Borsetti: C Pisacane scuola senza confini

“Le pietre e i cittadini”
IDEE e STRUMENTI per Educare al Patrimonio Culturale:
saper vedere, saper leggere i documenti cartacei e digitali, sviluppare il senso critico
21-23 marzo 2014
Vania Borsetti (IC “Carlo Pisacane” – Roma)
Carlo Pisacane: scuola senza confini
La mia testimonianza nasce dall’esperienza personale, condotta negli ultimi sei anni, nella scuola
Pisacane, come maestra di scuola primaria.
La scuola si trova a Torpignattara, quartiere di Roma un tempo di periferia, oggi considerato vicino
al centro, ma più precisamente si dovrebbe dire alla Marranella. E’ il nome della via da cui
provengono la maggioranza degli alunni iscritti: bengalesi, cinesi, rumeni, albanesi, egiziani,
filippini e anche alcuni italiani.
Marranella da marrana, ossia luogo acquitrinoso, sotto la strada continua a scorrere interrato il
fiume Labico e alcune foto anni ‘60 ritraggono la via solcata da ampie pozzanghere d’acqua
fangosa.
Una bella mostra fotografica di Roberto Ciavoni: “I cento scatti”, mostra la Marranella anni ‘70:
tante baracche e manifestazioni per il parco, gli anni, per la cronaca nera, della banda della
Marranella.
Nel film-documentario: “Pisacane: una scuola italiana”, prodotto da Asinitas e girato da Loy e
Cederna, le maestre più anziane raccontano il degrado culturale degli immigrati nazionali residenti
nei bassi: alunni figli di fratello e sorella, genitori analfabeti per la maggioranza, molti in carcere o
impiegati nella malavita.
Ma la memoria documentaria e quella presente di chi c’è stato, vi è cresciuto e che ricorda bene
come la passeggiata con la nonna fosse scandita dall’assoluto divieto di passare per la Marranella,
sembrava sparita negli ultimi anni. Quando sono tornata in questo quartiere e ho iniziato il lavoro di
maestra alla Pisacane, l’unico grande problema erano loro: gli immigrati, i nuovi piccoli romani di
origine internazionale che minacciavano l’identità della scuola, che causavano seri problemi ai figli
italiani, quale l’imbarazzo a mangiare il prosciutto, alimento proibito per i musulmani, o arrecavano
l’offesa di non partecipare alle feste di compleanno.
Non si vuole trattare l’origine dolosa del malcontento agitato dalle tre mamme del comitato per
l’integrazione, preparate dal circolo del Partito delle libertà di zona, alla crociata, potremmo
supporre per verosimili tornaconti elettorali, né è possibile analizzare con precisione i motivi della
chiusura degli operatori della scuola, ripiegati in atteggiamento difensivo, ma si intende fornire al
lettore un incipit, uno spunto di riflessione sul contesto nel quale prende forma il senso sociale e
personale delle nuove generazioni, figlie di migranti, lo stesso che si ritrova anche nei romanzi,
dove lo scrittore, sotto forma di narrazione, rende l’esperienza della sua vita e della sua
immaginazione.
Dal dossier Caritas 2007 emerge:
“Nonostante un grado di istruzione, nella gran parte dei casi, sufficientemente elevato, le
professioni svolte dalla popolazione straniera risultano fortemente concentrate in quelle a bassa
specializzazione. (…)In definitiva, in modo diffuso su tutto il territorio nazionale, appena cinque
professioni (muratori, addetti alle pulizie, collaboratori domestici e assistenti familiari, cuochi,
manovali) coinvolgono circa un terzo degli immigrati, un’incidenza sei volte più elevata rispetto a
quella degli italiani.”1
Si intende raccontare un’esperienza in corso, in cui ogni attore è chiamato a costruire una comunità
educativa superando i confini conosciuti del diritto, dell’appartenenza culturale, dei tempi del
programma ministeriale, delle ricorrenze festive religiosi o stagionali, del repertorio di canti e poeti
e letterature conosciute, per muoversi in uno spazio nuovo costituito da identità plurali.
Le difficoltà strutturali di un edificio fatiscente, la mancanza di mediatori culturali, l'assenza di
fondi per l'acquisto di materiali, non hanno impedito il formarsi di una comunità viva che
sperimenta ed incontra, artisti, tirocinanti, esperti.
Per tre anni consecutivi Francesco Tonucci, memoria storica della migliore esperienza pedagogica
italiana, ha tenuto alla Pisacane, incontri di formazione, a cui hanno partecipato i docenti delle tre
scuole presenti nell'isolato (nido, infanzia e primaria), insieme ai genitori e ai curiosi del quartiere.
Da due anni “La giornata mondiale per i diritti dei migranti” , il 18 Dicembre, è diventata la festa
della scuola: i bambini si esibiscono in cori multilingue, recite, anche nei balli tradizionali,
duettano con Badara Seck, ballano a porte aperte con il quartiere che non ha più paura, ma si
avvicina sempre più.
Il risultato attuale è un'inversione di tendenza nelle iscrizioni: dall'esodo del 2008-2009, passando
per la quasi totale assenza di “italiani” l'anno seguente, ora si contano numerose famiglie che
arrivano scegliendo il modello Pisacane.
Qual è il modello Pisacane?
Accogliere, sempre, tutti, in qualsiasi momento dell'anno, accettare la partenza di due o tre alunni
per classe ogni anno, che restano nel paese dei genitori per due mesi o un anno e poi tornano,
richiedendo ancora nuovi sforzi ed attenzione al fine di garantire a tutti gli strumenti del
comunicare.
Nel 2008 ho preso servizio, ambito linguistico in seconda B, 18 alunni: primo proposito, imparare
alla svelta nomi e cognomi. Subro Fayim Osman, Azahar Alima Adnin, Alvi Md Junayed Rahman
... Impiegai un tempo record, ma non era quello il difficile.
1
Caritas/Migrantes, Immigrazione dossier statistico 2007 XVII Rapporto, Pomezia, Arti Grafiche, 2007, p.32.
Cinque bambini non riconoscevano il grafema, il lessico di molti era limitato allo scambio
scolastico, ogni parola era una scoperta.
Un terzo dei genitori poteva avere un colloquio con l'insegnante, ma la difficoltà più grande era
costituita dalla presenza continua di telecamere e giornalisti all'uscita di scuola, che illustravano
l'anomalia della scuola Pisacane, l'istituto con il maggior numero di migranti in Italia.
Le critiche a priori degli “esperti esterni” erano unanimi nello stabilire che troppi stranieri non
potevano fare una buona scuola, il programma si sarebbe rallentato.
Un esiguo ma ben amplificato “comitato mamme per l'integrazione”, composto da tre donne della
scuola dell'infanzia e primaria, rilasciava abbondanti interviste denunciando il ratto della scuola
storica di Torpignattara, la “loro” scuola.