Dicembre 2014 anno 5 - n°37 5 € Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.37 anno 2014 politica Il rebus delle primarie a pag. 15 transport La Liguria con le ali a pag. 26 sport RIVISTA DI ECONOMIA, politica E CULTURA IN LIGURIA La pallanuoto d'oro a pag. 34 Riccardo Casale Una carriera tra manager e scienziato 37 In copertina Riccardo Casale ritratto da Marcello Scavo editoriale – La rotta tormentata di Matteo Renzi di Paolo Lingua 04| bébert- I nostalgici della bandiera rossa 05 | l’economista - Liguria sempre in ritardo dal territorio agli istituti bancari di Mario Margiocco 06 | la finestra sul mondo – La vittoria dei repubblicani facilita il rilancio di Hillary? di Luciano Clerico 08 | ritratto – RICCARDO CASALE di Paolo Lingua 10 | politica – Verrà dal fango la resurrezione della sinistra? di Caffaro di Rustico 15 | genova – Minuto per minuto la cronaca di un disastro di Michela Serra 18 | economia - Il braccio generoso della Cassa savonese di Paolo Lingua 24 | transport - Piaggio: un punto d'arrivo e uno di partenza di Matteo Cantile 26 | genova - Dai rifiuti alle storie, il riciclo si fa letteratura 28 | economia - Pronti a superare tutti i danni 31 | salute - Reumatologia: eccellenze al San Paolo di Matteo Cantile 32 | sport - Pro Recco il sole non tramonta mai di Maurizio Michieli 34 | sport - Quando il tennis diventa spettacolo di Carlo Brozzo 36 | collezioni - Il fascino infinito dell’arte contemporanea di Bettina Bush 38 | lettere – Il dizionario alimentare di Stefano Tettamanti 42 | danza - La carriera irripetibile di Loredana Furno di Monica Corbellini 44 | arte – Frida Kahlo e Diego Rivera: amore e arte di Linda Kaiser 46 | cultura – Cardini: la storia alle prese con la tavola di Paolo Lingua 48 | arte – Tre outsider genovesi a Pavia di Linda Kaiser 49 | appuntamenti - Natale country, noir a Courmayeur di Jessica Nicolini 50 | laurea in scienze del mare – Alberto II di Monaco dottore honoris causa di Paolo Lingua 52 | bitgeneration – Una maschera da sci per scoprire nuovi mondi di Fabrizio Cerignale 54 | golf – Quando il golf aiuta se stesso di Isabella Calogero 56 | agenda di Jessica Nicolini 58 | Direttore responsabile Paolo Lingua Redazione [email protected] tel. 010 5532774 Impaginazione Matteo Callegaro Progetto grafico studio Fa.Ma. 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È però altrettanto vero che la linea politica di Renzi è decisamente moderna e che è l’unica strada possibile per ammodernare il Paese e per superare tutte le incrostazioni residuali di una sinistra “di governo e di piazza” (soprattutto quella di discendenza del Pci e del massimalismo cattolico integralista) che, a rileggere con onestà la storia dell’ultimo mezzo secolo, ha sbagliato quasi tutto. Il Pci, anche come modello culturale, e certo radicalismo cattolico non hanno certo brillato per lungimiranza politica ed economica, anche negli anni Cinquanta e Sessanta, e decisamente sono stati sovente sopravvalutati. Anticapitalismo e antioccidentalismo, assoluta mancanza di aggiornamenti che venivano dalla cultura e dalla società anglosassoni, hanno accentuato una certa arretratezza nelle scelte strategiche italiane, soprattutto ogniqualvolta si è trattato di disegnare il nuovo assetto della società italiana nel contesto dell’economia mondiale. I fautori del cosiddetto “compromesso storico” hanno creduto di poter ignorare il senso epocale della caduta del muro di Berlino e di cavalcare, come se fosse una banale campagna elettorale, il fenomeno detto comunemente “mani pulite”. Il tutto all’insegna del trasformismo, male atavico, contrabbandato per astuzia so- 4 La lunga strada del leader per ammodernare il paese è al tempo stesso operativa e mediatica praffina, dell’Italia sin dal tempo dell’unità di impronta sabauda. Il problema reale di Matteo Renzi è di non disporre, nel suo stesso partito ma soprattutto in Parlamento di forze sufficienti, in particolare sul volgare piano numerico, di far passare a testa bassa le riforme di cui abbiamo urgenza. Le conosciamo da tempo infinito: nuova legge elettorale, abolizione (o ridimensionamento radicale) del Senato, riforma dell’articolo V della Costituzione. In questo quadro va certamente inserita una riforma strutturale – da realizzare con leggi ordinarie – della pubblica amministrazione, con una organizzazione diversa delle competenze e dei ruoli degli enti locali in rapporto allo Stato. Matteo Renzi cerca di evitare le infinite trattative notturne e le infinite “camillucce” tanto in voga nella cosiddetta “prima repubblica”. Sa infatti che il gioco infinito delle correnti interne e degli alleati esterni dagli umori variabili e dagli interessi corporativi può essere mortale. È un sistema (ma che poi sfocia in una forma tutta speciale di mentalità e di modus operandi) che è stato fatale a un leader tutt’altro che mediocre come Enrico Letta. Renzi, che pure ha silurato senza esitazione Letta, lo sa benissimo. Ha azzeccato il clamoroso successo alle elezioni europee, dopo aver vinto le pri- marie per segretario del partito, essendo riuscito a conquistare quel 10% del cosiddetto “voto di centro”. Quel pacchetto di voti gli ha permesso di relegare fuori dal momento decisionale l’estrema sinistra, interna al Pd ed esterna. Gli ha permesso di tenere a bada e anche di fare a meno dell’appoggio della Cgil incartata nella difesa d’un ruolo ormai superato dalla storia. Per molti aspetti, nonostante sia lontano dalle loro realtà e anche fuori del periodo storico che li ha caratterizzati, Matteo Renzi rappresenta istanze politiche che furono anche di Tony Blair in Gran Bretagna e dello stesso Bettino Craxi in Italia. Renzi è lontanissimo, pur essendo un cattolico, dal “compromesso storico” (e quindi da Moro e da Berlinguer), ma punta però a plasmare in maniera adeguata alla modernità la nuova middle class ridimensionata dalla crisi e anelante a un nuovo accettabile benessere. E qui forse c’è il maggior rischio nella marcia di Matteo Renzi, ancora netto vincitore alle elezioni regionali parziali, sia pure nel forte calo dei votanti: le riforme e il ridimensionamento della pubblica amministrazione gli porteranno consenso, ma dovrà passare il vero esame della sua carriera politica solo se potrà dimostrare d’essere il deus ex machina della riprese economica. Non è solo un problema di momento critico mondiale è anche una questione nazionale, soprattutto d’un Paese come l’Italia che da tempo gli investitori hanno abbandonato soprattutto per la pressione fiscale, la lentezza burocratica delle decisioni e della ostilità sospettosa e ossessiva e talvolta vessatore della pubblica amministrazione nei confronti di chi investe e fa impresa. Sarà su questa grande prova che Matteo Renzi darà “di sua virtù gran paragone” dimostrerà che l’aver spostato la barra del timone verso il centro è la mossa strategica vincente. I nostalgici della bandiera rossa Affari d’oro a Sottoripa, s’impennano le vendite di tute blu per borghesi aspiranti metalmeccanici L’ avvocato Giorgio Guerello, tutto soddisfatto e sorridente nell’atmosfera natalizia, si infilò sotto i portici di Sottoripa ed entrò con passo disinvolto in un antico negozio famoso per fornire di tute e di abiti da lavoro portuali, metalmeccanici, stradini e di ogni categoria di operatori di lavori pesanti. “Vorrei una tuta blu ben modellata” annunciò al commesso. Ne provò diverse e ne scelse una un po’ attillata ma che ricordava vagamente lo stile Armani. La porta del negozio si aprì all’improvviso e irruppe Giovanni Lunardon con una sacco di carta da dove estrasse una tuta blu “È troppo larga e lunga di maniche” mugugnò. Fuori s’era formata una piccola coda. C’era Mario Tullo corrucciato: “Non me ne va una bene per via delle spalle”. Un biondone traccagno e sovrappeso sospirava: “Me ne daranno una con la pettorina e le bretelle perché non ce n’è della mia stazza”. Un anziano piccoletto che si presentò come Stefano Zara disse “Ne voglio una da pensionato della Confindustria”. Dopo due ore il commesso chiuse e andò a rinfrancarsi con un caffè nel bar di fronte. Al ritorno davanti alla bottega chiusa s’era formata un’altra piccola schiera di clienti. Il primo con la barbetta bianca gridò “Sono Carlo Repetti, voglio una tuta con la Legion d’Onore ricamata”. “E io ne voglio una di cotone slavo, un po’ sbiadita” era Silvio Ferrari. Il commesso era frastornato: ma dove andavano quei tipi strani che tutto sembravano meno che rudi lavoratori? Lo si seppe solo il giorno dopo, in una grande sala affittata apposta per l’assemblea. Appena la musica cessò e il moderatore annunciò Sergio Cofferati, una piccola folla di tute blu si levò in piedi inneggiando, agitando falci, martelli e chiavi inglesi. Cantavano “Bella ciao” e “Bandiera rossa”. Quello grasso e biondo con le bretelle e la pettorina faceva più chiasso di tutti. Cofferati in un pettinato grigio, camicia e cravatta abbinate, era imbarazzato e ancor più di lui il povero avvocato Alessandro Terrile, anche lui vestito all’inglese perché tornava da un processo. Chi si era fatto cucire da un sarto di Milano, conosciuto ai tempi della Bocconi, una tuta su misura con i revers appena accennati era il sindaco di Savona Federico Berruti. La sua foto in tuta furoreggiava su tutti i network. “Siamo metalmeccanici” ululava Guerello. “Siamo antichi scavatori” faceva eco Lunardon. Zara spiccava balzi e agitava il pugno sinistro chiuso. “La cultura fa paura” verseggiava Repetti. Tra tanto blu spiccava Claudio Montaldo che aveva preferito il bianco del camice da infermiere con la croce rossa sul petto. Cofferati in tutto quel baccano si rivolse al suo segretario. Il suo volto orientale era impassibile. Bisbigliò: “Ma non ti sembra che esagerino un po’? Non è che tanto baccano potrebbe risultare controproducente?” Il segretario non rispose. Conosceva fin troppo bene quella tempra di rivoluzionari nostalgici, tutti ribelli da caffè o da ristorante con la vetrina sul passeggio. Non disse nulla per non sembrare un uccello del malaugurio. 5 opinioni l’economista Liguria sempre in ritardo dal territorio agli istituti bancari MARIO MARGIOCCO L a regola d’oro della democrazia è quella del cambiamento, ogni tanto, della classe dirigente. Questo è l’obiettivo principale delle elezioni, prefissate con scadenze massime in genere di 4 o 5 anni in tutti i Paesi democratici. Tre mandati consecutivi sono per una forza politica proprio il massimo, in genere, prima che il sistema degeneri. Chi governa, questo il primo problema, in genere ci prende gusto e vorrebbe governare il più a lungo possibile. Il secondo problema è che non sempre si ha a disposizione una seconda squadra credibilmente candidata a rilevare il testimone. Ogni riferimento alla Liguria, al Comune di Genova e alla prossima competizione per il voto regionale di primavera è puramente casuale. Cosa ci vuole di più, oltre a un dissesto idrogeologico evidente e a un gravissimo dissesto bancario, di una banca come Carige retta alla fine dalle istituzioni e quindi dalla politica del capoluogo regionale e di altre province, per indicare la necessità di un netto cambiamento? Il dissesto idrogeologico è a Genova e Chiavari e altrove sotto gli occhi di tutti. E poiché tutti sanno che la diagnosi è chiara da decenni, e che in questi decenni invece si è continuato a restringere l’alveo dei più pericolosi torrenti, non è stata fatta manutenzione, non è stato affrontato il nodo più grave che è a Genova quello della sbagliata copertura del Bisagno fatta negli anni 30, l’attuale maggioranza comunale genovese dovrebbe in teoria temere per il proprio futuro quando, nel 2017, si voterà nuovamente. Tre anni comunque sono molti per la memoria dell’elettore medio, anche se questa volta il ricordo di due drammi ravvicinati dell’acqua esondata, nel 2011 e nel 2014, sarà più tena- 6 Mario Margiocco, genovese, giornalista esperto di economia internazionale. ce. Nessuno ha fatto rimproveri particolarmente duri al sindaco Marco Doria, in carica da due anni e mezzo. Poteva e doveva denunciare con forza il pericolo. Ma i guasti sono ben precedenti. La maggioranza che lo sostiene, essendo di fatto la stessa che governa la città da quattro decenni, assolutamente troppi, invece qualche problema lo avrà. Se ci sarà davvero una sfida. Anche la Regione la cui scadenza elettorale è imminente è toccata, eccome dato le sue competenze, dal dissesto idrogeologico. Ma sul piano regionale, per le conseguenze che ha e soprattutto avrà nei prossimi anni, è la Cassa di Risparmio alias Banca Carige il dissesto maggiore. Le notizie hanno riguardato molto di più le malefatte, secondo l’accusa e secondo anche convincenti intercettazioni telefoniche, del presidente Giovanni Berneschi, da 30 anni di fatto padrone della Carige, che non lo stato effettivo dei conti della Banca e quanto dei finanziamenti concessi è da considerare recuperabile come previsto, quanto a forte rischio e quanto perduto. Di sicuro la Carige è l’ombra di quello che era, o si pensava fosse. Un anno fa il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco, aveva chiesto alla Banca Carige di fare sangue nuovo, sce- gliendo persone il più possibile estranee “al contesto socio-politico di riferimento”. Non certo un complimento per la Liguria. E non è stato fatto. La Fondazione non è nemmeno l’ombra di quello che era. Se ne stanno accorgendo parroci, volontariato, associazioni varie, bocciofile e pubbliche assistenze, in passato terreno d’elezione dei contributi della Fondazione. Di Berneschi si può ricordare quello che, a metà degli anni 80, diceva di lui in genovese Federico Mario Boero, buon conoscitore di personaggi ed economia cittadina: “ A Cascia? Trei che dorman e un fin troppu aspertu”. Sulla Banca, che dire, si è rivelata per quello che era da tempo, il crocevia di tutti i possibili inciuci regionali, una storia umiliante quanto e più del fango delle alluvioni per una regione un tempo orgogliosa. Come in tutti gli inciuci la lista sarebbe lunga. Ma qualcuno certamente non passava da quelle parti per caso. Prendendo la parola in un convegno di imprenditori a luglio a Palazzo Ducale, il dissesto della Cassa era l’argomento centrale, il Presidente della Giunta Regionale, Claudio Burlando, rispondeva alle critiche chiedendo: e voi dove eravate quando nel 2006 il “Corriere della Sera” citava con precisione una serie di operazioni sospette? E già, gli veniva risposto, e dove eri tu? In primavera si vota per la Regione. La maggioranza che regge l’attuale Giunta è in subbuglio e ci sono sfide interne al passaggio di testimone fra Burlando, ormai a fine del secondo mandato, e la sua erede designata Raffaella Paita. Ma dove è il sangue nuovo, dove sono i volti nuovi che una città da 600 mila abitanti e una Regione da oltre 1,5 milioni dovrebbero pur avere? opinioni la finestra sul mondo La vittoria dei repubblicani facilita il rilancio di Hillary? Luciano Clerico S tiamo attenti a dire che il prossimo presidente degli Stati Uniti sarà un repubblicano. Per quanto possa sembrare paradossale, la sconfitta di Obama alle elezioni di midterm può favorire Hillary Clinton. L’America delle presidenziali 2016 ci può mettere meno di un attimo per passare dallo Yes We Can allo Yes I Can, I Am A Woman. Dal punto di vista della campagna elettorale, è questo lo scenario che hanno prodotto le elezioni di midterm. Il tracollo di Obama non ha rafforzato i repubblicani (continuano a non avere un vero candidato), mentre ha semplificato la vita a lei, l’ex first lady più conosciuta al mondo. È un paradosso, uno dei tanti della politica americana. Ma, per l’assurdo gioco della comunicazione politica (che poco ha a che vedere con la politica vera e propria), le cose stanno così: ora Hillary è più forte. Per due motivi. In primo luogo, grazie a quel voto l’ex first lady sarà libera di impostare una campagna elettorale svincolandosi dalla figura dell’attuale presidente. A due anni dalla sua scadenza naturale, Obama per effetto di quel voto è diventato dal punto di vista dell’immagine “l’uomo che prometteva troppo”, e dal punto di vista politico una lame duck (letteralmente “un’anatra zoppa”). Nel frasario politico americano significa essere un “presidente dimezzato”. In questi termini: alla Casa Bianca hai il potere di prendere le decisioni che ritieni più opportune, ma al Congresso, dove l’opposizione è diventata maggioranza sia alla Camera che al Senato, non ne passa una che sia una. 8 Luciano Clerico, caposervizio ANSA è stato a lungo corrispondente dagli Stati Uniti. Voto Usa: perde Obama ma non vincono i repubblicani, vince Hillary In secondo luogo, in un’America dove, soprattutto tra la classe media, regna un malcontento strisciante, questo Obama “azzoppato” può tradursi in un vantaggio per Hillary Clinton anche per un altro motivo: lei ora potrà fare una campagna “contro”. Il suo messaggio elettorale nella corsa alla Casa Bianca sarà questo: se oggi in America le cose non vanno (e la pensano così gran parte degli elettori del ceto medio) la col- pa – potrà dire Hillary – è della nuova maggioranza repubblicana che al Congresso blocca ogni provvedimento della Casa Bianca (dalla riforma dell’immigrazione al rientro delle truppe in Afghanistan). Senza contare, poi, che un Obama dimezzato consentirà alla ex first lady di avere mani libere sulla comunicazione democratica, e di imporre al partito una linea del tipo “meno promesse, più factuality”. A questa dimensione più propriamente politica si deve aggiungere un altro elemento, non secondario per una campagna elettorale come quella americana tutta giocata sulla comunicazione-spettacolo: lei, Hillary, è molto più “personaggio” di qualsiasi altro candidato possa concorrere alla Casa Bianca. È stata la moglie fedele capace di stare accanto al marito infedele nel momento per lui più difficile; è stata la first lady-mamma che ora, anni dopo, si ripresenta al grande pubblico come nonna; è stata un ottimo Segretario di Stato che ha fatto dimenticare agli americani gli oggettivi limiti diplomatici mostrati al mondo da Condoleeza Rice. Agli occhi degli americani, che possa essere lei la prima donna-presidente rappresenta un elemento di appeal fortissimo in termini di comunicazione elettorale. Se a tutto ciò si aggiunge la smisurata ambizione di Hillary, ecco che il cerchio si chiude: nel segnare la disfatta del primo presidente nero, l’elezione di midterm ha più che mai rilanciato le speranze di colei che vuole diventare la prima presidente donna. Non più Yes We Can ma Yes I Can, I Am Woman, “a true american woman”. ritratto Guidare una società come la Sogin è certamente una sfida con molti rischi. Ma RICCARDO CASALE che ha diviso la sua carriera tra la ricerca scientifica e il ruolo di manager crede fermamente allo sviluppo sostenibile e al recupero di rifiuti industriali portatori di inquinamento PAOLO LINGUA R iccardo Casale, che compirà 51 anni alla vigilia di Natale, è un genovese – manager e scienziato – che è approdato un anno fa a Roma come amministratore delegato della Sogin che, come è stato scritto da molti media, è una società pubblica che, dopo qualche problema di passate gestioni, ha bisogno di “serietà e trasparenza”. Questa battuta Casale, temperamento operoso e ottimista che non perde mai il sorriso, la fa propria. Un anno fa ha lasciato a Genova, forse con un pizzico di rimpianto, la presidenza dell’Amiu dove aveva lavorato con molta energia anche, ricostruendo l’immagine dell’azienda. Si parlava di lui per la presidenza dell’Iren, ma si è capito subito che tra il corrucciato sindaco Marco Doria e il solare Riccardo Casale non c’era “feeling”. Le cose poi non sono andate benissimo (ma Doria non sembra baciato dalla fortuna), tanto è vero che si sta parlando già di sostituire i vertici dell’Iren appena nominati. “Lo constato – dice Casale – ma non voglio affondare la lama, perché sembrerebbe un fatto personale e io continua a pag. 12 X 11 ritratto Tra l'università e l'Europa Approdato alla Commissione Europea nel 1992, si è occupato per 14 anni di problemi ambientali ed energetici ho imparato, nel mio girovagare in Europa e negli Usa, a non personalizzare mai e a tirare diritto per la mia strada”. Una maniera di comportarsi che deriva da una legge fisica? Può darsi: Riccardo Casale si è laureato all’Università di Genova in Scienza della Terra. Ha accarezzato il progetto di perseguire due strade: quella del management e quella della ricerca scientifica. Ha avuto il sopravvento la prima delle due carriere, ma per Casale la ricerca scientifica è rimasta una sorta di “amante” da cui non riesce a vivere separato: ha insegnato, come esperto e come professore a contratto, a Genova, a Milano, a Torino e a Miami, ancora fino all’anno scorso. “Nel 1992 – racconta – sono approdato alla Commissione Europea dove sono rimasto 14 anni e dove mi sono occupato soprattutto di problemi ambientali ed energetici e, in particolare, di combattere i rischi ambientali collegati ai cambiamenti climatici”. Erano gli anni della presidenza di Romano Prodi all’Ue. Gli anni della vera formazione. Il ritorno in Italia vede Casale all’ENEA e poi all’Agenzia Nazionale per l’Innovazione, prima del “ritorno in patria” a Genova dal 2008 al 2013 come presidente dell’Amiu e gran sostenitore della raccolta differenziata. Riccardo Casale, pesca tra i suoi ricordi: “Quando lavoravo – racconta – alla Commissione europea, avevo steso rapporti e ricerche sulla protezione civile. Molti sono stati pubblicati, in inglese, da editori internazionali e ce n’è ancora uno che dal 1995 è in vendita su Amazon (Natural Risck and Civil Protection). Sono stati anni molto belli e fruttuosi da tutti i punti di vista”. Riccardo Casale, conversando, scherza sul proprio carattere: “Sono cordiale e allegro – racconta – ma solo con gli amici ei familiari. Per il resto della mia vita sono per natura riservato. Mi sono abituato a spostarmi per il mondo, mi sento cosmopolita, ma 12 Decommissioning e bonifica ambientale La Sogin è la società di Stato responsabile della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare. È una società pubblica, interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che opera in base agli indirizzi strategici del Governo Italiano. La Sogin è operativa del 2001. Nel 2004 diventa Gruppo con l’acquisizione della quota di maggioranza (60 %) di Nucleo spa, operatore nazionale incaricato della raccolta, del condizionamento e dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività di medicina nucleare e di ricerca scientifica e tecnologica. Ha attualmente 1000 dipendenti. Attualmente Sogin gestisce le quattro ex centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina e Garigliano; l’impianto FN di Bosco Marengo e si occupa della bonifica degli ex impianti Enea di Saluggia, Casaccia e Rotondella. Riccardo Casale è nato a Genova il 20 dicembre 1963. È Amministratore Delegato di Sogin Spa da settembre 2013. È stato presidente operativo di Amiu Spa (2008-13) e di Amiu Bonifiche Spa (2009-13). Dal 2011 è Presidente di GE.AM. Spa, Società operativa in ambito portuale nel settore rifiuti e ambiente. Tra il 2011 e il 2013 è stato anche Presidente e successivamente Amministratore di IREN Energia, Società del Gruppo IREN operativa nella produzione di energia e Presidente di Ecolegno SpA, Società operativa nel settore del riciclo di materiali. È stato Presidente di IRIDE Energia SpA, Amministratore di NUCLECO SpA, Società operativa nel settore dei rifiuti radioattivi, Consigliere Energia e Ambiente dell’Agenzia Nazionale per l’Innovazione, Amministratore di ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Dal 1992 e fino al 2006, ha lavorato per il Principal Scientific Officer presso la Direzione Generale della Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico della Commissione Europea. Laureato in Scienze della Terra all’Università di Genova (1988), ha sempre mantenuto un’intensa attività accademica, docente di Politica energetica presso il Corso di Laurea in Energetica dell’Università di Genova (2011-13), “Visiting Professor” incaricato del corso: “European environmental policies” presso la University of Miami (USA ,2006-07), professore a contratto presso il Politecnico di Milano del corso “Politiche ambientali europee” (1996-97), docente al Master COREP - EPEA, European Polytechnic Environmental Association, Politecnico di Torino (1995-98) Infine, è stato editorialista e collaboratore di riviste e testate giornalistiche su temi legati all’ambiente, all’energia. Per alcuni anni “scientific editor” per SpringerVerlag. Autore/ editore di varie pubblicazioni sulle tematiche energeticoambientali, fra le quali: Natural Risk and Civil Protection (1994); Natural risks and sustainable development, Springer (2001); Risorgimento Nucleare (2008). Gran sostenitore della raccolta differenziata è stato presidente dell’Amiu dal 2008 al 2013 poi torno sempre a Genova dove ho amici, affetti e famiglia”. Fa una sosta e poi prosegue: “Ma ci sono altre calamite che mi attraggono alla mia città: la prima è il Genoa. È una passione senza limiti. La seconda è una mia debolezza d’abbigliamento, ovvero le cravatte di Finollo. A me, per un piccolo privilegio, le confezionano su misura”. Torniamo subito a parlare di lavoro. “A Roma, dove mi trovo da un anno – racconta – alla Sogin ho avuto subito un buon impatto, nonostante i mille problemi. Il primo successo, che è stato riconosciuti dai media, è stato il “rimpatrio” definitivo negli Stati Uniti di importanti quantitativi di uranio e plutonio nel quadro del trattato internazionale GTRI per il miglioramento della sicurezza globale. In quella occasione abbiamo effettuato un trasporto anche dal porto della Spezia nello scorso mese di marzo. Ci fu anche allarme sui media, ma poi tutto filò liscio, al punto che la Sogin ebbe il plauso e il riconoscimento ufficiale dall’Ambasciata USA a Roma e anche un ringraziamento sul sito della Casa Bianca” Riccardo Casale è ora alle prese con un progetto impegnativo. La Sogin deve localizzare in Italia un sito dove creare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. “Stiamo mettendo a punto per i ministeri competenti – spiega – una mappa delle potenziali aree che presentano caratteristiche di idoneità. Non nascondo le mie preoccupazioni. L’operazione è necessaria e urgente, ma in Italia per molto meno insorgono infiniti ‘comitati del no’. Dobbiamo comunque farcela”. La Sogin prosegue comunque negli altri suoi delicati impegni: tra l’altro è in corso il processo di decommissioning degli ex impianti nucleari italiani, mentre l’azienda punta sempre di più all’internazionalizzazione delle proprie attività. A questo punto, per quadrare il cerchio, ci vorrebbe solo il decimo scudetto per il Genoa. 13 Il gas di casa tua. politica Raffaella Paita candidata alle primarie del centrosinistra e Claudio Burlando agli ultimi mesi della presidenza della Regione. Verrà dal fango la resurrezione della sinistra? Caffaro di rustico Regionali, ad un Pd confuso e attraversato da antiche rivalità si contrappone una destra divisa e indebolita Molti possono vendere gas ed elettricità. Solo Iren Mercato ti è veramente vicino. Ti conosce da sempre. Ha solide radici. Ha sportelli sul territorio dove persone in carne ed ossa ti danno risposte. Ha call center dedicati nella tua città. E, nello stesso tempo, è oggi una società con dimensioni e struttura tali da affrontare con serenità le sfide del futuro. Se sei con Iren Mercato sei al sicuro. E hai molto di più che solo gas ed elettricità. Per informazioni: www.irenmercato.it L’energia che muove le cose. L’ “ alluvione ha sommerso il pack dei mobili, / delle carte, dei quadri che stipavano / un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto”. Così Eugenio Montale, evocando l’alluvione di Firenze del 1966, descriveva la confusa distruzione di suppellettili, scritti, pensieri e memorie. Anche l’alluvione di poche settimane fa che, a più riprese, ha colpito quasi tutta la regione sembra, metaforicamente, aver confuso, cancellato e alterato l’identità del Pd ligure rendendo ancora più confusa la corsa tutta “stop and go” verso le primarie fissate in coda all’Epifania. Il Pd appare a tutt’oggi una sorta di “pollaio di Babele” dove si confondono le correnti, i riferimenti nazionali, le posizioni di tipo geograficolocalistico. Il Pd è attraversato da antiche e stratificate rivalità, da rancori tenaci, dalla rabbia soffocata di molti errori e di scelte amministrative confuse e affastellate. Pure, come del resto è già successo all’indomani delle primarie e del voto per il Comune di Genova, questo cigolante carrozzone ha una forza atavica, un DNA tenace che gli consente, chiusa la partita elettorale, di digerire qualsiasi sbandata, di inghiottire qualsiasi amaro boccone, tenendo botta come si dice nel linguaggio corrente. Tutti i dirigenti, militanti e simpatizzanti sanno benissimo che la forza del partito che controlla i tre quarti delle amministrazioni civiche della Liguria è una sorta di patto non scritto con la pur frammentaria e confusa oligarchia del territorio: professionisti, imprese, settori economici industriali o finanziari, sindacati, gruppi di pressione. È una forza sempre presente e una debolezza strutturale. Perché il “patto” non scritto è retto da troppi aspetti negativi: conservazione, difesa dell’esistente, veti incrociati, “no” secco a qualsiasi novità che alteri fragili ma indistruttibili equilibri. L’altra fortuna del Pd è la sostanziale mancanza di avversari o rivali politici. L’area che va dai cosiddetti moderati sino alla destra radicale è divisa da individualità e rivalità – quasi sempre di basso profilo – che non sono in grado, dopo risse e scontri, di ricucire lo schieramento. In parole povere in Liguria si preferisce sempre di ricucire l’unità, anche dopo una sequenza di brutte figure o di errori politici grossolani, per vincere, costi quello che costi. L’area opposta preferisce perdere, piuttosto che emerga una delle tante “anime” dello schieramento. Qui l’individualismo è cieco e preferisce il “cupio dissolvi”. Questo spiega, come illustriamo in altre pagine di questa numero de “Il Potere” perché Matteo Renzi è cresciuto saccheggiando un dieci per cento di voti della ipotetica “area di centro”. Una operazione più difficile in Liguria perché i cosiddetti “oligarchi economici”, scavalcando problemi di carattere ideologico, preferiscono il “patto non scritto” con la ammalata cronica ma immortale “sinistra debole”. 15 politica PRIMARIE CENTROSINISTRA: i candidati PRIMARIE CENTROSINISTRA: i candidati Lella: la quarantenne che incarna Renzi La lunga storia di Sergio Cofferati Raffaella “Lella” Paita è nata alla Spezia il 23 novembre 1974. È sposata con il presidente dell’Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo (pure lui spezzino, pure lui Pd ma di formazione post-democristiana, conosciuto in consiglio comunale) e ha un figlio, Francesco. Lella Paita, giovanissima, ha sempre svolto attività politica, non ancora ventenne, ancora studentessa, ha militato nel movimento giovanile del suo partito ed è stata segretaria provinciale e poi regionale del Pd. Eletta in Consiglio Comunale alla Spezia è stata capogruppo dal 1997 al 2002. Dal 2002 al 2007 ha ricoperto l’incarico di capo di gabinetto del sindaco della Spezia Giorgio Pagano. Chi la conosce la definisce infaticabile, onnipresente e sempre preparata su tutti gli argomenti dell’amministrazione. Dal 2007 al 2010, sempre nella gestione Pagano, è stata assessore con molti incarichi: dalla pianificazione del territorio al riordino delle società partecipate, dalla cultura alla cooperazione dal presidente internazionale. Nella primavera del 2010, con poco meno di 10 mila preferenze è stata eletta consigliere regionale. Ha ricoperto subito l’incarico di capogruppo, successivamente dal mese di ottobre è stata indicata dal presidente della Giunta Regionale Claudio Burlando come assessore con la delega alle infrastrutture. Ha avuto poi anche altri incarichi: riorganizzazione degli enti locali, riordino delle province, della città metropolitana e delle unioni di comuni. Anche in Regione, Lella Paita s’è distinta per l’infaticabile attività, soprattutto nei giorni drammatici delle alluvioni che hanno colpito tutta la Liguria, avendo ereditato pochi mesi fa una parte delle deleghe di area ambientalistica di Renata Briano, eletta europarlamentare. Dall’inizio di quest’anno, l’impegno della Paita s’è fatto addirittura frenetico per la scelta di candidarsi per le prossime elezioni regionali alla successione di Claudio Burlando che l’ha sostenuta sin dall’inizio. Nel volgere di dieci Sergio Cofferati è nato a Sesto ed Uniti (Cremona) il 30 gennaio 1948. Diplomato perito industriale, si impiega alla Pirelli di Milano e si iscrive alla FILCEA-CGIL (settore chimico) di cui diventa il segretario generale nel 1988. Nel 1990 entra a far parte della segreteria nazionale della CGIL. Nel 1994 succede a Bruno Trentin come segretario generale del maggior sindacato italiano. Sarà un leader sindacale protagonista di duri scontri. Durante il suo mandato che durerà 8 anni, sigla l’accordo sulla concertazione (1993) e la riforma delle pensioni nel 1995. Bloccherà la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, battaglia politica che si concluderà con un grande comizio al Circo Massimo, a Roma, il 23 marzo 2002, al quale prenderanno parte circa 700 mila persone. La sua linea politica, sia pure con aperture pragmatiche, è comunque sostanzialmente “dura”. Infatti, quando nel settembre dello stesso anno lascia il vertice della Cgil e riprende, sia pure per breve tempo, il suo posto alla Pirelli, diventa un termine di riferimento dell’ala di sinistra dell’allora Ds (che muterà il nome in Pd nel 2007). In tale ruolo, Cofferati riceverà dai vertici del suo partito l’incarico di recuperare in termini politici il Comune di Bologna perduto clamorosamente cinque anni prima. Cofferati, che ribadirà di aver agito “per spirito di servizio” secondo la vecchia tradizione che risale al Pci, batterà nel 2004 il sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca e governerà Bologna per cinque anni, una gestione che, anche all’interno dello stesso Pd, sarà oggetto di lodi ma anche di critiche. Nel frattempo, perché nel capoluogo ligure ha la moglie e un figlio, Sergio Cofferati viene a vivere a Genova. Negli ultimi mesi di governo del comune di Bologna, Sergio Cofferati sarà al centro d’una polemica scatenata da alcune testate e da esponenti del centrodestra in margine all’assassinio del giuslavorista Marco 16 mesi Lella Paita ha percorso in lungo e in largo tutta la Liguria dalla costa ai più remoti piccoli comuni delle Alpi e dell’Appennino. Sostenitrice, anche per motivi anagrafici, della “rivoluzione” di Matteo Renzi, Lella Paita crede in un partito “nuovo” e che chiuda, sia pure senza polemiche, con gli strascichi ideologici che ormai non hanno alcun rapporto con il presente e con il futuro. In coerenza con il proprio carattere e con il proprio temperamento, punta ad “aggredire” i problemi e non più a esaurirsi in interminabili mediazioni come in passato. Sa, tanto per fare un esempio vistoso, che se sarà eletta, entro la fine del quinquennio del suo mandato dovranno essere compiute le grandi opere sul Fereggiano e sul Bisagno, lavori che dovranno essere seguiti passo passo per non perdere tempo. In parole povere, Lella Paita punta sui “quarantenni pragmatici” sperando anche di superare il momento critico del Pd, diviso più su questioni personali che ideologiche. Dal consiglio comunale della Spezia ad assessore regionale Biagi a opera delle Brigate Rosse. Accusato di una presunta “responsabilità morale”, Cofferati ottiene dalla magistratura italiana e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la condanna per calunnia nei confronti dei suoi accusatori. A Genova sembrava ormai che Cofferati fosse avviato verso il “buen retiro”, ma il partito nella primavera del 2009 lo candida al Parlamento Europeo per il Collegio del Nord Ovest. Nel 2014 viene riconfermato con oltre 120 mila preferenze. In questo periodo Cofferati non trascura la vita del partito, travolto da molte battaglie interne. Si schiera, in coerenza con le scelte della sua vita, con Cuperlo contro Renzi. Ed è tutt’ora critico nei confronti della linea del Presidente del Consiglio. Pochi mesi fa, il gruppo che in Liguria è in polemica nei confronti della politica e della linea del Presidente della Regione Claudio Burlando, forte soprattutto a Genova, non avendo trovato un candidato disposto a battersi contro Raffaella Paita, fa pressione su Cofferati che alla fine accetta di presentarsi alla primarie. Un’intensa carriera tra sindacato e politica 17 Genova I l mostro, arrivato dalla Francia, è giunto in Liguria di mattina presto. L’obiettivo di quello stormo fatto di nubi nere come corvi ed elettricità, ha posato il suo mirino sul ponente della regione. Albissola Superiore è stata la prima a cadere sotto l’attacco di quello stormo: il Rio Basco inizia a diventare violento, la pioggia infuria, si allaga il casello autostradale. Come un racconto di guerra, lo stormo si sposta verso levante. Alle 8,10 un messaggio della Protezione Civile inviato dal Comune di Genova allerta i cittadini. Recita: “Attenzione, piogge forti in atto sul voltrese. Prestare la massima attenzione”. Il bollettino di guerra, quella stessa mattina, segnava già i primi caduti. L’Aurelia diventa una trappola infernale. Pietre, sassi e acqua si riversano sulla carreggiata e la strada diventa una corsa ad ostacoli. Una Jaguar viene colpita e procede a passo d’uomo. Alcuni uomini del soccorso si fermano e chiedono: “Tutto bene?” No, nulla va bene. Basta guardare il cielo per capirlo. Lo stormo si sposta ancora: va veloce. Alle 8,50 raggiunge Voltri, il suo obiettivo. Scarica le sue raffiche sul Cerusa, lo colpisce, lo fa esondare. Val Varenna e Prà Voltri, via Fabbriche Gli occhi preoccupati dei voltresi hanno iniziato a guardare il cielo intorno alle nove, poco dopo il messaggio della Protezione Civile. Le nuvole gonfie di pioggia stavano arrivando veloci: tutti sapevano che quel passaggio non sarebbe stato indolore. E proprio alle nove del mattino la bomba d’acqua, come si chiamano ora queste violente piogge, ha scaricato la sua prima raffica sulla Val Cerusa e sulla Valle Stura. In pochi minuti lo scenario ha assunto i contorni dell’apocalisse. Gli 18 Minuto per minuto la cronaca di un disastro Pontedecimo Pontedecimo Bolzaneto michela serra Val Cerusa Voltri 15 novembre ore 8,10, un messaggio della Protezione Civile allerta i cittadini: “Attenzione forti piogge in atto. Prestare la massima attenzione” Pontedecimo Bolzaneto Val Cerusa occhi dei voltresi sempre più allarmati balzavano dal Valpocevera cielo ai rivi, dai rivi di nuovo al cielo. E lo stormo Val Varenna e Prà era sempre lì: fermo sul Ponente. Valpocevera Voltri Dopo un’ora la preoccupazione è Bisagno diventata realtà: lo Stura esonda, il Cerusa esonda e la devastazione si appropria di via delle Fabbriche. Un Sturla fiume di acqua e fango si riversa per strada. Distrugge, isola, semina terValpolcevera, il disastro rore. In un’ora sul ponente di GenoLa violenza dello stormo di pioggia va sono caduti 103 millimetri d’aced elettricità ha segnato il suo picco qua. La situazione è da incubo, un sulla Valpolcevera. Un disastro che brutto sogno dal quale i liguri semha lasciato nello sgomento abitanti e bra non riescano a svegliarsi. Macamministrazioni pubbliche. L’assechine accartocciate, detriti ovunque dio inizia subito dopo la devastazioin strada, acqua al piano terra delle ne del Ponente. Il Polcevera è semcase. Due famiglie sono state obpre più vicino all’esondazione, ma bligate a lasciare la loro abitazionon è da solo. Ci sono gli affluenti: ne, centrata in pieno da una frana. piccoli rii e ruscelli che costellano il Contemporaneamente le autostrade territori. Ci pensano loro a esondare, diventano impraticabili, da Ponente sotto i colpi della bomba d’acqua. non si passa. Bisagno Tra le 11,30 e le 13 escono dagli Bolzaneto argini il Torbella, il Rio Fegino, il Rio Verde. A finire sott’acqua sono i quartieri di Cornigliano, Rivarolo, Certosa. I parcheggi della Fiumara finiscono allagati, infuria la pioggia, Val Varenna e Prà infuria anche la polemica per il cenValpocevera tro commerciale aperto nonostante la catastrofe in atto. Verrà chiuso Sturlaintorno alle 12. La strada si blocca all’altezza del ponte di Cornigliano. Genova è sempre più chiusa su se stessa, come un tentativo di difesa contro un mostro più grande di lei. Alcuni operai dell’Ilva restano bloccati rischiando la vita. Li salveranno i soccorsi. Nel pomeriggio il ponte di Cornigliano sarà riaperto, dalle 12 inizierà a tremare la Valbisagno. Valbisagno Bisagno Valbisagno, l’incubo si ripete È il Bisagno l’incubo, l’osservato speciale. Il torrente che nell’alluvione Sturla del 9 ottobre ha devastato Borgo Incrociati e ucciso una persona. È il Bisagno l’osservato speciale che intorno alle 15 fa temere il peggio. Ancora una volta. Intorno a quell’ora le acque si gonfiano paurosamente e superano i livello rosso. I vigili bloccano la circolazione, il sindaco Marco Doria lancia l’allarme: “Siamo in piena alluvione, restate nelle vostre case”. Panico. Il cielo è nero, il torrente è paurosamente furioso, ma resta negli argini e non esonda. Ma la Valbisagno non resta illesa dal passaggio del mostro. Il Rio Mermi, a Ponte Carrega si gonfia e fa temere un nuovo allagamento di Piazzale Adriatico. Il Rian e il Portazza diventano minacciosi, mentre a Staglieno finiscono ancora una volta sott’acqua i marmisti di via Veilino. A tracimare è il solito rio Sant’Agostino che non risparmia neppure questa volta le botteghe che si trovano sul piano strada. Tracima il Rio Ca’ De Rissi a Molassana, esattamente come nell’alluvione del 9 ottobre. Stesso destino per Struppa, dove gli allagamenti non risparmiano via Trossarelli e la zona della Canova. Il Levante viene risparmiato: solo qualche allagamento in parte di via Oberdan a Nervi e al Porticciolo. continua a pag. 20 X 19 Genova I continui eventi alluvionali hanno causato allagamenti e frane in tutta la città di Genova. Busalla PIEMONTE LIGURIA Valle Scrivia Valle Scrivia: la vittima Anche questa volta si piange una vittima. Succede tra Serra Riccò e Mignanego, dove la furia della pioggia si portaPontedecimo via un’altra vita. È quella di Lorenzo Balestrero, 66 anni, caduto in acqua mentre cercava di salvare l’automobile. “Luciano ha detto che Bolzaneto avrebbe spostato l’auto, subito dopo ho visto arrivare quell’onda nera e lui è sparito insieme alla macchina”. È la prima, drammatica testimonianza della donna che si trovava con Balestrero al confine tra Serra Riccò e Mignanego. E pensare che il “Riasso”, non è altro che un rigagnolo. Ma è stato fatale a Luciano, che in quel rigagnolo c’è morto. È tarda mattinata, l’uomo esce di casa per andare a spostare quella Ford Fiesta su cui sale. Riesce a entrare nell’abitacolo, ma la piena del Riassa passa accanto all’abitazione della sua compagna e lo sorprende. Lo investe con la sua furia inaudita. Trascina l’auto tra il fango e le pietre. Passano pochi minuti e arrivano i soccorsi, allertati proprio dalla compagna di Balestrero che si trovava in quel punto, sgomenta. L’auto viene ritrovata quasi subito, di Luciano Balestrero nessuna traccia. Contemporaneamente la Valpolcevera è in ginocchio, esonda anche il torrente Verde, le principali arterie che collegano Serra Riccò e Mignanego sono impraticabili. A Ceranesi rimangono isolate una decina di famiglie, un’altra frana invece taglia in due Campomorone. Centinaia di sfollati, danni enormi si aggiungono Valche Cerusa a quelli provocati dall’alluvione del 9 ottobre 20 Busalla PIEMONTE LIGURIA Valle Scrivia le famiglie che vivono nella “zona rossa” delle esondazioni se ne stanno sulla porta di casa, valigie alla mano. Il 15 novembre la Protezione civile è stata costretta a evacuare sei nuclei famigliari a Ponente, in particolare in via Fabbriche e salita Sciallero. Altri tre sono stati sfollati da via Gallino a Paontedecimo e da via Serro a Morego. Uno scotto che inizia ad assumere prporzioni considerevoli: dall’alluvione del 9 ottobre infatti, le famiglie costrette ad abbandonare le loro case sono state in tutto 99, per un totale di circa 230 persone. E la mappa degli sfollamenti si è ingrandita a vista d’occhio: San Quirico, Voltri, Prà, Fabbriche. Una lista che si è allungata così come sono aumentate le motivazioni alla base dell’ordine di abbandono. Il problema principale sono i nuovi fronti franosi che si sono creati, ma anche minacce di crolli incombenti, allagamenti, criticità strutturali. A tutto questo si è aggiunto un altro problema, altrettanto grave: l’isolamento di moltissime famiglie che vivono sulle alture. Ed è così che si ricomincia a fare il giro delle zone disastrate Val Cerusa Busalla PIEMONTE LIGURIA Valle Scrivia Busalla: fuga dai negozi “Ho visto quell’onda, quella marea nera abbattersi sulla piazza. Ho solo pensato a scappare... Non riesco più ad andare avanti”. E le lacrime Pontedecimo scendono ancora dal volto rigato di un uomo che si è visto il negozio distrutto dalla piena di due rivi “insospettabili”. Si rimette a spalare il fango Bolzaneto dalla sua attività della quale non restano che attrezzi infangati. E lo stesso succede al fioraio e al bar della piazza che in un attimo si è trasformata nell’ennesimo inferno di fango. È proprio Busalla ad essere maggiormente colpita dalla rabbia del Migliarese, che passa attraverso il paese, e del Chiappa che ha determinato l’allagamento di una parte di via Vittorio Veneto. Ci sono voluti pochi minuti, poi è stato il fuggi fuggi generale: inutile tentare di salvare i negozi in quel momento. L’unica cosa da fare è stata correre Cerusa e mettere al riparo laValpropria vita. Il giorno dopo, Busalla si riempie di persone. E fanno la loro ricomparsa gli Angeli del Fango. Pale alla mano, giovani e giovanissimi, senza dir niente a nessuno hanno iniziato a spalare. Nel mentre passa un uomo anziano, con lo sconcerto stampato in volto. E parla, racconta: “Non ricordo un disastro così. Forse 25 anni fa abbiamo avuto a che fare con un altro fiume di fango. Ma cosa vuole, alla mia età i ricordi sbiadiscono”. Scuote la testa, e se ne va. Pontedecimo Bolzaneto Bolzaneto, cimitero della Biacca: va in scena l’orrore Come se di orrore non se ne fosse visto abbastanza, quello che succede a Bolzaneto ha quasi dell’incredibile. Bare di zinco che galleggiano nel Polcevera. Ossa e teschi umani dappertutto. Ecco la scena che alcuni abitanti della zona si sono trovati davanti. Ecco la scena che i soccorritori hanno visto con i loro occhi e ai quali non sono riusciti a credere. Almeno in un primo momento. E invece è tutto vero: la pioggia incessante e il crollo di un muraglione non hanno risparmiato i poveri resti che riposa- vano nel cimitero. I residenti, increduli per la scena che si presentava davanti ai loro occhi, sono stati i primi a chiamare i Vigili del fuoco. “Ci sono bare nel Polcevera, il cimitero dev’essere crollato”. Uno scenario tra i più cupi, e i parenti di chi in quel cimitero era sepolto arrivano per vedere con i propri occhi l’incredibile. Cosa resta Centinaia di sfollati, danni enormi che si aggiungono a quelli provocati dall’alluvione del 9 ottobre. Ecco cosa resta di un drammatico sabato 15 novembre. Non c’è quartiere, non c’è vallata che non abbia subito le conseguenze di tale disastro. Non si contano le frane, ogni giorno ne spuntano di nuove. Non si contano neppure i volti in cerca di aiuto. Sconvolti, spaventati, disperati. Ecco come si sentono tutte quelle persone che una casa non ce l’hanno più, o in cui non possono rientrare. Ed è emergenza sfollati, il giorno dopo l’alluvione, e tutte quel- Voltri Val Varenna e Prà Val Cerusa Pioggia, fango, pale, mezzi a lavoro e soprattutto uomini. Sembra un triste ritornello destinato a ripetersi nelle continue allerte meteo che funestano la Liguria. La Val Cerusa è stata sicuramente una delle zone più colpite. È passata la notte e i lavori sono proseguiti senza sosta. I detriti trascinati dalla furia dell’acqua sono stati man mano spostati ed è solo in serata che alcune zone sono tornate accessibili. Come è accaduto a Sambuco, dove oltre quaranta nuclei famigliari sono rimasti isolati per quasi un giorno intero. In via alla Brigna continui smottamenti hanno reso la vita impossibile a soccorritori e residenti. Situazione simile continua a pag. 22 X 21 Genova a Vesima, con alcuni giardini crollati che hanno portato allo sfollamento di due coniugi per l’ennesima frana che ha minacciato la loro abitazione. Pontedecimo Bolzaneto andò distrutto. Il 9 ottobre la storia si ripete: esonda lo Sturla e tutta la zona finisce sott’acqua. Le case che erano state ristrutturate sono state nuovamente distrutte, i negozi ancora una volta devastati. È facile immaginare quale potesse essere lo stato d’animo della popolazione nel veder emettere uno stato di Allerta 2, quello massimo. Ed è così che ancora una volta si rivive l’incubo, anche se di proporzioni minori: allagamenti copiosi si sono verificati in L’entroterra genovese è stato duramente colpito dall’alluvione del 15 novembre. al Cerusa Val Varenna e Prà Voltri Valpocevera Bisagno Val Varenna e Prà Le frane in contino movimento non hanno risparmiato le colline dietro Prà: in via Moncucco lo scenario, il giorno dopo il nubifragio, è stato quello di un’ unica villetta rimasta aggrappata al terreno. L’ultima delle quattro che invece sono state trascinate via dallo smottamento del mercoledì precedente. Il terreno zuppo d’acqua e sempre più fragile, ha subito il colpo di grazia dall’alluvione del 9 ottobre e per quelle tre abitazioni non c’è stato nulla da fare. La Val Varenna è stata devastata dalle frane, tant’è vero che in salita superiore Sciallero una frana ha isolato tredici persone mentre altre nove hanno dovuto abbandonare le loro case a causa del movimento di terra sotto la via che collega quello che un tempo era il Collegio San Giuseppe. Stessa situazione per altre sette persone in via Mauro: ancora evacuaPontedecimo zioni, ancora disagi. Contemporaneamente i soccorsi cercavano di frenare il pericoloso scivolamento verso l’autostrada della collina del Pesto di Prà. Bolzaneto a e Prà Sturla Pontedecimo come è accaduto in via Cornigliano. Le ore di paura per il Polcevera furioso, il ponente staccato dal resto della città e il centro commerciale Fiumara finito sott’acqua hanno fatto temere il peggio. A mettere in ginocchio il quartiere non è solo stato il torrente principale. La loro parte l’hanno fatta tutti gli affluenti: il rio Ruscarolo ha rotto gli argini e l’ondata di piena ha annegato via Narisano, via Grillone e via Pelizzari. Valpocevera Pontedecimo Bisagno Bolzaneto Val Cerusa Valpolcevera In questo caso i danni peggiori li hanno provocati gli allagamenti. In viaeMuVal Varenna Prà ratoriVoltri a pagare lo scotto più alto sono stati gli scantinati e i piani terreni, così L’entroterra del Tigullio è stretto nella morsa delle frane, tra Carasco e Borzonasca non si contano gli smottamenti e gli sfollati Sturla Pontedecimo Valpocevera Ecco una delle situazioni più gravi. L’aria del mattino, il giorno dopo, è irreale. Fango dappertutto, e ancora una volta quell’odore inconfondibile che ogni genovese ormai ha imparato a riconoscere. Un odore acre, che sa di distruzione. ne è ancora ValPontedecimo Varenna e Prà pervasa, mentre i suoi abitanti si mettono al lavoro. Il centro è stato completamente inondato, la furia dell’acqua ha piegato le saracinesche di alcuni negozi e, con il sorgere del sole, non è restato che mettere mano alle pale e spalare. Ancora una volta. Un miracolo se quella voragine che si è aperta in piazza Arimondi non ha inghiottito persone, oltre che a un’ automobile. I guai per Genova e per la Liguria non sono finiti con le alluvioni, si contano danni per milioni di euro Bolzaneto Valbisagno Valpocevera Bisagno l’acqua ha lasciato dietro sé lo scorso 9 ottobre, quando a rompere gli argini fu proprio il Bisagno. Questa Pontedecimo volta ci è andato vicino, abbastanza da far sì che l’assessore alla Protezione civile Gianni Crivello desse Bolzaneto l’ordine di far partire migliaia di telefonate per avvisare la popolazione del pericolo. Valbisagno Val Bisagno Sturla Val Varenna e Prà Osservata speciale la ValValpocevera Bisagno, con quel torrente che da il nome alla zona. Neppure questa volta i quartieri che si snodano sulle rive del Bisagno sono rimasti esenti da allagamenti e situazioni pericolose. Questa volta sono stati il rio Rian, affluente del Rovere, a San Fruttuoso e il rio Portazza a Quezzi a provocare i soliti disastri. Box e scantinati allagati, auto danneggiate e bidoni accatastati. Anche nella Val Bisagno il ritornello si ripete anche se, fortunatamente, non è nulla in confronto alla devastazione che Bisagno Sturla Valle Stura È dal 2011 che il rio Sturla e il rio Vernazza fanno paura. Quell’anno via Isonzo, via Pontetti e le vie limitrofe furono sommerse e tutto via Shelley e in via Origoni a causa dello Sturla, mentre il rio Vernazza è tracimato a più riprese riversandosi su via Pontetti. A Borgoratti frana via Cadighiara dove tra l’altro si vorrebbe costruire un silo, allagate anche piazza Rotonda, via del Borgo e via Tanini. Spostandosi più a Levante finiscono sott’acqua anche via Filzi, via Bettolo e Quartiere Azzurro. Contemporaneamente i parchi di Nervi dicono addio a due pini secolari. I guai per Genova e per la Liguria non sono finiti con l’alluvione del 15 novembre. I danni valgono milioni di euro, che si vanno ad aggiungere a quelli della precedente alluvione. L’entroterra del Tigullio è stretto nella morsa delle frane, tra Carasco e Borzonasca non si contano gli smottamenti e gli sfollati. Non si contano neppure gli occhi che con la prossima Allerta 2 guarderanno al cielo spaventati da quello che il cielo promette. Perché ci sono ferite interne, forse meno evidenti. Ci sono ferite che non si rimargineranno tanto presto. Ci sono le ferite dello spirito dei genovesi. Ci sono le ferite di un territorio che se non sarà curato rischia di implodere in se stesso. Bisagno 22 23 Sturla economia N el periodo storico che stiamo attraversando, tra le tante critiche che sono state mosse al sistema bancario italiano, non sono mancate le bordate politiche e mediatiche nei confronti delle Fondazioni. In alcuni casi sono state accusate di sprechi o comunque di spendere male i fondi destinati alla solidarietà e alla cultura; per altri aspetti è stato detto che le Fondazioni, invece di avere appunto un ruolo estraneo alle gestioni bancarie vere e proprie, si comportano invece come azionisti di riferimento. La diatriba è in corso e si parla di riformare legislativamente il ruolo e le funzioni delle Fondazioni. In Italia la via delle riforme, si sa, è infinita, ma è giusto e corretto osservare che esistono anche “isole felici” in un contesto tanto tormentato. È il caso della “Fondazione A. De Mari” che è il “braccio generoso” della Cassa di Risparmio di Savona (Carisa), a sua volta assorbita da anni dalla “sorella maggiore” la tormentata Carige genovese. La Fondazione De Mari è una delle 88 consorelle italiane (di cui 82 di fatto espressione delle storiche Casse di Risparmio). La Fondazione savonese opera dunque sul territorio di riferimento, ovvero la provincia di Savona. Dice il presidente l’avvocato Romani: “Ogni anni ci impegniamo a spendere oltre 4 milioni di euro. Dico che sinora siamo soddisfatti di quanto è stato fatto di utile e di buono, ma riteniamo che d’ora innanzi sarà più corretto ed efficace restringere, per il prossimo triennio, il campo operativo. Così abbiamo deciso di operare in: 1) arte, attività e beni culturali; 2) educazione, istruzione e formazione; 3) salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; 4) famiglia e valori connessi”. Ci saranno anche aspetti complementari al progetto generale che implicheranno operazioni nella protezione della qualità ambientale e nello sport. “Nel settore dell’arte e della cultura – spiega ancora l’avvocato Romani – concluderemo i lavori di adeguamento culturale e di allestimento del Palazzo del Monte di Pietà, destinato a ospitare il Museo della Ceramica, che è un vanto tutto savonese, com’è noto. Il museo ospita oltre mille manufatti. Il Museo sarà collegato in un unico percorso con la Pinacoteca Civica”. Per completare l’azione nel campo culturale, la Fondazione sosterrà anche 24 Ogni anno la Fondazione De Mari spende oltre 4 milioni di euro per l’arte, l’istruzione, la cultura e la famiglia Il braccio generoso della Cassa savonese il Museo del Vetro di Altare, l’Opera Giocosa di Savona, il Festival di Borgio Verezzi e la Festa dell’Inquietudine di Finale Ligure. Sul piano operativo della scuola, racconta ancora l’avvocato Romani, si punterà a rafforzare le strutture esistenti con percorsi didattici innovativi. “Forniremo ancora nelle scuole del savonese – aggiunge – come già in passato lavagne interattive multimediali e attrezzature tecnologiche”. Poi c’è il problema della salute e della medicina: “Proseguiremo nella politica degli anni precedenti – puntualizza il Presidente – fornendo gli ospedali e i centri di assistenza e di diagnostica di strumenti d’avanguardia. Faccio un esempio di progetti in corso: un tomografo a risonanza magnetica per l’ospedale San Paolo di Savona (750 mila euro), così come ne è stato donato un altro eguale all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure”. L’avvocato Romani mette poi in evidenza un aspetto assai delicato conseguenza della crisi economica e lavorativa che ha messo in ginocchio molte famiglie ormai sulla soglia della povertà: “Abbiamo predisposto – dice – un fondo iniziale che per ora è di 300 mila euro. Con prudenza e discrezione interverremo nei casi più urgenti. Parteciperemo poi al progetto RE.LIG (Rete Liguria), insieme alla Compagnia di San Paolo, il Centro Giustizia Il presidente della Fondazione De Mari, Roberto Romani. Minorile e l’Ufficio di servizio Sociale per i minorenni. Si tratterà di aiutare il percorso dei minori sottoposti a provvedimenti penali a sviluppare un percorso rieducativo”. Con la Fondazione Domus e la Fondazione Bagnasco infine, si affronteranno i temi della casa, cercando edifici per collocare chi l’ha perduta per via della crisi economica. “Vorremmo fare di più e meglio – conclude l’avvocato Romani – ma dobbiamo dosare le nostre forze. Però ci sembra, senza ostentazione, di fare di più di molti altri. Usando sempre la prudenza e il senso della distribuzione equilibrata. Un modello di saggezza savonese? Fatemelo dire con un pizzico di orgoglio”. p.l. 25 transport Aerei Piaggio: un punto d'arrivo e uno di partenza Matteo CANTILE Cinquecento ospiti, tra cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi, hanno presenziato all’apertura del nuovo impianto 26 U “ n punto di arrivo e uno di partenza”: è istituzionale (oltre a Renzi erano presenti il Micon questo spirito che i vertici di Piag- nistro della Difesa Roberta Pinotti, il presidente gio Aerospace, storica azienda di Villa- della Regione Liguria Claudio Burlando e molte nova d’Albenga leader nel mercato della “business altre autorità civili e militari) il presidente dell’aaviation”, hanno inaugurato il loro nuovo polo zienda, l’avvocato Alberto Galassi, ha manifestaproduttivo. Si tratta di una struttura innovativa e to il proprio entusiasmo “Per un evento che è, al di grandissime dimensioni: 49 mila metri quadra- tempo stesso, un traguardo raggiunto e una nuova ti costruiti per la produzione di moderni velivoli partenza. L’inaugurazione dell’innovativo stabidestinati non solo all’aviazione civile ma anche al limento di Villanova d’Albenga è infatti il punto comparto militare. d’arrivo di un percorso orientato a innalzare tutti All’apertura del nuovo impianto, che sorge su i nostri standard, dall’efficienza della produzione un’area di 127 mila metri quadrati a due passi alla qualità dei prodotti – ha dichiarato Galassi – al dall’aeroporto “Panero” (la cui prossimità costitu- tempo stesso è il punto di partenza di una nuova isce un’importante vantaggio competitivo), hanno fase di slancio verso l’eccellenza in tutti i settopresenziato cinquecento ospiti, tra cui il Presidente ri nei quali l’azienda è impegnata. Oltre ai nostri del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi. Azionisti, Mubadala e l’ingegner Piero Ferrari – ha “In questa azienda avete sempre avuto voglia di detto il presidente di Piaggio Aerospace – dobbiaimmaginare il futuro prima degli altri – ha affer- mo ringraziare chi in questo progetto ha creduto, mato Renzi, ripercorrendo la storia di Piaggio ci ha sostenuto e ne ha consentito la realizzazione. Aerospace – e dai primi aeroplani di inizio no- La presenza del Presidente del Consiglio dei Minivecento agli investimenti esteri dell’aprile del stri e del Ministro della Difesa in un giorno di così 2014, la gente di Piaggio ha dimostrato di non grande importanza per l’azienda ci onora e rende avere paura del futuro”. Un futuro che si annun- evidente che il sistema Paese può e deve supporcia ricco di promesse, dopo una serie di passaggi tare iniziative industriali in grado di garantire un a vuoto che qualche timore, per la verità, lo han- futuro di sviluppo e che sono in grado di attrarre no generato: dall’anno magico, il 2006, alla crisi importanti investimenti internazionali”. del 2008, il momento più buio, Soddisfazione è stata espressa anche dall’ammiquando l’azienda commernistratore delegato della società, Carlo Logli: cializzava solo motori, “Piaggio Aerospace inaugura un centro di ecfino all’ingresso nel pacchetto azionario di È stata scelta una Mubadala, fondo di struttura innovativa investimento che fa e di grandissime capo al governo degli dimensioni per il nuovo Emirati Arabi Uniti. polo produttivo Con questo nuovo assetto societario, nel quale, con una quota minoritaria, è ancora presente Piero Ferrari (figlio del “Drake” Enzo, fondatore della scuderia di Maranello), Piaggio Aerospace è pronta ad affrontare un mercato competitivo, nel quale i player internazionali sono agguerriti e preparati. Di fronte a una platea di grande rilievo politico e Quarantanovemila metri quadrati costruiti per la produzione di moderni velivoli destinati all’aviazione civile e militare cellenza italiana, europea e direi mondiale dove si sviluppano altissime tecnologie applicate a diversi settori dell’aeronautica che ci posizionano tra le aziende più all’avanguardia del settore – ha dichiarato dal palco, allestito nel nuovo capannone – Da questo stabilimento produttivo Piaggio Aerospace si proietta verso un futuro di crescita forte del proprio portafoglio prodotti, degli investimenti in tecnologie e della fiducia dei nostri azionisti. Grazie anche al grande senso di responsabilità dimostrato dai nostri collaboratori l’azienda sta implementando un piano di rilancio e sviluppo che proprio in questo stabilimento vede realizzata una delle più importanti premesse per un futuro di crescita”. Il nuovo stabilimento è parte di questo piano che è andato a regime dopo anni di difficili trattative, politiche e sindacali: dalle esternalizzazioni alla mobilità volontaria, sono stati numerosi e complicati i passaggi necessari al riassetto dell’azienda. Visto oggi, tra i pilastri cromati e le maestranze in impeccabile tuta blu, tra politici e amministratori locali e nazionali, il domani di Piaggio Aerospace appare promettente: il ruolo del fondo emiratino, in particolare, assume una connotazione fondamentale nella sostenibilità del piano di sviluppo; oltre ai 145 milioni di Euro investiti nella nuova struttura, infatti, saranno necessari sforzi analoghi per produrre e commercializzare l’innovativo “Hammerhead”, un velivolo a scopo militare, senza pilota comandato da remoto: “La nostra solida amicizia con gli Emirati Arabi – ha detto Matteo Renzi nel suo discorso – non nasce dai legami economici di Piaggio Aerospace con Mubadala o di Alitalia con Ethiad, ma da comuni valori di pace e dalla stessa idea di sviluppo dell’area mediterranea”. I lavoratori di Villanova, che hanno vissuto con sincera partecipazione la nuova apertura, sperano adesso che il peggio sia finalmente lasciato alle spalle e che Piaggio, azienda che vanta ormai 130 anni di storia, possa tornare a volare. 27 Genova U promuovere una riflessione sui temi della raccolta differenziata degli imballaggi, del riciclo degli stessi, dello smaltimento dei rifiuti nel segno del rispetto dell’ambiente e della sostenibilità. “L’educazione delle generazioni più giovani è sempre stato un punto di forza della nostra comunicazione ‒ spiega Luca Zane responsabile comunicazione Amiu ‒ per far conoscere nelle scuole il valore del riciclo e della raccolta differenziata. Questa iniziativa realizzata con ANDERSEN e con il prezioso con- na vocale, il tono del discorso, il registro, “e se fosse...”. Sono ingredienti di una ricetta che non delude, le forme e gli usi della lingua. Infinite variabili per ardimentosi esperimenti. Lo sapevano bene, nella Parigi degli anni Settanta, gli strutturalisti dell’Oulipo. Sapevano che la lingua è materia duttile, malleabile nell’intento di creare genuina sorpresa, stupore inaspettato. Lo sapeva Georges Perec, autore di un lipogramma di ben trecento pagine, La scom- Dai rifiuti alle storie, il riciclo si fa letteratura parsa, scritto senza l’utilizzo di parole contenenti la vocale “e”. Lo sapeva bene anche Italo Calvino quando nel suo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore propose per ogni capitolo dieci incipit di altrettanti romanzi ‒ incompiuti ‒, uno diverso dall’altro per genere e stile. Ma è da un altro strutturalista, Raymond Queneau ‒ autore degli Esercizi di stile ‒ che proviene lo spunto per una particolare proposta educativa per le scuole genovesi. “Le Storie riciclate con stile sono un’occasione ludica e narrativa coinvolgente, in sintonia con l’idea del riuso e del riciclo” dice Barbara Schiaffino, direttrice di ANDERSEN, la rivista di letteratura per l’infanzia che ha ideato e realizzato il progetto promosso da AMIU, CONAI e dai sei Consorzi della filiera del riciclo degli imballaggi di alluminio, carta e cartone, plastica, vetro, acciaio e legno (CIAL, COMIECO, COREPLA, COREVE, RICREA e RILEGNO). “Acciaio, lo dice già il nome, è un tipo tosto, un vero duro; Vetro, è un tipo trasparente e dal collo lungo; Plastica, è una tipa davvero polivalente, morbida e resistente; Alluminio, pure, è un tipo brillante che sa adattarsi alle situazioni, della serie ‘mi piego, non mi spezzo’; Un “riciclo con stile” a cui devono pensare i bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado genovesi, iniziando da un testo di partenza con protagonisti i diversi imballaggi. Un racconto breve dal sapore surreale, nato dalla penna dello scrittore e giornalista Anselmo Roveda, mentre a dare corpo e colore ai protagonisti di questa storia, è l’illustratore e fumettista Enrico Macchiavello, autore dei fortunati spot della birra Ceres e dei personaggi delle carte Skifidol. La sfida sarà dunque quella di utilizzare nella nuova stesura tre tra le tredici varianti stilistiche proposte: c’è chi sceglierà di raccontare la storia con i toni cupi di un thriller; o chi preferirà un racconto di fantascienza, chi darà spazio ad una fiaba moderna e chi si cimenterà con giochi di parole e figure retoriche. Doppio l’obiettivo e il campo di indagine, tra educazione all’ecosostenibilità e scrittura creativa. In primo luogo, un obiettivo educativo e pedagogico che riguarda la cittadinanza responsabile e attiva: Parole e storie in gioco STORIE RICICLATE CON STILE è promosso sul territorio genovese per l’anno scolastico 2014/2015. Dal sito web di ANDERSEN è possibile scaricare la locandina e il dossier contenente il regolamento, lo spunto narrativo di partenza, e qualche suggerimento operativo sui giochi narrativi e sui temi della raccolta differenziata. Per gli insegnanti interessati al progetto è anche dedicato un corso di formazione gratuito condotto da Anselmo Roveda, che si svolgerà il 5 febbraio alla Biblioteca De Amicis di Genova. Per informazioni: www.amiu.genova.it www.andersen.it [email protected] Un progetto di sensibilizzazione per le scuole genovesi sulle buone pratiche di uso e riuso, tra ecosostenibilità e scrittura creativa Carta e Cartone sono due gemelli tenaci e curiosi, sempre in giro per il mondo; Legno è un tipo tutto d’un pezzo, nodoso e insostituibile; infine c’è Umido Metropolitano, imprevedibile e sorprendente, ogni giorno un’avventura”. tributo dei Consorzi è importante anche per il suo messaggio culturale, perché aiuta a spiegare ai ragazzi e alle famiglie che non è vero che ‘la raccolta differenziata è inutile perché tanto finisce tutto insieme’. È nostra responsabilità spiegare bene, con parole semplici, quale sia il peso che i rifiuti hanno sull’ambiente. Dobbiamo far capire loro quanto sia importante che tutti i materiali vengano recuperati e valorizzati. Iniziative e sinergie come questa sono la base per una consapevolezza ambientale necessaria per i cittadini di domani”. Il secondo obiettivo, in linea con le buone prassi della scuola italiana, è didattico e operativo: scrivere un testo che abbia i materiali riciclabili come protagonisti e consenta di giocare con la lingua e di apprendere le strutture narrative. Una sfida che porterà nelle scuole non solo nuove competenze, ma anche la possibilità di arricchire la propria biblioteca scolastica, grazie al montepremi in libri che spetterà agli elaborati vincitori. 29 economia P “Quest’anno regalatevi Genova!” è l’appello lanciato dal presidente della Camera di Commercio genovese ® collega l’Italia che si muove Trasporti e Logistica protagonisti di La diffusione, che copre l’intero una trasmissione settimanale che territorio nazionale, avviene sul digitale garantisce informazione e sostanza terrestre, tramite un pool di emittenti ad un settore fondamentale della televisive regionali e via satellite, nostra economia, favorendo l’inter- in Italia e in Europa, su 4 bouquet: connessione e la collaborazione tra - itv italia 165 - SKY 845 i protagonisti di questo mercato. Attraverso un’informazione mirata - TivuSat 122 e di qualità, Transport attiva comu- - Free Sat 13°EST frequenza 11317 nicazione e confronto, raggiungendo Su web: telenord.it/transport anche l’importante target costituito Il mondo dei trasporti, oggi, si muove con Telenord. dall’opinione pubblica. www.telenord.it una produzione ® er tre volte in un mese si è alzato la mattina, ha messo gli stivali di gomma ed è andato a visitare zone alluvionate, a raccogliere lo sconforto e la rabbia degli imprenditori e a fare un primo bilancio a caldo dei danni. È successo a Genova nelle strade allagate dal Bisagno nella notte fra il 9 e il 10 ottobre, poi a Chiavari con l’esondazione del Rupinaro fra il 10 e l’11 novembre e poi ancora a Genova dopo che il Polcevera ha rotto gli argini sabato 15 novembre. Parliamo con Paolo Odone, presidente dell’unica Camera di Commercio d’Italia che ha un ufficio che si occupa solo di alluvioni. È vero, sospira Odone, scorrere le pagine del sito della Camera di Commercio alla voce alluvioni è come leggere un bollettino di guerra: in questo momento stiamo ancora raccogliendo le segnalazioni dei danni alle imprese (gli ormai tristemente noti Modelli E) di tre diverse alluvioni e una parte delle domande di contributo della prima delle tre, quelle delle 2mila aziende che hanno subito danni inferiori a 40mila euro. Per le 350 aziende Pronti a superare tutti i danni Genova è l’unica Camera di Commercio in Italia ad avere un ufficio che si occupa solo di alluvioni che hanno subito danni superiori a 40mila euro nella prima alluvione e per le altre due, quelle di Chiavari e della Valpolcevera, stiamo aspettando che la Regione emetta altri bandi con altre risorse. Questa volta, grazie a una nuova normativa europea, siamo riusciti ad ottenere che i soldi stanziati vengano dati alle imprese come risarcimento del danno e non come contributo dopo il ripristino, come è successo fino al 2011. Ma il vero dramma è che il bilancio complessivo per la provincia di Genova è stimato in circa 150 milioni di euro e i soldi stanziati fino ad ora sono 20 milioni di euro della Regione e 1 milione e mezzo della Camera di Genova: in ogni caso il confronto fra l’enormità dei danni e l’esiguità delle risorse è sconfortante, e dà l’idea di quanto sia assurdo e antieconomico continuare a spendere per ripagare i danni invece di cominciare a spendere una buona volta per le opere che consentiranno di prevenirli, questi danni. Per questo stiamo aspettando un forte intervento dello Stato che non può lasciare solo la Regione e la Camera di Commercio a risarcire le imprese. Come ha affrontato queste nuove emergenze la Camera di Commercio? In questi casi l’esperienza non basta mai, purtroppo. Il sovrapporsi delle diverse scadenze e l’abitudine a presentarsi negli uffici soltanto sotto data ha fatto sì che vi fossero giorni in cui abbiamo dovuto gestire flussi di 400/500 persone, ma sempre senza tensioni. Una grossa mano ce l’hanno data le associazioni di categoria, che hanno raccolto sul campo o attraverso gli sportelli dedicati un gran numero di pratiche. E anche gli ordini professionali, che hanno deciso di effettuare gratuitamente le perizie. Da parte nostra abbiamo potenziato la squadra, che attualmente è di 12 persone, perfezionato il programma di gestione dei dati e fatto molta attenzione alla comunicazione istituzionale, grazie anche alla collaborazione di tutti i media locali. Abbiamo insistito molto, a tutti i livelli e in tutte le sedi, per la semplificazione delle procedure e il dialogo fra le istituzioni, perché niente è più odioso per chi ha perso tutto che dover continuamente riempire moduli e fare code in uffici diversi. Oltre ai danni diretti alle persone e alle imprese ci sono poi i danni indiretti al turismo e all’immagine della città. Qual è il suo bilancio? Il danno d’immagine è stato fortissimo, e le cancellazioni negli alberghi, all’Acquario, a Palazzo Ducale pesanti: si è parlato di un calo del fatturato di 12 milioni di euro per il settore turistico. Quando gli eventi hanno un’eco mediatica così forte, succede che per settimane ti chiamino dall’altra parte del mondo per sapere se la città è in piedi e i mezzi di comunicazione funzionano ancora. Così, insieme al Comune e alla Regione abbiamo lanciato subito una campagna stampa nazionale, rilanciata tramite l’hashtag #Genovaé dai blogger del nuovo “social media team” che si era appena costituito proprio per tenere sotto controllo la reputazione turistica della destinazione: un bel banco di prova, non c’è che dire. Purtroppo al termine della campagna stampa c’è stata la seconda ondata alluvionale, ma i blogger non si sono dati per vinti. E a fine mese abbiamo accompagnato un gruppo di giornalisti nazionali a vedere le attività che riaprivano, il Museo di storia naturale al lavoro, le botteghe storiche e tutto quello che i CIV (centri integrati di via) stanno preparando per questo Natale. Perché non sia un Natale minore ma un’occasione di rilancio per i commercianti e gli artigiani che si stanno rialzando, nelle strade ripulite e già con le luci accese e gli alberi addobbati a festa. Il mio appello a tutti i visitatori non può che essere quello che già lanciai, con ben altre premesse, nel 2004: “quest’anno a Natale regalatevi Genova!”. 31 salute Durante le Giornate Reumatologiche Savonesi i medici hanno analizzato lo stato dell’arte delle patologie reumatiche e le relative cure e hanno tracciato un quadro di come possa essere possibile diminuire l’incidenza delle malattie su larga scala R eumatologi a confronto gli scorsi 21 e 22 novembre a Savona, presso la prestigiosa cornice della Sala della Sibilla della Fortezza del Priamar: sotto la direzione scientifica del dottor Francesco Versace, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia dell’Ospedale San Paolo di Savona, si sono infatti ripetute le ormai tradizionali Giornate Reumatologiche Savonesi, giunte quest’anno alla loro VII edizione. Realizzate con il patrocinio dell’Azienda Sanitaria Locale n. 2, le giornate savonesi rappresentano un’occasione importante e ormai tradizionale per fare il punto della situazione in un settore fondamentale della sanità italiana. “Tutti gli anni assistiamo a una grande partecipazione di medici provenienti da tutta Italia – dice a ‘Il Potere’ il dottor Versace – poiché questo convegno permette loro di aggiornarsi sugli ultimi ritrovati nel campo delle cure delle malattie croniche articolari. Quest’anno – prosegue Versace – abbiamo posto particolare attenzione all’uso dei farmaci biotecnologici, prodotti che hanno realmente cambiato la vita al malato reumatico e che sono in grande evoluzione. Molto presto – annuncia il direttore scientifico delle Giornate Reumatologiche Savonesi – avremo delle nuove molecole che sono già state sperimentate nel mio reparto, all’ospedale San Paolo”. Tra i temi centrali di questa settima edizione la diagnosi e la cura dell’osteoporosi, una patologia molto diffusa in par- 32 Reumatologia: eccellenze al San Paolo MATTEO cantile ticolare tra le esponenti del gentil sesso: in Italia si calcola che circa 4,5 milioni di donne siano affette da questa malattia, un numero che non tende a diminuire. “Troppo spesso l’osteoporosi viene diagnosticata con grande ritardo – spiega Giancarlo Isaia, presidente della Società Italiana Osteoporosi – e anche quando si verificano le fratture delle ossa, che sono il risultato più devastante della malattia, solo il 26% dei pazienti viene correttamente trattato per l’osteoporosi”. I dati citati dal professionista, così allarmanti e inspiegabili, sono quelli ufficiali delle autorità italiane preposte al controllo del livello di efficienza del “sistema salute”. “Dobbiamo sensibilizzare i medici e i pazienti – continua Isaia – per limitare l’impatto di questa cosiddetta inappro- priatezza terapeutica che tanti danni può provocare. Quando una persona subisce una frattura al femore, per esempio, in conseguenza della sua patologia, non deve essere solo trattata chirurgicamente per risolvere la frattura in sé, come avviene in modo eccellente in buona parte d’Italia, ma deve essere trattata in modo specifico per l’osteoporosi”. Durante le “Giornate” alla Fortezza del Priamar i medici hanno analizzato lo stato dell’arte delle patologie reumatiche e le relative cure e hanno tracciato un quadro di come, attraverso i più recenti studi e le nuove tecnologie, possa essere possibile diminuire l’incidenza delle malattie su larga scala. Altro tema di fondamentale importanza è quello della sostenibilità delle cure: le nuove tecnologie si stanno infatti rivelando La Fortezza del Priamar e, nella pagina a fianco, il dottor Francesco Versace. straordinariamente efficaci ma, a causa dei lunghi studi che sono stati necessari per svilupparle, presentano costi elevati per il sistema sanitario nazionale. È quindi fondamentale che l’amministrazione pubblica provveda a sensibilizzare la pubblica opinione sulle modalità di prevenzione, così da diminuire la quantità dei malati che rappresentano un costo sociale ed economico. “Osteoporosi e artrite sono patologie che combattiamo anche attraverso segnali di prevenzione – spiega al proposito Flavio Neirotti, Direttore della Asl 2 Savonese – anche per la buona ricaduta economica sulle casse dei nostri enti. Siamo orgogliosi che sia proprio un nostro ospedale, il San Paolo, a rappresentarsi come capo fila in questo prezioso lavoro di diffusione e aggiornamento e ritengo sia doveroso plaudire alla competenza, anche organizzativa, del dottor Versace, vera anima di questa kermesse”. Al fianco della soddisfazione della Asl, anche il Comune di Savona, rappresentato al Priamar dal Sindaco, Federico Berruti, si complimenta per l’importante convegno: “Sono molto felice che questo evento ormai tradizionale si tenga qui, nella bellissima Sala della Sibilla, nel cuore culturale e storico della nostra città – afferma Berruti – e si rivolga a un pubblico vasto. Moltissimi savonesi e italiani soffrono delle patologie di cui si sta discutendo in queste ore e l’investimento in formazione della nostra Asl, con ricadute positive per tutti i medici del nostro Paese, ci rende particolarmente orgogliosi”. ERRATA CORRIGE: Ci scusiamo con i lettori in riferimento al numero di ottobre del nostro mensile. A pagina 19 era presente un articolo inerente al nuovo portale on line dell'Unione Industriali di Savona. Purtroppo il riferimento all'associazione non appariva evidente nel titolo e per un errore grafico la fotografia del presidente Elio Guglielmelli è stata invertita con quella di Mattia Noberasco, attualmente numero uno del Gruppo Giovani Industriali. Per visionare la creazione web: www.svolta.net con tutti gli aggiornamenti economici del territorio ponentino. 33 sport Il presidente Antonio Barreca ha fortemente voluto come allenatore il serbo Igor Milanovic. U na storia lunga 101 anni, quasi 102. Ma una “fame” di successi che non ha perso smalto strada facendo, anzi. È proprio questa la parola d’ordine del presidente della Pro Recco, Angiolino Barreca, autentico deus ex machina della società di pallanuoto e braccio destro del patron Gabriele Volpi, l’uomo del “risorgimento” biancoceleste dal 2004, anche se già dal 2002 la gloriosa squadra ligure aveva ripreso a vincere dopo 19 stagioni senza successi. Ma la svolta imposta da Volpi e dai suoi uomini è stata una di quelle destinate a trasformare la storia in leggenda. “Fame”. Da qui è voluto ripartire Barreca, ingaggiando ad allenare la Pro Recco il serbo Igor Milanovic. “Inizialmente i ragazzi hanno un po’ sofferto il lavoro duro, severo, molto serio del nuovo tecnico. Ma poi lo hanno capito, cominciando a seguirlo. E i risultati si vedono”, spiega il presidente. Una fame che viene da lontano, che incarna la voglia di vincere ed affermarsi dei popoli dell’est. Una filosofia che non a caso è stata tra- 34 Quasi 102 anni di storia e di successi, con una mai sazia fame di vittorie Pro Recco il sole non tramonta mai MAURIZIO MICHIELI sferita anche allo Spezia calcio, di cui Barreca è il vicepresidente esecutivo. Con l’arrivo di Bjelica si è voluto dare questo segnale di rinnovamento pure al calcio, quello italiano in particolare, dove la determinazione, la volontà di emergere sono doti sempre più rare tra gli atleti indigeni. “Non ci poniamo limiti – spiega Barreca – l’obiettivo deve essere solo quello di dare il massimo. Poi saranno i risultati a decretare se ci siamo riusciti oppure no. Andiamo avanti, partita per partita, sia sul fronte interno che su quello europeo, con la consapevolezza dei nostri mezzi”. Del resto quello della vittoria – o almeno della lotta per la vittoria finale – è un timbro impresso nel dna della Pro Recco. Merello, Lavoratori, Guidotti, Giraldi, Maraschi, Cevasco, Sogliano: sono gli eroi del primo dei 28 scudetti totali. Passati per altri grandissimi giocatori: Alberani, Sandro e Alberto Ghibellini, Ferretti, Benedek, il compianto Rollan per approdare a Vujasinovic, Angelini, Calcaterra, Madaras, Kasas. Ho lasciato da parte lui, l’immenso Caimano, Eraldo Pizzo, forse il più grande pallanuotista di tutti i tempi. Non appartiene a questa o quella formazione della Pro Recco, a questa o quell’epoca, probabilmente non appartiene nemmeno “soltanto” alla Pro Recco bensì alla storia di questo fantastico sport. Un monumento, ancorché perfettamente presente a stesso con lo stesso spirito del passato. Era l’estate del 1913 quando, davanti ai bagni Enotria di Recco, nacque il club, che non a caso venne denominato Enotria. Il primo scudetto è del 1959, ma più che di un titolo si trattò del primo mattone di una Hall of Fame che produsse sino al 1974 ben 14 tricolori in 16 stagioni e la Coppa dei Campioni del 1964. Poi arrivò il titolo del 1978, un’altra serie di successi interni tra il 1982 e l’84 e la seconda Coppa dei Campioni nel 1983. Quindi, l’era moderna, dopo una parentesi di leggero oblio, aperta da Fabrizio Parodi e suggellata dall’epopea di Volpi. Un lungo e non certo sottile ma semmai solidissimo filo lega la Pro Recco di ieri a quella di oggi. Un filo che porta dritto al giovane Bassani, classe 1999, che nella gara contro la Lazio ha lasciato partire un destro micidiale che si è insaccato in porta dopo avere colpito il palo. La prima rete in serie A per il quindicenne uscito dal vivaio del club. L’ultima perla dell’ostrica biancazzurra, nella quale di recente è entrato a far parte persino Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer, oggi tessera numero 595 della Pro Recco quale socio onorario in virtù dei suoi illustri trascorsi da nuotatore, prima di diventare un beniamino del cinema in coppia con Terence Hill. Già, perché il sodalizio del presidente Barreca si nutre del passato per essere un’entità in perenne movimento verso il futuro. Scudetti? Champions? Coppe Italia? Tradizione. Ecco la parola magica, il segreto. Una tradizione che porta con sé anche i risultati. PALMARES PRO RECCO Titoli assoluti 28 scudetti (’59, ’60, ’61, ’62, ’64, ’65, ’66, ’67, ’68, ’69, ’70, ’71, ’72, ’74, ’78, ’82, ’83, ’84, ’02, ’06, ’07, ’08, ’09, ’10, ’11, ’12, ’13, ’14) 7 Coppe dei Campioni (’65, ’84, ’03, ’07, ’08, ’10, ’12) 9 Coppe Italia (’74, ’06, ’07, ’08, ’09, ’10, ’11, ’13, ’14) 4 Supercoppe Europee (’04, ’07, ’08, ’10) 1 Lega Adriatica (’12) 1 scudetto femminile (’12) 1 Coppa dei Campioni femminile (’12) 1 Supercoppa Europea femminile (’12) 35 sport Gli statunitensi John McEnroe e Michael Chang, il cecoslovacco Ivan Lendl e il croato Goran Ivanisevic danno vita a una due giorni dedicata al grande tennis del passato. E ro sulla strada per raggiungere il “105 Stadium”, dove di lì a poco avrebbe avuto inizio “La Grande Sfida 3”. Campioni del passato che abbiano vinto almeno un torneo del Grande Slam o siano stati primi nella classifica ATP. John McEnroe, Ivan Lendl, Michael Chang e Goran Ivanisevic mi stavano aspettando. Nel tratto che mi separava dalla destinazione, mi sono ritrovato nel passato: quanti ricordi, quante emozioni vissute guardando quei campioni nei loro momenti d’oro. Dei quattro protagonisti, avevo visto giocare dal vivo solo Lendl, sempre a Genova, più di trent’anni fa, algido e imperturbabile in ogni situazione. Poi c’era McEnroe, l’antagonista per antonomasia del mio idolo di ragazzino, quel Bjorn Borg che aveva cambiato il tennis, con quel rovescio a due mani che, dapprima aveva fatto inorridire i puristi, e poi aveva incantato le folle con quel suo aplomb, quella compostezza che si contrapponeva al giovane John, ribelle e indomito contestatore dei giudici. Avrei dovuto aspettare Roger Federer, per ritrovare le stesse emozioni sportive. E poi avrei visto Michael Chang, con quell’improbabile gioco con cui aveva conquistato il centrale di Parigi, quel servizio dal basso che aveva lasciato attoniti gli spettatori, perplessi di fronte a quell’atleta che mangiava banane al cambio campo. E in ultimo Goran Ivanisevic, già della nuova generazione ma ormai appartenente al passato. Lungo il percorso cresceva l’attesa, il desiderio di riprovare certi entusiasmi, quelli adolescenziali, quando la passione sportiva è totalizzante e ti regala emozioni sincere. Ed eccomi finalmente a bordo campo 36 Quando il tennis diventa spettacolo Carlo Brozzo Per la prima volta a Genova 4 miti del tennis si scontrano in una sfida fuori dal tempo per immortalare i miti. Tra il pubblico tanti over 45, tutti trepidanti, accompagnati talvolta dai figli, quelli più piccoli, cui hanno tanto decantato i loro eroi giovanili. E poi l’entrata trionfante dei giocatori, accompagnati dalle bandiere del proprio paese, la musica a tutto volume che ricrea in piccolo gli stadi di oggi, le luci che accecano e stordiscono: l’aspettativa è alta. Entrano in campo i giocatori e il mondo incantato dei ricordi lascia spazio alla realtà: McEnroe non è più il ventenne vestito con marchio italiano, i capelli ribelli e lo sguardo arrogante, quello che urlava ai giudici “you cannot be seriuos”, quello che dava il calcio alla telecamera innervosito dalle decisioni arbitrali; il McEnroe di oggi è un signore, quello che ogni tanto vediamo come commentatore negli incontri tennistici, ingrigito e con una mise un po’ demodé. Dietro di lui Ivanisevic, più scattante, forse, ma comunque un po’ fuori moda. Inizia il match e il silenzio sacrale rende ancora più imbarazzante la situazione: l’incontro potrebbe essere quello di un circolo tennistico di dilettanti, tra amatori che giocano la domenica mattina per staccare dalla routine lavorativa. Il ritmo è lento, l’errore è costante. I ragazzini si guardano sgomenti: abituati agli schermi piatti da 50 pollici, alla visione HD, seguono ogni giorno Roger Federer, Novak Djokovic, Rafael Nadal & co. Li vedono a ogni ora in tornei in giro per il mondo, sono atleti che si muovono con una rapidità supersonica, ci stupiscono con colpi improbabili e impossibili e tutti noi ormai siamo abituati al loro gioco, al loro ritmo. I ragazzini si guardano stupefatti, lo sguardo interrogativo verso i genitori quando Ivanisevic rompe le corde e chiede una racchetta in prestito al pubblico: è una gag, vero, non è che questo si è presentato davvero con una racchetta sola? L’incontro si risolve in un paio di set, vagamente noiosi e scontati: lo stesso McEnroe, a fine partita, si sente in dovere di scusarsi per la qualità del suo gioco. Il pubblico applaude, più per dovere e si risiede rispettoso, in attesa del secondo incontro. Qualcuno, più deluso, si allontana e lascia la scena. È poi la volta di Ivan Lendl: eravamo già pronti a vederlo appesantito e statuario, lo avevamo seguito quando lavorava su Andy Murray e lo ha portato alla vittoria a Wimbledon. Lo segue Michael Chang e i ragazzini si chiedono: ma chi è, un allenatore? Mai e poi mai penserebbero a lui come un giocatore. Lendl ci regala qualche colpo da maestro, quando la palla arriva e richiede poco movimento, ma è pur sempre una brutta copia di quel grande campione che regalava match incredibili su tutte le superfici. Ritorno indietro nel tempo e lo rivedo ancora qui, a Genova, nel Palasport, quando si muoveva con maestria contro un Fibak possente. La partita si muove lenta, qualcuno se ne è già andato, qualcuno va via dopo la conclusione del primo set. Poi, finalmente, il match finisce, qualche commento positivo, tanti sconsolati. I ragazzini, di nuovo senza pietà, chiedono ai genitori come abbiano potuto appassionarsi a questi personaggi, che nulla hanno a che fare con i giocatori di oggi; sembra quasi che si tratti di due sport diversi. Qualcuno tenta di difendersi, cerca di rivalutare il mito, qualcun altro ci rinuncia e rimane in silenzio. Sulla strada del ritorno mi dico che in fondo i Beatles sono rimasti miti indiscussi anche – e forse perché – non sono più tornati sulle scene dopo averle abbandonate. Il mito rimane tale se resta nel contesto dove è nato: qualsiasi modifica altera un’alchimia che non è ricreabile. E quindi mi auguro che Roger Federer giochi il più a lungo possibile come “gloria attuale” perché anche lui, affinché la sua aura rimanga inalterata, non potrà riproporsi come “vecchia gloria”. 37 collezioni A nche guardandolo negli occhi, non si capisce quando Andrea Fustinoni scherza o parla sul serio. Nelle sue battute, acute e taglienti, non cambia mai espressione del viso, e nemmeno inflessione della voce. Da qualche anno segue attentamente come amministratore delegato il Grand Hotel Miramare di Santa Margherita, l’albergo preso da suo padre Giovanni, imprenditore milanese, azionista di riferimento del Palazzo del Ghiaccio e dei Frigoriferi Milanesi, e grande sportivo, appassionato di sci nautico. Andrea, terza generazione, è anche delegato regionale del Fai, un rapporto che parte dal ’92, seguito con la solita passione ed entusiasmo che lo guidano in tutte le sue attività, andatura a passi lunghi e ben distesi, stando attento a ogni particolare. Prima fra tutte c’è la sua passione per l’arte contemporanea, un incontro nato con il design dei Cinquanta: “Mi piaceva personalizzare la mia abitazione con elementi decorativi, è stato il periodo di Fornasetti, Giò Ponti, poi Scialoja, Domela, Florence Henri. Tutto è cambiato dopo un viaggio a Torino per visitare la Gam, ero insieme a Fabio D’Amato, compagno di vita e di collezione. Abbiamo avuto la sensazione che gli artisti che avevamo scelto, erano gli stessi presenti nelle collezioni pubbliche. Ci siamo resi conto che non avevamo nulla di nuovo, non avevamo scoperto niente, tutto era già stato detto. Ripetevamo il conosciuto, che apporto potevamo dare?”. Cosa stavate cercando come collezionisti? Volevamo qualcosa di nuovo con cui dialogare, avere uno scambio. Io e Fabio cominciamo a indagare il contemporaneo con un vero spirito di ricerca, all’inizio eravamo semplicemente molto curiosi. In quel periodo il Fai, di cui sono delegato regionale, aveva appena preso la Villa Panza di Biumo, con la loro incredibile collezione. Ho conosciuto Giuseppe Panza e sua moglie, Giovanna, due calvinisti rigorosi, seguivano un progetto preciso, con basi solide, e hanno saputo mediare il percorso mantenendo il rigore della ricerca. Vi hanno dato qualcosa? Difficile che un collezionista dia qualcosa a un altro, dà un esempio che puoi condividere, è più giusto parlare di scambio. Sono persone che si mettono sempre in gioco come i Bolongaro, 38 Andrea Fustinoni è amministratore delegato del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita e, con Fabio D’Amato, collezionista d’arte contemporanea. Andrea Fustinoni e Fabio D’Amato vivono il collezionismo come puro piacere, non come una forma di investimento Il fascino infinito dell’arte contemporanea bettina bush come Arturo Schwarz, ricordo anche Claudia Gian Ferrari, siamo stati molto fortunati nelle nostre amicizie. Poi c’è stato un altro incontro importante, nel viaggio con Fabio verso il Salento; volevamo vedere la galleria Vistamare, e abbiamo fissato un appuntamento con Benedetta Spalletti, la nipote dell’artista, il momento del nostro primo acquisto importante, alla fine degli anni Novanta. Il primo vero oggetto del desiderio? Una scultura bellissima, “Vicini di casa”, marmo nero del Belgio, appoggiata al pavimento da sola, in una grande stanza del palazzo, un colpo di fulmine. Ci fu una lunga trattativa, alla fine abbiamo ceduto, innamorati di quell’opera, non eravamo abituati a spendere certe cifre. Ripensandoci un sentimento di incoscienza ci ha spinto a lanciarci. Adesso Vistamare è diventata la nostra galleria di riferimento, e Benedetta è una nostra cara amica. Ancora adesso mi piace osservare la bellezza di questa scultura, pulita, rigorosa, minimale, così ordinata, perfetta, che trasmette l’idea di un grande ordine, quasi un dialogo in netto contrasto con la mia personalità. Quando le persone a collezionare sono due, il gusto e le scelte coincidono sempre? Per Fabio l’opera più bella? Sono un istintivo, sono colpito dal primo impatto, non cerco altre vie, mi piace l’estetica, la bellezza che ti colpisce col primo sguardo. La mia opera più amata è Pink Cher di Scott King, la famosa cantante con il basco di Che Guevara, su sfondo fuxia, una lavoro di forte impatto. Noi non compriamo per investire, lo facciamo per nostro puro piacere, dobbiamo sentire l’opera, il messaggio che trasmette, ci deve entrare dentro; ogni volta un’esperienza diversa; di Mario Airò ad esempio ci piace la profonda poesia, che ti avvolge immediatamente. Allora Andrea piena sintonia con Fabio per le opere della collezione? oppure emergono differenze di visione? Forse io ho un approccio più ragionato e razionale, di un’opera mi conquista l’elemento disturbatore, quello che mi fa continuare ad osservarla. Cerco l’elemento dissacrante, come con Ghirri, nell’opera “Rimini”, come con Elad Lassry o con Adrian Paci, con il suo “Centro di Permanenza Temporanea”, dove si vede quella lunga fila di emigranti accalcata sulla scaletta ad attendere l’aereo che non esiste. Sono interpretazioni dell’artista e del suo sentire speciale, dichiarazioni che condividi e che ti affascinano. 39 Spettacoli &cultura S ERIOUS COMMITMENT TO CUSTOMER SATISFACTION Spinelli Group provides inland logistics solutions for Shipping Container Lines and Container Lessors through a powerful family of companies. Spinelli Group offers the full inland shipping supply chain ranging from port terminal facilities, multimodal transport solutions, inland rail connected container depots, warehouses, forwarding and custom agent activities. w w w. g r u p p o s p i n e l l i . c o m Dizionario alimentare 44 Loredana Furno di Stefano Tettamanti BP 16705 Each company operates independently, focused on its market segment, but also competes collectively under the Spinelli Group brand. 42 In today's Network Economy, Spinelli Group is uniquely positioned to leverage the power of networks to help connect the Customers to the high-tech, high-speed global marketplace. di Monica Corbellini 46 Frida Kahlo e Diego Rivera di Linda Kaiser lettere IL DIZIONARIO ALIMENTARE di Stefano Tettamanti Foto Patrizia Traverso In libreria Saggio Stefano Rodotà, Solidarietà, Un’utopia necessaria, € 14,90, Laterza La solidarietà è un principio nominato in molte costituzioni, invocato come regola nei rapporti sociali, è al centro di un nuovo concetto di cittadinanza intesa come uguaglianza dei diritti che accompagnano la persona ovunque sia. Appartiene a una logica inclusiva, paritaria, irriducibile al profitto e permette la costruzione di legami sociali nella dimensione propria dell’universalismo. Di legami, si può aggiungere, fraterni, poiché la solidarietà si congiunge con la fraternità. Nei tempi difficili è la forza delle cose a farne avvertire il bisogno ineliminabile. Agnello [a'ɲɲɛllo] s.m. 1 L’uomo è buono, Storia Aldo Cazzullo, La guerra dei nostri nonni, € 17,00, Mondadori La Grande Guerra non ha eroi. I protagonisti non sono re, imperatori, generali. Sono fanti contadini: i nostri nonni. Aldo Cazzullo racconta il conflitto 1915-18 sul fronte italiano, alternando storie di uomini e di donne: le storie delle nostre famiglie. Attraverso lettere, diari di guerra, testimonianze anche inedite, il libro ci conduce nell’abisso della tragedia e del dolore di quella che fu la prima sfida dell’Italia unita. ma l’agnello è meglio. Bertolt Brecht, Diari 1920-22, trad. di Bianca Zagari, Einaudi 1983. Agnolotti [aɲɲo'lɔtti] s.m. 2 I toscani, padri della lingua e delle sue perversioni, li chiamano agnellotti. Dell’agnello hanno il candore, la tenerezza e, sapido contrasto, l’aroma pungente, ma non il nome. All’origine degli agnellotti sarebbero gli angeli, anelli, da cui derivano la loro forma, tonda come l’anus che si trova alla fine della catena non solo etimologica. Corposi e pervicaci, i piemontesi li hanno trasformati in agnolotti, quadri come le loro campagne e le loro teste. Laura Bosio, La madeleine, in Calendario goloso, Un almanacco gastronomico-letterario per il 2000, Garzanti 1999 42 Albergo [al'bɛrgo] s.m. (Noli) 3 Noli è una piccola repubblica di pescatori sudditi di Genova, ma attaccata molto tenacemente ai propri privilegi. La città si trova su una spiaggia, è costruita abbastanza bene ed è difesa da un castello situato su una rocca al di sopra di essa, ma il porto è di scarsa importanza. L’albergo era tale da farci rimpiangere perfino la locanda nella quale avevamo alloggiato a San Remo. Dopo uno stranissimo tipo di cena che mai riuscirò a descrivere, ci ritirammo per la notte; ma sarò stato a letto da cinque minuti, quando sentii qualcosa strisciare su diverse parti del mio corpo e avendo preso la lampada per vederci, scorsi più di una dozzina di cimici. Io, dovete sapere, nutro per questi parassiti lo stesso tipo di avversione che alcune persone hanno per un gatto o il petto di vitello. Balzai immediatamente in piedi, e dopo essermi avvolto in un grande soprabito, in preda alla nausea, mi sdraiai su una cassapanca di fuori della stanza e là restai fino al mattino. Tobias Smollett, Viaggio attraverso l’Italia, Disavventure, pregiudizi e fugaci consolazioni di un romanziere scozzese nel Bel Paese, trad. di Paola Saitto-Bernucci e Claudio Spadaccini, Nutrimenti 2003 43 danza Il premio a una vita dedicata alla danza, tra teatri, scuola e festival A Loredana Furno, un premio per il lavoro e il progresso economico che ha dato a Torino, la sua città. Un riconoscimento che testimonia gli oltre trentacinque anni di attività della danzatrice e la sua capacità imprenditoriale. Premiare “Per il lavoro e per il progresso economico” una danzatrice? Sembra incredibile, ma nel paese in cui la danza sembra sempre un’arte negletta, qualcuno si accorge del suo potere non solo sociale e culturale ma anche economico. Capita a Torino, e la premiata, da parte della Camera di Commercio Industria ed Artigianato, è stata il 23 novembre scorso Loredana Furno. Una lunga carriera di artista: Furno è stata per oltre quindici anni Prima Ballerina al Teatro Regio, ed artista ospite di moltissimi teatri in Italia e all’estero, da anni è direttore del Balletto Teatro di Torino e curatrice della Direzione artistica della Stagione di Danza della Lavanderia a Vapore, centro di eccellenza per la Danza di Collegno. Negli anni in cui era prima ballerina al Regio, ha avuto modo di collaborare con Mario Porcile, inventore del Festival del Balletto di Nervi che fu chiamato a dirigere stagioni nel rinnovato teatro torinese. Il legame con la Liguria si è rinsaldato negli ultimi anni: dal 2005 è ideatrice e organizzatrice del festival a Savona “Danza alla Fortezza del Priamàr” che ha visto esibirsi prestigiose compagnie nazionali ed internazionali. Ballerina e coreografa nata a Torino, inizia gli studi di danza alla scuola del Teatro Regio con il maestro Grazioso Cecchetti, perfezionandosi in seguito con Susanna 44 Loredana Furno è ideatrice e organizzatrice del festival a Savona “Danza alla Fortezza del Priamar” nato del 2005. La carriera irripetibile di Loredana Furno MONICA CORBELLINI Quando l’espressione artistica incontra lavoro e progresso economico Egri, Esmée Bulnes, Sonia Gasckell e Marika Besobrasova. Nel 1962 entra nel corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano e partecipa alla tournée in Belgio e in Francia con “I solisti del Teatro alla Scala”. Per quindici anni è prima ballerina al Regio di Torino e prende parte all’inaugurazione del nuovo teatro. Sempre come prima ballerina, danza nei principali teatri italiani: San Carlo di Napoli, Verdi di Trieste, La Fenice di Venezia, Comunale di Genova, Massimo di Palermo, Arena di Verona, Comunale di Firenze, Teatro dell’Opera di Roma e molti altri. È stata la protagonista femminile dell’edizione televisiva di “Histoire du Soldat” che ha portato in numerosi teatri italiani. Ha preso il ruolo di Carla Fracci al Teatro Petruzzelli di Bari come protagonista de “La figlia di Jorio” e l’anno successivo si è alternata con Elisabetta Terabust come protagonista de “La sonnambula” di Rieti-Balanchine al Regio di Torino. Ballerina dal temperamento drammatico, ha avuto particolare successo in balletti come: “Il gabbiano” di Vlad-Menegatti, “La sonata dell’angoscia” di Bartok-Milloss, “La figlia di Jorio” di Azon-Miskovitch, “I sette peccati capitali” di Weill-Pistoni, “Romeo e Giulietta” di Prokofiew-Biagi, “Cleopatra” di Mancinelli-Miskovitch, “Fedra” di Massenet-Gai, “Semiramide” di Gluck-Veggetti, ed è stata una struggente Carlotta nel Werther di Gaetano Pugnani. Nel 1977 ha fondato il “Balletto Teatro di Torino”. Nell’ambito della formazione, di cui cura attualmente la Direzione Artistica, ha pro- dotto ed ha interpretato balletti, come “Werther” di Pugnani-Miskovitch, “Cleopatra” di Mancinelli-Miskovitch, “Shakespeariana” di Biagi-FascillaFurno, “Il Noce di Benevento” di Viganò-Paganini-Egri, “Pulcinella” di Strawinsky-Gai, “Amo le rose che non colsi” di Cristiano-Gai. La Compagnia agisce in tutta Italia, all’estero e, stabilmente a Torino dove effettua una regolare Stagione di Balletto. Abilitata all’insegnamento della danza dal Ministero della Pubblica Istruzione, Loredana Furno dal 1964 dirige la sua “Scuola di Danza Classica e Perfezionamento” da cui sono usciti numerosi professionisti, tra i quali lo stesso Levaggi. È stata docente di storia della danza alla Facoltà di Magistero dell’Università di Torino, e membro di giuria in alcuni concorsi internazionali. Nel 1980 crea, accanto a Gian Mesturino, il Festival “Vignale Danza” di cui curerà la direzione artistica fino al 1983. Nello stesso anno, lasciata la direzione della manifestazione piemontese, fa nascere altri due festival: a Bolzano (per volontà della Provincia Autonoma) il “Festival Internazionale Bolzano Danza” e ad Acqui Terme il “Festival Internazionale Acqui in Palcoscenico”, di cui cura ancora oggi la direzione. Nel 1991, per promuovere la conoscenza dei Beni Ambientali piemontesi, idea un festival itinerante (nelle dimore storiche dei laghi Maggiore e d’Orta), il “Festival dei Laghi” e, con il contributo della Regione Piemonte, apre nel 2005 un nuovo spazio per la danza per il bellissimo Teatro Alfieri di Asti, “Asti Danza”. 45 arte F rida Kahlo e Diego Rivera è il titolo della mostra dedicata alla coppia di artisti messicani, aperta fino all’8 febbraio 2015 negli Appartamenti del Doge di Palazzo Ducale. Il titolo antepone la donna all’uomo nel rispetto delle leggi di cavalleria e, forse, di quelle del mito, ma andrebbe rovesciato. Diego (1886-1957) nasce ben 21 anni prima di Frida (1907-1954): ex ragazzo prodigio, ha studiato 7 anni all’Accademia, si è perfezionato per 14 in Europa, dove è entrato in contatto con le avanguardie del tempo, ha viaggiato in Italia per approfondire l’arte degli affreschi, è padre di quattro figli avuti da tre relazioni diverse ed è già celebre quando, nel 1929, sposa Frida. Lei è un’autodidatta: ha iniziato a dipingere davvero nel 1925, a 18 anni, mentre era convalescente, dopo che il bus su cui viaggiava si scontrò con un tram e il corrimano le trapassò un’anca. Il terribile incidente di cui fu vittima e che l’aveva quasi uccisa segnò la sua vita, costringendola a oltre trenta interventi chirurgici, mesi di ingessature, diversi aborti, malattie croniche, pensieri suicidi, uso e dipendenza da antidolorifici e alcool. “Ho sempre lavorato sotto l’impulso spontaneo dei miei sentimenti”, scriverà in una lettera del 1939, “Non ho frequentato nessuna scuola, non sono stata influenzata da nessuno”. Rivera viene consacrato dalla mostra personale al MoMa di New York nel 1930 e nei suoi murales di grandi dimensioni contribuisce alla costruzione dell’identità del paese, rappresentando la storia del popolo messicano, dalla riscoperta delle radici indoamericane agli slanci della modernità, dal realismo magico alle suggestioni dell’industrializzazione. Per lui – un “grande combattente sociale”, come lo definisce suo nipote Pedro Diego Alvarado Rivera – “non esiste arte apolitica”. La Kahlo, invece, si rifugia nell’individualismo, cercando di eliminare dal suo lavoro tutto quello che non nasceva dalle motivazioni interne, dalle sue sensazioni personali, dai suoi stati d’animo: “ho spesso oggettivato tutto questo in autoritratti”, scrive sempre nel 1939, “che erano quanto di più sincero e reale potessi fare per esprimere i miei sentimenti”. La storia racconta che Frida e Diego si conobbero nel 1922 sotto i ponteggi della prima opera pubblica di Rivera, La creazione, realizzata nell’Anfitea- 46 Diego Rivera, Ritratto di Natasha Gelman, 1943, olio su tela, cm 115 x 153. Martin Munkácsi, Diego e Frida, 1934, stampa in gelatina d’argento, cm 35,6 x 27,9. Frida Kahlo, Autoritratto con scimmie, 1943, olio su tela, cm 81,5 x 63 (Cuernavaca, The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art). Frida Kahlo e Diego Rivera: amore e arte LINDA KAISER Temi e attualità della coppia di artisti messicani in mostra a Palazzo Ducale a Genova tro Bolívar, nella Scuola Preparatoria dell’Università di Città del Messico, alla quale lei era iscritta. Una bellissima foto in bianco e nero ritrae la coppia dieci anni più tardi, mentre si bacia sotto altri ponteggi, quelli del cortile interno del Detroit Institute of Arts. Lì Diego stava realizzando uno dei suoi capolavori, gli affreschi con L’industria di Detroit, dove i pannelli principali rappresentano gli operai che lavorano alla Ford. Altre immagini li riprendono nel 1933 presso il murale del Rockefeller Center di New York, proprio davanti al ritratto di Lenin che, introdotto senza autorizzazione dentro al monumento emblema del capitalismo, venne poi fatto distruggere dal committente. Nasce in questo momento l’incrinatura irreparabile tra i due artisti, con il ritorno in Messico, l’isolamento di Rivera ferito nell’orgoglio, l’acuirsi del senso di bisogno da parte della Kahlo, i tradimenti di lui e il perdono di lei, che lo idolatrava pur nelle crudeltà che le infliggeva. La mostra curata a Genova da Helga Prignitz-Poda sottolinea questa diversità dei due artisti e, insieme, il loro specifico, quanto discordante, approccio all’arte. La loro turbolenta relazione durata 25 anni alimenta il reciproco narcisismo in un gioco continuo di sdoppiamenti e di specchi. “Frida Kahlo e Diego Rivera ognuno nei dipinti dell’altro” è il titolo del saggio della curatrice pubblicato nel catalogo edito da Skira: nel percorso espositivo si coglie questo filo rosso e la “tensione” (non soltanto sentimentale) che ne consegue. Basti pensare all’immagine-guida della mostra, quell’Autoritratto come Tehuana del 1943, dipinto a olio su masonite, che specifica tra parentesi Diego nei miei pensieri o Pensando a Diego, rappresentato sulla fronte di Frida come l’oggetto dei suoi sogni e, al tempo stesso, il dominatore della sua mente. Qui l’iconografia inventata con le lunghe radici dei fiori tra i capelli si fonde con la tradizione messicana dell’abito di festa e con la storia d’amore e distruzione delle divinità induiste alle quali si allude. Altrettanto significativa è l’opera del 1949, L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl, dove il doppio ritratto da ex voto di Frida con il cuore sanguinante, che tiene in braccio un mostruoso Diego con la fiamma vivificante, diventa una composizione magica e quasi una deriva cosmica. Delle opere presentate a Palazzo Ducale, 81 sono di Rivera (segnalo il Taccuino italiano per la prima volta esposto; alcuni ritratti maschili degli anni ‘30 e ‘40; lo splendido Ritratto di Natasha Gelman e il Venditore di calle, entrambi del 1943; la Famiglia di Veracruz, del 1957), 75 della Kahlo (segnalo ancora l’Autoritratto “very ugly”, del 1933; l’Autoritratto MCMXLI, del 1941; La sposa che si spaventa vedendo la vita aperta e l’Autoritratto con scimmie, entrambi del 1943; il Collage con due mosche, del 1953), due di altri artisti e 19 gli abiti tradizionali indossati da Frida nella Cappella del Doge. Piacevolissima, poi, è la sezione dedicata alla fotografia, una vera e propria mostra dentro alla mostra, composta da 76 immagini in bianco e nero e a colori. I tre pronipoti di Frida – Cristina, Guillermo e Mariana – ne sono entusiasti e posano davanti ai ritratti di famiglia. Così come l’unica figlia ancora in vita di Diego – Guadalupe Rivera Marín – osserva commossa il ritratto di sua sorella Ruth. Come si spiega il successo crescente di Frida oggi? “È una questione di empatia”, spiega Helga Prignitz-Poda, “oggi la società lascia sempre più sola la gente. La Kahlo era autentica, onesta: il suo linguaggio dei sentimenti universali è quanto mai attuale”. 47 cultura Gozzi: dall’acciaio al calcio Il presidente dell’Entella Calcio, attualmente militante nel campionato di calcio di Serie B, Tonino Gozzi è il vincitore del premio “Polis” 2014, giunto ormai alla XVI edizione. Il premio, una preziosa caravella finemente lavorata, gli è stato consegnato la sera del 30 novembre, nel corso d’una affollata cena presso il ristorante “Manuelina” di Recco. Tonino Gozzi di fatto ha ricevuto un “premio alla carriera”, come del resto è nelle intenzione dei fondatori, a cominciare da Gian Carlo Mai. Sessant’anni, laurea in Economia, docente all’Università di Genova di Economia e Gestione delle Imprese di Trasporto e delle Imprese della Logistica, è presidente della società siderurgica “Duferco Group” e presidente della Federacciai. Ha coltivato passione per la cultura, per la ricerca, per lo sport. È impegnato, da buon chiavarese, nella difesa del territorio e della promozione di nuove imprese e del lavoro per i giovani. Ora fa parte d’un sontuoso “palmares”, quello del premio “polis” che in passato ha incoronato: i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco, Vittorio Malacalza, Paolo Messina, Ornella Barra, Francesco Berti Riboli, Franco Henriquet, Vincenzo Lorenzelli ecc. 48 arte Cardini: la storia alle prese con la tavola F Franco Cardini, L’appetito dell’imperatore. Storie e sapori segreti della Storia, Mondadori, pagg 350, euro 19. ranco Cardini, 74 anni, professore emerito dell’Università di Firenze, è forse lo storico italiano più famoso non solo in Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo. I suoi studi soprattutto sul Basso Medioevo, sulla Cavalleria, sulle Crociate, sui Templari e suoi complessi rapporti polittici, ideologici e antropologici tra il mondo cristiano e l’islam hanno ormai fatto scuola. Ma Cardini ha il dono di una genialità eclettica che per certi aspetti ne fa un tuttologo (nel senso più nobile del termine perché il suo pensiero è sempre profondo) e anche un brillante opinionista sempre protagonista sulla carta stampata e in tv. Cardini, sia pure amabile e spiritoso (e profondamente umano) nella vita privata, è capace di stupire. Chi lo conosce sa che è un brillante commensale e un uomo capace di tutti gli adattamenti. può vivere frugalmente come provare grande curiosità per una mensa riccamente imbandita. Da questa esperienza umana, frutto non solo dei suoi studi, ma anche dagli infiniti viaggi che gli hanno fatto percorrere il mondo, non solo al fine di partecipare a convegni e convention, la sua curiosità inesauribile lo ha portato a firmare uno scritto singolare. Uscito in ottobre presso Mondadori, sta suscitando curiosità e interesse il saggio “L’appetito dell’Imperatore”. Sono 24 episodi che hanno come protagonisti re, imperatori, papi, santi, generali ecc. Il titolo viene da un episodio della vita di Napoleone: quando prelevò dalla biblioteca di Fontainebleau alcune centinaia di volumi (storia, classici del pensiero romano e latino) tra portarsi all’ isola d’Elba dove era stato destinato. Stanco e digiuno gli vengono offerte (qui c’è la fantasia dell’Autore) delle “oeufs en meurette”, piatto complicato molto francese . Ma il volume si apre con gli ultimi attimi della vita di San Francesco che, serenamente, gusta dei “mostaccioli” sorta di biscottini confezionati per lui da una nobildonna. Ma da un viaggio medievale nel Mediterraneo emerge il cus cus alla magrebina, oppure, in un momento drammatico della Prima Guerra Mondiale in Russia, mentre cade lo Zar e inizia la Rivoluzione Sovietica, la famosa minestra “borsch”. Ma c’è sempre un episodio storico per recuperare: farinata, panzanella, brodetti di pesce, castagnaccio, piatti spagnoli e galleghi. Storia e cucina si mescolano in un gioco divertito ed erudito, nel quale Cardini alterna il rispetto scientifico alla fantasia inventiva con un gioco birichino. Al termine di ogni episodio, c’è sempre la ricetta, la sua storia e la ricca bibliografia. Ecco una bella lettura serale che può accontentare tante curiosità. Un regalo che Cardini ha fatto a se stesso e ai tanti suoi ammiratori ed amici. p.l. Francesco Maria Bibesco, L'ultima marmellata, 2014, tecnica mista su tela, cm 290 x 150 (part.), in mostra a Pavia. Foto Linda Kaiser (courtesy Kaiser Art) la nota d'arte LINDA KAIsER Tre Outsider genovesi a Pavia L Roberto Maini, Landscape, 1990, acrilico su tela (particolare) a mostra Outsider Art. Espressione artistica di libertà o disagio sarà visitabile a Pavia fino al 31 gennaio 2015. La sua apertura, il 24 novembre 2014, è stata segnata da un incontro-workshop internazionale, che ha sottolineato come proprio la libertà caratterizzi un’arte fuori dai canoni e dalle leggi di mercato, ricca di simboli, colori e forme emersi dall’immaginario e dal profondo di veri artisti, spesso inconsapevolmente rivoluzionari e indipendenti: un’arte sempre più attuale, in un mondo contraddistinto fortemente dalla diversità. Si tratta di un tipo di espressione teorizzata, classificata per la prima volta e valorizzata grazie all’impegno e alle ricerche dell’artista francese d’avanguardia Jean Dubuffet (1901-1985), che nel 1945 ha codificato con il nome di Art Brut questa forma d’arte affrancata dalla asphyxiante culture. Nell’ambito anglo-americano si preferisce il termine corrispettivo di Outsider Art, sul quale ha scritto nel 1972 il critico d’arte inglese Roger Cardinal, e che comprende anche l’arte degli autodidatti (selftaught) e di chi esprime mondi latenti e stati mentali estremi, architetture visionarie o elaborazioni fantastiche non convenzionali. La Residenza Universitaria Biomedica della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena di Pavia accoglie in mostra circa 150 opere, selezionate secondo tre direttive principali. Il percorso espositivo presenta innanzitutto il gruppo Outsider della Haus der Künstler di Gugging, vicino a Vienna, una delle importanti istituzioni-satellite che con un Museo, una Galleria e un Atelier fa capo all’Art / Brut Center diretto da Johann Feilacher, vera autorità internazionale del settore. Della Casa degli Artisti, fondata nel 1981, sono proposti i lavori di 10 artisti storici, tra i quali August Walla, forse il più significativo rappresentante dell’Art Brut della nostra epoca.A questo nucleo si affianca quello dell’Atelier bild.Balance di Vienna, dal 2001 istituzionalmente volto alla promozione di artisti con disagi, dediti spontaneamente all’arte. Tra i 6 protagonisti qui documentati, particolarmente significativa è la personalità di Ewald Wikidal, che si esprime anche incidendo e colorando supporti di legno. Il terzo gruppo è eterogeneo e composto da artisti di diversa provenienza geografica, etnica e culturale, che dichiarano con la loro personalità la forte componente individualista di un disagio sempre più diffuso, che trova nell’arte la sua effettiva liberazione. Proprio di questa sezione fanno parte ben tre artisti genovesi. Il primo, Claudio Costa (1942-1995), nato a Tirana da genitori italiani, legò la sua attività artistica anche a quella di fondatore, nel 1988, dell’“Istituto per le materie e le forme inconsapevoli”, presso l’ex ospedale psichiatrico di Genova-Quarto, dove aveva organizzato un grande atelier per l’arteterapia. Il secondo, Roberto Maini (1942), esordì nell’arte alla fine degli anni ’60, come Costa presso la stessa galleria La Bertesca a Genova, sulla emergente scena dell’Arte Povera. Oggi mantiene le distanze dal mercato e dalle mostre e lavora ai suoi paesaggi come un poeta visionario. Il terzo, Francesco Maria Bibesco (1941), segnato sin da bambino dalla malattia, esprime soprattutto nelle sue ultime opere, le vecchie lenzuola / sudario di “Marmellata di arance”, tutto il dolore, la tragedia e il disagio di fronte alle impossibilità della vita. Questi lavori sono stati raccolti dagli anni ‘70 a oggi e, riuniti con gli altri nel Fondo Fabio e Leo Cei, sono per la prima volta presentati al pubblico, insieme alla musica di Simona Concaro e alle composizioni poetiche di Ike Hasbani, due giovani affetti da autismo, entrambi ospiti di Cascina Rossago. 49 appuntamenti Natale country, noir a Courmayeur 12-14 dicembre 1 4 COUNTRY CHRISTMAS MERCATINI NATALE BATH In pochi lo sanno, ma il mercatino di natale di Bath, è il più caratteristico del Regno Unito. Nel suggestivo scenario delle terme romane, oltre 120 bancarelle proporranno i piatti tipici della tradizione, oggetti d’artigianato locale, gioielli fatti a mano e decorazioni natalizie. www.visitbath.co.uk Jessica Nicolini Sei appuntamenti da non perdere. Ecco le nostre proposte per un week-end in Europa 1-14 dicembre festival 30 dicembre - 1° gennaio 2 HOGMANAY FESTIVAL EQUITAZIONE 2 Edimburgo 1 11-14 dicembre 3 Bath FOLKLORE L’Hogmanay (Capodanno) scozzese inizia un giorno in anticipo. Dal 30 dicembre infatti, le strade di Edimburgo saranno le protagoniste del veglione di San Silvestro più grande e duraturo: tre giorni di eventi, party di strada, musica dal vivo e tanta birra. www.edinburghshogmanay.com Berlino FOLKLORE Pordenone 45 Nova Gorica-Gorizia 7 6 Courmayeur Bologna 3 HIPPOLOGICA Hippologica è la più grande fiera dedicata all’equitazione di Berlino. Quattro giorni di spettacoli, seminari e tornei per tutti gli appassionati e sportivi. www.messe-berlin.de Si attendono oltre ventimila visitatori da tutta Europa per Country Christmas, l’evento che trasforma la Fiera di Pordenone in una città country-style. Gare, esibizioni e saloon dove scatenarsi a ritmo di musica country fino a notte fonda. www.fierapordenone.it 5-12 dicembre 5 PIXXELPOINT Il Pixxelpoint si è affermato in Slovenia come uno dei più importanti festival del new media art, acquisendo negli anni sempre più fama internazionale. Arrivato alla sua quindicesima edizione, oltre alla City Gallery di Nova Gorica, si estenderà anche sul territorio italiano, a Gorizia. www.pixxelpoint.org 6-14 dicembre 6 Motor Show Come di consueto il mese di dicembre bolognese si aprirà con il Motor Show, il Salone Internazionale dell’Automobile, uno degli eventi più attesi per il mondo delle quattro ruote. Non mancheranno momenti di spettacolo e sport. www.motorshow.it 9-14 dicembre 7 COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL Courmayeur Noir in Festival è un evento internazionale di cinema e letteratura del genere noir, comprese tutte le varianti e sottogeneri. Anteprime, documentari e mostre imperdibili per il pubblico appassionato del genere. www.noirfest.com MOTORI ARTE CINEMA 50 51 laurea in scienze del mare Palazzo San Giorgio: dedicato al pianeta Terra Alberto II di Monaco dottore honoris causa I “ l Mediterraneo e la condizione del suo ambiente tra preoccupazioni e speranze”: è la “lectio magistralis” pronunciata nell’Aula Magna dell’Università di Genova dal Principe Alberto II di Monaco in occasione della sua laurea Honoris Causa in Scienze del Mare. La discussione e la cerimonia si sono svolte il 24 ottobre scorso nel capoluogo ligure. Riservato e con una punta di timidezza, il principe Alberto ha però pronunciato di fronte alla commissione presieduta (per l’ultima volta prima della pensione) dal Magnifico Rettore professor Giacomo De Ferrari una appassionata difesa della natura e della Terra, mettendo in evidenza soprattutto i rischi del mutamento climatico e delle estinzioni di importanti specie di animali ancora viventi, sua nelle zone a rischio, sia nei 52 mari e negli oceani. Il principe Alberto nel 2006 ha dato vita a una Fondazione che porta il suo nome e di cui è presidente mondiale. La Fondazione è presente in molti Paesi del mondo, compresa l’Italia. Uno degli impegni più ambiziosi che Alberto di Monaco persegue, oltre la difesa della natura e delle specie viventi, è la raccolta di fondi per la ricerca scientifica e per l’Università, sempre a livello internazionale. Dal riconoscimento della laurea “Honoris Causa” scaturiranno nuove iniziative e un rapporto più stretto tra il Principato e l’Università di Genova. Sempre per riaffermare questo principio culturale e umanitario nella stessa giornata della discussione della laurea s’è svolta in serata a Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale di Genova, una La cena “Dedicato al Pianeta Terra”, che ha concluso la giornata della Laurea Honoris Causa in Scienze del Mare del Principe Alberto II di Monaco, s’è svolta nella suggestiva Sala delle Compere del duecentesco Palazzo San Giorgio, oggi sede dell’Autorità Portuale ma che per secoli è stato il cuore pulsante dell’economia e della finanza internazionali “inventate” dall’oligarchia genovese del XIII secolo. Gli allestimenti e la scenografia realizzati dall’architetto Umberto Ottino hanno reso quasi magica l’atmosfera della sala dove campeggiano i personaggi storici che hanno fondato il mitico Banco delle Compere di San Giorgio, tra i quali molti esponenti della famiglia Grimaldi. Alla cena, che ha avuto come eleganti presentatori Roberto Rasia dal Polo e Donatella Di Paolo, hanno preso parte circa 150 invitati, tra i quali molti da esponenti del mondo imprenditoriale, marittimo, finanziario e professionale di Genova e di Monaco. L’organizzazione della giornata del principe Alberto II – Laurea Honoris Causa e cena per la solidarietà e per la ricerca scientifica – è stata realizzata da Telenord con il coordinamento dell’editore Massimiliano Monti, che ha preso parte alla serata di Palazzo San Giorgio con la moglie Barbara. Tra i presenti il principe Domenico Pallavicino, console di Monaco a Genova; Bernard Fautrier, vicepresidente mondiale della Fondazione Principe Alberto II di Monaco; Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia; l’avvocato Maurizio Codurri, presidente della Fondazione in Italia; Robert Fillon, ambasciatore di Monaco in Italia; Giacomo De Ferrari, Rettore dell’Università di Genova; il commendator Carmelo Spinella di Alliance Boots; Bruna Guglielmi titolare della omonima gioielleria; il dottor Paolo Risso, titolare della “Cambiaso & Risso”; l’armatore Giuseppe Valenzano Menada; il marchese Giacomo Cattaneo Adorno; l’imprenditore portuale Aldo Spinelli; il dottor Riccardo Casale, AD di Sogin; l’avvocato Angiolino Barreca, presidente della Pro Recco; l’armatore Antonio Rosina. Hanno contribuito in maniera determinante all’evento che ha visto protagonista il Principe Alberto II di Monaco: Main Sponsor: Alliance Boots Sponsor: Cambiaso & Risso; GIP Gruppo Investimenti Portuali; Gioielleria Bruna Guglielmi; Castello di Gabiano dei marchesi Cattaneo Adorno Giustiniani; MSC Crociere; Rossignotti 1840; Telenord. Media Partner: Radio Monte Carlo La cena “Dedicato al Pianeta Terra” si è svolta nella suggestiva Sala delle Compere di Palazzo San Giorgio. cena “Dedicata al Pianeta Terra”, voluta dall’Associazione Italiana Onlus espressione della Fondazione stessa. Il ricavato è stato versato interamente alla Fondazione. È stato il secondo evento a carattere solidaristico, umanitario e scientifico che ha unito la storica “madrepatria” Genova con il principato di Monaco. In gennaio, infatti, era stata la principessa Carolina di Hannover, sorella del principe Alberto II di Monaco, in qualità di presidentessa mondiale dell’AMADE (fondata da Grace Kelly, madre di Carolina e di Alberto), associazione mondiale in difesa dell’infanzia, a visitare l’istituto “Gaslini” e a prendere parte a una cena durante la quale vennero raccolti fondi per la Onlus e al regalato al Gaslini uno speciale strumento robotico per interventi chirurgici assai delicati. p.l. 53 bitgeneration Una maschera da sci per scoprire nuovi mondi fabrizio cerignale Nasce da questo componente, smontato e adattato con sensori schermi Oled, “Oculus Rift”, il caschetto per la realtà virtuale 54 L e nuove frontiere della realtà virtuale, da qualche tempo, passano per un accessorio molto particolare, l’Oculus rift, che sembra uscito dai film di fantascienza degli anni 80 ma che, a dire di chi lo ha provato, può fornire un’esperienza immersiva nella realtà virtuale veramente superiore a ogni possibile aspettativa. A pensarci è stato, come nel più classico sogno americano, Palmer Luckey, un ventenne appassionato di videogiochi che si è accorto che, le tecnologie per realizzare un casco di realtà virtuale a basso costo, sono praticamente già presenti in uno smartphone. Palmer, quindi, ha seguito un procedimento molto semplice: ha preso un paio di occhiali da sci, tolto la lente frontale e usato quanto restava come base per collegare tutti i componenti interni di un moderno telefonino. Ha messo lo schermo al posto della lente, posizionato i vari sensori sul corpo della maschera, fatto creare un paio di lenti che permettessero di mettere a fuoco lo schermo e collegato il dispositivo a un PC. Questo, ovviamente, il racconto anche un po’ romanzato, che ne ha fatto il web. Lo strumento, su cui si lavora da circa un anno, comunque, è tecnicamente un HMD, ovvero un head mounted display, ovvero uno schermo da indossare direttamente sul visto. In pratica, per i profani, si tratta di una sorta di maschera che, al posto delle lenti, ha un visore che, assieme all’uso di auricolari a forte riduzione del rumore esterno, permette di immergersi totalmente nelle immagini che vengono proiettate. Il progetto, che è stato realizzato da, Oculus VR, ha subito raccolto l’interesse del mondo finanziario legato all’hi tech, tanto da aver ottenuto un finanziamento di 16 milioni di dollari. Di questi, però, vista anche la forte tendenza a far partire queste progetti dal basso, 2,4 milioni di dollari sono stati raccolti attraverso il finanziamento dei futuri acquirenti, con la campagna Kickstarter. Un forte interesse al progetto, però, è stato immediato anche da parte del mondo hi tech tanto che la società, fondata da Palmer Luckey e dai cofondatori di Scaleform, è stata acquisita, a marzo 2014, da Facebook. Dopo questa breve disquisizione finanziaria, però, diventa utile anche capire, dal punto di vista tecnico, le potenzialità di questo strumento, il cui kit dovrebbe essere commercializzato a breve. In questo momento, infatti, si sta lavorando ai miglioramenti dell’ultima versione dell’Oculus, Realtà virtuale di “cartone” che è stata presentata Nel gennaio 2014. Questa nuova versione del visore che è stata denominata “Crystal Cove”, si differenzia, infatti, dalle versioni precedenti per l’utilizzo di un display Oled da 5, 6 pollici di risoluzione 1920x1080 a 16:9. Questo tipo di schermo, infatti, a differenza dei tradizionali visori Lcd, ha una minore latenza (in pratica la risposta tra il movimento del corpo e lo spostamento dell’immagine davanti ai nostri occhi è più rispondente alla realtà) e questo risolve i problemi Una volta trovata l’idea vincente, come sempre, su internet inizia il diluvio di progetti fai da te che promettono, a basso costo, di trovare soluzioni adeguate per riprodurre qualsiasi cosa. Questo, ovviamente, anche per la realtà virtuale dove, sfruttando le sperimentazioni di Oculus rift e del Project Morpheus di Sony, sono stati in molti a cercare una risposta artigianale alla richiesta di realtà aumentata. In questo caso, però, i consigli non arrivano Palmer Luckey si è accorto che le tecnologie per realizzare un casco di realtà virtuale a basso costo erano già presenti in uno smartphone. dal solito mondo composto di ragazzini che vivono tra web e console ma da un gigante come Google che, durante l’ultima conferenza dedicata agli sviluppatori, ha presentato Cardboard, un visore per realtà virtuale dal costo irrisorio. Per costruirlo, infatti, basta un pezzo di cartone, va bene anche quello della pizza, qualche componente di facilissima reperibilità è uno smartphone di ultima generazione. Certo, la qualità non sarà quella dei prodotti che erano legati al senso di nausea che provocava il primo prototipo, A questa innovazione si aggiunge anche un’altra novità, rappresentata dalla presenza di 20 sensori ad infrarossi posizionati sul visore che, combinati con una telecamera posta davanti il giocatore, sono in grado di rilevare gli spostamenti nelle 3 direzioni, permettendo così agli utenti di potersi spostare nell’ambiente virtuale, offrendo, ad esempio, la possibilità di avvicinarsi ad un oggetto per vederlo meglio e, anche questo accorgimento, limita il fastidioso effetto di vertigine che dava la prima versione. In quel caso, infatti, gli oggetti più vicini risultavano, fastidiosamente distorti e questo veniva interpretato dal cervello come un segno di malessere, provocando senso di nausea e vertigini. I passi avanti, quindi, sono stati molti, basti pensare che il primo prototipo usava uno schermo da 5,6 pollici ma dopo la campagna avvenuta su Kickstarter è stato deciso di passare ad uno schermo di 7 pollici. Lo schermo ha una profondità di colore di 24 bit per pixel ed è abilitato alla stereoscopia 3D, e il campo di visione è di oltre 90 gradi in orizzontale (110 gradi di diagonale), che è più del doppio rispetto ad altri dispositivi concorrenti, il tutto a un peso di poco superiore ai 300 grammi. Ma se tutti questi dati tecnici vi hanno fatto venire l’acquolina in bocca, purtroppo, bisognerà ancora attendere qualche tempo per arrivare a una commercializzazione. Questa versione, infatti, è sempre e comunque rivolta agli sviluppatori come ribadito varie volte dallo stesso Palmer Luckey e non è adatta al mercato consumer (alcuni utenti che avevano comprato il primo development kit lo usavano come periferica plug and play quando invece necessita di un computer e di diversi programmi per essere fruibile al 100%). Questa versione dell’Oculus Rift, comunque, si avvicina già per un 70% alla possibile versione finale del prodotto, che punta ad avere una risoluzione di 2560x1440 (2K) o, addirittura, di 4096x2160 (4K). più blasonati ma basta, per adesso, a scendere in volo sul pianeta con Google Earth, fare un viaggio per le vie di Parigi, esplorare un mondo animato in stile Pixar o una stanza fatta di video di YouTube. Questo per ora, ovviamente anche perché, assieme a Cardboard è stato presentato,un kit di sviluppo sperimentale che in breve tempo dovrebbe rendere la programmazione di contenuti virtuali facile quanto la creazione di un sito o di una semplice app. 55 golf C inquecentomila euro di danni: a tanto ammonta la lista delle spese extra che il Golf Colline del Gavi dovrà affrontare per rimettere in sesto le due diciotto buche travolte dall’alluvione di metà ottobre. Fairway coperti da un pesante strato di fango e limo, green spazzati via, bunker devastati e, soprattutto, dodici ponti divelti e distrutti: questo il primo, provvisorio elenco degli ingenti danni che i soci del sodalizio di Tassarolo si sono trovati ad affrontare appena le condizioni meteo hanno permesso l’inizio degli innumerevoli interventi di ripristino. Coadiuvati da squadre di operai e di volontari giunte dai vicini Golf di Rapallo e di Margara, tutti i soci del cir- Alluvione e solidarietà. Si mobilitano 30 circoli in tutta Italia per il Golf Colline del Gavi il golfista LA FORZA DI UNA MULLIGAN C Quando il golf aiuta se stesso Isabella Calogero colo del basso Piemonte si sono dati immediatamente da fare nel tentativo di ripristinare il prima possibile il gioco sul percorso, anche se non se ne parlerà prima del marzo del prossimo anno. Nel frattempo si era anche in attesa di un sostegno economico da parte dell’amministrazione della Regione, solitamente molto attenta alle problematiche del golf inteso come primario veicolo di sviluppo turistico: purtroppo al momento di scrivere questo articolo non risultano esserci novità rilevanti. In poche parole, almeno per ora, la politica ha risposto picche. Dunque, nel duplice tentativo di sistemare il percorso e, soprattutto, di salvaguardare i ventitré posti di lavoro normalmente garantiti dal sodalizio di Gavi, si sono mossi decine di altri club, uniti in un’iniziativa che non ha 56 precedenti nella storia del mondo del green italiano. In che modo? Semplicemente, creando una catena di beneficenza lungo tutto lo Stivale italiano: dal nord al sud, fino alle isole, trenta circoli di golf hanno organizzato lungo i propri percorsi gare a 18 buche il cui ricavato è stato devoluto su un conto corrente dedicato. Il progetto, unico nel suo genere e subito denominato Il Golf Aiuta il Golf, ha portato sui tee oltre duemila golfisti azzurri, che, dalla fine di ottobre e per tutto il mese di novembre, si sono impegnati in competizioni di solidarietà. Ma non è finita: mentre scriviamo, in alcuni circoli in Veneto, in Emilia Romagna e in Sicilia, si stanno ancora disputando gli ultimi tornei benefici. Si stima che alla fine del mese di dicembre la somma che si sarà riusciti Alluvione 2014: ingenti i danni. Al Golf Colline del Gavi 12 ponti divelti e attività sospesa fino almeno a marzo 2015. a raccogliere si aggirerà sui trentamila euro: una goccia, probabilmente, nel mare del disastro, ma comunque un valido aiuto che permetterà la ricostruzione di alcuni dei ponti distrutti. E ancora: sull’onda di quest’idea, ne è nata subito un’altra direttamente tra i soci del Golf Rapallo. Come già avevano fatto negli anni passati in occasione del terremoto de L’Aquila, alcuni di loro si sono ritrovati in sala d’incisione per registrare un CD di successi musicali, il cui ricavato derivante dalle vendite verrà devoluto alla causa del Colline del Gavi. Si tratta dunque di una bella pagina di golf italiano scritta da semplici giocatori del week end, nell’attesa che nella stagione 2015 siano i campioni azzurri a far parlare di loro sui circuiti professionistici internazionali. redo che tutti, almeno una volta nella nostra esistenza, abbiamo desiderato che la vita ci offrisse una mulligan. Una seconda chance. Un miracolo capace di riavvolgere all’indietro il nastro delle nostre emozioni e delle nostre azioni, e che, al netto di quelle, ci permettesse di imboccare un sentiero diverso da quello lungo il quale ci eravamo incamminati. Ricchi delle esperienze accumulate lungo la strada già battuta e, per questo, senza averle dimenticate, con una mulligan avremmo potuto scegliere un nuovo cammino al quale guardare attraverso una visuale rinnovata e con rinnovato stupore. Sconfortati dallo spettacolo quotidiano che ci circonda, tutti, almeno una volta, ci siamo certamente domandati cosa sarebbe stato della nostra esistenza, “se”. Se avessimo scelto diversamente; se avessimo ragionato con il cuore mettendo a tacere per una volta il ronzio assordante della mente; se avessimo risposto alla vita con una battuta meno scontata; se, in ultima analisi, avessimo avuto il coraggio di considerare di riconsiderare. Ecco: tutti questi “se” ci presentano il conto, di tanto in tanto, nonostante la certezza nichilista e paralizzante che ci accompagna dalla nascita e che non fa altro che sussurrarci all’orecchio che l’oblio è inevitabile, e che i nostri sforzi diventeranno polvere, e che prima o poi la terra sulla quale poggiamo i piedi verrà inghiottita dal buco nero della memoria. Nessuno li vuole sentire questi “se”. Non quegli uomini e quelle donne che non si fermano mai. Neppure per un istante. Quelli che si ingolfano le giornate per non pensare alla vita che nel frattempo scorre davanti agli occhi come un impetuoso torrente in piena che non riescono o non vogliono arginare. E neppure tutti gli altri: quelli che per scelta o per natura – chissà – sono riluttanti alla vita e che hanno elevato l’indolenza e l’ozio a forma ultima di saggezza. Sinceramente, non so chi sia più felice, o meglio, chi sia tra questi migliore nell’arte di ingannare se stessi, dal momento che di questo si tratta. Di mentire a noi stessi raccontandoci che non esistono “se” opzionabili al di fuori della realtà che è. Eppure qualche volta, nelle lunghe notti insonni che accompagnano l’età matura, quando le barriere del cervello sono più labili e le parole del cuore hanno la forza per superarle queste barriere, tutti quei minuscoli “se” da sempre inascoltati si affacciano non invitati e dunque prepotenti nei pensieri, ricordandoci i piccoli soprusi che ci hanno allontanato, le delusioni che hanno eroso la nostra stima, le umiliazioni che ancora bruciano nell’animo. Poi, quando gli occhi si riaprono al giorno, li scacciamo rapidi con un battito nervoso di ciglia. Che sciocchi che siamo, è il primo pensiero della mattina. E, davanti a una tazza fumante di caffè che speriamo possa rinvigorire le nostre fragili certezze, come scrive Francis Scott Fitzgerald, ricominciamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato. Giorno dopo giorno. 57 Agenda Dicembre 2014 anno 5 - n°37 cosa succede in LIGURIA food 6-14 dicembre NATALE 6-8/12-21 dicembre Mostre, fiere, spettacoli, gli appuntamenti più importanti dell’agenda di dicembre Jessica Nicolini ELETTRONICA 13-14 dicembre Agroalimentare Nataleidea MARC Agroalimentare è il tradizionale appuntamento prenatalizio presso Spezia Expò. Tanti gli espositori presenti, con un vasto assortimento di prodotti della gastronomia italiana. Marc è la fiera nazionale dedicata all’elettronica, all’informatica ed alle attrezzature da radioamatore. L’appuntamento a cui gli appassionati del settore non possono mancare. www.speziafiere.it Non si respira aria natalizia senza Nataleidea, che torna puntuale come ogni anno alla fiera di Genova.Tante novità per poter scegliere al meglio i vostri regali. www.natalidea.it www.studiofulcro.it
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