Psicologia & Giustizia Anno XV, numero 2 Luglio – Dicembre 2014 IL RISARCIMENTO COME STRUMENTO DESTINATO A PREVENIRE LA VIOLAZIONE DEL REGIME DI AFFIDAMENTO STABILITO DAL GIUDICE: IL DECRETO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI NAPOLI G. Condorelli Abstract. Nel caso di alienazione parentale, il figlio minore non ha il dovere di rapportarsi con il genitore alienato. Il genitore alienante, tuttavia, può essere ammonito affinché collabori nel recupero del rapporto del figlio con l'altro genitore e condannato a risarcire il danno non patrimoniale cagionato al figlio ed all’alienato. Parole chiave: alienazione parentale, PAS, danno non patrimoniale In materia di affidamento, risulta sostanzialmente innovativo l’orientamento espresso nel decreto del Tribunale per i minorenni di Napoli, emesso in data 1 Aprile 2014, che scava un solco in una direzione che in parte si discosta da quella intrapresa dalle Corti in materia di “sindrome da alienazione genitoriale”, cosiddetta PAS. Il disturbo – che non essendo inserito nel DSM-V (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) come sindrome o disturbo psichiatrico, non sarebbe riconosciuto come tale dalla comunità scientifica internazionale specializzata in materia – si contraddistingue per la necessaria presenza di due elementi, quali l’indottrinamento del minore da parte di un genitore in pregiudizio dell’altro e l’allineamento della condotta del minore con il genitore alienante. Sul riconoscimento scientifico della PAS Dall’alternarsi di pronunce giurisprudenziali, appare che l’assenza di basi scientifiche delineate a fondamento del disturbo determini la censurabilità del provvedimento del giudice che faccia espresso riferimento alla PAS ai fini della sua decisione, anche se, in senso inverso si osserva quanto disposto dalla Corte d’Appello di Brescia1 con sentenza del 17/05/2013: la mancanza di 1 Gulotta G., Rossetti I., Luci e ombre sulla Sindrome da Alienazione Parentale (PAS), in Biscione M.C., Pingitore M., Separazione, divorzio e affidamento. Linee guida per la tutela e il supporto dei figli nella famiglia divisa (pp. 104-127), Franco Angeli, Milano, 2013 : “Dal 2006 ad oggi quindi, nella realtà italiana, diversi sono i casi verificatisi in cui è stato imposto dai giudici l’allontanamento dal genitore, che si è ritenuto ostacolante nei confronti del diritto del bambino ad avere accesso all’altro genitore. La situazione tuttavia, solo recentemente è balzata alle cronache, con il caso di Cittadella, menzionato all’inizio del capitolo. La fondamento scientifico della PAS (Sindrome alienazione genitoriale) non esclude che essa possa essere utilizzata, ai fini del processo, per individuare un problema relazionale in situazione di separazione dei genitori, pur non assumendo i connotati di una malattia vera e propria. Infatti, l’atteggiamento del bambino che rifiuta l’altro genitore, per un patto di lealtà con il genitore ritenuto più debole, può condurlo ad una forma di invischiamento capace di produrre nella sua crescita non solo una situazione di sofferenza, ma anche una serie di problemi psicologici alienanti. La giurisprudenza si muove dunque in uno scenario incerto e contraddittorio, contraddistinto da una presa di cognizione circa l’importanza che un simile atteggiamento può infliggere sulla personalità del minore e l’impossibilità di elevarlo a fondamento dei propri provvedimenti, data l’insufficienza del credito attribuitogli dalla comunità scientifica: se in una pronunzia del 12/02/2013 la Suprema Corte di Cassazione, nell’affrontare incidentalmente la questione circa la validità scientifica della PAS confermava il corretto operato del giudice di merito che aveva utilizzato come prova l’accertamento diagnostico di una sindrome psichiatrica indotta nei figli dal comportamento alienante di un genitore nei confronti dell’altro, in una sentenza del 6/03/2013 la stessa Corte cassava una sentenza di merito incentrando la censura proprio sulla mancanza di certezze circa la validità scientifica della PAS che era stata rilevata nella CTU, cui la Corte d’Appello si era integralmente richiamata senza pronunciarsi sulle censure avanzate sul punto dalla ricorrente. Corte d'Appello-Sezione minori del Tribunale di Venezia, di fronte alla impossibilità che un bambino potesse incontrare il padre perché la madre si opponeva in maniera più o meno esplicita, ha disposto il trasferimento ‘coattivo’ dal padre. Tale trasferimento è stato filmato dalla nonna e dalla zia e divulgato dai mass media: si vede il bambino che si oppone agli incaricati delle Forze dell’Ordine, che eseguono il provvedimento dei giudici. Aver visto un bambino trascinato, contro il suo volere, verso il padre ha colpito l’opinione pubblica e si è così innescata una critica all’avvenimento anche da parte di specialisti psicologi e psichiatri, i quali, poiché la decisione dei magistrati si basava su una diagnosi peritale di PAS, negando l’esistenza della stessa, hanno sostenuto che essa fosse errata. Di tutt’altro parere sono invece, i professionisti che, proprio prendendo spunto dalla polemiche, hanno pubblicato un pronunciamento in cui hanno ribadito l’esistenza del fenomeno al di là della sua ‘etichettatura’. Anche la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha ritenuto opportuno esprimersi in riferimento allo stesso caso giudiziario quando la Cassazione, Prima Sezione Civile, con sentenza n. 7041, pronunciata il 06 marzo 2013, ha accolto il ricorso della madre del minore perché la PAS non è presente nei manuali diagnostici e ha cassato il decreto impugnato disponendo il rinvio alla Corte d'Appello di Brescia (…). Nel documento si fa presente come “il problema relativo all’esistenza o meno di una "sindrome" legata all'alienazione di una figura genitoriale venga posto in modo incongruo. Fenomeni come il mobbing, lo stalking ed il maltrattamento esistono ed assumono valenze giuridiche a prescindere dal riconoscimento di disturbi identificabili come sintomatici” e si ribadisce che l’alienazione di un genitore rappresenti un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo 1 psicoaffettivo del minore stesso e altresì l’importanza di garantire il diritto del minore alla bi-genitorialità . Nella vicenda di Cittadella, invero, l’ultimo provvedimento della Corte d’Appello di Brescia ha nuovamente ribaltato la situazione. La Corte infatti, con decreto del 03.05.2013 depositato il 17 maggio, ha censurato il comportamento della madre e stabilito il collocamento presso il padre, a prescindere dalla diagnosi di PAS. La Corte infatti scrive che: “il fatto che altri esperti neghino il fondamento scientifico di tale sindrome non significa che essa non possa essere utilizzata quanto meno per individuare un problema relazionale molto frequente in situazioni di separazione dei genitori, se non come una propria e vera malattia (…) Non si tratta di conservare al bambino la bigenitorialità da intendersi come un patrimonio prezioso di cui i figli debbono poter disporre, ma di evitare che attraverso il rifiuto si vada strutturando una personalità deviante”. Il decreto del Tribunale per i Minorenni di Napoli Le premesse consentono di introdurre le osservazioni addotte dal collegio nel decreto del Tribunale per i Minorenni di Napoli - oggetto del nostro interesse - che a seguito di un richiamo ai diritti del fanciullo riconosciuti nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia (International convention on the right of the child), siglata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge n. 176 del 27 maggio 1991, ed alla giurisprudenza europea e nazionale in materia di interesse del figlio, ha richiamato il principio espresso dalla Cassazione civile, con sent. n. 317 del 1998, in base al quale “la circostanza che un figlio minore, divenuto ormai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti di avversione o addirittura di ripulsa – a tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rapidamente e facilmente rimossi, nonostante il supporto di strutture sociali e psicopedagogiche – costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri tra il minore ed il coniuge non affidatario. Tale sospensione può essere disposta indipendentemente dalle eventuali responsabilità di ciascuno dei genitori rispetto all’atteggiamento del figlio ed indipendentemente anche dalla fondatezza delle motivazioni addotte da quest’ultimo per giustificare detti sentimenti, dei quali vanno solo valutate la profondità e l’intensità, al fine di prevedere se disporre il prosieguo degli incontri con il genitore avversato potrebbe portare ad un superamento senza gravi traumi psichici della sua animosità iniziale ovvero ad una dannosa radicalizzazione della stessa”. L’orientamento richiamato, ormai risalente, ha in realtà subìto delle oscillazioni nella giurisprudenza della Corte, che in una delle sue più recenti pronunce (Cass. Civ., sez. I, sent. 21.02.2014, n. 4176) ha espresso il principio di diritto per cui, in tema di separazione personale tra coniugi, “il genitore affidatario dei figli minori ha il dovere morale e giuridico di promuovere attivamente e costantemente il riavvicinamento dei figli al genitore non affidatario, misurandosi la propria capacità genitoriale alla luce della capacità di garantire il più possibile le frequentazioni della prole con l’altro genitore”, principio disatteso nel caso di specie, ove risultava pienamente provato che la madre aveva instaurato con la minore un rapporto simbiotico, caratterizzato dall’esclusione dell’altra figura genitoriale, così contribuendo fortemente all’alienazione della figura paterna e radicalizzando un atteggiamento oppositivo nei confronti di questa. L’orientamento più recente, in un caso simile, risolveva tale conflitto confermando “l’affidamento di un minore al servizio sociale per la predisposizione di un progetto di sostegno psicologico del bambino e di aiuto alla genitorialità laddove non si ravvisino garanzie che la madre sappia far proseguire il figlio, ostile al padre, nel rapporto con quest’ultimo, di più facendo regredire il minore e ponendolo in grave rischio di disturbi della personalità” (sent. Corte d’appello di Brescia del 03.05.13). La novità insita nel decreto sta proprio nell’aver considerato prevalenti ulteriori questioni rispetto a quelle che hanno interessato la giurisprudenza maggioritaria, specificatamente espresse nella sentenza della Corte Europea dei diritti Umani (Corte EDU, sent. 29.01.2013 Lombardo c. Italia, r.n. 25704/2011) riportata nel testo, che definisce infungibili i comportamenti auspicabili per facilitare lo sviluppo della vita familiare, che non possono essere prescritti in quanto richiedono il coinvolgimento degli interessati alle finalità perseguite dalla decisione, e nel cui contesto la coercizione non può essere ritenuta uno strumento utile a raggiungere risultati concreti in termini di affetto, rispetto e protezione. Infatti, come ricordano le sentenze riportate, l’ascolto del minore dotato di discernimento è essenziale e consente al giudice di conoscere le sue opinioni ed esigenze in merito alla vicenda in cui è coinvolto; diritto che a seguito della riforma della filiazione ex D.lgs 28 dicembre 2013, n. 154, trova pieno riconoscimento nell’art. 336bis c.p.c. Sulla scorta di quanto sopra, il Tribunale per i Minorenni conferma l’affidamento esclusivo alla madre, con previsione di incontri con il padre rimessi al desiderio ed alla volontà della minore che non può essere costretta ulteriormente con statuizioni “dall’alto” che si sono rivelate sterili se non addirittura controproducenti, con la prescrizione in base alla quale la madre dovrà partecipare al risanamento del rapporto tra la minore e l’altro genitore, - auspicio che sembra tuttavia incompatibile con le premesse e con quanto affermato poco dopo dallo stesso Tribunale, per il quale le risultanze acquisite confermavano che la donna, con il suo atteggiamento e le sue iniziative aveva ostacolato il normale esercizio del ruolo genitoriale del padre, di conseguenza vanificando il regime giuridico che aveva dapprima stabilito il tribunale per regolare i rapporti della minore con i genitori. Il giudice, anzi, afferma che “solo se e quando sarà maturato un nuovo rapporto affettivo con la figlia minorenne i risultati ottenuti potranno essere formalizzati da un provvedimento giudiziario possibilmente richiesto congiuntamente da entrambi i genitori nell’interesse della figlia”. Provvedimenti adottabili ai sensi dell’art. 709ter c.p.c. Per quanto concerne la domanda proposta dal padre ai sensi dell’art. 709ter c.p.c.2, il giudice ricorda come i provvedimenti di cui al secondo comma abbiano una funzione intrinsecamente 2 Art. 709ter c.p.c.: Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'articolo 710 è competente il 1 tribunale del luogo di residenza del minore. ( ) A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: sanzionatoria, volta a rafforzare l’osservanza e la prevenzione del regime di affidamento stabilito dal giudice, ponendosi il risarcimento in tale ottica come ristoro nei casi in cui una condotta abbia arrecato pregiudizio al minore o abbia ostacolato il corretto svolgimento delle modalità di affidamento. Accertata la gravità della violazione, il Tribunale ritiene di ammonire la madre della minore affinché collabori alla ripresa dei rapporti di questa col padre, nonché di condannarla al risarcimento del danno non patrimoniale cagionato alla minore (e quantificato in euro cinquemila) ed all’ex marito (quantificato in euro mille). Lo strumento offerto dall’art. 709ter c.p.c., che il Tribunale per i Minorenni di Milano interpreta come atto a salvaguardare il rapporto equilibrato tra il minore ed entrambi i suoi genitori, introdotto a tutela del diritto alla bigenitorialità, essendo nota la difficoltà di eseguire coattivamente i provvedimenti nella materia relativa alle relazioni famigliari, ma lasciando ampia discrezionalità al giudice sia sulla scelta del trattamento sanzionatorio, fornendo diversi strumenti alternativi (l’ammonimento, il risarcimento all’altro genitore, il risarcimento a favore del minore o la condanna ad una ammenda amministrativa), sia sulla necessità o meno di disporre sanzioni, e per il quale la condanna al risarcimento veniva indicata come “extrema ratio” (Tribunale per i Minorenni di Milano, sent. 14.06.2012, n. 529), si mostra in ogni sua possibile interpretazione. Nel decreto del Tribunale per i Minorenni di Napoli, l’applicazione del risarcimento viene vista come l’unica via percorribile, seppur congiuntamente ad un ammonimento rimasto privo di riscontro. Si attende di scoprire, sulla scorta delle future pronunce giurisprudenziali in materia di affidamento, se il risarcimento previsto da questo articolo sia stato utilizzato come extrema ratio, nel rispetto del principio di bigenitorialità e secondo la linea seguita dalla giurisprudenza, o se rappresenti un “cambio di rotta”, un adattamento più stringente alle circostanze del caso di specie. 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari
© Copyright 2024 ExpyDoc