LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A

Giornale di Geologia
(2), XLII, fase. l, pp. 61-82, t. I
Bologna, 1977
GIORGIO CREMONINI;: - ENZO FARABEGOLI *
LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE
A COLOMBACCI IN ROMAGNA (l)
RIASSUNTO - Vengono qui presentate 13 sezioni strati grafiche misurate nelle successio­
ni messiniane della Romagna. La formazione a colombacci risulta costituita
essenzialmene da peliti grigie e grigio-verdastre entro le quali si intercalano:
- 6 orizzonti carbonatici (<< colombacci») la cui continuità supera i limiti del·
l'area studiata;
- 5 orizzonti di marne nere macrofossilifere, anch'essi continui su tutta l'area. Il
piu alto di questi costituisce il tetto della formazione a colombacci.
- corpi arenaceo-conglomeratici di spessore variabile, con continuità laterale in
genere non superiore a qualche km, interpretati come depositi fluviali e/o
deltizi.
In base alle osservazioni sul terreno, viene inoltre prospettata l'ipotesi di una fase
tettonica messiniana, che ha agito in Romagna a partire dalla fine della sedimenta­
zione della formazione gessoso-solfifera.
ABSTRACT - Thirteen stratigraphic sections were measured in Messinian (Upper Mioce­
ne) sequences outcropping in Romagna Apennines. The Colombacci Formation,
well represented in these sections, is made up primarily of gray ancl greenish gray
silty-clay sediments in which are interbedded:
- six carbonate horizons (<< colombacci») extending all over and beyond the
studied area;
- five horizons of black fossiliferous marls remarkllbly continuous through the
whole area; the uppermost one represents the top of the Colombacci Forma­
tion.
- pebbly-sandy bodies of variable thickness and lateral continuity probably not
exceeding a few km, inteqireted as fluvial and/or deltaic deposits.
A tectonic phase is postulated in Romagna after the deposition of evaporites
(Gessoso-solfifera Forma tion).
* Istituto di Geologia e Paleontologia, V. Zamboni 67, Bologna.
(I) Ricerca condotta col contributo del CNR: contratto 74.01858.05 e 76.00086.05,
a nome di G. CREMONINI.
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GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
INTRODUZIONE
La formazione a colombacci (SELLI 1954) si estende lungo il margi­
ne nord-orientale dell'Appennino romagnolo-marchigiano; la sua età è
stata attribuita alla parte alta del Messiniano. Essa è limitata inferiormen­
te dalla formazione di tetto, cioè da quei sedimenti essenzialmente peli ti­
ci che sovrastano con diverso spessore la Formazione gessoso-solfifera;
superiormente è seguita dalle argille grigio-azzurre del Pliocene. Allo
stesso intervallo CAPELLINI 1879 ha dato il nome di strati a Congerie e
RUGGIERI 1958 di strati a Melanopsis. Il su'o spessore varia in affioramen­
to da alcuni metri ad alcune centinaia di metri.
Sebbene la formazione a colombacci sia costituita in prevalenza da
sedimenti terrigeni, il suo nome deriva da alcuni caratteristici orizzonti
di calcari micritici biancastri, più o meno argillosi (<< colombacci»),
intercalati in numero variabile (da 2 a 5 per gli AA.) entro la successio­
ne; ogni orizzonte ha uno spessore variabile da alcuni decimetri ad
alcuni metri. La loro origine è stata in passato interpretata come evaporiti­
ca (SELLI 1954 e 1973; RABBI & RICCI LUCCHI 1968; BORSETTI et
al. 1971 e 1975; CARLONI, FRANCAVILLA et al. 1974; ecc.). Più recentemen­
te COLALONGa et al. 1976 non escludono che si tratti, almeno per
quanto riguarda l'Appennino romagnolo, di calcari derivati da precipita­
zione chimica in acque alcaline lagunari.
Nelle peliti sono frequenti faune ben conservate di Molluschi e Ostra­
codi, considerate da tempo tipiche di acque dolci o eurialine (CAPELLINI
1874 e 1879; GILLET 1957; RUGGIERI 1958, ecc.); sono presenti anche
microfaune a Foraminiferi pIane tonici distrofici ritenute da alcuni AA.
autoctone e tipiche di ambiente marino sovrassalato (SELLI 1954; BOR­
SETTI et al. 1971 e 1975; CARLONI, FRANCAVILLA et al. 1974; CARLO­
NI et al. 1974), mentre altri AA. le considerano rimaneggiate (RUGGIERI
& SPROVIERI 1975; COLALONGa et al. 1976; ecc.).
I depositi clastici grossolani hanno spessori che a volte superano i
200 m; sono stati interpretati localmente come facies Ettorali, fluviali o
deltizie da PRINCIPI 1925, RABBI & RICCI LUCCHI 1968 e COLALONGa
et al. 1976, o come facies di delta-conoide da FARABEGOLI & RICCI
LUCCHI 1973 e RICCI LUCCHI 1975.
Il presente lavoro fornisce una serie di dati di campagna sulla
formazione a colombacci, da cui è possibile trarre una visione litostrati­
grafica complessiva valida per il margine interno dell'Appennino romagno­
I
f
l
63
LITOSTRATlGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
lo. Sono state misurate e analizzate 13 sezioni, la cui ubicazione è
indicata in fig. 1; esse sono riportate schematicamente nella tav. L Per
quanto riguarda la sezione 13 (Cella), essa è in realtà il compendio di 8
sezioni diverse ma vicine e facilmente correlabili (cfr. COLALONGO et al.
1976). Vengono qui inoltre rappresentate alcune sezioni di dettaglio
(figg. 2 e 3) rispettivamente sul limite inferiore e superiore della forma­
zione a colombacci; i segni usati sono riportati nella leggenda della tav. L
Teodorano
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7
*
Formignano
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080
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O di Rivoschio.
2.5
5km
I
Fig. 1. - Ubicazione delle sezioni studiate.
Il disegno delle figure qui presentate è stato affettuato da G.
Sentiamo il d~vere il ringraziare il Prof. R. SELLI pet la
lettura critica del manoscritto, e gli amici A. CASTELLARIN, F. RICci
LuccHI e R. SARTORI per i preziosi contributi apportati alla stesura
della presente nota.
CAMARINOS.
RILEVAMENTO DELLE SEZIONI E LORO RAPPRESENTAZIONE
Le sezioni sono state in parte misurate utilizzando una «staffa di
Jacob» e in parte attraverso misurazioni strato per strato. Sono state
effettuate sul terreno analisi granulometriche speditive tramite un compa­
ratore visivo basato sulla scala di Wentworth, e inoltre sono stati studia­
64
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLl
ti il tipo e la geometria degli strati, le strutture sedimentarie e le
paleocorrenti. La terminologia usata per la geometria degli strati è essen­
zialmente quella di CAMPBELL 1967 C); per lo spessore degli strati e
delle lamine sono state usate le suddivisioni di INGRAM 1954 e CAMP­
BELL 1967, modifica te da REINECK & SINGH 1973.
Nella rappresentazione generale (tav. I) e in quelle di dettaglio (figg.
2 e 3) non è stato sempre possibile riportare in scala singoli strati; si è
preferito allora rappresentare i ritmi deposizionali molto sottili in manie­
ra schematica (litofacies E, I, L, M, ecc.): in questi casi gli strati non
sono sporgenti rispetto alle colonne stratigrafiche. Alcune delle litofacies
sono state raggruppate insieme nella tav. I per esigenze grafiche.
LITOFACIES
Nelle 13 sezioni studiate sono state riconosciute le seguenti 20
li tofacies, alla cui descrizione fa riferimen to la leggenda della tav. I:
A) Argille e argille marnose grigio-azzurre, con stratificazione poco
evidente; contengono abbondanti Foraminiferi ben visibili con l'aiuto di una
lente o anche ad occhio nudo. Localmente si osservano piccoli fori di
limivori (2-3 mm), riempiti da materiale siltoso. Questa litofacies è
presente solo al tetto della successione studiata ed è la sola di età
pliocenica.
B) Marne e marne argillose, più o meno arenacee, da grigio-scure
a nere, fortemente bioturbate, con abbondanti biosomi e bioclasti (Gaste­
ropodi e Lamellibranchi) color nocciola o rosati; passano talora (sezione
13) a biocalcareniti marnose con laminazione per lo più piano-paralle­
la. Sono in strati da 30 a 70 cm circa, a giunti paralleli, netti oppure
sfumati. Questa litofacies compare in 5 orizzonti diversi entro la succes­
sione.
(1) Intendiamo con lamina'l.ione e strati/ica'l.ione:
piano-parallela: strati a giunti piani e paralleli; lamine piane parallele fra loro e ai
giunti di stratificazione.
Ondulata-paratrela: lamine e strati a giunti paralleli ma non piani.
Ondulata non parallela = lenticolare: lamine e strati a giunti non piani e non paralJJeli
(incrociati); possono essere continui o discontinui.
Piano-concava: lamine e strati aventi la superficie superiore piana e quella inferiore
concava verso l'alto.
Cuneiforme = incrociata-piana: lamine e strati a giunti piani ma non paralleli.
I ncrociato-concava: serie di pacchi di lamine o strati lenticolari discontinui, aventi la
concavità rivolta verso l'alto.
t'
LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
65
C) Marne e marne argillose grigie, grigio-verdastre o bruno chiare, a
volte leggermente arenacee. Hanno stratificazione non sempre netta, in
genere non oltre i 20 cm, e contengono rari e sottili strati lenticolari di
arenaria fine; il rapporto arenaria/pelite varia da 1/10 a 1/30. A volte
contengono rari gusci di Gasteropodi e Lamellibranchi di colore bianca­
stro e piccoli frustoli carboniosi. Quando aumenta il contenuto arenaceo
si passa .alle litofacies D o E.
D) Siltiti marnose e marne ~iltose, a volte arenacee, gt1g1e e grIgIO
azzurre, in strati da medi a grossolani, a giunti non sempre evidenti.
Contengono subordinati strati sottili lenticolari di arenaria a grana me­
dia o fine, a laminazione incrociata concava a piccola scala da corrente o
da onda. Sono sempre presenti piccoli frustoli carboniosi fluitati, talora
estremamente concentrati. Presenti a volte anche Gasteropodi e Lamelli­
branchi biancastri, talora abbondantissimi, concentrati in «nidi» nella
parte inferiore della sezione 13, ove presentano il modello interno siliciz­
zato.
E) Alternanza di: a) marne argillose grigie o grigio-verdastre, poco
siltose, in strati da sottilissimi a sottili (1 mm-lO cm); b) arenarie
finissime biancastre, in strati sottilissimi (l-2 mm), piano paralleli oppu­
. re ondulati, costituiti da piccoli ripples da corrente isolati o uniti,
spesso deformati per carico. Il rapporto arenaria/pelite varia da 1/2 a
1/20; a volte si osservano ripetuti intervalli, spessi qualche centimetro,
costituiti da ritmi arenaria/pelite in strati sottilissimi . (1-2 mm). La
bioturbazione, non sempre presente, è di entità modesta con galle­
rie di piccolo diametro (2 mm) e vario orientamento; rari biosomi
e blioclasti che diventano più frequenti al passaggio con altre litofa­
cies. Talora sono presenti piccoli frustoli carboniosi.
F) Arenarie grigie a grana da media a fine, in strati di spessore
variabile da 2 a 15 cm, piano-paralleli o piano-concavi, a prevalente lami­
nazione incrociata a piccola scala da corrente o da onda, oppure piano­
parallela o inclinata ad angoli bassi.
G) Arenarie grigie a grana da media a grossolana, in strati di spesso­
re variabile da 10 a 50 cm, in genere piano-concavi e con continuità
laterale da pochi metri a decÌ1le di metri. A volte mostrano gradazione
diretta, laminazione piano-parallela o inclinata a piccoli angoli, incrocia­
ta da grande a piccola scala. Contengono a volte sparsi inclusi pelitici.
H) Calcari e calcari marnosi biancastri in strati piano-paralleli di
spessore variabile da 4 a 10 .cm, talora grossolanamente laminati per la
presenza di veli marnosi. A volte si presentano associati in sequenze di
5 .
66
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
30-50 cm di spessore che costituiscono degli orizzonti ben individuabili
sul terreno (dal 2° al 6° colombaccio). Al microscopio si presentano
come micriti compatte o laminate contenenti a volte Ostracodi e rari
Foraminiferi.
I) Ritmiti costituite da strati sottili (al massimo 4 cm) di: a)
calcari marnosi e marne calcaree biancastre; b) marne grigie, a volte
leggermente siltose. Talora sono presenti rari strati sottilissimi di arena­
rie fini: quando queste si intercalano regolarmente si passa alla lito­
facies M.
L) Alternanza di: a) marne e marne argillose grigie e grigio-verda­
stre, in strati da 1 mm a' 10 cm, a giunti piani e paralleli; b) calcari e
calcari marriosi biancastri, in strati piano-paralleli di circa 1 mm di
spessore ('). La continuità laterale di questi strati supera in genere i 10
m, cioè i limiti di osservazione in campagna. Il rapporto peliti/calcari
varia dii 2/1 a 20/1; a volte si osservano ripetuti intervalli, spessi
talora alcuni centimetri, costituiti da ritmiti peliti-calcari in strati di
circa 1 mm, che impartiscono alla litofacies un tipico aspetto «varva­
to ». La bioturbazione, in genere molto scarsa, è rappresentata da galle­
rie a piccolo diametro (circa 2 mm), variamente orientate: Le arenarie
sono normalmente del tutto subordinate (meno di 1/20 dell'insieme), e
sono per lo più in strati ondulati dello spessore di pochi centimetri;
quando diventano più frequenti (circa 1/10), al segno della litofacies è
stato associato nella tav. I il simbolo della stratific~zione lenticolare
discontinua.
M) Ritmiti costituite da strati sottili di: a) arenarie a grana da
media a fine, con laminazionepiano-parallela o incrociato-concava a picco­
la scala; b) marne argillose grigie o grigio-verdas tre; c) marne calcaree e
calcari marnosibiancastri. La bioturbazione è per lo più assente o molto
scarsa e limitata a gallerie di piccolo diametro.
N) Alternanza arenaria-peli te in rapporto variabile da 1/20 a
3/1; data l'impossibilità di rappresentare in scala i singoli strati, nella
tav. I si è preferito ricorrere ad una rappresentazione schematica sia del
rapporto arenaria/peli te, che dello spessore degli strati (che varia da
(1) Le lamine carbonatiche che caratterizzano questa litofacies sono costituite da
calcite nella formazione a colombacci; le lamine carbonatiche presenti al tetto della
Formazione gessoso-solfifera o entro la formazione di tetto sono costituite invece da
dolomite o aragonite (cfr. R. SARTORI in COLALONGO et al. in corso di stampa).
Una litofacies del tutto simile a questa è stata segnalata da OGNIBEN 1957 entro il
Tripoli della Sicilia.
L1TOSTRATIGRAFIA DE LLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN. ROMAGNA
67
pochi cm a 50 cm circa). I colori vanno dal grigio al grigio-azzurro,
ma si osservano anche toni bruni o arrossati. Questa litofacies compren­
de strati arenacei a grana da medio-fine a grossolana, piano-paralleli, cunei­
formi o piano-concavi. La laminazione è piano-parallela, inclinata o incro­
ciato-concava a piccola e a grande scala da corrente, o a piccola scala da
onda.
O) Conglomerati e paraconglomerati poligenici a matrice arenacea
medio-grossolana, a volte marnosa, da subordinata a prevalente. I ciottoli
sono costituiti da calcari, arenarie e selci; panno dimensioni medie sui 3-5
cm e al massimo raggiungono i 30 cm. L'arrotondamento è elevato; le
forme più rappresentate sono la sferica, sferico-appiattita, talora l'allunga­
ta e l'appiattita. Gli strati (lO cm-3 m) sono piano-concavi, spesso a
base fortemente erosiva, o cuneiformi. Talora i ciottoli hanno una distri­
buzione caotica, a volte mostrano gradazione inversa nella porzione
basale; spesso si osserva una· grossolana laminazione piano-parallela,
inclinata a piccoli angoli o incrociato-concava a grande scala.
P) Calcari marnosi grigi, biancastri ·se alterati, in strati sottili
(0,2-2 cm), fittamente laminati, alternati a lamine o strati millimetrici
(0,5-7 mm) di marne e marne calcaree grigio-verdastre o giallastre e):
costituiscono ilIo orizzonte a colombacci .
Q) Alternanza di: a) marne grigie, giallastre o color tabacco, per
lo più bituminose, in lamine o strati da 1 mm a 1 cm piano~parallele.
Spesso si osservano intervalli (fino a qualche decina di centimetri) costi­
tuiti da ritmiti marne-gessi in lamine millimetriche.
R) Gesso mesocristallino grigio, biancastro o rosato, in strati da 5 a
60 cm, con fitta laminazione piano-parallela (gesso «balatino »).
S) Alternanza di: a) dolomie e calcari dolomi tici grigi, cris tallini a
grana fine, a volte marnosi, spesso a fitta laminazione parallela piana o
ondulata (stromatoliti), talora con piccole e sparse cavità irregolari;
b) marne grigie, grigio-nocciola o grigio-verdastre, a volte leggermente siI­
tose, spesso fittamente laminate per veli millimetrici di siIt.
T) Dolomie grigie a grana fine, a volte marnose, da grossolanamente
a fittamente laminate (con lamine piano-parallele -o ondulate), da poco
ad abbondantemente vacuolari, talora oolitiche. Sono in strati da 2 a
80 cm.
U) Marne e marne tripolacee grigie, biancastre quando sono asciut­
te, in strati e banchi fittamente laminati.
(I)
Le lamine carbonatiche sono di calcite (dr. nota 1 a pago 7).
...
.::::
--~
68
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLl
V) Sequenze arenaria-marna siltosa, che costituiscono il tetto della
Formazione marnoso-arenacea e la formazione di letto. Le arenarie sono
in strati da 1,5 m a 5 cm; il rapporto arenaria-pelite varia da 3/1 a 1/3.
LA SUCCESSIONE LITOSTRATIGRAFICA
Nelle sezioni studiat~ sono state riconosciute dal basso all'alto le
seguenti unità litostratigrafiche che sono state raggruppate o assimilate a
7 formazioni (vedi tav. I):
a) Formazione marnoso-arenacea e formazione di letto (Tortoniano-Messi­
niano);
b) tripolie marne tripolacee (Messiniano);
c) Formazione gessoso-solfifera (Messiniano);
d) formazione di tetto (Messiniano);
e) formazione a colombacci (Messiniano):
f) argille grigio-azzurre (Pliocene inferiore).
Le 11 unità litostratigrafiche sono dal basso:
1. Sequenze torbiditiche arenaceo-marnose (litofacies V) che costitui­
scono la parte sommitale della Formazione marnoso-arenacea e la forma­
zione di letto. Questo intervallo compare solo nella sez. 6 della tav. I e
non è stato studiato in dettaglio; non è stato 'possibile stabilire pertanto
ave cade il limite fra le due unità. Dal basso verso l'alto si osserva
comunque una brusca diminuzione sia dello spessore degli strati arenacei
(da 1,5 m ~ 5 cm circa), sia del rapporto arenarie/peliti (da 3/1 a 1/3
circa).
2. Marne e marne tripolacee grigio-biancastre fittamente laminate,
in strati e banchi (litofacies V.) Compaiono solo nella sez. 6 della tav. I
con uno spessore di circa 7 m; corrispondono all'unità b).
3. Successione di vari termini che costituiscono la Formazione gesso­
so-soUifera. Nella sez. 6 (tav. I) si osserva la seguente successione dal
basso:
a) dolomie grigie, cristalline a grana fine, a volte marnose, ooliti­
che nella porzione basale, per lo più laminate e cariate; sono alternate a
marne talora bituminose (litofacies S e T). In sezione sottile si presenta­
no come mosaici di microspato dolomitici, talora intraclastici (dolo ­
LITOSTRATlGRAFlA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
69
e intradolomicrospatiti .di FOLK), talora con lamine stromatolitiche e
fratture attribuibili a prism- e sheet-cracks; alcune cavità sono riempite,
in tutto o in parte, da quarzo autigeno anche microcristallino, oltre che
da spatite. Le ooliti, da fini a grossolane, costituiscono a volte il 40%
della sezione e sono ridotte a« fantasmi ». Sono presenti rari Ostracodi
e alcune sferuliti di calcedonio forse formatesi su originari resti di
Radiolari.
Lo spessore è di circa 6 m; corrisponde al calcare di base degli AA.
b) Alternanza di gesso «baiatino» e di marne per lo più fittamen­
te laminate e bituminose (litofacies C, E, Q e R) ; lo spessore è di circa
23 metri .
c) Peli ti per .lo più fittamente laminate delle litofacies E e Le).
Al tetto si è osservato uno straterello (2-10 cm) di calcari grigi (micriti
e intramicriti più o meno marnose) contenente cristalli e noduli sparsi
di celestina (R. SARTORI in COLALONGO et al. in corso di stampa). Questo
strato presenta fessure penecontemporanee che sulla superficie superiore
si intersecano secondo un reticolato romboidale di circa 2 cm di lato,
riempite dal materiale sovrastante (mud cracks?).
Lo spessore varia da pochi centimetri nella sez. 6 ad oltre 9 m nella
sez. 5.
Il limite inferiore della Formazione gessoso-sollilera corrisponde al
primo strato di dolomie ; quello superiore viene fatto coincidere con lo
strato calcareo con noduli di celestina presente al tetto dell'intervallo 3
c). Si fa notare tuttavia che, dato il ridotto spessore di questo, può
essere più utile fare corrispondere il tetto di questa Formazione all'ulti­
mo strato di gesso.
Gli intervalli 1 e 2 sono presenti solo nella sez. 6, il 3 compare in
parte anche nella se~. 5 (tav. I) .
4 . Corrisponde alla formazione di tetto degli AA.; è compreso fra
lo strato di calcari con noduli di celestina e il 10 colombaccio. È presen­
te con spessori e caratteristiche diversi nelle sezioni 5, 6,9, 11 e 12 di
tav. 1. È costituito essenzialmente da peliti, per lo più del tipo L,
subordinatamente dei tipi D e E.
Nella porzione inferiore della sez. 11 si intercala un orizzonte di
(1) La litofacies L caratterizza normalmente la formazione a colombacci; essa è
presente anche in questo intervallo sottostante, ma le lamine carbonatiche sono di
aragonite e dolomite anziché di calcite (dr. nota 1 a pago 7).
70.
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
tufiti dello spessore complessivo di 47 cm (tav. I); esso è costituito da
4 strati gradati con prevalenti frammenti di vetro vescicolare e lamellare
(da 0,5 mm al limite inferiore del silt), immersi in matrice marnosa .
Questo orizzonte era finora sconosciuto in Romagna; per la sua posizio­
ne stratigrafica potrebbe essere correlabile con i livelli cineritici presen­
ti nelle Marche presso Candelara (SELLI 1954), a S. Maria in Carpine­
to (FARABEGOLI & RICCI LUCCHI 1973), nella sezione Maccarone (CAR­
LONI, FRANCAVILLA et al. 1974), nella sezione Colle il Gallo (GIROTTI
& PAROTTO 1969).
Nella Parte alta di questo intervallo (sezioni 9, 11 e 12) compaiono
arenarie torbiditiche grigio-chiare (litofacies F e G) che costituiscono un
orizzonte guida (fig. 2).
Le peliti della parte sommi tale dell'intervallo nella sez. 6 sono
interessate da abbondanti microfaglie sinsedimentarie (fig. 2).
Lo spessore dell'intervallo è estremamente variabile (da 3,5 m circa
nella sez. 6 ad oltre 42 m nella sez. Il), a causa probabilmente di
movimenti tettonici messiniani (v. punto 5 a pago 17).
5. È presente parzialmente nelle sezioni 5, 9, 12 e 13, per intero
nella sez 6 (tav. I): rappresenta la base della formazione a colombacci,
che prosegue a tutto l'intervallo lO. Prevalgono le litofacies N, F, G e
O. L'intervallo comprende anche ilIo e il 2° colombaccio (rispettivamen­
te litofacies P e H) e).
Lo spessore di questo intervallo è molto variabile: da 7 m nella
sez. 6 ad oltre 62 m nella sez. 13; la correlazione del 2° colombaccio fra
le sezioni 6 e 13 presenta comunque un certo margine di incertezza.
6. È presente in modo completo solo nelle sezioni 6 e 13, in parte
nelle sezioni 3, 4, 8 e lO. Vi sono rappresentati quasi tutti i litotipi che
occupato da alcuni cicli arenaceo-pelitici ciascuno a tendenza positiva; la
(I) Il l° colombaccio è COStitUito da alternanze millimetriche e centimetriche di
calcari marnosi e marne grigi ed ha una tessitura diversa da quella dei colombacci
sovrastanti; l'analisi difrattometrica ha però rivelato che la composizione è analoga (R.
SARTORI in COLALONGO et al. in corso di stampa). Orizzonti simili non erano mai stati
s~gnalati in Romagna e nelle Marche; forse caratteristiche analoghe presenta un
orizzonte osservato da E. FARABEGOLI circa 60 m sopra la Formazione gessoso-sollilera
presso M. Aiate (PS). Analogie tessiturali e petrografiche sono state riscontrate dagli
scriventi e da R. SARTORI anche con alcuni strati carbonatici fittamente lami,nati pre­
senti nella sezione Eraclea Minoa (Sicilia) alla base del più alto banco dei gessi
superiori.
71
LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
5
6
12
Fig. 2 - Sezioni di dettaglio comprendenti la base della formaZIone a
colombacci; per la spiegazione dei simboli si veda la legenda della tav. 1.
caratterizzano la formazione a- colombacci.
Lo spessore massimo di oltre 121 m Sl raggiunge nella sez. 6, .
mentre nella sez. 13 è di circa 52 m.
Nella sezione 13 la parte inferiore dell'intervallo è troncata da
una superficie erosiva a grande scala (circa 1 km), cui si associano
fenomeni di «slump» che hanno coinvolto il 2° colombaccio; ad essa
seguono conglomerati ed arenarie di deposito fluviale che costituiscono
una sequenza a tendenza positiva. Nella sez. 6 lo stesso intervallo è
correlazione proposta nella tav. I presenta comunque un certo margine
di incertezza (1 ).
(1) Questi depositi arenacei sono correlabili direttamente con il corpo arenaceo-con­
glomeratico che costituisce la parte più bassa dell'apparato di conoide deltizia descritto
da RABBI & RICCI LuccHI 1968 per l'area di Cusercoli (cfr. unità 6 e 7, tav. LIII,
Op. cit.).
72
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
I conglomerati sono composti da ciottoli provenienti dalle unità
autoctone ed alloctone che affiorano attualmente s~l margine interno
dell'Appennino romagnolo (RABBI & RICCI LUCCHI 1968). La loro com­
posizione è quindi simile a quella dei conglomerati di Pietrarubbia (PS),
quale descritta da PRINCIPI 1925, RUGGIERI 1958 e da FARA BEGOLI &
RICCI LUCCHI 1973 .
Nella parte alta dell'intervallo si intercala il 1° orizzonte di marne
nere macrofossilifere (B). Il tetto dell'intervallo coincide con il 3° colom­
baccio che ha la particolarità di essere fittamente laminato (3-5 mm);
esso è preceduto in genere dalla litofacies L con ampio sviluppo ver­
ticale.
7. È presente in modo completo nella sez. 13 , parzialmente nelle
sezioni 3, 4, 6, 8 e 10 (tav . I). È costituito per lo più da litofacies
pelitiche (C, D, E, I, L, M) ; anche qui è presente un orizzonte di
~arne nere macrofossilifere (B). L'intervallo termina con il 4° colombac­
cio. Il suo spessore tende ad aumentare dalla sez. 13 (6m) alla sez. 3
(31 m), cioè da ESE verso WNW.
8. È rappresentato nelle sezioni 6 e 13 e molto limitatamente nelle
sezioni 2, 3, 7 e 8 (tav. I). Anche qui le litofacies sono per lo più
pelitiche (C, D, E, I, L, M); nella sez. 13 è presente un livello di
marne nere .(B) che giace a diretto contatto sul 4° colombaccio . Il tetto
dell'intervallo è rappresentato dal Y colombaccio attorno al quale giaccio­
no strati arenacei torbiditici (F e G). A causa degli affioramenti limitati
non è stato possibile seguire il Y colombaccio direttamente sul terreno
e pertanto la correlazione presenta un certo margine di incertezza. Lo
spessore si mantiene costante (circa 25 m) fra le sezioni 6 e 13;
aumenta notevolmente (fino a circa 100 m) nell'area circa circostante la
sez. 2, ove sono presenti alcuni corpi arenacei e/o conglomeratici che
corrispondono alla parte più alta dell'apparato di conoide deltizia descrit­
to da RABBI & RICCI LUCCHI 1968 e alle arenarie messiniane più alte
raffigurate da CASATI et al. 1976 e).
(1) Entrambi questi lavori segnalano in quest'area la presenza di due orizzonti a
colombacci; in realtà ne affiorano quattro, corrispondenti al 30, 40, 5° e 6°. Non sono
segnalati inoltre i due orizzonti di marne nere qui riconosciuti all'interno degli
intervalli 7 e 9.
73
LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
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Fig. 3 - Sezioni di dettaglio comprendenti il tetto della formazione a
colombacci e la base dei terreni pliocenici. Per la spiegazione dei simboli si
veda la legenda della tav. I.
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73
LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
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Fig. 3 - Sezioni di dettaglio comprendenti il tetto della formazione a
colombacci e la base dei terreni pliocenici . Per la spiegazione dei simboli si
veda la legenda della tav. I.
74 GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
9. Compare nelle sezioni 2 e 13 in maniera completa, parzialmente
nelle sezioni 1, 6, 7 e 8 (tav. I). Le litofacies sono essenzialmente
pelitiche nella sez. 2 (C, D, E) e nella parte basale della sez. 13 (L, M),
mentre diventano via via più arenacee e grossolane verso l'alto di que­
st'ultima sezione (N, F, G). È senz'altro l'intervallo della formazione a
colombacci a spessore più variabile: da 11 m nella sez . 2, a 110 m
nella sez. 13; ciò è dovuto alla presenza di una sequenza arenacea a
tendenza negativa in cui sono riconoscibili dal basso facies deltizie, di
spiaggia e fluviali (COLALONGO et al. 1976). Verso il tetto dell'intervallo
compare un livello di marne nere macrofossilifere (B), forse correlabile
su tutta l'area. L'intervallo si chiude con il 6° colombaccio.
lO . È presente in modo completo nelle sezioni 1 e 13 e), in patte
nella sez. 2 (tav. I e fig. 3); ha spessori limitatissimi (0,5-6 m circa).
Nella sez. 1 è rappresentato per lo più da peliti (C, D, E) e subordinata­
. mente da marne nere macrofossilifere (B); queste ultime costituiscono
l'intero intervallo nella sez. 13. L'intervallo rappresenta il tetto della
formazione a colombacci e si chiude alla base delle argille plioceniche.
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Il. Corrisponde alle argille e argille marnose grigio-azzurre del
Pliocene inf. (sub zona a Sphaeroidinellopsis). È presente nelle sezioni 1,
2, 6 e 13 (tav. I e fig. 3). Nella sez. 13 la base dell'intervallo è
costituita da 20 cm di argille siltose a stratificazione ondulata disconti­
nua per la presenza di ripples da corrente e leggermente bio turbate, rife­
ribili anch'esse al Pliocene (COLALONGO et al. 1976).
CONCLUSIONI
il
1 - Per le unità sottostanti alla formazione a colombacci m Roma­
gna 'si può ricostruire la seguente successione paleoambientale (per mag­
giori informazioni si veda anche COLALONGO et al. in corso di stampa).
a) Formazione marnoso-arenacea e formazione di letto: secondo RIC­
CI LuccHI 1975 si passa da una sedimentazione torbiditica di conoide
intermedia e superiore ad una sedimentazione di scarpata. La presenza
di Foraminiferi distrofici nella formazione di letto in tutta la Romagna
(2) La sez. 1 (podere Buttafuoco) ci è stata segnalata dal prof. G.
stata studiata in dettaglio da RUGGIERI & SPROVIERI 1976.
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LITOSTRATIGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
75
indica l'inizio della crisi di salinità che caratterizza tutto ' il Messiniano.
b) Tripoli e marne tfipolacee: non sono stati studiati in dettaglio e
pertanto le notizie sono state ricavate dalla bibliografia. Per analogia
con i vicini tripoli della Romagna e delle Marche (studiati da SCARABEL­
LI 1880; CECCONI 1892; BONOMI 1896; D'ERASMO 1929; ecc.), con i
coevi Tripoli della Sicilia (DE STEFANO 1918; ARAMBOURG 1925; DI
NAPOLI ALLIATA 1951; OGNIBEN 1957), e con le argille siltose laminate
che costituiscono il corrispondente stratigrafico in Piemonte (STURANI
1973), potrebbero corrispondere ad una sedimentazione marina meso- o
batipelagica caratterizzata da condizioni eusiniche intermittenti e da un
alto contenuto in Si0 2 •
c) Formazione gessoso-solfifera: si manifesta rapidamente con un
ambiente di piana di marea carbonatica in cui si riconoscono depositi
infra-, inter- e supratidalici e localmente depositi di barra oolitica (calca­
re di base). Si modifica successivamente in una ambiente laguna re in­
terno, spesso in condizioni evaporitiche (gesso « baIa tino »). Al tetto
della Formazione si osservano strati carbonatici contenenti noduli di cele­
stina, depositati in condizioni evaporitiche, forse intertidaliche.
d) Formazione di tetto: seguono depositi pelitici lagunari, forse a
volte in condizioni intertidaliche; verso l'alto si instaurano già' condizio­
ni sottosalate. L'orizzonte cineritico può essere correlato con il principa­
le episodio vulcanico a carattere acido segnalato da tempo per le Marche
(v. pago 11). Le variazioni di spessore di questa unità sono attribuite ad
una fase tettonica messiniana (cfr. punto 5 a pago 17).
2 - Il limite inferiore della formazione a colombacci viene pOsto
in corrispondenza della comparsa della litofacies P (10 colombaccio),
anche se lamine e straterelli calcitici compaiono nei sedimenti sottostan­
ti. Il limite superiore della formazione a colombacci è dato dalla compar­
sa improvvisa delle marne argillose plioceniche ricchissime in Foraminife­
ri ben sviluppati. Al tetto della formazione è sempre presente un orizzon­
te di marne nere fortemente bioturbate contenenti abbondanti gusci di
molluschi (litofacies B).
3 - Nel suo insieme la formazione a colombacci è composta dall'al­
ternanza, a volte ciclica, delle 12 litofacies B-P. Entro sedimenti prevalen­
temente pelitici (C, D, E) si interc-alano frequenti corpi arenacei (F, G),
più raramente conglomeratici (O), di deposito fluviale, deltizio o di
spiaggia, e 6 orizzonti carbonatici (colombacci: P e H) a volte preceduti
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76
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARABEGOLI
e seguiti da peliti alternate a fitte lamine e straterelli carbonatici (L, I,
M). Caratteristica è inoltre la presenza di 5 orizzonti di marne nere
macrofossilifere (B), il più alto dei quali è posto in corrispondenza del
tetto della formazione. Ciascun orizzonte a colombacci e a marne nere
mostra variazioni anche cospicue sia di spessore che litostratigrafiche
interne; è stato comunque possibile effettuare correlazioni sicure sia se­
guendo gli orizzonti direttamente sul terreno, sia confrontando sezioni
anche lontane fra di loro in base' agli ordini dei cicli delle varie litofacies.
Per alcuni orizzonti non sempre la correlazione è sicura.
4 - Lo spessore della formazione a colombc;cci in Romagna, ottenuto
sommando le varie successioni misurate in tutta l'area, è di circa .320 m.
Lo spessore dei singoli intervalli stratigrafici compresi fra due colombac­
ci successivi varia anche notevolmente da una sezione all'altra. Gli aumen­
ti di spessore coincidono con l'intercalarsi di corpi arenacei e/o conglome­
ratici. Le riduzioni sono talora legate alla presenza di superfici chiaramen­
te erosive interpretate come subaeree: per esempio nella sez. 13, malgra­
do la presenza di potenti corpi arenaceo-conglomeratici, lo spessore del­
l'intervallo compreso fra il 2° e il .30 colombaccio è molto. minore che
nella sez. 6 ove non si sono individuate queste discontinuità.
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5 - L'ambiente complessivo di sedimentazione della forma zione a
colombacci in Romagna è riferibile a prevalenti lagùne alcaline e a su­
bordinati ambienti fluviali. Si sono individuati alcuni cicli deposiziona­
li, già descritti in dettaglio da COLALONGO et al. 1976; ciascun ciclo può
essere così schematizzato:
a) Si individua una laguna ad acque alcaline sottosalate (meso-oligoali­
ne), con aperture intermittenti verso «mare ».
b) In seguito probabilmente ad una chiusura delle comunicazioni
verso « mare », si possono avere frequenti e rapide variazioni della salini­
tà e del pH (ambiente schizoalino), fino _a determinare le condizioni
favorevoli alla precipitazione della calCite che costituirà il colombaccio
(P e H).
c) La laguna diviene più isolata, perde il carattere di alcalinità, e
in acque essenzialmente oligoaline si depositano le marne nere (B).
Gli episodi fluviali, di delta e di spiaggia si inseriscono in modo
graduale o improvviso in questo schema e lo modificano variamente nei
dettagli.
LITOSTRATlGRAFIA DELLA FORMAZIONE A COLOMBACCI IN ROMAGNA
77
6 - Si ritiene opportuno segnalare infine la presenza di . indizi
attestanti movimenti tettonici, con evidenti forti componenti verticali di
moto, sviluppatisi grosso modo al termine della sedimentazione della
Formazione gessoso-solfifera (I); essi sono dati:
a) dagli estesi franamenti a blocchi che hanno . coinvolto l'intera
Formazione gessoso-sollilera sia lungo il margine appenninico interno (a
Predappio: RABBI & RICCI LUCCHT 1968; a Pieve di Rivoschio: FAB­
BRI 1970; nella sezione Sapigno in BORSETTI et al. 1971 e 1975), sia
più esternamente (presso Pian di Spino: FABBRI 1970; a Monte dell'Er­
ta, a Est di Borello: osservazioni degli scriventi); altri ancora ne com­
paiono al di fuori dell'area esaminata (zona di Peglio, nelle Marche:
SELLI 1967; presso Acqui Terme, in Piemonte: osservazioni degli scri­
venti).
b) dalla presenza di depositi fluviali fortemente incisi entro sedi­
menti di una certa profondità (COLALONGO et al. 1976); da ciò si
deduce che non sempre si trattava di oscillazioni di natura au tociclica
(controllate solo dal rapporto tra velocità di sedimentazione e velocità
di subsidenza), ma a volte di cicli regolati da attività tettonica.
c) dalla mancanza nella sez. 6 di almeno 4.3 m della successione
rispetto alla sezione 11. Non avendo riscontrato sul terreno la presenza
di una faglia cui imputare tale lacuna, si può ipotizzare che l'area corri­
spondente alle sezioni 5 e 6 si sia comportata da alto strutturale nel
periodo compreso fra la deposizione delle ultime facies della Formazione
gessoso-sallilera e il lO colombaccio; si possono cosi spiegare sia la
mancanza dell'orizzonte di torbiditi che caratterizza le sezioni 9, lO e
12, sia la presenza di depositi in parte intertidalici (mud cracks e
microfaglie). Non si può escludere inoltre che tale struttura si sia realizza­
ta mediante paleofaglie ad andamento appenninico, eventualmente interes­
sate sui loro lembi rialzati da nicchie di distacco o erosioni subaeree:
per provare questa seconda ipotesi bisognerebbe però individuare le aree
di accumulo gravitativo.
7 - Il passaggio dai terreni messiniani alle argille pliocenich~ avvie­
ne bruscamente: circa 20 cm di marne arenacee simili a quelle della
litofacies D messiniana, ma contenenti una microfauna già pliocenica
(1) Questa fase potrebbe essere sincrona . con quella riscontrata in Sicilia da
DECIMA & WEZEL
1971.
78
(COLALONGO
GIORGIO CREMONINI - ENZO FARA BEGOLI
et al. 1976), testimoniano la prima fase di approfondimento
delle acque.
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Per la spiegazione dei simboli: ved i testo,