NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI VOLTERRA E DI

CATALDO
AGOSTINELLI
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI VOLTERRA
E DI SOMIGLIANA
{Conferenza tenuta il 27 febbraio 1961)
Nell'anno 1960 testé trascorso si è compiuto il centenario della
nascita di due illustri fisici matematici italiani : VITO VOLTERRA
e CARLO SOMIGLIANA, che in questa Università hanno esercitato
successivamente il Loro alto magistero di insegnamento e la Loro
opera di scienziati; il primo per un periodo di sette anni, dal 1893
al 1900, il secondo per un periodo più lungo, dal 1903 al 1935.
I colleghi che hanno già letto o ascoltato i memorabili discorsi
celebrativi, specialmente in onore di VITO VOLTERRA, nulla sentiranno di nuovo, e in confronto di essi le mie parole saranno più
modeste e forse inadeguate. Ma queste parole, dettate da un sentimento di devozione e di sconfinata ammirazione per questi nostri
grandi Maestri, sono rivolte soprattutto ai giovani, che, avendone
la capacità, possono trarre incitamento ad imitare le Loro virtù,
a perseverare nella lotta per la ricerca del bello che vi è in ogni
ramo della Scienza, a trarre profitto dalle opere grandiose che
Essi ci hanno lasciato e dai fondamenti che hanno posto, utili e
fecondi anche per lo studio e lo sviluppo delle più moderne teorie
fisico-matematiche e fisico-teoriche.
Fra le commemorazioni più ampie e più degne di VITO VOLTERRA, da alcune delle quali ho tratto gli elementi per questo
discorso, ricorderò quelle mirabili e profonde tenute da SOMIGLIANA, prima all'Accademia Pontificia delle Scienze nella seduta
del 30 novembre 1941, poco più di un anno dopo la Sua morte,
e poi all'Accademia Nazionale dei Lincei nell'adunanza generale
del 17 ottobre 1946, nonché quella di GUIDO CASTELNUOVO nella
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stessa adunanza dei Lincei. Dello stesso SOMIGLIANA è anche la
commemorazione tenuta al Seminario Matematico e Fisico di
Milano il 16 maggio 1946, in cui faceva un suggestivo parallelo
fra la vita e le opere dei due grandi fisici matematici italiani
scomparsi durante l'ultima guerra: T U L L I O LEVI-CIVITA e VITO
VOLTERRA. Ricorderò ancora le belle commemorazioni dovute :
a Giuseppe Armellini, l'illustre Meccanico ed Astronomo scomparso, già allievo di VOLTERRA, tenuta il 25 novembre 1950 in
Ancona, città natale di VOLTERRA; a Giulio Krall, il più giovane
fra gli insigni discepoli di VOLTERRA, pubblicata nel 1955 nella
Rivista « Civiltà delle Macchine » ; a Mauro Picone, pronunciata
a Palermo il 15 settembre 1956; a Bruno Finzi, letta recentemente a Napoli in occasione del Congresso della Società Italiana
di Fisica, della cui fondazione il VOLTERRA, insieme al Roiti,
ne fu promotore, e della quale lo stesso VOLTERRA fu Presidente
dal 1906 al 1912. Infine risuona ancora l'alta celebrazione fatta
da Krall all'Accademia dei Lincei il 19 novembre 1960, nella
solenne inaugurazione del nuovo anno accademico 1960-61.
Per quanto si riferisce poi alle notizie biografiche su VOLTERRA,
ricordo l'ampia biografia redatta da Joseph Pérès, l'illustre decano della Facoltà di Scienze della Sorbona, anch'egli discepolo
e amico di VOLTERRA, inserita nell'introduzione al primo dei tre
grossi volumi delle opere di VOLTERRA che l'Accademia dei Lincei sta pubblicando.
Anche di SOMIGLIANA vi sono state degne commemorazioni.
La prima fu scritta, con cuore di devotissimo allievo, da chi vi
parla, per i Rendiconti di questo Seminario Matematico, subito
dopo la Sua morte, avvenuta il 19 giugno 1955 a Casanova Lanza,
nell'età veneranda di novantacinque anni. Dopo qualche mese fu
solennemente commemorato da Giovanni Sansone a Pavia, e
precisamente il 6 ottobre 1955, in occasione dell'apertura del
V Congresso Nazionale della Unione Matematica Italiana, di cui
il Sansone era allora Presidente. All'Accademia delle Scienze
di Torino, alla quale il SOMIGLIANA apparteneva fin dal 1905, ebbi
ancora io il doloroso privilegio di evocarne la figura il 18 gennaio
1956. Bruno Finzi lo rievocava successivamente nei Rendiconti
del Seminario Matematico e Fisico di Milano, di cui il SOMIGLIANA
aveva fatto parte del Consiglio Direttivo. Fra le altre ricorderò
infine la bella commemorazione pronunciata da Antonio Signorini
ai Lincei nell'adunanza del 10 novembre 1956-
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e CARLO SOMIGLIANA, nati il primo ad Ancona
il 3 maggio 1860, il secondo a Como il 20 settembre dello stesso
anno, da famiglie di condizioni economiche e sociali molto differenti, non ebbero, fanciulli e giovinetti, nulla in comune dalla
sorte, se non l'ingegno precoce, l'orientamento matematico del Loro
pensiero, la facoltà di concentrazione e di meditazione, e una educazione, sotto forme diverse, improntata a grande austerità e a
nobiltà d'animo.
Invero il VOLTERRA, perduto il padre a due anni, fu allevato
dalla madre, Angelica Almagià, e da un fratello di lei, impiegato
di banca, che condusse l'orfano prima a Torino e poi a Firenze
dove Egli compì gli studi secondari. Sin da fanciullo si manifestò
in Lui una spiccata passione scientifica e appena tredicenne, dopo
aver letto il romanzo di Giulio Verne « Dalla Terra alla Luna »,
si propose di calcolare la traiettoria di un proiettile lanciato dalla
Terra verso la Luna, considerandola come una successione di piccoli archi di parabola, lungo ciascuno dei quali supponeva la forza
costante. Trentanove anni più tardi, e precisamente nel 1912, esponeva alla Sorbona questo procedimento per la risoluzione del problema dei tre corpi.
Ma le ristrettezze finanziarie della famiglia esigevano che Egli
rinunciasse ai Suoi studi per dedicarsi alla carriera commerciale»
Per vari anni fu allora costretto a lottare contro gravi difficoltà,
dibattuto fra il Suo ideale di scienziato e le necessità materiali.
Fu solo l'illuminato intervento di Antonio Roiti allora professore
di Fisica presso l'Istituto « Galilei » di Firenze, che permise al
VOLTERRA di non abbandonare la scuola, nominando l'allievo prediletto prima preparatore e poi assistente al proprio Istituto. Il
VOLTERRA potè così completare gli studi medi e iscriversi nel 1878
alla Facoltà di Scienze Naturali dell'Università di Firenze. L'anno
dopo vinse il concorso per allievo interno alla Scuola Normale di
Pisa e in quella Università si laureò in Fisica nel 1882.
Il SOMIGLIANA al contrario apparteneva a nobile ed agiata
famiglia e la madre, Teresa Volta, era discendente del grande
fisico comasco. La Sua giovinezza trascorse tranquilla ed Egli potè
compire serenamente, senza alcuna preoccupazione, gli studi medi.
Iniziò i Suoi studi universitari a Pavia, ove ebbe come maestri
VITO VOLTERRA
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l'insigne analista F E L I C E CASORATI e il grande EUGENIO B E L TRAMI. Passò quindi a Pisa come allievo di quella Scuola Normale
Superiore e si laureò il 29 ottobre 1881. Qui si incontrarono e
divennero amici V I T O VOLTERRA e CARLO SOMIGLIANA, dove
ebbero come compagno anche LUIGI BIANCHI.
In quella Scuola brillava allora del suo maggiore splendore,
nel campo del Calcolo infinitesimale, l'ingegno acuto e potente di
U L I S S E D I N I , e i corsi di Fisica Matematica e di Meccanica superiore erano tenuti da quell'uomo geniale che fu ENRICO B E T T I , il
quale a partire dal 1870, colle sue fondamentali ricerche aveva
aperto un'era nuova nel campo della teoria della elasticità.
Entrambi subirono il fascino degli insegnamenti di questi
sommi maestri che suscitarono in Loro un'ardente passione per la
Scienza e determinarono il Loro destino. Il VOLTERRA divenne
uno dei maggiori matematici che l'Italia abbia mai avuto e uno
dei più grandi fisici matematici; il SOMIGLIANA, che rimase più
aderente agli insegnamenti del B E T T I , eccelse soprattutto nello
studio di problemi inerenti alla statica e alla dinamica elastica, in
cui ha lasciato risultati divenuti ormai classici.
Con la scomparsa di questi illustri rappresentanti della Fisica
matematica classica, si è chiusa la schiera di quegli eletti cultori
di questa scienza che, come B E T T I , BELTRAMI e LEVI-CIVITA, a
partire dall'epoca del Risorgimento e fino alla prima metà di
questo secolo, hanno tanto contribuito a tenere alto il prestigio della
matematica italiana.
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che tante teorie nuove, ricche di originalità,
seppe creare e sviluppare, fu nel campo della Fisica matematica
un classico puro, e tutta la Sua grandiosa opera scientifica, rimasta
fedele alla Scuola di B E T T I e di BELTRAMI, è affine a quella di
HELMHOLTZ, di Lord KELVIN, di K I R C H H O F F .
Inizialmente Egli fu attratto dal fascino e dalla parola incisiva
del D I N I , che, con critica penetrante, andava allora, nella Scuola
pisana, rinnovando i principi del Calcolo e dell'Analisi. Il VOLTERRA si impadronì subito delle teorie del Maestro e ancora studente pubblicò, nel « Giornale di Matematica del Battaglini »,
due lavori di analisi, uno sulle funzioni punteggiate discontinue,
V I T O VOLTERRA,
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l'altro, più notevole, sulle funzioni le cui derivate non sono integrabili nel senso di RIEMANN, ricco di risultati interessanti.
Ma dopo la laurea il VOLTERRA non seguì più l'indirizzo del
D I N I . Le lezioni di B E T T I Gli avevano aperto più ampi orizzonti
nel campo delle applicazioni del calcolo ai fenomeni fisici e meccanici, e in tutta la Sua carriera alternò sempre lo studio dei metodi analitici con le applicazioni ai fatti fisici o naturali. Anche
quelle ricerche che hanno il carattere di analisi pura, come lo studio delle equazioni integrali e quello delle funzioni di linee o di
superfìcie, che contengono il germe della moderna topologia funzionale, mirano sempre alla risoluzione di problemi che interessano la Fisica.
Il primo lavoro di Fisica matematica, pubblicalo nel 1881 nel
« Nuovo Cimento », ancora prima della laurea, riguarda il potenziale di un'ellissoide eterogenea sopra se stessa. Appena laureato
il B E T T I lo volle assistente di Meccanica razionale e l'anno dopo,
il 1883, il VOLTERRA a soli 23 anni, vinceva il concorso alla cattedra di questa disciplina nella stessa Università eli Pisa.
In questa sede, per oltre un decennio, incominciò a svolgere
la Sua fervida e geniale attività, gettando il seme di quelle idee
feconde che poi Egli stesso doveva sviluppare con tanto successo.
A questo periodo appartengono : uno studio delle proprietà dei
potenziali binari, dipendenti cioè da due sole coordinate, considerati da un punto di vista generale; ricerche sull'equilibrio e sulla
deformazione delle superficie flessibili e inestendibili, su cui Gli
aveva richiamato l'attenzione una classica memoria di B E L T R A M I ;
studi di questioni di idrodinamica, di elettrostatica, di elettrodinamica. In queste ultime, studiando le equazioni di HERTZ, dimostrò che quelle celebri equazioni, come quelle della dinamica elastica,, possono essere dedotte da un principio variazionale.
Ampie ricerche furono inoltre dedicate allo studio delle equazioni differenziali lineari, alle quali applicò la Sua teoria delle
sostituzioni funzioni di una variabile e in cui dette l'estensione alle
sostituzioni del teorema di CAUCHY sui residui, dimostrando che
i risultati di F u c u s sulle equazioni differenziali lineari possono
essere interpretati alla luce di questa estensione.
Contemporaneamente nel 1887, in una nota lincea, viene introdotto uno dei concetti fondamentali dell'opera analitica di VOLTERRA e cioè il concetto di funzione di linea, suggerito dalla considerazione di alcuni fenomeni elettrici. Per esempio l'azione di
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una corrente elettrica che percorre un circuito filiforme, su un ago
magnetico, dipende dalla linea che costituisce il circuito. Ebbero
così origine quelle ricerche di analisi che lo occuparono poi fino
al termine della vita. Esso si può dire è l'ultima estensione della
nozione di funzione, per cui alla corrispondenza fra punti e valori
di una funzione, si sostituisce il concetto di corrispondenza fra
linee e valori della funzione, o, più in generale, di corrispondenza
fra superficie o spazi a più dimensioni e valori della funzione.
Dello stesso periodo è la grande Memoria apparsa nel 1892
negli «Acta Mathematica» di Stoccolma: Sur les vibrations lumineuses dans les milieux biréfringents, in cui è data una soluzione
rigorosa ed esauriente del problema della propagazione luminosa
da un centro nei mezzi birifrangenti, mettendo in evidenza un equivoco in cui era caduto il LAMÉ, che aveva posto la questione, e che
aveva dato una soluzione in cui comparivano delle funzioni non
uniformi. Di ciò non si era accorta neanche la KOWALEVSKI che si
era servita di quella soluzione per applicare un procedimento di
integrazione di W E I E R S T R A S S . Il VOLTERRA, usando le coordinate
di WEBER, che rappresentano la superficie d'onda di F R E S N E L
mediante funzioni ellittiche, trova un'espressione esatta delle funzioni introdotte da LAMÉ, risolve così completamente il problema
ed estende quindi il principio di HUYGENS ai mezzi birifrangenti.
A questa Memoria seguono poi alcune ricerche sulla propagazione ondosa nei mezzi isotropi e in particolare sulle onde cilindriche, dove riesce a dare una rappresentazione analitica del principio di HUYGENS applicando il metodo delle caratteristiche.
V
T
*r
Nel 1893 il VOLTERRA era chiamato a Torino a coprire la cattedra di Meccanica superiore lasciata da SIACCI e qui poco dopo
rivolgeva la Sua attività ad un nuovo importante problema di Meccanica che interessa la Fisica terrestre, quello dei movimenti propri del polo. Dagli astronomi era stato osservato che le latitudini
dei punti della superficie terrestre subivano delle piccolissime
variazioni di carattere periodico, dovute a spostamenti dell'asse
istantaneo di rotazione della Terra. Diverse ipotesi erano state proposte per dar ragione del fenomeno, pensando a cause geologiche,
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alla elasticità o plasticità della Terra, ad azioni vulcaniche, a perturbazioni meteorologiche, le quali però hanno un carattere accidentale ma non regolare e periodico. Il VOLTERRA avanzò l'ipotesi che gli spostamenti dell'asse di rotazione fossero dovuti a
movimenti interni della massa che non alterano né la forma geometrica, né la distribuzione di densità, come si può ritenere che
avvenga per le correnti marine. Egli allora pensò di generalizzare
le classiche equazioni di EULERO, sul moto di un corpo rigido
intorno a un punto fisso, in assenza di forze esterne, con l'aggiunta di termini corrispondenti a supposti movimenti interni, e
ne ottenne l'integrazione, dando così una rappresentazione delle
polodie abbastanza approssimate a quelle osservate.
Queste belle ricerche di meccanica furono poi dal VOLTERRA
estese ai moti ciclici generali già considerati da HELMIIOLTZ nel
tentativo di dare una base meccanica ai principi della Termodinamica.
Nella stessa epoca, verso la fine del secolo scorso, il VOLTERRA
è ancora attratto dall'analisi pura, dando inizio a quelle ricerche
sull'inversione degli integrali e sulla risoluzione delle equazioni
integrali in cui si può dire culminò la Sua genialità analitica.
Il BELTRAMI aveva già messo in evidenza l'importanza fondamentale per la Fisica matematica del problema dell'inversione
degli integrali ed A B E L aveva già dato la risoluzione di qualche
equazione integrale particolare, come quella che traduce il celebre
problema meccanico che porta il suo nome. Così pure HANKEL
aveva dato un esempio di inversione di integrali in cui compaiono
funzioni cilindriche, ritrovato poi dallo stesso BELTRAMI in una
questione di Elettrostatica. Infine l'integrale doppio di FOURIER si
può considerare determinato da una inversione di integrale. Ma
spetta al VOLTERRA il primato di aver posto in forma generale il
problema della risoluzione delle equazioni integrali, lasciando
cioè indeterminata la forma del nucleo. Malgrado le difficoltà presentate da questa generalità, Egli riuscì a trovare la risoluzione
completa con quei processi iterativi che poi divennero di uso generale nella teoria delle equazioni integrali.
Questo successo, che fa epoca nella storia dell'Analisi, ha avuto
una portata immensa nella scienza matematica. Infatti la teoria
delle equazioni integrali ha aperto un campo estesissimo di indagini in cui si sono cimentati i maggiori analisti del nostro tempo,
ha fornito all'Analisi uno dei mezzi più potenti di ricerca, ha dato
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la possibilità di risolvere molti problemi di Meccanica e di Fisica
matematica. A questo riguardo è da osservare che, mentre per le
equazioni differenziali non esistono metodi generali di risoluzione,
i procedimenti di VOLTERRA consentono in ogni caso di scrivere,
per un'equazione integrale o integro-differenziale, l'espressione
della funzione risolvente sotto forma di serie convergente. Perciò
la riduzione di un problema ad un'equazione integrale equivale
alla sua risoluzione, e molte questioni di Analisi e di Fisica matematica ammettono questa riduzione.
È bensì vero che nel 1903 il matematico svedese FREDHOLM
ha dato la risoluzione dell'equazione integrale con limiti costanti,
che più direttamente può essere applicata ai problemi esistenziali
della Fisica matematica, per cui le ricerche analitiche successive
si sono svolte maggiormente nell'indirizzo di FREDHOLM anziché
in quello di VOLTERRA. Di questo Egli ha conservato sempre una
certa amarezza; ma lo stesso VOLTERRA ha dimostrato che alla
risoluzione di FREDHOLM si arriva applicando gli stessi metodi da
Lui usati, ricordando anche che equazioni a limiti costanti erano
già state da Lui pure considerate.
Nel 1900 il VOLTERRA venne chiamato a Roma alla cattedra
di Fisica matematica, come successore di BELTRAMI, e poco dopo
sposava Virginia Almagià, la devota compagna della Sua vita.
Trascorsi alcuni anni dedicati essenzialmente a diverse attività accademiche, nel 1905 riprendeva la Sua attività scientifica
dedicandosi allo studio di un nuovo problema di equilibrio elastico, cioè quello delle deformazioni che Egli chiamò distorsioni,
che si verificano nei corpi a connessione multipla.
WEINCARTEN aveva indicato la possibilità di deformazioni di
corpi elastici senza l'intervento di forze esterne, possibilità che si
rivela ad esempio quando si considera un anello tagliato lungo
una sezione normale e lo si saldi dopo averne asportato una piccola porzione, oppure si inserisca nel taglio un corpo acuminato.
Il VOLTERRA prese a studiare il fenomeno osservando che le distorsioni sono deformazioni prodotte da discontinuità nelle componenti dello spostamento e dimostrò che questa discontinuità è generata da spostamenti rigidi delle due facce delle superficie di discontinuità. Elaborò quindi una teoria completa ed organica delle
distorsioni elastiche, trattò magistralmente il problema della integrazione delle equazioni di equilibrio nel caso delle distorsioni e
applicò i risultati a casi speciali pei quali ottenne tutti gli elementi
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della deformazione che risultarono pienamente confermati da
esperienze su modelli. Questa teoria ha avuto poi notevoli sviluppi
e applicazioni nella Scienza delle Costruzioni e ha consentito di
risolvere importanti problemi della tecnica, specialmente da parte
del Prof. COLONNETTI.
Il VOLTERRA, portato a collegare sempre i concetti analitici
con quelli fisici, dominato dall'idea di trovare nel mondo fisico e
reale un campo adatto per le applicazioni della Sua teoria sulle
equazioni integrali, onde mettere in luce la sua portata e il suo
valore rispetto ai fatti concreti, trovò questo campo nello studio di
quei fenomeni dai fisici detti di isteresi, o più generalmente ereditari secondo una denominazione dovuta a PICARD.
Si tratta precisamente di quei fenomeni per cui lo stato di
certi corpi non dipende soltanto dalle azioni attuali, ma anche da
tutte le azioni cui sono stati sottoposti in passato. Il concetto fondamentale su cui si basa la considerazione delle cause ereditarie
consiste nell'introdurre nelle equazioni ordinarie una somma di
termini corrispondenti ai diversi stati pei quali il corpo è passato.
Poiché questi stati si deve ritenere che si succedano con continuità, quella somma si riduce a un integrale temporale, che nei
casi più semplici è lineare nelle funzioni incognite, le quali compaiono moltiplicate per certe funzioni che determinano la legge di
eredità e che sono da considerarsi note. In tal modo le ordinarie
equazioni a derivate parziali della Fisica matematica si trasformano in equazioni integrali o integro-differenziali.
Il VOLTERRA, in una nota lincea del 1909, cominciò a costruire
queste equazioni integro-differenziali nel caso dell'elettrodinamica,
partendo dalle equazioni di MAXWELL-HERTZ. Ma non insistette
nello studio di questo fenomeno, e le Sue equazioni furono poi
utilizzate da G R A F F I che ne fece ampie applicazioni allo studio
della propagazione di onde elettromagnetiche.
Il VOLTERRA, invece, sempre fedele all'indirizzo di B E T T I , in
un'epoca in cui in Italia quasi tutti i cultori di Fisica matematica
trattavano problemi di elasticità, si volse preferibilmente allo studio
dei fenomeni di isteresi elastica ed anche in questo caso stabili le
equazioni della statica elastica nell'ipotesi dell'eredità; ne estese
le proprietà fondamentali, come l'unicità della soluzione e il teorema eli reciprocità di B E T T I ; dette le formule integrali di rappresentazione degli elementi della deformazione e degli spostamenti; infine, con grande abilità analitica, riuscì a integrare quelle
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equazioni nel caso di una sfera elastica isotropa quando in superficie sono dati gli spostamenti e le tensioni, conservando la generalità pei coefficienti di eredità.
Queste ricerche in cui viene stabilita una nuova teoria della
statica elastica più aderente alla realtà e di notevole importanza
fisica, non hanno finora dato luogo ad applicazioni più generali,
forse perchè le formule richiedono un'ulteriore elaborazione per
avvicinarle alle necessità pratiche di calcolo. Però di questa teoria
non sono mancate applicazioni fisiche. Invero, in America W E B S T E R
e PORTER se ne sono serviti per lo studio delle vibrazioni di sbarre
metalliche e i risultati delle loro esperienze hanno trovato soddisfacente spiegazione solo per mezzo eli queste teorie ereditarie.
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L'ultima delle teorie matematiche create da VOLTERRA è al
difuori del campo dell'analisi pura e di quello dei fenomeni fisici,
ma riguarda l'applicazione dell'analisi a fenomeni biologici. Un
discorso inaugurale all'Università di Roma, pronunciato nel 1901,
dal titolo : « Sui tentativi di applicazione delle matematiche alle
scienze biologiche e sociali», fu il preludio di queste Sue ricerche
e in una Memoria dell'Accademia dei Lincei del 1926 gettò le
basi di una nuova scienza, la biologia matematica, della quale si
occupò fino al termine della Sua vita, creando un corpo organico
di dottrina che costituisce uno strumento prezioso per lo studio
dei processi della vita.
Il VOLTERRA era stato indotto ad occuparsi di queste questioni
dal Prof. UMBERTO D'ANCONA, che l'aveva invitato a studiare le
fluttuazioni del numero dei pesci dell'Adriatico.
Egli incominciò allora a considerare il caso di due specie conviventi che si contendono lo stesso nutrimento e che si nutrono l'una
dell'altra. In questo caso è evidente che se la prima specie si nutre
della seconda, questa, aggredita dall'altra, diminuisce di numero.
Ma, raggiunto un certo limite, la prima non trova più sufficiente
nutrimento, quindi deperisce e va diminuendo. In conseguenza la
seconda specie comincia ad essere meno danneggiata dalla prima
la cui aggressione si fa meno intensa, per cui la seconda cresce
fino a ritornare alle condizioni primitive. Si ha così un susseguirsi
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di aumenti e di diminuzioni delle due specie che danno luogo a
fluttuazioni aventi carattere periodico.
Basandosi su queste considerazioni e nell'ipotesi che le variazioni del numero degli individui appartenenti a una data associazione siano continue e proporzionali al numero degli individui che
compongono l'associazione medesima, secondo un coefficiente che
è la differenza fra il coefficiente di natalità e quello di mortalità,
il VOLTERRA, ispirandosi a ricerche precedenti di SOTKA, e partendo dalle equazioni che danno l'incremento isolato delle due
specie, coll'aggiunta di termini esprimenti le azioni reciproche,
stabilì un sistema differenziale del primo ordine, facilmente integrabile, che con la rappresentazione grafica dà luogo a due curve
oscillanti, l'una sfasata rispetto all'altra, che rappresentano le
fluttuazioni delle due specie.
Il VOLTERRA stabilì poi le equazioni corrispondenti a un numero qualsiasi di specie conviventi, soggette ad azioni reciproche
di varia natura, mettendo in evidenza delle analogie interessanti
fra le equazioni delle variazioni biologiche e le equazioni fondamentali della meccanica. Introdusse così il concetto di quantità di
vita, come somma degli individui di una specie, viventi fra un
dato istante iniziale e l'istante attuale; in tal modo le equazioni
differenziali delle variazioni divennero del 2° ordine, come quelle
della meccanica.
Potè quindi definire un energia demografica attuale e MXÌ energia demografica potenziale, la cui somma rimane costante come la
somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale nei sistemi
meccanici. Inoltre le equazioni delle fluttuazioni si possono porre
sotto forma lagrangiana e dimostrare quindi che esse derivano da
un principio variazionale e precisamente dall'annullare la variazione prima di una certa espressione che VOLTERRA chiama azione
vitale, e si tratta effettivamente di un principio di minimo.
Il principio di M A U P E R T U I S secondo il quale la nature tend
toujours à Vépargne, trova così una conferma anche nel campo
biologico.
Sono poi certamente suggestive le analogie a cui ho accennato,
le quali, pur essendo sostanzialmente formali, mettono in luce
l'unità delle leggi che governano i fenomeni naturali.
Le teorie di VOLTERRA hanno dato luogo a sviluppi ed estensioni di vario genere e sono state oggetto di controlli sperimentali
mediante culture artificiali di varie specie di bacteri e i risultati
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di queste indagini hanno generalmente confermate quelle teorie.
Alle stesse teorie si può dire che si collegano gli studi sui
bacteri resistenti (duri a morire), che subito dopo l'ultima guerra
hanno avuto grande importanza in America e dei quali con tanto
successo si è occupato il collega TRICOMI.
Non mi soffermerò ora sulle altre ricerche specifiche di VOLTERRA, la cui opera scientifica, veramente monumentale, si compendia in ben 283 pubblicazioni. Accennerò ancora soltanto alla
teoria della composizione delle funzioni permutabili, che fu ideata
per la risoluzione delle equazioni integrali, ma che fu estesa in
modo da costituire un capitolo autonomo, fra i più importanti
dell'analisi matematica.
Le varie teorie di VOLTERRA, che inizialmente potevano sembrare staccate, mano mano che si sono sviluppate ed estese sono
apparse collegate organicamente fra loro in modo da costituire
un unico grandioso edificio in cui le parti si sostengono e si completano armonicamente a vicenda.
Questa opera grandiosa doveva essere riassunta in un grande
trattato in tre volumi dal titolo : Théorie generale des fonctionnelles, e che doveva comprendere tutte le Sue teorie e le loro applicazioni all'Analisi, alla Meccanica, alla Fisica matematica, alla
Biologia, alla Statistica, all'Economia politica, e presentare inoltre
un quadro completo delle teorie contemporanee di altri autori sulle
equazioni integrali. Di questi volumi è stato pubblicato soltanto il
primo nel 1936, scritto in collaborazione con P É R È S , SUO allievo
ed amico, ora decano della Facoltà di Scienze della Sorbona. In
esso sono stabiliti i fondamenti della teoria dei funzionali, è esposta la teoria delle equazioni integrali, sia per quelle di VOLTERRA
che per quelle di FREDHOLM, sono dati gli sviluppi in serie di funzioni ortogonali che si connettono con le equazioni integrali, infine
si trovano i principi di una teoria delle equazioni integrali non
lineari.
Ma qualche anno dopo la pubblicazione di questo primo volume
la salute di VOLTERRA cominciò a declinare; poi venne il triste
periodo della guerra, indi la Sua morte, e l'opera restò così incompiuta.
Prima di quest'opera però altri trattati di analisi erano stati
da Lui pubblicati, editi a Parigi in lingua francese, e cioè: Leqon
sur les équations intégrales et les équations
intégro-difjérentielles
(1913). Leqon sur les fonctions de lignes (1913). Leqon sur la
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composition et les fonctìons permutables (1924). Opératlons infinitésimales linéaires (1938). In quest'ultima, scritta in collaborazione con HOSTINSKY, viene presentata la Sua teoria delle sostituzioni funzioni di una variabile, di cui ho già parlato.
* * *
oltre che grande scienziato, fu anche un
sapiente e tenace organizzatore, e si può dire che le più importanti
istituzioni scientifiche sorte in Italia nei primi venticinque anni di
questo secolo, furono create od ebbero dal VOLTERRA il-maggiore
impulso.
Dall'idea da Lui lanciata a Milano nel 1906 in un congresso
di Naturalisti Italiani, ebbe origine, con generale consenso, la
Società Italiana per il Progresso delle Scienze, il cui primo congresso fu tenuto a Parma nel 1907, sotto la presidenza, unanimemente voluta, del VOLTERRA, che nel memorabile discorso inaugurale ne tracciò il programma e ne dimostrò la grande utilità.
Ancora per iniziativa di VOLTERRA, la stessa Società dette origine, nel 1909, al Comitato talassografico italiano, destinato a
studiare i problemi fisici e biologici del mare, in collaborazione
con le altre Nazioni che avevano già intrapresi questi studi. A
queste ricerche il VOLTERRA recò contributi di alta importanza,
coi famosi lavori di cui ho parlato e che si compendiano nelle
Leqons sur la théorie mathématigue de la lutte pour la vie, contenenti un corso di conferenze tenute alla Sorbona nell'inverno
1929-30.
Ma a proposito delle grandi doti organizzative del VOLTERRA
devo ricordare ancora che nel 1904, incaricato dal Governo Italiano della riorganizzazione del Politecnico di Torino, visitò le
principali Scuole di Ingegneria della Svizzera e della Germania
per studiarne il funzionamento. Il materiale raccolto venne pubblicato in una accurata relazione e due anni dopo illustrò al Senato
il progetto per la fondazione del Politecnico.
Arrivati alla soglia della prima guerra mondiale, il VOLTERRA,
pervaso di amore e di entusiasmo per la causa della libertà, sostenuta dalla Francia e dall'Inghilterra, e animato dall'aspirazione
allora dominante di riunire alla madre patria le città irredente di
Trieste e di Trento, si adoperò caldamente per l'intervento dell'Italia in guerra. Scoppiato il conflitto volle prendervi parte come
VITO
VOLTERRA,
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volontario, sebbene avesse già compiuto i 55 anni, dedicandosi al
perfezionamento dell'arma dei dirigibili, su cui allora si faceva
grande assegnamento. Ma Egli dette prova non solo di dottrina,
bensì anche di alte virtù militari, riconosciute nel Suo stato di servizio, che Gli procurarono una promozione per meriti eccezionali
e il conferimento della Croce al Merito di Guerra.
Prolungandosi la guerra, nel 1917 veniva incaricato di fondare e di dirigere in Roma un Ufficio di Invenzioni e Ricerche, il
quale, in contatto con uffici analoghi esistenti nei paesi alleati,
doveva studiare ogni scoperta, tecnica o scientifica, che potesse trovare applicazione nella condotta della guerra. A pace raggiunta
cercò di indirizzare le istituzioni create durante il conflitto europeo
a scopi scientifici.
Mediante la collaborazione degli scienziati delle Nazioni alleate
partecipò quindi alla creazione di un Consiglio Internazionale
delle Ricerche, che poi qui da noi dette origine all'attuale Consiglio Nazionale delle Ricerche, di cui il VOLTERRA fu il primo
presidente e che da Lui ebbe i primi ordinamenti.
Ma fu soprattutto all'Accademia dei Lincei che Egli volse maggiormente le Sue cure. Questa Accademia lo aveva chiamato nel
suo seno a soli 28 anni e ad essa il VOLTERRA dette lustro e decoro
non soltanto per la Sua costante ed efficacissima collaborazione
agli Atti accademici, ai quali affidò sempre la pubblicazione di
quei lavori che Egli stimava fra i Suoi migliori, ma altresì per
l'alto contributo che Egli dette al miglioramento della sistemazione
edilizia, all'incremento della dotazione e delle fondazioni dei
premi, al riassetto, alla conservazione e all'accrescimento del preziosissimo patrimonio della Biblioteca, all'ampliamento delle attività culturali.
Egli fu vice Presidente dell'Accademia dei Lincei dal 1920 al
1923, e Presidente della medesima dal 1923 al 1926. Il prestigio
e la fama mondiale che il VOLTERRA godeva, l'amicizia che Egli
aveva cogli scienziati più illustri di tutte le nazioni, consentirono
all'antico consesso di partecipare attivamente alla vita scientifica
internazionale e quel periodo fu fra i più luminosi per il nostro
Istituto.
V I T O VOLTERRA, amante delle arti belle e della musica, aveva
un raffinato senso di artista che si manifesta in tutta la Sua opera.
Egli era convinto che per costruire in Matematica, come in ogni
ramo dello scibile, si debba nutrire un'inclinazione artistica. Infatti
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nel Suo celebre discorso «Le matematiche in Italia nella seconda
metà del secolo xix », pronunciato nel 1908 a Roma in occasione
del IV Congresso internazionale dei matematici, Egli diceva testualmente: « I l sentimento artistico, inteso nel suo significato più alto
e comprensivo, ha avuto ed ha una gran parte nelle scoperte geometriche. Si comprende quindi come la Matematica, la scienza che
non solo è la più pura e la più ideale, ma è la più schiettamente
artistica delle scienze, abbia potuto trovare, sin dalle epoche lontane un terreno favorevole per svilupparsi in Italia, ove il genio
artistico è innato nelle genti ».
Dotato di vasta e prodigiosa cultura, non solo scientifica, ma
anche storica e letteraria, in quanto conosceva quasi tutte le opere
classiche ed era al corrente della letteratura internazionale, VITO
VOLTERRA fu anche un brillante espositore e alla meravigliosa
attività di ricercatore collegò per quasi tutta la Sua vita quella eli
conferenziere e di trattatista.
Egli fu chiamato ad esporre le Sue teorie in tutti i principali
centri di Europa e di America, e in varie occasioni pronunciò
discorsi inaugurali e commemorativi che sono rimasti memorabili.
Ricordo fra gli altri il celebre discorso tenuto nel 1912 in occasione dell'inaugurazione del Rice Institute di Houston, nel Texas,
in cui con un'analisi profonda ed acuta, in molti punti emozionante, tracciò la biografia del grande HENRI POINCARÉ. COSÌ pure
il discorso del 1908, al quale ho già accennato, in cui dette un'ampia visione panoramica delle opere dei più illustri matematici italiani di quel tempo, a cominciare da quelle di LUIGI CREMONA,
dimostrando l'influenza che esse ebbero nello sviluppo internazionale dei diversi rami della Matematica.
Egli commemorò con grande efficacia ed espressioni sincere il
Suo Maestro ENRICO B E T T I , EUGENIO BELTRAMI, GEORGE GABRIEL S T O K E S , GIOVANNI VAILATI, VALENTINO CERRUTI,
POINCARÉ, A R T H U R
GORDAN W E B S T E N ,
ERIC
IVAR
HENRI
FREDHOLM,
Oltre questi matematici, con pari acutezza di analisi commemorò
anche i fisici AUGUSTO R I G H I , PIETRO BLASERNA, HENDRIK ANTON LORENTZ, il chimico STANISLAO CANNIZZARO, il biologo Luis
PASTEUR e il letterato FRANCESCO D'OVIDIO.
Al VOLTERRA, venuto in grande fama in Italia e all'estero, non
mancarono, giustamente, riconoscimenti ed onori. Gli fu conferito
il titolo di Dottore honoris causa dalle Università di Cristiania,
Oslo, Stoccolma, Cambridge, dalla Clark University degli Stati
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Uniti, dalla Sorbona, e dalle Università di Strasburgo, di Edimburgo, di Oxford ed altre. Fu insignito di numerose decorazioni
italiane e straniere e appartenne a numerosissime Accademie e
Società scientifiche che sarebbe lungo enumerare.
Egli ebbe rapporti strettissimi cogli scienziati francesi del Suo
tempo, dimorò assai spesso a Parigi, dove ebbe alti onori e occupò
anche cariche importanti quali la Presidenza del « Bureau International des poids et mesures ». Le Sue insigni benemerenze e le
Sue singolari capacità furono anche riconosciute dal Governo Italiano che nel 1905 lo nominò Senatore del Regno.
Ai lavori legislativi del Senato Egli partecipò attivamente e si
occupò, oltre che dell'organizzazione del Politecnico di Torino,
anche della Scuola di Applicazione di Pisa e di altri Istituti Universitari, nonché di progetti di legge estranei alla cultura matematica e alla scuola, concernenti per esempio la ricerca e l'utilizzazione delle sostanze radioattive, la protezione e lo sviluppo dell'industria della pesca, la sistemazione della rete telegrafica e telefonica nazionale.
Il VOLTERRA, fedele per tutta la Sua vita alle Sue opinioni politiche e ai Suoi ideali di libertà, fu tra i pochissimi che nel 1931,
con nobile e calma fierezza non volle piegarsi all'imposizione del
giuramento di fedeltà al fascismo. Dovette quindi perdere la cattedra e successivamente fu destituito da tutte le Accademie e Istituti culturali italiani.
Ma Egli continuò serenamente il Suo lavoro scientifico, rifiutando di abbandonare l'Italia, come Gli veniva offerto da varie
parti. Accettò solo di continuare i corsi all'Institut Henri Poincaré
eli Parigi e per alcuni anni anche all'Università di Madrid.
Nel 1936 il Pontefice Pio XI, all'atto della fondazione della
Pontificia Accademia delle Scienze, lo nominava membro di questa
in riconoscimento elei Suoi alti meriti scientifici. Negli atti della
stessa Accademia veniva pubblicata nell'estate del 1940, pochi
giorni prima della morte, la Sua ultima Memoria sulla « Energia
nei fenomeni elastici ereditari ».
La malattia di cuore di cui soffriva dal 1919, anche in conseguenza delle fatiche cui si era sottoposto durante la guerra, le sofferenze morali patite nel triste periodo fascista, avevano scosso
fortemente la Sua fibra robusta e all'alba del 10 ottobre 1940 cessava di vivere nella Sua Villa di Ariccia sui Colli Albani. Si spegneva così una luce che per oltre mezzo secolo aveva brillato d'in-
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tenso fulgore tenendo alto il prestigio nel mondo della Scienza
matematica italiana.
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Parlerò ora brevemente di CARLO SOMIGLIANA, la cui figura è
ancora molto viva in noi che l'abbiamo avuto come Maestro o come
Collega, che in questa Università ha insegnato per ben 32 anni e
che di questo Seminario Matematico si può considerare il fondatore, avendo Egli dato vita a quella raccolta di « Conferenze di
Fisica e di Matematica » dell'Università e della Scuola di Ingegneria di Torino, continuata poi con gli attuali Rendiconti.
Il SOMIGLIANA, amico e compagno di studi di VOLTERRA in
quella Scuola Normale Superiore di Pisa dove insegnavano U L I S S E
DINI ed ENRICO B E T T I , subì anch'Egli il fascino degli insegnamenti del B E T T I e la parte più cospicua delle Sue ricerche scientifiche fu rivolta allo studio di problemi inerenti alla statica e alla
dinamica elastica, in cui, come ho già detto al principio, ha lasciati
risultati d'importanza fondamentale, divenuti ormai classici.
Egli iniziò la Sua carriera didattica, come assistente presso
l'Università di Pavia, nel 1887; fu nominato straordinario di
Fisica matematica, in seguito a concorso, a partire dal primo
ottobre 1892, presso la stessa Università, e fu promosso ordinario
il primo dicembre 1896. Il primo dicembre 1903 venne trasferito
come ordinario di Fisica matematica presso l'Università di Torino
e in questa sede ha quindi insegnato ininterrottamente fino al
29 ottobre 1935, epoca in cui, per raggiunti limiti di età, fu collocato a riposo e nominato quindi professore emerito.
In questo lungo periodo, oltre l'insegnamento ufficiale, il SOMIGLIANA ha svolto anche una notevole e varia attività in Commissioni di concorso per cattedre universitarie, in convegni e congressi
scientifici e in adunanze delle diverse accademie di cui faceva
parte, attività che si è protratta fino a quasi la vigilia della Sua
morte con conferenze, prima qui a Torino e poi nel Seminario
Matematico e Fisico di Milano.
Egli ha ricoperto la carica di Preside della Facoltà di Scienze
di Torino dal 1920 al 1933; è stato membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione dal 1911 al 1915; presidente del
Comitato nazionale geodetico e geofisico del Consiglio Nazionale
delle Ricerche dal 1922 al 1926; presidente della Società Italiana
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per il Progresso delle Scienze negli anni 1924, 1925 e del Comitato glaciologico dal 1910. Oltre che dell'Accademia delle Scienze
di Torino il SOMIGLIANA era Socio dell'Accademia Nazionale
dei XL; Accademico Nazionale dei Lincei, Accademico Pontificio,
Membro effettivo dell'Istituto Lombardo, Socio corrispondente dell'Istituto Veneto e dell'Accademia delle Scienze di Padova, Membro de la Société Helvétique des Sciences Naturelles, Accademico
d'Italia dal 16 giugno 1939, premio per le matematiche nel 1924.
Benché lombardo di nascita il SOMIGLIANA ha avuto uno spiccato attaccamento alla città e all'Università di Torino, ove la Sua
caratteristica e simpatica figura di uomo e di scienziato era ben
nota in tutto l'ambiente culturale. Così pure particolare predilezione e interessamento ha sempre avuto per l'Accademia delle
Scienze di Torino alle cui adunanze è stato quasi sempre presente
ed attivo, anche quando l'età avanzata e la lontananza dalla sede
rendevano malagevole la Sua partecipazione.
Di carattere aperto e leale, sebbene in apparenza alquanto rude
e autoritario, il SOMIGLIANA era dotato di un animo nobile e generoso, cordiale e affettuoso coi colleghi, comprensivo verso gli allievi,
portava sempre nelle discussioni una nota di serenità e di equilibrio. Appassionato delle bellezze della natura, e soprattutto della
montagna, amava indirizzare le Sue profonde conoscenze fisiche e
matematiche e la Sua abilità analitica, allo studio dei fenomeni
naturali. Perciò sin da giovane lo vediamo esperto alpinista che ai
doveri accademici e alla ricerca scientifica associa il desiderio
intenso di risalire le vette più eccelse delle nostre Alpi, di gustare
le vedute incomparabili, ascoltare il crepitio dei ghiacciai, osservarne il lento movimento per poi fondare una teoria matematica,
d'importanza capitale per la Glaciologia, la quale dalle misure
superficiali di velocità consente di ricavare la profondità di un
ghiacciaio e la sua configurazione.
L'opera scientifica di CARLO SOMIGLIANA, che si estende a
campi svariati della matematica, anche quando tratta questioni di
Analisi o di Geometria, è generalmente rivolta all'indagine di fenomeni fisici e meccanici e allo studio di problemi che hanno grande
interesse per la Fisica terrestre e si uniforma ai metodi classici
della Fisica matematica. Le Sue ricerche comprendono oltre un
centinaio fra note e memorie originali. Molte di esse, quelle che
riassumono l'opera Sua, furono pubblicate in un volume di « Memorie Scelte », che gli fu offerto in occasione del Suo 75° anno
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di età, quando lasciava l'insegnamento tenuto per 43 anni nelle
Università di Pavia e di Torino.
Sin dal Suo primo lavoro pubblicato nel « Nuovo Cimento »
nel 1885, e relativo all'equilibrio di un corpo elastico, il SOMIGLIANA rivela una grande padronanza nell'uso dei metodi della
Fisica matematica e un'abilità particolare nel risolvere nel modo
più semplice ed elegante questioni che allora, nell'indirizzo di
B E T T I , venivano studiate da un gran numero di matematici italiani.
Ma la Sua memoria fondamentale è quella pubblicata qualche
anno dopo negli Annali di Matematica, ove stabilisce, per le funzioni che rappresentano gli integrali delle equazioni della elasticità, una teoria analoga a quella delle funzioni potenziali, trovando delle formule, alle quali oramai è legato il Suo nome, le
quali danno nella maniera più semplice possibile, e in forma molto
espressiva le componenti dello spostamento in un punto interno
al corpo elastico per mezzo delle forze di massa, delle forze superficiali e degli spostamenti in superficie, formule che costituiscono
le analoghe di quelle di G R E E N per le funzioni armoniche e delle
quali il SOMIGLIANA si serve per risolvere problemi particolari di
elasticità.
Alla statica elastica Egli ha dedicato diversi altri lavori in ciascuno dei quali ha studiato un aspetto nuovo della questione, o
ne ha fatto una nuova applicazione, o ha stabilito delle relazioni
con altri fenomeni ed altre teorie, o ha precisato alcuni concetti
fondamentali. Dopo che il VOLTERRA ebbe sviluppata magistralmente la teoria delle distorsioni elastiche, il SOMIGLIANA, riprendendo la questione da un nuovo punto di vista, apportava a questa
teoria contributi nuovi e cospicui, dando ad essa un assetto generale e definitivo. Invero il VOLTERRA per lo sviluppo della Sua
teoria aveva ammesso, oltre l'ipotesi della continuità delle componenti della deformazione, anche quella della continuità delle
loro derivate prime e seconde. Il SOMIGLIANA abbandonando quest'ultima condizione, che in via assoluta non è necessaria, fu condotto ad una teoria delle distorsioni più generale, valida sia che si
tratti di corpi pluriconnessi, o di corpi semplicemente connessi,
inquadrando così in una cornice più ampia la teoria che VOLTERRA
aveva felicemente creata.
Ma se la Statica elastica aveva costituito uno dei campi al
quale il SOMIGLIANA aveva dedicato con successo gran parte della
Sua attività scientifica, non meno importanti sono le Sue ricerche
3
— u —
sulla Dinamica elastica. Di particolare rilievo è un poderoso lavoro
pubblicato in tre note negli Atti dell'Accademia delle Scienze di
Torino, negli anni 1906, 1907, in cui il SOMIGLIANA con un procedimento analogo a quello seguito per stabilire le Sue formule fondamentali della Statica elastica, trova le corrispondenti formule
integrali nel caso del movimento.
Di notevole interesse per la Geodinamica sono poi alcuni lavori
relativi alla propagazione delle onde sismiche in cui considera, da
un punto di vista generale, il problema della propagazione di
onde piane in un suolo piano illimitato e infinitamente profondo,
arrivando ad alcuni notevoli risultati che danno una interpretazione più ampia delle onde superficiali di RAYLEIGH.
Sempre pronto ad affrontare i problemi che interessano le
vicende fisiche del nostro globo, dalla conoscenza diretta acquisita
nelle Sue escursioni alpine dei fenomeni che accompagnano il
lento movimento dei ghiacciai, il SOMIGLIANA è portato a concepire una teoria organica e rigorosa relativa alla determinazione
analitica della profondità dei ghiacciai che viene elegantemente
sviluppata in diverse note pubblicate nei Rendiconti dei Lincei
del 1921 e successivamente completata in altri lavori.
Un altro campo di ricerche al quale il SOMIGLIANA ha dedicato la Sua intensa attività scientifica, in numerosi lavori pubblicati a cominciare dal 1926, è quello relativo alla teoria generale
del campo gravitazionale esterno al geoide ellissoidico e d'importanza capitale per la Geodesia e la Geofisica, stabilendo relazioni
nuove fra i valori della gravità e le costanti geometriche del geoide,
relazioni che mettono in luce nuove possibilità di determinazione
di queste costanti mediante sole misure di gravità.
Oltre le ricerche fondamentali alle quali ho accennato, numerose altre ne ha compiute il SOMIGLIANA nei diversi campi della
Fisica matematica, trattate sempre con profondità di indagine, con
rigore analitico e con genialità di vedute. Esse riguardano i potenziali newtoniani di superficie e di doppio strato, i campi newtoniani simmetrici rispetto a un asse, questioni sulla conduzione del
calore, problemi di induzione magnetica ecc.
Diverse memorie sono poi dedicate all'Analisi pura. Ma anche
queste hanno quasi sempre attinenza con risultati di altri Suoi
lavori, o sono relative allo studio di equazioni differenziali che
intervengono in questioni fisico-meccaniche, o che ne sono la generalizzazione.
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Molta dell'attività di SOMIGLIANA è stata anche prodigata in
relazioni e conferenze scientifiche e in varie commemorazioni.
Ricordo soprattutto le comunicazioni che riguardano la vita
scientifica, la letteratura e le opere di ALESSANDRO VOLTA; il discorso inaugurale sulla scienza pura e le applicazioni, pronunciato
a Pavia nel 1925 in occasione del XIV Congresso della Società
Italiana per il Progresso delle Scienze; le belle e limpide commemorazioni di EUGENIO BELTRAMI, di GIACINTO MORERA, di HENRI
POINCARÉ,
di
ORAZIO
TEDONE,
di
ENRICO
D'OVIDIO,
di
GIAN
e infine di V I T O VOLTERRA e TULLIO LEVICIVITA, che rivelano una profonda conoscenza delle loro opere e
una grande ammirazione per essi.
Negli ultimi anni della Sua vita, trascorsi nella quiete della
Sua villa in Casanova Lanza Egli conservava ancora integro l'amore
per la Scienza, la virtù di assimilazione, lo spirito critico. Gli
ultimi Suoi lavori, che portano la data del 1952, costituiscono una
lucidissima esposizione, accompagnata da una logica discussione
di una teoria elaborata da MILANKOVITCH, tendente a spiegare i
fenomeni climatici nelle diverse ere geologiche in base alle variazioni secolari e millenarie del moto kepleriano della Terra, che
sono prodotte dall'azione gravitazionale degli altri pianeti.
ANTONIO
MAGGI,
* *
*
Tutta l'opera di V I T O VOLTERRA e di CARLO SOMIGLIANA è,
come ho già detto, improntata alle vedute classiche della Fisica
matematica. Delle moderne teorie della Relatività, come pure della
meccanica quantistica e della meccanica ondulatoria, colle quali
arditamente si è cercato di trovare nuovi fondamenti alle scienze
fisiche, rinnovando concetti che da secoli ne sono stati la base, il
VOLTERRA non si è affatto occupato. Egli è stato soprattutto un
creatore di teorie nuove, e poco si è interessato di quelle create da
altri, avendo sempre di mira quelle da Lui stesso ideate e sviluppate con mezzi propri.
Il SOMIGLIANA invece è restato sempre dubbioso nei riguardi
di quelle teorie, come risulta dalle opinioni spesso manifestate
nelle conversazioni e come si deduce da alcuni suoi lavori. Egli
riteneva che quei fenomeni che con quelle teorie avevano trovato
una brillante spiegazione, si potessero spiegare anche con una sem-
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plice generalizzazione analitica delle equazioni che stanno a base
della meccanica newtoniana, e questa generalizzazione, Egli dice,
è probabilmente la più opportuna e la meno pericolosa in confronto alla introduzione di concetti nuovi ed ipotesi fondamentali
nuove, che raramente resistono alla critica. Ma si era nel tempo
in cui quelle teorie incominciavano a diffondersi e venivano sottoposte al vaglio della critica, dando origine alle più accese discussioni; e chi, come VOLTERRA e SOMIGLIANA, era stato educato in
una Scuola retta da Maestri di pura concezione classica, difficilmente si sentiva portato a rinunciare ai fondamenti secolari della
Meccanica e della Fisica matematica classica per abbracciare le
nuove teorie.
Non per questo la loro opera è meno grandiosa, ed essa costituirà sempre una base feconda di ispirazioni per i futuri ricercatori.
D'altronde, anche il LEVI-CIVITA, che con R I C C I CURBASTRO
aveva creato il calcolo differenziale assoluto, strumento adatto per
lo sviluppo matematico della teoria della Relatività, e che a quella
teoria dedicò molte delle sue ricerche, era dell'opinione che il
mondo fisico reale non è in via assoluta né newtoniano, né einsteniano. Infatti, egli scriveva : « La meccanica e la fisica classica
non sono cose oltrepassate che abbiano soltanto un interesse storico.
All'opposto è certo che la meccanica newtoniana offre un sussidio
così appropriato per la maggior parte delle ordinarie contingenze,
non soltanto tecniche, ma anche astronomiche e fisiche, che il suo
studio dovrà sempre essere coltivato e sempre si dovrà cercare di
educare l'intuizione meccanica, sia statica che dinamica su di essa
fondata ».
Con la morte di SOMIGLIANA si è chiuso, si può dire, il periodo
aureo della Fisica matematica classica, che qui in Italia ha avuto
cultori sommi come B E T T I , BELTRAMI, CREMONA, CERRUTI, LAURICELLA, ALMANSI, e quasi contemporaneamente VOLTERRA, LEVICIVITA e SOMIGLIANA. Dico di quella Fisica matematica che trova
le sue origini e i suoi fondamenti nei lavori di LAPLACE, POISSON,
LAMÉ, NAVIER, FOURIER, G A U S S , RIEMANN, K I R C H H O F F ,
HELM-
ed altri, fino al nostro B E T T I , e che è dominata dalle equazioni differenziali alle derivate parziali, la cui integrazione costituisce il problema fondamentale. Attraverso lo studio di queste equazioni essi avevano ravvisato, per dirla con parole
dello stesso VOLTERRA, « l a chiave che può aprire il varco a molti
HOTZ, KELVIN, CAUCHY,
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oscuri misteri dell'Universo ed un mezzo per riassumere in pochi
simboli una sintesi che abbraccia e collega vasti e disparati risultati
di diverse scienze ». Invero, le equazioni differenziali che reggono
l'elastodinamica, la meccanica dei fluidi, la propagazione del calore
e l'elettromagnetismo, che sono gli argomenti tradizionali della
Fisica matematica, si riducono come si sa a pochi tipi, che vengono
classificati a seconda della possibilità o meno di ammettere un
fronte d'onda.
Ma il vertiginoso progresso delle scienze tecniche e fisiche, che,
incominciato ad accentuarsi a partire dalla fine della prima guerra
mondiale, ha successivamente subito una evoluzione cosi rapida
e radicale da lasciare sbalorditi, ha pure avuto profondi riflessi
sulla Fisica matematica. Diversi rami di essa si sono staccati per
formare discipline autonome, e, appropriandosi degli argomenti che
più direttamente li interessano, li hanno eretti a principi fondamentali propri.
Lo sviluppo prodigioso della fisica moderna, anelante alla conquista di nuove verità e di nuove fonti di energia, ha determinato
poi il sorgere di una nuova scienza, la Fisica teorica, che della
matematica si serve per le sue previsioni in campi ancora inesplorati, partendo da ipotesi suggerite dall'esperienza e affidando alla
esperienza la verifica di quelle previsioni.
Con l'evoluzione della tecnica e della Fisica, la Fisica matematica si è dunque trovata in parte menomata e sotto certi aspetti
in una posizione arretrata. I fisici a buon diritto hanno reclamato
una revisione dell'ordinamento dei corsi e dei programmi per la
laurea in Fisica, con uno svolgimento adeguato di quei metodi
matematici che a loro servono più direttamente.
Ma i metodi matematici della fisica sono proprio quelli che gli
artefici della Fisica matematica classica hanno creato e sviluppato,
determinando nello stesso tempo degli sviluppi grandiosi sia nell'Analisi pura che nelle scienze applicate. A quei metodi sono pervenuti attraverso lo studio di problemi concreti della fìsica, partendo da ipotesi semplici suggerite dall'esperienza.
Il fisico pertanto non deve avere solo una conoscenza pura di
quei metodi, ma deve essere educato in modo da sviluppare in
esso quel senso fisico ed analitico che gli consenta di saper impostare esattamente una data questione, trovare il metodo più adatto
per risolverla, e applicarlo col dovuto rigore per giungere a risultati che rispecchino la realtà.
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Questo si può ottenere soltanto inquadrando quei metodi in
quelle teorie organiche e armoniose che la Fisica matematica ci
offre.
Il compito di questa scienza non è dunque terminato, ma al
contrario, indirizzando i suoi studi verso i nuovi campi che la
fisica ci ha aperto, come la fisica dell'atomo, quella del plasma,
l'astrofisica, la magnetofluidodinamica, la moderna aerodinamica,
essa, coi suoi metodi classici, o con quelli che ancora potrà creare,
offrirà ai nuovi ricercatori la possibilità di affrontare e di risolvere anche le questioni più difficili che si presentano nella fisica
moderna.
In tal modo a noi, vigili e gelosi custodi, ci sarà dato di conservare l'inestimabile patrimonio che i nostri predecessori ci hanno
tramandato, e, se possibile, aumentarlo.
Questo sarà inoltre il modo migliore per onorare le figure dei
grandi Maestri che oggi abbiamo qui evocato e sarà il monumento
più elevato che noi possiamo erigere per rendere eterna la loro
memoria.