Fiammate 3 /Luglio 1960 «… tra il maggio e il luglio [1960], l’Italia attraversò una delle più gravi crisi politiche della sua storia. Finito ormai l’equilibrio fragile e innaturale del centrismo, che aveva retto il Paese per quindici anni, grandi forze popolari premevano e chiedevano la modificazione di strutture, che per la maggior parte risalivano al fascismo o ancora all’Italia pre-aventiana. In quei giorni veniva a maturazioni il processo politico e di riforme che prenderà il nome di centro-sinistra: processo lento, travagliato, ostacolato in maniera forsennata dal grande capitale, dalla stampa conservatrice e sovvenzionata, e dalle gerarchie ecclesiastiche.Dalle contraddizioni, dalle tensioni della situazione italiana di allora, nasce l’esperimento Tambroni. E’ un piano disperato o è un tentativo ben ponderato di spostare a destra, definitivamente, l’asse del Paese? I problemi politici ed economici attendono soluzioni tempestive ed esse possono essere date solo in due modi: o attraverso le riforme, sulla via di una società più giusta e socialista; o attraverso l’autoritarismo, il pugno di ferro. Il governo Tambroni, appoggiato dalle destre, era condannato dalla storia. Ma prima di tutto doveva essere annientato dalla grande reazione popolare, da quella ondata di collera, di sdegno,che fece ritrovare tra i partiti democratici l’alleanza antifascista, lo spirito della Resistenza (…). Canzone http://www.youtube.com/watch?v=QC_qST0APuI – La cronologia degli eventi – 07.01.1960 – “L’Osservatore Romano” definisce inammissibile ogni apertura a sinistra. 21.02.1960 – Il partito liberale ritira il suo appoggio al governo Segni. 09.03.1960 – Segni è incaricato di formare il nuovo governo. 21.03.1960 – Segni rinuncia all’incarico. 25.03.1960 – Tambroni presenta al presidente Gronchi il suo ministero. 04.03.1960 – Tambroni presenta il governo alla Camera. 22.04.1960 – Fanfani rinuncia all’incarico. 23.04.1960 – Gronchi invita Tambroni a presentarsi al Senato per completare l’iter costituzionale. 05.05.1960 – Nasce il governo Tambroni. 26.06.1960 – Congresso provinciale del MSI a Genova. 28.06.1960 – Pertini tiene un comizio a cui partecipano trentamila persone. 30.06.1960 – Sciopero generale a Genova. Scontri tra tra cittadini e polizia in Piazza De Ferrari. 01.07.1960 – Sciopero generale a Milano, Livorno, Ferrara. 02.07.1960 – Il congresso del MSI non viene più tenuto a Genova. I neofascisti lasciano la città protetti dalla polizia. 03.07.1960 – Grande assemblea unitaria delle forze antifasciste al Teatro Duse di Genova. Presenti tra gli altri Longo, Secchia, Terracini, Parri, Antonicelli, Peretti, Griva. 05.07.1960 – Il Senato approva per alzata di mano il bilancio del ministero degli interni. 06.07.1960 – La polizia carica deputati e manifestanti a Porta San Paolo a Roma. Scopero generale in tutta l’Italia. 07.07.1960 – Strage di Reggio Emilia: cinque morti [ndr: Lauro Ferioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli] e decine di feriti tra la popolazione.08.07.1960 – Scioperi di protesta in tutta Italia. Strage a Palermo: due morti e decine di feriti. Un morto a Catania. 09.07.1960 – L’agenzia tambroniana Eco di Roma afferma che “l’ordine e la legalità sono stati ristabiliti in tutto il Paese”. Centomila persone partecipano a Reggio Emilia al funerale dei caduti. 12.07.1960 – Dibattito alla Camera: Nenni, Saragat, Togliatti chiedono che Tambroni se ne vada. 14.07.1960 – Tambroni difende alla Camera l’operato del suo governo e accusa i comunisti di aver mobilitato la “piazza” contro la legalità. 17.07.1960 – Manifestazioni in tutta Italia contro il governo. 19.07.1960 – Ultimo consiglio dei ministri del governo Tambroni. 21.07.1960 – A porta San Paolo, grande comizio antifascista di Ferrucio Parri. 1 26.07.1960 – Nasce il governo Fanfani. 18.02.1963 – Tambroni muore d’infarto a Roma. «Tambroni viene sepolto a spese dello Stato». Tratto da: “Il luglio 1960” di Piergiuseppe Murgia (Sugar editore, 1968 Sui fatti di Reggio Emilia Fausto Amodei compose una splendida canzone. Canzone http://www.youtube.com/watch?v=WmFYVEiXGyA Video http://www.youtube.com/watch?v=G2G6B8iQgy4 • di Giovanni De Luna LUGLIO '60 L'insurrezione legale della gioventù del «miracolo» Mezzo secolo dopo è abbastanza facile collocare storicamente il «luglio '60». Basta la cronologia. Basta il confronto con l'anno precedente, il 1959, (quando la lira ottenne l'Oscar per la moneta più stabile da parte del Financial Times), e con quello seguente, il 1961, quando i dati del censimento rivelarono che in dieci anni eravamo diventati la quinta potenza industriale del mondo. Si trattava del «miracolo italiano». Il mutamento non interessò soltanto la struttura economica ma rimbalzò sulle strutture sociali e demografiche, sull'assetto territoriale, sulle caratteristiche professionali della forza-lavoro, sul funzionamento dei servizi pubblici, sull'organizzazione scolastica e su quella assistenziale. Cambiò anche la politica. Il centrismo degasperiano aveva alle spalle un'Italia sessuofobica, bigotta, contadina; la nuova Italia trovò nel centrosinistra la formula governativa per accettare la sfida di una modernizzazione improvvisa e tumultuosa. Il luglio '60 si inserisce in questa sequenza di eventi, così che Genova con la sua insurrezione contro il Congresso del Msi, Reggio Emilia con i suoi morti sparati dalla polizia (così come Palermo, Licata, Catania), Roma con le cariche dei carabinieri a cavallo a Porta San Paolo, rappresentano oggi nitidamente i luoghi in cui la «grande trasformazione» che aveva investito la struttura profonda del nostro paese si manifestò nelle forme più esplicite del conflitto ideologico e della partecipazione politica. Senza il boom non ci sarebbe stato il luglio '60. Senza il boom non ci sarebbero stati «i giovani delle magliette a striscie» che ne furono i protagonisti e l'icona simbolica. In quei dieci anni erano diventati produttori (entrando tumultuosamente nel mercato del lavoro), erano diventati consumatori (ci fu allora per la prima volta una loro musica, il rock, un loro modo di vestire, i jeans, il loro percepirsi in una netta discontinuità rispetto alla frugalità delle generazioni precedenti); nelle piazze del luglio '60 scoprirono la politica e l'impegno. Lasciando tutti stupiti. I partiti politici e un'opinione pubblica quasi incredula nei confronti delle «rivelazione» di cosa era maturato nelle pieghe profonde di una «gioventù» che semmai si credeva orientata più verso i valori della destra. Tutti gli osservatori furono allora colpiti proprio da questo tratto della rivolta: «Non sono soltanto i figli che ripetono fedelmente e riprendono la tradizione lasciata dai padri - notava Carlo Levi- sono questi giovani degli uomini autonomi, con caratteri nuovi, differenziati, diversi, sono i ragazzi di Palermo, sono gli operai e gli studenti di Genova, sono i giovani di ogni parte d'Italia che danno un senso nuovo alla lotta sindacale, che affermano la necessità e il diritto dello sciopero politico, sono i giovani senza ricordi di servitù con la volontà di essere uomini». Il luglio '60 cambiò la storia d'Italia almeno fino al 1992-1994. Fino ad allora, dal 1948 in poi, era stato l'anticomunismo il valore di riferimento della leadership politica del paese. La Costituzione era stata congelata. Codici, leggi, comportamenti politici erano ancora quelli dettati dal fascismo. Era la continuità dello stato che si rifletteva negli organigrammi delle forze dell'ordine, della magistratura, del blocco del potere economico. Con il luglio '60 2 l'antifascismo si ripropose come elemento fondante del nostro paradigma costituzionale. Non più un «patto sulle procedure» come era stato nel biennio che aveva portato all'approvazione della Costituzione; non ancora un'alleanza tra i partiti dell'«arco costituzionale» come sarebbe diventato dopo, ma un agente della trasformazione sociale, capace di intercettare e di dialogare con i nuovi fermenti alimentati dalla «grande trasformazione». «L'ipotesi più attendibile e più confortante - scrisse allora Passato e Presente - è che in luglio le masse si sono battute per la libertà: per una libertà minacciata, sì, ma certo più per una libertà da conquistare che da difendere. Si è lottato contro la cancrena diffusa nell'organizzazione sociale e politica attraverso l'insolente furfanteria dei politicanti, la corruzione del sottogoverno, la grettezza bigotta della censura, la tracotanza padronale nella fabbrica, l'avvilimento della scuola, l'istituto della raccomandazione sostituito al diritto al lavoro, la retorica nazionalistica sciorinata a coprire le piaghe sociali». È impressionante notare oggi la vivacità culturale che si ritrova a cavallo delle giornate del luglio '60. Non solo una canzone (come quella di Fausto Amodei sui morti di Reggio Emilia) e l'esperienza liberatoria della musica dei «Cantacronache»; ma anche il cinema (dopo la glaciazione degli anni '50 - con un unico e solo film dedicato alla Resistenza, Achtung Banditi di Lizzani del 1954 - uscirono uno dopo l'altro Il generale Della Rovere, Le quattro giornate di Napoli, Tutti a casa..), la letteratura, l'arte e perfino la televisione che nel 1961, dopo 7 anni dalla sua nascita, mandò in onda per la prima volta un programma dedicato alla Resistenza. Un paese che si trasformava nella sua struttura economica e scopriva la strada della modernizzazione culturale si riconobbe allora pienamente e compiutamente nell'antifascismo. Tra gli antifascisti, Piero Caleffi parlò allora a proposito di Genova di «insurrezione legale». Era un ossimoro, ma oggi segnala quella che fu allora una percezione diffusa. Venti anni di fascismo avevano introdotto i germi di due fenomeni difficili da smaltire: la violenza era stata utilizzata vittoriosamente per prendere il potere e distruggere le istituzioni dello Stato liberale; l'unica forma di opposizione politica possibile era quella legata alla clandestinità e illegalità. Sviluppatosi contro la dittatura, l'antifascismo era nato nell'illegalità e nell'illegalità aveva trovato l'unico possibile antidoto all'oppressione, approdando alla concezione di una legalità fondata sui principi morali e contro le leggi dello Stato. Questa legalità superiore era diventata legalità tout court con la Carta Costituzionale che vietava la ricostituzione del partito fascista. Gli insorti di Genova si percepirono dentro quella legalità costituzionale e infransero le leggi con la coscienza di chi sa che quella disobbedienza è alimentata dai succhi della democrazia e della lotta per la libertà. Era tutto molto chiaro: «Da una parte - come scriveva allora Francesco Fancello - esiste un categorico divieto della nostra carta costituzionale alla ricostituzione del partito fascista....dall'altra parte l'aspetto giuridico formale del problema è soverchiato da quello derivante dalla carica morale-politica che ha trascinato tanti italiani nel campo dei fuorilegge...durante il tempo del fascismo dominante». Quel tempo era allora vicino, ancora troppo vicino. • TAMBRONI Un dc «borghese, maschio, virile, antimarxista» Chi era Fernando Tambroni? Così lo presentava una nota del suo ufficio stampa: «L'onorevole Tambroni appartiene a quella borghesia maschia e virile che si affaccia sui problemi sociali e politici senza infingimenti, ma soprattutto senza paura. È un lavoratore efficiente e metodico in un mondo di pigri, un solutore di problemi legislativi, un difensore strenuo e implacabile di quella invalicabile linea che distingue la nostra etica politica dal marxismo della estrema sinistra». 59 anni, originario di Ascoli Piceno, è cresciuto alla scuola del partito cattolico. Nel '25 è segretario del Partito popolare di Ancona. Chiamato davanti al federale, firma un umiliante atto di sottomissione, riconoscendo «Benito Mussolini come l'uomo designato dalla provvidenza di Dio a forgiare la grandezza di un 3 popolo». Così svolge indisturbato la sua professione di avvocato. Appena si delinea la caduta del fascismo, torna a farsi notare in ambienti cattolici. È sottosegretario alla Marina Mercantile nel governo De Gasperi. Ma è il ruolo di ministro degli interni quello che più gli si confà. Nel 1955 è ministro degli interni del governo Segni, è ancora agli Interni con il governo Zoli e poi nel secondo governo Fanfani nel 1958. Nel suo ruolo crea un «Uffico psicologico», un «Ufficio speciale di polizia politica», impiegando il primo apparato per raccogliere indiscrezioni sulla vita privata di parlamentari, prelati, giornalisti, ministri, finanzieri. Nella sua conduzione Tambroni adopera la maniera forte. Da subito si presenta come difensore delle istituzioni contro la minaccia social-comunista: «Ogni tentativo dichiara - di minaccia alle istituzioni (l'ho già detto, ma mi pare che nel nostro Paese vi sia molta gente con l'ovatta nelle orecchie), e quindi di pericolo per la libertà, sarà decisamente contenuto e, ove sia necessario, senza esitazioni, e per il bene della collettività decisamente represso». 4
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