eventuali difetti può essere rivelata da controlli non distruttivi. Principio di funzionamento dei liquidi penetranti Cricca superficiale rivelata dal liquido penetrante 19 Lo studioso inglese Griffith pubblicò nel 1920 una sua teoria sul comportamento a frattura dei materiali, basata su considerazioni energetiche, che può essere considerata la base storica della Meccanica della frattura 20 Si consideri una lastra nella quale sia presente un difetto passante B 2a Si consideri una lastra nella quale sia presente un difetto passante U0 Energia potenziale elastica della lastra integra UD Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile) 21 Si consideri una lastra nella quale sia presente un difetto passante U0 Energia potenziale elastica della lastra integra UD Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile) UA Energia associata alla presenza del difetto (spesa) U A E E E E p EE Energia di deformazione elastica dovuta al lavoro delle forze esterne E Energia di tensione superficiale associata alla superficie del difetto Ep Energia di deformazione plastica localizzata all’apice del difetto Bilancio energetico B U U0 U D U A 2a U U0 U D U A U0 Energia potenziale elastica della lastra integra UD Energia rilasciata per la presenza del difetto (disponibile) UA Energia associata alla presenza del difetto (spesa) U A E E E E p EE Energia di deformazione elastica dovuta al lavoro delle forze esterne E Energia di tensione superficiale associata alla superficie del difetto Ep Energia di deformazione plastica localizzata all’apice del difetto Se i carichi non si spostano per effetto della crescita del difetto. EE 0 B 2a Se il materiale è perfettamente elastico ovvero se la zona di plasticizzazione è nulla. Ep 0 22 U U0 U D U A U0 Energia potenziale elastica della lastra integra UD Energia rilasciata per la presenza del difetto UA Energia associata alla presenza del difetto U A E E E E p EE Energia di deformazione elastica dovuta al lavoro delle forze esterne E Energia di tensione superficiale associata alla superficie del difetto Ep Energia di deformazione plastica localizzata all’apice del difetto Ammettendo vere entrambe le ipotesi si conclude che: U A E B e quindi: U U 0 U D E 2a Quindi il bilancio energetico si può scrivere come: U U 0 U D E E 4aB UD a 2 2 E B Energia necessaria per generare 1 m2 di nuova superficie Tensione piana B Griffith valutò l’energia di deformazione elastica sulla base di un’analisi condotta da Inglis: B 2a UD a 2 2 E B nel caso di stato piano di tensione 23 Quindi il bilancio energetico si può scrivere come: U U 0 U D E E 4aB UD UD Energia necessaria per generare 1 m2 di nuova superficie a 2 2 B E 2 a2 1 2 Tensione piana B Deformazione piana E B Griffith valutò l’energia di deformazione elastica sulla base di un’analisi condotta da Inglis: a 1 B 2 B UD 2a 2 2 E nel caso di stato piano di deformazione Quindi il bilancio energetico si può scrivere come: U U 0 U D E U U 0 4aB a 2 2 E U 2 a 2 4 B B E a E 4aB UD B UD 0 a 2 2 B E 2 a2 1 2 B Deformazione piana E a 2 E Tensione piana 2 Condizione critica U 2 B 2 a E 2 2 a 2 E La derivata seconda è sempre negativa, dunque il punto in cui si annulla la derivata prima è un massimo Kc a Kc 24 E 4aB U U 0 U D E U U 0 4aB UD a 2 2 E U 2 a 2 4 B B a E Griffith ottenne sperimentalmente il valore di dal quale ricavò la quantità: 2 E UD B B E 2 a2 1 2 a 2 E Tensione piana B Deformazione piana E 0 a 2 2 2 per il vetro, a 0.15 MPa m 2 E Kc Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto: a 0.25 0.26 MPa m a Kc Alluminio 70 1.6 Ferro Magnesio 200 2.0 40 140 1.2 1.65 130 1.65 42 1.2 180 50-85 1.2 1.2 Nichel Rame Stagno Silicio Vetro Griffith ottenne sperimentalmente il valore di dal quale ricavò la quantità: 2 E ( J / m2 ) E (GPa) Materiale per il vetro, 0.15 MPa m a 2 E Studiando la rottura di tubi e sfere di vetro contenenti difetti di dimensioni misurabili valutò il prodotto: a 0.25 0.26 MPa m Kc a Kc 25 In generale K può essere calcolato come segue: K f ( a ) a dove f (a ) a = dimensione del difetto è un fattore geometrico dipendente da a e dalla geometria del componente. Il rateo di rilascio di energia, per unità di spessore, relativo ad un accrescimento infinitesimo da delle dimensioni del difetto, è generalmente indicato come segue: G a 2 U D E a J 2 m a 1 2 oppure, nel caso di stato piano di deformazione: G dipendente linearmente dalle dimensioni del difetto 2 E L’assorbimento di energia dovuto alla creazione di nuova superficie, sempre nel caso di spessore unitario e per un materiale idealmente elastico, è indicato come segue: R E a 2 J 2 m indipendente dalle dimensioni del difetto La condizione critica è rappresentata dall’uguaglianza G Il difetto è stabile se G R mentre si propaga in modo instabile per R G R 26 E Energia UD G U D 2 a a E R E a U U 0 E U D Massimo acr In condizioni critiche: Lunghezza del difetto a G R a 1 K 1 G 2 2 2 K I Y a I E E 3 3 > 2 >1 acr3 < acr2 < acr1 2 Energia 1 acr3 acr2 acr1 In condizioni critiche: G U D 2 a a E R E a Lunghezza del difetto a G R 27 Anche per materiali fragili è possibile che sia: 2 >1 2 E p a E a G 1 E E p a a E R a Energia R acr a acr In condizioni critiche: Se il materiale è fragile e la plasticizzazione è modesta è lecita l’ipotesi: E p C a G R Se c’è plasticizzazione Zona plasticizzata U A E E p e quindi si ha: R a C è ancora indipendente da a R 3 3 > 2 >1 E p 2 G 1 E E p a a E R a Energia R acr a acr acr In condizioni critiche: G R G R a a All’aumentare della duttilità del materiale la zona plastica al fondo intaglio diventa sempre più importante. Poiché le sue dimensioni dipendono con legge non lineare da a , ne consegue che: R dipende da a Anche G cambia la sua legge di dipendenza da a 28 La criticità di un difetto può essere valutata anche per altra via: studiando il campo di tensione che si verifica nell’intorno dell’apice del difetto. σy y r ϑ x σy z Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto: MODI di apertura del difetto. F F Modo I di apertura 29 Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto: MODI di apertura del difetto. Modo II di taglio nel piano della cricca Analisi del campo di tensione che si genera all’apice di un difetto: MODI di apertura del difetto. Modo III di taglio fuori dal piano della cricca 30 MODI di apertura del difetto. Tra i diversi modi di rottura descritti, il modo I è il più interessante per chi progetta strutture. Rappresenta, infatti, la forma di apertura più comune che si osserva nella realtà che è anche la più critica, poiché richiede la minore tensione nominale per innescare la frattura. Qualunque caso reale può essere ricondotto ad uno dei tre modi oppure ad una loro combinazione. Modo I di apertura r ij C1 a 1 2 1 0 r r2 f1ij C2 f2ij C3 f3ij ....... a a σy σy y Zona di singolarità r ϑ x σy z 31 y a r z Per 0 y x Lo stato tensionale nell’elementino infinitesimo, in funzione di r e di è dato dalle relazioni che seguono, valide all’interno della zona di singolarità: si ha: x a 2r 3 a cos 1 sen sen 2r 2 2 2 y a 3 cos 1 sen sen 2r 2 2 2 xy a 3 sen cos cos 2r 2 2 2 32 y a r x Irwin raggruppò il prodotto KI a e pose z a che chiamò Fattore di intensificazione delle tensioni. Le relazioni precedenti possono quindi essere riscritte come segue: In generale possono essere scritte nella forma: KI f ij 2 r ij Per 0 KI 3 cos 1 sen sen 2 2 2 2 r x la componente y KI 3 cos 1 sen sen 2 2 2 2 r 3 KI sen cos cos 2 2 2 2 r y vale: xy KI y 2 r y a r x Irwin raggruppò il prodotto y KI 2 r KI a e pose z a che chiamò Fattore di intensificazione delle tensioni. a 2 r dove con si intende la tensione nominale In generale il valore del fattore di intensità della tensione può essere espresso nella forma: K I Y a dove Y è un fattore di forma dipendente dalla geometria del difetto. Nel caso particolare di un difetto passante, di lunghezza 2 a, in una piastra le cui dimensioni possano essere considerate infinite rispetto ad a il fattore Y vale: 33 K I Y a espressione di validità generale Cricca passante centrale F per w >> a KI a Y per w > a 2a Feddersen Y sec w Irwin F Y π a w π a w tan π a w K I a sec KI a 2 Isida Y π 0.454 a w a w tan a w a a a 2.042 21.624 W W W 3 Confronto tra i diversi andamenti dei fattori di forma 34 K I Y a Cricca passante al bordo espressione di validità generale F per w >> a a per w > a Y 1.12 0.41 w K I 1.12 a Y 1.12 2 3 a a a a 18.7 38.48 53.85 w w w w 4 F Y 1.12 Y Y 12% K I Y a espressione di validità generale Cricca passante ad entrambi i bordi F per w >> a a a Y 1.12 per w > a Y 1.12 0.76 2 a a a 8.48 27.36 w w w 3 w F 35 K I Y a espressione di validità generale Trave appoggiata con cricca passante in corrispondenza del centro del bordo teso. F B w a L K I Y a Cricca ellittica interna β 2a Y KI a 2c 2 1 0 2 a 2 2 4 sen cos c c2 a2 sen 2 d c2 Vista dall’alto Se il rapporto a/c è piccolo si può utilizzare una espressione approssimata: 2 1 c2 a2 3 c2 a2 1 .......... 2 4 c2 64 c 2 3 8 a2 8 c2 2a 2c 36 K I Y a Cricca ellittica interna Y β 2a 2 a 2 2 4 sen cos c KI a 2c Il valore del KI è massimo per β = π KI a /2 : Vista dall’alto Se il rapporto a/c è piccolo si può utilizzare una espressione approssimata: 3 8 a2 8 c2 K I Y a Più frequente è il caso della cricca semiellittica superficiale Anche in questo caso il valore del KI è massimo per β = π /2 : a K I 1.12 β Q a Y 2c Q 2 0.212 S B-a β a B 3 8 2 a2 8 c2 Vista dall’alto Per tener conto dell’effetto della prossimità della superficie, sullo stato tensionale nell’intorno della cricca, si introduce il fattore correttivo di Kobayashi: K I 1.12 M K Q a 37 K I 1.12 M K Q a σy Il fattore correttivo di Kobayashi L’andamento della componente normale alla cricca lungo l’asse r è dato dalla relazione: Stato di tensione all’apice del difetto y KI 2 r La tensione raggiungerà lo snervamento a distanza r*p dall’apice cricca; r*p può essere calcolato come segue: σS y KI 2 rp* S rp* 1 2 KI S 2 2a 2 S2 ricordando che: K I a r*p cricca Zona di plasticizzazione r a Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del materiale, la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita sul materiale circostante. 38 σy Per garantire l’equilibrio, altro materiale nell’intorno della zona plastica deve incrementare il suo livello tensionale e, quindi, l’area deformata plasticamente deve essere più ampia di quella individuata da r*p. Stato di tensione all’apice del difetto σS r*p cricca r a Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del materiale, la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita sul materiale circostante. σy Per garantire l’equilibrio, altro materiale nell’intorno della zona plastica deve incrementare il suo livello tensionale e, quindi, l’area deformata plasticamente deve essere più ampia di quella individuata da r*p. Stato di tensione all’apice del difetto Secondo Irwin il valore effettivo del raggio plastico rp può essere valutato facendo riferimento ad una cricca fittizia, di dimensioni leggermente maggiori di quelle reali. σS Irwin calcolò rp supponendo che la cricca avesse lunghezza a+δ, dove δ è piccolo rispetto ad a. r*p cricca r a Essendo lo stato tensionale limitato dal comportamento plastico del materiale la quota di carico relativa all’area tratteggiata non è più sopportata dal materiale nella zona plastica e ciò crea una mancanza di equilibrio. Tale quota di carico dovrà pertanto essere ridistribuita sul materiale circostante. 39 Cricca fittizia: lunghezza a+δ, (δ << a ) σy Per mantenere l’equilibrio le aree A e B devono essere uguali, in modo che il carico non sopportato da A possa gravare su B. Stato di tensione all’apice del difetto A σS L’andamento della tensione nell’intorno dell’apice della cricca è ora indicato dalla curva in rosso, mentre la curva tratteggiata in grigio rappresenta l’andamento della tensione previsto dalla teoria per la cricca di lunghezza a. Il raggio plastico effettivo rp è in questo caso, come si vede, maggiore di quello precedente. B Anche alla cricca di dimensioni maggiori potremo associare un raggio plastico che indichiamo con λ e che può essere calcolato come segue: rp cricca r a δ λ quindi: σy essendo: a KI 2 2 S K I 2 a rp* 2 S2 essendo δ << a L’area B vale δ σS e, dovendo essere A = B si ha: 0 0 a dr S 2r S y dr S Stato di tensione all’apice del difetto B A A ricordando che δ << a σS S B rp 0 e che λ= r*p r a dr 2r * p S elevando al quadrato si ha: cricca r 4 rp* r essendo: δ quindi: λ rp* rp* 2a 2 S2 2rp* 2a S2 e di conseguenza: 2a * 2r S2 p r * 2 p a a 2rp* * 2 p 2 rp 2rp* Secondo Irwin, dunque, la zona plastica ha ampiezza: rp 2rp* 40 L’analisi sperimentale ed i moderni metodi di calcolo dello stato di deformazione hanno dimostrato che la zona plastica all’apice della cricca ha forma e ampiezza diverse da quanto ipotizzato da Irwin. L’immagine riportata qui al lato mostra il campo di deformazione di fondo cricca in un provino di lega di alluminio 2024. I grafici mostrano l’estensione della zona plastica nei tre modi di rottura, sia in stato piano di tensione sia in stato piano di deformazione. Come si vede, l’ampiezza della zona plastica si riduce notevolmente in presenza di uno stato piano di deformazione, rispetto al caso di tensione piana. 41 Perché l’ampiezza della zona plastica in presenza di uno stato piano di deformazione è ridotta rispetto al caso di tensione piana? Si consideri una lamiera al cui bordo è presente una cricca passante, sollecitata con un carico che agisce in direzione normale al piano di giacitura del difetto. Lo stato di tensione nel materiale lontano dal difetto è monoassiale. 42 Si consideri una lamiera al cui bordo è presente una cricca passante, sollecitata con un carico che agisce in direzione normale al piano di giacitura del difetto. Lo stato di tensione nel materiale lontano dal difetto è monoassiale. Per capire meglio come si sviluppa lo stato triassiale lo stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto immaginiamo ora di rendere trasparente la lamiera. Si consideri una lamiera al cui bordo è presente una cricca passante, sollecitata con un carico che agisce in direzione normale al piano di giacitura del difetto. La curva rappresenta l’andamento dello stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto. Lo stato di tensione nel materiale lontano dal difetto è monoassiale. Per capire meglio come si sviluppa lo stato triassiale lo stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto immaginiamo ora di rendere trasparente la lamiera. Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non può farlo per congruenza con il materiale circostante che è rimasto in campo elastico ed a tensione relativamente bassa. 43 Per comprendere come nasce la triassialità si immagini ora di rimuovere la congruenza nell’intorno del difetto e considerare il materiale come una serie di parallelepipedi contigui caricati da forze assiali. La curva rappresenta l’andamento dello stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto. Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non può farlo per congruenza con il materiale circostante che è rimasto in campo elastico ed a tensione relativamente bassa. Per comprendere come nasce la triassialità si immagini ora di rimuovere la congruenza nell’intorno del difetto e considerare il materiale come una serie di parallelepipedi contigui caricati da forze assiali. La curva rappresenta l’andamento dello stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto. Nella vista dall’alto la contrazione laterale dei parallelepipedi appare evidente Prima dell’applicazione del carico Dopo applicazione del carico Imponendo la congruenza Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non può farlo per congruenza con il materiale circostante che è rimasto in campo elastico ed a tensione relativamente bassa. 44 Per effetto della contrazione laterale impedita nascono le componenti trasversali dello stato di tensione. La curva rappresenta l’andamento dello stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto. Il cilindro rappresenta la zona nella quale si manifesta la triassialità. Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non può farlo per congruenza con il materiale circostante che è rimasto in campo elastico ed a tensione relativamente bassa. Per effetto della contrazione laterale impedita nascono le componenti trasversali dello stato di tensione. La curva rappresenta l’andamento dello stato di tensione nell’intorno dell’apice del difetto. Effetto della cricca sullo stato di tensione. Il cilindro rappresenta la zona nella quale si manifesta la triassialità. Zona che tende a contrarsi per l’effetto Poisson ma non può farlo per congruenza con il materiale circostante che è rimasto in campo elastico ed a tensione relativamente bassa. 45 Nell’ipotesi che le componenti di tensione σx e σy nell’intorno del difetto, possano essere considerate, lungo l’asse x (θ =0), tensioni principali, esse sono date dalle relazioni: y x 1 2 KI y x 2 x z Se si ammette, per quanto detto prima, che la deformazione lungo lo spessore sia nulla (stato piano di deformazione) si ha: z 3 1 3 1 2 0 E di conseguenza 3 1 2 0 3 1 2 Nell’ipotesi che le componenti di tensione σx e σy nell’intorno del difetto, possano essere considerate, lungo l’asse x (θ =0), tensioni principali, esse sono date dalle relazioni: y x 1 2 KI x 2 x z z 3 1 2 posto: essendo: 2 1 2 1 e y si ha: 3 1 1 e 2 Dalla condizione di snervamento, scritta con il criterio di von Mises, si ottiene la relazione: 1 2 2 2 2 2 2 S2 1 2 2 3 3 1 1 1 1 2 2 2 1 1 S 1 2 2 2 2 8 2 8 2 11 1 2 2 1 2 9 1 se 1 3 46 2 S 1 9 1 σy Stato piano di deformazione 1 3 S σy = 3σS Da questo risultato si deduce che la zona plastica, nel caso di stato piano di deformazione è meno estesa rispetto al caso di stato piano di tensione, perché la componente σy può raggiungere 3σS prima che si manifesti lo snervamento. Stato di tensione all’apice del difetto Stato piano σ = σS di tensione y rp cricca a r rp Zona plastica in stato piano di tensione Zona plastica in stato piano di deformazione In base alle considerazioni fatte fin ora si deduce che il volume plastico ha una forma complessa. Si assottiglia nella parte centrale della lamiera, dove è prevalente lo stato di deformazione piana, e si espande in corrispondenza delle superfici, dove lo stato di tensione è piano. Volume plastico all’apice della cricca Volume plastico in funzione dello spessore spessore 47 In base alle considerazioni fatte fin ora si deduce che il volume plastico ha una forma complessa. Si assottiglia nella parte centrale della lamiera, dove è prevalente lo stato di deformazione piana, e si espande in corrispondenza delle superfici, dove lo stato di tensione è piano. Al crescere dello spessore diviene prevalente la parte centrale del volume plastico rispetto alle zone estreme superficiali e, quindi, si riduce l’energia specifica necessaria alla propagazione instabile del difetto. In altri termini, al crescere dello spessore si riduce la tenacità del componente. Volume plastico in funzione dello spessore spessore Il grado di triassialità dello stato di tensione influenza la giacitura del piano di massimo scorrimento. Piani di taglio massimo Tensione piana Deformazione piana 48 Piani di coalescenza dei vuoti Stato piano di tensione Stato piano di deformazione Dipendenza dallo spessore della tenacità alla frattura 49 Dipendenza dallo spessore della tenacità alla frattura Spessore minimo per l’applicabilità della MFLE B K IC S 2 Dati sperimentali per un acciaio Maraging 2.5 K B 2.5 IC S 2 50 Provini standard ASTM 51 Prelievo dei provini dal materiale Il provino CT viene sottoposto a trazione 52 Provino CT Perché sia applicabile la MFLE la curva carico spostamento deve avere un andamento lineare Nel caso di comportamento lineare il valore di KI calcolato per il provino può essere definito come il KIC del materiale Curve carico spostamento 1 3 5 7 9 P a 2 a 2 a 2 a 2 a 2 KI 29, 6 185, 5 655, 7 1017, 0 639, 0 W W W W W B W 53 Perché sia applicabile la MFLE la curva carico spostamento deve avere un andamento lineare Nel caso di comportamento lineare il valore di KI calcolato per il provino può essere definito come il KIC del materiale Curve carico spostamento Il valore del K critico può anche essere calcolato con quest’altra relazione: 2 3 4 a a a a K I a 16, 7 104, 6 370 574 361 W W W W P BW Criterio di applicabilità della MFLE 54 Valori di tenacità per alcuni acciai Valori di tenacità per acciai altoresistenizali e per la lega 7075 55 Valori di tenacità per alcune leghe di alluminio Valori di tenacità per alcuni polimeri 56 Effetto della temperatura sulla tenacità F B 2a w Una piastra presenta una cricca centrale passante ed è soggetta ad un carico di trazione F. Si chiede di verificare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura. DATI: F = 200 kN w = 760 mm 2a = 102 mm (a = 51 mm) B = 5.0 mm Spessore minimo per l’applicabilità della MFLE B = 2,55 mm Materiale – SAE 4340 F σR = 1820 MPa σS = 1470 MPa KIC = 47 MPa√m Verifica dell’applicabilità della MFLE K B 2.5 IC S 2 2 47 3 B 2.5 2.55 10 m 2.55 mm 1470 57 F B Una piastra presenta una cricca centrale passante ed è soggetta ad un carico di trazione F. Si chiede di verificare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura. DATI: 2a F = 200 kN w = 760 mm 2a = 102 mm (a = 51 mm) B = 5.0 mm w Spessore minimo per l’applicabilità della MFLE B = 2,55 mm Materiale – SAE 4340 σR = 1820 MPa σS = 1470 MPa F XF KIC = 47 MPa√m 200 000 F 53MPa Bw 5 760 F B 2a cr 117 2.2 53 K IC 47 117 MPa 0.051 Y a Una piastra presenta una cricca centrale passante ed è soggetta ad un carico di trazione F. Si chiede di: 1) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura; 2) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento; 3) calcolare il valore critico del difetto; 4) calcolare la tensione critica a frattura. w F Materiale – 7075 T6 DATI: σR = 560 MPa σS = 500 MPa F = 85 kN w = 50.0 mm 2a = 4 mm (a = 2 mm) B = 12.0 mm KIC = 32 MPa√m 58 F B a Una piastra presenta una cricca al bordo passante ed è soggetta ad un carico di trazione F. Si chiede di: 1) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura; 2) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento; 3) calcolare il valore critico del difetto; 4) calcolare la tensione critica a frattura. w F Materiale – 7075 T6 DATI: σR = 560 MPa σS = 500 MPa F = 70 kN w = 40.0 mm 2a = 6 mm (a = 3 mm) B = 10.5 mm KIC = 32 MPa√m Una piastra presenta una cricca superficiale di forma semiellittica. F B Si chiede di: 1) calcolare il coefficiente di sicurezza rispetto alla frattura; 2) calcolare la tensione critica a frattura. a Materiale – SAE 4340 2c σR = 1820 MPa σS = 1470 MPa w KIC = 47 MPa√m F DATI: F = 225 kN w = 50.0 mm 2c = 20 mm (a = 5 mm) B = 15.0 mm 59 Andamento della tensione di rottura per frattura in funzione della dimensione del difetto 1600 1400 Tensione di rottura (MPa) F = 200 kN a 1200 1000 w 800 600 400 200 0 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020 Dimensione del difetto (m) 60
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