Milo De Angelis Millimetri Postfazione di Aldo Nove e Giuseppe Genna Sito & eStore – www.ilsaggiatore.com Twitter – twitter.com/ilSaggiatoreED Facebook – www.facebook.com/ilSaggiatore @ il Saggiatore S.p.A., Milano 2013 millimetri l’opera – Se la poesia è una svolta del respiro, Millimetri inanella ventinove bolle di ossigeno. Dopo la scomparsa di Andrea Zanzotto e Franco Fortini, Milo De Angelis è una delle voci più importanti della poesia contemporanea italiana e, dal 1983, Millimetri una pietra miliare con la quale si confrontano e misurano tutte le generazioni successive di poeti. La capacità di entrare in immagini abissali, l’indeterminato senso della perdita, il suo inclinare verso l’astrazione, la costruzione di scene e situazioni quotidiane che ascendono a un’immobilità metafisica sono le cifre fondamentali dei versi di De Angelis, che sfiorano i vertici del capolavoro e producono emozione con la fermezza d’accenti e l’intensità dei grandi classici contemporanei. Testo non coscritto né costretto in un coerente e omogeneo flusso di significati, immagini, esperienze e provocazioni, Millimetri è totalmente costruito su dati inconfutabili e non verificabili, disarmonie nelle quali si dà una scena assoluta del vivere: in questi versi le cose si presentano nella loro gratuità, durezza e imperscrutabilità, senza il filtro di nessun racconto, di nessuna biografia, di nessun dramma psicologico che le possa addomesticare. Il rigore estremo è l’unica forma di bellezza concessa. E la consapevolezza dell’impossibilità per l’uomo del ritorno al principio, di chiudere quindi perfettamente in cerchio del destino, è un «silenzio frontale» contro il quale l’uomo resta annientato: il cerchio resta aperto di pochi millimetri, spazio materiale e mentale incolmabile che rende all’uomo la sua impossibilità a essere infinito. Le parole oscure ma necessarie, il loro perturbamento dell’ordinario e il sovvertimento silenzioso della tra- dizione da esse provocato stravolsero i lettori che, nel 1983, fecero l’esperienza di Millimetri, imbattendosi in un mondo incomprensibile, sperimentando un campo di forze totalmente nuovo, di cui avevano ancestralmente memoria; ne parlano Aldo Nove e Giuseppe Genna nella Postfazione, adolescenti che vissero lo shock dei versi in cui inaspettatamente riconoscersi, letti e divorati sul pullman che li portava a scuola, ad alta voce. Oggi, questi ventinove componimenti, riproposti nella collana Le Silerchie continuano a riempire di meraviglia, stupendo ancora per la sapienza originaria della nostra civiltà mescolata alla spaventosa contemporaneità dell’epoca odierna. l’autore – Milo De Angelis è nato nel 1951 a Milano, dove insegna in un carcere. Ha pubblicato Somiglianze (Guanda, 1976); Millimetri (Einaudi, 1983); Terra del viso (Mondadori, 1985); Distante un padre (Mondadori, 1989); Biografia sommaria (Mondadori, 1999); Tema dell’addio (Mondadori, 2005), Quell’andarsene nel buio dei cortili (Mondadori, 2010). Ha scritto un racconto fantastico (La corsa dei mantelli, Guanda, 1979, ristampato da Marcos y Marcos nel 2011) e un volume di saggi (Poesia e destino, Cappelli, 1982). Ha tradotto dal francese e dalle lingue classiche: Racine, Baudelaire, Blanchot, Eschilo, Lucrezio. Nel 2008, presso La Vita Felice, è uscito Colloqui sulla poesia, dove appaiono le sue principali interviste, a cura di Isabella Vincentini. Nello stesso anno, viene pubblicato un volume che raccoglie tutta la sua opera in versi (Poesie, Oscar Mondadori, a cura di Eraldo Affinati). I bastoni I bastoni hanno frantumato l’ultimo secchio e ora il villaggio fa silenzio nella corte marziale. Ecco l’inchiostro, tra una moltitudine di assetati in orario, un cognome: tutte le uova molli giungeranno per forza o per disprezzo e quel faraone darà la staffilata che ancora oggi ferisce e le fa terrestri. Chi genera il tempo ha il volto arato e con pazienza ripete che noi ubbidiamo. 9 Ora c’è la disadorna Ora c’è la disadorna e si compiono gli anni, a manciate, con ingegno di forbici e una boria che accosta al gas la bocca dura fino alla sua spina dove crede oppure i morti arrancano verso un campo che ha la testa cava e le miriadi si gettano nel battesimo per un soffio. 10 Nati sulla terra Nati sulla terra che rimane siamo stati quel giubilo mozzafiato appena le menti giunsero in groppa a un canarino ed espugnarono. Una condottiera è avvitata al nostro fianco, custode delle tabelle, una fiocina nel mondo mediterraneo, tra le uova. Non hai voluto spartire il bottino e dunque mi hai per sempre perché non c’era altro che la pura vittoria. Poi getteremo la nostra preda ai gatti: loro sapranno come annientarla! Ecco la pagina di quarzo nell’agenda, quando 11 ogni uomo viene raso al suolo e ricorda. Le pigne gremiscono questo cortile fedele ai suoi metri: lo stesso albero della porta che è perenne per chi la scorge eppure è aria, soltanto aria. Ha una severezza e un guardiano ancora attento. Questi sono stati i numeri. 12 Quando mordono Quando mordono c’è una folata sola dai compiti delle vacanze fino all’acqua santa e non si può gettarla: chi ha sete beva. Ugualmente nel fuggi fuggi un drappello sta alla porta e picchia a ogni farmacia notturna per mangiare lampi e frazioni, ugualmente, lì senza più costume… i bagnini morti… si fa buio su tutto il tavolo a volte si fa orrore e pattume a volte invece si crede ed è pomeriggio: il chinino allagava un intero continente allora e sempre nelle femmine che non gettano mai la spugna. 13 Per voi che Per voi che chiudete questa voce le spighe giungono, terribilmente presto, e tutte hanno un collo da poche lire sotto la cesoia, una benedizione proprio a loro; a loro e all’universo. Solenni, fracassati in ogni muscolo, lanciano il trattore, l’enorme triangolo dove agosto si accampa e vive di fichi e tutti sono in preda, stretti fino al proprio ferro: una calma tropicale, una vigilia. 14
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