donne coraggiose Il mio corpo è una bomba a orologeria. Ed è partito il conto alla rovescia Un anno fa, Edy ha scoperto di soffrire di Lan, una patologia rara ai polmoni, che la minaccia di morte prematura. Ma invece di sentirsi beffata dal destino, è serena, fiduciosa, ottimista. E ha imparato a non avere paura di Ivano Sartori - foto di Stephanie Gengotti per A volte penso a Rachel, la bellissima androide di Blade Runner programmata a morire. Ma è solo il personaggio di un film, io non voglio andarmene attorno ai 50 anni come quelli che hanno la mia stessa malattia, rarissima, che colpisce solo le donne. Avrei preferito non conoscere la mia data di scadenza, ma il fato ci ha messo zampino. Tutto comincia nel 2009, quando finisco contro un albero con la mia Lancia Ypsilon. Sono le due di notte, ho appena finito il mio turno di capo barista in un hotel di Recanati. Non vado veloce, ho la cintura di sicurezza, chiamo io stessa mio fratello perché venga a prendermi. Ci dormo sopra e sembra finita lì. Finché, qualche mese dopo, comincio a sentire dolori lancinanti al torace. Penso subito all’incidente. Che siano i postumi? Dopo una Tac e una risonanza magnetica i medici di Macerata non capiscono di cosa possa trattarsi. Mi spediscono ad Ancona, dove mi fanno la diagnosi giusta: Edy Renzetti, 37 anni, vive a Macerata. Soffre di una malattia rara ai polmoni. linfangioma cistico nel retro peritoneo, ossia tumore benigno congenito. Mi dicono che cresce da sempre dentro di me e che non è pericoloso. Se i dolori superano una certa soglia, però, va estirpato. Decido di aspettare, anche se ho il sentore che questo sia un campanello d’allarme. Scopro il mio male per caso e mi trovo a piangere da sola L’anno scorso, poprio in questo periodo, mi sottopongo ai rituali controlli e tutto precipita. Perché oltre al linfangioma, dentro di me c’è qualcos’altro. Mentre me ne sto distesa sul lettino della risonanza magnetica mi accorgo che non riesco a respirare, come se avessi un attacco di panico. Lo dico al medico. «C’è qualcosa nei polmoni che non va», mi dice. Mi manda a fare delle lastre. E lo pneumologo precisa, senza tanti giri di parole, che i miei polmoni hanno una scadenza segnata. Colpa della linfangioleiomiomatosi. Che cos’è? Ora lo so bene: una malattia rara, nota con l’acronimo Lam, cronica e degenerativa, che colpisce solo le donne in età fertile tra i 30 e i 40 anni. Soltanto un uomo al mondo ne è affetto. Resto paralizzata. Ma c’è mia madre con me, e non lascio trasparire alcuna emozione. Piangerò 1 donne coraggiose dopo, una volta sola. Non ho mai pianto di fronte ad altri. Sì, mia madre mi sta molto vicino, a modo suo, ma anche lei vive questa situazione nel suo intimo. Non se ne parla neppure con i miei due fratelli. Sia il più giovane che vive in casa con noi, sia con quello sposato che ha 15 anni più di me. Mio padre, invece, non c’è più da molto tempo. Edy Renzetti vive a Macerata ed è una barista. Un anno fa, ha scoperto di soffrire di Lan, una malattia rara ai polmoni che dà poche speranze. Contro un male silente, mi tiene su la terapia della parola C’è una persona che mi è di grande conforto, però. È un amico di mio fratello che ha avuto problemi al cuore. La nostra è la terapia della parola: parlando ci sentiamo meglio. La sua parola lenisce il mio male. Il Lam è una malattia subdola che agisce in silenzio, non dà dolori particolari. Infatti respiro bene e certi giorni riesco persino a dimenticarmi della sua esistenza. Ma se le cose dovessero aggravarsi irrimediabilmente non mi resta che il trapianto del polmone. Di solito succede attorno ai 50 anni e dopo non sopravvivi più di due o tre anni. Oddio, una donna americana è arrivata agli 80 e un’altra, che è stata operata, va in kayak come niente fosse. Ma queste sono eccezioni che confermano la regola, purtroppo. Io, per ora, mi difendo con un farmaco. Pensare che ho dovuto lottare per farmelo prescrivere, perché è “sperimentale”. E poiché viviamo in Italia, ho dovuto far intervenire un conoscente alla Regione Marche e in un paio di giorni l’ho ottenuto. Che tristezza, ci vogliono raccomandazioni persino per curarsi! Naturalmente ho incontrato medici bravissimi, come il pneumologo Sergio Harari, dell’ospedale San Giuseppe di Milano, l’unico specializzato in questa malattia. Mi ha invitato a un congresso di pneumologia a Milano. Sapete com’è, ormai mi sto facendo una cultura nel ramo. Come si vive sapendo di avere un morbo letale? Ho tolto gli automatismi dalla mia vita e ho nuovi amici anni. Trascorro qualche tempo in campagna, dove abbiamo una casa ed esco con gli amici almeno un paio di sere a settimana. Così chi mi vede non ha l’impressione di trovarsi di fronte a una persona con il destino segnato. Forse perché, per quel che mi è successo, non mi sono sentita bersaglio di un castigo divino o di una maledizione. Neanche per un attimo. Non mi sono aggrappata alla preghiera. Io Che vita fa una malata come me? Il più normale possibile, compatibilmente con la depressione immunitaria causata dai farmaci e conseguenti infezioni. Per un periodo ho dovuto smettere di lavorare: ho tenuto compagnia a mia madre che ha 73 2 Sum quaspis nonsereiunt pa pedipsam quam alibus derum ut estrum ex eum ea culpa apis mi, cor aspelibere vero dolo quamus moluptias dercide bisitet, tem aute raerias imaioria que volupti uta nus porro et ma plitiur ntur, volorrorpore rehen imint uidipiendi corror siminus magnam net, ulligente libustium erum et que veria prerion e t reritatemque vene nihil im nis inctibusant, ulles ipsaped quis mi, siminul lesent volorat ioriosserum, conestio imet doluptaepero et es re re, im quis qui desed ea corro con consae ipit lias modisquam nitassit, volor audit, quaeritate peliquos aperoritiam dio quis se cuptatincto eos aut as ex elestium quat prestio vidust, simusci llaborum autas a dolorro cum cumenderit qt quatemport quatemporuatemporum veliasp erferum nus anis alit enimus ducias vendit, accum hillaboria dollant atur sape oditaqu anis alit enimus ducias vendit, accum hillaboria dollant atur sape oditaquam seditiam iliquat eos doloratiisci quuntur aut adis sum num dolenisimus dolescianda periaec totatur, sus rerum estiumquatem elitibe atures endes magns. Nome Cognome non imploro, mi do da fare. Sono cambiata e lascio perdere le cose frivole, non sono più così permalosa, faccio una vita meno automatica, come se si fosse spezzato quel meccanismo sveglia-lavoro-casa-sveglia che ci impedisce spesso di riflettere sul senso della nostra esistenza. I miei amici mi sono vicini e ne ho trovati di nuovi. Per esempio, un ragazzo malato di sclerosi multipla, il cui consiglio è come un mantra: non avere paura. Sì, le parole e i piccoli gesti contano tantissimo. Sempre che, lo ripeto, non contengano tracce di commiserazione. Mi sento più vicina agli altri. Sono più aperta. Vorrei trasmettere fiducia e ottimismo. Oggi vedo il mondo sotto una luce migliore Un fidanzato? No, non ce l’ho e nella mia condizione è sconsigliato avere figli. La gravidanza potrebbe accelerare la degenerazione della malattia. Ma ho in mente un altro progetto. Con l’amico della terapia della parola vogliamo scrivere un libro. Protagonista non sarà la malattia, ma due persone del tutto diverse per le loro esperienze di vita, che a un certo punto si incontrano e vedono il mondo da un’altra angolazione. Finalmente sono tornata al lavoro, d’accordo con il mio principale sugli orari e sui giorni di riposo. E anche se è ricominciata la routine, è tutto diverso da prima. Io sono diversa, una nuova Edy che vede il mondo e gli altri sotto una luce più ottimistica. Strano, eh? Alla fine di Blade Runner si scopre che Rachel aveva una scadenza illimitata. Vuoi vedere che succede anche a me?
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