Il Sole 24 Ore Domenica 18 Maggio 2014 - N. 135 3 La crescita mancata Il «buco» di un decennio Dal 2004 al 2013 l’Italia ha ridotto gli investimenti del 19,6% contro il +30,7% tedesco, il +26% francese, il +19% inglese LE INFRASTRUTTURE/1 Noi e gli altri L’ANDAMENTO DELLA SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI Dati espressi in miliardi di euro 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 70 SPESA TOTALE PER INVESTIMENTI PUBBLICI NEL PERIODO 2004-2013 Milioni di À SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI SU PIL 2004-2013 Media semplice valore % Francia Spagna 606.889 Francia 60 Germania* Italia Germania* Italia 20 Regno Unito Spagna Regno Unito Fonte: Eurostat Germania Germania Italia 2,0 Italia 38.069 Regno Unito Regno Unito 32.030 27.166 Spagna Germania Spagna 1,6 28.428 15.167 Negli ultimi dieci anni speso meno di Francia, Germania, Spagna e Uk - Dal 2009 perso il 30% ROMA Non solo corruzione. A rendere agonizzante il settore delle infrastrutture che dovrebbe dare invece la spinta essenziale per rilanciare il Paese c’è un sistema di patologie che sono andate aggravandosi negli ultimi anni. Centoventi modifiche al codice degli appalti negli ultimi tre anni senza un disegno organico. Sistemi di derogheperdarecertezzaaitempi di opere che - secondo l’Ance impiegano mediamente più di dieci anni per arrivare al traguardo. Varianti in corso d’opera che - secondo l’Autorità di vigilanza sugli appalti - portano a costi aggiuntividell’ordinedel27%suappalti integrati e general contractor. Un settore pubblico che conlespacontrollatedilagaanco- LA MAPPA DEI RITARDI Solo 11 opere in funzione su 37 infrastrutture strategiche programmate negli ultimi 15 anni, 12 non sono neanche partite o sono bloccate ra nella progettazione e nelle fasi esecutiveanzichésvolgerealmeglio funzioni fondamentali come quelladellaprogrammazionedelleopere(selezionandoquelleutili) e della vigilanza (con Autorità che un giorno vengono rafforzatee ilgiorno dopo delegittimate). Esoprattutto:laspesaperinvestimentipubbliciormaimarginalizzata - scesa dal 3,5% del Pil del 1981 al 3,1% del 1991 al 2,4% del 2001all’1,7%dioggidestinatoacalare fino all’1,4% del 2017 - mentre il sistema delle opere pubbliche sprecasoldisenzaprodurrerisultati visibili per i cittadini che vedonoilmondo degliappalticome qualcosa di separato e autoreferenziale. Con poche eccezioni: l’altavelocitàTorino-Milano-Napoliche ha ridotto la percorrenza da Roma a Milano da tre ore e 50 minutia2oree50minuti(esarannodueemezzoquandosaràprontoilsottopassodiFirenze),apportandolapiùgrandetrasformazionenelsistemaitalianodellamobilitàdallarealizzazionedelleautostrade negli anni ’50; il passante di Mestre che ha decongestionato il traffico intorno alla Laguna; qualche metropolitana urbana a Torino, Napoli, Milano e Roma, costruite con immensa fatica ma indiscutibilmente utili per città sempre più congestionate. Operecherendonoundoverosoritorno in termini di qualità della vita a cittadini che versano un prezzo in tasse pagate e fastidi da cantiere. Ma la mappa che pubblichiamo in questa pagina è impietosa: di37grandioperestrategicheprogrammate negli ultimi 15 anni, sono solo 11 quelle arrivate al traguardo e in funzione. Il dato più imbarazzante per il sistema, l’indice di credibilità del Paese all’estero su questi temi, è però il confronto fra noi e l’Europa in fatto di spesa per investimentipubblici. Non c’èeconomista - di scuola keynesiana o neoliberista che sia - che non sostenga che bisogna fare una forte cura dimagrante sulla spesa corrente per salvare semmai quella in conto capitale. Un problema fondamentale di mix. Da noi accadeil contrario: abbiamo rinunciato a uno dei grandi motori dell’economia per non essere capaci di tagliare sprechi e privilegi nella macchina corrente dello Stato. Dal 2009 al 2013 gli investimenti sono stati tagliati del 34%, mentre la spesa corrente primaria è cresciuta dell’1,7%. Dieci anni che danno l’idea dell’arretramento del Paese sull’asse della crescita. Dal 2004 al 2013idatiEurostataggiornatidicono che la Francia ha speso in investimenti 606,9 miliardi, la Germania 383, il Regno Unito 367,9, la Spagna336,1,l’Italia335,2.Nel2004 l’Italia era seconda dietro la Francia, per quasi tutto ildecennio, anno dopo anno, è rimasta all’ultimo posto,dal2011hascavalcatolaSpagna che, dopo una lunga galoppata,hadrasticamentetagliatolaspesapubblica.Nel 2013laspesaèstata pari a 27,2 miliardi, 11,4 miliardi meno di quello che spendeva nel 2009.Dal2004al2011,mentrel’Italia perdeva il 19,6%, la Germania cresceva del 30,7%, la Francia del 26%,ilRegnoUnitodel19%. 3,2 Regno Unito 2,2 +26 Spagna Regno Unito 2,1 +19,1 Italia Italia 1,9 -19,6 Germania Spagna 1,6 -46,8 Fonte: elaborazioni Sole 24 Ore su dati Eurostat Infrastrutture, Italia ultima in Europa Giorgio Santilli Francia Francia Regno Unito 32.520 SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI SUL PIL 2011-2013 Media semplice valore % +30,7 42.720 Germania 2,2 Spagna 64.997 33.702 Italia 335.195 (*) Fino al 1990 ex territorio della Repubblica federale tedesca Francia Italia 367.915 0 Francia 3,2 336.088 10 Spagna SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI 2013/2004 Variazione % 51.591 Francia 383.010 Regno Unito SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI NEL 2013 Milioni di À 3,3 Germania 50 Francia SPESA PER INVESTIMENTI PUBBLICI NEL 2004 Milioni di À La mappa delle grandi opere NAZIONALE 1. Tav Torino-Napoli LEGENDA 2. Tav Milano-Brescia 11 3. Valico Firenze-Bologna PIEMONTE 6. Autostrada Asti-Cuneo In funzione 14 7. Metrò Torino 9. Passante ferrov. di Torino 5. Superstrada 106 Ionica LOMBARDIA 10. Metrò Milano In costruzione 12 15 18 16 2 20 Milano 22 PIEMONTE 19 24 25 LIGURIA 9 LIGURIA 17. Terzo valico Trieste 21 Mestre Bologna 14. Ferrov. adduzione Gottardo 16. Passante ferrov. di Milano VENETO 17 8 13. Brebemi Bloccata 15. Aeroporto Malpensa Brescia 6 7 12. Tem TRENTINO ALTO ADIGE LOMBARDIA Torino 11. Pedemontana lombarda FRIULI VENEZIA GIULIA VALLE D’AOSTA 23 ITALIA NORD EST 18. Tunnel del Brennero 19. Ferrov. Padova-Mestre 3 EMILIA ROMAGNA TOSCANA 21. Tav Mestre-Trieste 22. Pedemontana veneta 26 Firenze 20. Tav Brescia-Padova Falconara 23. Passante di Mestre MARCHE 33 27 24. Mose 34 TOSCANA 25. Livorno-Civitavecchia UMBRIA Orte 13 LAZIO 1 ABRUZZO CENTRO ITALIA 26. Quadrilatero Umbria-Marche MOLISE 27. Ferrovia Orte-Falconara Roma 32 Bari BASILICATA Salerno 28 29 30 CAMPANIA 31 ROMA E LAZIO 28. Auditorium Roma PUGLIA Napoli SARDEGNA Giorgio Santilli Il Bel Paese (con Tav, suolo e acquedotti) che non c’è 8. Tav Torino-Lione 4. Salerno-Reggio Calabria 10 L’ANALISI Taranto 4 5 29. Metro C Roma CALABRIA 37 36 35 31. Autostrada Roma-Latina CAMPANIA 32. Metrò Napoli PUGLIA 33. Nodo ferroviario di Bari Reggio Calabria SICILIA @giorgiosantilli 30. Raddoppio GRA di Roma © RIPRODUZIONE RISERVATA 34. Av Napoli-Bari SICILIA 35. Autostr. Catania-Siracusa 36. Passante ferrov. di Palermo 37. Ponte sullo Stretto Prima di una serie di puntate u Continua da pagina 1 S anno che con le loro tasse pagano i costi di quelle opere, non di rado gonfiati da tangenti e varianti. E sanno che, se l’opera si realizza sotto casa loro, per un certo numero di anni - in genere non inferiore a dieci - dovranno sopportare i disagi del cantiere. L’impatto ambientale è diventato più importante della stima dei benefici dell’opera. La retorica e la disinformazione alimentate dal malaffare e dalla rabbia dilagante imperversano, nessuno capisce più il valore della infrastruttura «bene comune». Claudio De Vincenti, viceministro allo Sviluppo economico e studioso di queste cose da decenni, usava qualche giorno fa un’immagine tanto folgorante quanto ovvia. «Se l’acqua bene comune arriva direttamente dal buon Dio, bisogna realizzare acquedotti e impianti per portarla nelle case dei cittadini». È facile prendersela con gli aumenti della tariffa idrica (che è comunque la più bassa d’Europa) ma i 60 miliardi di investimenti mancati in quel settore significano sempre 35% di perdite nella rete, il 35% di italiani senza depurazione (dal 2015 cominceremo a pagare multe salate per alcune centinaia di milioni di euro l’anno come effetto delle infrazioni Ue e allora il conto sarà chiaro a tutti), pezzi del Sud ancora senza acqua in estate. Nessuno assolve gli sprechi e neanche i costi maggiorati delle opere - che spesso nascono dalle trattative private che eludono o spazzano via qualunque forma di concorrenza - ma sarebbe utile una riflessione anche su quello che si perde rinviando o cancellando le infrastrutture. Forse non servono i grandi numeri, come quello dell’Osservatorio sui costi del non fare, che parla di 50 miliardi di costi l’anno per il «non fare». Le analisi costi-benefici, pur se rigorose, non catturano l’attenzione di chi viaggia in treno o fa la fila imbottigliato al casello. Spiegare per bene che l’Alta velocità fra Torino e Napoli avrebbe ridotto da tre ore e 50 minuti a 2 ore e cinquanta minuti (2 ore e mezza quando aprirà il sottopasso di Firenze) avrebbe forse spazzato via almeno una parte delle polemiche più pretestuose sulla realizzazione dell’opera. E una cultura più attenta a queste analisi spazzerebbe via anche temi come quelli che un asse Alta velocità Torino-Napoli taglia fuori il Sud (il risparmio da Bari a Roma è sempre di un’ora oggi e un’ora e mezza fra un paio di DISINFORMAZIONE L’opera non è valutata come «bene comune» e l’impatto ambientale è più importante della stima dei benefici anni) o penalizza i pendolari (che hanno due binari più sulla vecchia linea storica). IlGovernostimain20 miliardi l’annonel«Definfrastrutture»il costoaggiuntivodella logistica perla mancatarealizzazione dellegrandiopere.Eforse,senza volermonetizzarea tuttiicosti, sipotrebbefareuncontodella perditadi viteumaneperla mancatarealizzazione diquella grandeinfrastrutturadel territoriofattadi operespesso piccolecheèilpianodi difesadel suolo.Senzacontareildanno economicodiinterearee spazzateviadaalluvionie disastrinaturali.Esepoisi vuole estenderel’infrastrutturaanche allapoliticadiprevenzioneedi sicurezza,dovremmo interrogarcisul perché terremotiviolentissimiin Giapponespessonon fanno vittimementrescossebenpiù contenutedanoidiffondono morteedanni. @giorgiosantilli © RIPRODUZIONE RISERVATA I freni allo sviluppo. Le modifiche in corso d’opera riguardano tre appalti su quattro, con un aumento delle spese del 27% e tempi che si allungano di quasi un anno Extracosti e ritardi, quando la variante diventa la regola di Alessandro Arona e Mauro Salerno Dopo vent’anni di riforme deilavoripubblicielaleggeobiettivodel2001,chedovevadarecertezza approvativa e attuativa almeno alle grandi infrastrutture, unadelleprincipalicausedeitempi lunghi e degli aumenti di costi delle opere pubbliche in Italia resta la variante in corso d’opera. Dovrebbe essere un’eccezione, ma dai dati dell’Autorità di vigilanzasuicontratti pubblici siscoprecheriguarda3appaltisu4(sopra i 5 milioni di euro), fa salire i costi in media del 27% e comporta allungamenti di quasi un anno. Del crollo dei lavori pubblici degli ultimi anni, invece (-35% in valori reali dal 2005 al 2013, dati Cresme), le principali cause sono la forte riduzione degli stanziamenti statali per le infrastrutture(-27% nelbilancio statale dal 2008 al 2013, dati Ance) e i vincoli del Patto di stabilità degli enti locali. Restano poi sempre le lunghe procedure approvative, la difficoltà a gestire i dissensi, i ricorsi al Tar sulle gare e sugli espropri, negli ultimi anni anche ilfallimentodelleimpreseesecutrici, che con la crisi dell’edilizia è diventato molto frequente. Da fenomeno generalizzato nell’epoca pre-Tangentopoli, le varianti in corso d’opera a partire dalla legge Merloni del 1994 dovrebbero essere limitate a casi eccezionali(sorpresearcheologiche, eventi imprevedibili e non imputabiliall’appaltatore)einve- ce la casistica resta molto diffusa. L’Authority sui contratti pubblici segnala come un appalto su due subisce ritardi e aumenti di costo a causa delle varianti progettuali durante i lavori, dato che diventa di 3 su 4 (il 73,4%) negli appalti sopra 5 milioni. In ogni cantiere in media 3,4 varianti, ognuna delle quali ha comportatoun ritardo di 96,8giorni, in tutto 330 giorni. Conflitti che si concludonospessodifronteuncolle- CRISI DEI LAVORI PUBBLICI A pesare, la riduzione degli stanziamenti e i vincoli del Patto di stabilità, cui si aggiungono le lunghe procedure e i ricorsi al Tar gio arbitrale con costi schizzati del 27,5% (sempre dati Autorità) e in cui è quasi sempre l’amministrazione pubblica a soccombere (nell’87,3% dei casi). In una indagine Ance di qualche anno fa su opere sopra i 10 milioni emergevano le seguenti motivazioni delle varianti: cause impreviste e imprevedibili nel 39% dei casi, leggi sopravvenute nel 22%, imprevisti geologici o archeologici 21%, errori del progetto esecutivo 14%, nuove tecnologie 4%. L’affidamento delle grandi opere a general contractor, con la legge obiettivo del 2001, o ai concessionari del project financing, dal 1998, non hanno risolto il problema delle varianti postaggiudicazione, anzi i casi più eclatanti di aumenti di costo ri- guardano proprio le grandi opere. Qui il fenomeno è dovuto anche dall’evoluzione dal progetto dalpreliminare, su cui si è fatta la gara, al definitivo ed esecutivo. Prendiamo la Brebemi, messa a gara nel 2001 per un costo di costruzione866milioni,aggiudicata a 723 milioni: alla fine l’autostrada è costata 1.423 milioni, con tempi lunghissimi per garantire la copertura finanziaria degli extracosti.PrendiamolalineaCdella metro di Roma, che limitandosi alle tratte finanziate, PantanoColosseo, ha visto i costi salire dai 2.229 milioni dell’aggiudicazione ai 2.937 milioni di oggi, con contenziosipermanenticonilgeneral contractor e perizie di variante (richieste di aumento costo) per 1,5 miliardi, riconosciute per 230 milioni. Prendiamo l’appalto a general contractor per l’esecuzionedelprimotrattodellaPedemontanalombarda:aggiudicato il 26/8/2008 a 629 milioni, con le due varianti del 2010 e 2012 il general contractor riesce a strappare l’attuale importo contrattuale di 901 milioni (+43%). Prendiamo infine il macrolotto 2 della Ionica, appaltato per 480 milioni (ribasso di 55 mln), per il quale sono state riconosciute riserve per 43,6 milioni e altre richieste per 491 milioni sono all’esame delle parti. Oltre al crollo dei finanziamenti statali per opere pubbliche (-27% dal 2008 al 2013, dati Ance) a frenare la realizzazione delleinfrastruttureèstatoinquesti anni anche il Patto di stabilità interno, con, negli ultimi sei anni, un crollo degli investimenti dei Comuni del 32% e un aumento della spesa corrente del 5% (dati Ance-Anci). Secondo l’Ance ci sarebbero almeno 5 miliardi di euro di opere dei Comuni finanziate ma bloccate a causa dei contorti vincoli del Patto. I tempi di elaborazione e approvazione dei progetti restano lunghissimi, oltre 5 anni secondo l’Ance.Apesaresonolestessecarenze e incertezze sul finanziamento, ma anche i tempi della Via e delle conferenze di servizi, le prescrizioni di Regioni ed enti locali. La legge obiettivo non ha praticamente risolto nulla, e si spera che riportare le infrastrutture strategiche alla competenza esclusiva statale, con la riforma del Titolo V, possa portare passi avanti. I tempi lunghi da effetto spesso si tramutano in concausa delle patologie dei cantieri. «Quandosiarrivaalcantierecon unprogettovecchiodi15anni-dice il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti - è impossibile che non si scopra qualcosa che non va». Oltre alla progettazione (quasi 6 anni in media per opere oltre i 50 milioni) ora si allungano anche i tempi di consegna dei cantieri. «Unvolta-diceBuzzetti-ilavori venivano consegnati in un paio di mesi oggi si può arrivare anchea6-7,percolpadellaburocrazia e di funzionari con sindrome della firma». Moltissimi i cantieri bloccati negli ultimi anni per la crisi delle imprese appaltatrici: il macrolotto 2 del Quadrilatero Marche-Umbria è fermo per la crisi di Impresa Spa, stop da un anno a un lotto della Napoli-Bari per la crisi di Rabbiosi, lavori all’Aquila bloccati per il concordato della Mazzi, rallentamenti in tutta Italia per le crisi delle imprese Matarrese, Carena, Consta, Zh, Steda, Valdadige. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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