Comunicato stampa Ravenna, settembre 2014 Guido Guidi VERAMENTE Mar-Museo d’Arte della Città, Ravenna 12 ottobre 2014 – 11 gennaio 2015 in collaborazione con Fondation Henri Cartier-Bresson, Parigi Huis Marseille, Amsterdam Sponsor ufficiale Enipower per Ravenna Vernice per la stampa sabato 11 ottobre 2014, ore 11.00 – 15.00 Inaugurazione sabato 11 ottobre 2014, ore 18.00 pagina 1 di 8 Dall’11 ottobre 2014 all'11 gennaio 2015 il Museo d'Arte della Città di Ravenna ospita una grande mostra di Guido Guidi, maestro indiscusso della fotografia italiana, la cui storia è profondamente legata alla città di Ravenna, dove dal 1989 è docente di fotografia presso l’Accademia di Belle Arti. Guido Guidi è nato nel 1941 a Cesena, dove vive e lavora. Frequenta il liceo artistico a Ravenna e dal 1956 è a Venezia dove studia prima Architettura allo IUAV e successivamente Disegno industriale, seguendo i corsi di Bruno Zevi, Carlo Scarpa, Luigi Veronesi e Italo Zannier. Dalla fine degli anni sessanta realizza importanti ricerche personali, indagando il paesaggio e le sue trasformazioni e sperimentando al contempo il linguaggio fotografico stesso. Nel 1989 avvia a Rubiera, con Paolo Costantini e William Guerrieri, Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea. Le sue fotografie sono state esposte in istituzioni italiane e internazionali - tra le quali il pagina 2 di 8 Fotomuseum di Winterthur, il Guggenheim e il Withney Museum di New York, il Centre Pompidou di Parigi, La Biennale di Venezia – e sono state pubblicate in numerosi libri. Tra questi ricordiamo: Varianti (Art&, Udine, 1995); SS9 (IUAV, Venezia / Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, Rubiera, 2000); In Between Cities (Electa, Milano, 2003); VOL. I (Electa, Milano, 2006); A new Map of Italy (Loosestrife Editions, Washington, 2011); Carlo Scarpa's Tomba Brion (Hatje Cantz, Ostfildern, 2011), A Seneghe (Perda Sonadora Imprentas, Seneghe, 2012; )Cinque Paesaggi. 1983-1993 (ICCD-Postcart, 2012). Dal 1989 è docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dal 2001 insegna presso lo IUAV di Venezia e dal 2007 all’ISIA di Urbino. La retrospettiva, intitolata VERAMENTE, è stata organizzata grazie alla collaborazione con due prestigiose istituzioni europee dedicate alla fotografia: la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e il museo Huis Marseille di Amsterdam ed è accompagnata da due libri pubblicati dall'editore inglese MACK: Veramente e Preganziol. La collaborazione del Mar con Fondation Henri Cartier-Bresson e Huis Marseille e l’organizzazione della mostra a Ravenna è stata resa possibile grazie al prezioso lavoro di Silvia Loddo, che da anni segue attivamente le ricerche e l’attività didattica di Guido Guidi. La mostra ripercorre quarant’anni di carriera di Guido Guidi, i cui maestri sono stati da una parte i pittori italiani del Rinascimento, da Piero Della Francesca a Domenico Veneziano, Giovanni Bellini, Antonello Da Messina, dall’altra i fotografi americani del Novecento, da Walker Evans a Paul Strand, Stephen Shore, Lee Friedlander. Attraverso le fotografie e i libri si passa dagli esperimenti in bianco e nero degli anni settanta, alle serie a colori come Preganziol, una bellissima serie, piena di semplicità e mistero realizzata nel 1983 all'interno di una stanza vuota di una casa nell’omonimo paese del trevigiano; In between cities, un itinerario fotografico percorso, alla metà degli anni Novanta, lungo il tracciato dell'antico asse viario tra la Russia e Santiago de Compostela; sino al recente lavoro pagina 3 di 8 sui paesaggi ordinari della Sardegna contemporanea, realizzato nel 2011 su commissione dell’Istituto Regionale Etnografico. Al Mar verrà eccezionalmente esposta anche una selezione di fotografie di Ravenna, proposte dal fotografo come un omaggio alla città. Come ha scritto recentemente Elena Del Drago su “La Stampa” (20 gennaio 2014), ci sono voluti diversi decenni di lavoro costante perché, finalmente, la fotografia di Guido Guidi “potesse emergere nel clamore circostante di scatti sensazionali, monumentali, coinvolgenti”. La sua fotografia infatti è poco rumorosa, come le cose che osserva. Piuttosto pensa. Pensa in modo antiretorico, senza necessità di giudizi e conclusioni, in un costante tentativo di conoscere anziché definire, accennando anziché enfatizzare, in maniera discreta, interessata più al processo che ai risultati. Non esprime un pensiero “fatto”, ma un pensiero che ogni volta “si fa”, secondo un percorso basato sull’esperienza, soprattutto visiva, dei luoghi e delle cose. Paolo Costantini, che è stato uno studioso attento e seriamente impegnato nella ricerca sul linguaggio fotografico e compagno di strada importante per lo stesso Guidi, nel catalogo della mostra L’insistenza dello sguardo1, scrive che VEDERE non basta, bisogna essere capaci di ATTESA, GUARDIA e PREOCCUPAZIONE. E nel continuare il suo discorso cita il termine francese regarder, che rende meglio l’idea del procedimento del fotografo. «L’atto del “riguardo” – scrive citando Starobinski – non si esaurisce nell’istante, comporta uno slancio che dura, una ripresa ostinata». Allo stesso modo la fotografia per Guidi non inizia né finisce nel momento della ripresa. Inizia molto prima e finisce molto dopo. Pensando. Osservando. Riguardando. Con cura e devozione. (Silvia Loddo) Silvia Loddo (Oristano, 1977) ha studiato alla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna-sede di Ravenna e presso il dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università Sorbonne-Paris IV; dopo la laurea ha frequentato la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università di Siena, diplomandosi in Storia della Fotografia. Attualmente collabora con La Biennale di Venezia nell’ambito del progetto di riordino della fototeca dell’ASAC, Archivio Storico delle Arti Contemporanee. Dal 2009 cura con Cesare Fabbri i progetti di Osservatorio Fotografico. Ha curato il catalogo e la mostra di Marcello Galvani presso il Mar-Museo d’Arte della Città di Ravenna nell’ambito del progetto Critica in Arte (novembre 2012-gennaio 2013) e le pubblicazioni A Seneghe, fotografie di Guido Guidi, versi di 1 L’insistenza dello sguardo. Fotografie italiane 1839-1989, a cura di Paolo Costantini, Venezia, Palazzo Fortuny, 25 marzo-2 luglio 1989 (catalogo: Firenze, Alinari, 1989). pagina 4 di 8 Mariangela Gualtieri, Seneghe, Perda Sonadora Imprentas, 2012; La figura dell’orante. Appunti per una lezione, fotografie di Guido Guidi, Edizioni del Bradipo, 2012; 2^D, fotografie di Cesare Fabbri, Ravenna, Longo, 2009.Ha pubblicato un contributo nel volume Inchiesta sull’Arte, a cura di Enrico Crispolti, Milano, Electa 2008 e il saggio Licinio Farini. Fotografo Dilettante a Ravenna tra Ottocento e Novecento in Licinio Farini fotografo pittorialista, Ravenna, Longo, 2009. Da diversi anni segue attivamente le ricerche e l’attività didattica di Guido Guidi presso l’Accademia di Belle Arti di Ravenna e l’ISIA di Urbino. Senza ironia2 Ci sono delle cose che non mi piacciono del mondo, ma non per questo ci faccio dell’ironia3 Diversamente da molti altri fotografi, Guido Guidi non vuole essere una presenza sovrastante. Non cerca un predominio sullo spazio. Non si impone a ciò che fotografa. Ne prende parte e in esso si riconosce. Apostolo della ‘pulizia’ nell’inquadratura, questo ateo erudito utilizza il vocabolario religioso: Il rapporto di identificazione che desidero avere con lo spazio è anche il rapporto fra il mio corpo e lo spazio. In questa logica, alla fine degli anni ’70 sentii il bisogno di fotografare con una camera di grande formato. Mettendo la testa dentro il sacco e alzando le braccia rivivevo un antico rituale di preghiera propiziatoria4. Per lui mettere in luce, contemplare, significa non tanto comporre quanto appunto ‘pulire’, rendere nitido, ed evitare i luoghi comuni. Guidi esita a parlare di “paesaggio”, il termine è abusato. Preferiamo quindi il termine ‘vedute’5. Le sue fotografie, che talvolta lui stesso definisce “brutte”, sono espressione profonda della sua appartenenza a un territorio collocato in quel confine ancora agricolo di una periferia oggi attraversata dall’autostrada. 2 Senza ironia è il testo scritto da Agnès Sire, direttrice della Fondation Henri Cartier-Bresson, per la mostra e il libro Veramente. 3 Guido Guidi. Cinque paesaggi, 1983-1993, a cura di Antonello Frongia e Laura Moro, Postcart/ICCD, Roma, 2013, p. 100. 4 Guido Guidi, La figura dell’orante. Appunti per una lezione 1, a cura di Silvia Loddo, testi di Guido Guidi e Antonello Frongia, Ravenna Festival-Edizioni del bradipo, Lugo, 2012, p. iv. 5 L’italiano non permette di tradurre il gioco di parole del testo originale, in cui l’autrice usa la parola “vues” e rimanda anche alla “prise de vue”, che in francese significa ripresa e si usa a proposito dei fotogrammi di una pellicola. pagina 5 di 8 Non sono pochi i paradossi intorno alla figura di questo autore, nato nel 1941 a Ronta, vicino a Cesena, dove vive tuttora. Dopo diverse sperimentazioni in bianco e nero di fine anni sessanta, inizia a usare pellicole a colori e di grande formato, anche se l’apparente semplicità delle riprese somiglia piuttosto allo snapshot. Predilige stampe piccole, preferibilmente a contatto, anche se i suoi negativi permetterebbero qualsiasi ingrandimento. Non tiene mai le distanze, come l’uso di certi apparecchi potrebbe comportare; si occupa del quotidiano, senza cercare di allontanarsene. Viaggia poco. E, quando lo fa, è soprattutto per ritrovare una familiarità in between cities6 - tra le città - e in certe zone di confine, industrializzate o abbandonate, voltando le spalle ai centri storici trasformati in ‘bomboniere’, che gli interessano poco. Ciò che osserva è sicuramente il suo quotidiano, un quotidiano che però si modifica in funzione del luogo in cui si trova. Formatosi nell’ambito dell’architettura, Guidi insegna a Venezia e Ravenna, ma alle spiegazioni preferisce le domande. Interessato alla trasformazione del territorio, nel 1989 partecipa con Paolo Costantini alla creazione dell’associazione Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea, dedita a ricerche su ciò che comunemente definiamo “paesaggio” e importante luogo di confronto con altri fotografi a lui vicini. Transitorie dunque, le ‘vedute’ che presenta mostrano cose comuni, luoghi marginali, spazi incompiuti o in rovina, dove gli esseri umani appaiono talvolta nelle sequenze, stanno in posa all’interno di un’inquadratura ben definita oppure passano lontano, accidentalmente. Guidi usa l’espressione ‘decisione momentanea’ per descrivere il modo in cui fotografa: niente di definitivo, un rapporto con il tempo opposto alla ”ghigliottina” dei fotografi del ‘momento decisivo’. Lo sguardo di Guidi cerca l’essenziale; in fondo, neanche lui sa bene se di ordine documentario o immaginario, ma vuole senz’altro essere realista. Ciò che conta, è la sequenza. Guidi costruisce delle ‘frasi’ secondo un processo mentale che gli permette di rendere visibile, senza spiegare, 6 Guido Guidi, In Between Cities. Un itinerario attraverso l’Europa, 1993-1996, a cura di Marco Venturi e Antonello Frongia, testi di Louise Désy, Antonello Frongia, Roberta Valtorta, Marco Venturi, Linea di Confine, Rubiera; Electa, Milano, 2003. pagina 6 di 8 piuttosto segnando una traccia. Le sue fotografie messe in fila corrispondono appunto all’atto del tracciare, nel senso fisico dell’azione. Guidi ama usare la matita: a casa sua i muri sono coperti di parole segnate e di-segnate a mano, talvolta coperte da diversi strati su cui scrivere ancora. Le stampe, che hanno spesso un’evidente didascalia sul bordo bianco dell’immagine7, non sono un oggetto sacro, ma elemento di un tutto, di un archivio, di una collezione di ‘vedute’ che Guidi raccoglie pazientemente da 40 anni affinché il suo mondo esista. È il momento brevissimo in cui ciò che vede diventa immagine che gli interessa, è là che, per lui, si trova la bellezza, in quel momento in cui le infinite possibilità offerte dai luoghi marginali prendono forma e sono rese visibili. È un nuovo radicalismo nella storia del medium, un radicalismo di adesione e partecipazione rispetto a ciò che fotografa, come fosse espressione dei suoi stessi geni. Il cinema di Pasolini o di Antonioni aveva già elaborato questa libertà dal neorealismo del dopoguerra, usando per le riprese gli stessi spazi indefiniti. Ecco l’espressione della libertà di Guido Guidi: mostrare, con cura, una realtà mutevole che non vogliamo vedere, dove pensiamo non ci sia niente da vedere. E farle attraversare il tempo8. Senza ironia. 7 Nel libro Varianti (ART& - Arti Grafiche Friulane, Udine, 1995) sono riprodotte le stampe con le scritte dell’autore. 8 Guido Guidi, Quello che resta. Conversazione con Antonello Frongia, in “Dialoghi Internazionali Città nel Mondo”, n. 6, Milano, Bruno Mondadori, dicembre 2007 (anche on-line su: http://www.mi.camcom.it/n.6-dicembre-2007). pagina 7 di 8 INFORMAZIONI INGRESSO intero €3 ridotto €2 ORARI domenica 12 ottobre: 10.00-18.00 martedì, giovedì e venerdì: 9.00-13.30 / 15.00-18.00 mercoledì: 9.00-13.30 sabato fino all’8 novembre: 9.00-18.00 domenica: 15.00-18.00 GIORNO DI CHIUSURA Lunedì pagina 8 di 8
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