ILLUSIONI made in Italy

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L’ETICHETTA ITALIA PERDE TERRENO VERSO I COMPETITOR
ILLUSIONI made in Italy
Nel food e nel lusso c’è il potenziale per essere un benchmark. Ma le analisi su
Usa e Cina svelano posizioni secondarie. Di cui, peraltro, non c’è consapevolezza.
di Vanna Assumma
Italia si difende. Ma
non segna. Cioè, non
conquista nessun primato. Lo dicono due
recenti ricerche sul
‘Made in’, ovvero
sull’appeal esercitato
dal Paese di origine dei
prodotti, che bacchettano la velleità degli
imprenditori nostrani di considerare universalmente riconosciuto al made in Italy
l’aura della ‘grande bellezza’, il valore del
‘ben fatto’ e della cura artigianale. Invece, secondo “Rebranding Made in Italy”,
indagine di fine 2013 commissionata da
Saatchi & Saatchi Italia e condotta dall’istituto di ricerca canadese Hotspex, è vero
che in Usa la notorietà dei nostri prodotti
è elevata, ma vengono vissuti come privi di
personalità e fascino (elementi che invece
vengono attribuiti ai brand francesi). Se
vogliamo dirla con una battuta americana,
il made in Italy è considerato nel Paese a
stelle e strisce “the mum rather than the
mistress”, cioè è assente nei prodotti italiani proprio l’elemento della seduzione.
Peggiora la situazione in Cina dove, sempre secondo questo studio, la brand awareness delle etichette tricolori è decisamente
più bassa di quella francese, e nella mente
dei consumatori con gli occhi a mandorla
l’Europa è la Francia. Passando invece alla
seconda ricerca, quella di FutureBrand diffusa in febbraio, l’Italia è al quinto posto
nel mondo per l’immagine del suo ‘Made
in’, anche se conquista il secondo gradino del podio, dopo gli Usa, se si prende
in considerazione solo il fashion, mentre
’
L
26 PAMBIANCO MAGAZINE 28 aprile 2014
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analizzando la categoria-lusso raggiunge il
terzo livello dopo Svizzera e Francia. Ricapitolando: lo Stivale si difende bene nel
ranking internazionale, ma forse avrebbe
le potenzialità per superare la Francia nel
food e per attaccare il primato della Svizzera nel lusso. C’è quindi ancora molto da
lavorare sulla forza dell’origine come leva
di marketing dei nostri brand. Stupisce,
tuttavia, il fatto che gli italiani attribuiscano ai loro prodotti valori che non vengono
riconosciuti all’estero. Gli industriali nazionali sono cioè convinti che il buon gusto secolare, che deriverebbe secondo loro
dal vivere in un posto che è stato la culla
della storia e dell’arte, si possa trasmettere facilmente. Da queste ricerche emerge
allora la necessità di investire sul valore
strategico della comunicazione e anche sul
branding applicato ai Paesi, pur nella considerazione di fondo che il problema della
reputazione del made in Italy nella mente
dei consumatori di tutto il mondo è molto
più articolato, e coinvolge ragioni politiche,
strutturali e legate alla cultura manageriale
italiana.
Désirée Di Leo
Giuseppe
Caiazza
MEGLIO IN USA, MALE IN CINA
Entrando nello specifico, l’indagine di
Saatchi&Saatchi, che ha utilizzato un metodo innovativo legato alla mappatura tri-
dimensionale delle emozioni, ha analizzato
la percezione del made in Italy e del made
in France in Usa e in Cina, con interviste
focalizzate sulle categorie premium del
fashion, design, food. Partendo dagli Stati
Uniti, il primo elemento che emerge è che
i consumatori considerano il made in Italy
e il made in France uguali dal punto di vista della brand awareness. Cioè il livello di
notorietà è lo stesso. Però alle label italiane
vengono riconosciuti elementi quali la forte qualità, la buona fattura, la credibilità e la
genuinità, mentre le etichette francesi vengono soprattutto percepite come sfiziose,
originali, dotate di una decisa personalità.
Caratteristiche che in alcuni casi diventano estreme e deviano verso considerazioni
negative, motivo per cui i prodotti francesi
sono anche percepiti come troppo arroganti e in un certo senso eccessivi. “Da ciò
deriva - osserva Giuseppe Caiazza, CEO
di Saatchi&Saatchi Italia e head of automotive business Saatchi&Saatchi Emea che i prodotti italiani in Usa sono percepiti
come più equilibrati, anzi, nel mercato a
stelle e strisce la brand equity del made in
Italy è più alta di quella del made in France.
Ciononostante, a differenza di quello che
pensano molti imprenditori nostrani, nel
vissuto dei prodotti italiani non traspaiono
personalità e fascino”.
LA TOP TEN DEI DIVERSI ‘MADE IN’
Ranking globale e classifica settore per settore. Percezione del prodotto
Stato
Cibo e
bevande
1
USA
Francia
USA
Germania
2
Francia
Italia
Francia
Giappone
3
Germania
Spagna
Svizzera
USA
4
Giappone
USA
Regno Unito
Italia
5
Italia
Giappone
Germania
Regno Unito
Cina
Giappone
USA
6
Regno Unito
Germania
Giappone
Francia
Svezia
Svezia
Giappone
7
Svizzera
Regno Unito
Italia
Svezia
Finlandia
Spagna
Germania
8
Svezia
Svizzera
Australia
Corea del Sud
Canada
Germania
Belgio
9
Cina
Turchia
Svezia
Cina
Taiwan
Turchia
Svezia
10
Corea del Sud
Belgio
Tailandia
India
Italia
Cina
Spagna
Rank
Personal
Care&Beauty Automotive
Prodotti
tecnologici
Fashion
Luxury
Giappone
USA
Svizzera
USA
Italia
Francia
Germania
Francia
Italia
Corea del Sud Regno Unito
Regno Unito
Fonte: FutureBrand
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Il confronto tra i due Paesi transalpini è invece nettamente vinto dai francesi in Cina.
Innanzi tutto, sempre secondo l’indagine,
il made in Italy nell’ex Celeste Impero
sembrerebbe conosciuto meno del made
in France. Ma il fatto più preoccupante è
che i prodotti francesi, oltre a essere i più
ricordati, sono anche considerati migliori di quelli italiani. La ricerca evidenzia
che mentre le label dei vicini d’Oltralpe
sono percepite come creative e moderne,
le etichette del Belpaese sono etichettate
come eccessive, ridondanti, troppo legate
allo sfoggio. È sicuramente un fatto strano,
dato che si presuppone che i consumatori
cinesi siano ancora legati a forme di status
symbol e quindi dovrebbero apprezzare
gli elementi di esibizionismo, ma questo
risultato può essere interpretato come la
conferma del progressivo ‘shift’ della Cina
verso un processo di acquisto più consapevole e legato al valore intrinseco dei prodotti.
Gianvito Rossi
28 PAMBIANCO MAGAZINE 28 aprile 2014
INDIETRO NEL RANKING MONDIALE
L’Italia risulta invece al quinto posto assoluto nello studio di FutureBrand sul ‘Made
in’, cioè sulla reputazione dei Paesi di origine nel vissuto dei consumatori di tutto
il mondo. Questo risultato è ottenuto in
base al punteggio sull’immagine del nostro
Paese, inteso appunto come driver per la
rilevanza di un brand, testata su sei categorie di prodotti (fashion, personal care
& beauty, food&beverage, automative,
electronic goods, luxury). Il primo gradino
del podio è conquistato dagli Usa, che godono di una solida reputazione, seguiti da
Francia, Germania, Giappone e, appunto,
Italia. Se gli Stati Uniti ottengono il massimo punteggio nelle categorie Fashion e
Personal Care&Beauty, la Francia vince in
Food& Beverage e si posiziona seconda in
Luxury dietro alla Svizzera. La Germania
primeggia per l’Automotive ed è terza negli Electronic Goods, il Giappone guida il
ranking per l’elettronica e va forte anche
nel settore automobilistico, mentre l’Italia
non ha nessun primato ma è seconda nelle
categorie Food & Beverage e Fashion, terza
nel Luxury, quarta per l’Automotive, settima in Personal Care & Beauty ed è decisamente in basso alla classifica in quanto
appeal dei suoi prodotti di elettronica. È
vero che, secondo la ricerca, gli Stati Uniti e la Francia sono globalmente i Paesi di
origine più forti, ma non è detto che presto
le Nazioni asiatiche si facciano sotto nella
classifica. Nello studio, queste aree hanno
dimostrato di possedere un elevato potenziale, e probabilmente i mercati asiatici sapranno accrescere la propria reputazione
di Paesi d’origine quando riusciranno a innalzare gli standard, per esempio riguardo
alle condizioni di lavoro e alla tutela ambientale.
LA RIVOLUZIONE DELLA PAROLA
Sulla base delle ricerche citate emergono
alcune considerazioni. Innanzi tutto il fatto che l’Italia non sa promuoversi come
un’entità unica. Gli imprenditori del Belpaese vanno all’estero da soli, a differenza
dei francesi che si sono mossi insieme per
tempo e bene, con le loro “corazzate” e con
supporti istituzionali. La capacità di fare sistema è propria anche di altri mercati. “Invece in Italia – commenta Désirée Di Leo,
responsabile ricerche sul consumatore di
Pambianco Strategie di Impresa – sono
tanti gli esempi di aziende che non stanno
alle regole del resto del mondo. Abbiamo
una cultura manageriale e di gestione del
business diversa”. Di Leo allarga lo sguardo alla vita imprenditoriale ed evidenzia
come in Francia, quando muore uno stilista, la sua maison rimane comunque una
potenza (Chanel e Christian Dior sono
due chiari esempi), mentre in Italia griffe
come Moschino e Ferré hanno dimostrato
chiaramente le difficoltà che subentrano
nel passaggio. “Da noi le aziende vanno in
Borsa quando hanno bisogno di soldi – aggiunge Di Leo – mentre negli altri Paesi le
imprese capitalizzano quando sono forti.
Continuando a sottolineare le differenze,
gli imprenditori italiani vanno all’estero individualmente e a volte con grandi risultati,
ma sono casi rari”. Un esempio di successo è Ferrari che si è aggiudicato il titolo di
marchio più influente al mondo secondo
l’annuale classifica di Brand-Finance. Però
si pensi a quanti brand di calzature tricolori e con elevato valore aggiunto, da Sergio
Rossi a René Caovilla a Gianvito Rossi per
fare solo alcuni esempi, non raggiungono la notorietà planetaria di brand come
Louboutin, Jimmy Choo, Manolo Blahnik.
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Manolo Blahnik
“Questi ultimi – specifica Di Leo – sono
esplosi anche grazie all’esposizione televisiva di star che hanno indossato le scarpe,
addirittura all’interno di serie tv cult. Forse la diffusione mediatica in alcuni casi è
stata fin troppo esagerata, perché l’eccessiva visibilità rende il brand meno aspirazionale”. Di certo, la comunicazione è un
elemento cardine per il rafforzamento del
made in Italy. A questo proposito, Caiazza sottolinea che qualsiasi cambiamento
inizia con una rivoluzione del linguaggio,
e propone di passare dal termine “made
in” a “created in”, perché in quest’ultimo
concetto sono impliciti i valori di passione,
di amore, cura per le cose e seduzione che
appunto non vengono percepiti all’estero. “Inoltre il nome ‘France’ – aggiunge il
CEO di Saatchi&Saatchi – rimane uguale
sia nella lingua originale sia nella sua declinazione inglese. Allo stesso modo propongo di mantenere inalterata la parola ‘Italia’
che diventa così un elemento differenziante rispetto agli altri Paesi del mondo,
anch’essi declinati nella lingua inglese”. Il
progetto di rebranding ideato dall’agenzia
prevede quindi di sostituire il concetto di
‘made in Italy’ con ‘created in Italia’ che
interpreta tutti i valori del Paese e riporta
chiaramente l’autenticità di provenienza. Saatchi&Saatchi ha anche ideato una
piattaforma di comunicazione su questi
concetti, che è già stata presentata alle associazioni rappresentative delle eccellenze
italiane, e che verrà esposta al Governo per
avere un endorsement nazionale.
LA BRAND AWARENESS DEI PRODOTTI
Risposte positive (%) alla domanda: “Avete sentito parlare del marchio?”
US China
Chanel
Louis Vuitton
Gucci
Champagne
Versace
Christian Dior
Cartier
Prada
Hermés
Perrier
Bordeaux
Givenchy
Dolce&Gabbana
Parmigiano (Parmesan) Reggiano
San Pellegrino
Campari
Roquefort
Ferragamo
Amarone
Gorgonzola
Camembert
Prosecco
92
89
95
87
83
92
85
93
78
85
79
83
88
80
78
78
86
70
77
80
73
76
84
68
72
52
90
71
82
60
70
68
72
68
57
64
72
75
41
55
57
53
46
60
33
43
37
49
43
49
37
40
43
37
40
20
58
39
54
25
33
40
26
32
28
36
Roche Bobois
Poltrona Frau
Luxottica
23
15
31
10
27
18
16
19
17
Fashion
Wine
Food
Design
Base: Total n=2281; US n=1097; China n=1184
Fonte: Saatchi & Saatchi Italia, ricerca Hotspex
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