Sabato 23 Agosto ore 20.45 Chiesa di San Sebastiano FALCADE Sabato 23 Agosto ore 20.45 Chiesa di San Sebastiano “IN MEMORIAM” CONCERTO A MARINA E LUCA FABBRI Violino, Maristella Patuzzi Orchestra Mitteleuropea "Lorenzo Da Ponte" Direttore, Roberto Zarpellon Ingresso Libero Programma MAX BRUCH (Colonia, 1838 – Friedenau, 1920) Concerto per Violino in Sol min. Nr. 1 in Sol min., Op. 26 1. Vorspiel: Allegro moderato 2. Adagio 3. Finale: Allegro energico PËTR IL'IČ ČAJKOVSKIJ (Votkinsk, 1840 – San Pietroburgo, 1893) Sinfonia Nr. 5 in Mi min. Op. 64 1. Andante, allegro con anima 2. Andante cantabile, con alcuna licenza 3. Valse; allegro moderato: 4. Finale; andante maestoso; allegro vivace Violino, Maristella Patuzzi Orchestra Mitteleuropea "Lorenzo Da Ponte" Direttore, Roberto Zarpellon Concerto per Violino in Sol min. Nr. 1 in Sol min., Op. 26 Spesso negletto e liquidato dai critici con il rango di Maestro “minore”, il compositore Max Christian Friedrich Bruch si è preso la sua rivincita direttamente sul campo, nelle orecchie e nei cuori degli appassionati, immancabilmente sedotti, oggi come 150 anni fa, dal fascino struggente del suo capolavoro: il Concerto per violino e orchestra n. 1 in sol minore, op. 26. Nato a Colonia nel 1848, talento precoce scoperto da Ignaz Moscheles, Bruch sviluppò uno stile personalissimo, teso alla valorizzazione dell’ispirazione melodica, della cantabilità e del pathos, attraverso l’insistenza “conservatrice” nella semplicità diatonica e il rifiuto delle innovazioni e sperimentazioni cromatiche dei contemporanei Wagner e Liszt; non abbandonò questi canoni estetico-compositivi fino alla morte, nel 1920, a Friedenau. Autore di diverse composizioni per violino e orchestra (tre concerti, la pregevole Fantasia Scozzese e una Serenata), di tre sinfonie, di un singolo movimento per violoncello e orchestra (“Kol Nidrei”) e di un’opera (“Loreley”), Bruch, però, assurge alla gloria della fama e della dignità artistica solo grazie allo stupefacente Concerto n. 1: un’opera che mescola, con formula irripetibile, equilibrio stilistico-formale e commovente cantabilità melodica. Tale sfavillante esito non poteva che mettere in ombra, nel confronto, ogni altro lavoro del compositore tedesco: questi, infatti, già in vita ebbe modo, non senza rammarico, di constatare la enorme, travolgente popolarità del Concerto n. 1, a fronte del minor interesse destato dalle sue successive opere, pur validissime, godibili in sommo grado e ricche di spunti interessanti. Non era un violinista Max Bruch, ma di questo strumento si innamorò perdutamente: il violino, diceva, “può cantare una melodia, e la melodia è l’anima della musica”. Fu così che nel 1864 intraprese la composizione di un’opera per violino e orchestra, forse originariamente una fantasia piuttosto che un concerto. Bruch, peraltro, ebbe modo di conoscere e frequentare alcuni tra i massimi virtuosi dell’archetto all’epoca, quali Pablo De Sarasate, Willy Hess, Ferdinand David e, soprattutto Joseph Joachim, che gli fu presentato da Clara Schumann. Da ognuno di questi carpì idee, consigli e suggerimenti da trasfondere nel suo lavoro. Completato nella primavera del 1866 e definitivamente impostato come concerto, l’op. 26 debuttò a Koblenz, con solista Otto von Konigslow, senza particolari entusiasmi. Deluso, Bruch vi rimise mano subito, stavolta con il contributo sostanziale del solo Joachim. Diversi furono i cambiamenti, molti apportati tenendo come modello di riferimento l’omologo concerto di Mendelssohn, anteriore di trent’anni, molti frutto della fantasia di Joachim, come la cadenza e diversi fraseggi nelle parti di transizione. Alla fine, nel 1868, il Concerto per violino e orchestra n. 1, op. 26 fu licenziato nella sua versione definitiva e venne dedicato proprio a Joachim, solista in occasione della nuova prima: il successo fu subito eclatante e non abbandonò mai, anche negli anni a venire, questa composizione. Il Concerto è composto, in ossequio ai canoni tradizionali, da tre movimenti (due veloci inframmezzati da uno lento), ciascuno in forma-sonata, connessi l’uno all’altro, senza cesure, in un unico flusso ininterrotto. Il primo movimento, Allegro moderato, reca il sottotitolo Vorspiel (Preludio), traccia della originaria indecisione tra fantasia e concerto di cui sopra. L’apertura è affidata ad un lieve rullare di timpani e ad una malinconica frase esposta dai legni: in questa atmosfera mesta scende, delicatissima, la struggente melodia del solista. Poi ancora i legni. E di nuovo il violino, stavolta in maniera più assertiva: la frase è la medesima, ma dove prima vi era rassegnazione ora c’è decisione, la tristezza cede il campo alla collera. L’ultima nota prodotta dal violino sembra morire lentissima, vinta da un silenzio angoscioso. E’ solo un attimo, e d’improvviso esplode un sontuoso tutti orchestrale, ad urlare un tema di maestosa tragicità e di squassante potenza. Subito è il violino a tornare protagonista, con un tema appassionatissimo ma esposto con brutale, fiera violenza: gli accordi sono sanguinolenti, pulsanti come carne viva strappata a morsi, mentre la linea melodica viene sputata via con passione e rabbia. In breve l’episodio trascolora in una sezione di lirismo celestiale, giocata sul registro alto del violino, con una serie di trilli a punteggiare la progressione ascensionale della melodia. Immediatamente dopo si entra nella sezione emotivamente più carica dell’intero concerto. Il solista ripresenta il primo tema, elaborandolo dapprima con foga ossessiva e demoniaca, e trascinandolo in basso là dove bruciano le fiamme degli Inferi. Poi, il registro muta improvvisamente e quella stessa musica che sembrava ardere senza sosta ora riacquista un nitore abbagliante, schizzando su dalle profondità dell’Ade verso salvifiche altezze. Ancora una volta un inebriante senso di vertiginosa ascensione pervade chi ascolta, fino a raggiungere altitudini bachiane con l’armonico sul trillo finale: come una mano che entra nel petto e stringe il cuore fino a farlo scoppiare. Poi sarebbe bello lasciarsi andare nel vuoto. Ma a raccoglierci c’è l’orchestra tutta, leggera e veloce come il vento, compatta come il granito, in una sezione agile e potente come una temporale di agosto. Nel ritorno alle battute iniziali, il violino dilata a cadenza la frase iniziale; poi all’orchestra è affidata la ricapitolazione e la coda che ci porta al secondo movimento. Questo, in Adagio, è collegato al primo grazie ad una nota sostenuta, come nell’omologo Mendelssohniano; ma laddove il Maestro di Amburgo fa tenere la nota al fagotto, Bruch si serve dell’intera sezione dei violini primi. L’Adagio è quasi un’aria per violino a due soggetti, con un’atmosfera di nostalgia lacerante, dal fortissimo impatto emozionale, ma senza alcuna scivolata nel melenso. Una brevissima pausa ci porta al terzo movimento, Allegro energetico. Qui, dopo una introduzione orchestrale, il solista ci guida in una scatenata danza ungherese, tributo al magiaro Joachim. Al tema di danza succede una sezione dedicata all’esibizione virtuosistica del solista, a sua volta seguita da una grande melodia romantica. Allo sviluppo di questo episodio è affidata la creazione del climax artistico, attraverso la ripetizione e la trasposizione del materiale motivico a sempre maggiori livelli di intensità. Il finale, serrato, chiude questo lavoro entusiasmante, superba giunzione tra il concerto di Mendelssohn, da cui è ispirato, e quello di Brahms, posteriore di una decade, in un'ideale triade di gemme. Sinfonia n. 5 in mi minore, op. 64 Il 10 giugno 1888, dalla casa di campagna premurosamente affittata per lui dal fratello Anatol, Pètr Il'ic Cajkovskij scriveva alla sua generosa mecenate Nadezda von Meck: "Voglio mettermi a lavorare alacremente; sento in me un impulso fortissimo di dimostrare non solo agli altri ma a me stesso che la mia capacità di comporre non è esaurita [...]. Non so se le ho già scritto che lavoro a una Sinfonia. Dapprincipio procedevo a stento, ma ora sembra che l'illuminazione sia scesa sul mio spirito". Si riferisce alla Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64, composta rapidamente tra il maggio e l'agosto del 1888, dopo un periodo di depressione e di stasi creativa. Diretta dall'autore stesso il 5 novembre a San Pietroburgo, ottenne un certo successo di pubblico ma fu duramente criticata dalla stampa, con la conseguenza che Cajkovskij cadde ancora una volta in preda all'umor nero e allo sconforto. La lettera del 2 dicembre alla von Meck ha quindi un tono completamente diverso dalla precedente: "Dopo aver diretto la mia nuova Sinfonia, due volte a Pietroburgo e una volta a Praga, mi sono persuaso che è mal riuscita. C'è in questa musica qualcosa di sgradevole, una certa diversità di colori, una certa insincerità, un certo artificio. Pur senza rendersene conto, il pubblico lo ha percepito. Ho chiaramente avvertito che i consensi e gli applausi andavano in realtà alle mie composizioni precedenti e che questa Sinfonia non riusciva a piacere: una constatazione che mi procura un cocente dolore e una profonda insoddisfazione di me stesso [...]. Ieri ho sfogliato la Quarta, la nostra Sinfonia, che differenza! Com'essa si colloca su un piano più elevato! è una cosa molto, molto triste!". Oggi noi sappiamo che la Quinta Sinfonia è di gran lunga superiore alla Quarta e che, su un piano strettamente musicale è migliore anche della Sesta, la popolarissima "Patetica". D'altronde Cajkovskij stesso si sarebbe ricreduto, grazie ai successi ottenuti dalla Quinta nei concerti da lui diretti durante la tournée europea del 1889-1890, allorché anche Brahms la elogiò, esprimendo qualche riserva solo sul finale. Perpetuando il principio della Quarta Sinfonia, scritta ben undici anni prima, la Quinta è posta anch'essa sotto il segno del fatum. Cajkovskij non espresse in un programma dettagliato le idee che l'avevano guidato nella composizione, tuttavia appuntò alcuni pensieri in proposito: "Introduzione: sottomissione totale davanti al destino o, ciò che è lo stesso, davanti alla predestinazione ineluttabile della provvidenza. Allegro. I: Mormorii, dubbi, accuse a XXX. Il: Non è meglio allora gettarsi a corpo morto nella fede? Il programma è eccellente, ammesso che riesca a realizzarlo". Un altro appunto relativo al secondo movimento accenna al contrasto tra un tema indicato come "consolazione" e "raggio di luce" e un tema affidato agli strumenti gravi, che risponderebbe: "No, nessuna speranza". La Quinta Sinfonia riprende dalla Quarta anche il principio ciclico dell'idea ricorrente, o motto, facendone un uso ancora più ampio, perché uno stesso tema, collegato al destino, ritorna qui in tutti e quattro i movimenti: lo si ascolta già nell'introduzione, Andante, affidato ai clarinetti e agli archi gravi, cupo e pesante, con un andamento che ha qualcosa sia della Marcia che del Corale. L'Allegro con anima si apre con un nuovo tema, che mantiene l'atmosfera di sotterranea inquietudine, nonostante il ritmo relativamente vivace. Interventi rudi degli ottoni fanno esplodere la tensione, che rapidamente si smorza e lascia emergere un secondo tema, in tonalità maggiore, semplice e pastorale, che porta un raggio di luce dopo le ombre precedenti. Appare in seguito un ritmo di valzer, lirico e vaporoso. Lo sviluppo si basa non sull'elaborazione tematica ma sulla sovrapposizione e l'accostamento dei temi per associazione o per contrasto. Nella coda viene ripreso il motivo iniziale dell'Allegro, ma la conclusione è ancora sotto il segno del tema del fato, che ora risuona nelle trombe. Lo splendido Andante cantabile, con alcuna licenza è uno dei vertici del sinfonismo cajkovskiano. Sullo sfondo degli archi gravi il primo corno canta in modo "dolce con molta espressione" una lunga melodia nobile e patetica. L'oboe s'inserisce delicatamente e dialoga con il corno, proponendo una nuova melodia, ripresa anche dagli archi e poi dall'intera orchestra: è un momento maestoso e sereno, che corrisponde forse al "raggio di luce" menzionato da Cajkovskij. Una nuova melodia del clarinetto, graziosa e malinconica, ornata da un trillo, è improvvisamente interrotta dall'irruzione del tema ricorrente, affidato alle trombe. Il movimento si conclude tuttavia in una ritrovata serenità, turbata ma non annientata dalla minaccia del fato, che risuona con la cupezza e la violenza dei tromboni. L'Allegro moderato è un valzer elegante e lieve, appena increspato da un'ombra d'inquietudine dovuta ai rapidi e insistenti passaggi in "staccato" dei legni e degli archi. Anche qui, a qualche battuta dalla fine, ritorna il tema del fato, senza violenza ma egualmente impressionante per il suo tono funereo. è sempre questo tema ad aprire il quarto movimento, ma ora appare totalmente trasfigurato, simile a un maestoso Corale in tonalità maggiore. L'Allegro vivace è ricchissimo d'idee e raggiunge una prorompente e teatrale intensità espressiva, ma pecca di un certo squilibrio formale, riconosciuto da Cajkovskij stesso. Non è esente nemmeno da ampollosità e trionfalismo, in particolare nella conclusione, quando il tema del destino s'afferma come un Corale grandioso e imponente e anche il tema principale dell'Allegro con anima ritorna trasformato in un canto di vittoria. "Cosa è accaduto - si chiedono i commentatori - perché sia cambiata in modo così totale la tendenza alla rassegnazione? [...] Si avverte per la prima volta una nota di falsità e di sovraeccitazione al fondo della musica; quantunque tutto ciò sia portato a buon fine con bravura, il trionfo conclusivo non si libera dalla sua vacuità". (note da www.flaminioonline.it) MARISTELLA PATUZZI, Nata a Lugano il 14 di febbraio 1987, ha iniziato a quattro anni lo studio del violino e del pianoforte. A diciassette anni ha conseguito, da privatista, il Diploma di magistero in violino con il massimo dei voti, lode e menzione speciale al Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano, sotto la guida di Roberto Valtancoli. Sempre a diciassette anni ha ottenuto la maturità federale svizzera al Liceo di Lugano. Dal 1995 era stata allieva di Susanne Holm e, dal 1999 al 2003, di Massimo Quarta, con il sostegno della Fondazione Pierino Ambrosoli di Zurigo. In marzo 2005 è stata ammessa come graduate, con borsa di studio per merito, nella classe di Miriam Fried, all’Indiana University, Bloomington dove, dal 2006, ha studiato sotto la guida di Mark Kaplan; nel 2007 vi ha conseguito il Performer Diploma in violino con il massimo dei voti e, nel 2008, il Master in violino, sempre con il massimo dei voti. Nel 2009 s’è perfezionata con Sergej Krilov al “Val Tidone Summer Camp”. Nel 2011 ha conseguito il Master of Arts in Specialized Music Performance in violino con Carlo Chiarappa, al Conservatorio della Svizzera italiana, con il massimo dei voti e lode. Dall’età di cinque anni suona spesso in pubblico, accompagnata dal padre, pianista e pedagogo. A dieci anni ha tenuto il suo primo concerto come solista con orchestra, nella Cattedrale di Lugano e il suo primo recital a Minusio (Locarno), a seguito del quale ha conseguito il Premio Elisarion 1997, per “la notevole personalità interpretativa” e per “il carisma che emana durante le sue esecuzioni”. A soli undici anni ha registrato Tzigane di Ravel per la Televisione svizzera di lingua italiana e, nel 2011, musiche di Bloch, con suo padre, alla Radio Svizzera di lingua italiana. Dal 2002 ha tenuto concerti come solista con l’Orchestra Mozart di Milano, di Padova e del Veneto, San Marco di Pordenone, con l’Orchestra della Svizzera italiana, dell’Indiana University, con l’Adelphi Symphony Orchestra di Long Island, New York, con l’Orchestra del Conservatorio della Svizzera italiana, con l’Orchestra Arcadia, con l’Orchestra da camera di Lugano e con l’Orchestra 1813 di Como e Orchestra da Camera di Lucerna. Ha vinto il primo premio ai concorsi di violino a Biella, Villar Perosa, Tortona, Fermo, Vittorio Veneto, il Premio Bruno Zanella a Crevalcore (Bologna), il primo assoluto al Torneo internazionale di musica a Roma, la borsa di studio della Fondazione Friedl Wald a Basilea, nel 2010 il primo Premio Francesco Geminiani a Verona, il Preis 2011/2012 der Stiftung für junge Musiktalente, Meggen e, per la musica da camera, il primo assoluto ai Nuovi orizzonti 2011 ad Arezzo, il primo assoluto Premio Rovere d’oro a San Bartolomeo al mare. è stata invitata ai festival Ruggero Leoncavallo a Brissago, Lario in musica, al Lake District Summer Music Festival, al Mozart di Rovereto (Italia), a quelli d’Ischia e di Bologna, al Festival delle Nazioni a Città di Castello, al Progetto Martha Argerich a Lugano e all’International Festival Rostropovich a Baku, al Festival les Classiques de Villars. Il suo repertorio comprende musiche di tutte le epoche; interpreta spesso l’integrale delle Sonate per violino solo op. 27 di Ysaÿe e, fra i contemporanei, esegue volentieri brani ispirati al tango argentino, di Eduardo Hubert e di Luis Bacalov. L’Orchestra Mitteleuropea "Lorenzo Da Ponte" raggruppa alcuni dei migliori musicisti dell’area mitteleuropea, in organico nelle migliori formazioni europee. Il gruppo prende il nome da Lorenzo Da Ponte (fino a quattordici anni Emanuele Conegliano), geniale librettista la cui fama è indissolubilmente legata a quella di Wolfgang Amadeus Mozart. Eredi dello spirito di questa importante figura del teatro musicale europeo, che tanto ha contribuito allo sviluppo della cultura e dell’opera italiana nel mondo, i componenti dell’orchestra si prefiggono di coltivare e proseguire il rapporto privilegiato tra la cultura e la musica italiana e l’Europa, attraverso esecuzioni al tempo stesso fedeli al modello originale e all’avanguardia nel panorama internazionale. L’Orchestra è specializzata nel repertorio barocco e classico, e si trova perfettamente a suo agio sia con strumenti originali che con strumenti moderni. Per il repertorio sinfonico-corale, l’orchestra si avvale della collaborazione del Coro Reale Corte Armonica Caterina Cornaro di Asolo, con il quale ha eseguito le principali opere sinfonico-corali. Al progetto dell’Orchestra Lorenzo da Ponte hanno aderito solisti di fama internazionale come Thomas Christian, Bruno Canino, Viktoria Mullova, Alfred Mitterhofer, Bernard Naoki Hedenborg, Fabio Biondi, Salvatore Accardo, Alexander Janiczeck, Massimo Quarta, René Clemencic, Alois Brandhofer, Rudolf Leopold, Geza Hosszu Legocky, Massimo Sonmenzi, Alexander Lonquich, Kristian Bezuidenhout, etc. Molto successo ha riscosso una serie di concerti con la partecipazione straordinaria di Lino Toffolo (Pierino e il Lupo di S. Prokofiev; Le Ultime Lettere di W. A. Mozart). Conta altresì al suo attivo, diverse registrazione per radio e TV come pure di CD. Orchestra Mitteleuropea "Lorenzo da Ponte" 23.08.2014. FLAUTI I/II: Giulia Lozza, Marta Guidolin; FLAUTO III/OTTAVINO: Marco Girardin; OBOI I/II: Arrigo Pietrobon, Michele Antonello; CLARINETTI I/II: Corrado Orlando, Gaspare Buonomanno; FAGOTTI I/II: Andrea Bressan, Marco Barbaro, Lucrecia Fernandez; CORNI I/II/III/IV: Laszlo Gyarmati, Zsolt Kocsis, Krisztián Bodor, Balázs Perneczky; TROMBE I/II: Laszlo Borsody, Girardini Nincolò; TROMBONI I/II/III: Ferenc Kozias, Bela Koppany, Akos Galla; Timpani: Saverio Tasca; VIOLINO PRINCIPALE: Fabian Rieser; VIOLINI I/II: Anastasia Andreatta, Baldan Giorgio, Francesca Bonomo, Giacomo Catana, Monica Cordaz, Eleonora De Poi, Stefano Favretto, Jose David Fuenmayor Valera, Tabanyi Kalman, Peter Kovacs, Daniel Papp, Giulia Pontarolo, Massimiliano Simonetto, Massimiliano Tieppo, Alessia Turri, Gianpiero Zanocco, Roberta Zarpellon; VIOLE: Balázs Toth, Mario Paladin Andrea Cagnin, Alessandra Di Pasquale, Sarah Mazzoleni, Francesca Milani; VIOLONCELLI: Simone Tieppo, Laura Balbinot, Klaus Broz, Desirèe Calzavara, Francesca Favit, Giordano Pegoraro, Filippo Piovesan; CONTRABBASSI: Daniele Carnio, Luigi Baccega, Paolo Zuccheri. Nato a Bassano del Grappa nel 1960 e residente ad Asolo (TV), Roberto Zarpellon é, oltre che un musicista di talento, un inarrestabile protagonista della vita culturale Italiana. Si diploma nel 1985 in Organo e Composizione Organistica al Conservatorio "S. Cecilia" di Roma. Nel 1988, si laurea in Organo, ramo concertistico, all'Università per la Musica e le Arti Figurative di Vienna sotto la guida del prof. Alfred Mitterhofer. A Vienna frequenta i corsi di Direzione d'Orchestra, Musica da Chiesa (Kirchenmusik - Direzione di Coro con E. Ortner), Pianoforte e Clavicembalo. Negli anni accademici 1985/86 e 1986/87, il Ministero per la Scienza e la Ricerca austriaco gli conferisce due premi. Terminati gli studi a Vienna diviene assistente di Sandor Végh presso la Camerata del Mozarteum di Salisburgo. Debutta come direttore al Wiener Festwochen nel 1987 e nel 1988 al Mozarteum di Salisburgo. Da allora ha tenuto concerti a Vienna (Konzerthaus), Salisburgo (per gli Amici del Festival), Berlino (Konzerthaus), Colonia (WDRPhilharmonie), Budapest, Belgrado, Bonn (Festival Beethoven), Linz (Brucknerhaus - Festival A. Bruckner), Lucerna, per l’Ente Arena di Verona, al Teatro la Fenice di Venezia, al Teatro dell'Opera di Roma, alla Sala Nervi di Città del Vaticano, Cappella Sistina (Inaugurazione delle Celebrazioni per i 500 anni di Costituzione della Guardia Svizzera; Concerti per S. S. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), Festival Pianistico Internazionale Michelangeli di Brescia e Bergamo, Festival Puccini di Torre del Lago, Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, Festival Bellini, nonché negli Stati Uniti e in Giappone (la produzione del Falstaff di G. Verdi da lui diretta e prodotta dal Teatro dell’Opera di Sakai-City-Opera/Osaka nel 2004 ha vinto il Premio della Fondazione Internazionale Mitsubishi, quale miglior produzione operistica dell’anno in Giappone con giovani interpreti). Nella sua intensa attività per i più svariati festival e istituzioni musicali ha collaborato fra gli altri con Salvatore Accardo, Michele Campanella, Bruno Canino, Katya Ricciarelli, Olivera Miljakovic, Thomas Quastoff, Thomas Christian, Viktoria Mullova, Alexander Lonquich, Sara Mingardo, Massimo Somenzi, Geza Hosszu Legocky, Alois Brandhofer, Alexander Janiczek, Alexander Romanowski, Hiro Kurosaki, Fabio Biondi, e tanti altri fra i quali alcune prime parti dell'Orchestra Filarmonica di Berlino, dell'Orchestra Filarmonica di Monaco e dell'Orchestra Filarmonica di Vienna, come pure del Concentus Musicus Wien, della Mahler Chamber Orchestra, della Filarmonica della Scala. In ambito lirico ha diretto Opere di Monteverdi, Vivaldi, Händel, Galuppi, Mozart, Glück, Donizetti, Bellini, Rossini, Verdi, Puccini in diversi teatri di tradizione in Italia e all’estero. Ha dato vita anche a progetti di “Teatro musicale” con David Riondino, Senta Berger, Lino Toffolo, etc. Fondatore dell'Orchestra da Camera "Lorenzo Da Ponte", per l'esecuzione della musica barocca si avvale dell’ormai ventennale collaborazione di musicisti provenienti dal Concentus Musicus di N. Harnoncourt e da altre delle migliori formazioni europee. Ha inciso per la Fondazione Mozarteum di Salisburgo, la DG (Dabringhaus und Grimm), "Nuova Era" e registrato per le più importanti Radio e TV italiane (RAITV I, II, III, Radio RAI III, RAI INTERNATIONAL) ed europee (WDR, ORF, TV Serbia, TV Slovena). Autore di saggi, pubblicazioni (tra cui "La musica degli Affetti" in A. Kircher – Il Gran Teatro del Mondo con la prefazione di Umberto Eco; Linguaggio e Simbolismo nella Grande Messa in Si min. di J. S. Bach) e trascrizioni; è stato consulente per il Ministero dei Beni Culturali Italiano. è docente di Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio "A. Steffani" di Castelfranco Veneto. In qualità di Direttore Artistico ha, fra l’altro, ideato progetti e festival quali il “Symposium Mozart-Da Ponte”, “INTERFLUMINA, Cultura e Identità fra il Brenta ed il Piave”, “In Festo Paschatos”, “Festival dell’Aurora - Maggio Pitagorico” – Crotone, Festival “Agostino Steffani”, “Concerti della Memoria”, e diversi altri. (info: www.robertozarpellon.it)
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