Dicembre 2014

Dicembre 2014 anno 5 - n°37 5 €
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.37 anno 2014
politica
Il rebus delle primarie
a pag. 15
transport
La Liguria con le ali
a pag. 26
sport
RIVISTA DI ECONOMIA, politica E CULTURA IN LIGURIA
La pallanuoto d'oro
a pag. 34
Riccardo Casale
Una carriera tra manager e scienziato
37
In copertina Riccardo
Casale ritratto
da Marcello Scavo
editoriale – La rotta tormentata di Matteo Renzi di Paolo Lingua 04| bébert- I nostalgici della bandiera
rossa 05 | l’economista - Liguria sempre in ritardo dal territorio agli istituti bancari di Mario Margiocco
06 | la finestra sul mondo – La vittoria dei repubblicani facilita il rilancio di Hillary? di Luciano
Clerico 08 | ritratto – RICCARDO CASALE di Paolo Lingua 10 | politica – Verrà dal fango la resurrezione
della sinistra? di Caffaro di Rustico 15 | genova – Minuto per minuto la cronaca di un disastro di Michela
Serra 18 | economia - Il braccio generoso della Cassa savonese di Paolo Lingua 24 | transport - Piaggio:
un punto d'arrivo e uno di partenza di Matteo Cantile 26 | genova - Dai rifiuti alle storie, il riciclo si
fa letteratura 28 | economia - Pronti a superare tutti i danni 31 | salute - Reumatologia: eccellenze
al San Paolo di Matteo Cantile 32 | sport - Pro Recco il sole non tramonta mai di Maurizio Michieli 34 |
sport - Quando il tennis diventa spettacolo di Carlo Brozzo 36 | collezioni - Il fascino infinito dell’arte
contemporanea di Bettina Bush 38 | lettere – Il dizionario alimentare di Stefano Tettamanti 42 | danza
- La carriera irripetibile di Loredana Furno di Monica Corbellini 44 | arte – Frida Kahlo e Diego Rivera:
amore e arte di Linda Kaiser 46 | cultura – Cardini: la storia alle prese con la tavola di Paolo Lingua
48 | arte – Tre outsider genovesi a Pavia di Linda Kaiser 49 | appuntamenti - Natale country, noir a
Courmayeur di Jessica Nicolini 50 | laurea in scienze del mare – Alberto II di Monaco dottore honoris
causa di Paolo Lingua 52 | bitgeneration – Una maschera da sci per scoprire nuovi mondi di Fabrizio
Cerignale 54 | golf – Quando il golf aiuta se stesso di Isabella Calogero 56 | agenda di Jessica Nicolini 58 |
Direttore
responsabile
Paolo Lingua
Redazione
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editoriale
bébert
La rotta tormentata
di Matteo Renzi
PAOLO LINGUA
L’
Italia, in questi ultimi mesi, ha
assunto, soprattutto dal punto
di vista politico, una sorta di
andamento schizofrenico. Matteo Renzi
per certi aspetti si muove ed è rappresentato, sia pure senza autoritarismo
militaresco o poliziesco, come una sorta
di “leader maximo” impegnato in una
maratona che è al tempo stesso operativa
e mediatica. Chi è critico nei suoi confronti nota che ci troviamo in un contesto
che potrebbe essere definito come “più
parole che fatti”. È una critica magari
superficiale, ma non priva di qualche
fondamento. È però altrettanto vero che
la linea politica di Renzi è decisamente
moderna e che è l’unica strada possibile
per ammodernare il Paese e per superare
tutte le incrostazioni residuali di una sinistra “di governo e di piazza” (soprattutto
quella di discendenza del Pci e del massimalismo cattolico integralista) che, a
rileggere con onestà la storia dell’ultimo
mezzo secolo, ha sbagliato quasi tutto. Il
Pci, anche come modello culturale, e certo radicalismo cattolico non hanno certo brillato per lungimiranza politica ed
economica, anche negli anni Cinquanta
e Sessanta, e decisamente sono stati sovente sopravvalutati. Anticapitalismo e
antioccidentalismo, assoluta mancanza
di aggiornamenti che venivano dalla cultura e dalla società anglosassoni, hanno
accentuato una certa arretratezza nelle
scelte strategiche italiane, soprattutto
ogniqualvolta si è trattato di disegnare
il nuovo assetto della società italiana
nel contesto dell’economia mondiale.
I fautori del cosiddetto “compromesso
storico” hanno creduto di poter ignorare
il senso epocale della caduta del muro di
Berlino e di cavalcare, come se fosse una
banale campagna elettorale, il fenomeno detto comunemente “mani pulite”. Il
tutto all’insegna del trasformismo, male
atavico, contrabbandato per astuzia so-
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La lunga strada
del leader per
ammodernare il
paese è al tempo
stesso operativa
e mediatica
praffina, dell’Italia sin dal tempo dell’unità di impronta sabauda.
Il problema reale di Matteo Renzi è di
non disporre, nel suo stesso partito ma
soprattutto in Parlamento di forze sufficienti, in particolare sul volgare piano
numerico, di far passare a testa bassa
le riforme di cui abbiamo urgenza. Le
conosciamo da tempo infinito: nuova
legge elettorale, abolizione (o ridimensionamento radicale) del Senato, riforma
dell’articolo V della Costituzione. In questo quadro va certamente inserita una riforma strutturale – da realizzare con leggi
ordinarie – della pubblica amministrazione, con una organizzazione diversa delle
competenze e dei ruoli degli enti locali in
rapporto allo Stato. Matteo Renzi cerca
di evitare le infinite trattative notturne e le
infinite “camillucce” tanto in voga nella
cosiddetta “prima repubblica”. Sa infatti
che il gioco infinito delle correnti interne
e degli alleati esterni dagli umori variabili e dagli interessi corporativi può essere
mortale. È un sistema (ma che poi sfocia
in una forma tutta speciale di mentalità
e di modus operandi) che è stato fatale
a un leader tutt’altro che mediocre come
Enrico Letta. Renzi, che pure ha silurato
senza esitazione Letta, lo sa benissimo.
Ha azzeccato il clamoroso successo alle
elezioni europee, dopo aver vinto le pri-
marie per segretario del partito, essendo
riuscito a conquistare quel 10% del cosiddetto “voto di centro”. Quel pacchetto
di voti gli ha permesso di relegare fuori
dal momento decisionale l’estrema sinistra, interna al Pd ed esterna. Gli ha permesso di tenere a bada e anche di fare a
meno dell’appoggio della Cgil incartata
nella difesa d’un ruolo ormai superato
dalla storia. Per molti aspetti, nonostante
sia lontano dalle loro realtà e anche fuori
del periodo storico che li ha caratterizzati, Matteo Renzi rappresenta istanze
politiche che furono anche di Tony Blair
in Gran Bretagna e dello stesso Bettino
Craxi in Italia. Renzi è lontanissimo, pur
essendo un cattolico, dal “compromesso
storico” (e quindi da Moro e da Berlinguer), ma punta però a plasmare in maniera adeguata alla modernità la nuova
middle class ridimensionata dalla crisi e
anelante a un nuovo accettabile benessere. E qui forse c’è il maggior rischio nella marcia di Matteo Renzi, ancora netto
vincitore alle elezioni regionali parziali,
sia pure nel forte calo dei votanti: le riforme e il ridimensionamento della pubblica amministrazione gli porteranno consenso, ma dovrà passare il vero esame
della sua carriera politica solo se potrà
dimostrare d’essere il deus ex machina
della riprese economica. Non è solo un
problema di momento critico mondiale è
anche una questione nazionale, soprattutto d’un Paese come l’Italia che da tempo
gli investitori hanno abbandonato soprattutto per la pressione fiscale, la lentezza
burocratica delle decisioni e della ostilità
sospettosa e ossessiva e talvolta vessatore della pubblica amministrazione nei
confronti di chi investe e fa impresa. Sarà
su questa grande prova che Matteo Renzi
darà “di sua virtù gran paragone” dimostrerà che l’aver spostato la barra del timone verso il centro è la mossa strategica
vincente.
I nostalgici della
bandiera rossa
Affari d’oro a Sottoripa, s’impennano le
vendite di tute blu per borghesi aspiranti
metalmeccanici
L’
avvocato Giorgio Guerello,
tutto soddisfatto e sorridente nell’atmosfera natalizia,
si infilò sotto i portici di Sottoripa ed
entrò con passo disinvolto in un antico
negozio famoso per fornire di tute e
di abiti da lavoro portuali, metalmeccanici, stradini e di ogni categoria di
operatori di lavori pesanti. “Vorrei una
tuta blu ben modellata” annunciò al
commesso. Ne provò diverse e ne scelse
una un po’ attillata ma che ricordava
vagamente lo stile Armani. La porta del
negozio si aprì all’improvviso e irruppe
Giovanni Lunardon con una sacco di
carta da dove estrasse una tuta blu “È
troppo larga e lunga di maniche” mugugnò. Fuori s’era formata una piccola
coda. C’era Mario Tullo corrucciato:
“Non me ne va una bene per via delle
spalle”. Un biondone traccagno e sovrappeso sospirava: “Me ne daranno
una con la pettorina e le bretelle perché
non ce n’è della mia stazza”. Un
anziano piccoletto che si presentò come
Stefano Zara disse “Ne voglio una
da pensionato della Confindustria”.
Dopo due ore il commesso chiuse e
andò a rinfrancarsi con un caffè nel
bar di fronte. Al ritorno davanti alla
bottega chiusa s’era formata un’altra
piccola schiera di clienti. Il primo con
la barbetta bianca gridò “Sono Carlo
Repetti, voglio una tuta con la Legion
d’Onore ricamata”. “E io ne voglio
una di cotone slavo, un po’ sbiadita”
era Silvio Ferrari. Il commesso era
frastornato: ma dove andavano quei
tipi strani che tutto sembravano meno
che rudi lavoratori?
Lo si seppe solo il giorno dopo, in una
grande sala affittata apposta per l’assemblea. Appena la musica cessò e il
moderatore annunciò Sergio Cofferati,
una piccola folla di tute blu si levò
in piedi inneggiando, agitando falci,
martelli e chiavi inglesi. Cantavano
“Bella ciao” e “Bandiera rossa”.
Quello grasso e biondo con le bretelle
e la pettorina faceva più chiasso di
tutti. Cofferati in un pettinato grigio,
camicia e cravatta abbinate, era imbarazzato e ancor più di lui il povero
avvocato Alessandro Terrile, anche lui
vestito all’inglese perché tornava da
un processo. Chi si era fatto cucire da
un sarto di Milano, conosciuto ai tempi della Bocconi, una tuta su misura
con i revers appena accennati era il
sindaco di Savona Federico Berruti.
La sua foto in tuta furoreggiava su
tutti i network. “Siamo metalmeccanici” ululava Guerello. “Siamo antichi
scavatori” faceva eco Lunardon.
Zara spiccava balzi e agitava il
pugno sinistro chiuso. “La cultura fa
paura” verseggiava Repetti. Tra tanto
blu spiccava Claudio Montaldo che
aveva preferito il bianco del camice
da infermiere con la croce rossa sul
petto. Cofferati in tutto quel baccano
si rivolse al suo segretario. Il suo volto
orientale era impassibile. Bisbigliò:
“Ma non ti sembra che esagerino
un po’? Non è che tanto baccano
potrebbe risultare controproducente?”
Il segretario non rispose. Conosceva fin troppo bene quella tempra di
rivoluzionari nostalgici, tutti ribelli
da caffè o da ristorante con la vetrina
sul passeggio. Non disse nulla per non
sembrare un uccello del malaugurio.
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opinioni
l’economista
Liguria sempre in
ritardo dal territorio
agli istituti bancari
MARIO MARGIOCCO
L
a regola d’oro della democrazia
è quella del cambiamento, ogni
tanto, della classe dirigente. Questo è l’obiettivo principale delle elezioni,
prefissate con scadenze massime in genere di 4 o 5 anni in tutti i Paesi democratici.
Tre mandati consecutivi sono per una forza politica proprio il massimo, in genere,
prima che il sistema degeneri. Chi governa, questo il primo problema, in genere ci
prende gusto e vorrebbe governare il più
a lungo possibile. Il secondo problema è
che non sempre si ha a disposizione una
seconda squadra credibilmente candidata
a rilevare il testimone. Ogni riferimento
alla Liguria, al Comune di Genova e alla
prossima competizione per il voto regionale di primavera è puramente casuale.
Cosa ci vuole di più, oltre a un dissesto
idrogeologico evidente e a un gravissimo
dissesto bancario, di una banca come Carige retta alla fine dalle istituzioni e quindi dalla politica del capoluogo regionale
e di altre province, per indicare la necessità di un netto cambiamento? Il dissesto
idrogeologico è a Genova e Chiavari e
altrove sotto gli occhi di tutti. E poiché
tutti sanno che la diagnosi è chiara da decenni, e che in questi decenni invece si
è continuato a restringere l’alveo dei più
pericolosi torrenti, non è stata fatta manutenzione, non è stato affrontato il nodo
più grave che è a Genova quello della
sbagliata copertura del Bisagno fatta negli anni 30, l’attuale maggioranza comunale genovese dovrebbe in teoria temere
per il proprio futuro quando, nel 2017, si
voterà nuovamente. Tre anni comunque
sono molti per la memoria dell’elettore
medio, anche se questa volta il ricordo di
due drammi ravvicinati dell’acqua esondata, nel 2011 e nel 2014, sarà più tena-
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Mario Margiocco,
genovese,
giornalista esperto
di economia
internazionale.
ce. Nessuno ha fatto rimproveri particolarmente duri al sindaco Marco Doria,
in carica da due anni e mezzo. Poteva e
doveva denunciare con forza il pericolo.
Ma i guasti sono ben precedenti. La maggioranza che lo sostiene, essendo di fatto
la stessa che governa la città da quattro
decenni, assolutamente troppi, invece
qualche problema lo avrà. Se ci sarà davvero una sfida.
Anche la Regione la cui scadenza elettorale è imminente è toccata, eccome dato
le sue competenze, dal dissesto idrogeologico. Ma sul piano regionale, per le
conseguenze che ha e soprattutto avrà nei
prossimi anni, è la Cassa di Risparmio
alias Banca Carige il dissesto maggiore.
Le notizie hanno riguardato molto di più
le malefatte, secondo l’accusa e secondo
anche convincenti intercettazioni telefoniche, del presidente Giovanni Berneschi,
da 30 anni di fatto padrone della Carige,
che non lo stato effettivo dei conti della
Banca e quanto dei finanziamenti concessi è da considerare recuperabile come
previsto, quanto a forte rischio e quanto
perduto. Di sicuro la Carige è l’ombra
di quello che era, o si pensava fosse. Un
anno fa il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco, aveva chiesto alla
Banca Carige di fare sangue nuovo, sce-
gliendo persone il più possibile estranee
“al contesto socio-politico di riferimento”. Non certo un complimento per la Liguria. E non è stato fatto. La Fondazione
non è nemmeno l’ombra di quello che
era. Se ne stanno accorgendo parroci, volontariato, associazioni varie, bocciofile
e pubbliche assistenze, in passato terreno
d’elezione dei contributi della Fondazione. Di Berneschi si può ricordare quello
che, a metà degli anni 80, diceva di lui
in genovese Federico Mario Boero, buon
conoscitore di personaggi ed economia
cittadina: “ A Cascia? Trei che dorman
e un fin troppu aspertu”. Sulla Banca,
che dire, si è rivelata per quello che era
da tempo, il crocevia di tutti i possibili
inciuci regionali, una storia umiliante
quanto e più del fango delle alluvioni per
una regione un tempo orgogliosa. Come
in tutti gli inciuci la lista sarebbe lunga.
Ma qualcuno certamente non passava da
quelle parti per caso. Prendendo la parola
in un convegno di imprenditori a luglio
a Palazzo Ducale, il dissesto della Cassa era l’argomento centrale, il Presidente
della Giunta Regionale, Claudio Burlando, rispondeva alle critiche chiedendo:
e voi dove eravate quando nel 2006 il
“Corriere della Sera” citava con precisione una serie di operazioni sospette?
E già, gli veniva risposto, e dove eri tu?
In primavera si vota per la Regione. La
maggioranza che regge l’attuale Giunta
è in subbuglio e ci sono sfide interne al
passaggio di testimone fra Burlando, ormai a fine del secondo mandato, e la sua
erede designata Raffaella Paita. Ma dove
è il sangue nuovo, dove sono i volti nuovi
che una città da 600 mila abitanti e una
Regione da oltre 1,5 milioni dovrebbero
pur avere?
opinioni
la finestra sul mondo
La vittoria dei
repubblicani facilita il
rilancio di Hillary?
Luciano Clerico
S
tiamo attenti a dire che il prossimo presidente degli Stati Uniti
sarà un repubblicano. Per quanto
possa sembrare paradossale, la sconfitta
di Obama alle elezioni di midterm può
favorire Hillary Clinton. L’America
delle presidenziali 2016 ci può mettere
meno di un attimo per passare dallo Yes
We Can allo Yes I Can, I Am A Woman.
Dal punto di vista della campagna elettorale, è questo lo scenario che hanno
prodotto le elezioni di midterm. Il tracollo di Obama non ha rafforzato i repubblicani (continuano a non avere un
vero candidato), mentre ha semplificato la vita a lei, l’ex first lady più conosciuta al mondo.
È un paradosso, uno dei tanti della politica americana. Ma, per l’assurdo gioco
della comunicazione politica (che poco
ha a che vedere con la politica vera e
propria), le cose stanno così: ora Hillary è più forte.
Per due motivi. In primo luogo, grazie
a quel voto l’ex first lady sarà libera
di impostare una campagna elettorale
svincolandosi dalla figura dell’attuale
presidente. A due anni dalla sua scadenza naturale, Obama per effetto
di quel voto è diventato dal punto di
vista dell’immagine “l’uomo che prometteva troppo”, e dal punto di vista
politico una lame duck (letteralmente “un’anatra zoppa”). Nel frasario
politico americano significa essere
un “presidente dimezzato”. In questi
termini: alla Casa Bianca hai il potere di prendere le decisioni che ritieni
più opportune, ma al Congresso, dove
l’opposizione è diventata maggioranza sia alla Camera che al Senato, non
ne passa una che sia una.
8
Luciano Clerico,
caposervizio ANSA
è stato a lungo
corrispondente
dagli Stati Uniti.
Voto Usa: perde
Obama ma
non vincono
i repubblicani,
vince Hillary
In secondo luogo, in un’America dove,
soprattutto tra la classe media, regna un
malcontento strisciante, questo Obama
“azzoppato” può tradursi in un vantaggio per Hillary Clinton anche per
un altro motivo: lei ora potrà fare una
campagna “contro”. Il suo messaggio
elettorale nella corsa alla Casa Bianca
sarà questo: se oggi in America le cose
non vanno (e la pensano così gran parte degli elettori del ceto medio) la col-
pa – potrà dire Hillary – è della nuova
maggioranza repubblicana che al Congresso blocca ogni provvedimento della Casa Bianca (dalla riforma dell’immigrazione al rientro delle truppe in
Afghanistan).
Senza contare, poi, che un Obama dimezzato consentirà alla ex first lady di
avere mani libere sulla comunicazione democratica, e di imporre al partito
una linea del tipo “meno promesse,
più factuality”.
A questa dimensione più propriamente
politica si deve aggiungere un altro elemento, non secondario per una campagna elettorale come quella americana
tutta giocata sulla comunicazione-spettacolo: lei, Hillary, è molto più “personaggio” di qualsiasi altro candidato
possa concorrere alla Casa Bianca. È
stata la moglie fedele capace di stare
accanto al marito infedele nel momento per lui più difficile; è stata la first
lady-mamma che ora, anni dopo, si ripresenta al grande pubblico come nonna; è stata un ottimo Segretario di Stato
che ha fatto dimenticare agli americani
gli oggettivi limiti diplomatici mostrati al mondo da Condoleeza Rice. Agli
occhi degli americani, che possa essere
lei la prima donna-presidente rappresenta un elemento di appeal fortissimo
in termini di comunicazione elettorale.
Se a tutto ciò si aggiunge la smisurata
ambizione di Hillary, ecco che il cerchio si chiude: nel segnare la disfatta
del primo presidente nero, l’elezione
di midterm ha più che mai rilanciato le
speranze di colei che vuole diventare la
prima presidente donna. Non più Yes
We Can ma Yes I Can, I Am Woman, “a
true american woman”.
ritratto
Guidare una società come
la Sogin è certamente
una sfida con molti rischi.
Ma RICCARDO CASALE
che ha diviso la sua
carriera tra la ricerca
scientifica e il ruolo
di manager crede
fermamente allo sviluppo
sostenibile e al recupero
di rifiuti industriali
portatori di inquinamento
PAOLO LINGUA
R
iccardo Casale, che compirà 51 anni alla
vigilia di Natale, è un genovese – manager e scienziato – che è approdato un anno
fa a Roma come amministratore delegato della
Sogin che, come è stato scritto da molti media, è
una società pubblica che, dopo qualche problema di
passate gestioni, ha bisogno di “serietà e trasparenza”. Questa battuta Casale, temperamento operoso
e ottimista che non perde mai il sorriso, la fa propria. Un anno fa ha lasciato a Genova, forse con un
pizzico di rimpianto, la presidenza dell’Amiu dove
aveva lavorato con molta energia anche, ricostruendo l’immagine dell’azienda. Si parlava di lui per la
presidenza dell’Iren, ma si è capito subito che tra il
corrucciato sindaco Marco Doria e il solare Riccardo Casale non c’era “feeling”. Le cose poi non sono
andate benissimo (ma Doria non sembra baciato
dalla fortuna), tanto è vero che si sta parlando già
di sostituire i vertici dell’Iren appena nominati. “Lo
constato – dice Casale – ma non voglio affondare
la lama, perché sembrerebbe un fatto personale e io
continua a pag. 12
X
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ritratto
Tra l'università e l'Europa
Approdato alla
Commissione Europea
nel 1992, si è occupato
per 14 anni di problemi
ambientali ed energetici
ho imparato, nel mio girovagare in Europa e negli
Usa, a non personalizzare mai e a tirare diritto per la
mia strada”. Una maniera di comportarsi che deriva
da una legge fisica? Può darsi: Riccardo Casale si è
laureato all’Università di Genova in Scienza della
Terra. Ha accarezzato il progetto di perseguire due
strade: quella del management e quella della ricerca
scientifica. Ha avuto il sopravvento la prima delle
due carriere, ma per Casale la ricerca scientifica è
rimasta una sorta di “amante” da cui non riesce a
vivere separato: ha insegnato, come esperto e come
professore a contratto, a Genova, a Milano, a Torino
e a Miami, ancora fino all’anno scorso.
“Nel 1992 – racconta – sono approdato alla Commissione Europea dove sono rimasto 14 anni e
dove mi sono occupato soprattutto di problemi
ambientali ed energetici e, in particolare, di combattere i rischi ambientali collegati ai cambiamenti
climatici”. Erano gli anni della presidenza di Romano Prodi all’Ue. Gli anni della vera formazione. Il ritorno in Italia vede Casale all’ENEA e poi
all’Agenzia Nazionale per l’Innovazione, prima
del “ritorno in patria” a Genova dal 2008 al 2013
come presidente dell’Amiu e gran sostenitore della
raccolta differenziata.
Riccardo Casale, pesca tra i suoi ricordi: “Quando
lavoravo – racconta – alla Commissione europea,
avevo steso rapporti e ricerche sulla protezione civile. Molti sono stati pubblicati, in inglese, da editori internazionali e ce n’è ancora uno che dal 1995
è in vendita su Amazon (Natural Risck and Civil
Protection). Sono stati anni molto belli e fruttuosi
da tutti i punti di vista”.
Riccardo Casale, conversando, scherza sul proprio
carattere: “Sono cordiale e allegro – racconta – ma
solo con gli amici ei familiari. Per il resto della mia
vita sono per natura riservato. Mi sono abituato a
spostarmi per il mondo, mi sento cosmopolita, ma
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Decommissioning
e bonifica ambientale
La Sogin è la società di Stato responsabile della bonifica
ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti
radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali,
di ricerca e di medicina nucleare. È una società pubblica,
interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze, che opera in base agli indirizzi strategici del Governo
Italiano. La Sogin è operativa del 2001. Nel 2004 diventa
Gruppo con l’acquisizione della quota di maggioranza (60 %)
di Nucleo spa, operatore nazionale incaricato della raccolta,
del condizionamento e dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti
delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività di medicina
nucleare e di ricerca scientifica e tecnologica. Ha attualmente
1000 dipendenti. Attualmente Sogin gestisce le quattro
ex centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina e Garigliano;
l’impianto FN di Bosco Marengo e si occupa della bonifica degli
ex impianti Enea di Saluggia, Casaccia e Rotondella.
Riccardo Casale è nato a Genova il 20 dicembre
1963. È Amministratore Delegato di Sogin
Spa da settembre 2013. È stato presidente
operativo di Amiu Spa (2008-13) e di Amiu
Bonifiche Spa (2009-13). Dal 2011 è Presidente
di GE.AM. Spa, Società operativa in ambito
portuale nel settore rifiuti e ambiente. Tra
il 2011 e il 2013 è stato anche Presidente e
successivamente Amministratore di IREN
Energia, Società del Gruppo IREN operativa nella produzione
di energia e Presidente di Ecolegno SpA, Società operativa nel
settore del riciclo di materiali. È stato Presidente di IRIDE Energia
SpA, Amministratore di NUCLECO SpA, Società operativa nel
settore dei rifiuti radioattivi, Consigliere Energia e Ambiente
dell’Agenzia Nazionale per l’Innovazione, Amministratore di ENEA,
Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
economico sostenibile. Dal 1992 e fino al 2006, ha lavorato per
il Principal Scientific Officer presso la Direzione Generale della
Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico della Commissione Europea.
Laureato in Scienze della Terra all’Università di Genova (1988), ha
sempre mantenuto un’intensa attività accademica,
docente di Politica energetica presso il Corso di
Laurea in Energetica dell’Università di Genova
(2011-13), “Visiting Professor” incaricato del
corso: “European environmental policies”
presso la University of Miami (USA ,2006-07),
professore a contratto presso il Politecnico
di Milano del corso “Politiche ambientali
europee” (1996-97), docente al Master COREP
- EPEA, European Polytechnic Environmental
Association, Politecnico di Torino
(1995-98) Infine, è
stato editorialista
e collaboratore di
riviste e testate
giornalistiche su temi
legati all’ambiente,
all’energia. Per
alcuni anni
“scientific editor”
per SpringerVerlag. Autore/
editore di varie
pubblicazioni
sulle tematiche
energeticoambientali,
fra le quali:
Natural Risk and
Civil Protection
(1994); Natural
risks and sustainable
development, Springer
(2001); Risorgimento
Nucleare (2008).
Gran sostenitore
della raccolta
differenziata è stato
presidente dell’Amiu
dal 2008 al 2013
poi torno sempre a Genova dove ho amici, affetti
e famiglia”. Fa una sosta e poi prosegue: “Ma ci
sono altre calamite che mi attraggono alla mia città: la prima è il Genoa. È una passione senza limiti.
La seconda è una mia debolezza d’abbigliamento,
ovvero le cravatte di Finollo. A me, per un piccolo
privilegio, le confezionano su misura”.
Torniamo subito a parlare di lavoro. “A Roma,
dove mi trovo da un anno – racconta – alla Sogin
ho avuto subito un buon impatto, nonostante i mille
problemi. Il primo successo, che è stato riconosciuti
dai media, è stato il “rimpatrio” definitivo negli Stati Uniti di importanti quantitativi di uranio e plutonio nel quadro del trattato internazionale GTRI per
il miglioramento della sicurezza globale. In quella
occasione abbiamo effettuato un trasporto anche dal
porto della Spezia nello scorso mese di marzo. Ci fu
anche allarme sui media, ma poi tutto filò liscio, al
punto che la Sogin ebbe il plauso e il riconoscimento ufficiale dall’Ambasciata USA a Roma e anche
un ringraziamento sul sito della Casa Bianca”
Riccardo Casale è ora alle prese con un progetto
impegnativo. La Sogin deve localizzare in Italia un
sito dove creare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. “Stiamo mettendo a punto per i ministeri
competenti – spiega – una mappa delle potenziali
aree che presentano caratteristiche di idoneità. Non
nascondo le mie preoccupazioni. L’operazione è
necessaria e urgente, ma in Italia per molto meno
insorgono infiniti ‘comitati del no’. Dobbiamo comunque farcela”. La Sogin prosegue comunque
negli altri suoi delicati impegni: tra l’altro è in corso
il processo di decommissioning degli ex impianti
nucleari italiani, mentre l’azienda punta sempre di
più all’internazionalizzazione delle proprie attività.
A questo punto, per quadrare il cerchio, ci vorrebbe
solo il decimo scudetto per il Genoa.
13
Il gas di casa tua.
politica
Raffaella Paita candidata alle
primarie del centrosinistra e
Claudio Burlando agli ultimi mesi
della presidenza della Regione.
Verrà dal fango
la resurrezione
della sinistra?
Caffaro di rustico
Regionali, ad
un Pd confuso
e attraversato da
antiche rivalità
si contrappone
una destra divisa
e indebolita
Molti possono vendere gas ed elettricità. Solo
Iren Mercato ti è veramente vicino. Ti conosce da
sempre. Ha solide radici. Ha sportelli sul territorio
dove persone in carne ed ossa ti danno risposte.
Ha call center dedicati nella tua città. E, nello
stesso tempo, è oggi una società con dimensioni
e struttura tali da affrontare con serenità le sfide
del futuro. Se sei con Iren Mercato sei al sicuro.
E hai molto di più che solo gas ed elettricità.
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L’energia che muove le cose.
L’
“
alluvione ha sommerso il
pack dei mobili, / delle carte,
dei quadri che stipavano / un
sotterraneo chiuso a doppio lucchetto”.
Così Eugenio Montale, evocando l’alluvione di Firenze del 1966, descriveva la
confusa distruzione di suppellettili, scritti, pensieri e memorie. Anche l’alluvione
di poche settimane fa che, a più riprese,
ha colpito quasi tutta la regione sembra,
metaforicamente, aver confuso, cancellato e alterato l’identità del Pd ligure rendendo ancora più confusa la corsa tutta
“stop and go” verso le primarie fissate in
coda all’Epifania. Il Pd appare a tutt’oggi una sorta di “pollaio di Babele” dove
si confondono le correnti, i riferimenti
nazionali, le posizioni di tipo geograficolocalistico. Il Pd è attraversato da antiche
e stratificate rivalità, da rancori tenaci,
dalla rabbia soffocata di molti errori e di
scelte amministrative confuse e affastellate. Pure, come del resto è già successo
all’indomani delle primarie e del voto per
il Comune di Genova, questo cigolante
carrozzone ha una forza atavica, un DNA
tenace che gli consente, chiusa la partita
elettorale, di digerire qualsiasi sbandata,
di inghiottire qualsiasi amaro boccone,
tenendo botta come si dice nel linguaggio corrente. Tutti i dirigenti, militanti
e simpatizzanti sanno benissimo che la
forza del partito che controlla i tre quarti
delle amministrazioni civiche della Liguria è una sorta di patto non scritto con
la pur frammentaria e confusa oligarchia
del territorio: professionisti, imprese,
settori economici industriali o finanziari,
sindacati, gruppi di pressione. È una forza sempre presente e una debolezza strutturale. Perché il “patto” non scritto è retto
da troppi aspetti negativi: conservazione,
difesa dell’esistente, veti incrociati, “no”
secco a qualsiasi novità che alteri fragili
ma indistruttibili equilibri.
L’altra fortuna del Pd è la sostanziale
mancanza di avversari o rivali politici.
L’area che va dai cosiddetti moderati sino alla destra radicale è divisa da
individualità e rivalità – quasi sempre
di basso profilo – che non sono in grado, dopo risse e scontri, di ricucire lo
schieramento. In parole povere in Liguria si preferisce sempre di ricucire
l’unità, anche dopo una sequenza di
brutte figure o di errori politici grossolani, per vincere, costi quello che
costi. L’area opposta preferisce perdere, piuttosto che emerga una delle
tante “anime” dello schieramento. Qui
l’individualismo è cieco e preferisce il
“cupio dissolvi”. Questo spiega, come
illustriamo in altre pagine di questa
numero de “Il Potere” perché Matteo
Renzi è cresciuto saccheggiando un
dieci per cento di voti della ipotetica
“area di centro”. Una operazione più
difficile in Liguria perché i cosiddetti
“oligarchi economici”, scavalcando
problemi di carattere ideologico, preferiscono il “patto non scritto” con la
ammalata cronica ma immortale “sinistra debole”.
15
politica
PRIMARIE CENTROSINISTRA: i candidati
PRIMARIE CENTROSINISTRA: i candidati
Lella: la quarantenne
che incarna Renzi
La lunga storia
di Sergio Cofferati
Raffaella “Lella” Paita è nata alla Spezia il
23 novembre 1974. È sposata con il presidente
dell’Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo
(pure lui spezzino, pure lui Pd ma di formazione
post-democristiana, conosciuto in consiglio
comunale) e ha un figlio, Francesco. Lella Paita,
giovanissima, ha sempre svolto attività politica,
non ancora ventenne, ancora studentessa, ha
militato nel movimento giovanile del suo partito
ed è stata segretaria provinciale e poi regionale
del Pd. Eletta in Consiglio Comunale alla Spezia è
stata capogruppo dal 1997 al 2002. Dal 2002 al
2007 ha ricoperto l’incarico di capo di gabinetto
del sindaco della Spezia Giorgio Pagano. Chi la
conosce la definisce infaticabile, onnipresente
e sempre preparata su tutti gli argomenti
dell’amministrazione. Dal 2007 al 2010, sempre
nella gestione Pagano, è stata assessore con
molti incarichi: dalla pianificazione del territorio
al riordino delle società partecipate, dalla cultura
alla cooperazione dal presidente internazionale.
Nella primavera del 2010, con poco meno di
10 mila preferenze è stata eletta consigliere
regionale. Ha ricoperto subito l’incarico di
capogruppo, successivamente dal mese di
ottobre è stata indicata dal presidente della
Giunta Regionale Claudio Burlando come
assessore con la delega alle infrastrutture. Ha
avuto poi anche altri incarichi: riorganizzazione
degli enti locali, riordino delle province, della
città metropolitana e delle unioni di comuni.
Anche in Regione, Lella Paita s’è distinta per
l’infaticabile attività, soprattutto nei giorni
drammatici delle alluvioni che hanno colpito
tutta la Liguria, avendo ereditato pochi mesi fa
una parte delle deleghe di area ambientalistica
di Renata Briano, eletta europarlamentare.
Dall’inizio di quest’anno, l’impegno della Paita
s’è fatto addirittura frenetico per la scelta di
candidarsi per le prossime elezioni regionali
alla successione di Claudio Burlando che l’ha
sostenuta sin dall’inizio. Nel volgere di dieci
Sergio Cofferati è nato a Sesto ed Uniti
(Cremona) il 30 gennaio 1948. Diplomato perito
industriale, si impiega alla Pirelli di Milano e
si iscrive alla FILCEA-CGIL (settore chimico)
di cui diventa il segretario generale nel 1988.
Nel 1990 entra a far parte della segreteria
nazionale della CGIL. Nel 1994 succede a Bruno
Trentin come segretario generale del maggior
sindacato italiano. Sarà un leader sindacale
protagonista di duri scontri. Durante il suo
mandato che durerà 8 anni, sigla l’accordo
sulla concertazione (1993) e la riforma delle
pensioni nel 1995. Bloccherà la modifica
dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori,
battaglia politica che si concluderà con un
grande comizio al Circo Massimo, a Roma, il
23 marzo 2002, al quale prenderanno parte
circa 700 mila persone. La sua linea politica, sia
pure con aperture pragmatiche, è comunque
sostanzialmente “dura”. Infatti, quando nel
settembre dello stesso anno lascia il vertice
della Cgil e riprende, sia pure per breve tempo,
il suo posto alla Pirelli, diventa un termine di
riferimento dell’ala di sinistra dell’allora Ds (che
muterà il nome in Pd nel 2007). In tale ruolo,
Cofferati riceverà dai vertici del suo partito
l’incarico di recuperare in termini politici il
Comune di Bologna perduto clamorosamente
cinque anni prima. Cofferati, che ribadirà di
aver agito “per spirito di servizio” secondo la
vecchia tradizione che risale al Pci, batterà
nel 2004 il sindaco di centrodestra Giorgio
Guazzaloca e governerà Bologna per cinque
anni, una gestione che, anche all’interno dello
stesso Pd, sarà oggetto di lodi ma anche di
critiche. Nel frattempo, perché nel capoluogo
ligure ha la moglie e un figlio, Sergio Cofferati
viene a vivere a Genova. Negli ultimi mesi di
governo del comune di Bologna, Sergio Cofferati
sarà al centro d’una polemica scatenata da
alcune testate e da esponenti del centrodestra
in margine all’assassinio del giuslavorista Marco
16
mesi Lella Paita ha percorso in lungo e in
largo tutta la Liguria dalla costa ai più remoti
piccoli comuni delle Alpi e dell’Appennino.
Sostenitrice, anche per motivi anagrafici,
della “rivoluzione” di Matteo Renzi, Lella
Paita crede in un partito “nuovo” e che
chiuda, sia pure senza polemiche, con gli
strascichi ideologici che ormai non hanno
alcun rapporto con il presente e con il
futuro. In coerenza con il proprio carattere
e con il proprio temperamento, punta ad
“aggredire” i problemi e non più a esaurirsi
in interminabili mediazioni come in passato.
Sa, tanto per fare un esempio vistoso, che
se sarà eletta, entro la fine del quinquennio
del suo mandato dovranno essere compiute
le grandi opere sul Fereggiano e sul Bisagno,
lavori che dovranno essere seguiti passo
passo per non perdere tempo.
In parole povere, Lella Paita punta sui
“quarantenni pragmatici” sperando anche
di superare il momento critico del Pd, diviso
più su questioni personali che ideologiche.
Dal consiglio
comunale
della Spezia
ad assessore
regionale
Biagi a opera delle Brigate Rosse. Accusato di
una presunta “responsabilità morale”, Cofferati
ottiene dalla magistratura italiana e dalla Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo la condanna per
calunnia nei confronti dei suoi accusatori.
A Genova sembrava ormai che Cofferati fosse
avviato verso il “buen retiro”, ma il partito nella
primavera del 2009 lo candida al Parlamento
Europeo per il Collegio del Nord Ovest. Nel
2014 viene riconfermato con oltre 120 mila
preferenze. In questo periodo Cofferati non
trascura la vita del partito, travolto da molte
battaglie interne. Si schiera, in coerenza con le
scelte della sua vita, con Cuperlo contro Renzi.
Ed è tutt’ora critico nei confronti della linea del
Presidente del Consiglio. Pochi mesi fa, il gruppo
che in Liguria è in polemica nei confronti
della politica e della linea del Presidente della
Regione Claudio Burlando, forte soprattutto
a Genova, non avendo trovato un candidato
disposto a battersi contro Raffaella Paita, fa
pressione su Cofferati che alla fine accetta
di presentarsi alla primarie.
Un’intensa
carriera
tra sindacato
e politica
17
Genova
I
l mostro, arrivato dalla Francia,
è giunto in Liguria di mattina
presto. L’obiettivo di quello
stormo fatto di nubi nere come corvi
ed elettricità, ha posato il suo mirino
sul ponente della regione. Albissola
Superiore è stata la prima a cadere
sotto l’attacco di quello stormo: il
Rio Basco inizia a diventare violento, la pioggia infuria, si allaga il
casello autostradale. Come un racconto di guerra, lo stormo si sposta
verso levante. Alle 8,10 un messaggio della Protezione Civile inviato
dal Comune di Genova allerta i cittadini. Recita: “Attenzione, piogge
forti in atto sul voltrese. Prestare la
massima attenzione”. Il bollettino
di guerra, quella stessa mattina, segnava già i primi caduti. L’Aurelia
diventa una trappola infernale. Pietre, sassi e acqua si riversano sulla
carreggiata e la strada diventa una
corsa ad ostacoli. Una Jaguar viene
colpita e procede a passo d’uomo.
Alcuni uomini del soccorso si fermano e chiedono: “Tutto bene?” No,
nulla va bene. Basta guardare il cielo
per capirlo. Lo stormo si sposta ancora: va veloce. Alle 8,50 raggiunge
Voltri, il suo obiettivo. Scarica le sue
raffiche sul Cerusa, lo colpisce, lo fa
esondare.
Val Varenna e Prà
Voltri, via Fabbriche
Gli occhi preoccupati dei voltresi
hanno iniziato a guardare il cielo intorno alle nove, poco dopo il
messaggio della Protezione Civile.
Le nuvole gonfie di pioggia stavano arrivando veloci: tutti sapevano
che quel passaggio non sarebbe stato indolore. E proprio alle nove del
mattino la bomba d’acqua, come si
chiamano ora queste violente piogge, ha scaricato la sua prima raffica
sulla Val Cerusa e sulla Valle Stura.
In pochi minuti lo scenario ha assunto i contorni dell’apocalisse. Gli
18
Minuto per
minuto
la cronaca
di un disastro
Pontedecimo
Pontedecimo
Bolzaneto
michela serra
Val Cerusa
Voltri
15 novembre ore 8,10, un
messaggio della Protezione
Civile allerta i cittadini:
“Attenzione forti piogge in atto.
Prestare la massima attenzione”
Pontedecimo
Bolzaneto
Val Cerusa
occhi dei voltresi
sempre più allarmati balzavano
dal
Valpocevera cielo ai rivi, dai
rivi di nuovo al cielo. E lo stormo
Val Varenna e Prà
era sempre lì: fermo sul Ponente.
Valpocevera
Voltri
Dopo un’ora la
preoccupazione
è
Bisagno
diventata realtà: lo Stura esonda, il
Cerusa esonda e la devastazione si
appropria di via delle Fabbriche. Un
Sturla
fiume di acqua e fango si riversa per
strada. Distrugge, isola, semina terValpolcevera, il disastro
rore. In un’ora sul ponente di GenoLa violenza dello stormo di pioggia
va sono caduti 103 millimetri d’aced elettricità ha segnato il suo picco
qua. La situazione è da incubo, un
sulla Valpolcevera. Un disastro che
brutto sogno dal quale i liguri semha lasciato nello sgomento abitanti e
bra non riescano a svegliarsi. Macamministrazioni pubbliche. L’assechine accartocciate, detriti ovunque
dio inizia subito dopo la devastazioin strada, acqua al piano terra delle
ne del Ponente. Il Polcevera è semcase. Due famiglie sono state obpre più vicino all’esondazione, ma
bligate a lasciare la loro abitazionon è da solo. Ci sono gli affluenti:
ne, centrata in pieno da una frana.
piccoli rii e ruscelli che costellano il
Contemporaneamente le autostrade
territori. Ci pensano loro a esondare,
diventano impraticabili, da Ponente
sotto i colpi della bomba d’acqua.
non si passa.
Bisagno
Tra le 11,30 e le 13 escono dagli
Bolzaneto
argini il Torbella, il Rio Fegino,
il
Rio Verde. A finire sott’acqua sono
i quartieri di Cornigliano, Rivarolo,
Certosa. I parcheggi della Fiumara
finiscono allagati, infuria la pioggia,
Val Varenna
e Prà
infuria
anche la polemica
per il cenValpocevera
tro commerciale aperto nonostante
la catastrofe in atto. Verrà chiuso
Sturlaintorno alle 12. La strada si blocca
all’altezza del ponte di Cornigliano.
Genova è sempre più chiusa su se
stessa, come un tentativo di difesa
contro un mostro più grande di lei.
Alcuni operai dell’Ilva restano bloccati rischiando la vita. Li salveranno
i soccorsi. Nel pomeriggio il ponte
di Cornigliano sarà riaperto, dalle
12 inizierà a tremare la Valbisagno.
Valbisagno
Bisagno
Valbisagno, l’incubo si ripete
È il Bisagno l’incubo, l’osservato
speciale. Il torrente
che nell’alluvione
Sturla
del 9 ottobre ha devastato Borgo Incrociati e ucciso una persona. È il Bisagno l’osservato speciale che intorno alle 15 fa temere il peggio. Ancora
una volta. Intorno a quell’ora le acque
si gonfiano paurosamente e superano i livello rosso. I vigili bloccano la
circolazione, il sindaco Marco Doria
lancia l’allarme: “Siamo in piena alluvione, restate nelle vostre case”.
Panico. Il cielo è nero, il torrente è
paurosamente furioso, ma resta negli
argini e non esonda. Ma la Valbisagno
non resta illesa dal passaggio del mostro. Il Rio Mermi, a Ponte Carrega si
gonfia e fa temere un nuovo allagamento di Piazzale Adriatico. Il Rian
e il Portazza diventano minacciosi,
mentre a Staglieno finiscono ancora una volta sott’acqua i marmisti
di via Veilino. A tracimare è il solito
rio Sant’Agostino che non risparmia
neppure questa volta le botteghe che
si trovano sul piano strada. Tracima il
Rio Ca’ De Rissi a Molassana, esattamente come nell’alluvione del 9 ottobre. Stesso destino per Struppa, dove
gli allagamenti non risparmiano via
Trossarelli e la zona della Canova. Il
Levante viene risparmiato: solo qualche allagamento in parte di via Oberdan a Nervi e al Porticciolo.
continua a pag. 20
X
19
Genova
I continui eventi
alluvionali
hanno causato
allagamenti e
frane in tutta la
città di Genova.
Busalla
PIEMONTE
LIGURIA
Valle Scrivia
Valle Scrivia: la vittima
Anche questa volta si piange una vittima. Succede tra Serra Riccò e Mignanego, dove la furia della pioggia
si portaPontedecimo
via un’altra vita. È quella di
Lorenzo Balestrero, 66 anni, caduto
in acqua mentre cercava di salvare
l’automobile. “Luciano ha detto che
Bolzaneto
avrebbe
spostato l’auto, subito dopo
ho visto arrivare quell’onda nera e lui
è sparito insieme alla macchina”. È la
prima, drammatica testimonianza della donna che si trovava con Balestrero
al confine tra Serra Riccò e Mignanego. E pensare che il “Riasso”, non è
altro che un rigagnolo. Ma è stato fatale a Luciano, che in quel rigagnolo c’è
morto. È tarda mattinata, l’uomo esce
di casa per andare a spostare quella
Ford Fiesta su cui sale. Riesce a entrare nell’abitacolo, ma la piena del Riassa passa accanto all’abitazione della
sua compagna e lo sorprende. Lo investe con la sua furia inaudita. Trascina
l’auto tra il fango e le pietre. Passano
pochi minuti e arrivano i soccorsi, allertati proprio dalla compagna di Balestrero che si trovava in quel punto,
sgomenta. L’auto viene ritrovata quasi
subito, di Luciano Balestrero nessuna traccia. Contemporaneamente la
Valpolcevera è in ginocchio, esonda
anche il torrente Verde, le principali
arterie che collegano Serra Riccò e
Mignanego sono impraticabili. A Ceranesi rimangono isolate una decina di
famiglie, un’altra frana invece taglia
in due Campomorone.
Centinaia di sfollati,
danni enormi
si aggiungono
Valche
Cerusa
a quelli provocati
dall’alluvione
del 9 ottobre
20
Busalla
PIEMONTE
LIGURIA
Valle Scrivia
le famiglie che vivono nella “zona
rossa” delle esondazioni se ne stanno
sulla porta di casa, valigie alla mano.
Il 15 novembre la Protezione civile
è stata costretta a evacuare sei nuclei
famigliari a Ponente, in particolare in
via Fabbriche e salita Sciallero. Altri
tre sono stati sfollati da via Gallino a
Paontedecimo e da via Serro a Morego. Uno scotto che inizia ad assumere
prporzioni considerevoli: dall’alluvione del 9 ottobre infatti, le famiglie
costrette ad abbandonare le loro case
sono state in tutto 99, per un totale di
circa 230 persone. E la mappa degli
sfollamenti si è ingrandita a vista d’occhio: San Quirico, Voltri, Prà, Fabbriche. Una lista che si è allungata così
come sono aumentate le motivazioni
alla base dell’ordine di abbandono.
Il problema principale sono i nuovi
fronti franosi che si sono creati, ma
anche minacce di crolli incombenti,
allagamenti, criticità strutturali. A tutto
questo si è aggiunto un altro problema,
altrettanto grave: l’isolamento di moltissime famiglie che vivono sulle alture. Ed è così che si ricomincia a fare il
giro delle zone disastrate
Val Cerusa
Busalla
PIEMONTE
LIGURIA
Valle Scrivia
Busalla: fuga dai negozi
“Ho visto quell’onda, quella marea
nera abbattersi sulla piazza. Ho solo
pensato a scappare... Non riesco
più ad andare avanti”. E le lacrime
Pontedecimo
scendono
ancora dal volto rigato di
un uomo che si è visto il negozio
distrutto dalla piena di due rivi “insospettabili”. Si rimette a spalare il
fango Bolzaneto
dalla sua attività della quale
non restano che attrezzi infangati.
E lo stesso succede al fioraio e al
bar della piazza che in un attimo si
è trasformata nell’ennesimo inferno di fango. È proprio Busalla ad
essere maggiormente colpita dalla
rabbia del Migliarese, che passa attraverso il paese, e del Chiappa che
ha determinato l’allagamento di una
parte di via Vittorio Veneto. Ci sono
voluti pochi minuti, poi è stato il
fuggi fuggi generale: inutile tentare
di salvare i negozi in quel momento.
L’unica cosa da fare è stata correre
Cerusa
e mettere al riparo laValpropria
vita.
Il giorno dopo, Busalla si riempie
di persone. E fanno la loro ricomparsa gli Angeli del Fango. Pale alla
mano, giovani e giovanissimi, senza
dir niente a nessuno hanno iniziato a
spalare. Nel mentre passa un uomo
anziano, con lo sconcerto stampato
in volto. E parla, racconta: “Non ricordo un disastro così. Forse 25 anni
fa abbiamo avuto a che fare con un
altro fiume di fango. Ma cosa vuole,
alla mia età i ricordi sbiadiscono”.
Scuote la testa, e se ne va.
Pontedecimo
Bolzaneto
Bolzaneto, cimitero della Biacca: va
in scena l’orrore
Come se di orrore non se ne fosse
visto abbastanza, quello che succede
a Bolzaneto ha quasi dell’incredibile. Bare di zinco che galleggiano
nel Polcevera. Ossa e teschi umani
dappertutto. Ecco la scena che alcuni
abitanti della zona si sono trovati davanti. Ecco la scena che i soccorritori
hanno visto con i loro occhi e ai quali
non sono riusciti a credere. Almeno
in un primo momento. E invece è
tutto vero: la pioggia incessante e il
crollo di un muraglione non hanno
risparmiato i poveri resti che riposa-
vano nel cimitero. I residenti, increduli per la scena che si presentava
davanti ai loro occhi, sono stati i primi a chiamare i Vigili del fuoco. “Ci
sono bare nel Polcevera, il cimitero
dev’essere crollato”. Uno scenario
tra i più cupi, e i parenti di chi in quel
cimitero era sepolto arrivano per vedere con i propri occhi l’incredibile.
Cosa resta
Centinaia di sfollati, danni enormi
che si aggiungono a quelli provocati dall’alluvione del 9 ottobre. Ecco
cosa resta di un drammatico sabato 15
novembre. Non c’è quartiere, non c’è
vallata che non abbia subito le conseguenze di tale disastro. Non si contano
le frane, ogni giorno ne spuntano di
nuove. Non si contano neppure i volti
in cerca di aiuto. Sconvolti, spaventati, disperati. Ecco come si sentono
tutte quelle persone che una casa non
ce l’hanno più, o in cui non possono
rientrare. Ed è emergenza sfollati, il
giorno dopo l’alluvione, e tutte quel-
Voltri
Val Varenna e Prà
Val Cerusa
Pioggia, fango, pale, mezzi a lavoro
e soprattutto uomini. Sembra un triste
ritornello destinato a ripetersi nelle
continue allerte meteo che funestano
la Liguria. La Val Cerusa è stata sicuramente una delle zone più colpite. È
passata la notte e i lavori sono proseguiti senza sosta. I detriti trascinati dalla furia dell’acqua sono stati man mano
spostati ed è solo in serata che alcune
zone sono tornate accessibili. Come è
accaduto a Sambuco, dove oltre quaranta nuclei famigliari sono rimasti
isolati per quasi un giorno intero. In
via alla Brigna continui smottamenti
hanno reso la vita impossibile a soccorritori e residenti. Situazione simile
continua a pag. 22
X
21
Genova
a Vesima, con alcuni giardini crollati
che hanno portato allo sfollamento di
due coniugi per l’ennesima frana che
ha minacciato la loro abitazione.
Pontedecimo
Bolzaneto
andò distrutto. Il 9 ottobre la storia
si ripete: esonda lo Sturla e tutta la
zona finisce sott’acqua. Le case che
erano state ristrutturate sono state
nuovamente distrutte, i negozi ancora una volta devastati. È facile
immaginare quale potesse essere lo
stato d’animo della popolazione nel
veder emettere uno stato di Allerta
2, quello massimo. Ed è così che
ancora una volta si rivive l’incubo,
anche se di proporzioni minori: allagamenti copiosi si sono verificati in
L’entroterra
genovese è stato
duramente colpito
dall’alluvione del
15 novembre.
al Cerusa
Val Varenna e Prà
Voltri
Valpocevera
Bisagno
Val Varenna e Prà
Le frane in contino movimento non
hanno risparmiato le colline dietro
Prà: in via Moncucco lo scenario, il
giorno dopo il nubifragio, è stato quello di un’ unica villetta rimasta aggrappata al terreno. L’ultima delle quattro
che invece sono state trascinate via
dallo smottamento del mercoledì precedente. Il terreno zuppo d’acqua e
sempre più fragile, ha subito il colpo
di grazia dall’alluvione del 9 ottobre e
per quelle tre abitazioni non c’è stato
nulla da fare. La Val Varenna è stata
devastata dalle frane, tant’è vero che
in salita superiore Sciallero una frana
ha isolato tredici persone mentre altre
nove hanno dovuto abbandonare le
loro case a causa del movimento di
terra sotto la via che collega quello
che un tempo era il Collegio San Giuseppe. Stessa situazione per altre sette
persone in via Mauro: ancora evacuaPontedecimo
zioni, ancora disagi.
Contemporaneamente i soccorsi cercavano di frenare
il pericoloso scivolamento verso l’autostrada della collina
del Pesto di Prà.
Bolzaneto
a e Prà
Sturla
Pontedecimo
come è accaduto in via Cornigliano. Le
ore di paura per il Polcevera furioso, il
ponente staccato dal resto della città e
il centro commerciale Fiumara finito
sott’acqua hanno fatto temere il peggio. A mettere in ginocchio il quartiere
non è solo stato il torrente principale.
La loro parte l’hanno fatta tutti gli affluenti: il rio Ruscarolo ha rotto gli argini e l’ondata di piena ha annegato via
Narisano, via Grillone e via Pelizzari.
Valpocevera
Pontedecimo
Bisagno
Bolzaneto
Val Cerusa
Valpolcevera
In questo caso i danni peggiori li hanno
provocati gli allagamenti.
In viaeMuVal Varenna
Prà
ratoriVoltri
a pagare lo scotto più alto sono
stati gli scantinati e i piani terreni, così
L’entroterra del Tigullio
è stretto nella morsa
delle frane, tra Carasco
e Borzonasca non si
contano gli smottamenti
e gli sfollati
Sturla
Pontedecimo
Valpocevera
Ecco una
delle situazioni più gravi.
L’aria del mattino, il giorno dopo, è
irreale. Fango dappertutto, e ancora
una volta quell’odore inconfondibile
che ogni genovese ormai ha imparato
a riconoscere. Un odore acre, che sa di
distruzione.
ne è ancora
ValPontedecimo
Varenna e Prà
pervasa, mentre i suoi abitanti si mettono al lavoro. Il centro è stato completamente inondato, la furia dell’acqua
ha piegato le saracinesche di alcuni
negozi e, con il sorgere del sole, non
è restato che mettere mano alle pale
e spalare. Ancora una volta. Un miracolo se quella voragine che si è aperta
in piazza Arimondi non ha inghiottito
persone, oltre che a un’ automobile.
I guai per Genova
e per la Liguria
non sono finiti
con le alluvioni,
si contano danni
per milioni di euro
Bolzaneto
Valbisagno
Valpocevera
Bisagno
l’acqua ha lasciato dietro sé lo scorso 9 ottobre, quando a rompere gli
argini fu proprio il Bisagno. Questa
Pontedecimo
volta ci è andato vicino, abbastanza
da far sì che l’assessore alla Protezione civile Gianni Crivello desse
Bolzaneto l’ordine di far partire migliaia di telefonate per avvisare la popolazione
del pericolo.
Valbisagno
Val Bisagno
Sturla
Val Varenna
e Prà
Osservata
speciale la ValValpocevera
Bisagno,
con quel torrente che da il nome
alla zona. Neppure questa volta i
quartieri che si snodano sulle rive
del Bisagno sono rimasti esenti da
allagamenti e situazioni pericolose.
Questa volta sono stati il rio Rian,
affluente del Rovere, a San Fruttuoso e il rio Portazza a Quezzi a
provocare i soliti disastri. Box e
scantinati allagati, auto danneggiate e bidoni accatastati. Anche nella
Val Bisagno il ritornello si ripete anche se, fortunatamente, non è nulla
in confronto alla devastazione che
Bisagno
Sturla
Valle Stura
È dal 2011 che il rio Sturla e il rio
Vernazza fanno paura. Quell’anno
via Isonzo, via Pontetti e le vie limitrofe furono sommerse e tutto
via Shelley e in via Origoni a causa
dello Sturla, mentre il rio Vernazza è
tracimato a più riprese riversandosi
su via Pontetti. A Borgoratti frana
via Cadighiara dove tra l’altro si
vorrebbe costruire un silo, allagate
anche piazza Rotonda, via del Borgo e via Tanini. Spostandosi più a
Levante finiscono sott’acqua anche
via Filzi, via Bettolo e Quartiere
Azzurro. Contemporaneamente i
parchi di Nervi dicono addio a due
pini secolari.
I guai per Genova e per la Liguria
non sono finiti con l’alluvione del
15 novembre. I danni valgono milioni di euro, che si vanno ad aggiungere a quelli della precedente
alluvione. L’entroterra del Tigullio
è stretto nella morsa delle frane, tra
Carasco e Borzonasca non si contano gli smottamenti e gli sfollati.
Non si contano neppure gli occhi
che con la prossima Allerta 2 guarderanno al cielo spaventati da quello
che il cielo promette. Perché ci sono
ferite interne, forse meno evidenti.
Ci sono ferite che non si rimargineranno tanto presto. Ci sono le ferite
dello spirito dei genovesi. Ci sono
le ferite di un territorio che se non
sarà curato rischia di implodere in
se stesso.
Bisagno
22
23
Sturla
economia
N
el periodo storico che stiamo attraversando, tra le tante
critiche che sono state mosse
al sistema bancario italiano, non sono
mancate le bordate politiche e mediatiche nei confronti delle Fondazioni.
In alcuni casi sono state accusate di
sprechi o comunque di spendere male
i fondi destinati alla solidarietà e alla
cultura; per altri aspetti è stato detto
che le Fondazioni, invece di avere appunto un ruolo estraneo alle gestioni
bancarie vere e proprie, si comportano
invece come azionisti di riferimento.
La diatriba è in corso e si parla di riformare legislativamente il ruolo e le
funzioni delle Fondazioni. In Italia la
via delle riforme, si sa, è infinita, ma è
giusto e corretto osservare che esistono
anche “isole felici” in un contesto tanto
tormentato. È il caso della “Fondazione
A. De Mari” che è il “braccio generoso” della Cassa di Risparmio di Savona
(Carisa), a sua volta assorbita da anni
dalla “sorella maggiore” la tormentata
Carige genovese.
La Fondazione De Mari è una delle 88
consorelle italiane (di cui 82 di fatto
espressione delle storiche Casse di Risparmio). La Fondazione savonese opera
dunque sul territorio di riferimento, ovvero la provincia di Savona. Dice il presidente l’avvocato Romani: “Ogni anni
ci impegniamo a spendere oltre 4 milioni di euro. Dico che sinora siamo soddisfatti di quanto è stato fatto di utile e di
buono, ma riteniamo che d’ora innanzi
sarà più corretto ed efficace restringere,
per il prossimo triennio, il campo operativo. Così abbiamo deciso di operare in:
1) arte, attività e beni culturali; 2) educazione, istruzione e formazione; 3) salute
pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; 4) famiglia e valori connessi”.
Ci saranno anche aspetti complementari
al progetto generale che implicheranno
operazioni nella protezione della qualità
ambientale e nello sport.
“Nel settore dell’arte e della cultura
– spiega ancora l’avvocato Romani –
concluderemo i lavori di adeguamento
culturale e di allestimento del Palazzo
del Monte di Pietà, destinato a ospitare
il Museo della Ceramica, che è un vanto tutto savonese, com’è noto. Il museo
ospita oltre mille manufatti. Il Museo
sarà collegato in un unico percorso con
la Pinacoteca Civica”.
Per completare l’azione nel campo culturale, la Fondazione sosterrà anche
24
Ogni anno la Fondazione De Mari
spende oltre 4 milioni di euro
per l’arte, l’istruzione, la cultura
e la famiglia
Il braccio
generoso della
Cassa savonese
il Museo del Vetro di Altare, l’Opera
Giocosa di Savona, il Festival di Borgio Verezzi e la Festa dell’Inquietudine
di Finale Ligure.
Sul piano operativo della scuola, racconta ancora l’avvocato Romani, si
punterà a rafforzare le strutture esistenti con percorsi didattici innovativi.
“Forniremo ancora nelle scuole del savonese – aggiunge – come già in passato lavagne interattive multimediali e
attrezzature tecnologiche”.
Poi c’è il problema della salute e della
medicina: “Proseguiremo nella politica degli anni precedenti – puntualizza
il Presidente – fornendo gli ospedali
e i centri di assistenza e di diagnostica
di strumenti d’avanguardia. Faccio un
esempio di progetti in corso: un tomografo a risonanza magnetica per l’ospedale San Paolo di Savona (750 mila
euro), così come ne è stato donato un
altro eguale all’ospedale Santa Corona
di Pietra Ligure”.
L’avvocato Romani mette poi in evidenza un aspetto assai delicato conseguenza della crisi economica e lavorativa che ha messo in ginocchio molte
famiglie ormai sulla soglia della povertà: “Abbiamo predisposto – dice –
un fondo iniziale che per ora è di 300
mila euro. Con prudenza e discrezione interverremo nei casi più urgenti.
Parteciperemo poi al progetto RE.LIG
(Rete Liguria), insieme alla Compagnia di San Paolo, il Centro Giustizia
Il presidente della
Fondazione De
Mari, Roberto
Romani.
Minorile e l’Ufficio di servizio Sociale per i minorenni. Si tratterà di aiutare il percorso dei minori sottoposti a
provvedimenti penali a sviluppare un
percorso rieducativo”.
Con la Fondazione Domus e la Fondazione Bagnasco infine, si affronteranno
i temi della casa, cercando edifici per
collocare chi l’ha perduta per via della crisi economica. “Vorremmo fare di
più e meglio – conclude l’avvocato Romani – ma dobbiamo dosare le nostre
forze. Però ci sembra, senza ostentazione, di fare di più di molti altri. Usando sempre la prudenza e il senso della
distribuzione equilibrata. Un modello
di saggezza savonese? Fatemelo dire
con un pizzico di orgoglio”. p.l.
25
transport
Aerei
Piaggio: un punto d'arrivo
e uno di partenza
Matteo CANTILE
Cinquecento ospiti,
tra cui il
presidente
del Consiglio Matteo
Renzi, hanno
presenziato
all’apertura
del nuovo
impianto
26
U
“
n punto di arrivo e uno di partenza”: è istituzionale (oltre a Renzi erano presenti il Micon questo spirito che i vertici di Piag- nistro della Difesa Roberta Pinotti, il presidente
gio Aerospace, storica azienda di Villa- della Regione Liguria Claudio Burlando e molte
nova d’Albenga leader nel mercato della “business altre autorità civili e militari) il presidente dell’aaviation”, hanno inaugurato il loro nuovo polo zienda, l’avvocato Alberto Galassi, ha manifestaproduttivo. Si tratta di una struttura innovativa e to il proprio entusiasmo “Per un evento che è, al
di grandissime dimensioni: 49 mila metri quadra- tempo stesso, un traguardo raggiunto e una nuova
ti costruiti per la produzione di moderni velivoli partenza. L’inaugurazione dell’innovativo stabidestinati non solo all’aviazione civile ma anche al limento di Villanova d’Albenga è infatti il punto
comparto militare.
d’arrivo di un percorso orientato a innalzare tutti
All’apertura del nuovo impianto, che sorge su i nostri standard, dall’efficienza della produzione
un’area di 127 mila metri quadrati a due passi alla qualità dei prodotti – ha dichiarato Galassi – al
dall’aeroporto “Panero” (la cui prossimità costitu- tempo stesso è il punto di partenza di una nuova
isce un’importante vantaggio competitivo), hanno fase di slancio verso l’eccellenza in tutti i settopresenziato cinquecento ospiti, tra cui il Presidente ri nei quali l’azienda è impegnata. Oltre ai nostri
del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi.
Azionisti, Mubadala e l’ingegner Piero Ferrari – ha
“In questa azienda avete sempre avuto voglia di detto il presidente di Piaggio Aerospace – dobbiaimmaginare il futuro prima degli altri – ha affer- mo ringraziare chi in questo progetto ha creduto,
mato Renzi, ripercorrendo la storia di Piaggio ci ha sostenuto e ne ha consentito la realizzazione.
Aerospace – e dai primi aeroplani di inizio no- La presenza del Presidente del Consiglio dei Minivecento agli investimenti esteri dell’aprile del stri e del Ministro della Difesa in un giorno di così
2014, la gente di Piaggio ha dimostrato di non grande importanza per l’azienda ci onora e rende
avere paura del futuro”. Un futuro che si annun- evidente che il sistema Paese può e deve supporcia ricco di promesse, dopo una serie di passaggi tare iniziative industriali in grado di garantire un
a vuoto che qualche timore, per la verità, lo han- futuro di sviluppo e che sono in grado di attrarre
no generato: dall’anno magico, il 2006, alla crisi importanti investimenti internazionali”.
del 2008, il momento più buio,
Soddisfazione è stata espressa anche dall’ammiquando l’azienda commernistratore delegato della società, Carlo Logli:
cializzava solo motori,
“Piaggio Aerospace inaugura un centro di ecfino all’ingresso nel
pacchetto azionario di
È stata scelta una
Mubadala, fondo di
struttura innovativa
investimento che fa
e di grandissime
capo al governo degli
dimensioni
per il nuovo
Emirati Arabi Uniti.
polo produttivo
Con questo nuovo
assetto societario, nel
quale, con una quota minoritaria, è ancora presente
Piero Ferrari (figlio del “Drake” Enzo, fondatore della scuderia
di Maranello), Piaggio Aerospace è pronta ad affrontare un mercato competitivo, nel quale i player
internazionali sono agguerriti e preparati.
Di fronte a una platea di grande rilievo politico e
Quarantanovemila
metri quadrati costruiti
per la produzione di
moderni velivoli destinati
all’aviazione civile
e militare
cellenza italiana, europea
e direi mondiale dove si
sviluppano altissime tecnologie applicate a diversi settori
dell’aeronautica che ci posizionano tra le aziende più all’avanguardia del settore – ha dichiarato dal palco, allestito
nel nuovo capannone – Da questo stabilimento
produttivo Piaggio Aerospace si proietta verso
un futuro di crescita forte del proprio portafoglio
prodotti, degli investimenti in tecnologie e della
fiducia dei nostri azionisti. Grazie anche al grande
senso di responsabilità dimostrato dai nostri collaboratori l’azienda sta implementando un piano
di rilancio e sviluppo che proprio in questo stabilimento vede realizzata una delle più importanti
premesse per un futuro di crescita”.
Il nuovo stabilimento è parte di questo piano che
è andato a regime dopo anni di difficili trattative,
politiche e sindacali: dalle esternalizzazioni alla
mobilità volontaria, sono stati numerosi e complicati i passaggi necessari al riassetto dell’azienda.
Visto oggi, tra i pilastri cromati e le maestranze
in impeccabile tuta blu, tra politici e amministratori locali e nazionali, il domani di Piaggio Aerospace appare promettente: il ruolo del fondo
emiratino, in particolare, assume una connotazione fondamentale nella sostenibilità del piano
di sviluppo; oltre ai 145 milioni di Euro investiti
nella nuova struttura, infatti, saranno necessari
sforzi analoghi per produrre e commercializzare
l’innovativo “Hammerhead”, un velivolo a scopo militare, senza pilota comandato da remoto:
“La nostra solida amicizia con gli Emirati Arabi
– ha detto Matteo Renzi nel suo discorso – non
nasce dai legami economici di Piaggio Aerospace con Mubadala o di Alitalia con Ethiad, ma da
comuni valori di pace e dalla stessa idea di sviluppo dell’area mediterranea”.
I lavoratori di Villanova, che hanno vissuto con
sincera partecipazione la nuova apertura, sperano
adesso che il peggio sia finalmente lasciato alle
spalle e che Piaggio, azienda che vanta ormai 130
anni di storia, possa tornare a volare.
27
Genova
U
promuovere una riflessione sui temi della raccolta
differenziata degli imballaggi, del riciclo degli stessi, dello smaltimento dei rifiuti nel segno del rispetto dell’ambiente e della sostenibilità. “L’educazione delle generazioni più giovani è sempre stato un
punto di forza della nostra comunicazione ‒ spiega
Luca Zane responsabile comunicazione Amiu ‒
per far conoscere nelle scuole il valore del riciclo
e della raccolta differenziata. Questa iniziativa
realizzata con ANDERSEN e con il prezioso con-
na vocale, il tono del discorso, il registro, “e se fosse...”. Sono ingredienti di
una ricetta che non delude, le forme e gli
usi della lingua. Infinite variabili per ardimentosi
esperimenti. Lo sapevano bene, nella Parigi degli
anni Settanta, gli strutturalisti dell’Oulipo. Sapevano che la lingua è materia duttile, malleabile
nell’intento di creare genuina sorpresa, stupore
inaspettato. Lo sapeva Georges Perec, autore di
un lipogramma di ben trecento pagine, La scom-
Dai rifiuti alle storie,
il riciclo si fa letteratura
parsa, scritto senza l’utilizzo di parole contenenti
la vocale “e”. Lo sapeva bene anche Italo Calvino
quando nel suo romanzo Se una notte d’inverno
un viaggiatore propose per ogni capitolo dieci
incipit di altrettanti romanzi ‒ incompiuti ‒, uno
diverso dall’altro per genere e stile.
Ma è da un altro strutturalista, Raymond Queneau ‒ autore degli Esercizi di stile ‒ che proviene
lo spunto per una particolare proposta educativa
per le scuole genovesi.
“Le Storie riciclate con stile sono un’occasione ludica e narrativa coinvolgente, in sintonia
con l’idea del riuso e del riciclo” dice Barbara
Schiaffino, direttrice di ANDERSEN, la rivista
di letteratura per l’infanzia che ha ideato e realizzato il progetto promosso da AMIU, CONAI
e dai sei Consorzi della filiera del riciclo degli
imballaggi di alluminio, carta e cartone, plastica,
vetro, acciaio e legno (CIAL, COMIECO, COREPLA, COREVE, RICREA e RILEGNO).
“Acciaio, lo dice
già il nome, è un
tipo tosto, un vero
duro; Vetro, è un
tipo trasparente
e dal collo lungo;
Plastica, è una
tipa davvero
polivalente,
morbida e
resistente;
Alluminio, pure, è
un tipo brillante
che sa adattarsi
alle situazioni,
della serie ‘mi
piego, non mi
spezzo’;
Un “riciclo con stile” a cui devono pensare i bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie
di primo grado genovesi, iniziando da un testo di
partenza con protagonisti i diversi imballaggi. Un
racconto breve dal sapore surreale, nato dalla penna dello scrittore e giornalista Anselmo Roveda,
mentre a dare corpo e colore ai protagonisti di questa storia, è l’illustratore e fumettista Enrico Macchiavello, autore dei fortunati spot della birra Ceres
e dei personaggi delle carte Skifidol.
La sfida sarà dunque quella di utilizzare nella nuova
stesura tre tra le tredici varianti stilistiche proposte:
c’è chi sceglierà di raccontare la storia con i toni cupi
di un thriller; o chi preferirà un racconto di fantascienza, chi darà spazio ad una fiaba moderna e chi
si cimenterà con giochi di parole e figure retoriche.
Doppio l’obiettivo e il campo di indagine, tra educazione all’ecosostenibilità e scrittura creativa. In
primo luogo, un obiettivo educativo e pedagogico
che riguarda la cittadinanza responsabile e attiva:
Parole e
storie in gioco
STORIE RICICLATE CON STILE è promosso sul
territorio genovese per l’anno scolastico
2014/2015. Dal sito web di ANDERSEN
è possibile scaricare la locandina e il
dossier contenente il regolamento, lo
spunto narrativo di partenza, e qualche
suggerimento operativo sui giochi narrativi
e sui temi della raccolta differenziata.
Per gli insegnanti interessati al progetto
è anche dedicato un corso di formazione
gratuito condotto da Anselmo Roveda, che
si svolgerà il 5 febbraio alla Biblioteca De
Amicis di Genova.
Per informazioni:
www.amiu.genova.it
www.andersen.it
[email protected]
Un progetto di sensibilizzazione
per le scuole genovesi
sulle buone pratiche di uso
e riuso, tra ecosostenibilità
e scrittura creativa
Carta e Cartone
sono due gemelli
tenaci e curiosi,
sempre in giro per
il mondo; Legno
è un tipo tutto
d’un pezzo,
nodoso e
insostituibile;
infine c’è Umido
Metropolitano,
imprevedibile
e sorprendente,
ogni giorno
un’avventura”.
tributo dei Consorzi è importante anche per il suo
messaggio culturale, perché aiuta a spiegare ai ragazzi e alle famiglie che non è vero che ‘la raccolta
differenziata è inutile perché tanto finisce tutto insieme’. È nostra responsabilità spiegare bene, con
parole semplici, quale sia il peso che i rifiuti hanno
sull’ambiente. Dobbiamo far capire loro quanto sia
importante che tutti i materiali vengano recuperati
e valorizzati. Iniziative e sinergie come questa sono
la base per una consapevolezza ambientale necessaria per i cittadini di domani”.
Il secondo obiettivo, in linea con le buone prassi
della scuola italiana, è didattico e operativo: scrivere un testo che abbia i materiali riciclabili come
protagonisti e consenta di giocare con la lingua e di
apprendere le strutture narrative.
Una sfida che porterà nelle scuole non solo nuove
competenze, ma anche la possibilità di arricchire la
propria biblioteca scolastica, grazie al montepremi
in libri che spetterà agli elaborati vincitori.
29
economia
P
“Quest’anno
regalatevi
Genova!” è
l’appello lanciato
dal presidente
della Camera
di Commercio
genovese
®
collega l’Italia che si muove
Trasporti e Logistica protagonisti di La diffusione, che copre l’intero
una trasmissione settimanale che territorio nazionale, avviene sul digitale
garantisce informazione e sostanza terrestre, tramite un pool di emittenti
ad un settore fondamentale della televisive regionali e via satellite,
nostra economia, favorendo l’inter- in Italia e in Europa, su 4 bouquet:
connessione e la collaborazione tra - itv italia 165
- SKY 845
i protagonisti di questo mercato.
Attraverso un’informazione mirata - TivuSat 122
e di qualità, Transport attiva comu- - Free Sat 13°EST frequenza 11317
nicazione e confronto, raggiungendo Su web: telenord.it/transport
anche l’importante target costituito Il mondo dei trasporti, oggi, si
muove con Telenord.
dall’opinione pubblica.
www.telenord.it
una produzione
®
er tre volte in un mese si è alzato la mattina,
ha messo gli stivali di gomma ed è andato
a visitare zone alluvionate, a raccogliere lo
sconforto e la rabbia degli imprenditori e a fare un
primo bilancio a caldo dei danni. È successo a Genova nelle strade allagate dal Bisagno nella notte fra
il 9 e il 10 ottobre, poi a Chiavari con l’esondazione
del Rupinaro fra il 10 e l’11 novembre e poi ancora
a Genova dopo che il Polcevera ha rotto gli argini
sabato 15 novembre.
Parliamo con Paolo Odone, presidente dell’unica Camera di Commercio d’Italia che ha un
ufficio che si occupa solo di alluvioni.
È vero, sospira Odone, scorrere le pagine del sito
della Camera di Commercio alla voce alluvioni
è come leggere un bollettino di guerra: in questo
momento stiamo ancora raccogliendo le segnalazioni dei danni alle imprese (gli ormai tristemente
noti Modelli E) di tre diverse alluvioni e una parte delle domande di contributo della prima delle
tre, quelle delle 2mila aziende che hanno subito
danni inferiori a 40mila euro. Per le 350 aziende
Pronti a
superare
tutti i danni
Genova
è l’unica
Camera di
Commercio
in Italia ad
avere un
ufficio che si
occupa solo
di alluvioni
che hanno subito danni superiori a 40mila euro
nella prima alluvione e per le altre due, quelle di
Chiavari e della Valpolcevera, stiamo aspettando
che la Regione emetta altri bandi con altre risorse.
Questa volta, grazie a una nuova normativa europea, siamo riusciti ad ottenere che i soldi stanziati
vengano dati alle imprese come risarcimento del
danno e non come contributo dopo il ripristino,
come è successo fino al 2011. Ma il vero dramma
è che il bilancio complessivo per la provincia di
Genova è stimato in circa 150 milioni di euro e i
soldi stanziati fino ad ora sono 20 milioni di euro
della Regione e 1 milione e mezzo della Camera
di Genova: in ogni caso il confronto fra l’enormità dei danni e l’esiguità delle risorse è sconfortante, e dà l’idea di quanto sia assurdo e antieconomico continuare a spendere per ripagare i danni
invece di cominciare a spendere una buona volta
per le opere che consentiranno di prevenirli, questi danni. Per questo stiamo aspettando un forte
intervento dello Stato che non può lasciare solo
la Regione e la Camera di Commercio a risarcire
le imprese.
Come ha affrontato queste nuove emergenze la
Camera di Commercio?
In questi casi l’esperienza non basta mai, purtroppo. Il sovrapporsi delle diverse scadenze e l’abitudine a presentarsi negli uffici soltanto sotto data
ha fatto sì che vi fossero giorni in cui abbiamo
dovuto gestire flussi di 400/500 persone, ma sempre senza tensioni. Una grossa mano ce l’hanno
data le associazioni di categoria, che hanno raccolto sul campo o attraverso gli sportelli dedicati
un gran numero di pratiche. E anche gli ordini
professionali, che hanno deciso di effettuare gratuitamente le perizie. Da parte nostra abbiamo potenziato la squadra, che attualmente è di 12 persone, perfezionato il programma di gestione dei
dati e fatto molta attenzione alla comunicazione
istituzionale, grazie anche alla collaborazione di
tutti i media locali. Abbiamo insistito molto, a tutti i livelli e in tutte le sedi, per la semplificazione
delle procedure e il dialogo fra le istituzioni, perché niente è più odioso per chi ha perso tutto che
dover continuamente riempire moduli e fare code
in uffici diversi.
Oltre ai danni diretti alle persone e alle imprese
ci sono poi i danni indiretti al turismo e all’immagine della città. Qual è il suo bilancio?
Il danno d’immagine è stato fortissimo, e le cancellazioni negli alberghi, all’Acquario, a Palazzo
Ducale pesanti: si è parlato di un calo del fatturato
di 12 milioni di euro per il settore turistico. Quando
gli eventi hanno un’eco mediatica così forte, succede che per settimane ti chiamino dall’altra parte del
mondo per sapere se la città è in piedi e i mezzi di
comunicazione funzionano ancora. Così, insieme
al Comune e alla Regione abbiamo lanciato subito
una campagna stampa nazionale, rilanciata tramite
l’hashtag #Genovaé dai blogger del nuovo “social
media team” che si era appena costituito proprio
per tenere sotto controllo la reputazione turistica della destinazione: un bel banco di prova, non
c’è che dire. Purtroppo al termine della campagna
stampa c’è stata la seconda ondata alluvionale, ma
i blogger non si sono dati per vinti. E a fine mese
abbiamo accompagnato un gruppo di giornalisti
nazionali a vedere le attività che riaprivano, il Museo di storia naturale al lavoro, le botteghe storiche
e tutto quello che i CIV (centri integrati di via) stanno preparando per questo Natale. Perché non sia
un Natale minore ma un’occasione di rilancio per
i commercianti e gli artigiani che si stanno rialzando, nelle strade ripulite e già con le luci accese e gli
alberi addobbati a festa. Il mio appello a tutti i visitatori non può che essere quello che già lanciai, con
ben altre premesse, nel 2004: “quest’anno a Natale
regalatevi Genova!”.
31
salute
Durante le Giornate Reumatologiche
Savonesi i medici hanno analizzato
lo stato dell’arte delle patologie
reumatiche e le relative cure e hanno
tracciato un quadro di come possa
essere possibile diminuire l’incidenza
delle malattie su larga scala
R
eumatologi a confronto gli scorsi 21 e 22 novembre a Savona,
presso la prestigiosa cornice
della Sala della Sibilla della Fortezza del
Priamar: sotto la direzione scientifica del
dottor Francesco Versace, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia
dell’Ospedale San Paolo di Savona, si
sono infatti ripetute le ormai tradizionali Giornate Reumatologiche Savonesi,
giunte quest’anno alla loro VII edizione.
Realizzate con il patrocinio dell’Azienda Sanitaria Locale n. 2, le giornate
savonesi rappresentano un’occasione
importante e ormai tradizionale per fare
il punto della situazione in un settore
fondamentale della sanità italiana.
“Tutti gli anni assistiamo a una grande
partecipazione di medici provenienti
da tutta Italia – dice a ‘Il Potere’ il dottor Versace – poiché questo convegno
permette loro di aggiornarsi sugli ultimi ritrovati nel campo delle cure delle
malattie croniche articolari. Quest’anno – prosegue Versace – abbiamo posto particolare attenzione all’uso dei
farmaci biotecnologici, prodotti che
hanno realmente cambiato la vita al
malato reumatico e che sono in grande
evoluzione. Molto presto – annuncia
il direttore scientifico delle Giornate
Reumatologiche Savonesi – avremo
delle nuove molecole che sono già state sperimentate nel mio reparto, all’ospedale San Paolo”.
Tra i temi centrali di questa settima edizione la diagnosi e la cura dell’osteoporosi, una patologia molto diffusa in par-
32
Reumatologia:
eccellenze
al San Paolo
MATTEO cantile
ticolare tra le esponenti del gentil sesso:
in Italia si calcola che circa 4,5 milioni
di donne siano affette da questa malattia,
un numero che non tende a diminuire.
“Troppo spesso l’osteoporosi viene diagnosticata con grande ritardo – spiega
Giancarlo Isaia, presidente della Società Italiana Osteoporosi – e anche quando si verificano le fratture delle ossa,
che sono il risultato più devastante della
malattia, solo il 26% dei pazienti viene
correttamente trattato per l’osteoporosi”. I dati citati dal professionista, così
allarmanti e inspiegabili, sono quelli
ufficiali delle autorità italiane preposte
al controllo del livello di efficienza del
“sistema salute”.
“Dobbiamo sensibilizzare i medici e i
pazienti – continua Isaia – per limitare
l’impatto di questa cosiddetta inappro-
priatezza terapeutica che tanti danni può
provocare. Quando una persona subisce
una frattura al femore, per esempio, in
conseguenza della sua patologia, non
deve essere solo trattata chirurgicamente per risolvere la frattura in sé, come
avviene in modo eccellente in buona
parte d’Italia, ma deve essere trattata in
modo specifico per l’osteoporosi”.
Durante le “Giornate” alla Fortezza del
Priamar i medici hanno analizzato lo
stato dell’arte delle patologie reumatiche e le relative cure e hanno tracciato
un quadro di come, attraverso i più recenti studi e le nuove tecnologie, possa
essere possibile diminuire l’incidenza
delle malattie su larga scala. Altro tema
di fondamentale importanza è quello
della sostenibilità delle cure: le nuove
tecnologie si stanno infatti rivelando
La Fortezza del
Priamar e, nella
pagina a fianco,
il dottor Francesco
Versace.
straordinariamente efficaci ma, a causa
dei lunghi studi che sono stati necessari
per svilupparle, presentano costi elevati per il sistema sanitario nazionale. È
quindi fondamentale che l’amministrazione pubblica provveda a sensibilizzare la pubblica opinione sulle modalità di
prevenzione, così da diminuire la quantità dei malati che rappresentano un costo sociale ed economico.
“Osteoporosi e artrite sono patologie
che combattiamo anche attraverso segnali di prevenzione – spiega al proposito Flavio Neirotti, Direttore della
Asl 2 Savonese – anche per la buona
ricaduta economica sulle casse dei
nostri enti. Siamo orgogliosi che sia
proprio un nostro ospedale, il San Paolo, a rappresentarsi come capo fila in
questo prezioso lavoro di diffusione e
aggiornamento e ritengo sia doveroso
plaudire alla competenza, anche organizzativa, del dottor Versace, vera anima di questa kermesse”.
Al fianco della soddisfazione della Asl,
anche il Comune di Savona, rappresentato al Priamar dal Sindaco, Federico
Berruti, si complimenta per l’importante convegno: “Sono molto felice che
questo evento ormai tradizionale si tenga qui, nella bellissima Sala della Sibilla, nel cuore culturale e storico della
nostra città – afferma Berruti – e si rivolga a un pubblico vasto. Moltissimi
savonesi e italiani soffrono delle patologie di cui si sta discutendo in queste
ore e l’investimento in formazione della nostra Asl, con ricadute positive per
tutti i medici del nostro Paese, ci rende
particolarmente orgogliosi”.
ERRATA CORRIGE:
Ci scusiamo
con i lettori
in riferimento
al numero di
ottobre del nostro
mensile. A pagina
19 era presente
un articolo
inerente al nuovo
portale on line
dell'Unione
Industriali di
Savona. Purtroppo
il riferimento
all'associazione
non appariva
evidente nel
titolo e per un
errore grafico
la fotografia del
presidente Elio
Guglielmelli è
stata invertita
con quella di
Mattia Noberasco,
attualmente
numero uno del
Gruppo Giovani
Industriali. Per
visionare la
creazione web:
www.svolta.net
con tutti gli
aggiornamenti
economici
del territorio
ponentino.
33
sport
Il presidente Antonio
Barreca ha fortemente
voluto come allenatore
il serbo Igor Milanovic.
U
na storia lunga 101 anni, quasi 102. Ma
una “fame” di successi che non ha perso smalto strada facendo, anzi. È proprio questa la parola d’ordine del presidente della Pro Recco, Angiolino Barreca, autentico deus
ex machina della società di pallanuoto e braccio
destro del patron Gabriele Volpi, l’uomo del “risorgimento” biancoceleste dal 2004, anche se
già dal 2002 la gloriosa squadra ligure aveva ripreso a vincere dopo 19 stagioni senza successi.
Ma la svolta imposta da Volpi e dai suoi uomini
è stata una di quelle destinate a trasformare la
storia in leggenda.
“Fame”. Da qui è voluto ripartire Barreca, ingaggiando ad allenare la Pro Recco il serbo Igor Milanovic. “Inizialmente i ragazzi hanno un po’ sofferto il lavoro duro, severo, molto serio del nuovo
tecnico. Ma poi lo hanno capito, cominciando a
seguirlo. E i risultati si vedono”, spiega il presidente. Una fame che viene da lontano, che incarna la voglia di vincere ed affermarsi dei popoli
dell’est. Una filosofia che non a caso è stata tra-
34
Quasi 102 anni di storia
e di successi, con una mai
sazia fame di vittorie
Pro Recco
il sole non
tramonta
mai
MAURIZIO MICHIELI
sferita anche allo Spezia calcio, di cui Barreca è il
vicepresidente esecutivo. Con l’arrivo di Bjelica
si è voluto dare questo segnale di rinnovamento
pure al calcio, quello italiano in particolare, dove
la determinazione, la volontà di emergere sono
doti sempre più rare tra gli atleti indigeni.
“Non ci poniamo limiti – spiega Barreca – l’obiettivo deve essere solo quello di dare il massimo.
Poi saranno i risultati a decretare se ci siamo riusciti oppure no. Andiamo avanti, partita per partita, sia sul fronte interno che su quello europeo,
con la consapevolezza dei nostri mezzi”.
Del resto quello della vittoria – o almeno della
lotta per la vittoria finale – è un timbro impresso nel dna della Pro Recco. Merello, Lavoratori,
Guidotti, Giraldi, Maraschi, Cevasco, Sogliano: sono gli eroi del primo dei 28 scudetti totali.
Passati per altri grandissimi giocatori: Alberani,
Sandro e Alberto Ghibellini, Ferretti, Benedek,
il compianto Rollan per approdare a Vujasinovic,
Angelini, Calcaterra, Madaras, Kasas. Ho lasciato
da parte lui, l’immenso Caimano, Eraldo Pizzo,
forse il più grande pallanuotista di tutti i tempi.
Non appartiene a questa o quella formazione della
Pro Recco, a questa o quell’epoca, probabilmente
non appartiene nemmeno “soltanto” alla Pro Recco bensì alla storia di questo fantastico sport. Un
monumento, ancorché perfettamente presente a
stesso con lo stesso spirito del passato.
Era l’estate del 1913 quando, davanti ai bagni
Enotria di Recco, nacque il club, che non a caso
venne denominato Enotria. Il primo scudetto è del
1959, ma più che di un titolo si trattò del primo
mattone di una Hall of Fame che produsse sino
al 1974 ben 14 tricolori in 16 stagioni e la Coppa dei Campioni del 1964. Poi arrivò il titolo del
1978, un’altra serie di successi interni tra il 1982
e l’84 e la seconda Coppa dei Campioni nel 1983.
Quindi, l’era moderna, dopo una parentesi di leggero oblio, aperta da Fabrizio Parodi e suggellata
dall’epopea di Volpi.
Un lungo e non certo sottile ma semmai solidissimo filo lega la Pro Recco di ieri a quella di oggi.
Un filo che porta dritto al giovane Bassani, classe
1999, che nella gara contro la Lazio ha lasciato
partire un destro micidiale che si è insaccato in
porta dopo avere colpito il palo. La prima rete in
serie A per il quindicenne uscito dal vivaio del
club. L’ultima perla dell’ostrica biancazzurra,
nella quale di recente è entrato a far parte persino
Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, oggi tessera
numero 595 della Pro Recco quale socio onorario
in virtù dei suoi illustri trascorsi da nuotatore, prima di diventare un beniamino del cinema in coppia con Terence Hill. Già, perché il sodalizio del
presidente Barreca si nutre del passato per essere
un’entità in perenne movimento verso il futuro.
Scudetti? Champions? Coppe Italia? Tradizione.
Ecco la parola magica, il segreto. Una tradizione
che porta con sé anche i risultati.
PALMARES PRO RECCO
Titoli assoluti
28 scudetti (’59, ’60, ’61, ’62, ’64, ’65, ’66, ’67, ’68, ’69,
’70, ’71, ’72, ’74, ’78, ’82, ’83, ’84, ’02, ’06, ’07, ’08, ’09,
’10, ’11, ’12, ’13, ’14)
7 Coppe dei Campioni (’65, ’84, ’03, ’07, ’08, ’10, ’12)
9 Coppe Italia (’74, ’06, ’07, ’08, ’09, ’10, ’11, ’13, ’14)
4 Supercoppe Europee (’04, ’07, ’08, ’10)
1 Lega Adriatica (’12)
1 scudetto femminile (’12)
1 Coppa dei Campioni femminile (’12)
1 Supercoppa Europea femminile (’12)
35
sport
Gli statunitensi John
McEnroe e Michael Chang,
il cecoslovacco Ivan
Lendl e il croato Goran
Ivanisevic danno vita a
una due giorni dedicata al
grande tennis del passato.
E
ro sulla strada per raggiungere
il “105 Stadium”, dove di lì a
poco avrebbe avuto inizio “La
Grande Sfida 3”. Campioni del passato che abbiano vinto almeno un torneo
del Grande Slam o siano stati primi nella classifica ATP. John McEnroe, Ivan
Lendl, Michael Chang e Goran Ivanisevic mi stavano aspettando. Nel tratto
che mi separava dalla destinazione, mi
sono ritrovato nel passato: quanti ricordi,
quante emozioni vissute guardando quei
campioni nei loro momenti d’oro. Dei
quattro protagonisti, avevo visto giocare
dal vivo solo Lendl, sempre a Genova,
più di trent’anni fa, algido e imperturbabile in ogni situazione. Poi c’era McEnroe, l’antagonista per antonomasia del
mio idolo di ragazzino, quel Bjorn Borg
che aveva cambiato il tennis, con quel
rovescio a due mani che, dapprima aveva fatto inorridire i puristi, e poi aveva
incantato le folle con quel suo aplomb,
quella compostezza che si contrapponeva al giovane John, ribelle e indomito
contestatore dei giudici. Avrei dovuto
aspettare Roger Federer, per ritrovare le
stesse emozioni sportive.
E poi avrei visto Michael Chang, con
quell’improbabile gioco con cui aveva
conquistato il centrale di Parigi, quel
servizio dal basso che aveva lasciato
attoniti gli spettatori, perplessi di fronte
a quell’atleta che mangiava banane al
cambio campo. E in ultimo Goran Ivanisevic, già della nuova generazione ma
ormai appartenente al passato.
Lungo il percorso cresceva l’attesa, il
desiderio di riprovare certi entusiasmi,
quelli adolescenziali, quando la passione sportiva è totalizzante e ti regala
emozioni sincere.
Ed eccomi finalmente a bordo campo
36
Quando il
tennis diventa
spettacolo
Carlo Brozzo
Per la prima
volta a Genova 4
miti del tennis si
scontrano in una
sfida fuori dal
tempo
per immortalare i miti. Tra il pubblico
tanti over 45, tutti trepidanti, accompagnati talvolta dai figli, quelli più piccoli,
cui hanno tanto decantato i loro eroi giovanili. E poi l’entrata trionfante dei giocatori, accompagnati dalle bandiere del
proprio paese, la musica a tutto volume
che ricrea in piccolo gli stadi di oggi, le
luci che accecano e stordiscono: l’aspettativa è alta.
Entrano in campo i giocatori e il mondo
incantato dei ricordi lascia spazio alla
realtà: McEnroe non è più il ventenne
vestito con marchio italiano, i capelli
ribelli e lo sguardo arrogante, quello
che urlava ai giudici “you cannot be
seriuos”, quello che dava il calcio alla
telecamera innervosito dalle decisioni
arbitrali; il McEnroe di oggi è un signore, quello che ogni tanto vediamo come
commentatore negli incontri tennistici,
ingrigito e con una mise un po’ demodé.
Dietro di lui Ivanisevic, più scattante,
forse, ma comunque un po’ fuori moda.
Inizia il match e il silenzio sacrale rende
ancora più imbarazzante la situazione:
l’incontro potrebbe essere quello di un
circolo tennistico di dilettanti, tra amatori che giocano la domenica mattina per
staccare dalla routine lavorativa. Il ritmo
è lento, l’errore è costante. I ragazzini si
guardano sgomenti: abituati agli schermi piatti da 50 pollici, alla visione HD,
seguono ogni giorno Roger Federer,
Novak Djokovic, Rafael Nadal & co. Li
vedono a ogni ora in tornei in giro per il
mondo, sono atleti che si muovono con
una rapidità supersonica, ci stupiscono
con colpi improbabili e impossibili e
tutti noi ormai siamo abituati al loro gioco, al loro ritmo. I ragazzini si guardano
stupefatti, lo sguardo interrogativo verso i genitori quando Ivanisevic rompe le
corde e chiede una racchetta in prestito
al pubblico: è una gag, vero, non è che
questo si è presentato davvero con una
racchetta sola?
L’incontro si risolve in un paio di set,
vagamente noiosi e scontati: lo stesso
McEnroe, a fine partita, si sente in dovere di scusarsi per la qualità del suo
gioco. Il pubblico applaude, più per dovere e si risiede rispettoso, in attesa del
secondo incontro. Qualcuno, più deluso,
si allontana e lascia la scena.
È poi la volta di Ivan Lendl: eravamo
già pronti a vederlo appesantito e statuario, lo avevamo seguito quando lavorava su Andy Murray e lo ha portato alla
vittoria a Wimbledon. Lo segue Michael
Chang e i ragazzini si chiedono: ma chi
è, un allenatore? Mai e poi mai penserebbero a lui come un giocatore. Lendl
ci regala qualche colpo da maestro,
quando la palla arriva e richiede poco
movimento, ma è pur sempre una brutta
copia di quel grande campione che regalava match incredibili su tutte le superfici. Ritorno indietro nel tempo e lo
rivedo ancora qui, a Genova, nel Palasport, quando si muoveva con maestria
contro un Fibak possente. La partita si
muove lenta, qualcuno se ne è già andato, qualcuno va via dopo la conclusione
del primo set. Poi, finalmente, il match
finisce, qualche commento positivo,
tanti sconsolati.
I ragazzini, di nuovo senza pietà, chiedono ai genitori come abbiano potuto
appassionarsi a questi personaggi, che
nulla hanno a che fare con i giocatori
di oggi; sembra quasi che si tratti di due
sport diversi. Qualcuno tenta di difendersi, cerca di rivalutare il mito, qualcun
altro ci rinuncia e rimane in silenzio.
Sulla strada del ritorno mi dico che in
fondo i Beatles sono rimasti miti indiscussi anche – e forse perché – non sono
più tornati sulle scene dopo averle abbandonate. Il mito rimane tale se resta nel
contesto dove è nato: qualsiasi modifica
altera un’alchimia che non è ricreabile. E
quindi mi auguro che Roger Federer giochi il più a lungo possibile come “gloria
attuale” perché anche lui, affinché la sua
aura rimanga inalterata, non potrà riproporsi come “vecchia gloria”.
37
collezioni
A
nche guardandolo negli occhi,
non si capisce quando Andrea
Fustinoni scherza o parla sul
serio. Nelle sue battute, acute e taglienti, non cambia mai espressione del viso,
e nemmeno inflessione della voce. Da
qualche anno segue attentamente come
amministratore delegato il Grand Hotel
Miramare di Santa Margherita, l’albergo preso da suo padre Giovanni,
imprenditore milanese, azionista di
riferimento del Palazzo del Ghiaccio
e dei Frigoriferi Milanesi, e grande
sportivo, appassionato di sci nautico.
Andrea, terza generazione, è anche
delegato regionale del Fai, un rapporto
che parte dal ’92, seguito con la solita
passione ed entusiasmo che lo guidano
in tutte le sue attività, andatura a passi lunghi e ben distesi, stando attento
a ogni particolare. Prima fra tutte c’è
la sua passione per l’arte contemporanea, un incontro nato con il design dei
Cinquanta: “Mi piaceva personalizzare
la mia abitazione con elementi decorativi, è stato il periodo di Fornasetti, Giò
Ponti, poi Scialoja, Domela, Florence
Henri. Tutto è cambiato dopo un viaggio a Torino per visitare la Gam, ero
insieme a Fabio D’Amato, compagno
di vita e di collezione. Abbiamo avuto
la sensazione che gli artisti che avevamo scelto, erano gli stessi presenti nelle collezioni pubbliche. Ci siamo resi
conto che non avevamo nulla di nuovo,
non avevamo scoperto niente, tutto era
già stato detto. Ripetevamo il conosciuto, che apporto potevamo dare?”.
Cosa stavate cercando come collezionisti?
Volevamo qualcosa di nuovo con cui
dialogare, avere uno scambio. Io e Fabio cominciamo a indagare il contemporaneo con un vero spirito di ricerca,
all’inizio eravamo semplicemente molto curiosi. In quel periodo il Fai, di cui
sono delegato regionale, aveva appena
preso la Villa Panza di Biumo, con la
loro incredibile collezione. Ho conosciuto Giuseppe Panza e sua moglie,
Giovanna, due calvinisti rigorosi, seguivano un progetto preciso, con basi solide, e hanno saputo mediare il percorso
mantenendo il rigore della ricerca.
Vi hanno dato qualcosa?
Difficile che un collezionista dia qualcosa a un altro, dà un esempio che puoi
condividere, è più giusto parlare di
scambio. Sono persone che si mettono sempre in gioco come i Bolongaro,
38
Andrea Fustinoni
è amministratore
delegato del
Grand Hotel
Miramare di Santa
Margherita e, con
Fabio D’Amato,
collezionista
d’arte
contemporanea.
Andrea Fustinoni e Fabio D’Amato vivono
il collezionismo come puro piacere,
non come una forma di investimento
Il fascino
infinito dell’arte
contemporanea
bettina bush
come Arturo Schwarz, ricordo anche
Claudia Gian Ferrari, siamo stati molto
fortunati nelle nostre amicizie. Poi c’è
stato un altro incontro importante, nel
viaggio con Fabio verso il Salento; volevamo vedere la galleria Vistamare, e abbiamo fissato un appuntamento con Benedetta Spalletti, la nipote dell’artista,
il momento del nostro primo acquisto
importante, alla fine degli anni Novanta.
Il primo vero oggetto del desiderio?
Una scultura bellissima, “Vicini di
casa”, marmo nero del Belgio, appoggiata al pavimento da sola, in una grande stanza del palazzo, un colpo di fulmine. Ci fu una lunga trattativa, alla fine
abbiamo ceduto, innamorati di quell’opera, non eravamo abituati a spendere
certe cifre. Ripensandoci un sentimento
di incoscienza ci ha spinto a lanciarci.
Adesso Vistamare è diventata la nostra
galleria di riferimento, e Benedetta è
una nostra cara amica. Ancora adesso
mi piace osservare la bellezza di questa
scultura, pulita, rigorosa, minimale, così
ordinata, perfetta, che trasmette l’idea
di un grande ordine, quasi un dialogo in
netto contrasto con la mia personalità.
Quando le persone a collezionare
sono due, il gusto e le scelte coincidono sempre? Per Fabio l’opera più
bella?
Sono un istintivo, sono colpito dal primo
impatto, non cerco altre vie, mi piace
l’estetica, la bellezza che ti colpisce col
primo sguardo. La mia opera più amata è Pink Cher di Scott King, la famosa
cantante con il basco di Che Guevara, su
sfondo fuxia, una lavoro di forte impatto. Noi non compriamo per investire, lo
facciamo per nostro puro piacere, dobbiamo sentire l’opera, il messaggio che
trasmette, ci deve entrare dentro; ogni
volta un’esperienza diversa; di Mario
Airò ad esempio ci piace la profonda
poesia, che ti avvolge immediatamente.
Allora Andrea piena sintonia con Fabio per le opere della collezione? oppure emergono differenze di visione?
Forse io ho un approccio più ragionato
e razionale, di un’opera mi conquista
l’elemento disturbatore, quello che mi
fa continuare ad osservarla. Cerco l’elemento dissacrante, come con Ghirri,
nell’opera “Rimini”, come con Elad
Lassry o con Adrian Paci, con il suo
“Centro di Permanenza Temporanea”,
dove si vede quella lunga fila di emigranti accalcata sulla scaletta ad attendere l’aereo che non esiste. Sono interpretazioni dell’artista e del suo sentire
speciale, dichiarazioni che condividi e
che ti affascinano.
39
Spettacoli
&cultura
S ERIOUS COMMITMENT TO CUSTOMER SATISFACTION
Spinelli Group provides inland logistics solutions for Shipping Container
Lines and Container Lessors through a powerful family of companies.
Spinelli Group offers the full inland shipping supply chain ranging
from port terminal facilities, multimodal transport
solutions, inland rail connected container depots,
warehouses, forwarding and custom agent activities.
w w w. g r u p p o s p i n e l l i . c o m
Dizionario alimentare
44
Loredana Furno
di Stefano Tettamanti
BP 16705
Each company operates independently, focused on its market segment,
but also competes collectively under the Spinelli Group brand.
42
In today's Network Economy, Spinelli Group is uniquely
positioned to leverage the power of networks to help connect
the Customers to the high-tech, high-speed global marketplace.
di Monica Corbellini
46
Frida Kahlo e Diego Rivera
di Linda Kaiser
lettere
IL DIZIONARIO ALIMENTARE di Stefano Tettamanti
Foto
Patrizia Traverso
In libreria
Saggio
Stefano Rodotà, Solidarietà, Un’utopia
necessaria, € 14,90, Laterza
La solidarietà è un principio nominato in molte
costituzioni, invocato come regola nei rapporti
sociali, è al centro di un nuovo concetto
di cittadinanza intesa come uguaglianza
dei diritti che accompagnano la persona
ovunque sia. Appartiene a una logica inclusiva,
paritaria, irriducibile al profitto e permette la
costruzione di legami sociali nella dimensione
propria dell’universalismo. Di legami, si può
aggiungere, fraterni, poiché la solidarietà si
congiunge con la fraternità. Nei tempi difficili
è la forza delle cose a farne avvertire il bisogno
ineliminabile.
Agnello [a'ɲɲɛllo] s.m.
1 L’uomo è buono,
Storia
Aldo Cazzullo, La guerra dei nostri nonni,
€ 17,00, Mondadori
La Grande Guerra non ha eroi. I protagonisti
non sono re, imperatori, generali. Sono
fanti contadini: i nostri nonni. Aldo Cazzullo
racconta il conflitto 1915-18 sul fronte italiano,
alternando storie di uomini e di donne: le storie
delle nostre famiglie. Attraverso lettere, diari di
guerra, testimonianze anche inedite, il libro ci
conduce nell’abisso della tragedia e del dolore
di quella che fu la prima sfida dell’Italia unita.
ma l’agnello è meglio.
Bertolt Brecht, Diari 1920-22, trad. di Bianca Zagari,
Einaudi 1983.
Agnolotti
[aɲɲo'lɔtti] s.m.
2
I toscani, padri della lingua e delle sue
perversioni, li chiamano agnellotti.
Dell’agnello hanno il candore, la tenerezza
e, sapido contrasto, l’aroma pungente, ma non
il nome. All’origine degli agnellotti sarebbero gli
angeli, anelli, da cui derivano la loro forma, tonda
come l’anus che si trova alla fine della catena non
solo etimologica. Corposi e pervicaci, i piemontesi li
hanno trasformati in agnolotti, quadri come le loro
campagne e le loro teste.
Laura Bosio, La madeleine, in Calendario goloso, Un
almanacco gastronomico-letterario per il 2000,
Garzanti 1999
42
Albergo
[al'bɛrgo] s.m.
(Noli)
3
Noli è una piccola repubblica di pescatori
sudditi di Genova, ma attaccata molto
tenacemente ai propri privilegi. La città
si trova su una spiaggia, è costruita abbastanza
bene ed è difesa da un castello situato su
una rocca al di sopra di essa, ma il porto è di
scarsa importanza. L’albergo era tale da farci
rimpiangere perfino la locanda nella quale
avevamo alloggiato a San Remo. Dopo uno
stranissimo tipo di cena che mai riuscirò a
descrivere, ci ritirammo per la notte; ma sarò
stato a letto da cinque minuti, quando sentii
qualcosa strisciare su diverse parti del mio
corpo e avendo preso la lampada per vederci,
scorsi più di una dozzina di cimici. Io, dovete
sapere, nutro per questi parassiti lo stesso
tipo di avversione che alcune persone hanno
per un gatto o il petto di vitello. Balzai
immediatamente in piedi, e dopo essermi
avvolto in un grande soprabito, in preda alla
nausea, mi sdraiai su una cassapanca di fuori
della stanza e là restai fino al mattino.
Tobias Smollett, Viaggio attraverso l’Italia,
Disavventure, pregiudizi e fugaci consolazioni
di un romanziere scozzese nel Bel Paese, trad.
di Paola Saitto-Bernucci e Claudio Spadaccini,
Nutrimenti 2003
43
danza
Il premio a una
vita dedicata alla
danza, tra teatri,
scuola e festival
A
Loredana Furno, un premio per
il lavoro e il progresso economico che ha dato a Torino, la
sua città. Un riconoscimento che testimonia gli oltre trentacinque anni di attività della danzatrice e la sua capacità
imprenditoriale.
Premiare “Per il lavoro e per il progresso economico” una danzatrice? Sembra incredibile, ma nel paese in cui la
danza sembra sempre un’arte negletta,
qualcuno si accorge del suo potere non
solo sociale e culturale ma anche economico. Capita a Torino, e la premiata,
da parte della Camera di Commercio
Industria ed Artigianato, è stata il 23
novembre scorso Loredana Furno. Una
lunga carriera di artista: Furno è stata
per oltre quindici anni Prima Ballerina al Teatro Regio, ed artista ospite di
moltissimi teatri in Italia e all’estero,
da anni è direttore del Balletto Teatro di
Torino e curatrice della Direzione artistica della Stagione di Danza della Lavanderia a Vapore, centro di eccellenza
per la Danza di Collegno. Negli anni
in cui era prima ballerina al Regio, ha
avuto modo di collaborare con Mario
Porcile, inventore del Festival del Balletto di Nervi che fu chiamato a dirigere
stagioni nel rinnovato teatro torinese. Il
legame con la Liguria si è rinsaldato
negli ultimi anni: dal 2005 è ideatrice
e organizzatrice del festival a Savona
“Danza alla Fortezza del Priamàr” che
ha visto esibirsi prestigiose compagnie
nazionali ed internazionali. Ballerina e
coreografa nata a Torino, inizia gli studi di danza alla scuola del Teatro Regio con il maestro Grazioso Cecchetti,
perfezionandosi in seguito con Susanna
44
Loredana Furno
è ideatrice e
organizzatrice
del festival a Savona
“Danza alla Fortezza
del Priamar” nato
del 2005.
La carriera
irripetibile
di Loredana
Furno
MONICA CORBELLINI
Quando
l’espressione
artistica incontra
lavoro e progresso
economico
Egri, Esmée Bulnes, Sonia Gasckell e
Marika Besobrasova. Nel 1962 entra
nel corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano e partecipa alla tournée in
Belgio e in Francia con “I solisti del Teatro alla Scala”. Per quindici anni è prima ballerina al Regio di Torino e prende parte all’inaugurazione del nuovo
teatro. Sempre come prima ballerina,
danza nei principali teatri italiani: San
Carlo di Napoli, Verdi di Trieste, La Fenice di Venezia, Comunale di Genova,
Massimo di Palermo, Arena di Verona,
Comunale di Firenze, Teatro dell’Opera di Roma e molti altri. È stata la protagonista femminile dell’edizione televisiva di “Histoire du Soldat” che ha
portato in numerosi teatri italiani. Ha
preso il ruolo di Carla Fracci al Teatro
Petruzzelli di Bari come protagonista
de “La figlia di Jorio” e l’anno successivo si è alternata con Elisabetta Terabust come protagonista de “La sonnambula” di Rieti-Balanchine al Regio
di Torino. Ballerina dal temperamento
drammatico, ha avuto particolare successo in balletti come: “Il gabbiano”
di Vlad-Menegatti, “La sonata dell’angoscia” di Bartok-Milloss, “La figlia
di Jorio” di Azon-Miskovitch, “I sette
peccati capitali” di Weill-Pistoni, “Romeo e Giulietta” di Prokofiew-Biagi,
“Cleopatra” di Mancinelli-Miskovitch,
“Fedra” di Massenet-Gai, “Semiramide” di Gluck-Veggetti, ed è stata una
struggente Carlotta nel Werther di Gaetano Pugnani. Nel 1977 ha fondato il
“Balletto Teatro di Torino”. Nell’ambito della formazione, di cui cura attualmente la Direzione Artistica, ha pro-
dotto ed ha interpretato balletti, come
“Werther” di Pugnani-Miskovitch,
“Cleopatra” di Mancinelli-Miskovitch,
“Shakespeariana” di Biagi-FascillaFurno, “Il Noce di Benevento” di
Viganò-Paganini-Egri, “Pulcinella” di
Strawinsky-Gai, “Amo le rose che non
colsi” di Cristiano-Gai. La Compagnia agisce in tutta Italia, all’estero e,
stabilmente a Torino dove effettua una
regolare Stagione di Balletto. Abilitata
all’insegnamento della danza dal Ministero della Pubblica Istruzione, Loredana Furno dal 1964 dirige la sua “Scuola
di Danza Classica e Perfezionamento”
da cui sono usciti numerosi professionisti, tra i quali lo stesso Levaggi. È
stata docente di storia della danza alla
Facoltà di Magistero dell’Università
di Torino, e membro di giuria in alcuni
concorsi internazionali. Nel 1980 crea,
accanto a Gian Mesturino, il Festival
“Vignale Danza” di cui curerà la direzione artistica fino al 1983. Nello stesso
anno, lasciata la direzione della manifestazione piemontese, fa nascere altri
due festival: a Bolzano (per volontà
della Provincia Autonoma) il “Festival
Internazionale Bolzano Danza” e ad
Acqui Terme il “Festival Internazionale Acqui in Palcoscenico”, di cui cura
ancora oggi la direzione. Nel 1991, per
promuovere la conoscenza dei Beni
Ambientali piemontesi, idea un festival
itinerante (nelle dimore storiche dei laghi Maggiore e d’Orta), il “Festival dei
Laghi” e, con il contributo della Regione Piemonte, apre nel 2005 un nuovo
spazio per la danza per il bellissimo Teatro Alfieri di Asti, “Asti Danza”.
45
arte
F
rida Kahlo e Diego Rivera è
il titolo della mostra dedicata
alla coppia di artisti messicani, aperta fino all’8 febbraio 2015 negli
Appartamenti del Doge di Palazzo Ducale. Il titolo antepone la donna all’uomo nel rispetto delle leggi di cavalleria
e, forse, di quelle del mito, ma andrebbe
rovesciato. Diego (1886-1957) nasce
ben 21 anni prima di Frida (1907-1954):
ex ragazzo prodigio, ha studiato 7 anni
all’Accademia, si è perfezionato per 14
in Europa, dove è entrato in contatto con
le avanguardie del tempo, ha viaggiato
in Italia per approfondire l’arte degli
affreschi, è padre di quattro figli avuti
da tre relazioni diverse ed è già celebre
quando, nel 1929, sposa Frida.
Lei è un’autodidatta: ha iniziato a dipingere davvero nel 1925, a 18 anni, mentre era convalescente, dopo che il bus su
cui viaggiava si scontrò con un tram e
il corrimano le trapassò un’anca. Il terribile incidente di cui fu vittima e che
l’aveva quasi uccisa segnò la sua vita,
costringendola a oltre trenta interventi
chirurgici, mesi di ingessature, diversi
aborti, malattie croniche, pensieri suicidi, uso e dipendenza da antidolorifici e
alcool. “Ho sempre lavorato sotto l’impulso spontaneo dei miei sentimenti”,
scriverà in una lettera del 1939, “Non
ho frequentato nessuna scuola, non sono
stata influenzata da nessuno”.
Rivera viene consacrato dalla mostra
personale al MoMa di New York nel
1930 e nei suoi murales di grandi dimensioni contribuisce alla costruzione
dell’identità del paese, rappresentando
la storia del popolo messicano, dalla riscoperta delle radici indoamericane agli
slanci della modernità, dal realismo magico alle suggestioni dell’industrializzazione. Per lui – un “grande combattente
sociale”, come lo definisce suo nipote
Pedro Diego Alvarado Rivera – “non
esiste arte apolitica”.
La Kahlo, invece, si rifugia nell’individualismo, cercando di eliminare dal suo
lavoro tutto quello che non nasceva dalle
motivazioni interne, dalle sue sensazioni personali, dai suoi stati d’animo: “ho
spesso oggettivato tutto questo in autoritratti”, scrive sempre nel 1939, “che erano quanto di più sincero e reale potessi
fare per esprimere i miei sentimenti”.
La storia racconta che Frida e Diego
si conobbero nel 1922 sotto i ponteggi
della prima opera pubblica di Rivera,
La creazione, realizzata nell’Anfitea-
46
Diego Rivera, Ritratto di Natasha
Gelman, 1943, olio su tela, cm 115 x 153.
Martin Munkácsi, Diego e Frida, 1934,
stampa in gelatina d’argento, cm 35,6
x 27,9. Frida Kahlo, Autoritratto con
scimmie, 1943, olio su tela, cm 81,5 x 63
(Cuernavaca, The Jacques and Natasha
Gelman Collection of 20th Century
Mexican Art).
Frida Kahlo
e Diego Rivera:
amore e arte
LINDA KAISER
Temi e attualità
della coppia di
artisti messicani
in mostra a
Palazzo Ducale
a Genova
tro Bolívar, nella Scuola Preparatoria
dell’Università di Città del Messico, alla
quale lei era iscritta. Una bellissima foto
in bianco e nero ritrae la coppia dieci
anni più tardi, mentre si bacia sotto altri ponteggi, quelli del cortile interno del
Detroit Institute of Arts. Lì Diego stava
realizzando uno dei suoi capolavori,
gli affreschi con L’industria di Detroit,
dove i pannelli principali rappresentano
gli operai che lavorano alla Ford.
Altre immagini li riprendono nel 1933
presso il murale del Rockefeller Center
di New York, proprio davanti al ritratto
di Lenin che, introdotto senza autorizzazione dentro al monumento emblema
del capitalismo, venne poi fatto distruggere dal committente. Nasce in questo
momento l’incrinatura irreparabile tra i
due artisti, con il ritorno in Messico, l’isolamento di Rivera ferito nell’orgoglio,
l’acuirsi del senso di bisogno da parte
della Kahlo, i tradimenti di lui e il perdono di lei, che lo idolatrava pur nelle
crudeltà che le infliggeva.
La mostra curata a Genova da Helga
Prignitz-Poda sottolinea questa diversità
dei due artisti e, insieme, il loro specifico, quanto discordante, approccio all’arte. La loro turbolenta relazione durata 25
anni alimenta il reciproco narcisismo in
un gioco continuo di sdoppiamenti e di
specchi. “Frida Kahlo e Diego Rivera
ognuno nei dipinti dell’altro” è il titolo del saggio della curatrice pubblicato
nel catalogo edito da Skira: nel percorso
espositivo si coglie questo filo rosso e la
“tensione” (non soltanto sentimentale)
che ne consegue.
Basti pensare all’immagine-guida della
mostra, quell’Autoritratto come Tehuana del 1943, dipinto a olio su masonite,
che specifica tra parentesi Diego nei miei
pensieri o Pensando a Diego, rappresentato sulla fronte di Frida come l’oggetto
dei suoi sogni e, al tempo stesso, il dominatore della sua mente. Qui l’iconografia
inventata con le lunghe radici dei fiori tra
i capelli si fonde con la tradizione messicana dell’abito di festa e con la storia
d’amore e distruzione delle divinità induiste alle quali si allude. Altrettanto significativa è l’opera del 1949, L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il
Messico), Diego, io e il signor Xolotl,
dove il doppio ritratto da ex voto di Frida con il cuore sanguinante, che tiene in
braccio un mostruoso Diego con la fiamma vivificante, diventa una composizione magica e quasi una deriva cosmica.
Delle opere presentate a Palazzo Ducale,
81 sono di Rivera (segnalo il Taccuino
italiano per la prima volta esposto; alcuni ritratti maschili degli anni ‘30 e ‘40; lo
splendido Ritratto di Natasha Gelman e
il Venditore di calle, entrambi del 1943;
la Famiglia di Veracruz, del 1957), 75
della Kahlo (segnalo ancora l’Autoritratto “very ugly”, del 1933; l’Autoritratto
MCMXLI, del 1941; La sposa che si spaventa vedendo la vita aperta e l’Autoritratto con scimmie, entrambi del 1943; il
Collage con due mosche, del 1953), due
di altri artisti e 19 gli abiti tradizionali indossati da Frida nella Cappella del Doge.
Piacevolissima, poi, è la sezione dedicata alla fotografia, una vera e propria mostra dentro alla mostra, composta da 76
immagini in bianco e nero e a colori. I tre
pronipoti di Frida – Cristina, Guillermo
e Mariana – ne sono entusiasti e posano
davanti ai ritratti di famiglia. Così come
l’unica figlia ancora in vita di Diego –
Guadalupe Rivera Marín – osserva commossa il ritratto di sua sorella Ruth.
Come si spiega il successo crescente di
Frida oggi? “È una questione di empatia”, spiega Helga Prignitz-Poda, “oggi
la società lascia sempre più sola la gente. La Kahlo era autentica, onesta: il suo
linguaggio dei sentimenti universali è
quanto mai attuale”.
47
cultura
Gozzi:
dall’acciaio
al calcio
Il presidente dell’Entella
Calcio, attualmente militante
nel campionato di calcio
di Serie B, Tonino Gozzi
è il vincitore del premio
“Polis” 2014, giunto ormai
alla XVI edizione. Il premio,
una preziosa caravella
finemente lavorata, gli è
stato consegnato la sera
del 30 novembre, nel corso
d’una affollata cena presso
il ristorante “Manuelina” di
Recco. Tonino Gozzi di fatto
ha ricevuto un “premio alla
carriera”, come del resto è
nelle intenzione dei fondatori, a cominciare da Gian
Carlo Mai. Sessant’anni,
laurea in Economia, docente
all’Università di Genova di
Economia e Gestione delle
Imprese di Trasporto e delle
Imprese della Logistica, è
presidente della società siderurgica “Duferco Group” e
presidente della Federacciai.
Ha coltivato passione per la
cultura, per la ricerca, per lo
sport. È impegnato, da buon
chiavarese, nella difesa del
territorio e della promozione
di nuove imprese e del lavoro
per i giovani. Ora fa parte
d’un sontuoso “palmares”,
quello del premio “polis”
che in passato ha incoronato: i cardinali Tarcisio
Bertone e Angelo Bagnasco,
Vittorio Malacalza, Paolo
Messina, Ornella Barra,
Francesco Berti Riboli,
Franco Henriquet, Vincenzo
Lorenzelli ecc.
48
arte
Cardini: la
storia alle prese
con la tavola
F
Franco Cardini,
L’appetito
dell’imperatore.
Storie e sapori
segreti della
Storia, Mondadori,
pagg 350,
euro 19.
ranco Cardini, 74 anni, professore emerito dell’Università di Firenze, è forse lo storico italiano più famoso non
solo in Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo.
I suoi studi soprattutto sul Basso Medioevo, sulla Cavalleria,
sulle Crociate, sui Templari e suoi complessi rapporti polittici,
ideologici e antropologici tra il mondo cristiano e l’islam hanno
ormai fatto scuola. Ma Cardini ha il dono di una genialità eclettica che per certi aspetti ne fa un tuttologo (nel senso più nobile
del termine perché il suo pensiero è sempre profondo) e anche
un brillante opinionista sempre protagonista sulla carta stampata e in tv. Cardini, sia pure amabile e spiritoso (e profondamente
umano) nella vita privata, è capace di stupire. Chi lo conosce
sa che è un brillante commensale e un uomo capace di tutti gli
adattamenti. può vivere frugalmente come provare grande curiosità per una mensa riccamente imbandita. Da questa esperienza umana, frutto non solo dei suoi studi, ma anche dagli
infiniti viaggi che gli hanno fatto percorrere il mondo, non solo
al fine di partecipare a convegni e convention, la sua curiosità
inesauribile lo ha portato a firmare uno scritto singolare. Uscito
in ottobre presso Mondadori, sta suscitando curiosità e interesse il saggio “L’appetito dell’Imperatore”. Sono 24 episodi che
hanno come protagonisti re, imperatori, papi, santi, generali ecc.
Il titolo viene da un episodio della vita di Napoleone: quando
prelevò dalla biblioteca di Fontainebleau alcune centinaia di
volumi (storia, classici del pensiero romano e latino) tra portarsi
all’ isola d’Elba dove era stato destinato. Stanco e digiuno gli
vengono offerte (qui c’è la fantasia dell’Autore) delle “oeufs
en meurette”, piatto complicato molto francese . Ma il volume
si apre con gli ultimi attimi della vita di San Francesco che, serenamente, gusta dei “mostaccioli” sorta di biscottini confezionati per lui da una nobildonna. Ma da un viaggio medievale nel
Mediterraneo emerge il cus cus alla magrebina, oppure, in un
momento drammatico della Prima Guerra Mondiale in Russia,
mentre cade lo Zar e inizia la Rivoluzione Sovietica, la famosa
minestra “borsch”. Ma c’è sempre un episodio storico per recuperare: farinata, panzanella, brodetti di pesce, castagnaccio,
piatti spagnoli e galleghi. Storia e cucina si mescolano in un
gioco divertito ed erudito, nel quale Cardini alterna il rispetto
scientifico alla fantasia inventiva con un gioco birichino. Al termine di ogni episodio, c’è sempre la ricetta, la sua storia e la
ricca bibliografia. Ecco una bella lettura serale che può accontentare tante curiosità. Un regalo che Cardini ha fatto a se stesso
e ai tanti suoi ammiratori ed amici. p.l.
Francesco Maria Bibesco,
L'ultima marmellata, 2014,
tecnica mista su tela, cm 290
x 150 (part.), in mostra a Pavia. Foto
Linda Kaiser (courtesy Kaiser Art)
la nota d'arte
LINDA KAIsER
Tre Outsider
genovesi
a Pavia
L
Roberto Maini,
Landscape, 1990,
acrilico su tela
(particolare)
a mostra Outsider Art. Espressione artistica di libertà o disagio sarà visitabile
a Pavia fino al 31 gennaio 2015. La sua
apertura, il 24 novembre 2014, è stata segnata da un
incontro-workshop internazionale, che ha sottolineato come proprio la libertà caratterizzi un’arte fuori
dai canoni e dalle leggi di mercato, ricca di simboli, colori e forme emersi dall’immaginario e dal
profondo di veri artisti, spesso inconsapevolmente
rivoluzionari e indipendenti: un’arte sempre più attuale, in un mondo contraddistinto fortemente dalla
diversità. Si tratta di un tipo di espressione teorizzata, classificata per la prima volta e valorizzata grazie all’impegno e alle ricerche dell’artista francese
d’avanguardia Jean Dubuffet (1901-1985), che nel
1945 ha codificato con il nome di Art Brut questa
forma d’arte affrancata dalla asphyxiante culture.
Nell’ambito anglo-americano si preferisce il termine corrispettivo di Outsider Art, sul quale ha scritto
nel 1972 il critico d’arte inglese Roger Cardinal, e
che comprende anche l’arte degli autodidatti (selftaught) e di chi esprime mondi latenti e stati mentali
estremi, architetture visionarie o elaborazioni fantastiche non convenzionali.
La Residenza Universitaria Biomedica della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena di
Pavia accoglie in mostra circa 150 opere, selezionate secondo tre direttive principali.
Il percorso espositivo presenta innanzitutto il gruppo
Outsider della Haus der Künstler di Gugging, vicino a Vienna, una delle importanti istituzioni-satellite
che con un Museo, una Galleria e un Atelier fa capo
all’Art / Brut Center diretto da Johann Feilacher,
vera autorità internazionale del settore. Della Casa
degli Artisti, fondata nel 1981, sono proposti i lavori
di 10 artisti storici, tra i quali August Walla, forse
il più significativo rappresentante dell’Art Brut della nostra epoca.A questo nucleo si affianca quello
dell’Atelier bild.Balance di Vienna, dal 2001 istituzionalmente volto alla promozione di artisti con
disagi, dediti spontaneamente all’arte. Tra i 6 protagonisti qui documentati, particolarmente significativa è la personalità di Ewald Wikidal, che si esprime
anche incidendo e colorando supporti di legno.
Il terzo gruppo è eterogeneo e composto da artisti di
diversa provenienza geografica, etnica e culturale,
che dichiarano con la loro personalità la forte componente individualista di un disagio sempre più diffuso, che trova nell’arte la sua effettiva liberazione.
Proprio di questa sezione fanno parte ben tre artisti genovesi. Il primo, Claudio Costa (1942-1995),
nato a Tirana da genitori italiani, legò la sua attività
artistica anche a quella di fondatore, nel 1988, dell’“Istituto per le materie e le forme inconsapevoli”,
presso l’ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto,
dove aveva organizzato un grande atelier per l’arteterapia. Il secondo, Roberto Maini (1942), esordì
nell’arte alla fine degli anni ’60, come Costa presso
la stessa galleria La Bertesca a Genova, sulla emergente scena dell’Arte Povera. Oggi mantiene le distanze dal mercato e dalle mostre e lavora ai suoi
paesaggi come un poeta visionario. Il terzo, Francesco Maria Bibesco (1941), segnato sin da bambino
dalla malattia, esprime soprattutto nelle sue ultime
opere, le vecchie lenzuola / sudario di “Marmellata
di arance”, tutto il dolore, la tragedia e il disagio di
fronte alle impossibilità della vita.
Questi lavori sono stati raccolti dagli anni ‘70 a oggi
e, riuniti con gli altri nel Fondo Fabio e Leo Cei,
sono per la prima volta presentati al pubblico, insieme alla musica di Simona Concaro e alle composizioni poetiche di Ike Hasbani, due giovani affetti da
autismo, entrambi ospiti di Cascina Rossago.
49
appuntamenti
Natale country,
noir a Courmayeur
12-14 dicembre
1
4 COUNTRY CHRISTMAS
MERCATINI NATALE BATH
In pochi lo sanno, ma il mercatino di
natale di Bath, è il più caratteristico
del Regno Unito. Nel suggestivo
scenario delle terme romane,
oltre 120 bancarelle proporranno i
piatti tipici della tradizione, oggetti
d’artigianato locale, gioielli fatti a
mano e decorazioni natalizie.
www.visitbath.co.uk
Jessica Nicolini
Sei appuntamenti
da non perdere. Ecco
le nostre proposte per
un week-end in Europa
1-14 dicembre
festival
30 dicembre - 1° gennaio
2 HOGMANAY FESTIVAL
EQUITAZIONE
2
Edimburgo
1
11-14 dicembre
3
Bath
FOLKLORE
L’Hogmanay (Capodanno) scozzese
inizia un giorno in anticipo. Dal 30
dicembre infatti, le strade di Edimburgo
saranno le protagoniste del veglione
di San Silvestro più grande e duraturo:
tre giorni di eventi, party di strada,
musica dal vivo e tanta birra.
www.edinburghshogmanay.com
Berlino
FOLKLORE
Pordenone
45 Nova Gorica-Gorizia
7
6
Courmayeur
Bologna
3
HIPPOLOGICA
Hippologica è la più grande fiera dedicata
all’equitazione di Berlino. Quattro giorni
di spettacoli, seminari e tornei per tutti
gli appassionati e sportivi.
www.messe-berlin.de
Si attendono oltre ventimila visitatori
da tutta Europa per Country Christmas,
l’evento che trasforma la Fiera di
Pordenone in una città country-style.
Gare, esibizioni e saloon dove scatenarsi
a ritmo di musica country fino a notte
fonda.
www.fierapordenone.it
5-12 dicembre
5
PIXXELPOINT
Il Pixxelpoint si è affermato in Slovenia
come uno dei più importanti festival del
new media art, acquisendo negli anni
sempre più fama internazionale. Arrivato
alla sua quindicesima edizione, oltre alla
City Gallery di Nova Gorica, si estenderà
anche sul territorio italiano, a Gorizia.
www.pixxelpoint.org
6-14 dicembre
6 Motor Show
Come di consueto il mese di dicembre
bolognese si aprirà con il Motor Show,
il Salone Internazionale dell’Automobile,
uno degli eventi più attesi per il mondo
delle quattro ruote. Non mancheranno
momenti di spettacolo e sport.
www.motorshow.it
9-14 dicembre
7 COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL
Courmayeur Noir in Festival è un evento
internazionale di cinema e letteratura
del genere noir, comprese tutte le
varianti e sottogeneri. Anteprime,
documentari e mostre imperdibili per
il pubblico appassionato del genere.
www.noirfest.com
MOTORI
ARTE
CINEMA
50
51
laurea in scienze del mare
Palazzo San Giorgio:
dedicato al pianeta Terra
Alberto II di Monaco
dottore honoris causa
I
“
l Mediterraneo e la condizione del suo ambiente tra preoccupazioni e speranze”: è la
“lectio magistralis” pronunciata nell’Aula
Magna dell’Università di Genova dal Principe Alberto II di Monaco in occasione della sua laurea
Honoris Causa in Scienze del Mare. La discussione
e la cerimonia si sono svolte il 24 ottobre scorso
nel capoluogo ligure. Riservato e con una punta di
timidezza, il principe Alberto ha però pronunciato
di fronte alla commissione presieduta (per l’ultima
volta prima della pensione) dal Magnifico Rettore
professor Giacomo De Ferrari una appassionata
difesa della natura e della Terra, mettendo in evidenza soprattutto i rischi del mutamento climatico
e delle estinzioni di importanti specie di animali ancora viventi, sua nelle zone a rischio, sia nei
52
mari e negli oceani. Il principe Alberto nel 2006 ha
dato vita a una Fondazione che porta il suo nome
e di cui è presidente mondiale. La Fondazione è
presente in molti Paesi del mondo, compresa l’Italia. Uno degli impegni più ambiziosi che Alberto
di Monaco persegue, oltre la difesa della natura e
delle specie viventi, è la raccolta di fondi per la ricerca scientifica e per l’Università, sempre a livello internazionale. Dal riconoscimento della laurea
“Honoris Causa” scaturiranno nuove iniziative e
un rapporto più stretto tra il Principato e l’Università di Genova.
Sempre per riaffermare questo principio culturale
e umanitario nella stessa giornata della discussione della laurea s’è svolta in serata a Palazzo San
Giorgio, sede dell’Autorità Portuale di Genova, una
La cena “Dedicato al Pianeta Terra”, che ha concluso
la giornata della Laurea Honoris Causa in Scienze del
Mare del Principe Alberto II di Monaco, s’è svolta nella
suggestiva Sala delle Compere del duecentesco Palazzo
San Giorgio, oggi sede dell’Autorità Portuale ma che
per secoli è stato il cuore pulsante dell’economia e
della finanza internazionali “inventate” dall’oligarchia
genovese del XIII secolo. Gli allestimenti e la
scenografia realizzati dall’architetto Umberto Ottino
hanno reso quasi magica l’atmosfera della sala dove
campeggiano i personaggi storici che hanno fondato il
mitico Banco delle Compere di San Giorgio, tra i quali
molti esponenti della famiglia Grimaldi. Alla cena, che
ha avuto come eleganti presentatori Roberto Rasia
dal Polo e Donatella Di Paolo, hanno preso parte circa
150 invitati, tra i quali molti da esponenti del mondo
imprenditoriale, marittimo, finanziario e professionale
di Genova e di Monaco.
L’organizzazione della giornata del principe Alberto
II – Laurea Honoris Causa e cena per la solidarietà
e per la ricerca scientifica – è stata realizzata
da Telenord con il coordinamento dell’editore
Massimiliano Monti, che ha preso parte alla serata
di Palazzo San Giorgio con la moglie Barbara.
Tra i presenti il principe Domenico Pallavicino,
console di Monaco a Genova; Bernard Fautrier,
vicepresidente mondiale della Fondazione Principe
Alberto II di Monaco; Cosimo Ferri, sottosegretario
alla Giustizia; l’avvocato Maurizio Codurri, presidente
della Fondazione in Italia; Robert Fillon, ambasciatore
di Monaco in Italia; Giacomo De Ferrari, Rettore
dell’Università di Genova; il commendator Carmelo
Spinella di Alliance Boots; Bruna Guglielmi titolare
della omonima gioielleria; il dottor Paolo Risso,
titolare della “Cambiaso & Risso”; l’armatore
Giuseppe Valenzano Menada; il marchese Giacomo
Cattaneo Adorno; l’imprenditore portuale Aldo
Spinelli; il dottor Riccardo Casale, AD di Sogin;
l’avvocato Angiolino Barreca, presidente della Pro
Recco; l’armatore Antonio Rosina.
Hanno contribuito in maniera determinante
all’evento che ha visto protagonista il Principe
Alberto II di Monaco:
Main Sponsor: Alliance Boots
Sponsor: Cambiaso & Risso; GIP Gruppo Investimenti
Portuali; Gioielleria Bruna Guglielmi; Castello di
Gabiano dei marchesi Cattaneo Adorno Giustiniani;
MSC Crociere; Rossignotti 1840; Telenord.
Media Partner: Radio Monte Carlo
La cena “Dedicato
al Pianeta Terra”
si è svolta nella
suggestiva Sala delle
Compere di Palazzo
San Giorgio.
cena “Dedicata al Pianeta Terra”, voluta dall’Associazione Italiana Onlus espressione della Fondazione stessa. Il ricavato è stato versato interamente alla
Fondazione. È stato il secondo evento a carattere
solidaristico, umanitario e scientifico che ha unito
la storica “madrepatria” Genova con il principato di
Monaco. In gennaio, infatti, era stata la principessa
Carolina di Hannover, sorella del principe Alberto
II di Monaco, in qualità di presidentessa mondiale
dell’AMADE (fondata da Grace Kelly, madre di
Carolina e di Alberto), associazione mondiale in
difesa dell’infanzia, a visitare l’istituto “Gaslini” e a
prendere parte a una cena durante la quale vennero
raccolti fondi per la Onlus e al regalato al Gaslini
uno speciale strumento robotico per interventi chirurgici assai delicati. p.l.
53
bitgeneration
Una maschera
da sci per
scoprire
nuovi mondi
fabrizio cerignale
Nasce da
questo
componente,
smontato
e adattato
con sensori schermi
Oled, “Oculus Rift”, il
caschetto
per la realtà
virtuale
54
L
e nuove frontiere della realtà virtuale, da
qualche tempo, passano per un accessorio
molto particolare, l’Oculus rift, che sembra
uscito dai film di fantascienza degli anni 80 ma
che, a dire di chi lo ha provato, può fornire un’esperienza immersiva nella realtà virtuale veramente superiore a ogni possibile aspettativa. A pensarci
è stato, come nel più classico sogno americano,
Palmer Luckey, un ventenne appassionato di videogiochi che si è accorto che, le tecnologie per
realizzare un casco di realtà virtuale a basso costo,
sono praticamente già presenti in uno smartphone.
Palmer, quindi, ha seguito un procedimento molto semplice: ha preso un paio di occhiali da sci,
tolto la lente frontale e usato quanto restava come
base per collegare tutti i componenti interni di un
moderno telefonino. Ha messo lo schermo al posto della lente, posizionato i vari sensori sul corpo
della maschera, fatto creare un paio di lenti che
permettessero di mettere a fuoco lo schermo e collegato il dispositivo a un PC. Questo, ovviamente,
il racconto anche un po’ romanzato, che ne ha fatto
il web. Lo strumento, su cui si lavora da circa un
anno, comunque, è tecnicamente un HMD, ovvero un head mounted display, ovvero uno schermo
da indossare direttamente sul visto. In pratica, per i
profani, si tratta di una sorta di maschera che, al posto delle lenti, ha un visore che, assieme all’uso di
auricolari a forte riduzione del rumore esterno, permette di immergersi totalmente nelle immagini che
vengono proiettate. Il progetto, che è stato realizzato da, Oculus VR, ha subito raccolto l’interesse del
mondo finanziario legato all’hi tech, tanto da aver
ottenuto un finanziamento di 16 milioni di dollari.
Di questi, però, vista anche la forte tendenza a far
partire queste progetti dal basso, 2,4 milioni di dollari sono stati raccolti attraverso il finanziamento
dei futuri acquirenti, con la campagna Kickstarter.
Un forte interesse al progetto, però, è stato immediato anche da parte del mondo hi tech tanto che la
società, fondata da Palmer Luckey e dai cofondatori di Scaleform, è stata acquisita, a marzo 2014, da
Facebook. Dopo questa breve disquisizione finanziaria, però, diventa utile anche capire, dal punto
di vista tecnico, le potenzialità di questo strumento, il cui kit dovrebbe essere commercializzato a
breve. In questo momento, infatti, si sta lavorando
ai miglioramenti dell’ultima versione dell’Oculus,
Realtà virtuale
di “cartone”
che è stata presentata Nel gennaio 2014. Questa
nuova versione del visore che è stata denominata
“Crystal Cove”, si differenzia, infatti, dalle versioni
precedenti per l’utilizzo di un display Oled da 5,
6 pollici di risoluzione 1920x1080 a 16:9. Questo
tipo di schermo, infatti, a differenza dei tradizionali visori Lcd, ha una minore latenza (in pratica
la risposta tra il movimento del corpo e lo spostamento dell’immagine davanti ai nostri occhi è più
rispondente alla realtà) e questo risolve i problemi
Una volta trovata l’idea vincente,
come sempre, su internet inizia
il diluvio di progetti fai da te
che promettono, a basso costo,
di trovare soluzioni adeguate
per riprodurre qualsiasi cosa.
Questo, ovviamente, anche
per la realtà virtuale dove,
sfruttando le sperimentazioni
di Oculus rift e del Project
Morpheus di Sony, sono stati
in molti a cercare una risposta
artigianale alla richiesta di realtà
aumentata. In questo caso,
però, i consigli non arrivano
Palmer Luckey
si è accorto che
le tecnologie per
realizzare un
casco di realtà
virtuale a basso
costo erano già
presenti in uno
smartphone.
dal solito mondo composto di
ragazzini che vivono tra web
e console ma da un gigante
come Google che, durante
l’ultima conferenza dedicata
agli sviluppatori, ha presentato
Cardboard, un visore per realtà
virtuale dal costo irrisorio. Per
costruirlo, infatti, basta un pezzo
di cartone, va bene anche quello
della pizza, qualche componente
di facilissima reperibilità è
uno smartphone di ultima
generazione. Certo, la qualità
non sarà quella dei prodotti
che erano legati al senso di nausea che provocava il
primo prototipo, A questa innovazione si aggiunge
anche un’altra novità, rappresentata dalla presenza di 20 sensori ad infrarossi posizionati sul visore
che, combinati con una telecamera posta davanti il
giocatore, sono in grado di rilevare gli spostamenti
nelle 3 direzioni, permettendo così agli utenti di potersi spostare nell’ambiente virtuale, offrendo, ad
esempio, la possibilità di avvicinarsi ad un oggetto
per vederlo meglio e, anche questo accorgimento,
limita il fastidioso effetto di vertigine che dava la
prima versione. In quel caso, infatti, gli oggetti più
vicini risultavano, fastidiosamente distorti e questo
veniva interpretato dal cervello come un segno di
malessere, provocando senso di nausea e vertigini.
I passi avanti, quindi, sono stati molti, basti pensare
che il primo prototipo usava uno schermo da 5,6
pollici ma dopo la campagna avvenuta su Kickstarter è stato deciso di passare ad uno schermo di 7
pollici. Lo schermo ha una profondità di colore di
24 bit per pixel ed è abilitato alla stereoscopia 3D,
e il campo di visione è di oltre 90 gradi in orizzontale (110 gradi di diagonale), che è più del doppio
rispetto ad altri dispositivi concorrenti, il tutto a un
peso di poco superiore ai 300 grammi. Ma se tutti
questi dati tecnici vi hanno fatto venire l’acquolina in bocca, purtroppo, bisognerà ancora attendere
qualche tempo per arrivare a una commercializzazione. Questa versione, infatti, è sempre e comunque rivolta agli sviluppatori come ribadito varie
volte dallo stesso Palmer Luckey e non è adatta al
mercato consumer (alcuni utenti che avevano comprato il primo development kit lo usavano come
periferica plug and play quando invece necessita di
un computer e di diversi programmi per essere fruibile al 100%). Questa versione dell’Oculus Rift,
comunque, si avvicina già per un 70% alla possibile versione finale del prodotto, che punta ad avere
una risoluzione di 2560x1440 (2K) o, addirittura,
di 4096x2160 (4K).
più blasonati ma basta, per
adesso, a scendere in volo sul
pianeta con Google Earth, fare
un viaggio per le vie di Parigi,
esplorare un mondo animato
in stile Pixar o una stanza fatta
di video di YouTube. Questo per
ora, ovviamente anche perché,
assieme a Cardboard è stato
presentato,un kit di sviluppo
sperimentale che in breve
tempo dovrebbe rendere la
programmazione di contenuti
virtuali facile quanto la creazione
di un sito o di una semplice app.
55
golf
C
inquecentomila euro di danni:
a tanto ammonta la lista delle
spese extra che il Golf Colline
del Gavi dovrà affrontare per rimettere
in sesto le due diciotto buche travolte
dall’alluvione di metà ottobre.
Fairway coperti da un pesante strato
di fango e limo, green spazzati via,
bunker devastati e, soprattutto, dodici
ponti divelti e distrutti: questo il primo, provvisorio elenco degli ingenti
danni che i soci del sodalizio di Tassarolo si sono trovati ad affrontare
appena le condizioni meteo hanno
permesso l’inizio degli innumerevoli
interventi di ripristino.
Coadiuvati da squadre di operai e di
volontari giunte dai vicini Golf di Rapallo e di Margara, tutti i soci del cir-
Alluvione e
solidarietà.
Si mobilitano 30
circoli in tutta
Italia per il Golf
Colline del Gavi
il golfista
LA FORZA DI
UNA MULLIGAN
C
Quando
il golf aiuta
se stesso
Isabella Calogero
colo del basso Piemonte si sono dati
immediatamente da fare nel tentativo
di ripristinare il prima possibile il gioco
sul percorso, anche se non se ne parlerà
prima del marzo del prossimo anno.
Nel frattempo si era anche in attesa
di un sostegno economico da parte
dell’amministrazione della Regione,
solitamente molto attenta alle problematiche del golf inteso come primario
veicolo di sviluppo turistico: purtroppo
al momento di scrivere questo articolo
non risultano esserci novità rilevanti.
In poche parole, almeno per ora, la politica ha risposto picche.
Dunque, nel duplice tentativo di sistemare il percorso e, soprattutto, di
salvaguardare i ventitré posti di lavoro normalmente garantiti dal sodalizio
di Gavi, si sono mossi decine di altri
club, uniti in un’iniziativa che non ha
56
precedenti nella storia del mondo del
green italiano. In che modo? Semplicemente, creando una catena di beneficenza lungo tutto lo Stivale italiano:
dal nord al sud, fino alle isole, trenta
circoli di golf hanno organizzato lungo i propri percorsi gare a 18 buche
il cui ricavato è stato devoluto su un
conto corrente dedicato.
Il progetto, unico nel suo genere e subito denominato Il Golf Aiuta il Golf,
ha portato sui tee oltre duemila golfisti
azzurri, che, dalla fine di ottobre e per
tutto il mese di novembre, si sono impegnati in competizioni di solidarietà.
Ma non è finita: mentre scriviamo, in
alcuni circoli in Veneto, in Emilia Romagna e in Sicilia, si stanno ancora disputando gli ultimi tornei benefici.
Si stima che alla fine del mese di dicembre la somma che si sarà riusciti
Alluvione 2014:
ingenti i danni. Al
Golf Colline del Gavi
12 ponti divelti e
attività sospesa fino
almeno a marzo
2015.
a raccogliere si aggirerà sui trentamila
euro: una goccia, probabilmente, nel
mare del disastro, ma comunque un
valido aiuto che permetterà la ricostruzione di alcuni dei ponti distrutti. E ancora: sull’onda di quest’idea,
ne è nata subito un’altra direttamente tra i soci del Golf Rapallo. Come
già avevano fatto negli anni passati in
occasione del terremoto de L’Aquila,
alcuni di loro si sono ritrovati in sala
d’incisione per registrare un CD di
successi musicali, il cui ricavato derivante dalle vendite verrà devoluto alla
causa del Colline del Gavi.
Si tratta dunque di una bella pagina di
golf italiano scritta da semplici giocatori del week end, nell’attesa che nella
stagione 2015 siano i campioni azzurri
a far parlare di loro sui circuiti professionistici internazionali.
redo che tutti, almeno una volta nella nostra esistenza,
abbiamo desiderato che la vita ci offrisse una mulligan.
Una seconda chance. Un miracolo capace di riavvolgere
all’indietro il nastro delle nostre emozioni e delle nostre azioni,
e che, al netto di quelle, ci permettesse di imboccare un sentiero
diverso da quello lungo il quale ci eravamo incamminati. Ricchi
delle esperienze accumulate lungo la strada già battuta e, per
questo, senza averle dimenticate, con una mulligan avremmo
potuto scegliere un nuovo cammino al quale guardare attraverso
una visuale rinnovata e con rinnovato stupore. Sconfortati dallo
spettacolo quotidiano che ci circonda, tutti, almeno una volta,
ci siamo certamente domandati cosa sarebbe stato della nostra
esistenza, “se”. Se avessimo scelto diversamente; se avessimo
ragionato con il cuore mettendo a tacere per una volta il ronzio
assordante della mente; se avessimo risposto alla vita con una
battuta meno scontata; se, in ultima analisi, avessimo avuto il
coraggio di considerare di riconsiderare. Ecco: tutti questi “se”
ci presentano il conto, di tanto in tanto, nonostante la certezza
nichilista e paralizzante che ci accompagna dalla nascita e che
non fa altro che sussurrarci all’orecchio che l’oblio è inevitabile, e
che i nostri sforzi diventeranno polvere, e che prima o poi la terra
sulla quale poggiamo i piedi verrà inghiottita dal buco nero della
memoria. Nessuno li vuole sentire questi “se”. Non quegli uomini
e quelle donne che non si fermano mai. Neppure per un istante.
Quelli che si ingolfano le giornate per non pensare alla vita che
nel frattempo scorre davanti agli occhi come un impetuoso torrente
in piena che non riescono o non vogliono arginare. E neppure tutti
gli altri: quelli che per scelta o per natura – chissà – sono riluttanti
alla vita e che hanno elevato l’indolenza e l’ozio a forma ultima di
saggezza. Sinceramente, non so chi sia più felice, o meglio, chi sia
tra questi migliore nell’arte di ingannare se stessi, dal momento
che di questo si tratta. Di mentire a noi stessi raccontandoci che
non esistono “se” opzionabili al di fuori della realtà che è. Eppure
qualche volta, nelle lunghe notti insonni che accompagnano l’età
matura, quando le barriere del cervello sono più labili e le parole
del cuore hanno la forza per superarle queste barriere, tutti quei
minuscoli “se” da sempre inascoltati si affacciano non invitati
e dunque prepotenti nei pensieri, ricordandoci i piccoli soprusi
che ci hanno allontanato, le delusioni che hanno eroso la nostra
stima, le umiliazioni che ancora bruciano nell’animo. Poi, quando
gli occhi si riaprono al giorno, li scacciamo rapidi con un battito
nervoso di ciglia. Che sciocchi che siamo, è il primo pensiero della
mattina. E, davanti a una tazza fumante di caffè che speriamo
possa rinvigorire le nostre fragili certezze, come scrive Francis
Scott Fitzgerald, ricominciamo a remare, barche controcorrente,
risospinti senza sosta nel passato. Giorno dopo giorno.
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Agenda
Dicembre 2014 anno 5 - n°37
cosa succede in LIGURIA
food
6-14 dicembre
NATALE
6-8/12-21 dicembre
Mostre, fiere,
spettacoli,
gli appuntamenti
più importanti
dell’agenda di
dicembre
Jessica Nicolini
ELETTRONICA
13-14 dicembre
Agroalimentare Nataleidea
MARC
Agroalimentare è il tradizionale
appuntamento prenatalizio presso Spezia
Expò. Tanti gli espositori presenti, con
un vasto assortimento di prodotti della
gastronomia italiana.
Marc è la fiera nazionale dedicata
all’elettronica, all’informatica ed
alle attrezzature da radioamatore.
L’appuntamento a cui gli appassionati del
settore non possono mancare.
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Non si respira aria natalizia senza
Nataleidea, che torna puntuale come ogni
anno alla fiera di Genova.Tante novità per
poter scegliere al meglio i vostri regali.
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