rivista di Anno 8 - numero 1 / marzo 2014 EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) 1 Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico Rachicentesi Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza La pancreatite acuta in pediatria Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso Vademecum del chirurgo Simeup Corso Internazionale di simulazione pantone 2602 coolgreypediatrica 9 nell’emergenza ® cyano 60 / 90 magenta nero 60 ® sommario rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA SIMEUP Anno 8 - numero 1 / marzo 2014 Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) Registrazione al Tribunale di Napoli n. 79 del 1-10-2008 Direttore Responsabile Antonio Vitale Direttore Scientifico Salvatore Renna numero 1 Comitato di Redazione Gianni Messi – Nicola Monterisi Danilo Vicedomini – Giovanna Villa EDITORIALE pag. 3 SIMEUP Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico Presidente Antonio Urbino L. Da Dalt, A. Amigoni, A. Nocerino, N. Parri, P. Peretta, F. Selmin, M.P. Vardeu Vice Presidente Riccardo Lubrano Past President Gianni Messi pag. 5 Rachicentesi Tesoriere Stefania Zampogna M.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna pag. 16 Segretario Francesco Pastore Consiglieri Alberto Arrighini – Francesco Bellia – Antonio Cualbu Luciano Pinto – Simone Rugolotto – Giuseppe Ruscetta Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza A. Palmieri, S. Buratti, P. Striano, MP. Baglietto, P. Di Pietro, E. Piccotti, C. Russo, M. Marchi, S. Renna pag. 20 Revisori dei conti Giovanni Capocasale – Agostino Nocerino – Pietro Scoppi Per invio contributi, commenti e richiesta ulteriori informazioni, si prega contattare la Direzione Scientifica: Tel. 0825.503417 – Fax 0825.203459 E-mail: [email protected] ® Direzione Editoriale Marco Iazzetta La pancreatite acuta in pediatria T. Bellini, S. Vignola, P. Gandullia pag. 26 Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso G. Monti, E. Castagno, M. Lupica, V. Tarasco, S. Viola, A. Urbino pag. 33 Marketing e Comunicazione Stefania Buonavolontà Redazione Antonio Caporali Sara Troisi Vademecum del chirurgo SIMEUP S. Norbedo, M.G. Scarpa, M. Gasperini pag. 37 Amministrazione Andrea Ponsiglione Grafica e impaginazione Diego Vecchione Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica P. Gianiorio Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte dell’Editore. © 2014 Menthalia Srl Piazzale V. Tecchio, 49 80125 Napoli Tel. 081 621911 Fax 081 622445 e-mail: [email protected] pag. 44 Istruzioni per gli Autori ISTRUZIONI GENERALI La lunghezza raccomandata per ogni articolo è di circa 12000 battute totali* (4 pagine circa ad articolo). Le tabelle e le immagini vanno considerate come parte integrante del testo, calcolando per ognuna di esse almeno 2000 battute. Esempio: • Testo 6000 battute • 2 immagini 4000 battute • 1 tabella 2000 battute • Totale 12000 battute TESTO Deve essere riportato il titolo dell’articolo, l’Autore (nome, cognome), le affiliazioni e l’indirizzo completo (con telefono, fax, e-mail) per l’invio della corrispondenza. Indicare allo stesso modo anche gli eventuali collaboratori. ICONOGRAFIA L’iconografia è costituita da grafici, foto e tabelle, corredate di didascalie. Saranno quindi riportate, separatamente dal documento di testo, in file distinti in formato .doc/.docx e /o .xls/.xlsx. Le relative didascalie, in lingua italiana, dovranno essere riportate separatamente in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx). Per ogni tabella sottrarre 2000 battute dal computo totale. Nel caso la tabella risultasse strutturata in più di 20 righe, è opportuno sottrarre dal computo totale 3000 battute. BIBLIOGRAFIA Riferimenti alla letteratura rilevante. Dovrà essere citata in ordine progressivo e redatta secondo lo stile consigliato dalla National Library of Medicine per il suo database (MEDLINE). Gli articoli a firma di tre o più autori riporteranno i nomi degli stessi seguiti da “et al.”. Esempio: Citazione articolo Hoxhaj S, Jones LL, Fisher AS, et al. Nurse staffing levels affect the number of Emergency Department patients that leave without treatment. Acad Emerg Med 2004; 11 (5): 459-45c. Citazione di libro Foto e grafici Dovranno essere indicati in ordine progressivo con numeri arabi, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui vengono citati. Saranno quindi riportati, separatamente dal documento di testo, in file distinti in formato .jpg, .bmp, .pdf ad alta risoluzione. Si prega di non utilizzare immagini in Power Point o in Word. Le foto che riproducono pazienti non dovranno riportare l’identità del soggetto e comporteranno l’accettato consenso alla pubblicazione da parte del genitore o di chi fa le veci del paziente. Per ogni immagine sottrarre 2000 battute dal computo totale. Le relative didascalie dovranno essere riportate in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx) e indicate in ordine progressivo con numeri arabi. Tabelle Dovranno essere indicate con numeri romani, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui sono citate. *In Microsoft Office Word 2007 e versioni successive, per verificare il numero esatto di battute, nel gruppo Strumenti di correzione della scheda Revisione, selezionare Conteggio parole, quindi consultare la voce Caratteri (spazi inclusi). 2 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Vehaskarivivm, Robson AM. Proteinuria. In: Pediatrie Kidney Disease, edited by Edelman CM Jr, Boston, Little, Brown and Co., 1992; 531-51. Citazione atti di Convegno Murray C. AIDS and the Global Burden of Disease. Presented at the 19th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI), Seattle, USA, March 5-8, 2012. Paper 128. LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO Deve essere acclusa al lavoro con le firme degli Autori che dichiarano l’originalità del materiale. INVIO MATERIALE Il materiale, in formato elettronico (contenente la versione finale del Lavoro), dovrà essere inviato direttamente alla Redazione Scientifica Menthalia, a mezzo e-mail, all’indirizzo [email protected], con oggetto Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica. NOTE AGGIUNTIVE Si possono riportare alla fine del lavoro. ANNO 8 - numero 1 EDITORIALE Antonio Urbino Presidente Nazionale SIMEUP Questo numero della rivista esce in occasione del 10° Congresso Nazionale SIMEUP che si tiene a Torino dal 27 al 29 marzo 2014. Il Direttivo Nazionale SIMEUP, grazie anche all’impegno dei soci che hanno collaborato, è particolarmente orgoglioso di presentare queste due importanti iniziative che arricchiscono enormemente la vita societaria. La rivista esce da qualche mese con una certa regolarità e la sua diffusione online l’ha resa facilmente fruibile ai soci con costi contenuti. In occasione del Congresso di Torino si è deciso di stampare e regalare a tutti i congressisti questo numero per permettere anche a chi non la conosce di apprezzarla ed eventualmente decidere di abbonarsi. Molti i contributi scientifici inviati dagli specializzandi a dimostrazione che la rivista per la sua praticità è particolarmente apprezzata soprattutto dai giovani medici. Il 10° Convegno Nazionale SIMEUP come sempre è un convegno medico e infermieristico perché quando c’è un’urgenza ci si trova a lavorare insieme e il successo dipende molto dalla preparazione e dalla collaborazione del team che interviene. Il titolo: “MI PUÒ CAPITARE! Le urgenze pediatriche sul territorio, in pronto soccorso, in reparto” vuole sottolineare che qualunque sia la sede in cui ci si prende cura di un bambino può esserci un’urgenza che ci coinvolge. È importante conoscere le cose da fare a diversi livelli d’intervento in modo da dare al bambino il massimo delle chance possibili. L’occasione sarà utile per permettere ai soci impegnati nelle tante attività della società di ritrovarsi per discutere e portare avanti i tanti obiettivi che la SIMEUP si è posta. Le commissioni, i gruppi di lavoro, gli istruttori, i gruppi regionali avranno la possibilità di incontrarsi e dialogare con le altre realtà che operano nella nostra società. Il programma del convegno prevede una serie di corsi per lo più nuovi (P-Alarm, BLS SIMEUP, PEARS). L’idea nasce dalla volontà di far conoscere i nuovi percorsi formativi a cui la SIMEUP crede a fianco di moduli già consolidati e molto richiesti come il Triage e il PALS AHA. Il programma del Convegno prevede workshop interattivi sulle urgenze territoriali, in reparto di degenza e in PS, sulla gestione del dolore e della sedazione procedurale, ossigenoterapia, disidratazione, ecografia in urgenza, traumatologia, medicina legale, ecc. Come sempre ci sarà una sezione infermieristica, ma il contributo degli infermieri sarà presente in tutte le sezioni nello spirito della collaborazione e della corresponsabilità. È prevista una visita ai circa 100 poster presentati senza contemporanei lavori in aula in modo da dedicarvi uno spazio esclusivo; saranno anche presentati in aula i migliori lavori degli specializzandi, dei medici e degli infermieri. Sarà presentato nella stessa sezione il miglior lavoro arrivato alla Rivista di Pediatria di Emergenza e Urgenza Pediatrica da parte degli specializzandi. Ritorna il connubio tra rivista e congresso che ha visto anche la realizzazione di un concorso grazie al quale due specializzandi hanno vinto l’iscrizione gratis al convegno stesso. Un’altra iniziativa importante è l’Istructor meeting che si terrà il 29 marzo alla fine del Congresso Nazionale e permetterà agli istruttori di tutta Italia di incontrarsi per discutere dei problemi formativi e per scambiarsi opinioni e idee. Spero che lo sforzo del Direttivo Nazionale nella realizzazione di questo 10° Congresso Nazionale sia apprezzato prima di tutto dai soci e poi da tutti coloro che lavorano con i bambini. La speranza è quella di dare un contributo concreto al miglioramento dell’assistenza clinica nei diversi settori della pediatria dove un’emergenza può “capitare” a chiunque ed è importante saper assistere al meglio e nei diversi contesti un bambino critico. ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 3 RACCOMANDAZIONI Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica L. Da Dalt1, A. Amigoni1, A. Nocerino2, N. Parri3, P. Peretta4, F. Selmin1, M.P. Vardeu4 1 Dipartimento Salute Donna e Bambino, Pronto Soccorso Pediatrico-Terapia Intensiva Pediatrica, Università di Padova, Padova Clinica Pediatrica, Azienda Ospedaliero Universitaria “Santa Maria della Misericordia”, Udine 3 Dipartimento Emergenza Accettazione e Trauma Center, Azienda Ospedaliero Universitaria “Meyer”, Firenze 4 Pediatria d’Urgenza-Neurochirurgia, Ospedale Regina Margherita Città della Salute, Torino 2 Premessa Nei Paesi sviluppati i traumi tuttora costituiscono la prima causa di mortalità e morbilità in età evolutiva e tra di essi il trauma cranico rimane quello più comunemente rappresentato, con un’incidenza annuale recentemente stimata pari a 1850 bambini/100.000 per la fascia d’età 0-4 anni, di 1100/100.000 per la fascia 5-9 anni e di 1170/100.000 per la fascia 1014 anni. Il trauma cranico costituisce di fatto una crescente causa di accesso al Pronto Soccorso e parimente è crescente la sfida diagnostica che i bambini affetti da tale patologia cranico pongono nella pratica clinica. Nel trauma cranico grave, tale sfida è legata alla necessità di pronta stabilizzazione e prevenzione del danno neurologico acuto, ma che nel trauma minore (che costituisce oltre il 90% dei casi) è fondamentalmente legata al dover bilanciare il rischio di perdere lesioni intracraniche clinicamente significative con i costi ma soprattutto con il potenziale danno radiante legato all’esecuzione, spesso impropria, di Tomografia Computerizzata (TC) cerebrale, esame tuttora considerato il goldstandard per la diagnosi. L’aumentata disponibilità e la crescente rapidità del tempo di esecuzione di tale esame ne ha infatti aumentato in maniera impropria l’utilizzo, che negli Stati Uniti è circa raddoppiato negli ultimi 20 anni ed è tuttora eterogeneo nei diversi centri, a fronte delle sempre più consistenti evidenze sulla relazione tra esposizione radiante, in particolare nelle prime età della vita, e futuro sviluppo di leucemia o tumori. ANNO 8 - numero 1 È su queste premesse che si colloca la necessità, espressa dalla SIMEUP, di rivedere la sua linea guida sull’approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico (pubblicata nella sua ultima versione nel 2002) con l’obiettivo di assicurare il massimo grado di appropriatezza degli interventi e ridurre al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni cliniche legata alla carenza di conoscenze (molto evolute in questi ultimi anni) e alla soggettività nelle scelte assistenziali. Metodi Il Gruppo di lavoro Si è costituito un gruppo di lavoro multidisciplinare, espressione di molte competenze e rappresentativo delle molte professionalità coinvolte nella pratica clinica, formato da pediatri d’urgenza, pediatra intensivista, neurochirurgo pediatra, infermiera di Pronto Soccorso Pediatrico, neuroradiologo, fisico medico. L’intento iniziale era anche di coinvolgere una rappresentanza dei genitori, per l’importanza della loro partecipazione attiva nei processi decisionali, ma ciò non è risultato fattibile. Il riferimento metodologico Si è scelto come riferimento metodologico il “Manuale metodologico” pubblicato nel 2004 dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali “come produrre, diffondere, aggiornare raccomandazioni per la pratica clinica”. rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 5 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica Ci si è sforzati quindi di applicare i requisiti metodologici essenziali per la produzione di una linea guida e cioè: 1. La multidisciplinarietà. 2. Le revisioni sistematiche della letteratura, definite come “valutazione delle conoscenze disponibili su un determinato argomento nella quale tutti gli studi rilevanti (anche quelli con risultati negativi) sono identificati e valutati criticamente”. 3. La graduazione delle raccomandazioni (grading) sulla base delle evidenze che la letteratura fornisce. I quesiti clinici e le raccomandazioni Il Gruppo di lavoro ha individuato una serie di quesiti clinici sui quali sviluppare le proprie raccomandazioni, quesiti considerati come prioritari perché riguardanti aspetti molto critici o molto controversi dell’assistenza al bambino con trauma cranico e quindi di grande impatto per la pratica clinica. Per ognuno di essi è stata condotta una ricerca bibliografica utilizzando come principale motore di ricerca PubMed, a partire dal gennaio 2002, applicando i limiti di età 0-18 anni ed aggiornando periodicamente la ricerca. Sono state anche consultate banche dati di linee guida (SIGN, CMA infobase, National Guidelines Clearinghouse, New Zealand Guidelines Group) dalle quali peraltro non è emersa alcuna linea guida esclusivamente dedicata al bambino. Per ogni quesito specifico le parole chiave usate per la ricerca sono state individuate dai singoli membri del gruppo di lavoro che hanno provveduto ad analizzare le evidenze e a stendere sulla base di esse le specifiche raccomandazioni. Tutte le raccomandazioni sono state poi discusse in maniera collegiale ed in assenza di evidenze forti disponibili si sono formulati consensi da parte dei membri del gruppo di lavoro, definite come “norme di buona pratica” (good practice points). Nella presente pubblicazione vengono presentate e sinteticamente discusse le raccomandazioni relative a 8 quesiti, rimandando l’intera linea guida ad una pubblicazione successiva nella quale anche la forza delle raccomandazioni verrà esplicitata. Si precisa che le raccomandazioni formulate si applicano al paziente in età pediatrica con trauma cranico sospetto o testimoniato avvenuto nelle precedenti 24 ore alla valutazione in Pronto Soccorso. 6 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Prima valutazione e primi interventi all’arrivo in pronto soccorso La prima valutazione del bambino con trauma cranico ha lo scopo di individuare tempestivamente i fattori di rischio attuali o potenziali di lesione intracranica consentendone un trattamento precoce ed appropriato tale da evitare l’instaurarsi del danno secondario. Questo ricordando che nessuna urgenza neurologica/neurochirurgica ha la priorità sulla stabilizzazione del paziente. Poiché la letteratura degli ultimi anni non ha prodotto evidenze sulla modalità più appropriata di triage o studi di validazione di modelli esistenti di triage per il trauma cranico in età pediatrica, le seguenti raccomandazioni provengono da un consenso del gruppo di lavoro. Raccomandazioni • Un bambino incosciente deve essere valutato immediatamente all’arrivo in Pronto Soccorso e stabilizzato secondo gli algoritmi internazionali. • Un bambino cosciente con trauma cranico di qualsiasi entità dovrebbe essere sottoposto a triage da parte di personale formato per l’età pediatrica entro massimo 15 minuti dall’arrivo in Pronto Soccorso. • Per valutare lo stato di coscienza è raccomandato, anche al triage, l’utilizzo della Scala del Coma di Glasgow (GCS) appropriata per età che è auspicabile esprimere per ogni singolo parametro (E = apertura occhi, M = risposta motoria, V = risposta verbale). • Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è raccomandato indagare già al triage la presenza di fattori di rischio per lesione intracranica, come perdita di coscienza, cefalea, vomito (vedi quesito 4). • Nei pazienti coscienti (GCS 14-15) è raccomandato indagare già al triage la presenza di condizioni personali di rischio (vedi quesito 4). • In tutti i pazienti, nella fase di approccio e nelle fasi successive, il dolore deve essere rilevato con scale adeguate all’età e prontamente trattato secondo i protocolli vigenti con farmaci adeguati alle condizioni cliniche del paziente e dosaggi che alterino nella misura minore possibile la valutazione neurologica. Classificazione di gravità Non esiste in letteratura un’univoca classificazione del trauma cranico. La maggior parte della letteratura utilizza come criterio di classificazione il GCS ANNO 8 - numero 1 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica che il gruppo non ritiene esaustivo per l’inquadramento del paziente. La classificazione proposta, importante perché ai diversi livelli di gravità corrispondono diversi atteggiamenti clinici, è pertanto quella condivisa dal gruppo di lavoro. Raccomandazioni • La definizione di trauma cranico maggiore si applica in presenza di anche una sola delle seguenti condizioni: GCS < 13, segni di frattura della base del cranio, frattura depressa della volta cranica, deficit neurologici focali (sensoriali, motori, visivi, verbali), convulsione post traumatica. • Nell’ambito del trauma cranico maggiore si distingue il trauma cranico grave, definito da un GCS < 8. Un paziente con GCS < 8 o rapido deterioramento dello stato di coscienza deve prevedere il coinvolgimento del medico rianimatore/intensivista per la gestione delle vie aeree. • La definizione di trauma cranico minore si applica a bambini che presentino tutte le seguenti caratteristiche: GCS 14-15, assenza di segni di frattura della base cranica, assenza di deficit neurologici focali. Predittori clinici di lesione intracranica nel bambino con trauma cranico minore Uno dei temi più controversi nella letteratura riguardante il Trauma Cranico Minore (TCM) è quanto i segni/sintomi che il bambino presenta nel periodo post traumatico siano correlati con la presenza di lesione intracranica (Traumatic Brain Injury – TBI), elemento questo cruciale per le successive decisioni cliniche in termini di accertamenti radiologici, osservazione, ricovero. Parimenti controverso ed evoluto nel tempo il significato attribuito del termine di lesione intracranica che si sta spostando dalla mera definizione radiologica – lesioni di qualunque natura evidenziate alla TC – ad una definizione clinica – impatto della lesione sull’aspetto più globale delle cure del paziente, quindi lesione clinicamente significativa. I presupposti della ricerca clinica a partire dai primi anni 2000 su questi temi sono che se da un lato pochi dubbi esistono sulla predittività di segni/sintomi che definiscono il trauma come “maggiore” – quali alterazione dello stato di coscienza, presenza di segni neurologici focali, presenza di segni di frattura della base cranica – dall’altro nessuno dei sintomi minori, peraltro molto comuni – quali cefalea, vomi- ANNO 8 - numero 1 to, irritabilità, breve e transitoria perdita di coscienza, segni di frattura della volta cranica – è sufficientemente accurato, se analizzato singolarmente, nel predire la presenza di lesione. La sfida della ricerca è diventata quella di mettere a punto, sulla base di studi originali, strumenti decisionali fatti di un insieme di variabili cliniche (almeno tre) ottenute dall’anamnesi e dall’esame clinico al fine di predire con maggiore accuratezza il rischio di un determinato esito (lesione intracranica) e di guidare quindi le decisioni cliniche successive note come “Clinical Decision Rules” (CDR). Un elemento cruciale nel decidere se una CDR sia poi utilizzabile nella pratica clinica è non solo la qualità metodologica con cui essa è stata ricavata ma anche il fatto di essere stata o meno validata in una nuova popolazione di pazienti diversa rispetto alla popolazione in cui è stata derivata. Due recenti lavori di revisione sistematica hanno evidenziato come le CDR pubblicate dal 2001 al 2010 e rispondenti a specifici requisiti di qualità metodologica siano 14, tutte derivate da studi originali su coorte di pazienti, per un totale di circa 80.000 soggetti inclusi. Una sintesi delle CDR più significative è riportata in tabella I, ricavata da un nostro recente lavoro di aggiornamento su questo tema pubblicato in Prospettive in Pediatria nel 2012. È evidente una notevole eterogeneità dei diversi studi in termini di popolazione inclusa, di outcome considerati, di qualità metodologica e quindi di predittori clinici individuati (che solo in parte sono sovrapponibili nelle diverse CDR). Queste diversità sono evidenziate anche nelle due sopracitate revisioni sistematiche che sottolineano entrambe l’impossibilità di effettuare una meta-analisi globale dei relativi risultati ed ottenere quindi evidenze nel loro insieme più forti per la pratica clinica. Vi è però un generale accordo nel dire che di esse quelle più promettenti per la futura pratica clinica sono PECARN, CATCH, CHALICE perché derivate in popolazioni ampie, in setting multicentrico e con metodologia ed analisi statistica molto rigorose. In tutte vi è la chiara definizione di lesione intracranica non come qualunque reperto alla TAC ma come impatto della lesione nella complessiva gestione clinica; tutte hanno come misura di outcome non tanto il reperto TC quanto l’impatto della lesione sulla gestione globale del paziente. Fondamentale differenza è che CATCH e CHALICE sono derivate per identificare i bambini che necessitano di TC, mentre PECARN per identificare quelli che non lo richiedono. Tutte ovviamente presenta- rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 7 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica Tabella I. Sintesi dei predittori individuati dalle diverse Clinical Decision Rules Predittori di lesione intracranica Alterazione stato di coscienza Greenes 2001 (inclusi solo asintomatici) Heydell PaltchacK 2003 2003 + Ematoma dello scalpo (< 2 aa) o di segni di frattura della volta + PDC/amnesia + Vomito persistente + Dunning 2006 (CHALICE) Da Dalt 2006 Sun 2007 Convulsioni + + GCS <15 + GCS <15 + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + (≥3) + + + + + + + + + + + + + + + Dinamica ad alta energia Discoagulopatie Osmond 2010 (CATCH) + + + Kupperman 2009 (PECARN) + Comportamenti anomali Cefalea Atabaki 2008 + + + + + + GCS <15 GCS <15 GCS <14 GCS <15 GCS <15 GCS <15 Segni neurologici focali Segni di frattura della base Oman 2006 + + + Sospetto maltrattamento + Tratta e modificata da: “Bressan S, Da Dalt L - Prospettive in Pediatria, 2012” no un’alta sensibilità rispetto all’identificazione delle lesioni, a dispetto di una specificità più bassa. Tutte potrebbero pertanto trovare applicazione nella pratica clinica, ma quale sia la migliore da implementare rimane futura area di ricerca. Il Gruppo di lavoro è però uniformemente convinto, come già altri autori hanno affermato, che la CDR PECARN presenti un insieme di punti di forza che fanno di essa il miglior strumento decisionale al momento disponibile. Essi sono: 1. La numerosità in assoluto più elevata, ottenuta in 25 Centri. 2. La divisione dei pazienti in due classi d’età (< 2 anni e > 2 anni), elemento questo importante considerata la variabilità dei segni/ sintomi post-traumatici dalla nascita all’adolescenza, la diversa difficoltà nella valutazione clinica, il diverso impatto del danno radiante nelle diverse età. 8 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA 3. L’accurato calcolo del rischio di lesione correlato alla presenza o meno dei singoli predittori individuati e la possibilità di comparare tale rischio con il rischio radiante legato all’esecuzione della TC. 4. L’ampio spettro di condizioni cliniche per cui una TBI è considerata clinicamente significativa. 5. La chiarezza degli algoritmi proposti, che ne rendono facile l’utilizzo. 6. L’essere stata validata prospetticamente già al momento della sua prima pubblicazione. Lo studio PECARN individua tre predittori indipendenti dall’età quali perdita di coscienza, alterazione dello stato di coscienza (GCS < 15), dinamica ad alta energia e tre predittori variabili con l’età costituiti da alterazioni del comportamento, ematoma dello scalpo in sede ‘non frontale’, frattura palpabile della volta nel bambino < 2 anni e invece vomi- ANNO 8 - numero 1 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica ti ripetuti, cefalea ingravescente, sospetta frattura della base nel bambino delle età successive. Una recente esperienza italiana (Pronto Soccorso Pediatrico di Padova) di implementazione della CDR PECARN nella pratica clinica ha dimostrato la sua ottima accettazione da parte degli operatori e parimenti buoni in termini di accuratezza diagnostica sono stati i risultati di un lavoro di validazione della stessa PECARN condotto in collaborazione tra un Centro Italiano e un Centro USA (Padova-Boston) che ha incluso 2439 bambini di cui 959 (39%) di età < 2 anni. Raccomandazioni • I predittori di lesione intracranica devono essere valutati in rapporto all’età (< 2 anni vs > 2 anni). • Nella valutazione di un bambino con trauma cranico in rapporto all’età è raccomandato porre particolare attenzione ai seguenti segni/ sintomi: < 2 anni Perdita di coscienza Alterazione dello stato di coscienza Comportamento anomalo Ematoma dello scalpo parieto-occipitale Frattura palpabile della volta Dinamica ad alta energia* > 2 anni Perdita di coscienza Alterazione dello stato di coscienza Vomiti ripetuti Cefalea severa Sospetta frattura della base Dinamica ad alta energia* *Dinamica ad alta energia = Incidente stradale: espulsione, rotolamento del mezzo, morte di un passeggero, pedone investito, ciclista senza casco Caduta: > 90 cm per bambini < 2 anni; > 1,5 mt per bambini > 2 anni Impatto contro corpo contundente ad alta velocità • È raccomandato valutare tali predittori in combinazione, al fine di meglio determinare il rischio di TBI. Indicazioni alla TC La TC cerebrale costituisce il gold standard per la diagnosi in acuto di lesione intracranica post- ANNO 8 - numero 1 traumatica e la pronta disponibilità di tale esame ha nettamente migliorato la capacità diagnostica in tal senso. Il crescente uso di TC cerebrale si è però accompagnato a una crescente preoccupazione sul rischio radiante, a cui i bambini sono particolarmente esposti per la maggiore sensibilità dei propri tessuti alle radiazioni e per la lunga aspettativa di vita nella quale il danno oncogeno da radiazione può esprimersi con dimostrata maggiore incidenza di leucemie, tumori cerebrali e altri tumori solidi. È indiscutibile che il rapporto costo-beneficio di una TC cerebrale vada misurato esclusivamente in rapporto al rischio immediato di TBI quando tale rischio è molto alto come si verifica nei traumi maggiori (rischio > 20%) in cui la TC cerebrale è sempre indicata. Al contrario, quando tale rischio è basso, il rapporto rischio-beneficio va valutato con una prospettiva a lungo termine nella quale la qualità di vita globale, quindi anche futura, del bambino deve essere considerata. Tale impostazione ha caratterizzato alcuni recentissimi lavori relativi al trauma cranico minore, nei quali si condivide la conclusione che la decisione di eseguire TC cerebrale deve discendere da precise CDR, la cui applicazione migliora il costo-beneficio di tale esame. Particolare menzione per la sua metodologia molto innovativa merita un recente lavoro di Hennelly che, applicando nel bambino di età < 2 anni la CDR PECARN, arriva a calcolare una soglia ottimale di beneficio della TC per un rischio di lesione intracranica pari a 4,8%, precisando che tale soglia potrebbe diminuire se il carico radiante diminuisse. E ancora una volta l’algoritmo PECARN, che riporta minuziosi calcoli dei rischi di lesione intracranica sulla base della presentazione clinica, viene recepito dal gruppo di lavoro come uno strumento utile per la pratica clinica. Nei bambini in cui il rischio si avvicina o supera il 5% è fortemente consigliato eseguire la TC in prima battuta. L’utilizzo della TC è inoltre fortemente raccomandato in tutti i casi in cui sia evidente un deterioramento clinico significativo. Non c’è invece indicazione all’esecuzione dell’esame TC in prima battuta nei bambini con rischio inferiore. In questi pazienti la TC va eseguita solo in caso di persistenza/peggioramento della sintomatologia dopo osservazione, in considerazione del fatto che non è mai stato dimostrato che un eventuale intervento chirurgico eseguito prima dell’insorgenza del deterioramento clinico possa migliorare l’outcome e ridurre i costi per l’assistenza. rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 9 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica Raccomandazioni • Nel richiedere una TC cerebrale, ricordare che l’obiettivo non è il riscontro di una qualunque lesione radiologica, bensì il riscontro di una lesione il cui riconoscimento influisce sulle successive decisioni cliniche (detta clinicamente significativa). • In un bambino con trauma cranico maggiore la TC è sempre raccomandata in considerazione dell’alto rischio di TBI clinicamente significativa. Essa è da eseguire preferibilmente entro la prima ora dal trauma. • Per l’esecuzione della TC nel bambino con trauma cranico minore, l’indicazione ad eseguire TC varia in relazione al rischio di lesione stimabile sulla base dei predittori clinici individuati. A tal fine è fortemente consigliato seguire l’algoritmo presentato in figura 1A e B, ricavato dall’algoritmo PECARN modificato privilegiando l’osservazione clinica come primo approccio nei bambini a rischio intermedio. Indicazioni all’osservazione clinica L’osservazione clinica è risultata una strategia efficace nel ridurre il ricorso alla TC nei bambini con trauma cranico minore. Da uno studio retrospettivo condotto da Zebrack e coll. su una coorte di 6477 pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, ammessi in un’Unità di Osservazione Breve nell’arco di 2 anni, la diagnosi di trauma cranico chiuso è risultata essere tra quelle cui è corrisposto un miglior esito nelle dimissioni effettuate entro le 24 ore (media 13,3 ore). Il buon esito di dimissione veniva attribuito a quanti, dimessi entro le 24 ore, non erano stati soggetti a riammissione con ricovero nelle 72 ore successive, risultati essere oltre il 95%. I bambini candidati elettivamente all’osservazione, in linea con l’algoritmo PECARN, sono quelli valutati, sulla base dei predittori clinici, a rischio intermedio di lesione. Due studi condotti nel Nord-Europa, pubblicati sul British Medical Journal nel 2006 hanno comparato le due strategie – TC precoce vs osservazione – concludendo che non vi sono differenze in termini di esiti, in particolare guarigione, complicanze tardive e soddisfazione dei pazienti. L’unico vantaggio a favore dell’esecuzione della TC precoce è risultato essere quello economico, essendo più contenuti i costi per l’esame tomografico rispetto al ricovero. Limite di entrambi gli studi è l’aver valutato bambini con più di 6 anni – il che rende i risultati non estendibili a tutta l’età pediatrica – e soprattutto non aver 10 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA contemplato l’impatto dell’esposizione radiante tra le misure di “outcome”. Un recente studio (dicembre 2013) osservazionale prospettico, condotto da Schonfeld su una popolazione di 1381 bambini, 509 dei quali (37%) di età inferiore ai 2 anni, ha dimostrato che la strategia dell’osservazione clinica dà esito ad una riduzione della richiesta di TC nei bambini con trauma cranico minore, indipendentemente dalla categoria di rischio (definita secondo l’algoritmo PECARN) e che, tale riduzione, risulta essere direttamente proporzionale al periodo di osservazione (maggiore il periodo di osservazione – maggiore la riduzione delle richieste di TC), senza che si sia verificato un ritardo nella diagnosi di lesioni clinicamente rilevanti. Lo stesso studio, pur sollecitando la necessità di ulteriori ricerche per stabilire la durata del periodo ottimale di osservazione e sostanziare la sicurezza della strategia osservazionale, pone, nelle sue conclusioni, l’indicazione che le linee guida basate sull’evidenza includano l’osservazione clinica nell’algoritmo di trattamento dei bambini con trauma cranico minore, particolarmente in quelli a rischio intermedio. L’Accademia Americana di Pediatria ha incluso questa indicazione nelle 5 richieste dal programma “Choosing Wisely”, avviato negli USA dalla Fondazione ABIM (American Board of Internal Medical Foundation) ai fini di sensibilizzare i professionisti della Salute all’uso appropriato delle risorse sanitarie. Una ricerca condotta da Karpas nel 2013 ha inoltre mostrato che la scelta dell’osservazione clinica è anche in accordo con la preferenza dei genitori, opportunamente informati. Da ricordare infine che l’osservazione clinica è obbligatoria in due altre categorie di bambini con trauma cranico minore: quelli sottoposti a TC, con evidenza di lesione endocranica tale da non richiedere l’intervento neurochirurgico ma meritevole di monitoraggio clinico sul quale basare le decisioni successive; quelli sottoposti a TC precocemente per la presenza di predittori clinici di alto rischio, qualora l’esame risulti normale ma la sintomatologia clinica non si sia ancora risolta. Raccomandazioni • L’osservazione clinica rappresenta una strategia efficace nei bambini con trauma cranico minore a rischio intermedio di lesione stimabile attraverso l’algoritmo PECARN modificato. • Il setting pediatrico costituisce l’ambito ideale a condurre un’osservazione intensiva per 6-24 ore nei bambini con trauma cranico minore. ANNO 8 - numero 1 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica A BAMBINI < 2 aa GCS = 14 o Alterazione stato mentale* o Frattura palpabile della volta Sì TC RACCOMANDATA Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante 4.4% No Ematoma dello scalpo (O/P/T)§ o Pdc > 5s o Dinamica del trauma severa o Comportamento non abituale secondo i genitori 1) Osservazione clinica privilegiata Sì Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante 0.9% Nelle scelte decisionali intervengono anche: - Esperienza del medico che ha in carico il bambino - Preferenza dei genitori Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante < 0.02% No 2) TC raccomandata se - Segni/sintomi multipli vs reperti isolati - Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS Porre particolare attenzione nei b. di età < 3 m TC NON RACCOMANDATA * = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale; § = ematoma occipitale/parietale/temporale. B BAMBINI > 2 aa GCS = 14 o Alterazione stato mentale* o Segni di frattura della base Sì TC RACCOMANDATA Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante 4.3% No Pdc o Vomito o Dinamica del trauma severa o Cefalea ingravescente No 1) Osservazione clinica privilegiata Sì Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante 0.9% 2) TC raccomandata se - Segni/sintomi multipli vs reperti isolati - Peggioramento segni/sintomi durante l’osservazione in PS Nelle scelte decisionali intervengono anche: - Esperienza del medico che ha in carico il bambino - Preferenza dei genitori Rischio di lesione intracranica clinicamente rilevante < 0.05% TC NON RACCOMANDATA * = agitazione, sonnolenza, domande ripetitive, risposta rallentata nella comunicazione verbale, capo colpito da un oggetto ad alto impatto/alta energia Modificato da PECARN. Figura 1A e B. Algoritmo PECARN modificato per il calcolo dei rischi di lesione intracranica sulla base della presentazione clinica ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 11 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica • L’osservazione deve essere particolarmente ‘intensiva’ nelle prime 6 ore dopo il trauma e deve essere protratta fino ad almeno 4-6 ore dopo la completa stabilizzazione clinica. Indicazioni alla radiografia (RX) del cranio La TC è la metodica di imaging di riferimento in pazienti che potrebbero avere una frattura o una lesione intracranica post-traumatica. La RX del cranio è stata usata in passato come una componente fondamentale della valutazione strumentale dei bambini con trauma cranico. Secondo alcuni autori, quando la TC non fosse disponibile, la RX del cranio potrebbe fornire informazioni di screening, dato che il rischio relativo di lesione intracranica sarebbe molto aumentato in caso di frattura al punto da richiedere una successiva TC per valutare la presenza di lesioni intracraniche. I vantaggi attribuiti alla RX del cranio sono quelli di non richiedere sedazione ed esporre i bambini a dosi fino a 100 volte inferiori di radiazioni rispetto alla TC. Tuttavia, il valore della RX del cranio rimane ad oggi poco chiaro e per alcuni autori non raccomandato per l’incapacità di dare informazioni su possibili lesioni intracraniche post-traumatiche, dato che queste possono verificarsi anche in assenza di frattura cranica e che fratture sottili possono non essere visualizzate alla RX del cranio. Diversi studi sono stati pubblicati per esaminare l’accuratezza della RX del cranio come strumento diagnostico. La sensibilità riportata per qualsiasi tipo di frattura varia tra il 64% e il 99%. In letteratura è inoltre riportata una diffusa difficoltà all’interpretazione delle radiografie del cranio specialmente nei lattanti con falsi negativi quando la refertazione sia effettuata da personale non radiologico (sensibilità 76% specificità 84%) o non abituato a bambini, e falsi positivi per erronea interpretazione di suture o canali vascolari per fratture. Due studi più recenti hanno confrontato RX e TC ad alta risoluzione per le fratture craniche. La sensibilità per le fratture lineari è risultata essere dell’80% per entrambe le tecniche e la specificità 80% per la RX e 93% per la TC ad alta risoluzione. Per le fratture diastasate, utilizzando la RX è stata riportata una sensibilità pari al 42% e una specificità del 96%, mentre utilizzando la TC ad alta risoluzione la sensibilità è risultata essere del 75% e la specificità del 97%. Più recentemente, è stato riportato che la TC 3D ha un rate diagnostico superiore quando comparato alla RX a tal punto che gli autori del lavoro consi- 12 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA gliano esclusivamente l’uso della TC quando sia sospettata una frattura. Raccomandazioni • La radiografia del cranio non è raccomandata nel paziente con trauma cranico e sospetta frattura cranica o lesione intracranica. Indicazioni all’ecografia Un numero limitato di studi ha valutato l’ecografia come strumento utile nella diagnostica del trauma cranico con applicazioni di valore tecnico e scientifico ed applicabilità molto diversi tra loro. Ecografia per lo studio di emorragia intracranica post-traumatica Esistono solo reports aneddotici sull’uso dell’ecografia per la diagnosi di emorragia nel trauma cranico, che riportano come limite principale il fatto che l’esame sia ristretto al neonato e lattante fino a quando la fontanella anteriore risulti aperta e di dimensioni tali da consentirne l’esecuzione. Ma soprattutto l’ecografia si presenta come esame molto limitato per lo studio di ematomi extra assiali a carico delle aree vicino alla convessità del cranio perché questi possono rimanere nascosti e non visualizzabili dalla finestra trans-fontanellare. Pur riconoscendo che l’esame trans-fontanellare è di comune utilizzo dell’ambito neonatologico, seppur con finalità differenti, non è possibile, data l’assenza di dati in letteratura, trarre conclusioni a favore dell’uso di questa tecnica per neonati o lattanti molto piccoli con trauma cranico. Ecografia per lo studio delle fratture craniche La frattura cranica è il reperto patologico più comune dopo un trauma cranico nel bambino e, come già detto, nei pazienti con frattura cranica è riportato un incremento del rischio relativo di lesione intracranica. Negli ultimi anni, 6 studi hanno affrontato la diagnostica delle fratture craniche nel bambino mediante l’ecografia. Gli studi sono diversi per numerosità della popolazione studiata e per risultati conseguiti. Da un’analisi comparativa risulta una popolazione di 185 pazienti pediatrici totali studiati, con una sensibilità globale dell’ecografia nella diagnosi di frattura pari al 94% (una specificità al 96%). Tali soddisfacenti risultati, uniti alle considerazioni sulla rapidità d’esecuzione di tale esame, sulla non necessità di sedazione, sull’assenza di danno radiante fanno ipotizzare che l’ecografia ‘point of care’ ANNO 8 - numero 1 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica (o ‘bedside’) potrebbe essere utile come esame di screening per la conferma di sospetta frattura cranica, in particolare in setting senza possibilità di accesso immediato alla TC, negli ambulatori pediatrici o nei centri di primo soccorso. Le evidenze disponibili non sono ritenute però ancora sufficienti per introdurre tale esame nella pratica clinica, anche in considerazione della mancata standardizzazione delle tecniche di esecuzione. Ecografia trans-bulbare per lo studio del diametro del nervo ottico come indicatore di ipertensione endocranica L’ecografia bedside oculare (trans-bulbare) per misurare il diametro della guaina del nervo ottico è stata proposta come un sistema non invasivo per diagnosticare rapidamente l’ipertensione endocranica in Pronto Soccorso per i pazienti con trauma cranico. La letteratura recente riporta esperienze di utilizzo dell’ecografia trans-bulbare in età pediatrica per la diagnosi di ipertensione endocranica con una sensibilità fino all’83% e una specificità pari al 38%, ma solo poche case series sono dedicate al trauma cranico. Tali limitati risultati non permettono di dare indicazioni per l’utilizzo di tale esame nella pratica clinica. Raccomandazioni • L’utilizzo dell’ecografia trans-fontanellare per la diagnosi di emorragia intracranica post-traumatica non è raccomandato. • L’utilizzo dell’ecografia del cranio per la diagnosi di frattura della volta cranica non è raccomandato. • L’utilizzo dell’ecografia trans-bulbare per lo studio dell’ipertensione endocranica nel paziente pediatrico con trauma cranico non è raccomandato. Traumi cranici con fattori di rischio “speciali” La presenza di patologie concomitanti o di altri fattori personali di rischio rende più probabile la comparsa di un’emorragia intracranica e quindi impone un atteggiamento più cauto, sia per quel che riguarda l’invio in ospedale, sia nell’osservazione o l’esecuzione di esami radiologici, sia nella eventuale profilassi dell’emorragia. Le linee guida pubblicate non danno però criteri univoci di comportamento. Sono state perciò ricavate alcune indicazioni basate sull’evidenza disponibile. Coagulopatie e piastrinopenie immuni La presenza di una coagulopatia è un fattore predittivo di lesione intracranica. Un’analisi secondaria di bambini arruolati in uno studio del PECARN (che non tiene conto di eventuali trattamenti precoci per prevenire l’emorragia) ha mostrato che tra 230 soggetti con coagulopatie solo 2 (1%) hanno presentato un’emorragia intracranica ed entrambi avevano altri segni e sintomi di TBI che avrebbero fatto raccomandare l’esecuzione di neuroimmagini. Perciò l’esecuzione di una TC non è indispensabile nella valutazione dopo trauma cranico dei bambini con coagulopatia in assenza di segni e sintomi suggestivi di emorragia intracranica. Fanno eccezione i bambini in trattamento con warfarin nei quali è raccomandata una TC entro 8 ore dal trauma, indipendentemente dai sintomi presentati. Naturalmente in caso di piastrinopenia, emofilia e deficit di altri fattori della coagulazione, vanno prese le adeguate misure di prevenzione dell’emorragia in base alla patologia e all’entità del trauma, senza attendere l’eventuale esecuzione di una TC, ed è indispensabile un’attenta osservazione clinica (vedi tabella II). Derivazione ventricolare La presenza di una derivazione ventricolo peritoneale potrebbe costituire un fattore di rischio per Tabella II. Indicazioni per i pazienti affetti da Emofilia A e B Emofilia A LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE VIII Emofilia B LIVELLI DESIDERATI DI FATTORE IX 80-100 U/dl di fattore VIII per 1-7 giorni poi MANTENIMENTO: 50 U/dL per 8-21 giorni 60-80 U/dl di fattore IX per 1-7 giorni poi MANTENIMENTO: 30 U/dL per 8-21 giorni World Federation of Hemophilia (WFH). Guidelines for the management of hemophilia 2nd edition. 2012 ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 13 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica emorragie endocraniche in caso di trauma cranico minore perché provoca uno stiramento delle vene ponte e delle arterie corticali che aderiscono alla superficie interna della dura. Sono stati effettivamente descritti alcuni casi di emorragie endocraniche in pazienti con derivazioni ventricolari, che fanno consigliare in tali pazienti una più attenta osservazione. Un’altra analisi secondaria dei bambini arruolati in uno studio del PECARN, ha consentito di identificare 98 soggetti portatori di shunt ventricolare che avevano subito un trauma cranico minore, mostrando che la TC viene eseguita più frequentemente ma senza differenza nel riscontro di reperti radiologici rispetto ai controlli. Perciò i dati disponibili non indicano la necessità di un maggiore ricorso alla TC in caso di presenza di derivazione ventricolo-peritoneale. Raccomandazioni • La TC cerebrale non è indispensabile dopo un trauma cranico minore in bambini con coagulopatia in assenza di segni e sintomi predittivi di TBI (e non deve far ritardare l’eventuale trattamento), salvo nei pazienti in trattamento con warfarin in cui è raccomandata. • La TC cerebrale non è raccomandata dopo un trauma cranico minore in bambini portatori di derivazione ventricolo-peritoneali in assenza di segni e sintomi predittivi di TBI. • In entrambe le condizioni è fortemente raccomandata un’attenta osservazione clinica e, in caso di coagulopatia, vanno prese le adeguate misure di prevenzione dell’emorragia. Abbreviazioni: CDR = Clinical Decision Rules; GCS = Glasgow Coma Scale; TBI = Traumatic Brain Injury (Lesione intracranica); TC = Tomografia Computerizzata. CATCH: Canadian Assessment Tomography for Childhood Head Injury. CHALICE: Children Head Injury Algorithm for the prediction of Important Clinical Events. PECARN: Pediatric Emergency Care Applied Research Network. 14 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1 Raccomandazioni basate sulle evidenze della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza Pediatrica Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Atabaki SM, Stiell IG, Bazarian JJ, et al. A clinical decision rule for cranial computed tomography in minor pediatric head trauma. Arch Pediatr Adolesc Med 2008; 162 (5): 439-45. 8. Maguire JL, Boutis K, Uleryk EM, et al. Should a headinjured child receive a head CT Scan? A systematic review of clinical prediction rules. Pediatrics 2009; 124 (1): e145-54. 2. Da Dalt L, Marchi AG, Laudizi L, et al. Predictors of intracranial injuries in children after blunt head trauma. Eur J Ped 2006; 165 (3): 142-8. 9. 3. Dunning J, Daly JP, Lomas JP, et al. Derivation of the children’s head injury algorithm for the prediction of important clinical events decision rule for head injury in children. Arch Dis Child 2006; 91 (11): 885-91. Oman JA, Cooper RJ, Holmes JF, et al. Performance of a decision rule to predict need for computer tomography among children with blunt head trauma. Pediatrics 2006; 117 (2): e238-46. 4. 5. 6. 7. Greenes DS, Schutzman SA. Clinical significance of scalp abnormalities in asymptomatic headinjured infants. Pediatr Emerg Care 2001; 17 (2): 88 –92. Haydel MJ, Shembekar AD. Prediction of intracranial injury in children aged five years and older with loss of consciousness after minor head injury due to nontrivial mechanisms. Ann Emerg Med 2003; 42: 507–14. Kuppermann N, Holmes JF, Dayan PS, et al. Pediatric Emergency Care Applied Research Network (PECARN). Identification of children at very low risk of clinically-important brain injuries after head trauma: a prospective cohort study. Lancet 2009; 374 (9696): 1160-70. 10. Osmond MH, Klassen TP, Wells GA, et al; Pediatric Emergency Research Canada (PERC) Head Injury Study Group. CATCH: a clinical decision rule for the use of computed tomography in children with minor head injury. CMAJ 2010; 182 (4): 341-8. 11. Palchak MJ, Holmes JF, Vance CW, et al. A decision rule for identifying children at low risk for brain injures after blunt head trauma. Ann Em Med 2003; 42 (4): 492-506. 12. Pickering A, Harnan S, Fitzgerald P, et al. Clinical decision rules for children with minor head injury: a systematic review. Arch Dis Child 2011; 96 (5): 414-21. 13. Sun BC, Hoffman JR, Mower WR. Evaluation of a modified prediction instrument to identify significant pediatric intracranial injury after blunt head trauma. Ann Emerg Med 2007; 49 (3): 325–32, 332 e1. Lyttle MD, Crowe L, Oakley E, et al. Comparing CATCH, CHALICE and PECARN clinical decision rules for paediatric head injuries. Emerg Med J 2012; 29 (10): 785-94. ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 15 SCHEDE D’URGENZA Rachicentesi M.C. Diana, B. Tubino, S. Rosina, S. Renna DEA, IRCSS “G. Gaslini”, Genova Di cosa si tratta La rachicentesi o puntura lombare è una metodica finalizzata al prelievo di liquor cefalorachidiano mediante inserimento di un ago nello spazio subaracnoideo a livello lombare (Figura 1). Si tratta di una procedura per cui è richiesto il consenso informato. Cono midollare Cauda equina Filo terminale Indicazioni Si tratta di una metodica volta all’accertamento eziologico di infezioni del SNC primitive o secondarie (meningite, encefalite, sepsi), alla diagnosi di patologie infiammatorie del SNC (sclerosi multipla, Sindrome di Guillain-Barrè), neoplasie, malattie metaboliche, coinvolgimento del SNC da parte di leucemie. Da non dimenticare le finalità terapeutiche con cui la procedura può essere utilizzata (somministrazione intratecale di antibiotici/chemioterapici/anestetici oppure trattamento dello pseudotumor cerebri). Controindicazioni A) Assolute 1. Infezione nella sede del prelievo o nelle sue vicinanze; 2. Segni di aumento della pressione intracranica: grave compromissione della coscienza o suo rapido deterioramento/paralisi di nervi cranici/fontanella anteriore tesa/bradicardia, respiro irregolare/papilledema/anomalie dei riflessi oculocefalici; 16 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA III vertebra lombare Spazio subaracnoideo Dura madre Figura 1. Spazio subaracnoideo spinale 3. Anomalie della colonna nella regione lombosacrale B) Relative (prima di procedere a rachicentesi è necessario procedere a interventi terapeutici appropriati e/o ad ulteriori indagini diagnostiche). 1. Alterazioni della coagulazione (es. CID), piastrinopenia, utilizzo di farmaci anticoagulanti à correzione mirata del problema; ANNO 8 - numero 1 Rachicentesi 2. Instabilità cardiorespiratoria, sepsi, ipotensione, ipertensione arteriosa, rash purpurico in un paziente critico à stabilizzare prima il paziente; 3. Segni neurologici focali, crisi convulsive prolungate o focali, GCS < 8 à eseguire prima indagine di neuroimaging. L’eventuale controindicazione alla rachicentesi NON deve mai ritardare l’avvio del trattamento antibiotico quando indicato. Le moderne tecniche di biologia molecolare (PCR) su campioni di liquor consentono un’identificazione eziologica anche dopo avvio della terapia antibiotica. Precauzioni - Nel sospetto di ipertensione endocranica lo studio di neuroimmagini (TC o RM) deve precedere la rachicentesi. - Monitorizzare i segni vitali e la SaO2 nel corso della procedura. - Agire in piena sterilità. - Usare sempre aghi con mandrino. - Palpare i punti di repere accuratamente per prevenire una puntura sull’interspazio L2-L3 (sede del cono midollare). Materiale Tutto, eccetto la mascherina, deve essere sterile • Guanti, mascherina • Soluzione antisettica (a base di iodopovidone o di clorexidina) • Garze, tamponi • Panni o telo trasparente fenestrato • Ago spinale (con mandrino) da 22 gauge (più piccolo è il calibro, minore è il rischio di leakage liquorale) • Provette sterili con tappo • Bendaggio adesivo • Anestetico locale (EMLA/Ralydan) • Materiale per sedazione con Midazolam intranasale (MAD) Posizione del paziente (elemento fondamentale per la buona riuscita della procedura) a) Neonato: un assistente tiene fermo il neonato in decubito laterale con schiena in posizione flessa e nuca in posizione libera oppure lo mantiene in posizione seduta con colonna vertebrale flessa. Evitare la flessione del collo per non compromettere la pervietà delle vie aeree (Figura 2 e 3 A-B). Figura 2. Posizione del neonato ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 17 Rachicentesi Primo nervo lombare Cono midollare Filo terminale Cauda equina Primo nervo sacrale Dura madre Coccige Figura 3 A-B. Posizione del neonato b) Bambino/adolescente: posizionare il paziente in decubito laterale con la colonna vertebrale in asse con la superficie del letto e far assumere una posizione a cane di fucile (eventuale posizionamento di cuscino tra gi- nocchia e gomiti), far piegare la testa in avanti oppure far mettere il paziente seduto al bordo del letto con tronco flesso di modo che l’addome sia posto contro le cosce. È preferibile la posizione in decubito laterale per ridurre il rischio di cefalea post-procedurale (Figura 4). Tecnica 1. Identificare una linea immaginaria tesa tra le 2 creste iliache: essa corrisponde a L4 nell’adulto/L5 nel bambino/S1 nel neonato. Cercare lo spazio intervertebrale subito sotto (L4-L5) o sopra (L3-L4) tale linea. 2. Posizionare nella sede stabilita l’anestetico locale prescelto con bendaggio occlusivo, lasciare agire almeno 30-45 minuti. Controllare la comparsa di eventuali reazioni locali. 3. Sedare il paziente con Midazolam per via nasale mediante MAD 0.3-0.5 mg/kg (max 15 mg); la somministrazione va effettuata 40 minuti prima della procedura. 4. Posizionare adeguatamente il paziente. 5. Disinfettare la cute sino alle creste iliache con movimento centrifugo, asciugare con una garza sterile la sede della puntura. Figura 4. Puntura lombare: posizione dell’adulto 18 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1 Rachicentesi 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. Applicare sul campo della procedura telo sterile. Mantenere l’ago spinale in modo fermo. Tenere un dito sul processo vertebrale sopra l’interspazio per localizzare il sito della puntura se il paziente si muove. Inserire l’ago spinale nello spazio intervertebrale lungo la linea mediana, seguendo una direzione leggermente cefalica per evitare i corpi vertebrali (direzione postero-anteriore con inclinazione craniale di 10-20 gradi), mantenere il “becco di clarino” dell’ago cranialmente rispetto al paziente (per minimizzare il danno sul legamento giallo). A volte l’inserimento dell’ago può causare al paziente parestesie a livello delle gambe. Se si incontra resistenza, indietreggiare leggermente e ridirigere l’ago in posizione più craniale. Far avanzare l’ago lentamente fino ad attraversare l’epidermide e il derma. Appena si avverte il cambiamento di resistenza (passaggio attraverso legamento flavo e dura) fermarsi, rimuovere il mandrino e aspettare qualche secondo la fuoriuscita del liquor (che potrebbe essere lenta). Far defluire passivamente il liquor in modo sterile (evitare di toccare l’ago, far gocciolare il liquor nelle provette), mai aspirare con siringa. Anche piccole pressioni negative possono aumentare il rischio di emorragia subdurale o erniazione. Se non fuoriesce liquor ruotare l’ago per orientare diversamente la punta a “becco di flauto”, in caso di fallimento riposizionare il mandrino, estrarre l’ago sino al sottocute e ripetere la tecnica cambiando spazio intervertebrale. Se fuoriesce sangue attendere qualche minuto e riprovare il prelievo nello spazio vertebrale soprastante. Prelevato il liquor, inserire di nuovo il mandrino (per prevenire l’intrappolamento di radici nervose spinali nello spazio extradurale) e solo successivamente rimuovere l’ago. Mettere un bendaggio adesivo sul sito della puntura. nausea (secondari all’abbassamento di pressione del liquor cefalo-rachidiano per leakage di liquor attraverso il sito di puntura eccedente il tasso di produzione liquorale). La cefalea si manifesta fin nel 36,5% dei pazienti entro le 48 ore successive la rachicentesi. In questa fase il paziente può inoltre presentare dolore dorsale. Sono pertanto richiesti non solo l’attento monitoraggio dei parametri vitali e il mantenimento di un’adeguata idratazione (eventualmente somministrando fluidi per via endovenosa), ma anche la somministrazione di terapia antalgica ove necessaria (es. paracetamolo). Possibili complicanze peri-/post-procedurali 1. Reazione allergica all’anestetico locale. 2. Decompressione intracranica improvvisa con erniazione cerebellare. 3. Infezione: meningite da puntura lombare realizzata durante batteriemia (incidenza circa 0,2%), discite, ascesso corda spinale, ascesso epidurale, osteomielite vertebrale. 4. Sanguinamento: ematoma epidurale spinale, ematoma subaracnoideo spinale. 5. Tumore epidermoide intraspinale da tessuto epiteliale introdotto dentro il canale spinale. 6. Puntura della corda spinale e danno nervi (se puntura sopra L2). 7. Paralisi del VI nervo con conseguente diplopia (da eccessiva rimozione di liquor con conseguente trazione del nervo). 8. Deformità della colonna lombare secondaria a spondilite acuta. Assistenza al paziente dopo la procedura Dopo la rachicentesi è importante assicurarsi che il paziente venga tenuto in clinostasi per almeno due ore per evitare l’insorgenza di cefalea, vomito e/o ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 19 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza Percorsi interdisciplinari. Lo stato di male epilettico A. Palmieri1, S. Buratti2, P. Striano3, MP. Baglietto3, P. Di Pietro1, E. Piccotti1, C. Russo4, M. Marchi4, S. Renna1 1 DEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova Dipartimento Alta Intensità di Cure, IRCCS “G. Gaslini”, Genova 3 Dipartimento Neuroscienze, IRCCS “G. Gaslini”, Genova 4 Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli studi di Genova 2 La convulsione è sintomo di differenti affezioni che possono essere primitive ma anche secondarie a fattori genetici, traumatici, metabolici, infettivi, farmacologici e a patologie maligne. Una tale eterogeneità eziologica rende ragione delle difficoltà che si possono incontrare nell’area della Emergenza-Urgenza ove spesso viene gestito il paziente con evento convulsivo. Si tratta di controllare l’evento, stabilizzare il paziente e provvedere all’inquadramento causale. Peraltro il concetto di stabilizzazione assume una diversa articolazione operativa a seconda delle competenze in campo: territorio, ospedale di zona, DEA. Esperienza Dipartimento di Emergenza Istituto “G. Gaslini” Dal punto di vista epidemiologico la sintomatologia neurologica rappresenta, nella nostra realtà, la seconda tipologia di evento dopo la patologia respiratoria, in termini di accessi al nostro Pronto Soccorso. La destinazione dei pazienti con quadro convulsivo che giungono al pronto soccorso, una volta stabilizzati, è la seguente: • il 46% ricovero ordinario di cui: – il 45% in Medicina d’Urgenza (Reparto che con il Pronto Soccorso e l’Osservazione Breve Intensiva (OBI) costituisce il Dipartimento di Emergenza). – il 21% nel Dipartimento di Neuroscienze. – il 30% nei reparti clinici. – solo il 4% necessita di ricovero in UTI. 20 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA • il 54% non ricovero ordinario di cui: – il 39% viene ricoverato in OBI. – il 15% viene rinviato a domicilio. Un aspetto qualificante l’attività clinica di stabilizzazione, soprattutto nel settore della neurologia d’Urgenza, è la possibilità di operare in modo multidisciplinare. Varie figure quali pediatra d’urgenza, neurologo pediatra, neuroradiologo, rianimatore concorrono alla miglior gestione clinica. La medicina dell’evidenza richiede di favorire procedimenti clinici omogenei. I vari specialisti, ognuno per la propria parte, concorreranno a identificare percorsi così che l’approccio clinico, l’iter diagnostico e la fase terapeutica si susseguano in maniera armonica fino all’obiettivo finale (organizzazione per l’efficacia–effectiveness). Negli anni nel nostro Istituto, il Dipartimento di Emergenza ha creato rapporti di collaborazione con i colleghi neurologi, neuroradiologi, oculisti, rianimatori in vari settori della neurologia d’urgenza: le convulsioni febbrili, la cefalea, lo stroke. Ultimo esempio è la gestione dello stato di male epilettico concordato con i colleghi della Rianimazione Pediatrica e del Dipartimento di Neuroscienze. Lo stato di male epilettico (SE) rappresenta la più comune emergenza neurologica in età pediatrica con un’incidenza stimata in 10-20 casi per 100.000 bambini per anno. Non esiste una definizione universalmente accettata di stato di male epilettico, in particolare per quanto riguarda la durata delle mani- ANNO 8 - numero 1 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza festazioni cliniche (da 5 a 30 minuti). Il cut-off temporale (5-10 minuti) introdotto da alcuni AA. per definire lo SE può risultare appropriato se lo SE viene definito in relazione a quando è opportuno iniziare il trattamento. Peraltro una durata della crisi oltre i 30 minuti, indipendentemente dalla eziologia, è in grado di determinare un danno neuronale diretto e avere effetti sistemici che possono danneggiare il SNC. Una delle cause più frequenti è la convulsione febbrile prolungata generalmente associata a bassa mortalità e morbidità(1). Altre cause possono essere: un trauma cranico, alterazioni metaboliche, intossicazioni, infezioni e alterazioni cerebro-vascolari(2, 3). Nel 20-30% circa dei pazienti non viene individuata alcuna causa scatenante e questo è più frequente nei pazienti che già soffrono di epilessia(3, 4). Nel 50% dei casi uno SE accade in pazienti con storia di epilessia pre-esistente. Molto spesso è in atto una modificazione terapeutica o risultano sotto range i farmaci assunti. In altre situazioni, decisamente meno frequenti, lo stato di male può essere causato da ingestione di sostanze tossiche, abuso di droghe o, più comunemente, assunzione di farmaci prescritti per altre patologie e che possono alterare la funzione dell’antiepilettico in corso (ad es. salicilati, teofillina, isoniazide, calcio antagonisti). Gestione in Urgenza Il primo approccio in Pronto Soccorso al paziente in stato di male epilettico deve avere come obiettivo prioritario il contenimento della durata della crisi in modo da evitare il danno cerebrale con un perfetto sinergismo fra percorso terapeutico e diagnostico. Ad esempio, nello stato di male associato ad iperpiressia, piuttosto frequente nella pratica clinica in emergenza, immediata deve essere, già nelle prime fasi di stabilizzazione, l’esecuzione di esami utili all’orientamento diagnostico che consentirà anche l’adozione di terapie eziologiche. In circa il 15% di questi pazienti è diagnosticabile un’infezione del sistema nervoso centrale la cui sottovalutazione o misconoscimento correla con una elevata mortalità(3). Per quanto riguarda le neuroimmagini le linee guida dell’American Academy of Neurology per la valutazione del primo episodio di convulsioni non febbrili in età pediatrica prevedono neuroimaging urgente in tutti i bambini con deficit neurologici focali. È inoltre raccomandato neuroimaging (differibile) se: compromissione cognitiva o motoria di incerta eziologia, anormalità all’esame neurologico, reperti EEG anormali non riconducibili a sindromi benigne, convulsioni a esordio parziale, bambini di età inferiore all’anno. Si fa riferimento agli studi di Hsieh e Singh(3) per la descrizione dei più comuni reperti neuroradiologici e della sensibilità di CT e RM in questo contesto (Tabella I). Trattamento farmacologico Obiettivi principali della terapia di attacco sono: azione rapida, facilità di somministrazione, sicurezza in termini di depressione respiratoria e stabilità emodinamica. Alla luce di ciò, nella nostra realtà abbiamo condiviso ed elaborato un percorso che parte dal primo momento dell’arrivo in Pronto Soccorso in maniera così articolata: 1. paziente senza accesso venoso: somministrare Midazolam buccale alla posologia di 0,5 mg/Kg (indicata somministrazione anche in fase preospedaliera: pdf-118); Tabella I. Aspetti operativi in corso di SE Assicurare la pervietà delle vie aeree e somministrare O2. Monitoraggio ECG, SatO2, FR, FC. Accesso venoso. Dextrostick. Analisi: emogasanalisi, emocromo, PCR, profilo coagulativo, CPK, LDH, AST, ALT, azotemia, creatinina, elettroliti (compresi calcio e magnesio), glicemia. Dosaggio dei farmaci antiepilettici (se indicato). Avviare indagini eziologiche secondo anamnesi ed eventuali analisi tossicologiche (conservare campione di sangue). Monitorare e trattare l’acidosi, l’ipovolemia, le alterazioni ioniche e metaboliche, l’ipertermia. Secondo accesso venoso appena possibile. ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 21 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza 2. se è presente un accesso venoso si somministra Midazolam ev alla dose di 0,2 mg/Kg; 3. dopo 5 minuti, sempre se c’è persistenza della crisi, seconda somministrazione di Midazolam ev alla stessa posologia. NOTA - non somministrare più di 2 dosi di benzodiazepine in totale. - se il paziente ha meno di 2 aa somministrare Piridossina: bolo da 200 mg (dopo le benzodiazepine le convulsioni piridossina dipendenti si risolvono in 10-60 minuti). Nel frattempo verranno eseguite le indagini ematochimiche urgenti contestualmente a quelle che suggerirà l’anamnesi. La ulteriore persistenza del quadro epilettico richiederà l’utilizzo di Levetiracetam ev alla posologia 30 mg/Kg (max 4 gg) in 15 minuti (è un farmaco che si può somministrare in tempi brevi, non ha effetti sedativi, non interferisce con l’emodinamica, non utilizzabile nei nefropatici). In accordo con il collega neurologo va attivata la registrazione EEG e programmata risonanza encefalo (RM) in urgenza una volta stabilizzata la crisi. L’utilizzo ulteriore di farmaci in caso di mancata risposta clinica deve tener conto di alcuni fattori limitanti: a. patologie epatiche, renali, porfiria; b. aritmie (BAV II); c. quadri vascolari gravi con grave ipotensione; d. quadri neurologici particolari: stato mioclonico; e. utilizzo di farmaci attivi sul citocromo P450 specie in pazienti già in terapia anticonvulsiva (interferenza farmacologica). Il paziente dal suo arrivo è totalmente monitorato e tutti gli specialisti sono allertati, come il collega rianimatore, o già presenti a fianco del Pediatra d’Urgenza come il neurologo con cui si condividerà la scelta farmacologica con cui procedere. I farmaci da utilizzare sono: • Fenitoina alla posologia di 15-20 mg/Kg (max 1 g) in 30 minuti a. diluizione con fisiologica 10 mg/ml – vena di grosso calibro (rischio flebite) – monitoraggio ECG e PA • Fenobarbitale: 20 mg/Kg (max 1 g) in 30 minuti a. monitoraggio funzione respiratoria e PA • Acido valproico 30 mg/Kg (max 1,5 g) in 15 minuti à1-2 mg/Kg/h (se indicato dall’evoluzione clinica) a. no se patologia metabolica/epatopatia. 22 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA È a questo punto che i vari specialisti, valutate le condizioni cliniche e neurologiche, valutano il ricovero in Unità di terapia Intensiva pediatrica. In tabella II vengono riportati i farmaci citati, nella figura 1 l’algoritmo dello stato epilettico e in tabella III le interazioni farmacologiche da tener presente. Il trattamento dello stato di male in terapia intensiva Il trattamento in terapia intensiva (TI) dello stato epilettico è indicato nel caso di mancata risposta a farmaci di primo e secondo livello (SE refrattario) o nel caso di complicanze sistemiche quali instabilità emodinamica e depressione respiratoria. Gli obiettivi principali in questo ambito sono: il supporto ventilatorio e cardiovascolare; il monitoraggio emodinamico avanzato; il monitoraggio continuo EEG; il trattamento farmacologico delle convulsioni e delle complicanze sistemiche. Supporto e monitoraggio in terapia intensiva Il supporto ventilatorio è indispensabile quando lo stato epilettico e/o l’uso di farmaci sedativo-ipnotici compromettono la pervietà delle vie aeree, la ventilazione e la stabilità emodinamica. L’attività convulsiva prolungata altera in modo significativo l’emodinamica e l’autoregolazione cerebrale(5). È di primaria importanza quindi la prevenzione dell’ipotensione e dell’ipossiemia mediante il supporto ventilatorio, il monitoraggio dei livelli dei farmaci antiepilettici e l’uso di agenti inotropi. L’elettroencefalogramma in continuo, o in alternativa, l’amplitude-integrated EEG (aEEG), rappresentano uno strumento indispensabile per il monitoraggio della risposta alla strategia terapeutica in atto nei casi di SE refrattario trattato con farmaci anestetici. L’EEG permette di diagnosticare stato di male non convulsivo in almeno un terzo dei pazienti in TI(6). Complicanze sistemiche Gli effetti sistemici delle convulsioni prolungate contribuiscono in modo significativo alla morbilità e alla mortalità dello SE(7). La prevenzione, il riconoscimento precoce e il trattamento specifico delle complicanze sistemiche devono avvenire contemporaneamente al trattamento dello SE. Le complicanze più frequenti e gravi sono: ipossia e acidosi respiratoria, acidosi metabolica, ipoglicemia, ANNO 8 - numero 1 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza Tabella II. Farmaci stato epilettico MIDAZOLAM BUCCALE (IPNOVEL) Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3ml Fiala da 5 mg in siringa da insulina (1ml): 0.5 ml (6-12 mesi) – 1 ml (1-4 anni) Fiala da 15 mg in siringa da 5 ml senza diluire: 1.5 ml (5-9 anni) – 2 ml (> 10 anni) MIDAZOLAM BUCCALE (BUCCOLAM) Siringhe preriempite 2,5 mg Siringhe preriempite 5 mg Siringhe preriempite 7.5 mg Siringhe preriempite 10 mg 2.5 mg 5 mg 7.5 mg 10 mg da 3 a 6 mesi contesto ospedaliero da 1 anno a < 5 anni da 5 anni a < 10 anni da 10 anni a < 18 anni 0.5 mg/kg MAX 10 mg 2.5 mg da > 6 mesi a < 1 anno 0.5 mg/kg MAX 10 mg MIDAZOLAM ENDOVENOSO (IPNOVEL) Fiale da 5 mg/ml e 15 mg/3 ml Paz. < 10 kg Fiala da 5 mg a 10 ml di SF: 0.5 mg/ml Paz. > 10 kg Fiala da 15 mg a 10 ml SF: 1.5 mg/ml Somministrazione lenta, 1-2 minuti. 0.2 mg/kg MAX 5 mg LEVETIRACETAM (KEPPRA) Fiale da 500 mg/5 ml Non diluire. Somministrare a 5 mg/Kg/min. Cautela se compromissione della funzione renale. 30 mg/kg MAX 3 g FENITOINA (AURANTIN) Fiale da 250 mg/5 ml Una fiala a 50 ml SF: 5 mg/ml (non usare sol. con glucosio!) Usare via di infusione indipendente (se possibile vaso di grosso calibro). MAX 50 mg/min: se risoluzione, continuare infusione a 25 mg/min. Monitorare ECG e pressione arteriosa. Controindicazioni: stato mioclonico, patologia cardiovascolare, BAV II grado, ipotensione grave. Cautela se insufficienza epatica o renale. Controllo livello ematico 15 minuti dopo fine infusione (20-30 mcg/ml). 15 mg/kg ACIDO VALPROICO (DEPAKIN) Polvere e solvente da 400 mg/4 ml Somministrare a 5 mg/kg/min. Controindicazioni: patologie epatiche o metaboliche, coagulopatie. Indicato se fenitoina e fenobarbitale sono controindicati (es. reazioni allergiche, progressive myoclonus epilepsy). Aumentare dose ac. valproico a 40 mg/kg se altri farmaci induttori P450: carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale, o se già in trattamento con ac. valproico. 20 mg/kg FENOBARBITALE Fiale da 100 mg/ml. Diluire 1:10 con acqua per soluzioni iniettabili Somministrare a 2 mg/Kg/min. MAX 60 mg/min Controindicazioni: ipersensibilità, porfiria, grave insufficienza epatica. 20 mg/kg MANTENIMENTO e LIVELLI EMATICI TARGET (controllo ogni 24-48 ore) Fenitoina 6 mg/kg/die ev in 2 somm. (10-20 mcg/ml) Acido valproico 20 mg/kg/die ev in 2 somm. (50-100 mcg/ml) Levetiracetam 40 mg/kg/die ev in 2 somm. Fenobarbitale 5 mg/kg/die ev in 2 somm. (30-40 mcg/ml) ipertensione ed edema polmonare, ipertermia, alterazioni della coagulazione, squilibri idroelettrolitici, rabdomiolisi, insufficienza renale, edema cerebrale e disfunzione d’organo multipla. Lo SE può indurre una condizione di edema del parenchima cerebrale, ma non esistono studi dimostranti l’utilità di una terapia antiedemigena (ad es. mannitolo, salina ipertonica)(8, 9). La curarizzazione è indicata in caso di ipertermia, contrazioni tonico-cloniche prolungate, rabdomiolisi. ANNO 8 - numero 1 Trattamento farmacologico Dal 10 al 40% dei casi le convulsioni non sono controllate da farmaci antiepilettici di primo e secondo livello (SE refrattario)(10, 11). L’anestesia generale permette una rapida soppressione del metabolismo cerebrale e la prevenzione del danno neuronale. La maggior parte dei protocolli indica una durata del coma farmacologico di 24-48 ore(5, 12, 13) l’induzione di burst suppression sembra essere correlata ad un minor rischio di ricorrenza durante il weaning rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 23 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza MIDAZOLAM BUCCALE all’ingresso Sat O2 ECG dextrostick Vena periferica (quando possibile ottenere secondo accesso vesnoso) Se accesso venoso presente all’ingresso Se persiste ABC Ossigenazione, protezione vie aeree, eventuale intubazione sostegno emodinamico Dopo 5 minuti – appena disponibile accesso venoso MIDAZOLAM EV Se persiste 2 dosi totali ev di benzodiazepine compreso territorio Dopo 5 minuti ripetere dose MIDAZOLAM EV Indagini: emogasanalisi emocromo coagulazione elettroliti, Ca, Mg AST ALT GGT CPK LDH bilirubina creatinina azotemia Se persiste Dopo 5 minuti LEVETIRACETAM EV Attivazione EEG Se persiste Dopo 10 minuti FENITOINA EV oppure ACIDO VALPROICO EV (secondo indicazione del neurologo) Livelli AEDs se in terapia Se indicato: es. tossicologici emocoltura liquor in età neonatale e fino a 1 anno di età PIRIDOSSINA bolo 200 mg ev Se persiste Attivazione RM urgente se primo episodio di SE Conservare campione di sangue (tappo rosso) Dopo 5 minuti FENOBARBITALE EV TRASFERIMENTO IN TERAPIA INTENSIVA Figura 1. Algoritmo dello stato epilettico Nota: in pazienti in terapia con anticonvulsivanti vedere programma individuale o consultare neurologo. Tabella III. Interazioni farmacologiche Fenitoina/lidocaina: effetto proaritmico Fenitoina/acido valproico: competizione con legame proteico Acido valproico/fenitoina/barbiturici/carbamazepina/ketamina: induzione enzima P450 farmacologico(12, 14). In ambito pediatrico le evidenze cliniche o le linee guida al riguardo sono limitate(11, 15). I farmaci comunemente utilizzati nel bambino e nell’adulto con dose di induzione e infusione continua sono il tiopentone sodico, il midazolam e il propofol. Non sono disponibili trial clinici randomizzati che supportino la scelta di una particolare strategia farmacologica, ma solo studi retrospettivi e dati anedottici(11-20). Il midazolam con un bolo iniziale di 0.1-0.5 mg/kg (massimo 10 mg) seguito dall’infusione con- 24 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA tinua di 0.2-2 mg/kg/h è efficace per la risoluzione dello stato di male refrattario nella maggior parte dei bambini (71-100%). Gli effetti collaterali sono minimi e la mortalità è inferiore rispetto agli altri farmaci utilizzati per indurre il coma farmacologico, ma il rischio di ricorrenza è elevato(11, 15, 20, 21). I barbiturici come il tiopentale (bolo iniziale di 3-5 mg/kg, infusione di 1-5 mg/kg/h) dovrebbero assicurare la risoluzione dell’attività convulsiva clinica ed elettroencefalografica (74-100% casi), con una inci- ANNO 8 - numero 1 Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza denza inferiore di breakthrough seizures e ricorrenza durante il weaning rispetto al midazolam, ma sono associati ad un rischio importante di instabilità emodinamica(14, 15, 18). L’utilizzo del propofol non è raccomandato nei bambini per l’elevato rischio di “sindrome da infusione di propofol” (i.e. rabdomiolisi, acidosi metabolica, insufficienza renale, bradicardia refrattaria, arresto cardiocircolatorio)(11, 22). Molte opzioni terapeutiche ri- portate in letteratura e valutabili caso per caso sono il topiramato, la ketamina, il valproato di sodio in infusione continua, la lidocaina, l’ipotermia, il fenobarbitale ad alte dosi, gli alogenati (isofluorano), le terapie immunomodulanti e la dieta chetogenica(11, 17, 23, 24). Dopo la risoluzione dello SE è essenziale continuare il monitoraggio EEG per 24 ore dopo la sospensione dei farmaci sedativi per diagnosticare l’eventuale ricorrenza dell’attività parossistica. Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Novorol CL, Chin RF, Scott RC. Outcome of convulsive status epilepticus: a review. Arch Dis Child 2007; 92 (11): 948-51. 2. Ito M, Nagai T, Mizoguchi H, et al. 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Gandullia U.O.C Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS G.Gaslini, Genova Definizione La pancreatite acuta (PA) è caratterizzata sul piano clinico dal sintomo di dolore cui corrispondono all’imaging alterazioni del tessuto pancreatico e alla sierologia un aumento degli enzimi pancreatici; il danno istologico, nella maggior parte dei casi reversibile, è contraddistinto dalla presenza di edema interstiziale associato in grado variabile a necrosi tissutale, apoptosi ed emorragia. La pancreatite cronica si associa a dolore di intensità variabile e a manifestazioni cliniche correlate a una compromissione della capacità esocrina ed endocrina. La pancreatite è ricorrente quando si manifesta due o più volte. Lo scopo di questa trattazione è quello di fornire le conoscenze basilari per la diagnosi e il trattamento della PA in pediatria. Fisiopatologia Il processo fisiopatologico che determina la PA rimane poco chiaro; attualmente è convinzione comune che, nonostante l’eterogeneità etiologica, l’infiammazione sia conseguenza dell’attivazione di un comune meccanismo d’azione(5). Modelli sperimentali dimostrano che uno o più insulti alla cellula acinare pancreatica possono innescare segnali intracellulari Ca++-dipendenti, con attivazione intra-acinare delle proteasi e produzione di citochine. Incidenza I più recenti studi riportano un’incidenza variabile tra 26 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA 3,6 e 13,2 casi ogni 100.000 bambini ogni anno. Studi epidemiologici italiani per la popolazione pediatrica non sono disponibili, anche se è in corso la raccolta dei casi di pancreatite nell’ambito di un registro coordinato dalla Società di Gastroenterologia, Epatologia, Nutrizione Pediatrica (SIGENP) che nel 2009 ha pubblicato la Consensus sulle patologie infiammatorie pancreatiche acute e croniche(1). Diagnosi Poiché non è possibile ottenere un campione bioptico del processo infiammatorio pancreatico, la PA è diagnosticata secondo criteri clinici, biochimici e radiologici. La definizione clinica accettata per la diagnosi di pancreatite acuta richiede la presenza simultanea di almeno 2 dei 3 criteri sotto riportati: 1. dolore addominale acuto, invalidante, costante in sede epigastrica e sovra ombelicale; 2. aumento di amilasi o lipasi o di entrambi gli enzimi di almeno 3 volte il limite di normalità; 3. evidenza di alterazioni del parenchima pancreatico all’imaging. Questi criteri, approvati nel 1992 in una Consensus Conference ad Atlanta(2) e codificati per la popolazione adulta, sono stati applicati nella pratica clinica pediatrica; tuttavia, è recente convinzione che variabili come età, comorbidità e altri fattori condizionino la presentazione clinica e le alterazioni biochimiche ed ecografiche osservate in età pediatrica(1, 3, 4). ANNO 8 - numero 1 La pancreatite acuta in pediatria Sintomatologia Il dolore addominale è un criterio clinico per la definizione diagnostica di PA, tuttavia esso può mancare in un numero considerevole di pazienti ed è fortemente influenzabile dall’età del paziente; nei bambini < 3 anni d’età meno di un bambino su tre lamenta dolore addominale, al contrario possono presentare irritabilità senza altri sintomi. La sede del dolore tipicamente è epigastrica, ma raramente è presente irradiazione al dorso. Il secondo sintomo più comune è la nausea con o senza vomito (dal 40% all’80% dei casi), che talvolta può essere biliare (20% dei casi). Altri sintomi possono essere distensione addominale, ittero, ascite, versamento pleurico; alla palpazione dell’addome può essere anche rivelata la presenza di massa addominale (pseudocisti), seppur con incidenze variabili a seconda dello studio in esame(5). Laboratorio Il dosaggio di amilasi e lipasi viene eseguito per la diagnosi e il monitoraggio del decorso della PA. Convenzionalmente, sono considerate indicative di PA valori tre volte il limite della norma. Tuttavia, è necessario conoscere le variazioni in base all’età dei livelli sierologici degli enzimi pancreatici nella popolazione pediatrica: le isoamilasi pancreatiche sono relativamente basse alla nascita e raggiungono i livelli rilevati nell’adulto a 10-15 anni di età; le lipasi invece raggiungono i valori dell’adulto a un anno di età. Questo è stato rilevato anche da recenti studi condotti su bambini < 2 anni con PA, che presentavano valori patologici per lipasi pressoché nel 100% dei casi, mentre presentavano valori elevati di amilasi tra il 40% e il 60% a seconda dello studio(3, 6). Inoltre, le amilasi e le lipasi hanno emivita differente: per esempio, la sensibilità dell’amilasi pancreatica tra il 2° e 4° giorno dall’inizio della sintomatologia dolorosa scende al di sotto del 30%, mentre la lipasi (e con essa l’elastasi, non comunemente dosata) conservano una sensibilità > 80%; per questo motivo in età pediatrica si raccomanda di dosare entrambi gli enzimi(1, 4). Appare chiaro quindi che la diagnosi di PA non dovrebbe dipendere da un valore patologico, arbitrariamente assegnato a un aumento di 3 o n volte degli enzimi, ma il valore dovrebbe essere interpretato in base all’età e al tempo trascorso dall’esordio del dolore. È importante infine considerare nell’ambito della diagnosi differenziale condizioni cliniche che possono causare un aumento non pancreatitico di amilasi, di lipasi, o di entrambe(5): alcune di queste sono condizioni patologiche a carico di altri organi (un qualsiasi interessamento a carico del polmone, delle ghiandole salivari, dell’ovaio o della prostata può determinare ANNO 8 - numero 1 aumento sierico delle amilasi, mentre un’esofagite può innalzare i livelli di lipasi), altre sono condizioni benigne senza alcun significato clinico (macroenzimemie per polimerizzazione dell’enzima con altre proteine, in genere immunoglobuline, e ostacolo alla filtrazione del glomerulo). Radiologia Poiché i criteri clinici e biochimici sono soggetti a limitazioni come sopra riportato, l’imaging gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi della pancreatite acuta anche e soprattutto in età pediatrica. L’ecografia addominale è il gold standard nella valutazione del parenchima pancreatico ed è anche più sensibile rispetto alla Tomografia Computerizzata (TC) nella diagnosi di pancreatite biliare(7); l’ecografia inoltre permette di differenziare la PA da altre cause di addome acuto (intussuscezione, volvolo, appendicite che può anche causare aumento non pancreatico di amilasi o lipasi). I principali reperti ecotomografici sono rappresentati da alterazioni a carico del parenchima pancreatico (iperecogenicità pancreatica, edema, necrosi) e da raccolte fluide peripancreatiche e pseudo cisti. Tuttavia, molti studi riportano che solo il 30-50% dei bambini sottoposti a ecografia presentava evidenza di pancreatite(5). La TC non è generalmente indicata all’esordio, considerando anche che la completa estensione della necrosi pancreatica/peripancreatica può essere evidente dopo 72h dall’esordio; la TC è utilizzata se la diagnosi ecografica non è chiara o nel caso l’organo non sia visualizzabile; nel follow-up di una PA può essere necessario eseguirla(5, 8). È consigliabile invece, nel bambino, eseguire la TC in prima battuta nei seguenti casi(1, 9): 1. storia di grave trauma addominale; 2. stadiazione della pancreatite acuta severa; 3. determinazione e quantificazione delle complicanze. Spesso le indagini biochimiche e radiologiche non chiariscono l’eziologia della pancreatite, pertanto, superata la fase acuta, è necessario sottoporre il paziente a indagini volte a escludere anomalie morfologiche biliopancreatiche. Questi esami sono rappresentati dalla colangio-pancreatografia endoscopica retrograda (CPRE) e dalla colangiopancreatografia in RM. Stadiazione e classificazione Al fine di uniformare il concetto di pancreatite severa, sono stati recentemente revisionati i criteri di Atlanta(11), che prevedono una classificazione in due rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 27 La pancreatite acuta in pediatria categorie anatomo-patologiche e, in base alla severità del quadro clinico, in tre gradi: Pancreatite acuta con edema interstiziale: caratterizzata da infiammazione del parenchima pancreatico e del tessuto peripancreatico, senza segni riconducibili a necrosi tissutale. Pancreatite acuta necrotizzante: caratterizzata dalla presenza di necrosi del parenchima o del tessuto peripancreatico. Pancreatite Acuta Lieve: caratterizzata dall’assenza di insufficienza d’organo e da complicanze sistemiche o locali. Pancreatite Acuta Moderata: caratterizzata da transitoria insufficienza d’organo (< 48h) e/o complicanze locali. Pancreatite Acuta Severa: persistenza di insufficienza d’organo che può coinvolgere uno o più organi. Tuttavia, gli score proposti nella letteratura dell’adulto, che contengono indici predittivi multifattoriali (score di Ranson, Glasgow, Balthazar, Atlanta), non risultano applicabili in ambito pediatrico. Nel 2002 è stato invece proposto il primo sistema a punti utilizzabile in ambito pediatrico (< 16 anni), costruito retrospettivamente selezionando i parametri che hanno significativamente permesso di distinguere una forma di gravità media da una di gravità severa (un episodio è stato considerato severo se soddisfatti retrospettivamente i criteri di Atlanta). Il punteggio ≤ 2 indica il ricovero nel reparto di degenza mentre il punteggio ≥ 3 richiede il ricovero in Terapia Intensiva. A 48h, se lo score dovesse risultare ≤ 2, il paziente potrebbe essere ritrasferito presso il reparto di degenza (Tabella I). La sensibilità di questo punteggio è risultata essere migliore rispetto agli altri score disponibili con un miglior valore predittivo negativo; tuttavia, questo score non è stato validato da altri gruppi né da studi prospettici. Eziologia Nell’adulto la maggior parte delle pancreatiti è determinata dalla tossicità alcoolica o dalla presenza Tabella I. Classificazione di gravità della pancreatite acuta secondo i criteri di De Banto Punteggio Criterio all’ammissione Criterio a 48h 1 Età < 7 anni Calcio < 8.3 mg/dl (4.1 mEq/l) 2 Peso < 23 Kg Albumina < 2.6 g/dl 3 Globuli bianchi > 18.500/mm3 Sequestro liquidi > 75 ml/ kg/48h 4 LDH > 2000 U/l Incremento Azotemia > 5 mg/dl Criteri di De Banto et al.(12) 28 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA di calcoli biliari. In età pediatrica l’eziologia è molto diversa; in base ai dati disponibili, le principali classi di patologia che determinano pancreatite acuta in età pediatrica sono le seguenti(5): Patologia Biliare 10-30% Iatrogena < 25% Idiopatica 13-34% Patologia Sistemica 33% Trauma 10-40% Patologia Infettiva < 10% Patologia Metabolica 2-7% Pancreatite 5-8% Ereditaria Nei lattanti e nei bambini < 2 anni l’eziologia è sovrapponibile a quella per le altre classi d’età pediatrica(4, 6). Patologia Biliare Comprende sia la patologia ostruttiva (presenza di calcolo o fango biliare) sia la patologia malformativa (pancreas divisum 2,9%, disfunzione dello sfintere di Oddi 1,4%, malformazioni della giunzione biliopancreatica, cisti del coledoco, malattia di Caroli). La maggior parte delle linee guida raccomanda la rimozione del calcolo biliare mediante CPRE se si ha persistenza dell’occlusione per 2-3 giorni, o sviluppo di colangite, o ancora peggioramento del quadro pancreatitico(1, 13, 14-16) . In paziente con colelitiasi è indicata colecistectomia, entro le due settimane e non oltre le 4(16, 17). Pancreatite iatrogena farmaco-indotta. I principali farmaci responsabili di tossicità pancreatica (seppur i meccanismi rimangano non chiari) sono: acido valproico, L-asparaginasi, Prednisone, 6-mercaptopurina(5). Altri farmaci per cui è stata segnalata tossicità pancreatica sono: azatioprina, enalapril, eritromicina, estrogeni, furosemide, metil-Dopa, pentamidina, tetracicline, tiazide, sulindac, sulfonamidi, propofol. Patologia Sistemica Le principali patologie(20) più comunemente associate a pancreatite acuta sono la sepsi, lo shock con o senza sepsi, la sindrome emolitico-uremica, il lupus eritematoso sistemico. Altre patologie o condizioni cliniche per le quali è stata riportata la possibilità di determinare un danno pancreatico, seppur in percentuale minore, sono l’ulcera peptica, la malattia di Kawasaki, il morbo di Crohn, altre collagenopatie o vasculiti (porpora di Schoenlein-Henoch, Panarterite Nodosa), l’emocromatosi, il trapianto d’organo (midollo osseo, fegato, cuore, polmone, farmacoindotta), le patologie neoplastiche (tumori cerebrali, leucemia linfatica acuta, leucemia mieloide acuta) e l’insufficienza renale. ANNO 8 - numero 1 La pancreatite acuta in pediatria Patologia Traumatica È opportuno considerare in questa categoria anche i maltrattamenti oltre al trauma accidentale (per esempio da manubrio di bicicletta). Patologia Infettiva È difficile determinare quando vi sia una relazione causale tra infezione e pancreatite(5, 20); i principali patogeni associati a pancreatite sono i seguenti: virus della parotite, HAV, HBV, HCV, rotavirus, HEV, CMV, varicella, mycoplasma pneumoniae, moraxella catarrhalis, adenovirus, coxsackie (B4), virus influenza A e B, rosolia, ascaridiasi. Patologia Metabolica Le principali patologie di origine metaboliche che possono causare pancreatite sono la chetoacidosi diabetica, la s. da rialimentazione, le displipidemie, l’ipercalcemia, le organicoacidurie e la metilmalonicoacidemia(1). I pazienti con pancreatite causata da patologia metabolica, più frequentemente rispetto ad altre classi vanno incontro a pancreatite ricorrente(6, 20). Patologia Ereditaria Attualmente sono tre i geni identificati come responsabili di pancreatite ereditaria(1, 5): PRSS1, con trasmissione autosomica dominante, codificante per il tripsinogeno cationico presente nel succo pancreatico; SPINK1, con trasmissione autosomica dominante, codificante per l’inibitore delle secrezione di tripsina; CFTR, gene resposabile della Fibrosi Cistica trasmesso con modalità autosomica recessiva, che diluisce ed alcalinizza la secrezione pancreatica impedendone l’ostruzione. Complicanze I criteri di Atlanta(2) forniscono una classificazione per quello che riguarda le complicanze di una pancreatite acuta nella popolazione adulta(22), le quali si dividono in complicanze locali e sistemiche: Complicanze locali Raccolta fluida acuta, peripancreatica: si forma rapidamente, nelle prime fasi del processo infiammatorio, e manca di una capsula fibrosa; Pseudocisti pancreatica: si forma tardivamente (in media 4 settimane dopo l’esordio) ed è dotata di capsula fibrosa; Ascessi pancreatici e sovrainfezione: si tratta di un’infezione del tessuto pancreatico infiammatico/necrotico, con possibile raccolta localizzata di materiale purulento; ANNO 8 - numero 1 Necrosi pancreatica: area necrotica diffusa o focale di parenchima pancreatico, associata o meno a necrosi del grasso peripancreatico. Complicanze Sistemiche Vascolari peripancreatiche: trombosi della vena spancnica, pseudo aneurisma, emorragia gastrointestinale, sindrome compartimentale addominale. Respiratorie: insufficienza respiratoria acuta, con SaO2 persistentemente < 90% con una PaO2 < 60 mmHg; Renali: insufficienza renale acuta con creatinina sierica > 2 mg/dl Cardiache: scompenso cardiaco/shock con pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg Emocoagulative: disordini coagulativi con piastrine < 100.000/mm3 o fibrinogeno < 100 mg/dl Disturbi metabolici: iperglicemia, ipocalcemia (< 1.87 mmol/l), iperlattacidemia (> 5 mmol/l) Terapia Al momento non sono disponibili linee guida codificate e approvate per l’età pediatrica. Le seguenti indicazioni terapeutiche sono validate per la popolazione adulta e ogni indicazione terapeutica in ambito pediatrica non è evidence-based, ma solo maturata dall’esperienza clinica degli autori e delle società scientifiche(1). Monitoraggio Nelle prime ore dall’esordio della sintomatologia è fondamentale il monitoraggio continuo delle seguenti funzioni vitali del paziente(22): 1. Frequenza Respiratoria (FR) e Saturazione percutanea O2; l’ipossia può essere causata da atelettasia, pneumotorace, versamenti pleurici, shunt intrapolmonari, sindrome da distress respiratorio; 2. Pressione Arteriosa, Frequenza Cardiaca (FC); 3. Bilancio di urine e liquidi(8); 4. Glicemia e Glicosuria; la glicemia dovrebbe essere controllata ogni ora nei pazienti con pancreatite severa e con evidenza di iperglicemia (> 180-200 mg/dl), per il rischio aumentato di infezioni. L’iperglicemia può essere causata da sovraccarico di glucosio durante la nutrizione parenterale, ridotta produzione di insulina, aumentata gluconeogenesi e ridotto utilizzo del glucosio; 5. Controllo seriato di emoglobina (Hb), ematocrito (Htc), ionogramma (con Mg), albumina, indici di funzionalità epatobiliare e renale, coagulazione; Gli ioni dovrebbero essere controllati frequentemente per rischio di ipocalcemia e ipomagnesemia; rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 29 La pancreatite acuta in pediatria Supporto nutrizionale. Il supporto nutrizionale (alimentazione orale, nutrizione parenterale e nutrizione enterale) si può applicare in base alla gravità clinica del quadro: • Pancreatiti severe: supporto nutrizionale artificiale con la nutrizione enterale o parenterale; • Pancreatiti lievi moderate; non esiste accordo unanime sui criteri per la ripresa dell’alimentazione; il criterio più accettato è rappresentato dalla scomparsa di dolore, vomito e ileo paralitico(8), unitamente a un valore di amilasi < 500 U/l. Recentemente, è stato dimostrato che una nutrizione mediante sondino naso-digiunale produce uno stimolo minimo alla secrezione pancreatica esocrina(15, 17), riduce significativamente la mortalità, il rischio di insufficienza multiorgano, le infezioni sistemiche e la necessità di chirurgia(22). Antibiotici In letteratura non sono presenti studi randomizzati multicentrici sull’utilizzo di antibiotici in corso di PA nella popolazione pediatrica; nella popolazione adulta emerge un’evidenza conclusiva sull’utilizzo di antibiotici che sembrano ridurre il rischio di infezione locale e sistemica, considerato che 1/3 delle necrosi si infetta e che 1/5 delle PA sviluppa un’infezione extrapancreatica (polmone, tratto urinario)(15, 25). Il 75% delle infezioni è monomicrobica con organismi di derivazione viscerale (Kleibsiella, Pseudomonas, Enterococco); la scelta dell’antibiotico dovrebbe quindi ricadere, empiricamente, su antibiotici attivi su questi agenti microbici. Piperacillina/Tazobactam e.v. 100 mg/kg ogni 8h (max 4 g/dose); Ciprofloxacina e.v. 15 mg/kg ogni 12h (max 400 mg/dose); Meropenem 20 mg/kg ogni 8h (max 1 g/dose); Nelle forme gravi è consigliabile inserire anche: Metronidazolo 10 mg/kg ogni 8h (max 500 mg/ dose). Le infezioni fungine sono infrequenti, complicando circa il 9% delle necrosi pancreatiche. Se c’è evidenza di infezione, è consigliato il trattamento con Fluconazolo(22) al dosaggio di 6-12 mg/kg/die. Antiproteasici/Antisecretori Non esistono revisioni sistematiche né tantomeno studi multicentrici randomizzati in letteratura sull’utilizzo di queste classi di farmaci in età pediatrica, ma solamente case reports, peraltro in pazienti con condizioni cliniche particolari(29, 30); non esistono quindi studi di qualità sufficiente per ricavare evidenze applicabili in campo clinico. Nell’adulto, invece, sono pre- 30 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA senti dati che dimostrano come il Gabesato Mesilato riduca significativamente l’incidenza di complicanze che portano all’intervento chirurgico(26), la mortalità nelle forme moderate-severe(27). Controversi e discordanti sono anche i dati sull’utilizzo di Octreotide. Idratazione Nelle prime 48h è consigliabile mantenere un’idratazione di mantenimento con soluzione elettrolitica bilanciata, isosmolare, o Ringer Lattato e monitorare la diuresi e i parametri vitali. Nel caso di emoconcentrazione, il rischio di sviluppare una pancreatite necrotizzante aumenta(31), mentre una correzione della volemia nelle prime fasi della PA migliora mortalità e morbilità(8, 32-34). Dopo le 48h, in base alle condizioni cliniche del bambino, bisogna valutare se sospendere la fluidoterapia in favore di un’alimentazione o di un supplemento nutrizionale artificiale. In caso di ipercalcemia non utilizzare il Ringer Lattato. Terapia Antalgica La terapia antalgica è fondamentale per la prognosi in quanto il dolore induce aumento del consumo di O2, del catabolismo e dell’instabilità cardiocircolatoria Dolore lieve: 1° Scelta PARACETAMOLO e.v. 15 mg/kg x 4/die (7,5 mg/kg x 4/die se < 10 Kg o < 6 mesi) Non utilizzare in caso di interessamento epatico (ipertransaminemiia e/o iperbilirubinemia) per rischio di sovradosaggio relativo. 2° Scelta METAMIZOLO e.v. 20-30 mg/kg fino a 4 volte/ die (non utilizzare sotto ai 4 mesi) Dolore moderato: 1° Scelta TRAMADOLO e.v. 1.5 mg/kg x 4 volte/die (infusione lenta in 20’), oppure 0,1-0.25 mg/kg/h in infusione continua (utilizzare con cautela nei bambini < 1 anno Non superare i 100 mg/bolo e i 6 mg/kg/die) 2° Scelta Associazione di TRAMADOLO (risparmio di oppioidi) con: METAMIZOLO oppure KETOROLAC 0.5 mg/kg x 3 volte/die (non più di 3 giorni) Dolore grave (o non responsivo a TRAMADOLO): 1° Scelta MEPERIDINA 0.8-1 mg/kg ogni 2-3 ore. È stato dimostrato che ha meno effetto sullo sfintere di Oddi rispetto alla Morfina, anche se non ci sono evidenze che la morfina possa aggravare pancreatite o colecistite(35). 2° Scelta MORFINA bolo: 0.1 mg/kg ogni 4 ore, oppure infusione continua 0.03 mg/kg/h ANNO 8 - numero 1 La pancreatite acuta in pediatria Terapia Endoscopica e Chirurgica Esiste un consensus generale sull’importanza di effettuare una CPRE nella pancreatite biliare(36): l’esecuzione precoce (entro 72h) con rimozione del calcolo riduce in modo significativo le complicanze(37,38). La chirurgia della pancreatite, sempre meno necessaria, è indicata nel drenaggio che può essere chirurgico o TC-guidato, in caso di versamento peripancreatico. 3. 4. 5. Discussione e Proposta di Protocollo Diagnostico-Terapeutico In base a queste poche evidenze scientifiche, talvolta contrastanti, e con le scarse scelte terapeutiche a disposizione, gli autori propongono, sulla base della loro esperienza clinica, un protocollo diagnostico-terapeutico per la gestione della PA nella popolazione pediatrica. 6. 7. 8. 1. Esecuzione esami ematici: esame emocromocitometrico, VES, PCR, glicemia, azotemia, creatinine mia, ionogramma compresso P, ph Venoso, albumina, proteine totali, elettroforesi delle siero proteine, AST, ALT, gGT, bilirubina totale e frazionata, fosfatasi alcalina, amilasi, lipasi, triglie ridi, PT, PTT, fibrinogeno, antitrombina III, CK, LDH, esame urine. 2. Valutazione radiologica di 1° livello con esecuzione di Eco Addome (per ricerca di dilatazione del coledoco, calcolosi o sabbia delle vie biliari, dilatazione-calcolosi del Wirsung, calcificazioni del pancreas, edema o zone emorragico-necrotiche del pancreas, cisti pancreatiche, versamenti peritoneali o peripancreatici), Rx torace (per esclusione di versamenti pleurici), Rx Addome a vuoto (per ricerca di immagini radio-opache da calcoli vie biliari o pancreatiche, livelli idro-aerei, anse sentinella). In caso di pancreas non visualizzato all’ecotomografia, o dubbi diagnostici, o eziologia traumatica, effettuare TC addome superiore con mezzo di contrasto. Digiuno assoluto per le prime 48h, quindi possibilità di riavviare l’alimentazione per via orale/enterale in caso di paziente asintomatico ed amilasi < 500 U/l. Posizionamento di due accessi venosi stabili. Protezione gastrica con Inibitore di Pompa Protonica con Omeprazolo 1 mg/kg/die. Se c’è presenza di vomito, mantenere Sondino Naso Gastrico e somministrare Ondasetrion alla dose di 0.2 mg/kg/dose, ripetibile ogni 8h. Valutare in base alle condizioni cliniche, biochimiche e radiologiche l’eventuale terapia antibiotica. Con un quadro di pancreatite di grado moderatosevero, è auspicabile effettuare un tentativo con farmaci antiproteasici ed antisecretori, sebbene non ci siano sufficienti dati per supportare questa scelta: • Octreotide e.v. su vena dedicata: bolo in un’ora di 2 μg/kg; successivamente drip in infusione continua 1 μ/kg/h (che può essere aumentato a 2); • Gabesato mesilato e.v. su vena dedicata: sono fl da 100 mg da ricostituire con solvente annesso; dopo ricostituzione diluire il tutto in 170 ml di SG 5% ed infondere in drip in infusione continua. Non esiste accordo su dose pediatrica; nell’adulto si somministrano fino a 900 mg/die; in un bambino di 20 kg è consigliabile somministrare 100 mg x 3 (1fl ogni 8h in infusione continua). Per pesi intermedi regolarsi in maniera proporzionale in quanto non è noto il dosaggio. Effetti collaterali possibili: flebiti, shock, ipotensione. Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. 2. 3. 4. Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologie e Nutrizione Pediatrica (SIGENP), Consensus sulle patologie infiammatorie pancreatiche acute e croniche. 2009. Area Qualità s.r.l. Bradley EL 3rd. A Critically based classification system for acute pancreatitis. Summary of the international Symposium on Acute Pancreatitis, Atlanta, GA, September 11 through 13, 1992. Arch Surg 1993; 128: 586-90. Kandula L, Lowe ME. Etiology and outcome of acute pancreatitis in infants and toddlers. J Pediatrics 2008; 152: 106-10. Lowe ME, Greer JB. Pancreatitis in children and adolescents. Curr Gastroenterol Rep 2008; 10: 128-35. ANNO 8 - numero 1 5. 6. 7. 8. Bai et al. What we have learned about pancreatitis in children? JPGN 2011; 52: 262–270. Park AJ, Latif SU, Ahmad MU et al. 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Pediatria, Asti Introduzione I bambini condotti in Pronto Soccorso (PS) per vomito ripetuto, eventualmente associato a diarrea, possono rappresentare una sfida per il pediatra urgentista, in particolare se le condizioni generali sono scadenti e vi sono segni di shock: le diagnosi differenziali da prendere in considerazione sono numerose e tra di esse, recentemente, sta assumendo sempre maggior rilievo anche la forma acuta della Food ProteinInduced Enterocolitis Syndrome (FPIES). La FPIES è una forma emergente di allergia ad alimenti non-IgE mediata responsabile di quadri clinici anche molto severi, ben nota in ambito allergologico ma ancora poco considerata dal pediatra di PS. Riportiamo due casi a diversa presentazione, il primo nella sua manifestazione acuta severa “classica” e il secondo a espressione clinica di minor gravità, entrambi riconosciuti dopo multipli episodi acuti e diversi accessi in PS. Caso 1 N., maschio sano italiano, 7 mesi, nutrito con latte formulato esclusivo dalla nascita, condotto in PS per un abbondante vomito a getto, coliche intense e diarrea (due evacuazioni) seguite da pallore intenso e letargia, a distanza di circa 3 ore dall’introduzione del primo pasto di svezzamento (di cui peraltro aveva assunto pochi cucchiaini). All’ingresso in PS: shock ipovolemico con intenso pallore e letargia, FC 220 bpm, FR 60 atti/min, SatO2 95% in aa, temperatura 35 °C. Agli ematochimici: aci- ANNO 8 - numero 1 dosi metabolica (pH 7,1; BE -18) e leucocitosi neutrofila (GB 34.750, neutrofili 23.520); elettroliti, glicemia, prove emogeniche, funzionalità epatica e renale ed esame delle urine: tutti nella norma. Ecografia dell’addome negativa; eseguiti coprocoltura, urocoltura ed emocoltura (in seguito risultati tutti negativi). N. è trattato con boli di soluzione fisiologica e.v. e terapia con ceftriaxone con miglioramento clinico dopo alcune ore, e dopo la stabilizzazione viene ricoverato. Nel corso del ricovero, emocromo ed EGA si normalizzano. N. è dimesso in nona giornata con l’indicazione a proseguire per qualche giorno la dieta con formula delattosata iniziata in reparto, addizionandola a domicilio con crema di riso. A casa ne assume pochi ml, poi la rifiuta e a distanza di circa 2 ore presenta un vomito e 3 evacuazioni diarroiche ed è ricondotto in PS. All’ingresso appare un poco abbattuto; FC 155 bpm, SatO2 97% in aa; lieve acidosi metabolica compensata all’EGA. È dimesso dal PS con diagnosi di “lieve recidiva di gastroenterite acuta” e prescrizione di soluzione reidratante orale, oltre all’indicazione a proseguire con la formula delattosata con la crema di riso, che però la madre non aggiunge nel dubbio che il latte così addizionato risulti meno digeribile. Nei giorni successivi è reintrodotta la formula abituale ed è ripreso lo svezzamento. Dopo circa 1 ora dal pasto, di cui N. assume pochi cucchiaini, compaiono vomito profuso per 1 ora e mezza, pallore intenso e persistente, iporeattività e letargia, pertanto il bambino è nuovamente condotto in PS. rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 33 Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso All’ingresso: condizioni generali discrete, lieve iporeattività, pallore, temperatura 36 °C, FC 158 bpm, addome trattabile, appena dolorabile alla palpazione profonda, mucose appena asciutte. SatO2 98% in aa. Agli ematochimici: acidosi metabolica compensata (pH 7,4; EB -8), emocromo, elettroliti, funzionalità epatica e renale, glicemia, lattato e ammoniemia tutti nella norma. Si intraprende idratazione e.v. con pronto miglioramento, quindi N. viene ricoverato con diagnosi di gastroenterite con disidratazione e dieta con una formula delattosata con aggiunta di crema di riso. Al raccordo anamnestico emerge, tuttavia, che tutti gli episodi sembrano correlati all’introduzione nella dieta di alimenti diversi dal latte formulato (con o senza lattosio), che è stato sempre assunto e tollerato anche nell’intervallo tra gli episodi acuti, e nel dubbio di allergia alimentare viene richiesta una consulenza allergologica e somministrato il solo latte delattosato. I prick-by-prick (PBP) e le sIgE per riso (presente nel secondo pasto trigger) e per tutti gli alimenti contenuti nei due pasti di divezzamento (patata, carota, pollo, agnello), sono negativi. I test di provocazione orale (TPO) eseguiti separatamente per ogni alimento risultano tutti negativi tranne per il riso, la cui assunzione causa vomito a getto, pianto acuto, indi ridotta reattività e intenso pallore in presenza di acidosi metabolica (pH 7,25; BE -8), leucocitosi neutrofila e lieve piastrinosi; elettroliti, glicemia, coagulazione, funzionalità epatica e renale tutti nella norma. Sono somministrati cortisonico e soluzione fisiologica e.v., con risoluzione della reazione dopo circa 1 ora. Viene pertanto posta diagnosi di FPIES da riso. Caso 2 W., maschio sano marocchino, 7 mesi, allattato al seno e svezzato a 5 mesi e mezzo, condotto in PS per vomito profuso, diarrea e iporeattività in apiressia. Posta la diagnosi di disidratazione in corso di gastroenterite acuta, W. viene reidratato con soluzione fisiologica e.v., con rapido e progressivo miglioramento delle condizioni generali. Tre ore dopo l’arrivo in PS, si alimenta al seno senza vomitare ed è dimesso in benessere dopo 48 ore. Due giorni dopo le dimissioni, ritorna in PS per analoga sintomatologia, è nuovamente idratato per via parenterale, con rapido miglioramento delle condizioni generali, e dimesso con diagnosi di gastroenterite acuta, terapia con probiotici e dieta povera di grassi. Due mesi dopo, W. giunge per la terza volta in PS per vomito profuso, diarrea e iporeattività insorti al ritorno da un soggiorno in Marocco, con risoluzione della sintomatologia dopo poche ore di reidratazione 34 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA parenterale. Altri sette episodi analoghi si ripetono con cadenza mensile, con numerosi accessi in diversi PS. In più occasioni vengono eseguiti esami delle feci (ricerca del sangue occulto, coprocoltura, ricerca di Rotavirus e Adenovirus ed esame parassitologico), sempre negativi. In occasione dell’ultimo accesso in PS, un’anamnesi personale accurata evidenzia che il primo episodio si era verificato 2 ore dopo la prima introduzione diretta di proteine del latte vaccino (PLV) nella dieta sotto forma di Parmigiano e che i successivi episodi erano sempre comparsi a distanza di 2-3 ore dall’assunzione di latte o derivati, ogni qualvolta la madre provava a reintrodurli nella dieta a distanza dall’episodio di “gastroenterite”; pertanto è posto il sospetto di allergia alle PLV. I PBP e le sIgE per PLV sono negativi, ma il TPO è positivo, con comparsa di vomito ripetuto, diarrea e lieve iporeattività a distanza di 2 ore e mezza dall’assunzione dell’ultima dose di latte. Gli esami ematochimici mostrano acidosi metabolica con iponatremia, leucocitosi neutrofila e piastrinosi. Viene pertanto posta la diagnosi di FPIES da PLV. Discussione La FPIES è una forma di allergia alimentare non IgEmediata, responsabile di quadri clinici anche molto severi, che esordisce generalmente nel primo anno di vita (anche se è possibile l’esordio nelle età successive) e la cui diagnosi è spesso posta con notevole ritardo, sia perché poco conosciuta, sia perché pone problemi di diagnosi differenziale con altre patologie (allergiche e non), tipiche di questa fascia d’età(1-5). Le forme di FPIES di maggior interesse per l’urgentista pediatrico sono quelle a esordio acuto (75%). In particolare, la forma acuta neonatale può mimare sepsi, NEC, malattia di Hirschprung; la forma acuta del lattante entra in diagnosi differenziale con l’anafilassi, con i vari tipi di shock e con patologie chirurgiche, quali volvolo e invaginazione intestinale. Le forme acute di minor gravità sono spesso interpretate come gastroenteriti di origine infettiva (Tabella I). I sintomi acuti compaiono in media dopo 1-3 ore dall’assunzione dell’alimento trigger e l’esordio avviene generalmente alla prima o alla seconda introduzione diretta dell’alimento nella dieta. I sintomi dominanti nelle forme acute più gravi sono il vomito ripetuto e profuso, cui si associano pallore cutaneo intenso e persistente, ipotonia e letargia, e talora ipotermia (25%), ipotensione (15%) e shock. La diarrea è incostante. Nel neonato prevalgono la diarrea ematica, la letargia e la distensione addomi- ANNO 8 - numero 1 Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso nale con possibile presenza di gas intramurale all’Rx addome. Possono essere presenti acidosi metabolica con metaemoglobinemia transitoria, piastrinosi e leucocitosi neutrofila, talora iponatriemia(1). La terapia di primo livello è quella dello shock e consiste nella rapida somministrazione di boli di soluzione fisiologica di 20 ml/kg. Adrenalina e corticosteroidi non sono controindicati, tuttavia non sembra che la loro somministrazione influenzi significativamente l’outcome del paziente(6). Mancano sempre i sintomi cutanei e respiratori acuti tipici delle forme IgE-mediate e caratteristicamente vi è rapida restitutio ad integrum a poche ore dall’esordio, qualora sia rimosso l’alimento trigger e sia praticata la terapia reidratante. È descritta anche una forma cronica, caratterizzata da vomito intermittente, diarrea mucoematica con distensione dell’addome e scarso accrescimento, accompagnati nei casi più severi da letargia e disidratazione fino allo shock. Qualora l’alimento sospettato sia eliminato dalla dieta e poi reintrodotto a breve distanza di tempo, si manifestano sempre sintomi acuti (acute-on-chronic form). L’eziopatogenesi non è completamente chiarita, ma sembra coinvolta la produzione a livello intestinale di citochine proinfiammatorie da parte di cloni T linfocitari allergene-specifici stimolati da proteine alimentari(3). I test allergologici specifici sono classicamente negativi(7), ma sono segnalate forme atipiche IgEpositive; il TPO può essere utilizzato per la conferma diagnostica(8, 9). Gli allergeni più frequentemente implicati sono il latte vaccino e la soia(4) oltre a una serie sempre più ampia di alimenti solidi(6-10), tra cui il riso, spesso responsabile delle reazioni più gravi, per dosi-soglia di alimento anche molto basse(10, 11). Gli altri cibi solidi più spesso implicati sono pesce, pollame, legumi e cereali (avena, frumento, orzo, mais); alcuni pazienti possono reagire a più di un alimento(6, 7, 11). È importante che i pediatri di PS conoscano la FPIES per non tardare il corretto inquadramento del paziente ed evitare di sottoporlo a terapie o manovre inutilmente invasive. In uno studio australiano, su 35 bambini che avevano sperimentato 66 episodi di FPIES, soltanto in 2/19 dei casi che erano giunti in PS la diagnosi alla dimissione era corretta; nel 34% di essi furono eseguite indagini radiologiche addominali, nel 22% fu richiesta una consulenza chirurgica e nel 28% furono eseguite indagini volte ad escludere la sepsi(5). Dei 141 episodi di FPIES in 42 pazienti della nostra casistica, 36 (25,5%) hanno avuto un accesso in PS. Su questi è stata posta la diagnosi di FPIES solo in 2/36 dei casi (5,5%) al primo episodio e in 1/36 (2,78%) al ANNO 8 - numero 1 Tabella I. Principali patologie con cui la forma acuta di FPIES può essere posta in diagnosi differenziale Gastroenterite virale Tossinfezioni alimentari Sepsi Anafilassi Difetti congeniti del metabolismo Metemoglobinemia congenita Disturbi cardiologici e neurologici Malattia da reflusso gastroesofageo Enterocolite necrotizzante (NEC) Proctocolite Enteropatia indotta da proteine alimentari Gastroenteropatie eosinofile secondo episodio, mentre in 33/36 (91,67%) il sospetto diagnostico di FPIES è stato posto in PS oltre il quinto episodio. Le altre diagnosi poste in precedenza sono state di gastroenterite acuta (16/36), allergia alimentare (9/36), NEC (3/36), sepsi (1/36), lipotimia (1/36), inalazione (1/36), subocclusione (1/36), GERD (1/36). In altri sei casi un paziente con FPIES nota è giunto in PS per reazione a un nuovo alimento trigger e la diagnosi è stata posta al primo episodio in 4/6 (66,67%). Conclusioni I pediatri urgentisti devono includere la FPIES nella diagnosi differenziale del lattante con vomito acuto e/o shock, per ridurre il ritardo diagnostico e il rischio di riesposizione all’alimento-trigger con reazioni progressivamente più gravi. La terapia della forma acuta consiste nella rapida reidratazione parenterale. rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 35 Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. 2. 3. 4. 5. Leonard SA, Nowak-Wegrzyn A. Food protein-induced enterocolitis syndrome: an update on natural history and review of management. Ann Allergy Asthma Immunol 2011; 107: 95-101. Leoanard SA, Nowak-Wegrzyn A. Manifestations, diagnosis and management of Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome. Pediatric Annals 2013; 42: 135-40. Caubet JC, Nowak-Wegrzyn A. Current understanding of the immune mechanisms of food protein-induced enterocolitis syndrome. Expert Rev Clin Immunol 2011; 7: 317-27. Katz Y, Goldberg MR, Rajuan N, et al. The prevalence and natural course of food protein-induced enterocolitis syndrome to cow’s milk: a large-scale, prospective population-based study. J Allergy Clin Immunol 2011; 127: 647-53. Mehr S, Kakakios A, Frith K, et al. Food protein-induced enterocolitis syndrome: 16-year experience. Pediatrics 2009; 123: e459-64. 36 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA 6. Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syndrome: clinical perspectives. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2000; 30 Suppl: S45-9. 7. Nowak-Wegrzyn A, Sampson HA, Wood RA, et al. Food protein-induced enterocolitis syndrome caused by solid food proteins. Pediatrics 2003; 111: 829-35. 8. Hwang JB, Sohn SM, Kim AS. Prospective follow-up oral food challenge in food protein-induced enterocolitis syndrome. Arch Dis Child 2009; 94: 425-8. 9. Sicherer SH. Food protein-induced enterocolitis syndrome: case presentations and management lessons. J Allergy Clin Immunol 2005; 115: 149-56. 10. Nowak-Wegrzyn A, Muraro A. Food protein-induced enterocolitis syndrome. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2009; 9: 371-7. 11. Mehr SS, Kakakio AM, Kemp AS. Rice: a common and severe cause of food protein-induced enetrocolitis syndrome. Arch Dis Child 2009; 94: 220-3. ANNO 8 - numero 1 SCHEDE D’URGENZA Vademecum del chirurgo SIMEUP Le suture base S. Norbedo1, M.G. Scarpa2, M. Gasperini3 1 Pediatra, Pronto Soccorso IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste 2 Chirurgo pediatra, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste 3 OSS Pronto Soccorso, IRCCS “Burlo Garofolo”, Trieste Trattamento delle ferite Il trattamento delle ferite prevede vari step che si suddividono in una valutazione iniziale della ferita, nel trattamento del dolore causato dalla ferita e dalla sutura. Valutazione della ferita Per valutare correttamente una ferita è necessario: • lavare abbondantemente la ferita con disinfettante (es. clorexidina per le ferite del cavo orale) evitando il betadine o l’acqua ossigenata poiché lesiva per i tessuti; • esplorare la ferita escludendo l’interessamento di strutture quali tendini, nervi o vasi. Nel caso in cui queste lesioni siano presenti, chiamare lo specialista; • valutare la profondità della ferita, la regolarità dei margini e l’eventuale perdita di sostanza; • escludere la presenza di corpi estranei interni alla ferita (ad esempio frammenti di cemento nelle cadute sull’asfalto o di parti di vetro) e lavare abbondantemente irrigando con soluzione fisiologica. La ferita da morso va esplorata con attenzione ed è per definizione una ferita sporca, soprattutto se morso umano. Generalmente questa tipologia di ferita non dovrebbe essere suturata, né trattata con colla. Nei casi in cui sia estesa o in sedi in cui la guarigione per seconda intenzione sarebbe poco estetica, si consiglia di applicare punti staccati. ANNO 8 - numero 1 Nel caso in cui una ferita si caratterizzi per dei margini cutanei irregolari come nel caso di ferite lacero-contuse, è necessario effettuare una revisione chirurgica dei margini al fine di poter effettuare un preciso accostamento degli stessi ed eliminare tessuto necrotico o devitalizzato. Il rischio è quello di avere una non corretta guarigione della ferita soprattutto in termini estetici. Il dolore In caso di dolore riferito pari o superiore a sei al triage e/o in caso di ferita profonda ed estesa, è necessario somministrare un antidolorifico per os al fine di ridurre non solo il dolore ma anche l’agitazione del bambino e quindi renderlo più compliante. La compliance di genitori e bambini durante l’esecuzione della sutura diventa rilevante ai fini della corretta esecuzione della stessa per cui, in alcuni casi, è possibile associare un ansiolitico (quale ad esempio il midazolam per via endonasale a 0,2-0,8 mg/kg oppure il protossido d’azoto al 50%). Il dolore da sutura può essere ridotto con l’iniezione topica di una caina quale la carbocaina o l’applicazione di gel anestetici. • L’iniezione in sé è chiaramente dolorosa e l’anestetico determina bruciore locale iniziale ma, per contro, è decisamente rapida. L’anestetico solitamente viene iniettato uscendo con l’ago dalla ferita. Il bruciore può essere ridotto sia premendo con un dito sulla zona di iniezione rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 37 Vademecum del chirurgo SIMEUP seguendo l’ago in direzione dell’uscita dalla cute, sia diluendo la caina con il bicarbonato. • L’applicazione di gel anestetico richiede maggior tempo per raggiungere l’effetto anestetico ma evita il dolore da iniezione ed il bruciore successivo. Attualmente tra i gel anestetici presenti in commercio o prodotti da alcune farmacie ospedaliere il più utilizzato è il LAT. Il LAT è costituito da adrenalina, tetracaina e lidocaina. Questo gel va posizionato sulla ferita ed in particolare sui margini, almeno 40 minuti prima della sutura e, nel caso in cui non venga coperta la ferita con una pellicola quale il Tegaderm, va rabboccato circa ogni 15 minuti. L’eccezione all’uso di tale gel sono le zone scarsamente irrorate per il rischio di necrosi, quali le dita in sede distale, la punta del naso e le orecchie. Sutura della ferita Sutura chimica L’utilizzo del filo per suturare non è mandatario. Nelle ferite cutanee superficiali a margini netti solitamente, al fine di evitare l’anestesia locale, tempistiche allungate e stress per bambini e genitori, si può preferire l’utilizzo di collanti quali Dermabond® oppure l’Indermil®, a base di cianoacrilato. La caratteristica principale delle colle è di avere una presa molto rapida, solitamente inferiore al minuto ma di mantenere l’adesione dei margini per 7-10 gg, tempo in cui avviene solitamente la guarigione della ferita stessa. Si tratta di molecole estremamente biocompatibili, con scarsa reattività tissutale. La polimerizzazione avviene anche a contatto con i liquidi e consente di sintetizzare ferite lunghe. Sutura con filo 1. Ago Ogni ago è costituito da una punta, da un corpo e da una coda. Punta: la punta di un ago può essere triangolare, come negli aghi che penetrano tessuti più resistenti quali la cute oppure rotonda come negli aghi che penetrano tessuti di organi quali il fegato al fine di non lacerare i tessuti. Corpo: anche il corpo dell’ago può essere triangolare, tondo o quadrato e si può presentare di forma recurvata o retta. Solitamente la curvatura dell’ago più utilizzata per aghi da cute è quella di 3/8 di cerchio, meno usata è la 5/8, la 1/4 ed il mezzo cerchio che vengono scelte rispettivamente per chirurgia urologica e oftalmica. 38 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Coda: tutti i fili di sutura utilizzati in PS posseggono il filo in continuità con la coda dell’ago. Questo tipo di ago viene definito atraumatico. 2. Filo di sutura I fili di sutura solitamente utilizzati in chirurgia si differenziano in fili riassorbibili e fili non riassorbibili, a monofilamento od intrecciati. La scelta del filo dovrà essere eseguita in base alla sede della ferita (volto od altro distretto, in sedi di trazione o meno ecc.) ed alla necessità di eseguire dei punti esterni o interni. In seguito verranno elencati i fili più comuni in commercio e di alcuni le caratteristiche proprie. Fili riassorbibili monofilamento: 1. Poliglecaprone (Monocryl®) 2. Polidiossanone (PDS®) 3. Poligliconato (Maxon®) • Monocryl ®: il poliglecaprone è un monofilamento riassorbibile usato per suturare la cute. Si caratterizza per un rapido assorbimento, ridotta capillarità e reattività ed ottima tenuta iniziale del nodo (a distanza la tenuta non è ottimale, 30% a 14 gg). Il tempo di assorbimento del filo è tra i 90 e i 120 gg. Gli altri due fili riassorbibili monofilamento indicati sono utilizzati solitamente per le suture profonde o del sottocute e hanno caratteristica di lunga tenuta, lento riassorbimento ma minor maneggevolezza e non sono indicati per suture superficiali. I fili riassorbibili a filo intrecciato più comunemente usati sono: 1. Poliglactina 910 (Vicryl®) - (Caprosyn®) 2. Lactomero (Polisorb®) • Vicryl®: è un filo di origine sintetica solitamente utilizzato per suturare il sottocute o le mucose (ad es. l’interno delle labbra e la bocca) e per le suture profonde grazie alla sua buona resistenza tensile; ha una buona tenuta pari a circa 32 gg e tempo di riassorbimento di 50-70 gg. Il Vicryl® esiste anche nella forma Rapid che si caratterizza per una tenuta più breve (14 gg) ed un tempo di assorbimento di 50 gg. Tra i fili non riassorbibili possiamo scegliere tra quelli sintetici e quelli meno utilizzati di origine naturale e nuovamente tra mono e polifilamenti: Fili intrecciati 1. Seta 2. Lino 3. Mersilene o Dacron 4. Goretex ANNO 8 - numero 1 Vademecum del chirurgo SIMEUP Fili non intrecciati o monofilamenti 1. Nylon o Ethilon® 2. Monolene-Prolene® 3. Vylene o Novafil® 4. Acciaio • Seta: è un filo intrecciato non assorbibile di origine naturale con buona tenuta del nodo e maneggevolezza, ma scarsa forza tensile. Viene solitamente preferito per ferite del cuoio capelluto o della mucosa orale. Tra le note negative è l’alta reattività tissutale dovuta alla elevata capillarità che può causare infezione del punto di sutura in caso di rimozione ritardata sulla punta del porta aghi, più o meno in corrispondenza della sua metà-terzo prossimale, e formare con esso un angolo lievemente ottuso (Figura 2). L’altezza a cui fissare l’ago dipende anche dalla necessità o meno di sfruttare tutto il raggio di curvatura dello stesso. Una volta posizionato l’ago, stringere la cremagliera del porta aghi. Per aprire la cremagliera del porta aghi, spingere contemporaneamente la branca superiore verso sinistra con il primo dito e la branca inferiore verso destra con il quarto dito. Eseguire con il polso un movimento rotatorio a 180° in senso orario per far passare l’ago attraverso la superficie. • Nylon (Ethilon®): è un monofilamento non riassorbibile che si usa per suturare la cute; si tratta di un filo molto resistente alla trazione ma piuttosto rigido con alta memoria. E’ scorrevole e ha una bassa capillarità con minima reazione tissutale. Meno facile da manipolare ed annodare rispetto ad altri. • Monolene® polipropilene: è un monofilamento non riassorbibile con scarsa capillarità che si usa per suturare la cute sebbene possegga una ridotta tenuta del nodo ma un’elevatissima scorrevolezza ed una elevata plasticità. Viene ampiamente utilizzato per le suture intradermiche per la sua più agevole rimozione. Preferibile nelle ferite al volto per la ridotta cicatrice alla rimozione e, data la scarsa capillarità, nelle ferite infette. Figura 1. Porta aghi Calibro del filo Lo spessore dei fili, inferiore al millimetro, si definisce in zeri. Maggiore è il numero del filo, più sottile è il calibro. Le ferite in zone di trazione, come ad esempio arti e ginocchia, e le ferite a lembo vanno suturate con fili più spessi, 3.0 o 4.0. Per le suture al volto sono preferibili i fili 5.0 o 6.0. Strumenti chirurgici Porta aghi Il porta aghi (Figura 1) va impugnato con il primo e il quarto dito della mano destra (sinistra per gli operatori mancini). Il polpastrello del primo e del quarto dito premono sulla parte interna degli occhielli in modo da poter aprire e chiudere la cremagliera del porta aghi, senza fare fatica. Il secondo e il terzo dito si appoggiano sulla superficie esterna della branca inferiore del porta aghi. L’ago deve essere montato ANNO 8 - numero 1 Figura 2. Posizione dell’ago Pinza chirurgica La pinza chirurgica (Figura 3) è dotata di denti ai margini delle due branche. rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 39 Vademecum del chirurgo SIMEUP Va impugnata con la mano sinistra (destra per gli operatori mancini) come se fosse una penna. Si usa per sollevare il margine cutaneo o il derma e per vedere meglio il punto di inserzione dell’ago. Evitare di stringere eccessivamente il margine cutaneo, in particolare nel caso di ferite al volto, al fine di ridurre il traumatismo dei tessuti. La pinza può essere usata per riprendere l’ago dopo che con il porta aghi lo si è spinto oltre il margine di sutura e per riposizionare l’ago sul porta aghi. Non afferrare mai l’ago con le dita. Figura 4. Le forbici Pinza da emostasi o klemmer o pean La pinza da emostasi va impugnata come il porta aghi e, come quest’ultimo, è dotata di cremagliera. Si usa per arrestare il sanguinamento di un’arteriola clampandone il margine. Tipo di sutura Figura 3. Pinza chirurgica Forbici Le forbici (Figura 4) vanno impugnate come il porta aghi, con il primo e il quarto dito che entrano negli occhielli. Per tagliare il filo nella giusta misura, appoggiare la forbice a piatto sulla ferita con le punte verso l’alto, compiere una rotazione di 90° gradi verso l’esterno e quindi tagliare. 40 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Prima di addentrarci nella spiegazione delle suture più utilizzate in PS dal pediatra, è necessario ricordare che è di fondamentale importanza che i margini della ferita, una volta suturata, non siano arricciati ma aderiscano perfettamente gli uni agli altri senza sezioni che si sovrappongano od introflettano od estroflettano, salvo che ci sia una precisa indicazione (ad es. nei punti di Donati). È raccomandabile inoltre, prima di eseguire una sutura, ricordare ai genitori che ogni ferita può lasciare una cicatrice le cui caratteristiche non solo dipendono dalla manualità dell’operatore ma dalla singola ferita nonché dalla capacità di cicatrizzare della cute del paziente. Sutura a punti staccati semplici È la sutura più comunemente usata per suturare sottocute e cute e adatta alle zone in cui “non” vi sia trazione. Generalmente è conveniente iniziare la sutura all’estremo della ferita dove i margini combaciano meglio; in questo modo i margini vengono avvicinati via via in maniera corretta. Si realizza afferrando con le pinze il margine della ferita. L’ago passa dall’esterno all’interno perpen- ANNO 8 - numero 1 Vademecum del chirurgo SIMEUP dicolarmente al margine cutaneo o del sottocute. Quando l’ago trapassa il tessuto, dopo aver aperto la cremagliera del porta aghi, lo si afferra con il porta aghi o con la pinza facendolo uscire completamente. Quindi si rimonta l’ago sul porta aghi nella posizione iniziale e si ripete la stessa operazione sull’altro lembo della ferita, passando questa volta dall’interno all’esterno. Si fa quindi scorrere il filo e si realizza il nodo chirurgico con il porta aghi. Il primo nodo deve essere doppio, i successivi possono essere singoli e complessivamente non devono essere meno di tre. Il nodo deve essere chiuso trazionando i fili perpendicolarmente alla ferita e cadere sempre lateralmente ad essa, non su di essa. I nodi vanno eseguiti alternando il senso orario e quello antiorario. I punti successivi vanno eseguiti mantenendo sempre la stessa distanza tra i punti e dal margine della ferita, creando quindi una sorta di quadrato (Figura 5). Sutura con punto di Donati Questo tipo di sutura va utilizzata nelle sedi di trazione, come ad esempio il ginocchio, il gomito, il collo del piede, o ricche di tessuto adiposo, come ad esempio il braccio. L’ago passa dall’esterno all’interno di un margine (cute e sottocute), come nella sutura a punti staccati semplici, e quindi dall’interno all’esterno del margine opposto. Successivamente si deve rientrare nel margine cutaneo omolaterale introducendo l’ago al davanti dei punti d’uscita del passaggio precedente, mantenendosi su una linea retta, nuovamente dall’esterno all’interno e quindi uscire dall’interno all’esterno nella stessa posizione sul margine opposto. Il nodo viene quindi confezionato lateralmente alla ferita. Si raccomanda di accertarsi che i margini della ferita combacino perfettamente nella parte interna e che non vi siano “arricciamenti” della sutura. Si creerà in tal modo una ferita suturata a margini rialzati che si appianeranno alla rimozione dei punti (Figura 6). a cura di M. Gasperini. Figura 5. Sutura a punti staccati semplici ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 41 Vademecum del chirurgo SIMEUP a cura di M. Gasperini. Figura 7. Sutura intradermica Ferita a lembo a cura di M. Gasperini. Figura 6. Sutura con punto di Donati Sutura intradermica In caso di ferite a margini lineari e ben combacianti, come ad esempio nelle ferite da taglio, e nei distretti corporei non sottoposti a trazione, è possibile utilizzare una sutura continua. Le suture continue hanno una tenuta minore, ma la riparazione risulta più lineare. La sutura intradermica continua si può iniziare introducendo l’ago dall’esterno all’interno della ferita in corrispondenza di una estremità di essa oppure si può realizzare il punto all’interno di un estremo della ferita; in quest’ultimo caso il filo va annodato e se ne taglia il capo senza ago. L’ago viene passato nel derma di un lato della ferita e poi nel derma del lato opposto, fino a raggiungere l’altra estremità. Dopo l’ultimo passaggio si deve uscire dall’interno della ferita verso l’esterno e il filo va annodato (Figura 7). 42 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Si tratta di una ferita con margini in tensione e che generalmente presenta una forma triangolare. Il posizionamento di punti di sottocute può aiutare a ridurre la tensione della sutura cutanea. Il primo punto di sottocute può essere dato in corrispondenza dell’apice centrale del triangolo del lembo scivolato verso l’alto. I punti cutanei vanno realizzati preferibilmente con filo Monolene®, che è adatto alle zone di tensione e non lede il margine cutaneo. Dopo aver posizionato il primo punto cutaneo all’apice centrale del triangolo, si può procedere partendo da una delle estremità della ferita e andare verso l’apice da un lato e dall’altro. Può essere utile alternare punti di Donati a punti staccati semplici. Bisogna prestare attenzione a non traumatizzare eccessivamente il margine del lembo, cercando di non passare l’ago troppo vicino al margine che potrebbe diventare necrotico. Medicazione occlusiva e bendaggi Cerotti Le suture eseguite con punti o con collante possono avere la necessità di un aiuto aggiuntivo per mantenere adesi i margini cutanei. In tal caso si possono applicare dei cerotti impermeabili quali gli SteriStrip (3M-TM) o i Cicagraf (Johnson & JohnsonTM). Sono derivati dalla cellulosa e oltre ad essere molto resistenti sono porosi e facili da rimuovere anche a domicilio da parte dei genitori. Raramente possono essere utilizzati senza colla o punti nelle ferite superficiali e di piccole dimensioni, mentre sono da evitare in quelle profonde o lunghe a causa della loro scarsa capacità tensiva. ANNO 8 - numero 1 Vademecum del chirurgo SIMEUP Nonostante siano impermeabili è consigliato inoltre evitare di eseguire dei bagni per almeno 5-7 giorni dopo la loro applicazione. Piccoli accorgimenti Se sono presenti delle zone abrase, eseguire toccature con eosina soluzione acquosa, che i genitori continueranno a fare anche a domicilio una volta al giorno. Generalmente una fasciatura con Pen-haft® è sufficiente a ricordare al bambino di non piegare il ginocchio o il gomito quando le ferite sono in quella sede. Non è necessario posizionare una doccia. Rimozione della sutura I punti di sutura realizzati con filo riassorbibile cadono spontaneamente. Il tempo di permanenza dei punti non riassorbibili varia a seconda della sede della ferita: Volto 6 giorni Cuoio capelluto 7 giorni Torace, addome, dorso ed estremità 10 giorni Ferite a lembo e in zone di tensione 10-12 giorni Necessità di appuntamento in ambulatorio chirugico e impegnativa Le ferite pulite e non complesse possono essere medicate a domicilio dai genitori a giorni alterni. Il chirurgo vedrà il paziente solo per la rimozione dei punti secondo il timing sopra riportato. Inviare in ambulatorio per la medicazione solo le ferite a lembo, quelle particolarmente sporche, nelle quali si consiglia la terapia antibiotica orale. ANNO 8 - numero 1 rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 43 L’INVIATO SPECIALE Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica Mosca, 13-16 maggio 2013 P. Gianiorio DEA, IRCCS “G. Gaslini”, Genova Nell’ambito dell’oramai consolidato rapporto di collaborazione tra Italia e Russia nel campo della simulazione pediatrica avanzata, dal 13 al 16 maggio 2013 si è svolto a Mosca, presso l’Università Nazionale Russa di Ricerca e Medicina, il Corso Internazionale di Simulazione nell’emergenza pediatrica. La grande novità, rispetto alle edizioni del 2008 e 2010, è stata la partecipazione di altri paesi: Guatemala, Messico, Spagna, Cuba, Stati Uniti d’America, Uruguay, Honduras. Il coinvolgimento di altri paesi del mondo che rappresentano l’Europa, la Russia, il Nord, Centro e Sud America è stato il frutto dell’instancabile lavoro “diplomatico” del Prof. Hugo Loayza dell’Università di Curso Internacional de simulacion en emergencias pediatricas Moscu, 13-16 Mayo 2013 Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica Mosca, 13-16 Maggio 2013 44 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA International Course of pediatric emergency simulation Moscow, 13-16 May 2013 ANNO 8 - numero 1 Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica Mosca che ha saputo coagulare esperienze e realtà pediatriche diverse al fine di rendere omogenei i comportamenti e l’approccio all’emergenza pediatrica. Il corso è stato articolato in una parte “teorica”, dove ogni gruppo ha portato la sua esperienza in uno specifico campo dell’emergenza pediatrica, e una “pratica” in cui si è cercato di rendere omogeneo l’approccio all’emergenza, grazie anche alla presenza di specializzandi in pediatria in ogni delegazione, attraverso la simulazione avanzata. Il pomeriggio del 12 maggio è stato dedicato alla pianificazione degli interventi della parte teorica; ogni delegazione aveva il compito di svolgere una parte delle emergenze pediatriche. Inoltre si è deciso un programma di massima per la pratica della simulazione. Ogni gruppo di simulazione era formato da medici specializzandi di tutti i paesi partecipanti in modo da ANNO 8 - numero 1 favorire l’integrazione e l’omogeneità della pratica. I gruppi così formati hanno superato le difficoltà linguistiche e di diversa cultura con facilità, dato un forte impulso allo svolgimento del corso offrendo ricco materiale per la discussione nel debriefing. Il 13 maggio è stato dedicato alle relazioni dei diversi gruppi seguite da ampia discussione e confronto sulle diversità metodologiche. Dal 14 maggio è iniziata la parte pratica dove i gruppi hanno potuto confrontarsi con la finalità di armonizzare le diverse metodiche e acquisire un comune approccio all’emergenza pediatrica. In particolare sono state proposte tutte le tecniche di rianimazione cardio-polmonare, skill di trattamento delle vie aeree, del trauma e del trasporto pediatrico. Durante tutta la giornata i tavoli di skill sono stati alternati a tavoli di approfondimento diagnosticoterapeutico sulle urgenze neurologiche, metaboliche, tossicologiche. Particolare enfasi è stata posta all’addestramento al lavoro in equipe, con risultati che hanno ampiamente superato ogni aspettativa. I giorni seguenti sono stati dedicati alla simulazione pediatrica con lo sviluppo di scenari sulle principali emergenze pediatriche condotti dai vari gruppi. Molto stimolante è stata la discussione durante i vari debriefing che ha fornito interessanti spunti di riflessione e indirizzi formativi da sviluppare per ottenere una metodologia comune nel trattamento delle emergenze pediatriche. Il Corso Internazionale di Mosca ha fornito molti elementi di riflessione ed ha permesso di confrontare sul campo le diverse metodiche ed i diversi comportamenti nell’ambito dell’urgenza/emergenza pediatrica. L’utilizzo della metodologia della simulazione avanzata rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA | 45 Corso Internazionale di simulazione nell’emergenza pediatrica ha di fatto amalgamato esperienze diverse in un omogeneo approccio all’emergenza enfatizzando il lavoro in team, l’abilità pratica e l’applicazione di protocolli condivisi. È stato un primo importante passo per creare un network internazionale di formazione pediatrica per il trattamento dell’urgenza/emergenza. La simulazione avanzata può essere applicata anche ad altri campi di interesse pediatrico: il gruppo di simulazione internazionale si propone di applicare tale metodologia a tutte le aree pediatriche, siano esse ospedaliere, del territorio o ambulatoriali. Prossimo appuntamento: primavera 2014 a Città del Guatemala! 46 | rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA ANNO 8 - numero 1 rivista di Anno 8 - numero 1 / marzo 2014 EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) 1 Approccio in Pronto Soccorso al bambino con trauma cranico Rachicentesi Lo stato di male in Pediatria d’Urgenza La pancreatite acuta in pediatria Food Protein-Induced Enterocolitis Syndrome (FPIES): una nuova sfida per il pediatra di Pronto Soccorso Vademecum del chirurgo Simeup Corso Internazionale di simulazione pantone 2602 coolgreypediatrica 9 nell’emergenza ® cyano 60 / 90 magenta nero 60 ®
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