ottobre

23º anno - n. 241 - ottobre 2014
“... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo
più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92
del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.
“CI RESTANO LE LACRIME, LA RABBIA, I TUOI SOGNI E IL DOVERE DI FARLI VIVERE”*
grazie Ales, compagno mite
* dall’intervento di
Dario Canossi (Luf)
al funerale di Ales
impastavi terra e sogni, puntavi sul “noi”
di Paolo Erba
Ales ha dedicato 20 dei suoi 42 anni alla comunità di Malegno, togliendo del
tempo prezioso a sé e alla sua famiglia, e la sua comunità oggi c’è e lo ringrazia
per tutto questo. Ringrazio davvero tutti per le innumerevoli manifestazioni
di solidarietà umana arrivate in questi giorni. È bello, doppo il morir, vivere
anchora, dicevano i medievali. Quando muore una persona di valore, il dovere
morale di chi resta è quello di portarne avanti le idee ed il modo di fare le cose.
segue a pag. 7
comunista tenace, hai dato tutto!
di Pier Luigi Milani
Ah! Quanto ci hai dato. Impossibile ricordare tutto. Ognuno tiene
dentro di sé e per sé uno o più spezzoni del grande mosaico
delle relazioni che hanno arricchito la Tua vita e quella
di chi ha avuto il modo e la fortuna di incrociarla.
Hai bruciato velocemente il Tuo carburante, come
se lo percepissi e sentissi che il tempo a Tua disposizione sarebbe stato breve.
segue a pag.10
in direzione ostinata e contraria
la Cgil camuno-sebina
Risulta difficile fare un discorso istituzionale in memoria di chi di istituzionale, a parte le cariche
rivestite, aveva ben poco. Di certo non siamo qui né per vantarci di averlo conosciuto, nè per
celebrare la beatificazione di una persona probabilmente unica, ma che, come tutti noi, santo non
era e nemmeno aspirava a diventarlo. È anche per questo che abbiamo voluto che il saluto della
CGIL fosse frutto di una elaborazione collettiva e non un singolo pensiero di qualcuno di noi,
convinti che lui lo avrebbe apprezzato, sicuri che il noi è sempre meglio dell’io.
segue a pag. 8
l’asticella del buon amministratore
di Carlo Cominelli
Ciao Ales. Leggo queste poche righe a nome delle associazioni della Valle Camonica impegnate nel
sociale che hanno trovato in te un appoggio e uno stimolo.
[...] Ogni tema sociale, ogni progetto che noi rappresentiamo si trova a “casa propria “ oggi a Malegno, ha eletto Malegno a “suo” Comune. E lo sai, sai che le nostre sedi non sono a Malegno, ma
sparse per la Valle e oltre. Malegno, è comunque, la nostra casa. Grazie a te.
segue a pag. 9
Ales e Graffiti: una storia intrecciata
Dall’archivio del nostro giornale, il primo pezzo scritto da Ales per il 25 aprile 2001.
E poi: le sue parole per la tutela dell’ambiente e l’acqua bene pubblico, i suoi interventi sulle vicende comunali e comprensoriali. Ecco il nostro ricordo di Ales: un
dovere di riconoscenza. (da pag. 7 a pag. 10)
«... ed in quanto ad arricchimento umano,
dopo 19 anni lascio consapevole di aver più
ricevuto che dato. Lascio con la serenità di
chi ha fatto sempre del proprio meglio,
consapevole dei propri limiti, e con la
profonda convinzione che il prossimo
sindaco, chiunque esso sia, sarà certamente
in grado di fare meglio del sottoscritto.
Agli amministratori futuri non ho consigli
da dare, mi piacerebbe lasciargli in
eredità una sola cosa:
Il primo anno intero nel quale ho fatto il
sindaco, il 2005 in famiglia eravamo in due ed
il nostro reddito complessivo fu di 51.000 euro
lordi; L’anno scorso il reddito complessivo
della mia famiglia, che nel frattempo è
diventata di 4 persone, è stato di 44.000 euro
lordi.... Ho sentito dire una volta da Roberto
Benigni che i più grandi uomini politici sono
entrati in polita ricchi e ne sono usciti poveri.
Io ho troppo rispetto per i poveri e troppo
poca considerazione per i ricchi per fare
paragoni con gli uni o con gli altri, ma quello
che mi piacerebbe venisse ricordato di questo
sindaco è che, può anche aver commesso
molti errori ma, non ha tratto dal proprio
operato mai profitti personali...».
Ales Domenighini
ottobre 2014 - graffiti
2
AL VOTO: LA “PROVINCIA” DEGLI AMMINISTRATORI
di vasta area e di larga intesa (ma non per tutti)
di Bruno Bonafini
Sono quattro i camuni candidati al consiglio
dell’Ente di vasta area, la “Provincia-che-nonc’è-più”. Uno per ognuna delle quattro liste che
il 12 ottobre si contenderanno i voti di poco
più di 2500 tra consiglieri comunali e sindaci
dei 205 comuni del territorio bresciano. E dai
quali usciranno i 16 del “governo” provinciale.
Più il presidente, candidato unico quindi di già
certa elezione, Pierluigi Mottinelli, dal curriculum amministrativo ampio e conosciuto, di
sindaco di Cedegolo, di Presidente della Comunità montana, di consigliere provinciale. La cui
presidenza, per la Valle, rappresenta il “bottino” più ricco, o meglio la carta più forte da giocare per dare voce nel contesto più grande ai
temi del nostro territorio.
Alle certezze sulla Presidenza non corrisponde però altrettanta tranquillità sui risultati, e
soprattutto sulla maggioranza, del consiglio
dei 16, là dove si decide la gestione dell’Ente.
La nuova Provincia è stata prospettata come
Ente dei sindaci e degli amministratori, non
solo nel senso che la eleggono solo loro: dovrà
essere infatti una specie di Ente tecnico gestore di servizi e strutture di livello sovracomunale. E quindi spoglio di caratterizzazione politica, neutro rispetto a politiche di partito o
di bacini elettorali di riferimento.
Una caratterizzazione “tecnica” che ha portato
a Brescia, ma pressoché ovunque, i due schieramenti politici del centrosinistra e del centrodestra a percorrere la strada di una gestione unitaria (i 5 Stelle si sono chiamati fuori, non avranno nemmeno una lista loro; la Lega corre da
sola). Ma se la Presidenza unica, quella indicata
dal PD, il partito più rappresentato nei Comuni, è rimasta unica e condivisa, non è accaduto
lo stesso per la lista che doveva, anch’essa uni-
essere “di sinistra”
«Adesso – ci spiegano e qui noi ibridi un po’
liberali, un po’ radicali esultiamo – che licenziare non è una cosa di destra, è una cosa di
sinistra.Anche l’abolizione dell’articolo 18 è
una cosa di sinistra.Dire basta ai sindacati è
una cosa di sinistra.Avere un leader carismatico è una cosa di sinistra.Èuna cosa di sinistra
pensare che le imprese siano una cosa di sinistra. L’unica cosa che non è più di sinistra è
essere di sinistra». (Mattia Feltri, La Stampa)
ca, includere tutt’insieme PD, Forza Italia e
loro uomini d’area. Gli stati maggiori dei due
partiti non hanno avuto l’unanime approvazione di quanti dovevano seguirli. Anzi, in molte
realtà, le indicazioni dell’elettorato erano di tutt’altro genere. Il disagio di molti ad una convivenza impropria perfino nella lista, passi nella
gestione, a destra e a sinistra, ha prodotto liste
dissidenti: due civiche, “democratica” una
(frange PD, socialisti, Sel...) e “destra” l’altra
(la corrente di Margherita Peroni), con personaggi anche di buon seguito. Il che dà non poche incertezze al risultato. Può costituire un
buon sondaggio sugli orientamenti, ma anche
scombinare disegni precostituiti.
Oltre alla caratterizzazione più strumentale
che politica dell’Ente, la scelta della gestione
unitaria trova ragione nell’incertezza, ancor
oggi, di funzioni, di risorse, di regole statutarie
che lo dovranno sostanziare. Una fase costituente, insomma, che suggerisce collaborazione larga più che contrapposizioni. Ma pesa
certamente anche il momento che vive la politica nazionale: una certa ambiguità/doppiezza
del “renzismo” oggi vincente, che nel suo pro-
AVANTI GRAN PARTITO!
clamato voler cambiare tutto, sembra preferire
più il conforto del vecchio disastroso centrodestra berlusconiano, dei suoi uomini, della
sua “cultura” politica, piuttosto che l’apertura a quanti l’hanno avversato denunciandone,
pur con limiti, le malefatte e l’inconcludenza.
Un limite culturale e politico del centrosinistra, della sua componente oggi vincente, che
giustifica le tante perplessità sul nuovo che
avanza. Quantomeno sui metodi, quand’anche
i risultati risultassero buoni.
I CAMUNI CANDIDATI
Daniele Do, vicesindaco di Losine, per
la lista Lega Nord.
Stefano Gelmi, sindaco di Malonno,
per la lista Comuni bresciani per Mottinelli Presidente.
GianPiero Bressanelli, sindaco di Sellero, per la lista Area Civica Democratica.
Mario Rizzi, consigliere comunale di
Ponte di Legno, per la Lista Civica Comuni in Provincia.
(a cura di Michele Cotti Cottini)
quello che non ho...
5 ... è una camicia bianca. Mentre la trovata di Renzi di emulare Berlusconi pure in materia
di articolo 18 ha infuocato la direzione nazionale Pd, la direzione provinciale Pd è stata alle
prese con la spinosa vicenda del listone per le Provinciali: un pasticcio nato male (riforma
Delrio) e proseguito peggio («l’esportazione del modello camuno», hanno chiosato in molti). A
Roma le stilettate di un ritrovato D’Alema contro il segretario nazionale: «Non è obbligatorio
sapere i fatti ma sarebbe fortemente consigliabile studiarli (…) Meno slogan, meno spot e
un’azione di Governo più riflettuta credo siano la via per ottenere più risultati». A Brescia
l’invettiva di Bisinella, escluso a sorpresa dalla lista per le Provinciali, contro la sinistra Pd rea
di aver sostenuto la linea dell’accordo con Forza Italia: «I militanti e dirigenti del Pci che hanno costruito questi muri e ora non ci sono più – ha ammonito l’ex segretario nel salone della
Casa del Popolo – vi guardano».
5 I neofiti della ditta. Così li ha definiti Bersani. Abbondano sia a Roma, sia in Valle Camonica. Renzi in direziona nazionale ha avuto il coraggio di affermare: «Mi piace pensare che in
Parlamento si voti tutti allo stesso modo. È stata questa la stella polare quando ero opposizione nel partito, lo è a maggior ragione oggi». Lo ricordo solo io l’allora sindaco di Firenze impallinare la candidatura di Franco Marini alla Presidenza della Repubblica, direttamente dagli
amati schermi di La7, dando precise direttive ai “suoi” parlamentari? Così, giusto per citare la
prima stella cadente che mi viene in mente.
Se questo è l’esempio che viene dalle alte sfere, non stupisce più di tanto ritrovarsi Corrado
Tomasi tuonare in direzione provinciale contro i “dissidenti” (Girelli & C.), sospettati di lavorare per un’ulteriore lista civica di centrosinistra (lista che effettivamente si è poi formata, con
la regia di socialisti e Sel). Come Renzi, pure Tomasi ha invocato la necessaria lealtà verso il
partito. Ma lo ricordo solo io Tomasi poco meno di due anni fa minacciare di candidarsi in una
qualsiasi lista “accogliente”, nel caso in cui il Pd non l’avesse messo in lista alle Regionali?
5 «Quello che manca al mondo, è un poco di silenzio». È un verso tratto da una delle
ultime canzoni di Ivano Fossati. Una riforma (annunciata) al mese, un tweet all’ora: in questa
stagione in cui la frenesia pare la somma virtù, di parole ne vengono spese, sprecate, consumate e
dimenticate molte. Eppure penso che alcune delle frasi pronunciate nelle ultime settimane ce le
ricorderemo per un pezzo. A me ne è rimasta molto impressa una, pronunciata da Renzi a Che
tempo che fa: «Io non tratto con la minoranza del partito ma con i lavoratori». In queste dodici
parole, intrise di populismo, arroganza e ipocrisia, c’è tutto ciò che mi distanzia dal segretario
nazionale del partito a cui anche quest’anno, nonostante tutto, ho deciso di tesserarmi.
graffiti - ottobre 2014
3
DELEGATO SINDACALE, ADDETTO ALLE PULIZIE DI UN’AZIENDA DEL COMPRENSORIO
articolo 18: la storia di Celestino
di Federica Nember e Donato Bianchi
Dev’essere il suo destino di venire ciclicamente attaccato, sviscerato, calunniato. E così si
a Roma, per cambiare l’Italia
La Cgil Valle Camonica Sebino organizza i pullman per partecipare alla
manifestazione nazionale che si terrà
sabato 25 ottobre 2014 a Roma.
«Per rispondere in maniera chiara e
decisa alle vaghe affermazioni del governo sui temi della riforma del mercato del lavoro. Per ribadire la nostra posizione sulla revisione della legge 300/
1970 (Statuto dei Lavoratori) e in particolare sull’articolo 18, sul demansionamento e i controlli a distanza. Perché il lavoro si fonda sulla dignità e
sull’uguaglianza. Perché cambiare
l’Italia si può e si deve fare».
Per info e prenotazioni: 0364.543201/11
AMBIENTE & DINTORNI
inizia con il solito walzer del «si deve difendere» o «si deve rivedere e modificare» o addirittura «si deve cancellare»...
La mia opinione non sarebbe di nessun aiuto,
né da una parte né dall’altra. Ecco dunque un
esempio semplice e chiaro di cosa è e di come
si applica l’art. 18.
Celestino ha 57 anni, è invalido al 70% ed è delegato sindacale in un’azienda del comprensorio.
Ha un contratto a tempo pieno indeterminato e
svolge la mansione di addetto alle pulizie.
Nel 2012 l’azienda apre una procedura di mobilità di gruppo a causa della pesante crisi in
atto e tra le postazioni indicate “in esubero”
c’è il lavoro svolto da Celestino. La volontà
dell’azienda è quella di appaltare il servizio di
pulizie ad una ditta esterna, far venir meno la
mansione e procedere al licenziamento.
Il sindacato interviene da subito contestando
l’impostazione dell’azienda. Celestino è disponibile anche a svolgere altre mansioni all’inter-
(a cura di Guido Cenini)
pedibus e asini casa-scuola
Finite le vacanze... si torna a scuola! Ma è arrivato finalmente il momento di invertire la rotta e
di farlo in modo diverso. Torniamo anche a parlare di bellezza, vivibilità e mobilità dei nostri
centri urbani ascoltando i desideri dei più piccoli e dando loro voce.
Secondo le statistiche, in Italia, per effettuare questo percorso il mezzo più utilizzato è ovviamente l’automobile: solo un bambino su 4 va e torna da scuola a piedi, ma la distanza tra
l’abitazione e la scuola in più della metà dei casi è inferiore a 1 km e infatti la maggior parte dei
bambini sceglierebbe di andare a piedi o in bicicletta, e allora perché no? Si potrebbe andare
tutti a scuola in sicurezza, allegria, autonomia e... senza inquinare! È l’occasione, in collaborazione con gli istituti scolastici, le amministrazioni, le associazioni di genitori, di inaugurare
nuovi pedibus e bicibus e di promuovere l’uso dei mezzi pubblici per muoversi in modo green
anche per andare e tornare da scuola.
Proprio dalla scuola possiamo iniziare a parlare di come deve essere una mobilità smart per
tutti, che riduca le emissioni e aumenti vivibilità e sicurezza soprattutto per chi sceglie di
spostarsi in maniera sostenibile.
Una prima azione di grande impatto per richiamare l’attenzione di genitori, insegnanti e dell’intera comunità scolastica e non, sulla mobilità casa-scuola sicura e sostenibile, può prevedere la riconquista, anche solo per una giornata, dell’area antistante la scuola con giochi e attività
in strada o sui marciapiedi nei dintorni dell’istituto. Si potranno organizzare attività ludiche e
azioni dimostrative: dai blitz fotografici alle multe simboliche, dai segnali stradali realizzati
con i bambini alle decorazioni per rendere la strada più colorata... L’amministrazione comunale
potrà essere coinvolta sia per consentire la chiusura al traffico dell’area adiacente la scuola, ma
anche per proporre insieme ai ragazzi possibili soluzioni a medio e lungo termine per migliorare la sicurezza e la piacevolezza della mobilità senz’auto (zone 30, dissuasori, istituzione di
strade scolastiche...). In particolare potrebbe essere una buona occasione per dare vita a nuovi
progetti di pedibus e bicibus, due modi per aiutare i ragazzi ad acquisire uno stile di vita più
sostenibile, riappropriarsi del piacere di camminare o pedalare, fare del sano movimento, conoscere il proprio paese e le regole della strada e soprattutto facendolo in tutta sicurezza.
Ultimo esempio in ordine di tempo viene ancora una volta da Malegno, dove il pedibus
camuno è stato inventato anni fa, e sempre da Ales, perché il neo sindaco Paolo Erba ha
aggiunto gli asini, oltre agli adulti, per accompagnare i bambini nel loro tragitto casa-scuola.
Asini veri, non alunni somari. Come si può vedere la fantasia non ha limiti se si vuole raggiungere un obiettivo che incida sullo stile di vita e sul piano di formazione culturale dei
cittadini. Ancora una volta la traccia lasciata da un buon amministratore ha avuto un seguito.
L’augurio è che tutti i giovani sindaci della valle si ingegnino per proporre altrettante e più
svariate iniziative atte a coinvolgere bambini ed anziani.
no dello stabilimento: si coinvolge l’Asl che,
dopo i dovuti accertamenti, dichiara il lavoratore idoneo esclusivamente a svolgere la mansione di addetto alle pulizie. Celestino può e vuole
continuare a fare il lavoro che sta facendo.
La procedura di mobilità è arginata con un accordo di 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, Celestino continua a fare il suo lavoro,
ma invece della giornata intera lavora per 4 ore
al giorno perché l’azienda vuole consolidare
l’esubero dichiarato in procedura. Il sindacato
contesta la mancata rotazione e l’utilizzo della
ditta esterna in sostituzione del lavoratore.
A giugno 2013 in vista della scadenza della cigs,
l’azienda apre un’altra procedura di mobilità
dove si riconfermano gli esuberi dichiarati un
anno prima, tra questi la posizione occupata da
Celestino. Il sindacato è disponibile a firmare
un accordo con l’azienda esclusivamente con il
criterio della mobilità volontaria e si dichiara
contrario ad altre soluzioni ipotizzate. Al ministero si arriva al mancato accordo: si dichiara
all’azienda che si sarebbero contestati i licenziamenti di tutti i lavoratori che, licenziati,
avessero voluto impugnare il licenziamento.
Viene proclamato uno sciopero di 8 ore con
presidio della portineria denunciando anche
sulla stampa la ferma opposizione alle liste di
proscrizione sui licenziamenti decise dall’azienda. In quell’occasione alcuni lavoratori
escono in mobilità come volontari, senza la
conciliazione della Organizzazioni sindacali
che non hanno firmato.
L’azienda, a fronte delle iniziative del sindacato: il mancato accordo sulla mobilità, la mobilitazione dei lavoratori e il valore deterrente della
normativa sul lavoro (in particolare l’art. 18
della statuto dei lavoratori) lascia scadere i termini per attuare il licenziamento di Celestino.
Oggi Celestino lavora ancora nella stessa azienda, affiancato da una ditta esterna perché da solo
non riesce a pulire tutti gli spazi della fabbrica.
Il sindacato non ha dovuto applicare l’art. 18,
ma l’art. 18 c’è e questo basta perché sia da deterrente, uno scudo, perché «annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato
motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma
della legge stessa, ordina al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, (…) di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro».
«Durante il tragitto, nei posti più impervi,
caddero il cavallo e poi il mulo con tutto il
loro carico. Rotolarono giù nel burrone, e fu
una gran fatica recuperare i due animali e il
loro carico. Solo l’asino non cadde perché
non aveva voluto accettare il percorso scelto
dal conducente. Si era impuntato e non voleva più fare un passo. Dopo un bel po’ di
tempo scelse il passaggio che gli sembrava
meno pericoloso e compì una scelta giusta
perché su quel percorso riuscimmo poi a far
passare il cavallo e il mulo».
Giuseppe Brighenti, Il partigiano Bibi
ottobre 2014 - graffiti
4
FESTA DELLA CGIL A ROGNO: LA CAMUSSO E MUCCHETTI SULLA RIFORMA DELLA P.A.
il sindacato e il rischio dei tanti io contrapposti
di Michele Cotti Cottini
«Perché attaccare il sindacato paga anche a sinistra?». L’interrogativo più urgente e più pesante che dovrebbe occupare la riflessione di
chi – a sinistra – ancora non si è affatto ammaliare dalla sirena renziana, lo esplicita il senatore Pd Massimo Mucchetti.
Festa della Cgil a Rogno, sabato mattina, 13
settembre: batte il sole sul centinaio abbondante di partecipanti che con attenzione
ascolta il dibattito sulla riforma della Pubblica
Amministrazione; ospite principale la Segretaria generale Susanna Camusso. Nonostante
gli inviti spediti a tutti i Municipi del comprensorio, l’unico Sindaco presente è quello di
Iseo: Riccardo Venchiarutti, sul palco, è stato
chiamato a coordinare i lavori. Tra il pubblico
si fa vedere il neopresidente della Comunità
Montana Oliviero Valzelli. Non pervenuto invece il neosegretario di zona Pd: un’assenza
che non sorprende visto che per via di sparate
antisindacali i renziani ante litteram Bezzi &
Tomasi non hanno davvero nulla da imparare
dal Presidente del Consiglio.
Mucchetti, già vicedirettore del Corriere,
chiarisce subito da che parte sta. Lo fa prima
ricordando il titolo del suo primo libro – Licenziare i padroni – testimonianza di un giornalismo con la schiena dritta, capace di denunciare miserie e storture di una parte non marginale della classe imprenditoriale italiana. Poi
esprimendo amicizia e affetto per la Camusso,
nonché apprezzamento per le considerazioni
sulla Pubblica Amministrazione con cui la Segretaria generale aveva aperto la giornata: «un
vero programma di governo, nel segno della
migliore tradizione della Cgil e del sindacato
confederale, tutt’altro che corporativo». Infine puntando il dito contro le tentazioni demagogiche che si stanno facendo largo anche nella
classe politica del centrosinistra.
Mucchetti è reduce dall’inaugurazione del
nuovo stabilimento delle Rubinetterie Bonomi a Gussago. En passant sottolinea l’anomalia della triplice presenza istituzionale a
quell’evento: in un Paese con un’economia
sana – ragiona – il Presidente del Consiglio, il
Ministro del Welfare e il Presidente della
Commissione Industria del Senato sarebbero
stati in tre luoghi diversi a valorizzare tre diversi investimenti; il fatto che fossero tutti a
Gussago la dice lunga sullo stato di crisi dell’Italia. E ancor più significativo, sotto questo profilo, è il calo dei consumi che – riferisce allarmato Mucchetti – da qualche tempo
registrano perfino i discount.
Mucchetti ricorda la recente passerella bresciana di Matteo Renzi per soffermarsi sugli applausi fragorosi strappati dal Presidente del
Consiglio non solo agli imprenditori presenti,
ma anche ai lavoratori, nel passaggio del suo discorso in cui contrapponeva alla produttività
virtuosa dei lavoratori del settore privato
l’inefficienza patologica dei lavoratori pubblici.
E se, almeno tra tutti i relatori del convegno,
pare condiviso l’allarme per un approccio che
punta a creare consenso alimentando conflitti,
col rischio di ridurre la società ad una «moltitudine di io che si contrappongono» (Camusso),
sul tavolo resta il dilemma ben espresso da
Mucchetti. Quando il Pd aveva il 25% – è il
ragionamento del senatore – il partito non aveva la forza per fare le cose, probabilmente giuste, che sosteneva allora senza riuscire a coagulare una massa di voti sufficiente; ora il Pd è al
41%, ha la forza per fare, ma sul che cosa fare
c’è più incertezza e preoccupazione.
Per la Camusso la direzione intrapresa dal
Governo Renzi è nettamente sbagliata. Sia
perché è impensabile riorganizzare il lavoro
nella Pubblica Amministrazione contro i lavoratori della Pubblica Amministrazione, i cui livelli salariali sono peraltro fermi al palo da 6
anni (mentre l’alta burocrazia ha incassato sostanziosi aumenti). Sia perché la riforma annunciata da Renzi non aggredisce le vere cause
del malfunzionamento della macchina statale.
La Camusso sottolinea come la Pubblica Amministrazione sia farraginosa e complicata
perché frantumata in tanti blocchi che non comunicano tra loro, costringendo il cittadino a
fare la spola da un ufficio all’altro. La recente
informatizzazione non ha migliorato la situazione, poiché realizzata ancora una volta a
compartimenti stagni, senza preoccuparsi di
favorire l’integrazione delle informazioni tra i
vari nodi dell’Amministrazione. Prendersela
contro i “lavoratori pubblici fannulloni” sarà
popolare, ma è poco serio perché alla base
dell’eccessiva burocrazia e lentezza ci sono
procedure e leggi decise dalla politica. Politica
che con le nuove norme accrescerà la sua occupazione della cosa pubblica, essendo previsto l’aumento del numero di dirigenti assunti
“a chiamata” direttamente dai politici.
Nessuna autocritica da parte della Cgil? Mucchetti sembra sollecitarla: «Le disfunzioni della Pubblica Amministrazione dipendono dalla
politica ma anche da alcuni momenti consociativi che in passato hanno forse fatto bene al
tesseramento dei sindacati, ma certo hanno
nuociuto alla loro reputazione». La Camusso
nelle conclusioni non si tira indietro: «In alcune occasioni abbiamo sbagliato a difendere
certo lavoro pubblico». Ma inaccettabile, per
la Segretaria generale della Cgil, è sostenere
che il Paese sia fermo per il veto del sindacato: non si capisce peraltro con quali strumenti
possa essere stato applicato tale veto, dal momento che la Cgil da sempre sostiene il valore
della democrazia parlamentare, in cui in ultima
istanza è il Parlamento ad assumersi le proprie responsabilità, votando e decidendo.
«L’impressione è che Renzi confonda il diritto
di veto con il diritto al dissenso».
Il delegato Fiom Eusebio Paganelli, intervenendo dal pubblico, propone di costruire una
mobilitazione congiunta dei lavoratori del settore pubblico e privato, puntando a ridurre le
distanze tra i due “mondi” evocati da Mucchetti. Mucchetti che poi ha modo di meglio
definire i contorni di questi due gruppi di lavoratori: quelli rappresentati dal sindacato (lavoratori della pubblica amministrazione e
grandi imprese), quelli raramente iscritti al
sindacato (lavoratori delle piccole imprese,
giovani con contratti “flessibili”).
«Il contratto nazionale è l’ultimo baluardo a
difesa dei diritti dei lavoratori», scandisce con
forza la Camusso che insiste su una visione
che unisce tutti i lavoratori. Se il contratto nazionale verrà smantellato per i lavoratori pubblici – avverte la Camusso – il passo successivo non potrà che essere la replica dello stesso
schema nel settore privato.
Ore 12.30. All’interrogativo iniziale, almeno
in parte, si è risposto. Ci si può quindi lasciar
trascinare dal profumo del brasato che proviene dalla cucina della festa. «La Camusso non
ha lo stesso piglio che aveva Landini due sere
fa», commenta al tavolo un amico.
Di certo la Camusso non ha trascinato la folla,
nel senso che la sua annunciata partecipazione
alla festa non ha attirato masse di lavoratori e
pensionati, né il suo tono è stato quello di una
comiziante. D’altra parte nel suo eloquio forse un po’ affaticato mi è sembrato di avvertire
tutto il senso e la consapevolezza di questa
fase. La difficoltà di difendere – in solitudine
– il valore del sindacato, contrastando lo schema che incolpa della condizione dei giovani e
della crisi del Paese i lavoratori troppo garantiti e il sindacato reo di proteggerli.
Sarà stata solo una mia impressione ma fino
a qalche settimana fa, nell’opporsi alla demagogia renziana, il piglio di Landini, pareva
piuttosto silenziato.
graffiti - ottobre 2014
5
ACCENTO EMILIANO, BATTUTA PRONTA, ATTENZIONE AI PROBLEMI REALI
un selfie con Landini
di Federico Pedretti
Non dovrei peccare di faziosità affermando che
l’intervento del Segretario Generale della
FIOM Maurizio Landini alla festa “Fondata
sul Lavoro”, sia stato l’evento più atteso dell’intera manifestazione. Questo per almeno un
paio di ragioni: la prima è che, a differenza della
collega confederale (lungi da me l’idea di trascinare il lettore nell’infinita diatriba tra Camussiani e Landiniani), mai prima d’ora un Segretario Generale metalmeccanico era venuto a far
visita ai compagni del comprensorio CamunoSebino. L’altra, che Maurizio Landini è diventato ormai a tutti gli effetti un personaggio mediatico riconosciuto in lungo e in largo, come da
tempo non accadeva a un dirigente sindacale.
L’idea di portarlo alla festa viene buttata lì in
una delle prime riunioni e si concretizza a
Maggio durante il Congresso Nazionale, quando Barbara incontra “il capo”, gli accenna
l’idea e si sente rispondere senza alcun tentennamento: certo che vengo!
La faccenda pare talmente semplice che pensiamo ci sia una fregatura, ma col passar dei mesi ci
rendiamo conto che il sogno è sempre più realizzabile... poi settembre arriva e con lui anche il
buon Maurizio, si possono aprire le danze!
Il titolo dell’iniziativa è “Quale futuro per
l’industria e la siderurgia italiana?”, pazienza
se i tentativi di portare qualche esponente
dell’Associazione Industriale Bresciana siano
andati a vuoto, toccherà al solo Guido Lombardi del Giornale di Brescia l’onore di innescare l’one-man-show.
Nel tardo pomeriggio, in largo anticipo rispetto
ai tempi “sindacali”, Landini raggiunge Rogno
senza nessuna scorta al seguito. La domanda
che sorge spontanea nel vederlo è: ma come
diavolo potrà avere una vita privata costui? È
infatti preso subito d’assalto dai giornalisti di
tv e carta stampata che cercano di strappargli
un’intervista e da semplici avventori in fila per
il proprio ritratto da appendere in camera o un
selfie da postare sui social network. A questo si
aggiunge la serie di telefonate che caratterizzeranno la sua permanenza in quel di Rogno, gli
impegni già assolti durante la giornata e quelli
presi per i giorni a venire ed il conto sui suoi
momenti liberi è presto fatto. Con grande disponibilità si concede a tutti, anche a chi verrà
poi udito nella notte imprecare gli Dei per aver
cancellato il suo servizio fotografico (non faccio nomi, è un componente della redazione di
Graffiti con precedenti in tal senso, avendo fatto, ad esempio, il book del mio battesimo senza
agganciare il rullino alla macchina!).
«... ormai le officine sono ridotte a manovalanza, luoghi per invalidi e renitenti, paesaggio
figura e rumore dell’archeologia industriale, se
non un vecchio arengo dove ancora si crede
che un bullone, l’elettricità o un tornio siano
agenti della rivoluzione...».
Paolo Volponi, Le mosche del capitale
Ma torniamo a noi: tra foto e interviste, unite al presenzialismo televisivo, la maglietta
della salute che spunta da sotto la camicia
(ormai il suo marchio di fabbrica), il caratteristico accento emiliano e la battuta pronta, il
rischio di diventare una macchietta è dietro
l’angolo. Se non fosse per il semplice fatto
che ciò che non gli manca sono gli argomenti.
Da come riesce ad attirare l’attenzione dei
presenti (non ci sbilanciamo sui numeri, si va
dalle 50 presenze certificate dalla questura,
alle 500 dell’organizzazione...) si deduce che
il ragazzo ci sa fare e i commenti più gettonati riguardano il fatto che finalmente si sente parlare di cose reali, dei problemi della
gente e non di aria fritta.
Il giornalista lo incalza sulla siderurgia, sul
grande nemico Marchionne (o meglio, l’imprenditore italo-canadese), sui rapporti con
Renzi, sul job act, sui paragoni con la Germania, sull’economia globale e le proposte da
mettere in campo. Landini ribatte colpo su
colpo con risposte che diventano quasi sempre dei lunghi monologhi (un suo vizio), ciononostante sembra non annoiare la platea. La
serata scorre via piacevolmente e, anche se
probabilmente qualcuno che storce il naso c’è,
nessuno approfitta dell’occasione di porre dei
quesiti, forse per paura di rovinare la serata o
forse più semplicemente perché già appagati
da ciò che si è sentito.
Il compagno Alessandro Zanni, delegato fiommino di lungo corso nonché apprezzato artista Soverese, consegna al Segretario una sua
creazione, “Il guerriero Masai”, forse a rappresentare le tante battaglie combattute e
quelle per le quali bisogna prepararsi.
Neppure il temuto acquazzone osa disturbare
Landini (anche se, ahimè, farà capolino più
tardi a danno della sventurata blues-band
Pianta Stabile, cui toccherà suonare tra tuoni e
lampi!) e dopo aver cenato alla festa può tornare col pensiero alla prossima vertenza, alla
prossima intervista, al prossimo selfie o alla
prossima schermaglia con l’italo-canadese,
nella strada che lo riporta verso la sua Reggio... tra la via Emilia e il West.
P.S. Il giorno dopo alla festa, parlando con Paolo, scopro che suo fratello Ales è ancora in
ospedale. Sicuramente avrebbe ascoltato con
attenzione le parole di Landini e magari si sarebbe fermato a bere un calice di rosso e a fare
quattro chiacchiere coi vecchi compagni. Se
dovessimo dedicare a qualcuno questa festa,
per quel poco che vale, Ales sarebbe sicuramente il primo della lista.
non ci toccherà mica rimetterci a pensare?
Tra la serata di giovedì 11 settembre con Maurizio Landini e Guido Lombardi, di cui scrive
Federico Pedretti e la mattinata di sabato 13 con Susanna Camusso e Massimo Mucchetti
(comprimari Antonio Misiano del Pd, Franco Bordo di Sel ed il sindaco di Iseo Riccardo
Venchiarutti), descritta da Michele Cotti Cottini nella pagina accanto, nei tre giorni della
festa della Cgil camuno-sebina (“Fondata sul lavoro”) ci sta anche il pomeriggio culturale
con Mimmo Franzinelli, su un tema di carattere storico: “La Cgil da Bruno Buozzi a Bruno
Trentin”. Un progetto ambizioso, ma certamente meno rassicurante di quanto non avrebbe
potuto essere il più convenzionale “da Giuseppe Di Vittorio a Luciano Lama”.
Risultato: una quarantina di partecipanti. Un settimo rispetto alle quasi trecento persone che
hanno ascoltato ed applaudito Maurizio Landini la sera prima!
Quasi a conferma di quanto dirà in conclusione Mimmo Franzinelli: «Una cosa negativa, nella
storia, è la tentazione – anche a sinistra – dell’uomo forte, di qualcuno che pensi per noi, di
qualcuno che risolva i nostri problemi... del leader, della figura carismatica. Quando, invece,
nella storia del movimento socialista c’è anche l’altra dimensione: la dimensione del collettivo,
la dimensione del movimento, la dimensione della solidarietà, della cooperazione... Ecco, di
quello che c’è stato nel passato – e che oggi si ripresenta –, io vedo questa tentazione, questa
debolezza del demandare, che non mi piace. Vorrei che fossimo più attenti ai rapporti aggregativi di comunità, che non ad una figura unica che possa risolvere i problemi».
Ed il giorno successivo sarà il conservatore Ostellino a rincarare la dose dalle pagine del Corriere:
«Continuiamo a vivere nell’illusione di un luminoso avvenire. Abbiamo sempre bisogno di credere
in un “Uomo della Provvidenza” che ci aiuti a risolvere i problemi. E Matteo Renzi ci sguazza...».
Ps. Al di sotto delle aspettative anche la partecipazione al dibattito di sabato mattina (un
centinaio di persone, circa), nonostante un palco di buona qualità – adeguatamente stimolato
dall’ottimo Riccardo Venchiarutti –, per le stesse ragioni di cui sopra, suppongo: perché il dibattito,
a differenza di un comizio, implica un po’ troppe cose su cui riflettere... (Tullio Clementi)
ottobre 2014 - graffiti
6
UN INSERTO SPECIALE PER UN UOMO STRAORDNARIO
ricordare Ales: un dovere di riconoscenza
di Alessio Domenighini
Questa specie di inserto che Graffiti ha deciso
di dedicare ad Ales ha molti significati. Si dice
che la morte sia un fatto personale,
eppure...già l’evento del funerale ha sfatato
quest’ottica. La presenza di oltre due mila
persone a questo evento già di per sé, per
questa Valle, sgomenta. C’erano i suoi concittadini e poi amici di Ales, e persone che l’hanno conosciuto, militanti in moltissime associazioni che hanno lavorato con lui nel sociale,
politici. O forse semplicemente, qualcuno che
ha apprezzato il suo lavoro, camuni che hanno considerato il suo Comune, Malegno, quasi
come un faro che lui aveva acceso, che hanno
toccato con mano le moltissime iniziative realizzate, i temi affrontati nei dieci anni in cui è
stato sindaco e che hanno cambiato in modo
positivo non solo il suo Comune, ma almeno,
una parte significativa della nostra Valle.
Così, quasi come una esemplificazione, abbiamo deciso di riproporre quattro interventi:
quello ci Paolo Erba, il nuovo sindaco di Malegno che ne ha raccolto il ruolo e l’impegno,
quello di Pier Luigi Milani, suo stretto collaboratore nei suoi anni da sindaco, quello della
CGIL, l’organizzazione sindacale con cui collaborava, e poi Carlo Cominelli, a nome di
Le vignette di Altan, Staino, Ellekappa,
Cinzia Poli, Vauro e altri, sono tratte dai
quotidiani: Corriere della Sera, il Manifesto,
Repubblica, e dal periodico Caterpillar AM.
CONSULENZA PROGETTAZIONE
E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI
ANALISI E SVILUPPO
SOFTWARE PERSONALIZZATO
ASSISTENZA TECNICA
Via Quarteroni, 16
25047 - DARFO BOARIO TERME
Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788
Internet: www.ecenter.it
e-mail: [email protected]
molte delle associazioni che con Ales hanno
portato avanti negli anni diversi progetti.
Molti altri avrebbero potuto essere scelti. Interventi di valligiani e non, a partire, da quelli
dei tre sacerdoti che sono intervenuti. Gia
questo è stato un fatto davvero particolare:
era un funerale “laico”, riguardava una persona che si definiva militante di un partito “comunista”, un termine per molti difficile anche
solo da pronunciare, invece... questa presenza
stava proprio a testimoniare la capacità di
Ales di portare avanti i propri ideali, l’impegno sociale, la militanza politica senza trascurare mai i rapporti con le persone per quello
che erano e non solo per le idee che li caratterizzavano. Quanti riescono a farlo?
E che dire dell’intervento dei “Luf”. La musica impegnata, fuori dai soliti stereotipi, in grado di tradurre in musica valori e impegno. Un
sindaco che riesce a portare avanti anche
aspetti così apparentemente marginali è davvero una persona “particolare”.
Per concludere questa breve introduzione non
possiamo non ricordare anche il dolore della
sua famiglia, della moglie, delle sue piccole figlie. Siamo loro vicini e forse potremmo dire
una sola cosa: siate orgogliosi/e. Care bambine, certo papà lascia un grande vuoto nella vo-
FUOCO FATUO
stra casa e nella vostra vita, ma non dimenticate. Ales continuerà a vivere in voi, come in
quanti l’hanno conosciuto e hanno condiviso
con lui molti valori e l’impegno sociale, e hanno deciso che neppure la morte cancellerà un
passato tanto significativo.
«... “Barcollo ma non mollo” è diventato il
motto ufficiale di questo Paese alla deriva.
“Non mollo, resisto” twitta il sindaco di
Napoli, De Magistris. “Non mollo, sono in
regola” sussurra Donato Bruno, candidato
forzista alla Consulta. “Non mollo di mezzo centimetro” avverte Matteo Renzi un
giorno sì e l’altro pure. “Non mollo” rispondeva Mastrapasqua a chi gli chiedeva
delle sue 25 poltrone. Persino Schettino, il
comandante che non esitò un attimo a mollare la sua nave, ora dice: “Non mollo”. Del
resto, così fan tutti, anche se le statistiche
dicono che spesso chi non molla viene mollato. “Non mollo” diceva Berlusconi. “Non
mollo” dichiarava il piemontese Cota. “Non
mollo” assicurava il calabrese Scopelliti.
“Non mollo” tuonava Umberto Bossi. E s’è
visto com’è andata. Finiremo con l’ammirare
il primo che va in tv e dice: “Beh, sapete che
vi dico? Io mollo”. (Sebastiano Messina)
(a cura di Stefano Malosso)
un incontro, una partenza
È strano come accadano le cose, a volte. Succede che il 20 settembre di questo anno rimarrà
nella mia memoria come il giorno di un bell’incontro, e di una grande perdita. Insieme, legati.
Forse a ricordarci la fugacità di tutto ciò che ci accade, l’importanza dell’incontro con l’altro,
oserei dire l’urgenza di questo incontro. Perchè il tempo non ci basta mai, e l’addio doloroso
ad un grande uomo arriva improvviso a ricordarcelo. 20 settembre: un incontro dunque, e un
addio. È stato infatti un bell’incontro quello del cantautore Zibba con la Valle Camonica grazie
al cartellone sempre denso del festival Dallo Sciamano allo Showman: sabato alle 17.30 nella
Fucina di Malegno l’artista ligure ha incontrato il suo pubblico, parlando del suo volume Me
l’ha detto Frank Zappa (2013, Editrice Zona) ma anche e soprattutto del suo mondo, toccando i temi delle sue canzoni, dell’Italia di ieri e di oggi, del mondo giovanile, della creazione
artistica e del suo modo di vivere il presente e il futuro. Zibba è un artista di qualità: attivo da
ormai vent’anni, nel 2012 vince la Targa Tenco per il miglior album dell’anno, e di recente si è
aggiudicato il Premio Mia Martini al Festival di Sanremo con la canzone Senza di te, che mischia le sue tipiche sonorità roots alla tradizione cantautoriale italiana. Alle 21 l’appuntamento
si è poi spostato all’interno della palestra comunale, dove l’artista ha tenuto un concerto che
ha proposto i suoi lavori migliori con gli Almalibre, suo storico gruppo; pubblico in delirio
soprattutto quando l’artista ha intonato il pezzo sanremese, ma non solo: si scopre che Zibba
attira l’entusiasmo di molti che cantano le sue canzoni e tengono il tempo, dimostrando come
la qualità si possa conciliare con il grande pubblico.
Dopo un’ora di grande musica si nota però che, stranamente, alcune persone stanno lasciando
il concerto, portandosi un fazzoletto alla bocca, gli occhi lucidi. Un veloce passaparola si sparge fra i presenti, fino a quando Bibi Bertelli e il sindaco Paolo Erba intervengono sul palco a
fermare il concerto: Alessandro Domenighini, ex sindaco del paese, è deceduto dopo una lunga
malattia. La musica è finita, così come la festa. Zibba chiude con grande sensibilità con un
pezzo suonato in acustico, quasi una rispettosa preghiera nei confronti di un grande uomo che
se n’è andato, lasciando in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo la consapevolezza del valore
dell’incontro umano. E quando tutto è ormai spento e tutti se ne sono andati, sembrano risuonare ancora le note di Zibba: “Senza di te/Non amerei tutti i miei errori/Senza di te/Un mondo
senza le canzoni/Senza di te/Non me lo voglio ricordare”.
2001
Aprile:
graffiti -. 25
ottobre
2014 festa di tutti?
2004. ritratto del neosindaco 7
di Ales Domenighini
di Francesco Ferrati
Le celebrazioni ufficiali per l’anniversario della Liberazione si stanno via
via svuotando di significato, tanto che partecipando ad alcune di esse capita davvero di chiedersi cosa si stia festeggiando. A creare confusione
stanno contribuendo anche quanti (intellettuali, politici, giornalisti...) sostengono che il 25 aprile debba diventare la “festa di tutti”, nel peggior
senso del termine. Non deve scandalizzare, quindi, il fatto che molti ignorino il senso di questa festa. Teleboario, per esempio, proprio in quella
data ha mandato in onda delle interviste realizzate in un centro commerciale: quasi nessuno degli intervistati sapeva perché non era andato a lavorare. Si pensi poi che addirittura il Presidente della Repubblica, Ciampi, si è recato in quell’occasione all’altare della
“Le celebrazioni
Patria per rendere omaggio al milite ignoto (cioè
del 25 aprile
ai caduti di tutte le guerre, dal Risorgimento ai
assomigliano
giorni nostri) accompagnato dalle note della
sempre di più a
“canzone del Piave” (che racconta vicende della
prima guerra mondiale). Un altro esempio: a
quelle del 4
Malegno si è tenuto il 23 aprile un incontro con
novembre”
i reduci della campagna di Russia per parlare,
attraverso la loro esperienza di guerra, di pace. La discussione (che è stata anche piacevole) e la ricostruzione dell’accaduto si è però limitata al
racconto dell’invasione nazifascista della Russia (senza criticare più di
tanto la cosa) e della drammatica ritirata dei soldati italiani, fermandosi
proprio laddove avrebbe dovuto invece entrare nel vivo: all’8 settembre
del ’43. Un’interessante serata che però poteva andare bene anche nel
contesto di una festa degli Alpini o dell’anniversario di Nikolaewka.
Le celebrazioni ufficiali del 25 aprile, insomma, assomigliano sempre di
più nella forma a quelle del 4 novembre (festa delle forze armate), sembra si tratti ormai di una non meglio definita festa dei caduti in guerra (e
di questo passo finirà per assomigliare sempre più alla ricorrenza del 2
novembre). Fortunatamente, però, non tutti si sono rassegnati a questo
andazzo! Il giorno 22 aprile, a Lozio, 150 (o forse 200) persone, che
avevano ben chiaro il perché stavano lì e cosa stavano festeggiando, si
sono date appuntamento per rendere omaggio al comandante partigiano
Giacomo Cappellini. Poco lo spazio dedicato ai pur necessari discorsi
ufficiali, molto, invece, quello riservato alla festa, alla libera discussione, alla riflessione, alla socializzazione.
L’iniziativa, che ha unito diversi frammenti di una società civile molto
varia e frastagliata (le Fiamme Verdi, l’Anpi, i vari e diversi gruppi e
circoli attivi sul territorio, molte persone comuni), ha visto la partecipazione di moltissimi ragazzi, di adulti, di anziani: ha riconciliato (non
so per quanto tempo) persone con storie e opinioni anche molto diverse. É stata “la festa di tutti” nel senso buono.
D’ora in poi ci toccherà chiamarlo “Signor Sindaco”, ma questa formula proprio non ci piace. Perché non gli si addice e perché credo non
piaccia neanche a lui, visto che delle formalità proprio non sa che farsene. Alex, 31 anni, è la concretezza fatta a persona. È allergico alle
pomposità, grandi discorsi non ne ha mai fatti, a lui piace darsi da
fare, spesso in sordina. É con questo suo modo d’essere che si impegna un po’ ovunque, nelle più svariate organizzazioni della sinistra
camuna: dal Gian di Lozio al circolo Caprani di Malegno, dal circolo
Gramsci di Rifondazione a Legambiente Valcamonica, dal sindacato
Fiom al lavoro di capogruppo d’opposizione nella lista “Comune
Amico”. Passando per la Tapioca, per i vari comitati ambientalisti che
di volta in volta nascono e scompaiono e anche per il nostro Graffiti,
che ha ospitato spesso suoi contributi.
Ora – ultimo in ordine di tempo ma sicuramente più importante – il
ruolo di primo cittadino a Malegno. Il merito è ancora più grande se si
considera che qui la sinistra in maggioranza non c’è mai stata e il distacco sulla destra e sulla Margherita è stato netto, ben 202 voti. La vittoria di Alex è anche la dimostrazione di come a volte l’intransigenza e la
radicalità paghino, alla faccia di chi sostiene che a sinistra dei Ds tutto è
utopia e niente è sostanza. Una bella responsabilità, a cui sicuramente,
nel prossimo futuro, saprà far fronte egregiamente. Intanto godiamoci
la vittoria e brindiamo al suo successo.
2002. le antenne e la salute
di Ales Domenighini
Cominciano ad arrivare anche a Malegno le richieste dei gestori di telefonia
mobile per l’installazione di antenne. L’argomento è spinoso e delicato: è
certo che l’esposizione prolungata ai campi elettromagnetici provochi delle
mutazioni alle nostre cellule (cosa che l’organismo in genere non tollera),
ma sono ancora oggetto di discussione i limiti di sicurezza che riguardano la
potenza delle installazioni e la loro collocazione. I gestori di telefonia sono
disposti a pagare dei canoni annui invitanti per poter installare le loro postazioni (a Malegno avrebbero offerto 10.000.000 di lire all’anno), ma la
salute delle persone è sufficientemente tutelata, o quello è il suo prezzo?
Molti comuni hanno pensato bene di dotarsi di appositi regolamenti,
che non vietano (non potrebbero farlo) l’installazione di antenne, ma
che la regolamentano, indicando specifiche zone dove gli impianti devono essere collocati, le loro caratteristiche estetiche, che prevedono
per il comune la possibilità di accedere ai siti per delle ispezioni periodiche, che obbligano chi installa a dotarsi di concessione edilizia e
di studi per la valutazione dell’impatto ambientale. Purtroppo in questo campo l’autonomia dei Comuni è fortemente messa in discussione
e la legittimità di tali regolamenti (specialmente di alcune norme che
contengono) non è certa. Nell’intento di prevenire possibili problemi
e dare alla cittadinanza un segnale di attenzione relativamente alla salute pubblica, il gruppo di opposizione in consiglio comunale, “Comune Amico”, ha sul tema effettuato vari interventi [...]
Aspettare il corso degli eventi non è una scelta assennata. Dobbiamo però constatare che arrivano le prime richieste e le informazioni
necessarie non sono ancora state prese.
dalla prima pagina
impastavi terra e sogni...
Nel caso di Ales, è proprio lo stile con cui ha operato che dobbiamo
tenere a mente ed usare come guida per il nostro agire. Provo a ricordarne
alcuni tratti.
Il Comune di Malegno ha la particolarità di non avere nel proprio stemma guerrieri, spade, trofei, ma una semplice pecora che esce dall’ovile,
ed il motto evangelico Mites terram possident. La vita di Ales è stata la
dimostrazione che è possibile portare avanti le proprie idee e le proprie
convinzioni senza prevaricare, urlare, picchiare i pugni. Ha combattuto
le battaglie sull’acqua pubblica, sull’ambiente, sulla legalità, sulle politiche sociali con la dolcezza e la fermezza di un guerriero mite e umile.
Anche l’ultima battaglia, quella più difficile, contro la sua malattia, è
stata combattuta con la semplicità di chi accetta le difficoltà, perché
fanno parte della vita, come le cose belle.
Abbiamo deciso che il premio Mites terram possident, una delle creature partorite proprio da Ales e Pierluigi Milani, dedicato ogni anno a chi
si è distinto per il proprio impegno nel portare avanti i valori di mitezza e pace, quest’anno, al 30 novembre, sarà dedicato proprio ad Ales.
Vi invitiamo già da ora a partecipare a questo momento.
Ales è stata una persona saggia. È saggio chi è capace di scegliere in
maniera corretta ed equilibrata, cercando di mediare tra le diverse richieste. La saggezza è una caratteristica che viene con l’età, solitamente.
Per lui era quasi naturale.
Ales è stato un ottimo politico. Una delle cose più difficili, per chi
svolge un ruolo politico, è quella di affrontare il compito con un certo
distacco, senza prendersi troppo sul serio. Ales ha svolto il suo ruolo
da sindaco proprio in questo modo: le sue parole, i suoi toni, perfino il
suo look erano sempre gli stessi, sia che parlasse con un proprio cittadino sia che ragionasse con qualche istituzione. Il non attaccamento al
ruolo è stato evidente nella sua scelta di non candidarsi, questa primavera. Gliel’abbiamo chiesto in tanti, di ricandidarsi. Ma per lui la democrazia si esprimeva anche nel non attaccamento al ruolo.
Per Ales, fare politica era una questione di comunità, era una questione
di “noi”, non di “io”. In netta controtendenza con l’idea di moda oggi,
dell’uomo solo al comando, ha sempre ritenuto che una comunità vive
e cresce solo se le cose si fanno assieme, in tanti, discutendo, dialogando, progettando, ma assieme. Senza dimenticare nessuno, soprattutto i
più deboli. Per Ales, fare politica era impastare terra e sogni. Dedicarsi
alle cose concrete, pratiche, della vita di tutti i giorni, tenendo a mente
le grandi prospettive.
Fare comunità: questo è il mandato che riceviamo per andare avanti. E
da qua ripartiamo a progettare, ideare, costruire, lavorare. Assieme. Nei
fatti, per la festa dell’asilo, o per la prossima Perugia-Assisi, o per la
prossima festa di Sant’Andrea [...]. Grazie Ales, buon viaggio.
2009
. la lezione
8
2010. acqua: verso il referendum
ottobre 2014 - graffiti
di Ales Domenighini
di Ales Domenighini
Diversamente da quanto accaduto nel precedente
quinquennio, mi sono preso la responsabilità di
partecipare direttamente alla vicenda dell’assetto
degli enti comprensoriali, anche perché intravvedevo una opportunità mai vista di cambiamento in
positivo, determinata dall’esito delle amministrative di giugno che hanno segnato una significativa
affermazione di quelle compagini che, in un contesto politico dominato dalla Lega e dal Pdl, si erano
poste in controtendenza.
Le 21 amministrazioni di centrosinistra (o forse
sarebbe più cauto dire non di centrodestra) restano un fatto straordinario visti gli esiti delle concomitanti elezioni provinciali ed europee; e sedere
allo stesso tavolo e poi riunire nello stesso gruppo le 21 amministrazioni è secondo il mio parere
un fatto storico, data anche la propensione alla divisione propria della sinistra. Siamo quindi partiti
a discutere dal programma e dalle strategie, evitando per un bel po’ di incontri di fare nomi. Credo
che sia stata una scelta giusta, anche se alla fine il
programma è riuscito ad essere chiaro solo su una
cosa: la volontà di difendere le istituzioni della
montagna dalle minacce di scioglimento.
Sulla questione della centralità della media valle
nelle politiche future si è stati chiari a metà; sull’acqua (il tema da tutti ritenuto più urgente) non
si è stati chiari affatto perché le posizioni anche
tra i 21 sono molto distanti: per qualcuno l’ATO
è il soggetto che costruisce depuratori, fognature
e acquedotti, per altri è lo strumento che estromette i cittadini dalla gestione di un bene comune
e spiana la strada alla sua privatizzazione.
Sulle strategie pure non c’era identità di vedute:
per qualcuno i 21 erano autosufficienti (contando
sul fatto che qualche altro sindaco “indipendente”
si sarebbe comunque unito alla maggioranza), per
qualcuno i numeri non erano sufficienti (non tanto
al BIM quanto soprattutto nelle società dove si
conta per quota di capitale). È prevalsa l’opzione
di proporre a tutti i sindaci un accordo istituzionale. Io ero per l’altra soluzione ma ho accettato
la decisione presa democraticamente dal gruppo,
convinto come sono ancora che l’importante fosse
tenere insieme le 21 amministrazioni.
Abbiamo nominato una delegazione che andasse a
“trattare” con gli altri e che ha riportato ai 21
un’ipotesi di accordo che è poi quella che conosciamo. Solo a questo punto si è aperto veramente
il capitolo dei nomi, o meglio del nome del presidente. E su questo argomento direi che abbiamo
lavorato male, a gruppetti, a incontri a quattrocchi, a colpi di “quello mi ha detto che quell’altro
ha detto che…”. È in questo contesto che è maturata la famosa lettera di Maculotti a Bonomelli
e tante altre cose che hanno probabilmente aiutato Bonomelli a scegliere di farsi da parte. E si è
fatto da parte con grande stile: voglio dire con
chiarezza che ho ricevuto in quell’occasione una
grande lezione umana e politica. Sarà che a differenza di tanti le lezioni preferisco prenderle che
darle ma è andata proprio così.
[...] Certe scelte di principio hanno dei costi: con la
mia amministrazione ho sempre condiviso la centralità dei programmi e degli obiettivi politici rispetto ai nomi di chi deve perseguirli. Se non fosse
così il comune di Malegno non avrebbe perso tre
anni fa la vice presidenza del consorzio Vallecamonica ricevendo in cambio nulla (…zeru tituli…). E
se per qualcuno il principio che “le idee valgono
per quel che costano e non per quel che rendono”
vale solo qualche volta, per altri vale sempre.
I comuni a imminente commissariamento hanno deciso di ricorrere al TAR della Lombardia
contro la nomina dei commissari, sperando che serva a far capire ai legislatori di Roma e Milano che non vi è solo in ballo una questione sull’acqua come bene comune, che i vari comitati ed
associazioni stanno portando avanti (a breve anche con la raccolta di firme per un referendum), ma anche una “questione montagna” che non può essere gestita a suon di commissariamenti, ma che merita una risposta politica. Il Parlamento è al lavoro su una nuova legge per la
montagna (iniziativa del Pd), bene; ma questa e tutte le altre leggi sul tema non conteranno
nulla se la montagna sarà “derubata” di una delle sue principali risorse quale è l’acqua.
2010. acqua: un diritto non in vendita
di Ales Domenighini
Sul fatto che sia in atto a livello mondiale una corsa all’accaparramento delle risorse idriche disponibili non ci sono di certo dubbi: Le banche propongono come sicuri gli investimenti nelle multinazionali dell’acqua, queste si stanno spartendo il mercato già disponibile e si stanno attrezzando per
potersi accaparrare anche quello restante. Compresa l’Italia, compresa la Vallecamonica.
[...] Questi signori, quelli delle multinazionali, intravedono non tanto nell’acqua quanto proprio nella
sete il business del futuro. Vi sembra accettabile che qualcuno muoia di sete e qualcuno ci lucri sopra?
La scelta che siamo chiamati a fare è proprio quella di scegliere di stare dalla parte di chi ha sete o dalla
parte di chi asseta. E se, come credo, i lettori non avranno alcun dubbio sulla scelta da compiere, vuol dire
che non avranno alcun dubbio sul sostenere convintamene la campagna refe“Vi sembra
rendaria contro la privatizzazione dei servizi idrici italiani.
[...] Naturalmente ci sono anche tante altre motivazioni per sosteaccettabile che
nere la campagna referendaria, e alcune di queste hanno una valenza
qualcuno
locale, altrimenti non ci si spiegherebbe come mai la Vallecamonica
muoia
di sete e
stia contribuendo più di ogni altro territorio alla raccolta delle firme
qualcuno
ci
per i tre referendum abrogativi.
La privatizzazione ci porterebbe, come già accaduto da altre parti, un
lucri sopra?”
peggioramento dei servizi. Per chi ha in testa solo il proprio guadagno,
operare in condizioni ambientali difficili come quelle della Vallecamonica, per servire un popolazione ridotta e distribuita su un territorio vasto avrebbe dei costi troppo alti, con il conseguente aumento incontrollabile delle tariffe, così come è accaduto ovunque si sia privatizzato.
[...] Andrebbe riaperta anche la questione dello sfruttamento idroelettrico della Valle, anch’esso ormai incontrollato e fatto a completo vantaggio delle imprese private (compresa l’ENEL), con una
ricaduta sul territorio, sia in termini di sovraccanoni pagati dai produttori, sia in termini di posti di
lavoro, largamente insufficiente. Ma è evidente che non si può aprire un fronte per chiedere che a
un territorio venga riconosciuta una competenza che attualmente non ha (idroelettrico), senza difendere il fatto che gliene venga tolta una che ha già (idropotabile). Ecco quindi che l’impegno di
migliaia di camuni per la difesa dell’acqua pubblica si arricchisce man mano di significati e di forza.
dalla prima pagina
in direzione ostinata e contraria
Ci piace ricordare Ales, sì per tutto quello che ha rappresentato con i suoi incarichi e il suo
impegno e per tutto quello che ha fatto per Malegno, la Valle e per gli altri in generale - ma
anche come marito, come padre che ama la sua famiglia e come compagno che non si è mai
allontanato dai vecchi amici; una persona che amava ridere, scherzare e divertirsi, leggere, andare ai concerti e viaggiare. È stato un lavoratore serio e non si è mai tirato indietro neppure
sul fronte dell’impegno sindacale, accanto alla FIOM ed alla CGIL, dentro e fuori la fabbrica.
Risultava a volte una voce fuori dal coro, perché quando la pensava in modo diverso non si
faceva problemi a criticare il suo sindacato, ma per questo lo ringraziamo, perché nella vita
bisogna prendersi la responsabilità e il coraggio di essere una voce fuori dal coro.
E rivolgendoci direttamente a lui, lo ringraziamo anche per tante altre cose. Prima di tutto
per aver camminato al nostro fianco, mai un passo avanti, ma nemmeno uno indietro. E poi,
grazie, per averci spiegato e dimostrato che i piccoli Comuni possono essere la miglior palestra di chi vuole fare politica, quella politica onesta, trasparente, coerente, senza secondi
fini ed interessi particolari o personali (insomma una politica di sinistra) di cui TU sei stato
un interprete più unico che raro.
Grazie, per aver fatto della tua Malegno un luogo dove associazionismo, volontariato, cultura,
accoglienza, hanno trovato un terreno fertile ed ideale per potersi sviluppare e crescere. Grazie per aver dato senso e concretezza alle idee di sinistra, che traducevi in gesti concreti e
quotidiani. Grazie, per averci dimostrato e spiegato il “pensare globale e l’agire locale”. Grazie, per aver manifestato, scioperato e lottato insieme a noi. Grazie, per aver lanciato la speranza mites terram possident perchè la terra è dei miti... E tu mite lo eri straordinariamente...
Adesso è il momento di stringerci intorno alla sua famiglia e per salutarlo ci scuserete se non
siamo riusciti a trovare parole nostre, ma preferiamo farlo coi versi di una preghiera, visto che
si tratta pur sempre di un funerale, la Smisurata Preghiera di un’altra grande voce fuori dal
coro, Fabrizio de Andrè: «Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria / col suo marchio
speciale di speciale disperazione / e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi / per
consegnare alla morte una goccia di splendore / di umanità, di verità / [...]Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco / non dimenticare il loro volto / che dopo tanto
sbandare / è appena giusto che la fortuna li aiuti / come una svista /come un’anomalia / come
una distrazione / come un dovere». Ciao Ales, ci mancherai...
2010
Lozio2014
ha perso la rettitudine
graffiti .- aottobre
9
di Ales Domenighini
Se c’è un responsabile dell’edificazione massiccia di villette a schiera nella valle di Lozio, questo è l’amministrazione comunale che ha guidato il
comune dal 1995 al 2004. Per noi che costituimmo il comitato per la salvaguardia della valle di Lozio sono stati nove anni di battaglie: contro il
progetto di discarica (vinta), contro il progetto di termovalorizzatore (vinta), contro le villette (persa). Battaglie anche legali per le quali abbiamo
pagato sia come associazioni (gli amici delle natura avevano sede presso la scuola di Laveno e da lì se ne sono dovuti andare perché la scuola è stata
venduta per essere sostituita da villette), sia personalmente (in termini economici e purtroppo anche in termini di salute).
L’elezione di Claudia Fiorani a sindaco, avvenuta nel 2004, ci ha purtroppo illuso che la battaglia fosse vinta, così se abbiamo una responsabilità (e
io questa responsabilità me la sento tutta) è stata quella di aver lasciato sola Claudia a battersi per la difesa del territorio. Il nostro compito doveva
essere quello di affiancarla e non lo abbiamo svolto. Forse qualcuno ignora che è più facile togliere la patria potestà ad un genitore che un’area
edificabile ad una immobiliare, e così l’amministrazione Fiorani, in perfetta solitudine è riuscita solo a limitare i danni. Basterebbe confrontare il
piano regolatore in vigore fino al 2004 con le varianti approvate dall’amministrazione Fiorani per vedere quanto i danni siano stati limitati.
Cito anche un fatto che da solo spiega chi sia Claudia Fiorani: tra le aree edificabili rese inedificabili ve ne era una, abbastanza grande, del vice sindaco.
2011. e il rispetto per le persone?
intervista di Michele Cotti Cottini a Ales Domenighini
Sette anni fa l’elezione a Sindaco di Malegno, con in tasca la tessera di Rifondazione
Comunista. Poche settimane fa la nomina a capogruppo dei 20 sindaci (più o meno)
orientati al centrosinistra. Qualche giorno fa la decisione di lasciare l’incarico di capogruppo e abbandonare il gruppo dei 20. Cosa ti ha spinto alla clamorosa decisione di
lasciare l’incarico e il gruppo?
Nella stessa riunione della mia nomina ci siamotrovati ad affrontare niente meno
che la proposta della presidenza unica tra Comunità Montana e Bim. Il gruppo è
venuto fuori con una proposta che sembrava mettere d’accordo tutti: la razionalizzazione di funzioni tra i due enti (e quindi non solo il Presidente) doveva diventare
un obiettivo programmatico insieme agli altri che già c’erano (depurazione, gestione del ciclo idrico integrato, rilancio della media valle, azienda unica dei servizi sociali, ecc). Su questa proposta ci si sarebbe confrontati con gli alleati nella maggioranza dei due enti. Poi è successo che mentre qualcuno – tra cui io – portava avanti
la trattativa ufficiale (che comprendeva anche altre richieste agli alleati), altri conducevano
le proprie personali trattative per raggiungere obiettivi diversi. Dopo due settimane ho riportato in gruppo i risultati del confronto, li abbiamo valutati e abbiamo deciso una nuova
strategia. Ma ho anche dovuto dire che un gruppo in cui mentre si è seduti al tavolo con gli
alleati di maggioranza per affrontare un discorso, si incontrano con i responsabili provinciali
dei partiti per fare un altro discorso, e alcuni sindaci si vedono a pranzo per dire che non va
bene questo, e altri si vedono a cena per dire che non va bene quello, semplicemente non è
un gruppo! C’è stata una forte mancanza di rispetto delle persone
Mi piacerebbe
e ho preso atto della situazione.
che la voce dei
Quale sarà la tua collocazione futura nell’assemblea?
Sarà quella di sempre. Favorevole alle proposte che mi sembreranno
partiti potesse
utili per i Camuni, contrario a quelle che mi sembreranno dannose.
essere più forte
Rifondazione ha sempre manifestato la sua contrarietà ale autorevole...”
l’“inciucio” che governa da molti anni la Comunità Montana.
Qual è la tua visione?
La riforma che ha riguardato le Comunità Montane, e che ha fatto sì che l’Assemblea della
nostra si riducesse da 127 delegati a 41 Sindaci, non poteva lasciare il quadro inalterato. Tra
l’altro la stragrande maggioranza dei 41 Sindaci è stata eletta all’interno di liste civiche nelle
quali si trova gente di ogni provenienza politica. Bisogna essere coerenti, non si può fare la
lista civica nel proprio paese dicendo che la politica non c’entra e ci si candida per affrontare
i problemi dei cittadini e poi in Comunità Montana delegare le scelte alle segreterie dei partiti. Ai partiti spetta il compito di farsi carico delle istanze della cittadinanza e sollecitare i
Sindaci a dare risposte sia nei Comuni sia in Comunità Montana. Mi piacerebbe che la voce
dei partiti potesse essere più forte e autorevole. La Federazione della Sinistra ad esempio è
intervenuta pesantemente sulla questione del possibile matrimonio di Vallecamonica Servizi
con A2A. Pensa che anche io inizialmente vedevo questo matrimonio come un’opportunità;
adesso, valutate bene le condizioni, più nessuno ne vuol sentir parlare.
Che giudizio dai del recente rinnovo dei vertici delle società partecipate?
Io avevo proposto che dai 24 Consiglieri che componevano i 4 CDA delle aziende del gruppo si passasse a 5 Consiglieri ed un solo Consiglio. Non era una provocazione, la cosa si
poteva fare, ma restava anche l’urgenza di avere amministratori legittimati a operare scelte
irrimandabili e fondamentali: la liberalizzazione del mercato del gas e dei servizi di igiene
urbana potrebbero essere devastanti per le nostre aziende se non affrontate bene, e poi c’è la
questione della gestione pubblica del ciclo idrico integrato: si può fare ma bisogna muoversi.
In ragione di queste urgenze si è accettato il metodo “classico” di attribuire gli incarichi.
Un’ultima battuta sulla politica nazionale. Qual è per te la strada per uscire dall’incubo
berlusconiano? Una riedizione dell’Ulivo, magari con Vendola leader, o la grande alleanza proposta dal PD con dentro tutti, compresi Fini e Casini?
Credo che le questioni di coalizioni e leader siano fuorvianti. Per prendere i voti e battere definitivamente Berlusconi servono proposte concrete, chiare e di segno opposto alle
sue. Se il centrosinistra che siede in Parlamento non è stato in grado di fronte all’abominevole ricatto della Fiat a Mirafiori di affrontare la questione con chiarezza, mi chiedo
quale questione sarebbe in grado di affrontare…
«... i peggiori malfattori sono coloro che non ricordano, semplicemente perché non hanno mai
pensato e – senza ricordi – niente e nessuno può
trattenerli dal fare ciò che fanno. Per gli esseri
umani, pensare a cose passate significa muoversi
nella dimensione della profondità, mettere radici
e acquisire stabilità, in modo tale da non essere
travolti da quanto accade». (Hanna Arendt)
dalla prima pagina
l’asticella...
Com’è che realtà così diverse, che si occupano di
temi che vanno dalla difesa dei diritti all’universale
bisogno di pace, dall’immigrazione all’antimafia, dall’ecologia al lavoro, dalla cultura all’infanzia, tutti,
ma proprio tutti, ci siamo sentiti rappresentati,
ugualmente importanti, spessissimo uniti in qualche
comune momento di scambio e magari strampalata
collaborazione (come è accaduto ieri sera)?
È vero, forse è perché hai sposato prima le battaglie
e solo poi chi, con te, le sosteneva. E questo fa la
differenza. Sopratutto per un amministratore. Non
sei stato proprio di quelli che foraggiano attraverso
l’associazionismo, il proprio elettorato. E le tante
associazioni che non votano a Malegno... anche oggi
qui lo dimostrano. Così ti riconosciamo di aver portato le nostre, le tue sensibilità in modo nuovo, quasi
rivoluzionario, di fronte agli altri amministratori, ai
governanti, ai cittadini. Con la fascia tricolore. Con i
capelli lunghi. Immancabili entrambi.
Eh... un po’ ti è piaciuto spiazzare.
Certo, i tuoi rischi te li sei assunti. Non hai mai calcolato bene cosa era più o meno conveniente. E hai
rischiato di persona, qui tutti lo sappiamo. E sappiamo che non sarà facile per nessuno imitarti.
Non è facile riuscire a non perdere mai di vista l’uomo,
i suoi bisogni, le sue sofferenze. Quando si esce dalle
belle parole e si guarda ai fatti pochi reggono alla verifica. Tu sì. In verità la tua capacità di combattere, di parlare, di partecipare, di prenderti la responsabilità è riuscita trasformare molto nella Valle. E certo qualcuno, in
futuro, comprenderà la tua alchemica capacità di fondere le esperienze e i valori e distillare azioni concrete,
battaglie... guerre. Vincendo, perdendo talvolta, ma
sempre ponendoti con il tuo semplice, calmo coraggio.
E questo, oggi, deve essere di monito a tutti coloro
che ci amministrano e ci rappresentano. Oggi, purtroppo per voi, purtroppo o per fortuna per noi,
Ales ha spostato più in alto quanto un amministratore in Valle deve essere capace di fare, per poter essere considerato un buon amministratore. Ma soprattutto dimostra la possibilità che fare le cose
bene si può. Si deve! Con tranquilla determinazione,
scegliendo mezzi e compagni, senza curarsi troppo
di piacere a tutti. Nemmeno a se stessi [...].
Ciao di nuovo Ales, racconteremo di te. Per tanto,
tantissimo tempo.
2012
. Ales a Su la Festa
10
di Michele Cotti Cottini
Ad Alessandro Domenighini il compito di affrontare il
tema dell’acqua bene comune; non poteva essere altrimenti visto il ruolo di protagonista ricoperto dal Sindaco
di Malegno nel movimento referendario camuno: «Il 70%
dei cittadini della Valcamonica è collegata a un depuratore», esordisce. E se ci sono ancora alcuni Comuni privi
del servizio di depurazione, le responsabilità non sono
dei Comuni, ma delle aziende private che «si scannano
per poter fare i lavori e si rincorrono una contro l’altra
nelle gare per l’aggiudicazione degli appalti». Si tratta di
un problema che il Comitato locale per l’acqua pubblica
ha ben presente. La priorità secondo il Sindaco di Malegno è proprio estendere la depurazione a quel 30% di cittadini che non è depurato: oggi la Valcamonica ha una
propria società interamente pubblica. Il piano industriale
prevede che in due anni, con investimenti finanziati dai
cittadini, tutta la Valle Ca“Il punto debole
monica sarà depurata. Le tariffe aumenteranno del 25%
della nostra
ma l’alternativa era il piano politica ambientale
industriale dell’Ato, che
rimane la produavrebbe significato depurazione dei rifiuti”
zione in otto anni, con un
aumento del 100% delle tariffe.
«Noi – cittadini, Comitato, amministrazioni – abbiamo sfidato anche le leggi – rivendica Domenighini – perché l’esito referendario dopo due mesi era stato ribaltato».
Il Sindaco di Malegno riconosce che la questione dei contatori è un problema. Ma prova a ribaltare il ragionamento:
«Tu hai mai pensato a quanto spende uno di Lovere a
mandare il figlio a scuola e quanto spende uno di Temù? A
quanto spende uno che abita a Brescia per curarsi e quanto
spendo io che abito a Malegno? C’è o non c’è una differenza? Allora io dico: non possiamo far finta che lo scandalo siano i Comuni di montagna che devono difendersi
“dall’abbondanza di acqua”: se rispetto alla gestione di una
risorsa così particolare come l’acqua, che è così presente
da generare anche delle preoccupazioni, ci fosse un piccolo, piccolo beneficio per le popolazioni che rimangono a
presidiare il territorio in Valcamonica, io non mi scandalizzo; questa è una piccola compensazione ai tanti disagi che
queste persone qua devono sopportare»
2014. Comune virtuoso
di Ales Domenighini
[...] Ad oggi abbiamo realizzato un parco fotovoltaico di
potenza 879,06 Kwp, riqualificato gli impianti dell’illuminazione pubblica con lampade a led, sulla scorta degli
audit energetici realizzati abbiamo riqualificato energeticamente l’edificio comunale, realizzato impianti fotovoltaici sugli edifici comunali (municipio, scuole e palestra)
e un impianto solare termico presso l’edificio destinato a
nido famiglia. Tutte queste azioni sono state naturalmente accompagnate da campagne di sensibilizzazione e
coinvolgimento della popolazione.
L’adesione all’Associazione Nazionale Comuni Virtuosi, avvenuta nel 2012, ha per noi significato la possibilità di aprire orizzonti nuovi alla nostra amministrazione
e concretamente di poter scambiare con altri comuni
esperienze e buone pratiche che contribuiscano a quel
miglioramento continuo che sta alla base del nostro sistema di gestione ambientale.
Ad esempio: il punto debole della nostra politica ambientale rimane la produzione e la differenziazione dei rifiuti.
Grazie alle esperienze toccate con mano tra i comuni dell’associazione stiamo lavorando ad un progetto di riorganizzazione completa del servizio di raccolta, e di rieducazione dei cittadini che ancora una volta sta coinvolgendo
oltre al comune di Malegno gli altri 6 comuni dell’unione
Antichi Borghi (oltre 17.000 cittadini).
dalla prima pagina
comunista tenace...
ottobre 2014 - graffiti
Te lo dicevamo: guarda che corri troppo! Facciamo
fatica a tenere il Tuo passo. Davi l’impressione di
ascoltarci, ma poi acceleravi. Sembravi irraggiungibile. Hai dato tutto, più di quello che era ragionevole attendersi.
Nel nostro bel vocabolario c’è una parola che
riassume ed esprime bene il Tuo modo
d’essere: ABNEGAZIONE. Significa:
senza negazione di sé, senza negarsi mai.
Ecco perché non è stato esagerato scrivere che “ci hai preso il cuor...”.
Hai preso il cuore dei giovani della Tua generazione, più vicini a Te per sentire e moto
d’animo, ma anche dei meno giovani che, all’inizio del Tuo impegno e del mandato amministrativo, erano stati forse un po’ diffidenti nei confronti di un giovanotto con i capelli
lunghi, il codino dietro le spalle, l’abbigliamento trasandato che esibivi senza infingimenti.
Hai lavorato con serietà e passione, con la TENACIA, la qualità dei metalli che tanto Ti
intrigava e che avevi commentato con sagacia in occasione della presentazione del libro di
memorie “Tenacia e Speranza” del nostro concittadino Carlo Baffelli. Hai dato e hai ricevuto. Credo di non esagerare se affermo che hai ricevuto dalla comunità, di paese, di valle
e anche oltre i confini geografici di questo territorio, tanto affetto, stima e ammirazione.
Eri dotato di uno sguardo lungimirante, ma i Tuoi piedi rimanevano sempre ben ancorati a terra, coniugando idealità con concretezza, pensieri lunghi e penetranti con soluzioni azzeccate dei problemi che si affacciavano alla ribalta.
Caro Alex, insieme abbiamo fatto cose meravigliose, felici, a cominciare dalla splendida
vittoria nelle votazioni che Ti hanno portato a essere sindaco di questa comunità.
Subito dopo, il Tuo matrimonio con l’inseparabile Egle, che ho avuto l’onore di celebrare come Tuo vice-sindaco.
Col Tuo stile composto e misurato hai dato stima e autostima ai Tuoi concittadini, a
un paese che non aveva castelli, né anfiteatri, né altre prestigiose attrattive turistiche da
esibire. Malegno è diventato ed è riconosciuto come il paese dell’accoglienza, della cittadinanza delle idee e delle pratiche solidali, dell’innovazione, delle feste, il perno delle
battaglie civili a difesa dei beni comuni, non solo per l’acqua pubblica. Malegno è il
Comune che ha accolto a braccia aperte i profughi dalla Libia quando altri Comuni rifiutavano cinicamente di ospitarli.
“Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi”. Di sicuro condividevi il sentenzioso
epitaffio del drammaturgo tedesco, ma, a modo Tuo, sei stato un “eroe”. Un eroe senza
armi (se non quelle della critica e della ragione), un giusto, un “mite”, un protagonista
di questo abbrivio di secolo così atteso e per certi versi così carico di angosce.
Avevi convincimenti fermi, fiero del Tuo sentirTi COMUNISTA in un’epoca in cui suscita imbarazzo indossare questa parola così nobile, quantunque così inquieta e usurata
da deludenti risultati. Forse, proprio per questo Ti dannavi per dimostrare nei fatti che
quelle idee potevano avere un immediato risvolto nella concretezza dei bisogni e dei problemi della Tua gente. Ascoltavi, proponevi, interloquivi con tutti, agivi, davi e ricevevi
fiducia. La buona politica, di cui troppo spesso si sente solo parlare. La sana e oculata
amministrazione della cosa pubblica, come banco di prova della bontà delle intenzioni.
Qualcuno ha detto che eri una brava persona “nonostante” le Tue idee. E invece, eri
quel che eri, per noi continuerai a essere quel che sei stato e sei, proprio per quelle
idee. In continuità con altri celebri e meno celebri malegnesi che Ti hanno preceduto e
hanno come Te dedicato la loro vita al perseguimento di quegli stessi ideali: Aldo Caprani, Primo Martinazzi, Angelo Argilla e Vittorio Domenighini (a questi ultimi due,
spariti nel lager di Mauthausen e Gusen, avevamo preso insieme l’impegno di dedicare
e abbiamo dedicato la palestra comunale, sottraendoli alla damnatio memoriae a cui
parevano essere irrimediabilmente e incomprensibilmente relegati).
Ideali che forse domani assumeranno altri nomi e nuove forme, ma continueranno a vivere
anche grazie alla Tua testimonianza e al Tuo esempio; a motivare le scelte controcorrente
di giovani che accetteranno con mitezza e gioia di prendersi a cuore il destino del prossimo, anziché banalizzare la propria esistenza a pensare solo a se stessi e ai propri affari.
Il premio MITES TERRAM POSSIDENT di quest’anno sarà conferito a Te. Lo ha
annunciato il Sindaco Paolo Erba. Quando Ti proposi di istituirlo per cercare un aggancio forte nella tradizione comunitaria alla nostra avversione a una delle tante guerre in
terra d’Iraq (quando l’Italia era tappezzata di bandiere pacifiste), mi guardasti un po’
stupito, quasi incredulo. Mi sembro di leggerTi nel pensiero. Ma come? Uno come te
che viene a propormi tre parole in latino, odorose d’incenso, per istituire un premio da
conferire a chi si schiera per la pace e contro la guerra? Ci pensasti su e alla fine sposasti in pieno il progetto, aggiungendo a “per la pace” la locuzione “e per la solidarietà”.
Fosti Tu, in accordo con don Lino, a proporre la collocazione della cerimonia di conferimento del premio nell’ambito della festa patronale di Sant’Andrea. Un appuntamento
ormai diventato qualcosa di più di ciò per cui era nato. Un premio che educa a vedere
nel PROSSIMO, anche quando è un avversario, innanzitutto un interlocutore e, dalla
relazione con lui, una fonte di arricchimento interiore, un esercizio di ricerca e di promozione di ciò che unisce e aiuta a superare insieme le avversità, in un mondo che
troppe volte sembra premiare ciò che divide e contrappone.
graffiti - ottobre 2014
11
APERTO A PRODUTTORI, CONSUMATORI, SCUOLE, ASSOCIAZIONI E COMUNI
nasce il Bio-distretto camuno, il primo in Lombardia
di Margherita Moles e Alessio Domenighini
Un bio-distretto per la Valcamonica era il titolo di un convegno organizzato a Edolo il 12
novembre 2011, promosso dai gruppi dei
GAS e dall’Osservatorio Territoriale Edolese
con il patrocinio del Comune e della Comunità
Montana. Certamente un obiettivo ambizioso,
che non è stato dimenticato, mentre nel frattempo si dava vita a ValcamonicaBio, l’associazione dei produttori biologici, che in questi
anni ha fatto un suo percorso, non esaltante
ma proficuo, tanto da essere riuscita a costruire contatti preziosi con più realtà della Valle.
Varie le difficoltà incontrate: le piccole aziende familiari pensate soprattutto per l’integrazione del reddito, i tempi e i costi della certificazione, le difficoltà per il settore zootecnico
ad intraprendere il percorso della conversione,
la mancanza di una logistica per la distribuzione, il permanere di abitudini di consumo presso i centri della grande distribuzione. Non ultima la sordità, o la non attenzione al biologico di settori della pubblica amministrazione
valligiana. È una moda, è stato detto.
Confortano invece i dati del consumo in Italia
che raccontano di un -3% di acquisto di prodotti alimentari in generale, ma di un +7,4% di
consumo del biologico. La gente è disposta a
pagare di più per un prodotto sano, locale,
che abbia una forte identità. Ci può sembrare
strano in un periodo di recessione, ma è sempre più chiaro che la nostra salute dipende in
massima parte dal cibo e che consumando
buon cibo locale sosteniamo il lavoro di chi è
occupato e produce sul nostro territorio, salvaguardando l’ambiente.
La novità è che oggi l’AIAB Lombardia (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica),
che ha seguito in modo ravvicinato ValcamonicaBio, crede che sia maturo il momento di proporre il passo successivo: la costituzione di un
Bio-distretto. Proprio qui in Valle Camonica,
sarebbe il primo in Lombardia! Sono 10 quelli
esistenti in tutta Italia e altri 3 in fase di costituzione. Sì, in Valle Camonica, perché questo è
un territorio povero di risorse economiche immediatamente spendibili, ma ricco di un patrimonio naturale e storico davvero eccezionale e
soprattutto di una comunità di cittadini attivi e
organizzati in gruppi di acquisto, in cooperative di consumo, nelle botteghe del commercio
equo e solidale, in associazioni formali e informali che mettono al centro un’idea di sviluppo
che coniughi l’ambiente, la salute, l’economia,
la qualità della vita e la solidarietà.
Si vuole dare vita a un contenitore, dove saranno presenti i produttori biologici, ma anche
altre realtà del settore produttivo, magari più
solide e strutturate, ed altri soggetti importanti quali i consumatori, i Comuni, le scuole, le
associazioni ambientali, culturali, sociali che si
riconoscono nelle linee guida che verranno
tracciate. Siamo di fronte ad uno strumento
potente che consentirà a molti attori di siglare
un patto per lo sviluppo sostenibile della Valle Camonica, prendendo impegni concreti per
indirizzare le scelte sulla gestione del territorio, le abitudini dei consumatori, gli acquisti
verdi, i consumi energetici, la visibilità e l’attenzione alla produzione biologica.
La grande novità è che entreranno, chi e se lo
riterrà opportuno, le istituzioni politiche,
quali i Comuni e la Comunità Montana. Per le
amministrazione comunali la scelta prevede
una delibera formale del Consiglio con l’adesione all’associazione AIAB, che detiene il
marchio del Bio-distretto, e l’impegno a perseguire delle linee guida esplicitate, tra cui
l’esclusione della coltivazione nei terreni comunali di prodotti OGM, la gestione in un
certo modo del verde pubblico, l’uso di stoviglie compostabili nelle feste e nelle fiere, un
percorso attento e virtuoso nella raccolta differenziata, la mappatura e il recupero dei terreni incolti per coltivazioni biologiche, la promozione di mercati del bio… E soprattutto la
lotta allo spreco e l’ottimizzazione e condivisione delle risorse. Già i Comuni aderenti all’Unione degli Antichi Borghi hanno manifestato la loro volontà di adesione, ma siamo
certi che altri Comuni potranno essere stimolati a partecipare per iniziare questi discorsi.
Sarà un organismo aperto il Bio-distretto!
Ci si rivolge anche alle scuole e all’ASL, per
attivare quell’educazione alimentare e quella
formazione (vedasi Istituto Alberghiero) che
mettano al centro il rapporto tra salute, cucina, alimenti, territorio e con buone pratiche
educhino al gusto i piccoli e i giovani, intrappolati da stimoli e abitudini che inducono all’obesità e a malesseri vari, già in tenera età. E
sappiano parlare ai genitori dell’importanza di
alcune scelte alimentari. Confortano alcune
sperimentazioni già praticate in qualche istituto scolastico. Ad esempio nell’Istitituto di
Darfo 2 si sono attivati degli orti biologici e
nello scorso anno scolastico si è concordata
una merendina settimanale procurata dalla
scuola e proveniente dai produttori biologici
locali: yogurt, marmellate, succhi… Una buona pratica che può essere esportata.
Non manca un progetto concreto che cerca di integrare agricoltura e offerta turistica. Si chiama
“Alta Via del Silter” ed è una ciclabile di altura di
più di 100 Km che, partendo da Edolo e passando per il Tonale e l’Aprica, si prefigge l’obiettivo di intercettare il flusso di bikers, soprattutto
tedeschi, guidandoli attraverso una serie di malghe e aziende agricole, attrezzate con servizio di
foresteria, coniugando in questo modo il consumo di prodotti tipici locali bio con la fruizione
turistica delle bellezze della Valle.
Si sta procedendo con incontri, contatti. Un
Forum costitutivo a novembre. E poi, si parte!
Cortolovere con uno sguardo sul mondo
di Stefano Malosso
Sul Sebino resiste da anni una piccola oasi di cinema e passione, che un tempo si chiamava Oscarino (qualcuno ricorderà la bagarre burocratica con l’Academy Awards) ed ora è CortoLovere,
giunto quest’anno alla 17a edizione. Gli scorsi 25, 26 e 27 settembre il borgo di Lovere e in
particolare il teatro Crystal è stato l’ambientazione ideale per una tre giorni di full immersion nel
mondo dei cortometraggi, italiani e internazionali, che ha portato sul nostro territorio il meglio
della produzione cinematografica “breve”, condita dalla presenza di alcuni ospiti d’eccezione che
hanno portato la loro esperienza e la loro professionalità a servizio del folto pubblico presente.
Presidente della giuria di quest’anno è stato il regista Silvio Soldini (Pane e Tulipani, Brucio nel
vento, Agata e la tempesta) che è stato anche protagonista della serata di venerdì, con la proiezione del suo documentario “Per altri occhi”, un emozionante viaggio nella vita di alcuni straordinari
ipovedenti. Accanto a lui, il presidente onorario Bruno Bozzetto, ormai presenza fissa e garanzia
di qualità per i lavori selezionati in concorso, e il nuovo direttore artistico Matteo Lanfranchi,
che con uno staff tutto rinnovato ha donato vigore e vivacità alla macchina organizzativa.
Dopo la serata del giovedì, dedicata alla proiezione di tutti i lavori in concorsi e al verdetto
della giuria popolare, nella giornata di sabato protagonisti sono stati i ragazzi del collettivo Il
terzo segreto di Satira, che stanno spopolando sul web con le loro clip irriverenti, e il regista
Alessio Fava, mentre durante la serata sono stati assegnati i premi ai cortometraggi vincitori. Il
Luccio d’Oro come miglior film se l’è aggiudicato “The Theft”, dell’iraniano Mohammad Farahani, mentre al corto “Cambiamenti” di Giuliano Capozzi è andato il Luccio d’Oro per la
migliore fotografia; al primo posto nelle categorie previste si sono piazzati “The age of rust”
di Alessandro Mattei e Francesco Aber, “L’attimo di vento” di Nicola Sorcinelli, “Backward
Run” di Ayce Kartal e “Acabo de tener un sueno” di Javi Navarro, dimostrando ancora una
volta come il concorso, al di là della competizione fra i lavori selezionati, offra soprattutto uno
sguardo sul mondo e sulle sue diversità culturali e sociali. Ed è forse questo, infine, il valore
più grande che CortoLovere ci lascia, mostrandoci attraverso i suoi meccanismi come il cinema
rappresenti prima di tutto un incredibile racconto del mondo che ci sta attorno.
ottobre 2014 - graffiti
12
RIFIUTI: DIFFERENZIARE... ALL’ITALIANA
tornare ai sacchetti: innovazione o ritardo?
di Bruno Bonafini
«Nella gestione dei rifiuti in Italia la parola
d’ordine di oggi è “raccolta differenziata,
sempre più spinta, sempre più porta a porta,
sempre più eccessiva”. Nessuno ricorda i
difetti di ogni eccesso».
Questo l’inizio di un pezzo di Mario Pirani
su la Repubblica del 07.07.2014. Un pezzo
coraggioso, perché controcorrente rispetto a
certa vulgata ambientalista che vede il livello
più alto di razionalità ecologica nella raccolta
differenziata portata, costi quel che costi, all’ultimo più alto livello. Quello che dopo la
carta, il vetro, le pile, la plastica, i metalli e gli
ingombranti, prevede la raccolta porta a porta
anche dell’umido e poi ancora di quanto rimane di indifferenziato. Il tutto disciplinato con
rigidi calendari e orari, con bidoni e bidoncini,
singoli o condominiali, con maleodoranti e fragili sacchetti per l’indifferenziato rimanente.
In alcuni casi, vedi Milano, con frequenti controlli sul rifiuto esposto (e relative pesanti
sanzioni). Con sempre maggior lavoro (e non
poche complicazioni) per chi, le donne prevalentemente, si occupa ogni giorno della selezione e dello stoccaggio dei vari rifiuti tra le
mura domestiche in attesa del giorno fissato
per la specifica raccolta. Che, con l’eliminazione del cassonetto, è meno costosa, almeno
sull’immediato, e rende più difficile smaltire
impropriamente i rifiuti, specie gli ingombranti di media grandezza ad esempio; o comunque rende più facile il controllo dell’infrazione
e l’attribuzione della sanzione.
Pirani solleva un problema non da poco. Lo
solleva perché stupito che perfino a Roma si
stia passando dalla raccolta con cassonetti ai
sacchetti davanti alla porta, per forzare la differenziazione. Lo fa nel mentre in Brescia città si discute sull’opportunità della stessa ope-
ABBONAMENTO 2015
ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.
Gli abbonati sostenitori riceveranno in
omaggio un libro sulla Valcamonica.
Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti),
tramite l’allegato bollettino.
Tanti piccoli sforzi personali
possono trasformarsi in una
grande risorsa per le prospettive di Graffiti!
Ricordiamo inoltre che il
bollettino per l’abbonamento al giornale può essere utilizzato anche per
l’iscrizione all’omonima Associazione culturale (30 euro), che darà
diritto non solo a ricevere il giornale stesso ma anche a farne giungere una copia
per l’intero 2015 ad un’altra persona (che
dovrà essere indicata, con l’indirizzo).
razione. Nel mentre a Darfo e in alcuni paesi
della bassa bresciana su questo terreno sono
aperte le ostilità tra il Comune e non pochi disobbedienti che, contestando il nuovo sistema, abbandonano i rifiuti, cumuli di rifiuti, in
spazi e in tempi non consentiti, in luoghi urbani un po’ nascosti o, infine, in spiazzi o
scarpate di vie periferiche. Una contesa che
molte amministrazioni hanno già conosciuto e
che nessuno finora può dire di aver del tutto
vinto. Di cui hanno fatto le spese anche i Comuni limitrofi, se rimasti al cassonetto, dato
che molti irriducibili, in tal caso, smaltiscono
nel comune vicino, nonostante il rischio di
sanzioni. Addirittura spingendo i “Comuni del
cassonetto” a cambiare a loro volta, più per
sottrarsi a questi “migranti del rifiuto” che per
convinzione. Cosa che forse accadrà a Paratico, ci dice la cronaca.
Del tutto evidenti le ragioni degli insofferenti:
la difficoltà di convivere per più giorni con residui di cibo, di pesce che puzza ad esempio;
o con i pannolloni sporchi del bimbo; o con
scarti di corpo animale per chi fa piccola macellazione; o ancora la mancanza di spazi adeguati in casa, o ancora giorni e orari di raccolta
inconciliabili con i propri impegni. Problemi
che il cassonetto in strada non fa nascere. Più
facile e largamente accettata resta invece la
raccolta differenziata di vetro, carta, plastica,
pile ingombranti e altri particolari rifiuti.
A questi rilievi di “senso comune” Pirani ne aggiunge altri, da buon giornalista che si guarda
attorno, alle esperienze europee, e si documenta. E ci fa notare che nessun altro stato europeo
si spinge a questi eccessi, nessuna grande città
quantomeno. E nessuno ha, come noi, costi
così alti e una tale limitata capacità di trarre dai
rifiuti energia e materie riutilizzabili. Causa e
conseguenza del fatto che non poche volte in
Italia si rimescola a valle ciò che con costi e sacrificio si è differenziato a monte, nei Comuni.
Altra causa è anche la demonizzazione degli inceneritori, che da noi si chiamano appunto termovalorizzatori, anche quando le loro emissioni sono ai livelli migliori di accettabilità nel settore rispetto al resto del mondo. E che ci fa
spendere fior di quattrini per recuperi e incenerimenti all’estero. Un paese, il nostro, che fa
convivere la rigida ispezione del sacchetto della
casalinga con il massimo dell’anarchia nello
smaltimento/spargimento dei rifiuti speciali
(vedi la terra dei fuochi).
Ma tornando al punto, mettere in discussione
la modernità del nuovo sistema del “tutto porta
a porta” non può essere un tabù. I vantati minori costi per l’utenza, quando ci sono, sono
minimi, ed è un dato di esperienza. E l’addotto
aspetto antiestetico dei cassonetti è ben poca
cosa rispetto al davvero antiestetico spettacolo
di sacchetti e bidoncini ad ogni angolo di strada,
con relativi frequenti e poco igienici spargimenti... I cassonetti peraltro, volendo, si possono
migliorare, rendere più piccoli, meglio inseriti e
diversificati, più vicini all’utenza.
Insomma, se il rifiuto è un problema da affrontare con sensibilità ecologica e rigore antispreco, e nessuno può in questo discordare,
ha fatto bene Pirani a sollecitare riflessione
sul sistema che si sta affermando da noi. Che
ci fa fare passi indietro su aspetti non secondari di igiene e di civismo ambientale, con
l’aggiunta di una difficile praticabilità per
molta utenza. Per chiederci, aggiungo, se la
strada che solo noi abbiamo scelto, è unica,
rispetto all’estero, per la nostra capacità innovativa o per il nostro ritardo.
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
25040 DARFO BOARIO TERME
[email protected]
http://www.graffitivalcamonica.it
COOPERATIVA SOCIALE
Pro-Ser Valcamonica Onlus
Piazza don Bosco, 1 - DARFO BOARIO TERME
0364.532683
5 pulizie uffici, scale condominiali, negozi, bar, ristoranti, civili abitazioni.
Preventivi gratuiti!
LAVA&STIRA-LAVASECCO
a Gianico, Centro Mercato Valgrande
a Pisogne, Centro Commerciale Italmark
a Darfo, Centro Commerciale Adamello
Maninpasta
Produzione e vendita di pasta fresca, a Darfo (piazza Matteotti, 15)
ADERENTE AL CONSORZIO SOLCO CAMUNIA
graffiti - ottobre 2014
13
CASSONETTI SÌ O NO? QUESTIONE COMPLESSA CON ALCUNI PUNTI FERMI
puntiamo su formazione e isole ecologiche
di Guido Cenini
Certamente la problematica della raccolta differenziata è molto complessa. Paesi con il
medesimo sistema di raccolta evidenziano
dati e percentuali differenti, talvolta anche
notevoli. Allora a cosa dobbiamo guardare
per capire meglio cosa funziona e cosa no,
ma soprattutto quali sono gli obiettivi? Stili
di vita, qualità della vita stessa, sicurezza,
igiene, pulizia del territorio.
Per raggiungere queste mete non c’è altra via
che l’informazione e la formazione. Si tratta
semplicemente di tornare al Maestro Manzi,
quando l’Italia era analfabeta e lui insegnava,
anzi, educava intere generazioni a leggere e
scrivere e soprattutto migliorava culturalmente fette enormi di popolazione.
È vero che non siamo più così conciati, ma la
cultura del rifiuto, del riciclo, del riuso, del
produrre di meno si acquisisce poco alla volta.
Spetta ai media, alla scuola, agli amministratori ed ai politici informare e formare, altrimenti
potremmo anche passare al porta a porta totale ma troveremmo sempre quello che prende
il suo sacchetto e lo porta in un luogo nascosto o lo lascia lungo la superstrada.
Il dato più significativo viene da quei paesi
dove si adottano i bidoncini per quasi tutto
(carta, vetro, plastica, umido, ecc.), indipendentemente dalla presenza o meno dei tipici
cassonetti, ma con la presenza dell’isola ecologica. Perché è proprio l’isola che consente
di non immettere qualsiasi cosa ingombrante
e di peso nei cassonetti e quindi l’indifferenziato è e rimane una percentuale alta. Tanto
per citare alcuni esempi di Comuni dotati di
isola ecologica: Artogne ha il 44,62% di rac-
colta differenziata, Cividate il 45,12%, Edolo
il 52,55%, Gianico il 67,27%.
Bisognerebbe che ogni paese o almeno ogni
unione di comuni potesse contare su un’area
di raccolta in modo da disincentivare il rifiuto nascosto sotto l’albero, il materasso gettato in riva al fiume, la vecchia televisione finita nel cassonetto. Isole aperte e gratuite. Porta a porta per tutto quanto si può differenziare e poi staremo a vedere l’esperimento
prossimo di Bienno e quindi dell’unione degli
Antichi Borghi sull’indifferenziato pesato
con il microchip per rendere responsabili i
cittadini, pronti, informati e soprattutto culturalmente predisposti.
un collettivo per lottare
di Stefano Malosso
Sarebbe facile pensare che i giovani oggi siano soltanto quelli che si impongono ore di coda
nevrotica davanti ad un Apple Store per essere i primi a comprare l’iPhone iOS 8 con in tasca
gli 800 euro sborsati da mamma e papà. Sarebbe facile pensarlo guardando gran parte dei tg e
leggendo molti quotidiani; soprattutto, sarebbe auspicabile da una buona parte della nostra
società. Ma, purtroppo per questa parte della società, resistono schiere di giovani che decidono liberamente di sedersi allo stesso tavolo e di trovarsi nella stessa piazza, a scambiarsi idee e
proposte, a ragionare sul proprio presente. Meglio ancora: questi ragazzi si trovano uniti sotto il nome della scuola, riconoscendo in essa un valore irrinunciabile per le nuove generazioni
di questo paese. Il Collettivo Studentesco Camuno è infatti un’organizzazione autonoma, autogestita ed auto-organizzata di studenti attivi in Valle Camonica in merito a lotte ed iniziative
politiche, studentesche e sociali: si tratta di uno strumento in cui ogni studente può trovare
una voce, partecipando attivamente alla vita del proprio paese e del proprio istituto scolastico, formandosi come cittadino. I principali punti di riferimento? I principi di antirazzismo, di
antifascismo e della libera condivisione di pensieri ed opinioni. Ma non si tratta solo di discutere o di esprimersi: il Collettivo agisce concretamente attraverso manifestazioni e incontri, e
mettendo a disposizione alcuni servizi fondamentali per gli studenti come il mercato autogestito di scambio diretto di testi scolastici. E’ lunga la lista delle lotte che negli ultimi tempi il
Collettivo ha affrontato; tra le più significative troviamo la battaglia contro la chiusura del
KAG di Pisogne, le prese di posizione contro il parallelismo tra i casi di scabbia e gli immigrati, l’adesione al Corteo Antifascista di Brescia e alla manifestazione “Nessuno spazio ai fascisti” organizzato a Lovere contro la commemorazione di due legionari fascisti della tagliamento,
il Corteo Antagonista del 1 maggio, i vittoriosi picchetti antisfratto a Esine, Chiari e Brescia e
il recente presidio a Lovere a sostegno della resistenza palestinese. Le azioni del collettivo si
snodano sull’asse Darfo/Lovere: le assemblee del gruppo si svolgono infatti alternando l’istituto Olivelli di Darfo al liceo Decio Celeri di Lovere con una frequenza settimanale, garantendo l’apporto degli studenti di tutto il territorio.
Apporto che già nei primi giorni del nuovo anno scolastico si sta facendo sentire: nella home
page del sito www.collettivostudentescocamuno.noblogs.org si denunciano problemi relativi al
Consiglio dell’Istituto ITCG di Darfo, e si promette battaglia per evitare che la scuola venga
gestita con logiche da caserma, auspicando maggior dialogo e partecipazione. Attenzione puntata
dunque all’appuntamento del 16 ottobre alle ore 9:30 in Piazza Tredici Martiri a Lovere, per un
presidio studentesco che già da ora si preannuncia infuocato.
Le lettere dell’amico Cesare
Trebeschi e del signor
Domenico Mazzocchi,
pubblicate in Graffiti di
settembre, mi offrono lo
spunto per un chiarimento sulla ricerca riguardante Franco Passarella e una considerazione
sulla trasmissione della memoria resistenziale.
Mi sono interessato alla tragica vicenda di
Franco Passarella per togliere dall’oblio un
giovane eroe antifascista e per far conoscere
ai giovani, cominciando dalle mie figlie, la sua
scelta di libertà e giustizia.
In questa attività e in quelle degli anni precedenti, forse, sarei riuscito a fare di più nella
trasmissione nella memoria resistenziale se
nelle associazioni partigiane e nella scuola
pubblica avessi trovato maggiore attenzione
storiografica. (Pier Luigi Fanetti)
lettere in
Redazione
ottobre 2014 - graffiti
14
L’EVENTO MONOPOLIZZATO DALLA LEGA, LE NOSTRE DOMANDE INEVASE
forum alpino: politica e scienza non si incontrano
di Leonida Magnolini
«Il forum fornirà una piattaforma di dialogo tra
scienza e politica». Così scrive nella presentazione introduttiva del “Forum alpino” la presidente del comitato scientifico internazionale di
ricerca alpina, Anna Giorgi. Non so se ci sono
stati il giorno precedente o nella giornata successiva momenti di confronto tra il mondo
scientifico degli esperti e professori universitari
italiani e stranieri e i nostri politici, posso solo
assicurare che nel pomeriggio di giovedì, specificatamente dedicato al rapporto con la politica, momenti di confronto non ce ne sono stati.
Stessa identica situazione, se ricordate, si era
verificata alla tre giorni della “sostenibilità
nella natura alpina”, organizzata dalla Comunità montana lo scorso anno, dove i politici si
sono ben guardati dal partecipare, tranne che
nei momenti formali dei saluti...
L’impressione che ho avuto non è solo mia
(vedi quanto detto da un relatore nel workshop
di venerdì mattina: «I politici devono imparare
ad ascoltare il mondo scientifico». Invece si è anche questa volta toccata con mano la totale separazione e incomunicabilità tra questi due mondi.
I politici sono arrivati sul palco dei relatori quando gli altri se ne sono andati. Dubito che i politici abbiano presenziato alle varie fasi dei lavori e
abbiano dialogato con il mondo scientifico. Sarei
felice di essere smentito. All’evento pubblico
(politico) erano presenti: Ugo Parolo, sottosegretario al Consiglio regionale e delegato alle politiche della montagna (Lega nord); Gianni Fava,
Assessore regionale all’agricoltura (Lega nord);
un parlamentare svizzero del canton Grigioni.
Di scarso interesse gli interventi dei politici
regionali; molto interessante invece l’intervento dello svizzero (un esempio di democrazia
diretta nella concessione delle centrali idroelettriche nei cantoni svizzeri).
Anche il moderatore (suppongo simpatizzante
Lega) ha gestito in modo non imparziale le poche domande e gli interventi dal pubblico: il
moderatore faceva da intermediario tra il pubblico e i relatori; alcune domande del pubblico
Vicinie a Pezzo
Il 25 ottobre a Pezzo (Centro Sociale) si
terrà il Convegno “Vicini seppur lontani” al
quale sono tutti invitati. Le Vicinie sono le
antiche forme di democrazia nelle comunità
delle valli alpine. Si tratta di un confronto
tra diverse realtà della Valle Camonica, della Val di Sole, della Valtellina sulle forme
partecipative basate sugli Antichi Originari
e i capifamiglia. Il Convegno non ha solo lo
scopo di un confronto storico ma vuole essere anche una riflessione sulle forme di
partecipazione più utili ed opportune per i
piccoli paesi di montagna. Un ritorno alla
gloriosa epoca veneta? Neanche per sogno.
Ma se, per una volta, la storia riuscisse ad
insegnare qualcosa…
le girava ai relatori mentre altre (come la nostra
sulle sorti del bilancio idrico in Regione) no.
Il forum, con tutto il rispetto per la sua validità
e autorità scientifica è stato organizzato e gestito e monopolizzato dalla Lega. Numerosi tra il
pubblico esponenti politici leghisti camuni tra i
quali Davide Caparini venuto apposta da
Roma a portare il suo saluto al Forum alpino.
Piuttosto ridotto il pubblico: se escludiamo gli
studenti messi lì (poveretti!) a fare numero,
una platea piuttosto ristretta di addetti ai lavori. Un pubblico nel quale si sono subito distinte
senza mezzi termini negli interventi due anime
contrapposte: da una parte chi si lamentava
dell’eccessiva burocrazia e lentezza nella
concessione delle centraline idroelettriche e
dall’altra alcuni di noi del comitato centraline
di Valle che lamentavamo l’eccessivo prolife-
rare di centraline e la distruzione dei torrenti.
Ai primi è stato risposto che a breve la competenza per i rinnovi delle centrali a scadenza
o già scadute verrà tolta alle regioni e passerà
allo stato e quindi sarà anche peggio perché
avverrà su base d’asta.
Ai secondi (cioè a noi) che chiedevamo informazioni sulla sorte del Bilancio idrico della
Valle fermo in regione da ormai due anni è stato risposto, dopo molte insistenze, in modo
evasivo dal Parolo con l’aggiunta finale di una
bugia! Evidente l’imbarazzo di questi consiglieri regionali consapevoli di avergli pure votato contro! Tomasi compreso...
L’ennesima conferma che i politici sono al servizio delle lobby degli idroelettrici e del mondo degli affari che gli gira attorno con questo
nuovo business delle energie rinnovabili.
SE L’INUTILE STRAGE DIVENTA UN EVENTO EROICO
i cinque dell’Adamello: perché?
di Alessio Domenighini
Boario Terme, terza giornata del Forum delle Alpi. Un convegno internazionale importante. Alle
ventuno, dal programma, era annunciata una serata aperta al pubblico con la proiezione di un
film uscito nel 1954 e girato a Edolo. Titolo: “I cinque dell’Adamello”. Tra l’altro si annunciava
che tra gli attori e comparse c’erano alcuni abitanti del comune camuno, oltre che qualche scorcio
dell’abitato. Complessivamente una proposta stuzzicante, almeno nella sua enunciazione. Buona
la partecipazione di pubblico. Argomento dell’opera: la vicenda di cinque alpini caduti in Adamello nella prima guerra mondiale, ritrovati in mezzo alle rocce e ai ghiacci in quegli anni. Anche
questo era un aspetto importante e si inseriva pienamente nel fiume di iniziative che questo
territorio ha già realizzato e continuerà a realizzare fino al 2018 per ricordare quel tragico evento
storico. Apparentemente tutto davvero interessante, eppure...
Dopo aver visto il film, il primo giudizio che emerge è quello di essere in presenza di un’opera
che riprende in pieno la propaganda e l’ideologia che il regime fascista aveva adottato per
esaltare la propria cultura militarista e come ampiamente documentato nel libro di Venturini
“Educare il fascista”.
Nell’opera cinematografica la guerra vissuta da cinque ragazzotti diventa una specie di euforica
avventura goliardica tutta elettrizzante e divertente, a partire dal momento dell’annuncio dell’arruolamento e della partenza verso il fronte.
La cosa forse più incongruente è proprio la descrizione del fronte militare: qui gli alpini ridono,
ballano, si divertono, all’interno di un rapporto tra soldati e comandanti visto come fraternizzante e collaborativo. Certo poi subentra la tragedia, la valanga che uccide i cinque protagonisti,
vista però come una specie di evento impensabile e imprevedibile. Il tutto si conclude con un
cappello di alpino portato dalla tormenta che finisce ai piedi di un militare.
Nel film ci sono alcune evidenti contraddizioni. Così mentre i cinque “eroi” parlano il loro dialetto, il più presente è quello veneto, tutti gli edolesi che recitano nel film parlano rigidamente
italiano: nessuno osa proporre il dialetto camuno.
Ciò che sgomenta comunque del film è questa lettura della guerra come evento storico ed eroico
piuttosto che un evento tragico e, come ha detto il papa dell’epoca, «un’inutile strage». E pensare
che già nel 1938 Lussu aveva pubblicato “Un anno sull’altopiano” che faceva una lettura radicalmente diversa della “grande” guerra. E nella Valle ormai da anni si realizza in estate la rassegna
“Passi nella neve”, con la proposizione di scritti dell’epoca, diari di militari, testimonianze, riflessioni, che danno una lettura radicalmente diversa, appunto, di quella guerra tutt’altro che “eroica”.
Certo può essere interessante la riproposizione di quest’opera, quale documento del senso comune sulla guerra dell’Italia degli anni Cinquanta, e che noi abbiamo ritrovato nell’educazione
scolastica di quegli anni, ma andrebbe storicizzata. Magari gli organizzatori avrebbero dovuto
proporre una presentazione adeguata e critica. A meno che qualcuno condivida questa lettura
della guerra e, allora, il tutto diventerebbe coerente ma, per quanto mi riguarda, non condivisibile
graffiti - ottobre 2014
15
il miraggio della “garanzia giovani”
recensione
da un articolo di Rita Querzé sul “Corriere della Sera” del 21 settembre
di Stefano Malosso
«Quello che fa più male – scrive la giornalista del Corriere – sono la sfiducia e la disillusione, quel
tono di resa nella voce di un giovane di Berzo Inferiore, 2.500 abitanti o poco meno. Ma che se
ne fanno i ragazzi della Valle Camonica della Garanzia giovani? Se ne fanno, eccome. Qui la meccanica tiene ancora. Ma per chi ha scelto settori legati al mondo dell’edilizia farsi assumere non è
facile». E cita il caso di Stefano Cominini, 25 anni, perito elettrotecnico: «Uno che il 2 maggio si
è iscritto di corsa al portale nazionale della Garanzia, quand’era aperto da un giorno soltanto».
Ed ecco la risposta del giovane: «Peccato che oggi, dopo oltre quattro mesi, non abbia ancora
avuto una risposta, una proposta. Ma non dovevano contattarmi entro quattro mesi?».
Dovevano, certo!, incalza la giornalista, anzi, «il portale www.garanziagiovani.gov.it dice che
“dopo l’adesione la Regione che hai scelto ti contatterà entro 60 giorni per indirizzarti ai servizi
per l’impiego”». Ma le cose andranno in tutt’altro modo, come racconta lo stesso Stefano: «L’inserimento dei dati sul portale è stato abbastanza semplice. Dopo qualche giorno mi è arrivata una
mail in cui mi ringraziavano per essermi iscritto. Però mi dovevo accreditare anche sul portale
Clic lavoro. Ok, mi sono detto. Il problema è che dopo mi è arrivata un’altra mail. Questa volta
della Regione Lombardia, che mi chiedeva di iscrivermi ancora a un altro portale. Il terzo, quello
regionale. Eh no, ho pensato, qui mi stanno prendendo in giro. Allora sono andato al centro per
l’impiego a chiedere spiegazioni. “Lei sta seguendo il percorso sbagliato, per prima cosa deve
registrarsi qui da noi”, mi ha rimproverato l’impiegato. Ho compilato tutti i moduli e credevo
fosse finita lì. “No, guardi, serve un curriculum”. Sono tornato a casa e ho stampato un cv. Già ci
credevo poco a questa storia della Garanzia giovani. Quando l’impiegato ha scosso di nuovo la
testa e mi ha restituito il curriculum perché non conforme agli standard Ue, mi sono detto: siamo
alle solite. La Garanzia giovani non è che l’ennesimo miraggio».
Avrebbe dovuto insistere ed iscriversi anche al portale della Lombardia, «che poi è una delle
Regioni in cui i servizi per l’impiego funzionano», aggiunge la Querzé, ma il giovane camuno
ormai non ci crede più: «Sul lavoro per noi giovani solo parole e promesse».
Titolo: Bombardate Roma!
Autore: Mimmo Franzinelli
Editore: Mondadori
RITRATTO (a cura di Federica Nember)
Alberto Marretta
Ho chiesto ad Alberto Marretta di poter scrivere un articolo su di lui. Volevo raccontare nella
rubrica “ritratti” la sua storia, la storia di un Ricercatore (con la R maiuscola), la storia di una
persona che ha segnato, con la sua “divorante passione” per l’arte rupestre, il mio arrivo in
Valle Camonica. La chiacchierata con Alberto è stata segnata da molte riflessioni sull’oggi, sulle
problematiche e sulle potenzialità della ricerca, sulle possibilità e sui rapporti con le istituzioni entro e fuori la valle. Per motivi di spazio riporto queste considerazioni, a mio giudizio
interessanti, in un prossimo articolo che comparirà sul numero di novembre di Graffiti, mentre
anticipo in questo numero il suo “ritratto”.
Originario di un paesino della bassa bresciana Marretta arriva in Valle Camonica quasi per
caso, senza sapere esattamente cos’è l’arte rupestre e non immaginando come poi avrebbe
segnato la sua vita. Alcune cose però lo colpiscono subito: «Il grande entusiasmo del gruppo
di lavoro, il fascino irresistibile della possibilità di scoprire “nuove” rocce, le immense potenzialità in termini di ricerca e di ampliamento delle conoscenze». Dopo anni di pendolarismo tra
la bassa e la valle giunge ad un bivio, «o si affacciava una possibilità di compenso sufficiente a
(soprav-)vivere in Valle oppure addio arte rupestre. L’aiuto e la fiducia di alcune persone (e
una certa dose di incoscienza da parte mia) fecero sì che si offrisse un’opportunità di lavoro
tramite borsa di studio al Centro Camuno di Studi Preistorici. Mi tuffai così nell’avventura
camuna, convinto che l’amore per quello che volevo fare (e una certa fiducia di poterlo fare
bene) sarebbero bastati a colmare i buchi dello stipendio».
Gli anni al Dipartimento Valcamonica e al CCSP gli permettono di imparare i meccanismi della
ricerca, delle pubblicazioni, dei convegni, dei contatti con l’estero, ma sempre più si rende conto
della difficoltà di «trovare spazio per una certa idea di rinnovamento» che va maturando in lui.
Decide così di iniziare a lavorare come ricercatore autonomo e di intraprendere «il difficilissimo
percorso della vita “a progetto”, un salto nel buio che non si può contemplare senza un certo
brivido: incarichi sporadici, compensi minimali, battaglie continue per il riconoscimento dei risultati conseguiti, nervi a fior di pelle per tenere testa a quelli che erano gli “amici” di un tempo».
Sono anni difficili ma segnati da progetti e collaborazioni comunque importanti, sia con enti e
istituzioni italiane che estere, anni in cui l’appoggio incondizionato di Sara e di Archeocamuni
gli permette di comprendere come «sia possibile creare una sinergia funzionante fra ricerca e
turismo», esperienze che gli valgono l’apprezzamento di molti colleghi, sia italiani che esteri.
Oggi Marretta ricopre l’incarico di direzione del Parco Archeologico Comunale di SeradinaBedolina (incarico prestato in forma gratuita), un incarico che «mi pare premi definitivamente
il buon lavoro svolto in questi anni e, soprattutto, costituisca un costruttivo e onesto rapporto con gli enti locali». Marretta conclude con una convinzione: «La divisione è una perdita e
l’incapacità di rinnovamento è un handicap che, sul lungo periodo, si paga molto caro».
La Storia Ufficiale è, spesso, il luogo della falsificazione o della distorsione. Il compito dello
storico, di uno storico che si possa definire
scrupoloso, è indagare fra le pieghe della storia,
svelandone i retroscena fino a fare nuova luce
sugli avvenimenti e sui personaggi coinvolti. Va
in questa direzione il nuovo lavoro dello storico
Mimmo Franzinelli, che ricostruisce nel suo
Bombardate Roma! la vicenda delle due lettere,
pubblicate sessant’anni fa dal settimanale Candido di Giovannino Guareschi, entrambe datate
1944 e firmate da Alcide De Gasperi in cui si
esortavano gli angloamericani a bombardare
Roma al fine di far insorgere il popolo insieme
ai «nostri gruppi Patrioti».
Lo scandalo suscitato dal contenuto di quelle
lettere scatenò una furibonda polemica pretesto di strumentalizzazioni politiche da parte
dei partiti, e una campagna denigratoria contro
De Gasperi, accusato di essere un traditore
della patria. Ma De Gasperi le aveva davvero
scritte, quelle lettere? Nell’aprile del 1954 la
sentenza emessa dal Tribunale di Milano stabilisce che le lettere sono un falso, e condanna
il noto scrittore e feroce vignettista Guareschi
a un anno di reclusione: indignato per la sentenza, Guareschi rinuncia a ricorrere in appello e finisce direttamente in carcere.
Questa vicenda segnerà indelebilmente entrambi i personaggi coinvolti: De Gasperi morirà
pochi mesi dopo, impegnato a ristabilire con
evidente difficoltà la verità dei fatti, mentre
Guareschi uscirà dal carcere visibilmente segnato come uomo e come scrittore.
L’analisi di Franzinelli è meticolosa: grazie all’accesso ad una vasta documentazione inedita
(conservata negli archivi di Alcide De Gasperi,
di Giovannino Guareschi e di Giorgio Pisanò),
ad interviste dirette con gli eredi dei protagonisti della vicenda e con il contributo tecnico della grafologa giudiziaria Nicole Ciccolo, l’autore
svela l’esistenza di un piano più sotterraneo,
messo a punto da gruppi neofascisti che fecero
costruire le lettere apocrife per chiari motivi
politici nel caotico scenario del dopoguerra.
L’indagine su questa pista dell’autore arriva
inoltre a tratteggiare i contorni di Enrico De
Toma, figura poco conosciuta, ambiguo faccendiere ed ex sottufficiale delle Brigate
Nere, che avrebbe manovrato tutta la faccenda per colpire De Gasperi e la ricostruzione
dell’Italia dopo la fine della guerra.
Saggio ricco di documenti e analisi dettagliate,
questo Bombardate Roma! si può anche leggere come un appassionante romanzo ricco di
colpi di scena, che vede protagonista oltre a De
Gasperi e Guareschi l’intera Italia dell’epoca,
con i suoi misteri, i suoi meccanismi, le cicatrici
della Seconda Guerra Mondiale e le speranze di
una nuova stagione, quella degli anni ‘60 e ‘70,
che avrebbe coltivato a sua volta una fitta serie
di misteri che attendono nuova luce.
ottobre 2014 - graffiti
16
ROSSO DI SERA
(a cura di Giancarlo Maculotti)
disegno divino
(a cura del cuoco)
È la prima volta che mi capita di partecipare ad un confronto pubblico su temi religiosi. L’occasione si
è presentata al Liceo di Breno nel settembre scorso grazie all’interessamento di don Cristian, curato di
Breno. Dinanzi a circa trecento studenti mi sono trovato a discutere con il prof. Don Raffaele Maiolini,
docente alla Cattolica e al Seminario di Brescia, con il coordinamento del noto ed esperto giornalista
Gian Mario Martinazzoli. Si partiva da “La scommessa di Dio presente nei pensieri di Pascal”. Non
voglio riassumere un dibattito che è durato quasi tre ore e ha raccolto il pieno interesse (mi auguro di
non sbagliarmi) delle classi presenti. Vorrei semplicemente riassumere il filo del mio ragionamento senza la pretesa di avere in tasca la verità e men che meno di far proseliti. Infatti se per il teologo che si
confrontava con me il “dover credere in Dio” fa parte del suo mestiere e della sua missione (parole
sue), per me l’unica guida è il dubbio e il tentativo di essere il più possibile razionale.
E veniamo al dunque. Il mio ragionamento si è sviluppato attorno alla considerazione che se mettiamo
Dio, e soprattutto un Dio-persona, all’origine della vicenda umana, i conti non tornano per nulla. Non
solo perché non si spiega il dolore e il male che ci sono sulla terra, ma non si spiegano nemmeno i principali fenomeni fisici che interessano l’Universo. Certo, se pensiamo ancora, come nel medioevo, che l’uomo è il centro dell’Universo, che tutto è stato creato per lui, che tutto è finalizzato al raggiungimento della
gloria eterna attraverso un disegno divino che si occupa anche del colore dei nostri capelli e della lunghezza del nostro alluce, allora non c’è ragionamento che tenga. Ma se riteniamo, come è assodato ritenere, che
la terra e men che meno l’uomo siano al centro dell’Universo, che possano esistere miliardi di sistemi
solari simili al nostro nei quali non è possibile escludere a priori che si sia sviluppata la vita e si sia
evoluta in forme simili alle nostre, che il “male” inteso come fenomeno imprevedibile (terremoti, caduta di
meteoriti, scontro tra corpi celesti, esplosioni di stelle, cambiamenti improvvisi di temperatura ecc.) è una
componente “naturale” dell’Universo così come lo conosciamo, diventa molto difficile credere ad un disegno intelligente che abbia come scopo precipuo la salvezza e la gloria dell’umanità.
Ho portato inoltre l’esempio, per stare più vicini a noi, della deriva dei continenti o tettonica a zolle
che ha condizionato e condiziona la vita sulla terra e l’evoluzione di ogni forma di vita. Può essere
ricondotta ad un disegno divino? Si fa fatica a crederlo poiché è evidente che il passaggio dal Pangea
agli attuali continenti è dovuta solo ed esclusivamente a leggi fisiche legate alla conformazione della
terra. Se la terra non avesse un nucleo con altissime temperature e una parte fluida tra il nucleo e la
crosta non ci sarebbe il movimento in atto dei continenti. C’è proprio bisogno di ipotizzare un
creatore intelligente per spiegare il fenomeno? Penso di no. Anche perché il creatore intelligente dovrebbe spiegarci perché un giorno o l’altro, quando il sole esaurirà la sua carica nucleare ed esploderà
come una supernova, tutto quanto noi vediamo e tutto quanto speriamo senza fine, tutti gli abitanti
della terra e anche quelli che potranno essere fuggiti su Marte, saranno cancellati in pochi secondi.
Può essere l’esito di un disegno intelligente, ma ancora una volta, se pensiamo di essere i coccolini di
Dio, è evidente che abbiamo sbagliato ogni calcolo.
Il dibattito è stato civile ed appassionato. Non è stato certamente uno scontro di boxe. La boxe
infatti, grazie a Dio, non è necessariamente iscritta nei disegni divini.
VALCAMONICA SOCIAL
(a cura di Valerio Moncini)
Alberto Tosa: «Ieri in direzione è emersa con tutti i suoi difetti l’aggregazione di deputati e
senatori eletti in parlamento con il metodo delle primarie, tanti (ovvio non tutti) persone che
non avevano niente a che fare con la nostra storia e questi sono i risultati.
Oscar Panigada: «...si cresce e si cambia! ...non ricordi che non siete il vecchio PCI (... anche
se spesso vi comportate come tale!!!) e che è stata fatta una fusione con il Partito Popolare!!!!»
Alberto Tosa: «... ieri sera, da Mentana su La7, sentivo il Segretario dei metalmeccanici dire
che di tutto avremmo bisogno – in questa situazione del Paese – fuorché del conflitto che si va,
artificiosamente, cercando! Quasi incredibile! E, nel contempo, il professor Ichino spiegare
bellicosamente che abbiamo troppe microimprese e gli artigiani spesso non trovano lavoratori specializzati (che c’entra in generale, e che c’entra l’articolo 18?)»
Oscar Panigada: «... anche io ho visto la trasmissione su La 7 Landini/Ichino: quello livido di
rabbia e che ha evitato risposte mi ë sembrato Landini!!!!... aggiungo che proprio perché in tante
delle questioni evocate non c’entra l’art. 18 per quale ragione parlate solo di quello???!!! Sempre
e solo battaglie ideologiche sapete fare!!!!!»
bravi entrambi: Alberto e Oscar
Ex sindaci entrambi, rispettivamente di Saviore e di Pisogne. Renziani entrambi a modo
loro: Tosa e Panigada.
Il primo si autopresenta ironicamente come
«un privilegiato metalmeccanico che si sveglia
alle 3,30 per recarsi al lavoro, mi tutela l’art.
18, ho perfino la mensa all’interno delle 8 ore e
addirittura 10 minuti fisiologici... dovrò lavorare 45 anni per andare in pensione con una somma privilegiata di ben 900 euri. Ecco dove ero
io – la risposta è a Renzi – in questi anni vissuti al di sopra delle mie possibilità permettendo-
ZUCCHERO, PEPE E SALE
mi addirittura tre pasti al giorno. Sono del PD,
in questo momento, il mio segretario e premier
è Renzi, non sono pentito e se voglio criticarlo
lo critico». Renziano “critico” dunque.
Il secondo è convinto che sia «importante certo avere un leader capace, forte e riconosciuto
(quale Renzi è certamente!!!!) – forse un solo
punto esclamativo sarebbe più realistico –, ma
per cambiare la realtà, laddove è opportuno,
non ci si può affidare a questi, come Uomo
della Provvidenza, occorre piuttosto lo sforzo
comune di tutti quanti». Ecco il punto.
ZUCCHERO
Non basterà né poco né molto zucchero
per mandar giù la pillola della cancellazione dell’articolo 18. Dopo il successo
della Festa di Rogno, a Gabriele Calzaferri e Barbara Distaso, colonne della
Cgil e Fiom comprensoriali, il compito di
organizzare la mobilitazione a difesa dei
diritti dei lavoratori. Coraggio!
PEPE
Quattro preti al funerale di un amministratore e politico comunista. Proprio
quel po’ di pepe che serviva per una degna cerimonia di saluto ad Ales.
SALE
Il sale sulla torta non è certamente come la
solita ciliegina, più o meno come i vecchi
politici che hanno combattuto ed ostacolato Ales, in vista dietro il suo feretro.
in Redazione:
Bruno Bonafini, Guido Cenini, Michele Cotti Cottini, Alessio Domenighini, Stefano Malosso, Valerio
Moncini, Federica Nember.
hanno collaborato:
Donato Bianchi, Cgil camuno-sebina,
Carlo Cominelli, Paolo Erba, Pierluigi
Fanetti, Giancarlo Maculotti, Leonida
Magnolini, Pier Luigi Milani, Margherita
Moles, Federico Pedretti, Sabrina Valentini
direttore responsabile:
Tullio Clementi.
Bravi dunque entrambi, non tanto per le tesi
sostenute (su quelle c’è libertà di pensiero), ma
per aver creato un’occasione di confronto seppur relegato a un “luogo” meramente virtuale.
Uno “sforzo comune” che veda il confronto e
non l’emarginazione (oggi è più cool, figo, “rottamazione”) di chi è in grado di portare idee,
elaborare proposte, suggerire forme nuove di
presenza nel territorio reale e non solo in quello
virtuale del web. Ma per questo occorrono
persone reali che si incontrano in spazi reali
che si guardano negli occhi, che magari si scontrano, ma evitando atteggiamenti arroganti di
prevaricazione. Occorre un partito reale con
iscritti che contano, con dirigenti che, una volta
eletti, non si rinchiudano nell’autorefenzialità.
A proposito a che punto è la costituzione
degli organismi dirigenti del PD di Valle? È la
curiosità di tanti non più iscritti, ma pur
sempre elettori di centrosinistra che attendono di vedere un PD attivo nel territorio e non
solo nelle “stanze dei bottoni” arredate con
morbide poltrone a rotazione.
Per fortuna il lavoro non manca a chi da decenni opera per una Valcamonica migliore culturalmente, socialmente e politicamente. Basta gettare uno sguardo alle numerose associazioni che rendono più ricca la Valle. Sguardo
che, da quando esiste il PD, i dirigenti camuni
del medesimo hanno rivolto altrove.