REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 443/93 Not.Reato N. 16/97 della Sentenza N.34/94 (10/94+33/94 +35/95+36/94+37/94+ 38/94) La 4^ CORTE d‟ASSISE di MILANO Composta dagli illustrissimi signori: 1° Dr. RENATO SAMEK LODOVICI 2° Dr. MARIA TERESA BRUNO 3° Sig. ADRIANA SIVIERO 4° Sig. CINZIA RUI 5° Sig. ANGELO DEMBECH 6° Sig. MAGDA ANTONUCCI 7° Sig. MANUELA RONCALLI 8° Sig. GIUSEPPE DELL‟ACQUA ha pronunciato la seguente SENTENZA NELLA CAUSA PENALE a carico di: Vedi interno Presidente Giudice Giud. Pop. “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ UDIENZA del giorno 11 giugno 1997 CAUSA a carico di: AGIL FUAT + 132 INDICE TEMATICO Capitolo 1: Le indagini e il processo Pag. 277 Capitolo 2: Brevi notazioni di ambiente e di cultura criminale “ 344 Capitolo 3: Sulla chiamata di reità e correità in generale “ 355 Capitolo 4: La chiamata in reità e correità nel presente processo “ 401 Capitolo 5: Il metodo di valutazione della prova “ 459 Capitolo 6: Sequestri di persona a scopo di estorsione “ 471 - sequestro in danno di FERRARINI GIUSEPPE “ 473 - sequestro in danno di GALLI ANGELO “ 492 - sequestro in danno di SCALARI GIUSEPPE “ 565 - sequestro in danno di CAMPARI ALBERTO “ 612 - sequestro in danno di RANCILIO AUGUSTO “ 626 - sequestro in danno di CATTANEO EVELINA “ 649 - sequestro in danno di JACOROSSI ANGELO “ 691 - sequestro in danno di VISMARA ALESSANDRO “ 712 - sequestro in danno di CASELLA CESARE “ 726 “ 763 - omicidio in danno di MADAFFARI SALVATORE e tentato omicidio di SERGI SAVERIO “ 766 - tentato omicidio in danno di CANNAO‟ STEFANO “ 789 - omicidio in danno di TROMBADORE SALVATORE “ 803 - omicidio in danno di RIBAUDO CARLO e tentato omicidio in danno di SCALERA GIUSEPPE “ 812 - tentato omicidio in danno di RUTIGLIANO MARIO “ 826 - tentato omicidio in danno di SGHEZZI ALESSANDRO “ 838 Capitolo 7: Omicidi e tentati omicidi - omicidio in danno di LABATE PIETRO Pag. 861 - omicidio in danno di MANCUSO SALVATORE “ 896 - omicidio in danno di MUSITANO ROCCO “ 907 - omicidio in danno di PERRE ADAMO “ 920 - omicidio in danno di BARRECA CONSOLATO e tentato omicidio in danno di BISESI DOMENICA “ 940 - omicidio in danno di ASPROMONTE GIOSAFATTE “ 968 - duplice omicidio in danno di CAVALLARO PIETRO e CAMPODIPIETRA GUGLIELMO “ 983 - omicidio in danno di PONZIO RAFFAELE “ 1016 - omicidio in danno di VOTTARI GIOVANNI “ 1031 - tentato omicidio in danno di NIZZOLA FRANCESCO “ 1046 Capitolo 8: Considerazioni generali sul traffico di stupefacenti e sui reati associativi “ 1073 Capitolo 9: Avvio del traffico di sostanze stupefacenti periodo 1979 - 1982 “ 1090 Capitolo 10: Gruppo SERGI “ 1138 Capitolo 11: Gruppo PAPALIA “ 1333 Capitolo 12: Gruppo AMANTE “ 1443 Capitolo 13: Fornitori di stupefacenti del Gruppo SERGI “ 1459 Capitolo 14: Gruppo CAROLLO e rapporti con lo stesso “ 1636 Capitolo 15: Rapporti con il Gruppo FLACHI-TROVATO “ 1694 Capitolo 16: Rapporti con il gruppo PANNUNZI e Raffineria di Rota Imagna “ 1709 Capitolo 17: Acquirenti di stupefacenti “ 1792 - paragrafo 1 “ 1801 - paragrafo 2 “ 2291 Capitolo 18: Altri reati Pag. 2336 “ 2460 - in generale “ 2460 - in particolare “ 2478 Capitolo 19: Profili sanzionatori Capo 1 Pag. 492 Capo 23 Pag. 838 Capo 2 Pag. 565 Capo 24 Pag. 838 Capo 3 Pag. 612 Capo. 25 Pag. 838 Capo 4 Pag. 626 Capo. 26 Pag. 861 Capo 5 Pag. 643 Capo. 27 Pag. 861 Capo 6 Pag. 691 Capo 28 Pag. 896 Capo 7 Pag. 712 Capo 29 Pag. 896 Capo 8 Pag. 726 Capo 30 Pag. 896 Capo 9 Pag. 473 Capo 31 Pag. 907 Capo 10 Pag. 983 Capo 32 Pag. 907 Capo 11 Pag. 983 Capo 33 Pag. 907 Capo 12 Pag. 983 Capo 34 Pag. 920 Capo 13 Pag. 789 Capo 35 Pag. 920 Capo 14 Pag. 766 Capo 36 Pag. 940 Capo 15 Pag. 803 Capo 37 Pag. 940 Capo 16 Pag. 803 Capo 38 Pag. 1016 Capo 17 Pag. 803 Capo 39 Pag. 1016 Capo 18 Pag. 812 Capo 40 Pag. 1016 Capo 19 Pag. 812 Capo 41 Pag. 1031 Capo 20 Pag. 812 Capo 42 Pag. 1031 Capo 21 Pag. 826 Capo 43 Pag. 1031 Capo 22 Pag. 826 Capo 44 Pag. 1046 Capo 45 Pag. 1046 Capo 70 Pag. 1334 Capo 46 Pag. 1046 Capo 71 Pag. 1601 Capo 48 Pag. 968 Capo 72 Pag. 1710 Capo 49 Pag. 968 Capo 73 Pag. 1802 Capo 50 Pag. 1138 Capo 75 Pag. 1805 Capo 51 Pag. 1138 Capo 76 Pag. 1819 Capo 52 Pag. 1443 Capo 78 Pag. 1831 Capo 53 Pag. 1333 Capo 79 Pag. 1841 Capo 54 Pag. 1333 Capo 79/bis Pag. 1851 Capo 55 Pag. 1636 Capo 80 Pag. 1861 Capo 56 Pag. 1636 Capo 81 Pag. 1861 Capo 57 Pag. 1636 Capo 82 Pag. 1861 Capo 58 Pag. 1694 Capo 83 Pag. 1875 Capo 59 Pag. 1709 Capo 84 Pag. 2344 Capo 60 Pag. 1709 Capo 85 Pag. 2344 Capo 61 Pag. 2337 Capo 89 Pag. 1888 Capo 62 Pag. 1092 Capo 90 Pag. 2352 Capo 63 Pag. 1092 Capo 91 Pag. 1898 Capo 64 Pag. 1486 Capo 92 Pag. 2143 Capo 65 Pag. 1486 Capo 93 Pag. 1904 Capo 66 Pag. 861 Capo 94 Pag. 1118 Capo 67 Pag. 1610 Capo 95 Pag. 1118 Capo 68 Pag. 2337 Capo 96 Pag. 1904 Capo 69 Pag. 1139 Capo 97 Pag. 1092 Capo 98 Pag. 1092 Capo 126 Pag. 1588 Capo 99 Pag. 1092 Capo 127 Pag. 1588 Capo 100 Pag. 1916 Capo 130 Pag. 2048 Capo 100/bis Pag. 1916 Capo 131 Pag. 2060 Capo 101 Pag. 1928 Capo 132 Pag. 2065 Capo 104 Pag. 1935 Capo 133 Pag. 2065 Capo 105 Pag. 1552 Capo 134 Pag. 1517 Capo 106 Pag. 1461 Capo 135 Pag. 1517 Capo 107 Pag. 1948 Capo 135/bis Pag. 1517 Capo 108 Pag. 1967 Capo 136 Pag. 2099 Capo 109 Pag. 1978 Capo 138 Pag. 1533 Capo 112 Pag. 2356 Capo 139 Pag. 1533 Capo 113 Pag. 1461 Capo 140 Pag. 1533 Capo 114 Pag. 1987 Capo 141 Pag. 2373 Capo 115 Pag. 2000 Capo 142 Pag. 2373 Capo 116 Pag. 2006 Capo 143 Pag. 2112 Capo 117 Pag. 2031 Capo 143/bis Pag. 2112 Capo 118 Pag. 1123 Capo 144 Pag. 2118 Capo 120 Pag. 1831 Capo 145 Pag. 2130 Capo 121 Pag. 2041 Capo 146 Pag. 1123 Capo 123 Pag. 2364 Capo 147 Pag. 2135 Capo 124 Pag. 1710 Capo 148 Pag. 2143 Capo 124/bis Pag. 1710 Capo 150 Pag. 2152 Capo 124/ter Pag. 1719 Capo 151 Pag. 2158 Capo 153 Pag. 2172 Capo 183 Pag. 2403 Capo 154 Pag. 2181 Capo 184 Pag. 2411 Capo 155 Pag. 1610 Capo 185 Pag. 2411 Capo 156 Pag. 2189 Capo 186 Pag. 1935 Capo 157 Pag. 2201 Capo 187 Pag. 1935 Capo 158 Pag. 1135 Capo 188 Pag. 2262 Capo 159 Pag. 1135 Capo 189 Pag. 2006 Capo 160 Pag. 2377 Capo 190 Pag. 2416 Capo 161 Pag. 2215 Capo 191 Pag. 2416 Capo 164 Pag. 2220 Capo 192 Pag. 2421 Capo 165 Pag. 2226 Capo 193 Pag. 2421 Capo 166 Pag. 1614 Capo 195 Pag. 2292 Capo 167 Pag. 2229 Capo 196 Pag. 2292 Capo 169 Pag. 2387 Capo 197 Pag. 2292 Capo 171 Pag. 2118 Capo 199 Pag. 2305 Capo 172 Pag. 2236 Capo 200 Pag. 2305 Capo 173 Pag. 2242 Capo 201 Pag. 2319 Capo 174 Pag. 2250 Capo 203 Pag. 2321 Capo 175 Pag. 2258 Capo 204 Pag. 2321 Capo 176 Pag. 2262 Capo 205 Pag. 2329 Capo 179 Pag. 2391 Capo 206 Pag. 2329 Capo 180 Pag. 2400 Capo 208 Pag. 2427 Capo 181 Pag. 2400 Capo 209 Pag. 1875 Capo 182 Pag. 2403 Capo 210 Pag. 2446 Capo 211 Pag. 2446 Capo 212 Pag. 1443 Capo 214 Pag. 1935 Capo 216 Pag. 2427 Capo 217 Pag. 2427 Capo 219 Pag. 2172 Capo 220 Pag. 2281 Capo 222 Pag. 2286 Capo 225 Pag. 1123 Capo 226 Pag. 2455 Capo 227 Pag. 2455 Capo 228 Pag. 1831 Capo 229 Pag. 1637 Capo 230 Pag. 2456 Capo 231 Pag. 1461 Capo 232 Pag. 2065 Capo 233 Pag. 2392 Capo 234 Pag. 2305 Capo 235 Pag. 2099 Capo 236 Pag. 1334 Capo 237 Pag. 1334 REPUBBLICA ITALIANO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 443/93 Not.Reato N. 16/97 della Sentenza N.34/94 (10/94+33/94 +35/95+36/94+37/94+ 38/94) La 4^ CORTE d‟ASSISE di MILANO Composta dagli illustrissimi signori: 1° Dr. RENATO SAMEK LODOVICI 2° Dr. MARIA TERESA BRUNO 3° Sig. ADRIANA SIVIERO 4° Sig. CINZIA RUI 5° Sig. ANGELO DEMBECH 6° Sig. MAGDA ANTONUCCI 7° Sig. MANUELA RONCALLI 8° Sig. GIUSEPPE DELL‟ACQUA ha pronunciato la seguente SENTENZA NELLA CAUSA PENALE a carico di: Vedi interno Presidente Giudice Giud. Pop. “ “ “ “ “ “ “ “ “ “ UDIENZA del giorno 11 giugno 1997 CAUSA a carico di: AGIL FUAT + 132 2 1) AGIL FUAT, n. a Kajseri (TR) l‟1.2.48; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 2) AGOSTINO ROCCO, n. a Marina di Gioiosa Jonica il 21.5.64, res. a Roccella Jonica contrada Lacchi, 37 c/o Hotel “Kennedy”; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 3) AGRESTA ANTONIO, n. a Platì il 5.9.60, res. a Platì via A. De Gasperi, 2 - dom.to a Buccinasco via Solferino, 4/6; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 4) ALFONSI MARCO, n. a Ascoli Piceno il 6.1.58, res. ed el. dom.to ad Ascoli Piceno via Galiè, 8/C; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 5) AMANTE ANTONINO, n. a Messina il 29.8.37, re. a Roma via B. Longo, 72 - dom.to a Viggiù viale Varese, 23; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 6) AMANTE GIOVANNI, n. a Colongo Monzese il 16.12.62, res: a Corsico via Parini, 7; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 7) AMANTE PIETRO, n. a Messina il 2.8.48, res. a Buccinasco via Vigevanese, 7/L; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 3 8) AQUINO SALVATORE, n. a Marina di Gioiosa Jonica il 29.2.44, re. a Marina di Gioiosa Jonica via S. Fines, 9; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 9) ATZENI GIAMPIERO, n. a Carbonia il 7.12.52, el. dom.to a Noviglio via Mascagni, 3 - res. a Rosate via A. Manzoni, 19; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 20.7.94 LIBERO - PRESENTE 10) BARBAGALLO SALVATORE n. a Catania il 15.9.59, re. a Busto Garoflo via Carducci, 12 dom.to a Catania via P. Novelli, 41; arrestato il 21.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.3.94 LIBERO - PRESENTE - DECEDUTO il 10.6.96 11) BARBARO DOMENICO, n. a Platì il 21.2.54, res. a Platì vico III G. Mazzini, 2; arrestato il 28.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 12) BARBARO GIUSEPPE, n. a Platì il 19.10.48, res. a Platì vico III D. Mittiga, s.n.; arrestato il 28.9.95 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 13) BARBARO GIUSEPPE, n. a Platì il 24.5.56, res. a Platì via Roma nr. 25; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 4 14) BARBARO GIUSEPPE, n. a Platì il 4.8.59, res. a Platì via Matteotti, s.n.; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 15) BIFFI SIRO FRANCESCO, n. a Pieve Porto Morone il 17.7.25, res. ed el. dom.to a Milano via G. D‟Annunzio, 3; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LIBERO - ASSENTE PER RINUNCIA 16) BISSONI FRANCO, n. a Milano il 19.2.57, el. dom.to a Zelo Surrigone via Confalonieri, 9 - res. a Milano via Forze Armate, 237 dom.to a Milano via Pastronchi, 2; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. de l2.10.93) scarcerato l‟8.8.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 17) BOMBARA MICHELE, n. a Siderno l‟1.2.62, res. a Siderno via Feudo Vecchio, s.n. dom.to a Siderno corso Garibaldi, s.n.; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 18) BOMBARA NICOLINO, n. a Siderno il 21.12.57,. res. a Siderno II traversa corso Garibaldi, 20; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 19) BONANNO LUIGI, n. a Palermo il 21.4.43, res. a Corsico via Copernico, 1 dom.to a Orta San Giulio via Bersani, 24; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO PRESENTE 5 20) BRANCA DOMENICO, n. a Melito Porto Salvo il 30.8.58, res. a Milano via Varesina, 63 - dom.to a Milano via Principe Eugenio, 20; arrestato il 29.6.95 estradato in Italia il 29.11.95 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 21) CALABRO‟ FRANCESCO, n. a San Luca l‟8.10.57, res. a San Luca via don Signati, 42 dom.to a Milano via Comasina, 30; arrestato il 21.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 22) CAMMARERI DOMENICO, n. a Oppido Mamertina l‟11.5.67, res. a Seveso via Monte Cassino, 24; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) scarcerato il 12.9.93 LIBERO - PRESENTE 23) CARBONE DOMENICO, n. a Platì il 27.10.59, res. a Cesano Boscone via Brunelleschi, 3 - el. dom.to a Zelo Surrigone via Fermi, 2; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LIBERO - PRESENTE 24) CARBONE PASQUALE, n. a Platì il 13.2.63, re. a Cesano Boscone via Brunelleschi, 3; arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e 3169/94 N.R. del 11.2.94) DETENUTO - PRESENTE 25) CAROLLO ANTONINO, n. a Palermo il 18.11.59, res. ad Albairate via San Francesco, 27; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 6 26) CARUSO ROBERTO, n. a Giarre l‟1.10.64; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 27) CATANZARITI AGOSTINO, n. a Platì il 17.9.47, res. a Corsico via L. Salma, 13; arrestato il 26.10.64 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e dell‟8.11.93) DETENUTO - PRESENTE 28) CELINI VINCENZO, n. a Rosarno il 21.8.64, res. a Rosarno via Papa Giovanni XXIII, 26 - dom.to a Milano via M. Melloni, 19; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 29) CERULLO PIETRO, n. a Centola il 17.8.41, agli arr. dom.ri a Corsico via Concordia, 25; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 30) CIAMPA ANTONIO, n. a Buccinasco il 13.10.63, res. ed el. dom.to a Corsico piazza Europa, 34 c/o il padre DOMENICO; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e 3169/94 N.R. dell‟11.2.94) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 31) CODISPOTI GIOVANNI n. a Natile di Careri il 2.11.47, el. dom.to a Milano via Panfilo Castaldi, 17 - res. a Milano via Venini, 46; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 7.3.94 LIBERO - PRESENTE 7 32) COLUCCIO GIUSEPPE, n. a Marina di Gioiosa Jonica il 12.4.66, res. a Siderno via E. Fermi, 55; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 33) CORNIGLIA FEDERICO, n. a Venezia il 31.7.36, res. a Milano via Fontana, 8; arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.2.94) DETENUTO - PRESENTE 34) D‟ANGELO ANIELLO n. a Cantola il 13.5.62, res. a Milano viale Puglia, 20/A - el. dom.to e dom.to a Corsico via R. Sanzio, 9; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 35) DISCEPOLO LUIS VINCENT, n. a Parigi il 9.4.47, res. a Milano via Servio Tullio, 4; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 36) DUCHINI DINO, n. a Corsico il 5.3.60, res. ed el. dom.to a Corsico via Marzabotto, 10; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 37) ESPOSITO GIUSEPPE, n. a Napoli il 22.5.47, res. ed el. dom.to a Napoli via Montenevoso, 11 c/o parenti - dom.to a Trezzano sul Naviglio via Boito, 6 dom.to a Corsico via Alzaia Trieste, 11 c/o Hotel “Naviglio Grande” arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.3.94 DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 8 38) FERRATO ANTONIO, n. a Platì l‟11.4.56, res. ed el. dom.to a Corsico piazza Europa, 38; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 13.8.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 39) FERRERO WALTER, n. a San Pietro Vernotico il 26.7.49, res. a Milano galleria Buenos Ayres, 13; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93 ) DETENUTO - PRESENTE 40) FONTANA VINCENZO, n. a Gallico il 17.2.47, res. a Milano piazza Santo Stefano, 10; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 41) FRANCHETTI ALESSANDRO, n. a Cesate il 30.4.50, res. a Cesate via C. Battisti, 16 - el. dom.to a Milano via Fiamma, 27 c/o avv. N. TERZI; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 21.6.95 LIBERO - PRESENTE 42) GIRGENTI GASPARE, n. a Palermo il 23.12.40, res. a Milano viale Regina Giovanna, 22 - dom.to a Varese via Adda, 31; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 43) GRASSO DOMENICO, n. a San Luca il 3.2.55, res. a San Luca via Verga, 21 - el. dom.to a Bovalino Marina via 24 Maggio, 91; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 9 44) GRASSO GIOVANNI, n. a San Luca il 4.10.59, res. ed el. dom.to a Ospedaletti corso Marconi, 11/B; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 45) GRILLO MICHELE, n. a Platì il 27.11.47, res. a Platì via San Pasquale, 38 dom.to a Corsico via Concordia, 70 c/o il fratello; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 46) INZAGHI MARIO, n. a Reggiolo il 19.2.45, reperibile a mezzo Servizio Centrale di Protezione; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.1093. e del 7.10.93) scarcerato il 20.5.94 LIBERO - PRESENTE 47) IOFFRIDA LEONE LUIGI, n. a Melito Porto Salvo il 27.8.65, res. ed el. dom.to a Roghudi via Rizzari, 11; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.3.94 LIBERO - PRESENTE 48) LA ROSA GAETANO, n. a Palermo il 22.6.54, res. a Nichelino via Ponchielli, 29; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.1.94 DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA 49) LENA GIULIO, n. a Roma il 19.4.31, res. a Roma via Gabi, 8; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 10 50) LO COCO GIUSEPPE, n. a Palermo il 17.5.58, el. dom.to a Gudo Visconti via Ungaretti, 19/21; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) scarcerato il 20.5.94 LIBERO - PRESENTE 51) LOMBARDO GIULIO ANTONINO, n. a Reggio Calabria il 14.9.62, res. ad Arese via delle Groane, 9/B; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 52) LOPEZ PATINO SERGIO LEON, n. a Ceja Aut l‟8.8.65, res. a Medellin (Colombia); latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 53) LO PRETE NICOLA, n. a Isola Capo Rizzuto l‟8.7.47, res. a Cassano d‟Adda via L. da Vinci, 23; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 54) MAIOCCHI ROBERTO, n. a Milano il 4.1.52, re. a Milano via Lessona, 42 dimorante ad Arese via Barzi, nr. 7; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93 e del 21.10.94) DETENUTO - PRESENTE 55) MAIOLO PASQUALE, n. a Oppido Mamertina il 18.2.46, res. e dom.to a Buccinasco via Duse, 2; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato l‟8.8.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 56) MALLAMACE ANTONIO, n. a Cirò Marina il 7.6.61, res. a Milano via A. Carbonera, 21; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 11 57) MAMMOLITI DOMENICO, n. a Locri il 16.12.68, res. ed el. dom.to a San Luca via Lucania, 12; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 2.7.94 LIBERO - PRESENTE 58) MAMMOLITI DOMENICO, n. a San Luca il 20.6.62, res. a San Luca via G. D‟Annunzio, 16; arrestato il 29.6.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 59) MAMMOLITI ROCCO, n. a San Luca il 26.7.66, dom.to ed el. dom.to a Bologna via Emilia Ponente, 323 - res. a San Luca corso Matteotti, s.n.; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 21.2.96 per dec. termini LIBERO - ASSENTE PER RINUNCIA 60) MAMMOLITI SEBASTIANO, n. a San Luca il 25.7.44, res. ed el. dom.to a San Luca via Lucania, 12; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 21.2.9 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 61) MANCUSO GIANFRANCO, n. a Brancaleone il 24.11.47, res. a Brancaleone corso Umberto 1°, 158 - el. dom.to a Milano via Manara, 15 c/o avv. E. TORELLI Proc. speciale; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 13.4.94 LIBERO - PRESENTE 62) MARINO SALVATORE, n. a Caltanissetta il 6.4.58, res. a Milano via F. Filzi, 30 - el. dom.to a Milano via Plana, 43; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 3.5.96 DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 12 63) MAZZU‟ SAVERIO n. a Oppido Mamertina il 9.3.64, el. dom.to a Cornaredo via Garibaldi, 140 - el. dom.to a Milano via Rismondo, 9 - res. a Milano via Quinto Romano, 72; arrestato il 14. 10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.3.94 LIBERO - CONTUMACE 64) MEDICI EMANUELE, n. a Sant‟Agata del Bianco il 10.1.43, re. a Biassone via S. Riboldi, 42; arrestato il 22.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 65) MIRABELLA GIUSEPPE, n. a Belpasso l‟11.10.41, res. a Torino via S. Beltrame, 95 agli arr. dom.ri a Sommariva del Bosco via Canale, 24 c/ la convivente AIELLO ANNA arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO AGLI ARRESTI DOMICILIARI - PRESENTE 66) MOLLUSO FRANCESCO, n. a Platì l‟8.2.51, res. a Cesano Boscone vi Trento, 4; arrestato il 6.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 2.12.93) DETENUTO - PRESENTE 67) MORABITO SAVERIO, n. a Platì il 18.9.52, reperibile a mezzo Servizio centrale di Protezione Roma; LIBERO - PRESENTE 68) MOSCARDI GIANFRANCO, n. a Breno il 14.1.44, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via Donizetti, 4 - dom.to a Inzago via Fumagalli, 30; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 29.4.94 LIBERO - PRESENTE 13 69) MOSCARDI GIULIANO, n. a Breno l‟1.10.62, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via Donizzetti, 4; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 2.11.93 DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 70) MUFATO ANGELO, n. a Milano il 28.10.49, res. a Milano via Appennini, 149; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 71) MUSCIO MARIO, n. a Brescia il 23.2.38, res. a Torbole Casaglia via Verdi, 20; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 72) MUSCICO‟ ANTONINO, n. a Messina l‟8.3.53, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via Gobetti, 3 - dom.to a Zelo Surrigone via Provinciale, 23 c/o CORNEGLIANI NADIA arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 73) MUSITANO ANTONIO, n. a Platì il 17.10.61, res. a Buccinasco via Kennedy, 20 oppure a Vermezzo via Piemonte nr. 14; arrestato il 15.4.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e 3169/94 N.R. dell‟11.2.94) DETENUTO - PRESENTE 74) MUZZUPAPPA GIUSEPPE, n. a Nicotera il 2.1.41, res. ed el. dom.to a Reggiolo via Paisiello, 28; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 2.7.94 LIBERO - CONTUMACE 14 75) NIRTA ANTONIO n. a San Luca l‟8.7.46, res. a San Luca via Mazzini, 30; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e dell‟8.11.93) DETENUTO - PRESENTE 76) NIRTA GIUSEPPE, n. a San Luca il 26.10.60, res. ed el. dom.to a San Luca via Marconi, 1; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 21‟-93) scarcerato il 21.2.96 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 77) NUCARA ALESSANDRO, n. a Reggio Calabria il 5.8.59, res. a Milano via degli anemoni, 3; arrestato il 25.5.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 78) ORIO UMBERTO, n. a Milano il 10.6.49, res. a Milano via dei Giaggioli, 11 - el. dom.to a Milano via dei Giardini, 10 c/o avv. GIAN LUCA MARIS arrestato il 7.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 18.12.93) scarcerato il 14.6.96 DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 79) PANIA ANTONIO n. a Siderno l‟11.8.59, res. a Pieve Emanuele frazione Fizzonasco via Marche, 25; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 80) PAOLUCCI ANTONIO, n. a Napoli il 30.12.38, res. ed el. dom.to a Firenze via del Moro, 16 c/o LAZZERINI WALTER; arrestato il 15.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 15 81) PAPALIA ANTONIO, n. a Platì il 26.3.54, res. a Buccinasco via F.lli Rosselli, 6; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e dell‟8.11.93; 3169/92 N.R. dell‟11.2.94; 8091/92 - 3966/93 GIP di Torino del 26.5.93) DETENUTO - PRESENTE 82) PAPALIA DOMENICO, n. a Platì il 18.4.45, res. a Platì; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 83) PAPALIA GIUSEPPE, n. a Platì il 7.10.61, res. a Platì traversa case popolari dom.to ad Assago via Reggio Emilia, 25; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 84) PAPALIA ROCCO, n. a Platì il 24.10.50, res. ad Assago via Papa Giovanni XXIII, 6; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93, dell‟8.11.93 e del 2.12.93; 3169/92 N.R. dell‟11.2.94) DETENUTO - PRESENTE 85) PARISI ANTONIO, n. a Platì il 26.8.62, res. a Vermezzo via Petrarca, 12; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 86) PARISI DOMENICO, n. a Platì il 13.11.59, res. a Buccinasco via Gorizia, 10; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93; 3169/92 N.R. dell‟11.2.94) DETENUTO - PRESENTE 16 87) PEDRANI ROBERTO, n. a Legnano il 2.10.51, res. a Legnano via Roma, 50; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 88) PELLIZZERI BIAGIO, n. a Milano il 2.10.70, res. ed agli arr. dom.ri a Corsico via A. Diaz, 43; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 89) PERRE FRANCESCO, n. a Platì l‟11.11.56, res. a Platì via A. De Gasperi, 3; arrestato il 20.10.96 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93; 8091/92 - 3466/93 GIP Torino del 26.5.93) DETENUTO - PRESENTE 90) PETRACHI ALESSANDRO, n. a Taranto il 29.6.65, res. ed el. dom.to a Cesano Boscone via Don Minzoni, 7; arrestato il 22.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 3.3.96 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 91) PETRACHI LEONARDO, n. a Taranto il 30.1.61, res. a Cesano Boscone via Don Minzoni, 7 - dom.to ed el. dom.to a San Martino di Bareggio via Milano, 17 c/o la madre FANELLI R.; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 3.3.96 LIBERO - PRESENTE 92) PISANI SAVERIO ROSARIO, n. a Magisano il 15.10.57, res. a Milano via Martiri della Libertà, 32 - dom. dichiarato a Buccinasco via Mascagni, 7 c/o TROIANO F.; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 13.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA 17 93) PIZZATA GIOVANNI, n. a San Luca il 2.7.62, res. a San Luca via Martin Luther King, 4; arrestato il 27.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 94) PORRO CARLO, n. a Milano il 24.5.65, res. a Buccinasco via G. Garibaldi, 8/A; arrestato il 18.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) scarcerato il 7.7.94 LIBERO - PRESENTE 95) PUGLISI CARMELO, n. a Catania il 2.1.64, res. ed el. dom.to a Catania via Pozzo Canale, 25; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA 96) PUMA MASSIMILIANO, n. a Gela il 28.6.62, res. a Cinisello Balsamo via G. Garibaldi, 23 - el. dom.to a Milano via E. Lopez, 7; arrestato il 20.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 3.3.96 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 97) QUARTUCCIO LUIGI, n. a Cittanova il 23.6.52, res. ed el. dom.to ad Appiano Gentile via Marconi, 4; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 7.10.93) scarcerato il 13.4.94 LIBERO - PRESENTE 98) RECHICHI DIEGO, n. a Oppido Mamertina il 20.6.59, res. a Buccinasco via Marconi, 20 - dom.to a Sannazzaro dei Burgundi frazione Buscarella; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 18 99) ROMEO FRANCESCO, n. a Reggio Calabria il 4.1.36, res. ed el. dom.to a Milano via Oxilia, 1; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 22.12.93 LIBERO - PRESENTE 100) ROMEO GIUSEPPE, n. a Siderno il 9.6.60, res. ed el. dom.to a Siderno Marina via Circonvallazione sud, 58; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 20.7.94 LIBERO - CONTUMACE 101) RUBINO CIRO, n. a Napoli il 2.9.37, agli arr. dom.ri a Bussolengo via Don Calabria, 3; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO AGLI ARR. DOM.RI - PRESENTE 102) SAFFIOTI VINCENZO, n. a Oppido Mamertina il 3.5.58, res. a Cisliano via Garavaglia, 4; arrestato il 19.2.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93, del 7.10.93 e dell‟8.11.93) DETENUTO - PRESENTE 103) SALERNO DOMENICO, n. a Bagnara Calabra il 5.1.31, res. ed el. dom.to a Busa di Vigonza via Reggia, 7; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 13.4.94 LIBERO - CONTUMACE - DECEDUTO il 16.3.96 104) SALESI GIOVANNI, n. a Pachino l‟1.6.46, res. a Monza via U. Bassi, 21; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 19 105) SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA, n. a Palermo il 13.6.39, res. ed el. dom.to a Corsico via Di Vittorio, 4; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 106) SARACENO VINCENZO, n. a Reggio Calabria il 9.2.52, res. ed el. dom.to a Messina via Principe Umberto, 108/A; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 30.11.93 LIBERO - PRESENTE 107) SCHIATTARELLA VINCENZO, n. a Villa di Briano il 9.4.53, res. a Maranello via T. Vignoli, 1; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 108) SCOLLO AGATINO, n. a Catania il 7.11.60, res. a Milano via Amadeo, 60 - dom.to a Milano via Mameli, 48; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 109) SERGI FRANCESCO, n. a Locri il 4.2.68, res a Corsico via 4 Novembre, 45; arrestato il 26.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 110) SERGI FRANCESCO, n. a Platì il 6.7.56, res. a San Vittore Olona via Ariosto, 7; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 2.12.93) DETENUTO - PRESENTE 20 111) SERGI GIUSEPPE, n. a Platì il 28.12.53, res. ed el. dom.to a Corsico via Monti, 17; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 112) SERGI PAOLO, n. a Platì il 25.1.48, res. a Buccinasco via Odessa, 3; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 113) SERGI SAVERIO, n. a Locri il 4.2.68, res. a Corsico via 4 Novembre, 45; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e del 7.10.93) DETENUTO - PRESENTE 114) SGAMBELLONE MARIO, n. a Reggio Calabria l‟11.9.62, res. ed el. dom.to a Natile di Careri contrada Croce, s. n.; arrestato il 20.10l93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p.a.c. - PRESENTE 115) SOMNEZ MUSTAFA‟, n. a Sivrihisar (TR) l‟8.9.47, res. a Sivrihisar; latitante (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) LATITANTE - CONTUMACE 116) STRANGIO FILIPPO, n. a Oppido Mamertina il 5.1.51, res. ad Alagna Lomellina via N. Sauro, 24/F; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 4.12.93 DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA 21 117) STRANGIO FRANCESCO, n. a San Luca il 28.11.54, res. ed el. dom.to a San Luca corso Matteotti, 60; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 7.5.94 LIBERO - CONTUMACE 118) TOMASELLO SANTO, n. a Ramacca il 27.11.52, res. ed el. dom.to a Basilio - Milano 3 via Filare, 542; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 14.7.94 LIBERO - CONTUMACE 119) TRICHILO ANTONIO, n. a Siderno il 24.5.35, res. a Milano via Camminabella, 17; arrestato il 13.12.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.12.93) DETENUTO - ASSENTE PER RINUNCIA 120) TRIMBOLI DOMENICO, n. a Platì il 2.5.61, dom.to a Cesano Boscone via Pascoli, 2 c/o la moglie DE BARTOLO MARILINA; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 e dell‟8.11.93) DETENUTO - PRESENTE 121) TRIMBOLI DOMENICO, n. a Platì il 7.11.59, res. a Corsico via Milano, 7; arrestato il 10.1.95 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 122) TRIMBOLI FRANCESCO, n. a Platì‟ il 3.11.56, res. a Gudo Visconti via Ungaretti, s.n.; arrestato il 26.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 22 123) TRIMBOLI VINCENZO, n. a Platì il 29.11.58, res. a Cesano Boscone via Repubblica, 26 - el. dom.to a Godo Visconti via Fiume, 36; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 13.4.94 LIBERO - PRESENTE 124) TROPIANO FRANCESCO, n. a Platì il 19.2.57, res. ed el. dom.to a Buccinasco via Solferino, 4/6 B; arrestato il 14.1.94 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 125) VIOLI ANTONIO, n. a Platì l‟1.3.57, res. a Buccinasco via dei Mille, 10; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93; 3169/93 N.R. dell‟11.2.94) DETENUTO - PRESENTE 126) VIOLI PASQUALE, n. a Platì il 14.10.66, res. e dom.to a Zelo Surrigone via Carducci, 15 - el. dom.to a Milano via C.G. Merlo, 1 c/o avv. D. MARTINI; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93; 3169/93 N.R. dell‟11.2.94) scarcerato il 26.7.95 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 127) VIOLI SALVATORE, n. a Ravagnese il 10.12.50, res. a Castellanza via Saronno, 4 el. dom.to a Milano via Principe Eugenio, 20; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 2.7.94 LIBERO - CONTUMACE 128) VIRGILLITO GAETANO, n. a Paternò il 27.5.49, res. a Milano via Pestalozzi, 2 dom.to a Siziano via 25 aprile, 6 - el dom.to a Siziano via Papa Giovanni, 6; 23 arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 16.11.93 DETENUTO p.a.c. - ASSENTE PER RINUNCIA 129) VITALE ANTONINO, n. a Palermo il 31.3.64, res. a Rozzano frazione Quinto Stampi via Curiel, 90; arrestato il 21.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 130) ZACCO ANTONINO, n. a Palermo il 10.2.48, res. a Cesano Boscone via Milano, 5; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 131) ZAPPIA VINCENZO, n. a Platì l‟1.8.67, res. a Buccinasco via Solferino, 2 - dom.to ed el. dom.to a Gudo Visconti via Ungaretti, 25; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) scarcerato il 21.2.96 per dec. termini LIBERO - PRESENTE 132) ZAVETTIERI GIUSEPPE, n. a Roghudi il 19.11.54, res. a San Vittore Olona via Ariosto, 7; arrestato il 14.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93) DETENUTO - PRESENTE 133) ZINGHINI‟ DOMENICO, n. a Platì il 15.5.59, res. ed el. dom.to a Buccinasco via 1° Maggio, 38/28; arrestato il 25.10.93 (O.c.c. 2702/93 GIP - 443/93 N.R. del 2.10.93 scarcerato il 26.7.95 per dec. termini DETENUTO p. a c. - ASSENTE PER RINUNCIA 24 IMPUTATI AMANTE PIETRO BARBARO GIUSEPPE (cl. 1948) CATANZARITI AGOSTINO GRILLO MICHELE INZAGHI MARIO MOLLUSO FRANCESCO MORABITO SAVERIO MUSCIO MARIO NIRTA ANTONIO PAPALIA DOMENICO PAPALIA ROCCO TRICHILO ANTONIO 1) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P., per avere, agendo in concorso tra loro e AMANDINI MICHELE, con causali anche distinti e comunque convergenti, sequestrato GALLI ANGELO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della sua liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione, la somma di lire 165.000.000 ponendo in essere, in attuazione di comune progetto criminoso, le seguenti condotte: MUSCIO MARIO: per avere ideato e quindi proposto ai complici di procedere al sequestro in questione, mostrando quindi fisicamente il GALLI ed evidenziandone le disponibilità finanziarie; TRICHILO ANTONIO, NIRTA ANTONIO e PAPALIA DOMENICO: per aver partecipato all‟azione delittuosa prendendo parte attiva alla fase di ideazione, concentrazione ed organizzazione della stessa, anche proponendo la partecipazione, all‟azione materiale, di persone a loro legate e non potute identificare e comunque agendo in ambito di rafforzamento del disegno criminoso e di sostegno dello stesso; MOLLUSO FRANCESCO, MORABITO SAVERIO, BARBARO GIUSEPPE, GRILLO MICHELE e CATANZARITI AGOSTINO: per aver proceduto agli opportuni servizi di appostamento e quindi essere addivenuti alla scelta del luogo e del omento ritenuti più opportuni per il prelievo dell‟ostaggio e per avere 25 quindi materialmente proceduto all‟apprensione fisica del GALLI; INZAGHI MARIO: per avere preso parte alla fase organizzativa, in particolare mettendo a disposizione la sua abitazione di Via Copernico in Corsico, quale luogo di incontro tra i complici, per avere mantenuto stabili contatti tra gli esecutori materiali del sequestro e gli altri corresponsabili e per avere provveduto al reperimento delle vetture e delle armi utilizzate per il sequestro; AMANTE PIETRO: per avere preventivamente garantito il suo apporto all‟operazione in questione, in particolare mettendo a disposizione un box di Piazza Negrelli, dove il GALLI fu immediatamente portato dopo il sequestro; TRICHILO ANTONIO, AMANDINI MICHELE: per avere gestito la fase delle trattative telefoniche con i familiari del GALLI e quindi la fase del ritiro del riscatto; PAPALIA ROCCO, CATANZARITI AGOSTINO: per avere gestito le fasi delle trattative in epoca immediatamente successiva al 24.5.1977 e sino al conseguimento del riscatto di cui in precedenza. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. Fatto avvenuto in Cesano Boscone l‟8.5.1977 fino al 29.7.1977, data della liberazione dell‟ostaggio avvenuta in Cavallirio (NO). 26 CATANZARITI AGOSTINO DISCEPOLO LUIS VINCENT INZAGHI MARIO MOLLUSO FRANCESCO MORABITO SAVERIO NIRTA ANTONIO PAPALIA DOMENICO PAPALIA ROCCO STRANGIO FRANCESCO AMANTE ANTONINO 2) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro e con AMANDINI MICHELE, STRANGIO ANTONIO (stralciato), UGONE SALVATORE, DE GREGORIO GIUSEPPE, LUVARA‟ RENATO, TRICHILO ANTONIO (già giudicati) e con NERI ANTONIO (deceduto), nonchè con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, sequestrato SCALARI GIUSEPPE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della sua liberazione, così ricevendo e conseguendo quale prezzo della sua liberazione, la complessiva somma di L. 843.000.000, somma versata in due rate rispettivamente di L. 500.000.000 e 343.000.000 e ponendo in essere, in attuazione di comune progetto criminoso, le seguenti condotte: NIRTA ANTONIO e PAPALIA DOMENICO; unitamente al TRICHILO partecipavano all‟azione delittuosa prendendo parte attiva alla fase di ideazione, concertazione ed organizzazione della stessa, anche proponendo la partecipazione, alla fase materiale, di persone a loro legate e non potute identificare e, comunque, agendo in ambito di rafforzamento del disegno criminoso e di sostegno allo stesso; MOLLUSO, MORABITO, STRANGIO A., STRANGIO F. Partecipavano alla azione delittuosa procedendo alla materiale apprensione dello SCALARI, unitamente al NERI ed al LUVARA‟, e ciò dopo avere seguito e pedinato il predetto al fine di addivenire alla scelta del momento e del luogo ritenuti più idonei e per averlo, quindi, trasportato sino all‟interno di un box con attività di custodia svolta da MORABITO SAVERIO e STRANGIO FRANCESCO; AMANDINI MICHELE - per avere gestito, inizialmente e sino al suo arresto, in data 18.07.1977, la fase delle trattative telefoniche con la famiglia dello SCALARI; PAPALIA ROCCO - CATANZARITI - per essere subentrati ai prevenuti, allorchè tutti tratti in arresto in data 27 24.5.1977 (l‟AMANDINI il 18.07.1977) nella fase delle trattative e, quindi, della riscossione delle somme sopra indicate; DISCEPOLO Per avere materialmente ritirato, in accordi “funzionali” con l‟AMANDINI, le rate del riscatto, ed in particolare la somma di L. 500 milioni (versata l‟1.7.1977) e quella di L. 343 milioni (versata l‟1.8.1977); INZAGHI Per avere preso parte alla fase organizzativa, in particolare mettendo a disposizione la sua abitazione di via Copernico, in Corsico, quale luogo di incontro per tutti i complici, per avere mantenuto i contatti tra il gruppo direttivo (TRICHILO, LUVARA‟ UGONE) e le persone incaricate di procedere al materiale sequestro dello SCALARI (v. sopra) ed altresì per avere provveduto al reperimento delle vetture e delle armi utilizzate per la fase del sequestro stesso. AMANTE ANTONINO Per avere aderito al progetto criminoso in concorso con le altre persone sopra indicate e rafforzato, altresì, l‟attuazione dello stesso partecipando e portando ad effetto l‟attività di “pulizia” del denaro (o parte dello stesso) provento del riscatto pagato per la liberazione dello SCALARI, tramite versamenti dello stesso presso la Banca Popolare di Abbiategrasso e con successivo ritiro, a fronte dei versamenti stessi, di somme di denaro contante ovvero di assegni circolari. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Trezzano sul Naviglio il 16.05.1977, sino al 2.8.1977 (data di liberazione dell‟ostaggio avvenuta a Lainate). (Per AMANTE ANTONINO contestato all‟udienza dibattimentale 10/6/95; capo precisato /integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 28 PAPALIA ROCCO CATANZARITI AGOSTINO AMANTE PIETRO 3) del reato p. e p. dagli artt .110, 112, n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, agendo in concorso tra di loro e con altre persone rimaste sconosciute, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, sequestrato CAMPARI ALBERTO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come presso della sua liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione la somma di L. 200.000.000. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Milano dal 16.12.1977 al 27.04.1978. 29 MORABITO SAVERIO SERGI FRANCESCO cl. 56 AMANTE PIETRO PAPALIA ROCCO 4) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112, n. 1, 630, I e II comma C.P. per avere, in concorso tra di loro e con AMANDINI MICHELE, MODAFFERI SALVATORE (deceduto) ed altresì con MUIA‟ GIUSEPPE, MAMMOLITI GIUSEPPE, DE PASQUALE GIUSEPPE, MAMMOLITI SAVERIO (cl. 59), MAMMOLITI SAVERIO (cl. 33), AMANTE ALFONSO, POLISTENA FRANCESCO ANTONIO, SERGI SAVERIO, HANOMAN PASQUALE, DE PASQUALE ANTONINO e con altri rimasti sconosciuti, di comune concerto e con apporti causali distinti e, comunque, convergenti, sequestrato RANCILIO AUGUSTO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, ponendo in essere, in particolare, ed in via di sintesi, le seguenti condotte: PAPALIA ROCCO - MORABITO - SERGI - AMANTE: per avere materialmente preso parte, dopo gli opportuni contatti con i suddetti complici, intercorsi nella fase ideativa ed organizzativa, alla apprensione materiale dell‟ostaggio e alla sua iniziale custodia, il MORABITO e l‟AMANTE, in particolare, per avere scortato, sul luogo del sequestro, le persone sconosciute che lo stesso posero in essere, nonchè per avere ivi recapitato anche le armi utilizzate, l‟AMANTE PIETRO per avere trasportato il RANCILIO, e taluni di coloro che ebbero a sequestrarlo, presso località ove trovavasi altra auto a bordo della quale, quindi, il RANCILIO fu trasferito in box nella disponibilità di MADAFFARI SALVATORE, il MORABITO, altresì, il SERGI ed il PAPALIA, per avere poi trasportato il RANCILIO, unitamente ad altri complici e utilizzando due autovetture, dal box di MODAFFARI SALVATORE, sito in Buccinasco, sino all‟interno di una cascina nella disponibilità di AMANTE ALFONSO ed ubicata tra Nerviano e San Giorgio sul Legnano al cui interno, infine, il SERGI rimase alcuni giorni a custodire l‟ostaggio sino al suo trasferimento in Calabria (o almeno così da doversi ritenere il luogo di destinazione); MODAFFARI SALVATORE per avere, come già sopra rilevato ed in attuazione di un comune programma criminoso, messo a disposizione box nella sua disponibilità, sino in Buccinasco, dove fu inizialmente tenuto in custodia il RANCILIO sino al suo trasferimento nella cascina dell‟AMANTE ALFONSO; 30 AMANDINI per avere, nella parte iniziale del sequestro, gestito la fase delle trattative, mantenendo, e facendo mantenere da terzi non identificati e sotto le sue direttive, i primi contatti telefonici con la famiglia RANCILIO. Con l‟aggravante dell‟avvenuta morte del sequestrato, come conseguenza non voluta e dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone. In Cesano Boscone il 2.10.1978 e sino ad epoca e luogo non precisati ed ove avvenne il decesso del RANCILIO. (Condotta di AMANTE PIETRO così precisata all‟udienza dibattimentale del 24/9/1996). 31 AMANTE ANTONINO AMANTE PIETRO BARBARO GIUSEPPE (cl. 1948) CATANZARITI AGOSTINO CORNIGLIA FEDERICO FERRERO WALTER INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO PAPALIA ROCCO SERGI FRANCESCO (cl. 56) TRIMBOLI FRANCESCO ZACCO ANTONINO 5) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra loro, con AMANDINI MICHELE e con altre persone non potute identificare, di comune concerto e con apporti causali distinti e, comunque, convergenti, sequestrato CATTANEO EVELINA allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione, la somma di L. 500.000.000 e ponendo in essere, in attuazione di comune progetto criminoso, le seguenti condotte: AMANDINI - CORNIGLIA - MORABITO - INZAGHI - PAPALIA - TRIMBOLI - SERGI per aver attuato, in fase ideativa ed organizzativa, la proposta di sequestro della CATTANEO (avanzata da CORNIGLIA e quindi, sollecitata dall‟AMANDINI) così provvedendo alla concertazione delle singole modalità operative del sequestro e procedendo agli opportuni sopralluoghi per la scelta dei tempi e luoghi più opportuni per la esecuzione dello stesso; MORABITO - INZAGHI - BARBARO - CATANZARITI - SERGI: per avere materialmente proceduto al prelievo fisico della CATTANEO, in via Vivaio, in Milano, e quindi al suo trasporto sino a porre la stessa nella disponibilità dello ZACCO, incaricato della fase della custodia; ZACCO: per avere organizzato tutta la fase della custodia della CATTANEO e quindi attuato la stessa, presso abitazione nella zona di “Milano Due”, unitamente ad altre persone non identificate; AMANDINI e FERRERO: per avere curato la fase dei contatti telefonici con i familiari e gli intermediari della famiglia CATTANEO finalizzati al pagamento del riscatto; 32 MORABITO - INZAGHI - TRIMBOLI - CATANZARITI - AMANTE PIETRO e ANTONINO Per avere gestito e portato ad effetto la fase della apprensione del riscatto pagato dalla famiglia della CATTANEO, riscatto immediatamente portato presso l‟abitazione nella disponibilità dell‟AMANTE ANTONINO, in via Biancospini a Milano. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. Fatto commesso in Milano in data 5.2.1979 sino al 15.05.1979 (data della liberazione dell‟ostaggio, avvenuta presso lo Sporting Mirasole di Opera - MI) 33 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 6) del reato p. e p. dagli artt. 100, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro, con AMANDINI MICHELE, CORSO FRANCESCO GIUSEPPE, PERROTTA VITTORIO, COPPOLA “FRANK”, tale “BRUNO” ed altri non potuti identificare, con apporti causali distinti e, comunque, convergenti, sequestrato JACOROSSI ANGELO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della liberazione, la somma di L. 716.000.000 ed agendo, in particolare il CORSO nella fase esecutiva del sequestro, e tutti partecipando attivamente alla fase delle trattative con la famiglia del sequestrato finalizzate alla consegna del riscatto ed alle fasi materiali di ritiro dello stesso. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Roma dall‟11.09.1979 al 18.11.1979. 34 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 7) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, in concorso tra di loro, con PERROTTA VITTORIO, SERGI SAVERIO (cl. 48), MANCUSO SALVATORE (deceduto) e con altre persone non potute identificare, con apporti causali distinti e, comunque, convergenti, sequestrato VISMARA ALESSANDRO allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo e conseguendo quale prezzo della liberazione, la somma di L. 500.000.000 ed agendo, in particolare, tutti nella fase di organizzazione ed attuazione della apprensione materiale del VISMARA ed il SERGI, quindi, nelle successive fasi di gestione della custodia dell‟ostaggio e della riscossione del riscatto. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Milano (Bareggio - Cisliano) dal 5.5.1989 al 4.9.80 (data in cui il VISMARA fu liberato in Terrazzano di Rho). 35 AGRESTA ANTONIO MORABITO SAVERIO MUFATO ANGELO SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI PAOLO 8) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P., per avere, in concorso tra di loro e con altre persone non ancora identificate, ovvero già identificate e a cui carico si procede dinanzi all‟A.G. di Pavia, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, sequestrato CASELLA CESARE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, così ricevendo la loro quota di riscatto a fronte di un pagamento per cifra di oltre un miliardo di lire e ponendo in essere, in particolare ed in attuazione di un comune progetto criminoso, le seguenti condotte (in sintesi): persone in corso di identificazione e collegate, comunque al “gruppo” MARANDO di Volpiano: per avere partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del sequestro e per avere, altresì, proposto a SERGI PAOLO e a SERGI FRANCESCO di custodire l‟ostaggio nel primo periodo di tempo immediatamente successivo alla apprensione materiale dello stesso, proposta accettata ed attuata come di seguito indicato; Gli altri per avere organizzato e portato ad effetto la richiesta di cui sopra ed in particolare per avere, così, ricevuto in consegna il CASELLA il giorno stesso del suo sequestro; per averlo trasportato presso un box sito in Buccinasco/Milano Più, nella materiale disponibilità del MUFATO ANGELO e dal medesimo concesso in uso appositamente allo scopo di custodire l‟ostaggio, box ubicato in via Aldo Moro n. 8; per avere ivi, quindi, tenuto segregato il CASELLA per circa 10/12 giorni lasciandolo, in particolare, all‟interno di autovettura, provvedendo altresì, il PARISI e l‟AGRESTA, alla stabile sorveglianza in loco dell‟ostaggio ed il MORABITO alle attività connesse anche alla somministrazione di cibo; per avere quindi, accompagnato il CASELLA in località sita nei pressi del citato box per lasciarlo quindi, in consegna a persone che, utilizzando un automezzo destinato al trasporto in Calabria di un carico di mobili, 36 trasportarono nella predetta regione il CASELLA per ivi lasciarlo in custodia ad altre persone non identificate. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. Fatto commesso in Pavia il 18.1.1988 sino al 30.1.1990 (data di liberazione del CASELLA in Natile di Careri RC). 37 MOLLUSO FRANCESCO 9) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 630, 61 n. 7 C.P. per avere, agendo in concorso con PAPALIA DOMENICO, KRAVOS ARTURO, BARBARO GIUSEPPE (U CASTANU cl. 1956) (già giudicati) e altri rimasti sconosciuti, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, sequestrato FERRARINI GIUSEPPE allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della sua liberazione, così ricevendo e conseguendo, quale prezzo della sua liberazione la somma di lire 800.000.000 (ottocento milioni). Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone e di avere cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Corsico ed Assago dal 9.7.1975 al 16.7.1975. 38 INZAGHI MARIO SERGI FRANCESCO (cl. 1956) SERGI PAOLO MORABITO SAVERIO 10) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3, 81 C.P. perché, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di CAVALLARO PIETRO e CAMPODIPIETRA GUGLIELMO, ed in particolare perchè, dopo avere tutti concertato la eliminazione dei predetti, in ragione anche delle posizioni di vertice assunte dai due SERGI nella organizzazione criminale loro facente capo (v. capo 50), indotti il CAVALLARO ed il CAMPODIPIETRA a recarsi in via Frà Cristoforo, con il pretesto di dovere loro consegnare parte di denaro relativo ad una fornitura di eroina o altro espediente similare, recatisi quindi, a bordo di un auto rubata, l‟INZAGHI postosi alla guida della stessa, sul luogo dell‟appuntamento, il MORABITO ed il SERGI FRANCESCO, rispettivamente in possesso di un fucile e di due pistole a tamburo, esplodevano numerosi colpi contro il CAVALLARO ed il CAMPODIPIETRA, cagionando il pressochè istantaneo loro decesso. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano il 4.7.88. 39 INZAGHI MARIO SERGI FRANCESCO (cl. 1956) MORABITO SAVERIO 11) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè, al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, di comune concerto acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, la vettura Lancia Delta tg. MI/6/D9904 compendio di un furto consumato da ignoti. In Milano acc. il 4.7.88. Fatto commesso in epoca antecedente e prossima. 12) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497 perchè, in concorso tra di loro, di comune concerto e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12, di marca non potuta accertare ed almeno due pistole a tamburo, cal. 38 e 357, armi comuni da sparo. Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui al capo n. 10. In Milano da epoca antecedente e prossima al 4.7.1988, sino alla medesima data. 40 SCOLLO AGATINO MAURIZIO 13) del reato p. e p. dagli artt. 56, 575, 577 n. 3 C.P. per avere posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di CANNAO‟ STEFANO, allorchè entrambi si trovavano detenuti presso la Casa Circondariale di Milano, atti consistiti in particolare, nell‟aggredire il CANNAO‟ facendo uso di un coltello ed attingendolo all‟emitorace sinistro in guisa da determinarne l‟immediato ricovero ospedaliero con prognosi riservata in ragione della profondità della ferita, e non portando compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla propria volontà. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. Fatto commesso in Milano il 19.6.1981. 41 SERGI FRANCESCO cl. 56 14) del reato p. e p. dagli artt. 81, 575, 577 n. 3 C.P., 56, 575, 577 n. 3 C.P. per avere cagionato la morte di MODAFFERI SALVATORE, ed avere posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di SERGI SAVERIO, ed in particolare perchè, portatosi presso il bar “Grillo” in via dei Mille, in Buccinasco in ore serali, esplodeva numerosi colpi d‟arma da sparo (utilizzando una pistola) all‟indirizzo delle persone sopra indicate e nell‟atto in cui costoro, usciti dal locale, stavano salendo a bordo di autovettura, colpi uno dei quali attingeva il MODAFFERI all‟addome determinando così la sua morte avvenuta, a causa ed in conseguenza della lesione riportata, presso l‟Ospedale San Carlo di Milano, e non portando a compimento l‟intento criminoso nei confronti di SERGI SAVERIO per cause non dipendenti dalla sua volontà. Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto agendo con premeditazione. Fatto commesso in Buccinasco il 21.9.79 Evento mortale verificatosi in Milano il 9.10.1979. 42 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 15) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di TROMBADORE SALVATORE ed in particolare perchè, dopo che lo stesso si era posto alla guida di vettura Fiat 500, raggiuntolo sulla Tangenziale Ovest, all‟altezza dello svincolo per la “Vecchia Vigevanese”, entrambi a bordo di vettura Renault 5 (INZAGHI alla guida), e dopo averlo di proposito tamponato, in guisa da indurlo a fermarsi, esplodevano contro lo stesso colpi d‟arma che ne determinavano il pressochè istantaneo decesso (fatto materialmente commesso dal MORABITO dopo essere disceso dalla vettura e avere raggiunto il lato guida della autovettura del TROMBADORE) Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano il 6.10.82. 16) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè, in concorso tra di loro, al fine di procurarsi un profitto, ed in particolare si eseguire il reato di cui al capo che precede, pur conoscendone la provenienza delittuosa, acquistavano o ricevevano una vettura Renault 5 compendio di furto commesso in luogo, epoca ed in danno di persona non potuti accertare. In Milano in epoca antecedente e prossima al 6.10.82 17) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497 perchè, in concorso tra di loro, e al fine di eseguire il reato di cui al capo 15 detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola (revolver) cal. 357 Magnum, arma comunque da sparo. In Milano da epoca prossima al 6.10.82 sino alla medesima data. 43 TRIMBOLI FRANCESCO SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 18) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P. 81, 56, 110, 575, 577 n. 3 C.P. perchè, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di RIBAUDO CARLO e ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di SCALERA GIUSEPPE, non portando a compimento l‟intento criminoso, in quest‟ultimo caso, per cause non dipendenti dalla loro volontà, ed in particolare perchè portatisi a bordo della autovettura di cui al capo n. 20 al seguito di vettura sulla quale viaggiavano il RIBAUDO e lo SCALERA, giunti in Cesano Boscone, nei pressi della via Vittorio Veneto, dopo avere cercato di tamponare l‟auto con a bordo il RIBAUDO al fine di costringerlo a fermarsi, si affiancavano alla predetta auto, e quindi esplodevano numerosi colpi d‟arma da fuoco che attingevano mortalmente il RIBAUDO e provocavano gravi lesioni allo SCALERA che veniva, pertanto, prontamente ricoverato. Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto con premeditazione. In Cesano Boscone il 4.2.1983 44 TRIMBOLI FRANCESCO SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 19) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro, al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico armi comuni da sparo tra le quali una pistola 357 Magnum. In Milano, Corsico, e Cesano Boscone fino al 4.2.83 20) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P. perchè agendo in concorso tra di loro al fine di procurarsi un profitto ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 18, acquistavano o ricevevano pur conoscendone la provenienza delittuosa, vettura non meglio precisata e, quindi, compendio di furto da meglio precisare. Fatto commesso in epoca antecedente e prossima al 4.2.83 ed accertato in Cesano Boscone nella stessa data. 45 TRIMBOLI FRANCESCO 21) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 575, 577 n. 3 C.P. perchè, agendo in concorso con NIZZOLA FRANCESCO (stralciato), do comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque, convergenti, ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di RUTIGLIANO MARIO, non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla loro volontà, ed in particolare per avere inserito dell‟esplosivo, azionabile con comando a distanza, sulla vettura A112 tg. MI/W55872 nella disponibilità del RUTIGLIANO e quindi per avere azionato l‟esplosivo allorchè il RUTIGLIANO era appena salito a bordo della predetta auto, cagionando così allo stesso gravi lesioni che ne determinarono l‟urgente ricovero ospedaliero. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano il 15.4.1983 22) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, e 12 della Legge 14.10.1974 perchè, in concorso come sopra, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico un imprecisato quantitativo di esplosivo, utilizzato poi per quanto già descritto al capo precedente. In Milano da epoca antecedente e prossima al 15.4.83 sino alla stessa data. 46 PAPALIA DOMENICO BARBARO DOMENICO (U CASTANU cl. 1956) SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 23) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di SEGHEZZI ALESSANDRO, non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla loro volontà ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto, con ambito decisionale proprio e precipuo del PAPALIA e del BARBARO, e quindi, portatisi, il MORABITO ed il SAFFIOTI, con l‟uso di vettura condotta da quest‟ultimo, in Buccinasco e, quindi, avvistato il SEGHEZZI e postisi così al seguito della vettura dal medesimo condotta, raggiunta ed affiancata la stessa, in Assago, esplodevano colpi d‟arma contro il predetto (fatto materialmente commesso dal MORABITO) attingendolo in parti vitali e, una volta inceppatesi le armi in possesso del MORABITO, per averlo questi inseguito a piedi e quindi, raggiuntolo, per averlo ripetutamente colpito alla testa con il calcio di una pistola senza tuttavia portare a compimento il progetto criminoso. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano l‟8.10.83. 47 SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 24) del reato p. e p. dagli artt. 110.61 n. 2, 648 C.P. perchè, al fine di eseguire il reato di cui al capo precedente, acquistavano o ricevevano una vettura non meglio precisata e, comunque, compendio di furto consumato da ignoti e ciò pur conoscendone la provenienza delittuosa. In Milano in epoca antecedente e prossima all‟8.10.83. 25) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro ed al fine di eseguire il reato di cui al capo 23, illecitamente detenevano e portavano il luogo pubblico due pistole a tamburo di calibro e marca non potuti accertare. In Milano da epoca antecedente e prossima all‟8.10.83 sino alla predetta data. 48 PAPALIA DOMENICO INZAGHI MARIO SARACENO VINCENZO MORABITO SAVERIO 26) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro e con DE STEFANO PAOLO (deceduto), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti di comune concerto, cagionavano la morte dell‟avvocato LABATE PIETRO ed in particolare il PAPALIA ed il DE STEFANO per avere ideato, organizzato e mandato a compimento il delitto nella loro posizione di vertice nella organizzazione criminale a loro riferibile, il SARACENO per essere di persona venuto a Milano dalla Calabria, allo scopo preciso di comunicare e commissionare la eliminazione del legale per conto dei predetti, il MORABITO e l‟INZAGHI per aver materialmente posto in essere l‟azione omicida consistita, in particolare, nell‟avvicinare il LABATE nel corso di una udienza presso il tribunale di Milano (processo a carico di PAPALIA ROCCO e altri) nel porsi a sua disposizione in guisa da indurlo a salire su vettura in loro possesso e nella falsa convinzione di essere così accompagnato in luogo dal medesimo indicato, giunti lungo la Tangenziale est, esplodevano contro lo stesso colpi d‟arma da fuoco che ne determinavano il pressochè istantaneo decesso. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano il 17.11.83. 49 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 27) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico due pistole (armi comuni da sparo), tra le quali una sicuramente cal. 7,65 e di marca non potuta accertare. In Milano in epoca antecedente prossima al 17.11.83 e sino alla predetta data. 50 SERGI FRANCESCO (cl. 56) TRIMBOLI FRANCESCO MORABITO SAVERIO 28) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti cagionavano la morte di MANCUSO SALVATORE, ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto, il SERGI ed il TRIMBOLI, altresì, quali esecutori materiali dello stesso, indotto con un pretesto il MANCUSO a portarsi, a bordo di auto, al seguito di altra vettura sulla quale avevano preso posto il SERGI e il TRIMBOLI, giunti lungo la Tangenziale Ovest ed arrestata la marcia, così inducevano anche il MANCUSO a fermarsi, scesi dall‟auto ed affiancatolo esplodevano contro lo stesso numerosi colpi d‟arma da sparo che ne determinavano il pressochè istantaneo decesso. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Milano il 3.1.84. 51 TRIMBOLI FRANCESCO SERGI FRANCESCO cl. 56 29) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, in concorso tra di loro ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, una vettura non meglio potuta accertare, compendio di furto consumato da ignoti. In Milano in epoca antecedente e prossima al 3.1.84. 30) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12, e 14 della Legge del 14.10.74 n. 497, perchè, in concorso tra di loro e al fine di eseguire il reato di cui al capo 28 illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico pistole cal. 7,65 di marca non potuta accertare e nel numero di almeno due (armi comuni da sparo). In Milano sino al 3.1.84 52 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO TRIMBOLI FRANCESCO 31) del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577, n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti cagionavano la morte di MUSITANO ROCCO ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto ed il MORABITO ed il TRIBOLI, quali esecutori materiali che, in particolare, portatisi a bordo di auto nella zona di Bareggio ed affiancata, quindi, la vettura ove trovavasi a bordo il MUSITANO, esplodevano contro lo stesso numerosi colpi d‟arma da sparo determinandone così il pressochè istantaneo decesso. Con l‟aggravante di avere commesso il fatto con premeditazione. In Bareggio il 23.3.84 53 MORABITO SAVERIO TRIMBOLI FRANCESCO 32) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P. 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè agendo in concorso tra di loro ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico due cd. “mitragliette” (armi da guerra) ed una pistola cal. 38 (arma comune da sparo). In Milano, Corsico, Bareggio e zone limitrofe, da epoca prossima al 23.3.84 sino alla predetta data. 33) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, al fine di procurarsi un profitto ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 31 acquisivano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, una vettura Mercedes compendio di furto consumato in epoca ed in danno di persona non potuta identificare. Fatto commesso in Milano in epoca antecedente e prossima al 23.3.84. 54 SERGI GIUSEPPE SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI PAOLO TRIMBOLI FRANCESCO PAPALIA ANTONIO SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 34) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di PERRE ADAMO, tutti partecipando alla fase ideativa ed organizzativa della azione criminosa ed il MORABITO, il TRIMBOLI ed il SAFFIOTI, alla fase esecutiva, dopo avere appreso da SERGI GIUSEPPE che PERRE ADAMO trovavasi presso il “Caffè Nilo” di Corsico, si portavano (MORABITO e TRIMBOLI) all‟interno del locale, ove travisati con passamontagna, esplodevano colpi d‟arma contro il PERRE cagionandone il pressochè istantaneo decesso, nel mentre il SAFFIOTI restava in attesa dei predetti a bordo di auto sulla quale, quindi, si davano alla fuga. Con l‟aggravanti dell‟avere con premeditazione e nel numero di almeno 5 persone. In Corsico il 15.11.84. 55 TRIMBOLI FRANCESCO SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 35) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12 e due pistole di cui una cal. 357 Magnum, armi comuni da sparo. In Corsico da epoca prossima al 15.11.84 sino alla data stessa. 56 SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI PAOLO MORABITO SAVERIO TRIMBOLI FRANCESCO PAPALIA ANTONIO NUCARA ALESSANDRO BRANCA DOMENICO LOMBARDO GIULIO ANTONINO 36) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 81, 575, 477 n. 3 C.P., 56, 575, 577 n. 3 C.P. perchè, agendo n concorso tra di loro, di comune concerto e con rapporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, cagionavano la morte di BARRECA CONSOLATO e ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di BISESI DOMENICO, non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti delle loro volontà, ed in particolare perchè, tutti partecipando alla fase ideativa ed organizzativa dell‟azione criminale ed attuando, altresì il TRIMBOLI ed il LOMBARDO il progetto criminoso in particolare portandosi, a bordo di una motocicletta (condotta dal LOMBARDO) sulle tracce di vettura ove viaggiavano il BARRECA e a BISESI e, quindi affiancata la vettura, allorchè ferma ad un semaforo di Via Casoretto, esplodevano (il TRIMBOLI) contro i predetti colpi d‟arma da fuoco che determinavano il pressochè istantaneo decesso del BARRECA e lesioni gravi alla BISESI, prontamente poi ricoverata in Ospedale in Milano. Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno cinque persone e di avere commesso il fatto con premeditazione. In Milano il 27.6.85 57 TRIMBOLI FRANCESCO LOMBARDO GIULIO ANTONINO 37) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, di comune concerto, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, allo scopo di eseguire il reato di cui la capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico due pistole di marca e calibro non potuti accertare e, comunque, armi comuni da sparo. In Corsico e Milano, da epoca antecedente e prossima al 27.6.85 sino alla predetta data. 58 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI SAVERIO (cl. 68) SERGI FRANCESCO (cl. 68) MORABITO SAVERIO 38) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, cagionavano la morte di PONZIO RAFFAELE ed il particolare perchè partecipavano tutti alla fase ideativa ed organizzativa e gli ultimi tre alla fase esecutiva, esplodevano contro il PONZIO almeno n. 6 colpi d‟arma da sparo (fatto commesso da SERGI FRANCESCO cl. 68 e da SERGI SAVERIO, nel mentre il MORABITO SAVERIO era rimasto in attesa a bordo di autovettura), cinque dei quali attingevano il PONZIO determinandone, così, il pressochè istantaneo decesso. Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto con premeditazione, e di avere agito nel numero di almeno cinque persone. In Milano il 23.1.1989 59 SERGI FRANCESCO (cl. 68) SERGI SAVERIO (cl. 68) MORABITO SAVERIO 39) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perché, agendo in concorso tra di loro e di comune concerto, illecitamente detenevano e portavano il luogo pubblico due pistole, di cui una cal. 7,65 e l‟altra cal. 357 Magnum o 38 special (armi comuni da sparo). Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede. In Milano il 23.1.1989 40) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro e di comune concerto, al fine di procurarsi un profitto, ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo 38, acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa, una vettura Y10 di colore chiaro, compendio di furto consumato in epoca ed in danno di persona non potuta accertare. In Milano in epoca antecedente e prossima al 23.1.89 60 SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI PAOLO SERGI SAVERIO (cl. 68) TRIMBOLI FRANCESCO MORABITO SAVERIO 41) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro e con persone rimaste sconosciute, con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, cagionavano la morte di VOTTARI GIOVANNI, in particolare tutti partecipando alla fase ideativa ed organizzativa dell‟omicidio ed il MORABITO, il TRIMBOLI ed il SERGI SAVERIO, portando a compimento il disegno criminoso, di fatto portandosi a bordo di un furgone nei pressi del bar “Emilia” di Limbiate e da qui, quindi, esplodendo colpi d‟arma da fuoco contro il VOTTARI, pochi istanti dopo che costui era uscito dal predetto locale, colpi che attingevano in più parti del corpo il VOTTARI, determinandone il pressochè istantaneo decesso. Con l‟aggravante dell‟avere agito di concerto nel numero di almeno cinque persone e di avere commesso il fatto con premeditazione. In Limbiate il 12.5.1989 61 TRIMBOLI FRANCESCO SERGI SAVERIO (cl. 68) MORABITO SAVERIO 42) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 n. 2, 648 C.P., perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, acquistavano o ricevevano, pur conoscendone la provenienza delittuosa i seguenti automezzi: Furgone Fiat Ducato tg. TN-447564, compendio di furto consumato in Milano, nella notte tra il 4 ed il 5 aprile 1989; Lancia Thema non meglio precisata, compendio di furto consumato in epoca, luogo ed in danno di persona da accertare. Fatti commessi in Milano, corsico e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 4.4.89 ed il 12.5.89 43) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto ed al fine di eseguire il reato di cui al capo 41, detenevano e portavano in luogo pubblico un fucile cal. 12 marca “Winchester” (arma comune da sparo) e due pistole cal. 4,65 (armi comuni da sparo). Fatti commessi in Milano, Corsico, Limbiate e zone limitrofe da epoca antecedente e prossima al 12.5.89 sino alla stessa data. 62 SERGI PAOLO MORABITO SAVERIO SERGI FRANCESCO (cl. 56) 44) del reato p. e p. dagli artt. 110, 45, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, cagionavano la morte di NIZZOLA FRANCESCO ed in particolare per avere tutti partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto ed il MORABITO per avere portato a compimento il progetto criminoso e segnatamente perchè, dopo aver condotto il NIZZOLA, con un pretesto, all‟interno di un box nella sua disponibilità in Buccinasco, via Aldo Moro n. 8, esplodeva contro lo stesso alcuni colpi d‟arma che attingevano il NIZZOLA senza, tuttavia, cagionarne la morte per cause non dipendenti dalla volontà del MORABITO. Con l‟aggravante dell‟avere agito con premeditazione. In Buccinasco il 12.6.89 (Per SERGI FRANCESCO contestato all‟udienza dibattimentale 30/6/95) MORABITO SAVERIO 45) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva e portava in luogo pubblico una pistola cal. 7,65, arma comune da sparo. In Buccinasco il 12.6.89 63 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO 46) del reato p. e p. artt. 81 cpv., 110 C.P., 10, 12 della legge 14.10.74 n. 497, perchè, di comune concerto e, quindi, in concorso tra di loro, acquistavano o ricevevano da NIZZOLA FRANCESCO e quindi detenevano e portavano in luogo pubblico (custodendoli in box sito in via Aldo Moro n. 8, Buccinasco) cinque fucili “Khalasnhikov”, armi da guerra. In Milano e Buccinasco da epoca antecedente e prossima al 12.6.89 sino alla predetta data. 47) OMISSIS 64 BARBARO GIUSEPPE (U CASTANU cl. 56) PIZZATA GIOVANNI BARBARO DOMENICO (U CASTANU cl. 54) MORABITO SAVERIO SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) 48) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 575, 577 n. 3 C.P., perchè agendo in concorso tra di loro di comune concerto e con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, cagionavano la morte di ASPROMONTE GIOSAFATTE ed in particolare tutti per avere partecipato alla fase ideativa ed organizzativa del delitto, BARBARO GIUSEPPE, BARBARO DOMENICO e PIZZATA GIOVANNI, per avere, tra l‟altro, chiesto ed ottenuto dai vertici del “gruppo SERGI” il “permesso” di potere eliminare l‟ASPROMONTE allorchè si sarebbe recato nella zona di Corsico o, comunque, di avviare da quella zona l‟azione delittuosa, SERGI PAOLO, SERGI FRANCESCO e MORABITO SAVERIO, per avere prestato il consenso, così rafforzando il progetto criminoso, ed altresì il MORABITO, BARBARO DOMENICO ed altra persona rimasta sconosciuta per avere anche scavato una fossa (poi non utilizzata) destinata ad occultare il cadavere dell‟ASPROMONTE in zona di Gudo Gambaredo, BARBARO GIUSEPPE e PIZZATA GIOVANNI, quindi, per avere indotto l‟ASPROMONTE, una volta giunto quest‟ultimo in Corsico, ad effettuare assieme un tratto di strada in guisa, quindi da fermarsi lungo il tragitto ed esplodere contro l‟ASPROMONTE colpi d‟arma che ne determinavano il pressochè istantaneo decesso, tutti quindi operando e cooperando in ambito di rafforzamento e propositivo dell‟azione delittuosa. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno cinque persone e di avere agito con premeditazione. Fatto avvenuto in Milano il 4.11.85. 65 BARBARO GIUSEPPE (cl. 56) PIZZATA GIOVANNI 49) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico armi comuni da sparo (verosimilmente pistole) non meglio potute accertare, una delle quali, comunque, cal. 7,65. In Milano, Corsico, e zone limitrofe sino al 4.11.85 e da epoca antecedente e prossima. 66 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) SERGI SAVERIO (cl 68) TRIMBOLI FRANCESCO MORABITO SAVERIO AMANTE PIETRO AMANTE GIOVANNI MOSCARDI GIANFRANCO INZAGHI MARIO PARISI ANTONIO BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59) ZAVETTIERI GIUSEPPE CERULLO PIETRO PAPALIA ANTONIO 50) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, III e IV comma della Legge 22.12.75 n. 685 - 74, I, II, III e IV comma del DPR 9.10.90 n. 309, perchè, in concorso tra di loro con NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) LANZO SANTO e MANCUSO SALVATORE (deceduto) ROMEO ANNUNZIATINO (nei cui confronti si procede separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, anche in tempi diversi (v. infra) e con modalità di attuazione non omogenee, si associavano allo scopo di dare vita e portare ad effetto una organizzazione finalizzata alla consumazione di più reati tra quelli previsti dagli artt. 71 e 73 della Legge e del DPR sopra indicati, ed in particolare perchè, mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di capitali, reperimento di luoghi destinati alla custodia e alla lavorazione delle sostanze stupefacenti, per lo più nella fascia territoriale compresa tra le zone di Corsico e Buccinasco, costituzione di società commerciali, destinate a fornire copertura alle attività di reimpiego dei proventi del traffico degli stupefacenti e direttamente a loro riferibili), mediante articolata ripartizione di compiti e funzioni, mediante predisposizione di attività permanente di controllo della fascia territoriale ove veniva posto in essere lo smercio degli stupefacenti ed in attuazione di un comune e preordinato programma criminoso ed in adesione allo stesso, davano vita e portavano ad effetto una struttura organizzata finalizzata al commercio di eroina, cocaina ed hashish con ambito di riferimento precipuo nelle zone di cui ai Comuni sopra indicati e zone limitrofe, organizzazione nel cui ambito e nei tempi che di volta in volta saranno precisati: 67 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO TRIMBOLI FRANCESCO PAPALIA ANTONIO INZAGHI MARIO operavano a livello di vertice e direttivo, in particolare stabilendo, mantenendo e gestendo i rapporti con i canali di rifornimento delle sostanze stupefacenti, coordinando e dirigendo le attività degli appartenenti alla organizzazione, essi stessi talvolta provvedendo alle attività di lavorazione e confezionamento di ingenti partite di eroina, nella specie, mantenendo, altresì, i contatti con la fascia della clientela tramite giornalieri stazionamenti in locali pubblici, nelle zone di Corsico e Buccinasco, provvedendo alle trattative in questione, delegando di volta in volta gli altri membri del gruppo all‟uopo destinati a provvedere alle materiali esigenze dello stupefacente, curando il ritiro finale delle somme introitate dal traffico e quindi, segnatamente i due SERGI, provvedevano al reimpiego di parte delle stesse in attività economiche o finanziarie tramite principalmente la costituzione di numerose società commerciali immobiliari o edili; SERGI SAVERIO (cl. 68) PARISI ANTONIO AMANTE PIETRO AMANTE GIOVANNI NIZZOLA FRANCESCO BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59) ROMEO ANNUNZIATINO partecipavano alle attività della organizzazione in ambito subalterno rispetto alle posizioni sopra indicate ed in particolare provvedendo al controllo della fascia territoriale ove veniva attuato il commercio degli stupefacenti, provvedendo anche al reperimento di luoghi ove di volta in volta essi stessi custodivano partite di sostanza stupefacente, curando, quindi, contatti con la fascia della clientela e provvedendo essi stessi alle consegne della quantità di eroina, cocaina ed hashish di volta in volta negoziate e, quindi, anche al ritiro delle equivalenti somme di denaro; 68 MOSCARDI GIANFRANCO quale gestore di area di distribuzione di carburante nella Via Milano in Corsico, fungeva quale punto di riferimento della organizzazione ed in particolare quale intermediario tra membri della organizzazione e la fascia della clientela, di volta in volta, quindi, egli stesso curando il mantenimento di tali contatti ed altresì mettendo a disposizione i locali dell‟area di servizio, o di concessionaria di auto dal medesimo gestita, per la custodia di partite di sostanze stupefacenti o delle somme di denaro di volta in volta consegnate da taluni degli acquirenti ovvero predisponendo egli stesso nascondigli per la custodia dello stupefacente su auto di acquirenti; CERULLO PIETRO ZAVETTIERI GIUSEPPE Operando nel contesto associativo, in organico e funzionalmente alla vita ed esistenza dello stesso, quali titolari di attività commerciali e finanziarie destinate a fornire copertura agli illeciti proventi del traffico della droga e garantendo, altresì, il reimpiego degli stessi, in particolare tramite le attività delle seguenti società commerciali o finanziarie, ovvero attività di esercizi pubblici: Società “FRATELLI CERULLO” “EDIL ASSAGO”, via Gattinare 90 Milano IMMOBILIARE MARCELLA S.a.s. IMMOBILIARE ANGELA C.so Garibaldi 127 Legnano (MI) “SIRIO PARKING CAR” Via Moscova 43 Milano RA. DI CE S.a.s. Via Cortina d‟Ampezzo 9 Milano SOFILEA S.r.l. Via Fatebenefratelli n. 17 Milano Bar “TREVI”, via Bramante 14, Buccinasco Bar pizzeria “RISTORACASA”, via Sant‟Adele 2 Corsico Ristorante pizzeria “EDEN”, via Saronnese, 31 Rescaldina (VA) Ristorante pizzeria “BELLA NAPOLI”, via Sempione, 9 Castelletto sopra Ticino; società “LIGUS SERVICE” via cortina d‟Ampezzo 9 Milano Bar pizzeria “Scacco Matto” P.zza Europa Corsico (MI) società “edilcostruzioni” s.r.l. 69 così anche destinando lo ZAVETTIERI in particolare, i locali di taluni dei predetti esercizi pubblici a luogo di custodia di sostanza stupefacente ovvero di deposito di somme di denaro provento dello smercio delle sostanze stupefacenti. Con le aggravanti del numero degli associati (almeno 10 persone) e del carattere “armato” della associazione. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio, Milano zone limitrofe nelle epoche di seguito indicate: SERGI FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino all‟ottobre del 1993 SERGI PAOLO da epoca prossima alla fine del 1985/1986, sino all‟ottobre del 1993. AMANTE PIETRO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino ad epoca prossima al 1989. AMANTE GIOVANNI dagli inizi del 1980 o epoca prossima, sino ad epoca prossima 1989. NIZZOLA FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima sino ad epoca prossima al 1988/89 TRIMBOLI FRANCESCO dagli inizi del 1980, o epoca prossima, sino al 1985/86 e quindi dall‟estate del 1990 sino all‟ottobre del 1993 MORABITO SAVERIO da epoca prossima al 1984 sino al settembre del 1990 INZAGHI MARIO da epoca prossima al 1984 sino al novembre 1988 PAPALIA ANTONIO da epoca prossima al 1984/85 sino al 1986 BARBARO GIUSEPPE da epoca prossima al 1986 sino al 1989 circa SERGI SAVERIO da epoca prossima al 1985 sino al marzo aprile del 1992 PARISI ANTONIO da epoca prossima al 1984 sino al giugno 1989 ZAVETTIERI GIUSEPPE da epoca prossima al 1984 sino all‟ottobre del 1993 CERULLO PIETRO come sopra 70 MOSCARDI GIANFRANCO da epoca prossima al 1985 sino alla fine del 1990. ROMEO ANNUNZIATINO da epoca prossima all‟autunno del 1986 sino al maggio del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 51) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2 II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè in concorso tra di loro e NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) o, di volta in volta tra taluni di loro e con LANZO SANTO (già giudicato) e MANCUSO SALVATORE (deceduto), ROMEO ANNUNZIATINO (nei confronti del quale si procede separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, con apporti causali anche distinti, e, comunque convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui ai capi nn. 55/56, 62, 64/65, 71, 80, 82, 86, 93, 100, 105, 113, 124, 126, 129, 134, 138 ed altresì da FLACHI GIUSEPPE, TROVATO FRANCO, SCHETTINI ANTONIO, CHIRICO ANTONIO, CARNOVALE GIUSEPPE e PACE SALVATORE (a carico dei quali si procede separatamente) nonchè da altre persone non ancora potute identificare (talune, peraltro, di nazionalità turca ed altre, quali ad esempio, TUSCANO MICHELE o CAMPIONE GIOVANNI decedute) sia i quantitativi di sostanze stupefacente (eroina, cocaina, ed hashish) già indicati nelle suddette imputazioni e sia altri quantitativi della medesima consistenza ed in particolare ed in sintesi forniture di eroina varianti da 20/30 Kg. ai 100 Kg circa alla volta, forniture di cocaina sino a circa 10 Kg. la volta e partite di hashish anche sino a 200 Kg. cadauna (per ciò che riguarda il “gruppo FLACHI-TROVATO” di cui sopra, v. forniture di eroina dai due ai cinque Kg. la volta e di cocaina di analogo peso, in più occasioni e per un quantitativo complessivo oscillante sui 20 Kg. circa), sostanze stupefacenti che quindi, agendo di volta in volta ed anche in tempi separati (v. infra) tra di loro e, comunque, in ambito di adesione a comune disegno criminoso, detenevano presso abitazioni o box reperiti do volta in volta nelle zone di Corsico e Buccinasco, o parti del territorio limitrofe, e quindi vendevano, ponevano in vendita o cedevano a terzi, tra i quali le persone di cui ai capi nn. 52, 54, 73, 74, 75, 76, 77, 79bis, 81, 83, 88, 89, 96, 101, 102, 104, 106, 107, 108, 109 111, 114, 115, 116, 117, 119, 120, 121, 122, 124 bis, 124 ter, 125, 127, 128, 130, 131, 132, 135, 136, 137, 140, 143, 144, 145, 147, 148, 149, 150, 151, 152, 153, 154, 156, 157, 161, 164, 165, 167, 168, 172, 173, 174, 175, 176, 177, 178, 221, 222, ed altresì MARANDO FRANCESCO, PANGALLO ANTONIO, CAMPIONE GIOVANNI, MORABITO ASSUNTO LUIGI, PAVIGLIANITI SANTO SALVATORE, FERRARO SANTO SALVATORE, GIGLIOTTI UMBERTO, ed esponenti del “gruppo FLACHI - TROVATO” di cui sopra, ROMEO BRUNO (per complessivi Kg. 1,5 di eroina e gr. 100 di cocaina), PERROTTA VITTORIO (Kg. 0.500 di eroina) ed altri in corso di identificazione, e per quantitativi già specificati nelle predette imputazioni (per il “gruppo FLACHI TROVATO” per 71 fornitura di eroina e di cocaina varianti, per entrambe le sostanze, dai 1 ai 5 Kg. la volta per complessive 6/8 forniture), operando principalmente nelle zone di Corsico e Buccinasco con le condotte già indicate nel capo che precede. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II previste dagli artt. 12 e 14 della Legge e del D.P.R. sopra indicati. Fatti commessi in Milano, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, e zone limitrofe nei periodi di tempo già meglio indicati nel capo che precede e, per AMANTE GIOVANNI e AMANTE PIETRO, sino ad epoca antecedente e prossima al 24.4.1982. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/09/96). 72 AMANTE PIETRO AMANTE GIOVANNI 52) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè, agendo in concorso tra di loro, con NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) e con altre persone in corso di identificazione, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano quantitativi di eroina cocaina ed hascich non puntualmente specificabili e, comunque, sicuramente anche di ingente consistenza (tra i quali e sino ad epoca prossima al maggio del 1990, quantitativi di eroina pari a circa 20 Kg. la volta che ritiravano da esponenti del c.d. Gruppo SERGI) che, quindi, detenevano e vendevano o cedevano ad acquirenti gravitanti nelle zone di Corsico, Buccinasco e zone limitrofe. Con le aggravanti della riferibilità delle condotte a quantitativi da considerarsi ingenti e dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone. Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacente classificate nelle tab. I e II previste dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, da epoca prossima al 1989 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 73 PAPALIA DOMENICO PAPALIA ANTONIO PAPALIA ROCCO PAPALIA GIUSEPPE AGRESTA ANTONIO MUSITANO ANTONIO MOLLUSO FRANCESCO VIOLI ANTONIO RECHICHI DIEGO PERRE FRANCESCO PARISI DOMENICO TRIMBOLI DOMENICO (MICO MURRUNI - cl 59) 53) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, III e IV comma della Legge 22.12.75 n. 685 - 74, I, II, III e IV comma del DPR 9.10.90 n. 309, perchè, in concorso tra di loro, con PAPALIA PASQUALE, e con altre persone in corso di identificazione, anche in tempi diversi e con modalità di attuazione non omogenee, si associavano allo scopo di dare vita ad una organizzazione finalizzata alla consumazione di più reati tra quelli previsti dagli artt. 71 (L. 685/75) e 73 (D.P.R. 309/90), ed in particolare perchè mediante predisposizioni di mezze e strutture (v. reperimento di capitali, reperimento di luoghi destinati alla custodia e alla lavorazione delle sostanze stupefacenti, per lo più nelle zone di Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, costituzione di società commerciali destinate a fornire coperture alle attività di reimpiego dei proventi del traffico degli stupefacenti e direttamente a loro riferibili), mediante articolata ripartizione di compiti e funzioni, mediante predisposizione di attività permanente di controllo della fascia territoriale ove veniva posto in essere lo smercio degli stupefacenti ed in attuazione di un comune e preordinato programma criminoso ed in adesione allo stesso, davano così vita ed effetto ad una struttura organizzata al commercio di eroina, cocaina ed hashish, con ambito di riferimento precipuo nelle zone di cui ai Comuni sopra indicati e zone limitrofe, organizzazione nel cui ambito e nei tempi che di volta in volta saranno precisati: 74 PAPALIA DOMENICO PAPALIA ANTONIO PAPALIA ROCCO MOLLUSO FRANCESCO operavano a livello di vertice e direttivo, in particolare il PAPALIA DOMENICO, benchè detenuto, mantenendo stabili legami con gli altri, partecipando alle principali attività di programmazione e “strategiche” del gruppo, prendendo parte diretta ad incontri di vertice in occasione di permessi di uscita dal carcere e di fatto, quindi, prendendo parte attiva e primaria a tutte le scelte di fondo del gruppo e gli altri stabilendo, mantenendo e gestendo i rapporti con i canali di rifornimento delle sostanze stupefacenti, coordinando e dirigendo le attività degli appartenenti alla organizzazione, essi stessi talvolta provvedendo alle attività di lavorazione e confezionamento di ingenti partite di eroina, in particolare, mantenendo, altresì, i contatti con la fascia della clientela tramite giornalieri stazionamenti in locali pubblici nelle zone di Corsico, Buccinasco, provvedendo alle trattative in questione, delegando di volta in volta, gli altri membri del gruppo all‟uopo destinati a provvedere alle materiali consegne dello stupefacente, curando il ritiro finale delle somme introitate dal traffico e quindi, segnatamente il PAPALIA ANTONIO ed il PAPALIA ROCCO, provvedendo al reimpiego di parte delle stesse attività economiche o finanziarie tramite principalmente la costruzione di società commerciali immobiliari o edili; GLI ALTRI partecipavano alle attività della organizzazione in ambito subalterno, rispetto alle posizioni sopra indicate, ed in particolare provvedendo al controllo della fascia territoriale ove veniva attuato il commercio degli stupefacenti, provvedendo anche al reperimento dei luoghi ove di volta involta essi stessi custodivano partite di sostanza stupefacente, curando, quindi, i contatti con la fascia della clientela e provvedendo essi stessi alle consegne di quantità di eroina, cocaina, ed hashish di volta in volta negoziate ed altresì procedendo al ritiro delle equivalenti somme di denaro ed il RECHICHI, infine, anche curando e gestendo attività commerciali, unitamente alle persone sopra indicate e ad altri in corso di identificazione, finalizzate al reimpiego di parte dei proventi degli illeciti traffici di droga. 75 Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca inquadrabile nei primi anni 80 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993: PAPALIA DOMENICO, PAPALIA ROCCO, AGRESTA ANTONIO: dagli inizi degli anni 80 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993 MOLLUSO FRANCESCO dagli inizi degli anni 80 sino ad epoca prossima al 1984. PAPALIA ANTONIO da epoca prossima al 1986 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993 GLI ALTRI: da epoca prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993 Con l‟aggravante del numero degli associati (almeno dieci persone) 54) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 - 73, I e IV comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309, perchè agendo di volta in volta in concorso tra di loro e con altre persone in corso di identificazione, con apporti causali anche distinti, e comunque convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui ai capi 55/56, da FOSCHINI VITTORIO (fornitura di Kg. 300 di hashish nel 1987/88), da esponenti del c.d. Gruppo SERGI (v. fornitura di 10 Kg. di eroina materialmente eseguita da ROMEO ANNUNZIATINO a mani di VIOLI ANTONIO in epoca immediatamente successiva al 12/6/89) nonchè da altre persone, anche di nazionalità estera (turchi e colombiani, in particolare) non ancora potute identificare, i quantitativi di eroina, cocaina ed hashish non precisabili specificamente e, comunque, di certa ingente consistenza (v. per l‟eroina quantitativi varianti sino a 100/200 Kg. la volta) che quindi, agendo di volta in volta, ed anche in tempi separati (v. infra) tra di loro, e, comunque, in ambiti di adesione a comune disegno criminoso, detenevano presso abitazioni o box di volta in volta reperiti nelle zone di Corsico e Buccinasco in particolare, quindi, vendevano, ponevano in vendita, offrivano o cedevano a persone gravitanti nelle zone dei Comuni di Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, alcuni già indicati nei capi che seguono, ed altri in corso di identificazione ed altri a FOSCHINI VITTORIO (per complessivi Kg. 2 di eroina), a PERROTTA VITTORIO (complessivi Kg. 1,5 di eroina), a PACE SALVATORE, CASSANIELLO LEONARDO ed altri legati ai prevenuti (forniture di eroina per circa 10 Kg. la volta in almeno 10/15 occasioni), a ROMEO BRUNO (gr. 500 di cocaina) operando principalmente con le condotte già meglio precisate nel capo che precede. 76 Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanze stupefacenti da considerarsi ingenti. Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II di cui agli artt. 12 e 14, rispettivamente della Legge e del D.P.R. sopra citati. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe per tutti in ambito di tempo compreso tra epoca antecedente e prossima al 1984, con le precisazioni di cui già al capo che precede. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 77 CAROLLO ANTONINO ZACCO ANTONINO SCHIATTARELLA VINCENZO BONANNO LUIGI GIRGENTI GASPARE PANAIA ANTONIO LA ROSA GAETANO 55) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma della legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo n concorso tra di loro e con CAROLLO GAETANO e CAROLLO PIETRO (deceduto il primo e scomparso il secondo) e con altre persone non potute identificare, si associavano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall‟art. 71 della predetta Legge, ed in particolare perchè, mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di capitali, reperimento di luoghi destinati sia alla custodia di partite di eroina e sia destinati alla lavorazione di quantitativi di morfina base procurati tramite trafficanti turchi) mediante articolata ripartizione di compiti e funzioni ed in attuazione e di comune e preordinato programma criminoso, ed in adesione allo stesso, davano così vita ed effetto ad una struttura organizzata finalizzata al commercio di ingenti partite di eroina ovvero alla trasformazione di ingenti partite di morfina base in “eroina bianca” ai fini del commercio in ambito nazionale ed internazionale, organizzazione nel cui ambito il CAROLLO GAETANO svolgeva funzioni di vertice unitamente a ZACCO ANTONINO, entrambi, infatti mantenendo i rapporti con i fornitori turchi, procedendo alle fasi delle trattative e, quindi, curando la gestione di laboratori di trasformazione della morfina base e, quindi, la loro messa in opera: TUTTI procedendo alle attività di custodia e lavorazione delle partite di eroina sia in attività connesse alla sopra indicata lavorazione e trasformazione della morfina base e quindi tutti prendendo parte attiva alla gestione dei quantitativi di eroina (bianca o brown sugar) di volta in volta nella loro disponibilità e pertanto stazionando nei luoghi ove avvenivano le trattative con gli acquirenti (v. Via Anguissola, principalmente e zone limitrofe), portando a perfezionamento le stesse, curando, quindi le consegne dello stupefacente ed il ritiro delle somme di denaro corrispondente. Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, dagli inizi degli anni 80 sino al 1988 (essendo già stati giudicati per fatti identici avvenuti in epoca successiva). Il GIRGENTI sino ad epoca prossima all‟11.04.1986. 78 Imputati di cui al capo 55 56) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con altre persone non identificate, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti e talvolta, e nell‟arco di tempo compreso tra il 1980 ed il 1988, anche agendo in concorso con le persone di cui al capo che segue, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano ingenti quantitativi di eroina e di morfina base che quindi trasformavano in cd. “eroina bianca”, quantitativi che quindi detenevano, trasportavano, vendevano, offrivano o cedevano a terzi (tra i quali esponenti dei gruppi PAPALIA, SERGI, COCO TROVATO-FLACHI, nonchè CRISAFULLI BIAGIO, CRISAFULLI ALESSANDRO e DI DONATO MICHELE) con le condotte già meglio precisate nel capo che precede e così operando gestivano quantità di eroina varianti dai 3/5 Kg. ai 50/70 Kg. circa alla volta. Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge predetta. Con le aggravanti dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte e quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Milano e zone limitrofe dagli inizi degli anni 80, sino al 1988 (v. capo che precede). (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 79 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO PARISI ANTONIO ZAVETTIERI GIUSEPPE CERULLO PIETRO INZAGHI MARIO 57) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con le persone di cui al capo che precede (“gruppo CAROLLO”), di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, in attuazione ed adesione di comune ideazione criminosa, illecitamente acquistavano o ricevevano e quindi detenevano, ingenti partite di eroina (dai 50 ai 70 Kg. per volta), che provvedevano congiuntamente ai prevenuti a sottoporre ad operazione di cd. “taglio”,, anche con utilizzo di particolare e non conosciuta sostanza contenente prodotti medicinali, presso luoghi di volta in volta, reperiti per l‟occasione (v. cascina del CERULLO PIETRO, sita in Assago, abitazioni nella disponibilità del MORABITO o del PARISI in Buccinasco, Assago, Corsico) e quindi, in concorso tra di loro, provvedevano successivamente a trasportare, custodire in luoghi reperiti principalmente nelle zone di Corsico e Buccinasco e a vendere, porre in vendita o comunque a cedere a terzi, taluni già indicati nei capi di imputazione menzionati al capo n. 51, ed altri non potuti identificare, principalmente gravitando, per lo smercio nelle zone di Via Anguissola e di via delle Legioni Romane. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di eroina da considerarsi ingenti. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe dal 1985/86 al 1988 circa. (Per INZAGHI MARIO capo contestato all‟udienza dibattimentale 30/6/95). 80 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO CERULLO PIETRO PARISI ANTONIO 58) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con FLACHI GIUSEPPE, COCO TROVATO FRANCO, SCHETTINI ANTONIO (nei confronti dei quali si procede separatamente), di comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente detenevano per l‟arco di una giornata, presso cascina nella disponibilità del CERULLO e sita in Assago, un quantitativo di eroina pari a Kg. 92 circa che quindi, dopo avere ricevuto o trattenuto per sè un quantitativo pari a Kg. 5, restituivano alle persone sopra indicate. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativo di eroina da considerarsi ingente. In Assago in epoca antecedente e prossima al 29.10.1987. 81 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl 56) AQUINO SALVATORE COLUCCIO GIUSEPPE AGOSTINO ROCCO ROMEO GIUSEPPE BOMBARA MICHELE BOMBARA NICOLINO TRIMBOLI FRANCESCO 59) del reato p. e p. dagli artt. 75, I, II, e III comma della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro ed altresì con PANNUNZI ROBERTO, con MORABITO SAVERIO, ROMEO ANNUNZIATINO, ROMEO FRANCESCO, MAZZA ALAIN e PAIRONE GIL (già giudicati), mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. reperimento di una abitazione in zona di Rota Imagna, reperimento di attrezzatura specifica destinata alla lavorazione della morfina base e di attrezzatura chimica destinata ai predetti fini), mediante distribuzione di compiti e di ruoli ed in attuazione di un comune e preordinato progetto criminoso ed in adesione allo stesso, davano vita ad attività di trasformazione della morfina base in eroina cd. “bianca”, tutti partecipando alla ideazione ed organizzazione del programma criminoso, il PANNUNZI, in particolare, l‟AQUINO, COLUCCIO, AGOSTINO, ROMEO GIUSEPPE, BOMBARA MICHELE e BOMBARA NICOLINO, provvedendo alla individuazione dei canali di smercio dello stupefacente, il “gruppo SERGI”, curando, principalmente, la fase della custodia dello stupefacente ottenuto a seguito della lavorazione nella indicata “raffineria”, davano così via ed effetto ad attività associata finalizzata a quanto sopra e, quindi, alla trasformazione dello stupefacente e alla sua successiva commercializzazione con più violazioni, quindi, della norma di cui all‟art. 71 della Legge citata. Con l‟aggravante della presenza alla associazione di almeno dieci persone. In Milano, Corsico, Buccinasco, Rota Imagna e zone limitrofe, dai primi mesi del 1989 al maggio del 1990. (Per TRIMBOLI FRANCESCO contestato all‟udienza precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). dibattimentale 24/9/96; capo 82 Imputati di cui al capo 59 più SERGI SAVERIO (cl. 68). 60) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro e con le persone già indicate nel capo che precede, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, in attuazione di comune progetto criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano un quantitativo di morfina base pari a Kg. 50 circa che quindi trasformavano in cd. “eroina bianca” parte della quale, per Kg. 4 circa, custodivano presso negozio di falegnameria nella disponibilità di ATZENI GIAMPIETRO e quindi, unitamente ad altro quantitativo pari a circa Kg. 8 vendevano, offrivano o cedevano a terzi. Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tra persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Milano, Corsico, Buccinasco, Rota Imagna e zone limitrofe, dai primi mesi del 90 sino ad epoca prossima al settembre del 90. (Per TRIMBOLI FRANCESCO contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 83 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56 MORABITO SAVERIO INZAGHI MARIO TRIMBOLI FRANCESCO SERGI SAVERIO (cl. 68) 61) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perchè, agendo di comune concerto con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico (fuori dalle ipotesi di cui agli specifici reati in materia di armi già contestati) un numero imprecisabile di pistole, fucili, mitragliette o altre armi da guerra che, anche agendo talvolta in concorso tra taluni di loro e, comunque, nel comune interesse ed in adesione di comune disegno criminoso, detenevano o facevano detenere di volta in volta a persone “di comodo” e ciò anche in riferimento al munizionamento e alla disponibilità di parti delle predette armi. In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe nelle epoche per ciascuno già specificate al capo n. 50. 84 MORABITO SAVERIO 62) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE ed altresì con SALIBA‟ BERNARD, ZUCCHI UGO, GUILLEMET JEAN CLAUDE, RESTORI JOSEPH ANTOINE, LAVAGNA MADDALENA, ZAPPA ANITA (a cui carico si è già proceduto) ed altri non potuti identificare, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da cittadino turco residente a Verona, e non potuto identificare e da RUBINO CIRO, quantitativi di morfina base oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. la volta per un numero di fornitura compreso tra le 5 e le 10, quantitativi che, quindi, venivano dai medesimi destinati ad attività di raffinazione ai fini della trasformazione in cd. eroina bianca poi destinata al commercio, anche all‟estero, e con cessioni in Milano in favore di LA FORTEZZA VITO (deceduto) per complessivi Kg 10 circa e di SERGI FRANCESCO, AMANTE PIETRO, AMANTE GIOVANNI, NIZZOLA FRANCESCO, TRIMBOLI FRANCESCO ed altri ai quali in particolare, venivano venduti o consegnati due quantitativi di eroina cd. “caramellata” del peso di gr. 100 cadauno, nonchè grammi 500 in favore di CORNIGLIA FEDERICO ed altra persona non identificata e grammi 300 in favore di RUBINO CIRO (v. capi 97 e 99). Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. In Milano, zone limitrofe, Sanremo, Ventimiglia e zone limitrofe in epoca compresa tra il 79/89 ed il 1981. 85 MORABITO SAVERIO 63) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, in concorso con AMANDINI MICHELE e con le persone di cui al capo che precede, mediante le condotte già descritte nella citata imputazione ed in attuazione di comune programma criminoso, mediante predisposizione di luoghi e di attrezzatura tecnica e chimica destinata alla lavorazione e trasformazione della morfina di base in eroina cd. “bianca” o del tipo residuale cd. “caramellato”, con suddivisione di ruoli e di compiti, si associavano tra di loro allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall‟art. 71 della predetta legge e segnatamente al ritiro di partite di morfina e quindi alla loro trasformazione in eroina per la successiva commercializzazione, l‟AMANDINI operando a livello di vertice e quindi nelle fasi di ideazione ed organizzazione del gruppo e mantenendo i contatti tra i complici di nazionalità francese ed i complici italiani ed altresì coadiuvando il MORABITO nella fase di vendita dell‟eroina in Milano e zone limitrofe. In Milano e zone limitrofe, Sanremo, Ventimiglia e zone limitrofe in epoca compresa tra il 78/79 ed il 1981. 86 AGIL FUAT SONMEZ MUSTAFA‟ (UMBERTO) 64) del reato p. e p. dall‟art. 75, I, II e III comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, in concorso tra di loro e con BAYBASIN MEHMET EMIN, BAYBASIN SIRIN, FAROOK TAOOFIK, SUDA ERDINC (a carico dei quali si è proceduto separatamente) e con altre persone non potute identificare, si associavano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall‟art. 71 della predetta Legge, ed in particolare perchè mediante predisposizione di mezzi e strutture (v. capitali, reperimento della materia prima, eroina, direttamente in territorio turco, occultamento, trasporto e custodia della stessa in talune occasioni, dalla Turchia, sino al territorio dello Stato.) mediante suddivisione di compiti e funzioni, mediante stabili collegamenti tra i membri della organizzazione, sia operanti in Turchia che in Italia ed in adesione allo stesso, davano così vita ed effetto ad una struttura organizzata finalizzata alla importazione e alla gestione, nel territorio dello Stato , di ingenti partite di eroina, organizzazione nel cui ambito, in particolare, sotto le attività di direzione e di coordinamento svolte dai BAYBASIN, operavano anch‟essi in funzione di vertice mantenendo i contatti con la fascia di clientela italiana, curando e seguendo ogni singola importazione delle partite di eroina per le quali fungevano, come sopra, da intermediari, provvedendo alle fasi delle trattative, gestendo le attività di consegna dello stupefacente ed altresì il ritiro e, quindi, la trasmissione in Turchia, delle somme di denaro relative alle concessioni dell‟eroina. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe. Il SONMEZ: da epoca antecedente e prossima al 1984, sino al giugno luglio del 1986 (di fatto sino alla fine del 1988, lasso di tempo per il quale si è già autonomamente proceduto). AGIL FUAT: da epoca antecedente e prossima al 1984 sino alla fine del 1988. 87 AGIL FUAT SONMEZ MUSTAFA‟ 65) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè agendo in concorso tra di loro e con altre persone di cui al capo che precede, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente importavano nel territorio dello Stato, trasportavano, detenevano e quindi ponevano in vendita, vendevano o comunque cedevano alle persone di cui ai capi 50 e 51 nonchè ad altri in corso di identificazione, ingenti partite di eroina, di volta in volta varianti tra i 20/30 e i 100 Kg. circa per quantità di forniture non precisabili e, comunque, in ambiti di rapporti di fornitura costanti ed abituali anche perfezionatisi più volte nell‟arco di ciascun mese. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe negli archi di tempo di cui già al capo che precede. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno 3 persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. 88 MUFATO ANGELO 66) del reato p. e p. dagli artt. 9, 10, 12 e 14 della legge 14.10.74 perchè, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, portava in luogo pubblico ed altresì vendeva o cedeva a MORABITO SAVERIO una pistola di marca e calibro non potuti accertare (arma comune da sparo poi utilizzata per l‟omicidio in danno di LABATE PIETRO). In Milano e Corsico in epoca antecedente e prossima al 17.11.1983 89 SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO 67) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, ultimo comma, 74 II comma della Legge 22.12.75 n. 685), perchè agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da ZACCO ANTONINO e SPOTO ANGELO un quantitativo di hashish del peso di Kg. 40 circa, che ritiravano presso una carrozzeria ubicata in Cesano Boscone e che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi (rif. capo n. 155). Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Cesano Boscone, Buccinasco e zone limitrofe nel corso del 1985. 90 CERULLO PIETRO 68) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 10 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, per avere illecitamente detenuto, presso cascina nella sua disponibilità e sita tra Milano e Assago, almeno quattro pistole cal. 9x21, n. 5 fucili a pompa (armi comuni da sparo) e due fucili mitragliatori (armi da guerra), di cui al capo 141. In Milano e Assago tra il 1989 ed il 1990. 91 SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO SERGI SAVERIO (cl. 68) TRIMBOLI FRANCESCO MOSCARDI GIANFRANCO INZAGHI MARIO PARISI ANTONIO BARBARO GIUSEPPE (U PILLARI cl. 59) ZAVETTIERI GIUSEPPE CERULLO PIETRO PAPALIA ANTONIO 69) del reato p. e p. dagli artt. 416, I, II, III, IV comma C.P. e 416/bis, I; II; III e IV comma C.P., per avere fatto parte di una associazione per delinquere di stampo mafioso, ed in particolare perchè, di concerto tra di loro e NIZZOLA FRANCESCO (stralciato) e con legami costanti con altri gruppi criminali operanti in Platì (RC) e zone limitrofe nonchè, in ambiti temporali contrassegnati da episodi di cd. “guerre di mafia”, anche con gruppi operanti nella zona di Reggio Calabria (v., in particolare, “gruppo DE STEFANO”), nonchè previa “spartizione” del territorio, considerato come fascia di ingerenza, con le persone di cui al capo che segue mediante articolata e capillare distribuzione di compiti e funzioni, mediante costante ed organizzata attività di controllo del territorio dei Comuni di Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, nella parte di loro quotidiana ed abituale frequentazione, attività svolta direttamente o tramite persone di volta in volta reclutate per la esecuzione di veri e propri servizi di pattugliamento finalizzati a segnalare eventuali presenze di Forze di Polizia o di personaggi ritenuti membri di differenti organizzazioni criminali, mediante sistematico ricorso alla violenza per la definizione di qualsivoglia tipo di contrasto sia nel territorio in questione e sia in altre zone e sempre, e comunque, in ragione delle attività illecite dagli stessi poste in essere o per ragioni di “prestigio” (v. capi 13 e seguenti) mediante reperimento di garage, box o abitazioni di compiacenti persone finalizzati alla custodia di ingenti partite di sostanza stupefacente, armi ed auto rubate e destinate ad ogni singola illecità attività, luoghi idonei, altresì, a determinare la più estesa presenza sul territorio indicato, mediante il ricorso alla violenza anche allo scopo di “esemplarietà” e, quindi, al fine di incutere timore e soggezione pressochè costante in occasione di vicende giudiziarie a loro carico e mediante lo stato di compulsione psichica determinato dal numero delle persone direttamente operanti nella associazione e dalla facilità di aggregazione ovvero di reclutamento di persone, per lo più aventi le loro stessi origini natali, per singole attività illecite, così agendo, valendosi della forza di 92 intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà derivanti dalle condotte indicate, ponevano in essere una serie indeterminata ed indeterminabile di delitti tra i quali le violazioni della Legge Stupefacenti, omicidi e tentati omicidi, detenzioni e trasporto armi, sequestri di persona a scopo di estorsione, rapine, ricettazioni di auto e di cui, per la gran parte, ai capi di imputazione già in precedenza agli stessi ascritti rispettivamente, i reati agevolati e portati ad effetto proprio in ragione della indicata ingerenza, dominio e controllo territoriali. Con l‟aggravante dell‟essersi trattato di associazione armata. In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in riferimento all‟art. 416 C.P. dagli anni 79/80 sino al 29.9.82 e, in riferimento all‟art. 416/bis C.P. dal 29.9.82 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993, con le specificazioni temporali, per ciascuno loro, di cui già al capo 50. 93 PAPALIA DOMENICO PAPALIA ANTONIO (cl. 54) PAPALIA ROCCO PAPALIA GIUSEPPE AGRESTA ANTONIO MUSITANO ANTONIO RECHICHI DIEGO VIOLI ANTONIO PERRE FRANCESCO TRIMBOLI DOMENICO (cl. 59 detto “MURRUNI”) PARISI DOMENICO 70) del reato p. e p. dagli artt. 416, I; II; III comma C.P. e 416/bis, I, II, e III comma C.P., per avere fatto parte di una associazione per delinquere di stampo mafioso, ed in particolare perchè, di concerto tra di loro e PAPALIA PASQUALE, con legami costanti con altri gruppi criminali operanti in Platì (RC) e zone limitrofe nonchè, in ambiti temporali contrassegnati da episodi di cd. “guerra di mafia”, anche con gruppi operanti nella zona di Reggio Calabria (v. “gruppo DE STEFANO”), nonchè previa “spartizione” del territorio, considerato come fascia di ingerenza, con le persone di cui al capo che precede, mediante costante ed organizzata attività di controllo del territorio dei Comuni di Corsico e Buccinasco e zone limitrofe, nella parte di loro quotidiana ed abituale frequentazione, attività svolta direttamente o tramite persone di volta in volta reclutate per la esecuzione di veri e propri servizi di pattugliamento finalizzati a segnalare eventuali presenze di Forze di Polizia o di personaggi ritenuti membri di diverse organizzazioni criminali, mediante sistematico ricorso alla violenza per la definizione di qualsivoglia tipo di contrasto, sia nel territorio in questione e sia in altre zone e sempre, e comunque, in ragione delle attività illecite dagli stessi poste in essere o per ragioni di “prestigio” (v. capi 13 e seguenti) mediante reperimento di luoghi destinati alla custodia di partite di sostanze stupefacente e quant‟altro destinato all‟espletamento delle attività di commercio degli stupefacenti nonchè di armi e munizioni, mediante il ricordo alla violenza anche allo scopo di “esemplarietà” e, quindi, al fine di incutere timore e soggezione nei confronti degli abitanti le zone in questione, mediante lo stato di compulsione psichica determinato dal numero delle persone direttamente operanti nella associazione e dalla facilità di aggregazione ovvero di reclutamento di persone per lo più aventi le loro stesse origini natali, per singole attività illecite, così agendo, valendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà derivanti dalle condotte indicate, ponevano in essere una serie indeterminata ed indeterminabili di delitti tra i quali, principalmente, attività di commercio di sostanze stupefacenti, con precipua ingerenza, dominio e controllo territoriali. 94 Con l‟aggravante dell‟essersi trattato di associazione armata. In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in riferimento all‟art. 416 negli anni 79/80 sino l 29.9.82 ed in riferimento all‟art. 416/bis C.P. dal 29.9.82 sino ad epoca antecedente e prossima l‟ottobre del 1993 e con le ulteriori specificazioni temporali, per ciascuno di loro di cui già al capo 53. 95 LENA GIULIO 71) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I e ultimo comma, 74 I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE e con persone non potute identificare con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e quindi vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di hashish del peso di 80 Kg circa. Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tra persone e della riferibilità della condotta e quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingente. Fatto commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima al 1989. 96 ATZENI GIAMPIERO 72) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.75 n. 685 (artt. 74, I e IV comma, 80, II comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè agendo di volta in volta in concorso con le persone di cui già ai capi 50 e 60, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, presso il proprio laboratorio di falegnameria ubicato in Corsico, per conto e nell‟interesse delle persone di cui sopra, quantitativi di eroina di vario peso sino anche a quantitativi di circa 20 Kg. (rif. persone di cui al capo 50) la volta nonchè un quantitativo di eroina bianca del peso di Kg. 4 circa prodotto dalla raffinazione della morfina base di cui alla imputazione sub capo n. 60. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con l‟aggravante dell‟avere agito di volta in volta nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Buccinasco e Corsico da epoca prossima al 1988 sino ad epoca antecedente e prossima al maggio del 1990. 97 BARBAGALLO SALVATORE 73) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv C.P. 71, I comma, della legge 22.12.1975 n. 685 (poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perchè, agendo in concorso con BARBAGALLO ANTONIO (deceduto), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta sino a forniture di Kg. 0,500, in modo costante ed abituale che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino al 7.2.1985. 74) OMISSIS 98 BISSONI FRANCO 75) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e cocaina di volta in volta del peso di gr. 200/300 sino a gr. 500 (per l‟eroina) e gr. 50/100 (per la cocaina), con ritiri mediamente bisettimanali, nonchè quantitativi di hashish per circa 3/4 Kg. la volta, per un numero non precisabile di forniture, che quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina e cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I e II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1988, ad esclusione del periodo intercorso tra il 26.03.1986 e l‟8.01.1987 in cui era detenuto. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96) 99 BRANCA DOMENICO NUCARA ALESSANDRO 76) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I e IV comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perchè agendo in concorso tra di loro con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti dai 100 gr. a 1 Kg. circa in un contesto di forniture abituali e costanti che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 77) OMISSIS 100 MUSICO‟ ANTONINO 78) del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma, legge 22.12.1975 n. 685 (art. 73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309) per avere illecitamente acquistato o ricevuto da MORABITO ASSUNTO LUIGI, e quindi detenuto, trasportato, venduto, posto in vendita, offerto o ceduto a terzi, un quantitativo di cocaina del peso di gr. 100 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 12 e 14 della legge e del D.P.R. sopra indicati. In Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra gli indizi del 1988 ed il 1991. 101 CARBONE DOMENICO MORABITO SAVERIO INZAGHI MARIO 79) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 I comma n. 2 della legge 22.12.75 n. 685, perchè, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano e, quindi, vendevano, offrivano, distribuivano e cedevano a terzi, gravitanti nella zona di Cesano Boscone - quartiere Tessera, quantitativi di eroina varianti dai 50 gr. ai 500 gr., attività nel cui contesto il MORABITO e l‟INZAGHI svolgevano funzioni di coordinamento nel mentre il CARBONE provvedeva alla custodia dello stupefacente e ad attività di consegna dello stesso agli acquirenti, in posizione subordinata rispetto ai due coindagati. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 delle predetta Legge. Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di tre persone. Fatti commessi in Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1980/81 sino ad epoca antecedente e prossima al 1985. 102 CALABRO‟ FRANCESCO 79 bis) del reato p. e p. dagli artt. 110, cpv C.P. 71 I comma e 74, II comma, della legge 22.12.1975 n. 685 perché agendo in concorso con persona non potuta identificare, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) quantitativi di eroina del peso di 3/4 kg. la volta o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tabella I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984 ed il 1986/87. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/6/96). 103 CELINI VINCENZO MARINO SALVATORE 80) del reato p. e p. dagli artt. 110, cpv. C.P., 9, 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497, perché, in concorso tra di loro, e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente detenevano, portavano in luogo pubblico e vendevano o cedevano alle persone di cui al capo 50 (“gruppo SERGI”) almeno quattro pistole cal. 9x21 di marca non precisabile, n. 5 fucili a pompa (armi comuni da sparo) e due fucili mitragliatori (armi da guerra). In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1990. 81) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 II comma, della legge 22.12.75 n. 685 (73 I comma e 80 II comma D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti da 2 a 3 kg. ogni quindici giorni circa, nonchè un quantitativo di cocaina pari a circa 1 kg., che quindi detenevano, trasportavano, vendendo o cedevano a terzi. EROINA E COCAINA: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge predetta. Con la aggravante della riferibilità della condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 104CELINI VINCENZO MARINO SALVATORE 82) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma della Legge 22.12.75 n. 685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente detenevano e quindi vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di cocaina del peso di kg. 2/3 per ciascuna fornitura sino ad un massimo, in almeno una occasione, di un quantitativo pari a kg. 10 ed in numero non precisabile di forniture ed altresì un quantitativo di eroina pari a kg. 15 circa. Cocaina ED EROINA: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima al 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 105 CIAMPA ANTONIO 83) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71. I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 100/200 per un numero non quantificabile di occasioni ed in ambito comunque di forniture periodiche ed abituali, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacenti classificata nella tab I prevista dall‟art. 12 della predetta legge (o 14 del citato D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985, sino ad epoca prossima all‟estate 1990 escluso il periodo a decorrere dall‟8.11.1989. 106 SERGI FRANCESCO (cl. 56) MORABITO SAVERIO MUFATO ANGELO SERGI SAVERIO (cl. 68) INZAGHI MARIO 84) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56, 81 cpv, 81 cpv., 629, I e II comma in rif. al III comma nn. 1 e 3 dell‟art. 628 C.P. perché agendo in concorso tra di loro ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed in attuazione di un comune progetto criminoso, mediante minaccia e violenza consistite, in particolare nel: . prospettare anonimamente, e per via telefonica, a SANFELICE ALDO, in più occasioni, gravi ed ingiusti mali qualora non avesse versato loro la somma contante di lire 500 milioni: . nel collocare dell‟esplosivo presso i cantieri edili della società gestita dal SANFELICI, la “Edil President S.r.l.” con sede in via Garibaldi nr. 8, Buccinasco; . nell‟esplodere colpi d‟arma da fuoco contro le vittime dell‟ufficio vendite della “Edil President S.r.l.”, così infrangendole; . nell‟esplodere colpi d‟arma da fuoco contro le vetrate dell‟abitazione del SANFELICI sita in via Diaz 26, Corsico; . nell‟intervallare le predette azioni cruente con ulteriori telefonate minatorie ed altresì con l‟invio di missive anonime nelle quali veniva prospettato, tra l‟altro, il sequestro di un familiare del SANFELICI qualora non fosse stata versata la somma di cui sopra, così agendo ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a procurarsi l‟ingiusto profitto della somma di lire 500 milioni, con corrispondente danno per il SANFELICI, non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalla loro volontà (v. ferma reazione negativa da parte del SANFELICI ed avvio di indagini a seguito di denunzia sporta dal medesimo) Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite ed armate e tutte, escluso il MUFATO, facenti parte di associazione criminale di cui all‟art. 416/bis del C.P. In Corsico e Buccinasco dal marzo al giugno 1987. 107 Imputati di cui al capo 84) 85) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112, n. 1, 81 cpv., 61 n.2 C.P., 10, 12 e 14 della legge 14.10.1974 n. 497 perché, agendo in concorso tra di loro, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, detenevano e portavano in luogo pubblico, così come già indicato nel capo precedente, materiale esplosivo, non meglio precisato, nonchè armi comuni da sparo (pistole e fucili di calibro e marca non potuti accertare). Fatti commessi in Corsico e Buccinasco dal marzo al giugno 1987. 86) OMISSIS 87) OMISSIS 88) OMISSIS 108 D‟ANGELO ANIELLO 89) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv C.P., 71, I comma, della legge 22.12.75 n.685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina, di volta in volta del peso di gr. 200 con frequenza settimanale, che quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge ( o 14 del citato D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 14.7.87, sino ad epoca prossima all‟estate del 90, ad esclusione del periodo tra il 28.11.1989 ed il 24.05.1990 in cui era detenuto. 109 MUSCIO MARIO MORABITO SAVERIO 90) DEL REATO P. E P. DAGLI ARTT. 110, 628, I e III comma n. 1 (triplice ipotesi) C.P. perché agendo in concorso tra di loro e con apporti casuali anche distinti e, comunque, convergenti, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo avere bloccato la vettura su cui viaggiava TOIA FIORENZO, mediante minaccia, consistita nel bloccare il TOIA, nel puntargli contro un fucile prospettandogli gravi ed ingiusti mali in caso di reazione contestualmente operando con il viso travisato da passamontagna, così agendo si impossessavano della somma contante di lire 15 milioni circa sottraevano al TROIA (somma custodita all‟interno della vettura condotta dal medesimo). Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite, armate e travisate. In Settimo Milanese il 15.2.1977. 110 FERRARO ANTONIO 91) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685, 73 I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 53 nonchè da altre non potute identificare e riferibili, comunque, ad organizzazione riconducibile alla famiglia BARBARO, quantitativi di eroina e di cocaina di volta in volta dell‟ordine di gr. 200/300 sino a forniture di un kg. la volta, che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classifficata nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art. 14 della legge e del D.P.R. sopra indicati. In Corsico, Cesano Boscone, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, negli anni compresi tra il 1988 ed il 1991 (novembre). 111 SAFFIOTI VINCENZO TRIMBOLI DOMENICO (cl. 1961) 92) del reato p. e p. dagli artt. 110, 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché in concorso tra di loro ed agendo di comune concerto, illecitamente detenevano, presso abitazione sita in Via Quinto Romano nr. 66 e nella loro esclusiva disponibilità, un quantitativo di eroina mista a sostanza eccipiente per complessivi kg. 3,928 di cui kg. 1,141 di eroina intesa come sostanza pura, quantitativo da considerarsi ingente. Eroina: sostanza stupefacente, classificata nella tab I prevista dall‟art. 14 del citato D.P.R.) In Milano acc. il 14.10.1993 112 FERRERO WALTER 93) del reato o. e p. dagli artt. 71, I comma, 74, II comma della Legge 22.12.75 n. 685, perché, illecitamente e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di cocaina del peso di kg., 2 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo dio sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingente. Fatto commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1987, sino ad epoca prossima al 1988. 94) del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma della Legge 22.12.75 n. 685 per avere illecitamente detenuto e quindi venduto, offerto o, comunque, ceduto ad AMANDINI MICHELE e a MORABITO SAVERIO un quantitativo di cocaina del peso di gr. 500 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, in epoca compresa tra il 79 ed il 1982. 113 MORABITO SAVERIO 95) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685. perché, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da FERRERO WALTER e, quindi, detenevano, trasportavano, offrivano o comunque cedevano a MONFRIN ANGELO un quantitativo di cocaina del peso di gr. 500 circa (rif. capo 110) Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, in epoca compresa tra il 1979 ed il 1982. 114 FERRERO WALTER 96) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 CPV., c.p., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso con persona non potuta identificare con apporti causali anche distinti, e comunque, convergenti, acquistava o riceveva dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di cd. “eroina bianca” del peso di Kg. 1 circa, che quindi deteneva, trasportava, vendeva, o cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima al 1988. 115 RUBINO CIRO 97) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., I comma, 74 I comma n. 2 II comma, della Legge 22.12.1975 n. 685, perché, agendo in concorso con cittadino turco ed altri non potuti identificare, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, deteneva, trasportava, vendeva o, comunque, cedeva alle persone di cui al capo 62 quantitativi di morfina base oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. la volta, per numero di forniture compreso tra le cinque e le dieci occasioni, ed altresì per avere acquistato o ricevuto, complessivamente, circa tre etti di eroina (in tre distinte occasioni) ottenuti a seguito della lavorazione e raffinazione della morfina base di cui sopra. Morfina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Milano, Verona e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1979/80 ed il 1981. 116 INZAGHI MARIO 98) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71 , I comma della Legge 22.12.1975 n. 685, perché, agendo in concorso con AMANDINI MICHELE, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente deteneva e quindi trasportava, vendeva o cedeva a RUBINO CIRO, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tre quantitativi di eroina del peso di gr. 100 circa ciascuno, eroina proveniente dalla raffinazione della morfina base di cui al capo 62. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Verona e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1979/80 ed il 1981. 117 CORNIGLIA FEDERICO 99) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma della Legge 22.12.1975 n. 685 perché, agendo in concorso con altra persona non potuta identificare, acquistava riceveva o, comunque, si intrometteva nel procurare, fa acquistare o ricevere un quantitativo di eroina pari a circa gr. 500, quantitativo proveniente dalla raffinazione della morfina base di cui al capo 62. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, in epoca compresa tra il 1979/80, ed il 1981. 118 FONTANA VINCENZO 100) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma della Legge 22.12.75 n. 685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso, con persone non potute identificare con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente deteneva, e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) due quantitativi di eroina del peso, rispettivamente di Kg. 30 e di Kg. 15 circa. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta e quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1988 sino ad epoca prossima al 1989. 100 bis) del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv. C.P., 71 I° co., 74 II° co. della Legge 22/12/75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava riceveva dalle persone di cui al capo 50 (c.d. “Gruppo SERGI”) quantitativi di eroina varianti dai Kg. 0,500 ad 1 Kg. la volta per un numero complessivo di forniture pari a circa 10/15 consegne, che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi anche ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico e zone limitrofe da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima al maggio del 1990. (Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 119 GRASSO DOMENICO GRASSO GIOVANNI 101) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv, C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché agendo in concorso tra di loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta di circa 500 gr. cadauno e di cocaina pari a 200 circa la volta per un numero di forniture non quantificabili e comunque circa una volta al mese, che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o comunque cedevano a terzi. Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima all‟autunno del 1986 sino alla fine del 1987, (rif. DOMENICO GRASSO) e sino ad epoca prossima al settembre del 1990 (rif. GIOVANNI GRASSO). (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 102) OMISSIS 103) OMISSIS 120 CARBONE PASQUALE 104) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.75 n. 685 (73, I e IV comma, 80 II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo di volta in volta in concorso con persone non potute identificare, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistava o riceveva da persone non identificate e, comunque, da ritenersi inserite di cui ai capi 50 e 53, quantitativi di eroina e di cocaina non puntualmente specificabili e, comunque, anche superiori al Kg. per fornitura, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Con l‟aggravante dell‟avere talvolta agito anche nel numero di tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art. 14 della legge e D.P.R. sopra indicati. In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca antecedente al 1988 sino ad epoca prossima al 2.11.1991. 121 LOPEZ PATINO 105) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma della Legge 22.12.75 n. 685, perché agendo in concorso con persone non potute identificare illecitamente deteneva e quindi, vendeva, offriva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 un quantitativo di cocaina di circa 6 Kg. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingente. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. In Milano, Corsico, o zone limitrofe, in epoca antecedente e prossima al novembre del 1988. 122 LOPRETE NICOLA 106) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpcv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o riceveva dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di Kg. 0,500 per un numero non precisabile di forniture, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990, escluso il periodo tra il 30.4.1986 e il 17.3.1987, fatta eccezione per i periodi di tempo corrispondenti ai numerosi permessi ottenuti. 123 MAIOLO PASQUALE SGAMBELLONE MARIO 107) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano delle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) nonchè da persone operanti in gruppo riferibile alla famiglia BARBARO, quantitativi di eroina di volta in volta varianti dai 200 ai 500 gr. la volta, per un numero di forniture non precisabile e comunque in ambito di consegne anche battesimali, che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1985 sino agli inizi del 1989. (per lo Sgambellone in particolare, a decorrere da epoca prossima agli inizi del 1988). (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 124 MAMMOLITI SEBASTIANO MAMMAOLITI DOMENICO (cl. 68) MAMMOLITI DOMENICO (cl. 62) MAMMOLITI ROCCO NIRTA GIUSEPPE (cl. 60) 108) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71, I comma, 74 I comma n.2 della Legge 22.1275 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso tra di loro e con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti dai 200 ai 500 grammi la volta con forniture mensili, che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990, escluso, per NIRTA GIUSEPPE (cl. 60) il periodo a decorrere dal 5.6.1984 al 19.7.1986 in cui era detenuto. 125 MANCUSO GAINFRANCO 109) del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv, C.P., 71, I comma, della legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr.200/300 sino ad un massimo di 500 grammi e per un numero non precisabile di forniture e con cadenza mensile, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. (o 14 del citato del D.P.R.) fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1986. 110) OMISSIS 111) OMISSIS 126 MOLLUSO FRANCESCO 112) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma del D.P.R. 9.10.1990 . 309, perché, agendo in concorso con altri non ancora identificati, acquistava o riceveva da persone appartenenti ad organizzazione criminale riferibile ai fratelli MANNINO (a cui carico si procede separatamente) e quindi deteneva, trasportava, vendeva, offriva o cedeva a terzi un quantitativo da considerarsi obiettivamente ingente. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. Fatto commesso in Milano, Corsico, Buccianasco, Cesano Boscone e zone limitrofe in epoca compresa tra il novembre del 1991 ed il 1992. 127 MEDICI EMANUELE LOPRETE NICOLA 113) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perché, agendo in concorso tra di loro con altre non ancora identificate, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente acquistavano o ricevevano da trafficanti di eroina di origine turca ingenti partite di eroina parti delle quali per quantitativi di volta in volta oscillanti tra i 30 ed il 50 Kg. detenevano e quindi vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (“gruppo SERGI”). Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Monza, Milano e zone limitrofe da epoca antecedente e prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima al luglio del 1988. 128 MIRABELLA GIUSEPPE 114) del reato p. e p. dagli artt. 110, C.P., 71, I comma, 74 II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso con persona non potuta identificare con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o riceveva dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”), un quantitativo di eroina del peso di Kg. 2,5 circa, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingente. Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, tra il 1986 ed epoca prossima al 9 novembre 1987. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 129 MOSCARDI GIULIANO 115) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (“gruppo SERGI”), quantitativi di eroina e cocaina di volta in volta con cadenza pressochè settimanale del peso di gr. 200 (per l‟eroina) e di gr. 50/100 (per la cocaina), che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Cocaina ed eroina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (0 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima al 27.6.1988. 130 MUFATO ANGELO BIFFI SIRO 116) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, agendo in concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti da 200 a 500 grammi per un quantitativo complessivo stimabile in circa un Kg di eroina ed altresì quantitativi di cocaina varianti da 50 ai 100 gr. la volta per un numero non precisabile di forniture che quindi, detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificata nella Tab. I. prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante di avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 131 MUSCIO MARIO 117) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava, o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso variante da Kg. 3 a Kg. 5 per ciascuna fornitura (quantificabili nel numero di circa 20), che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.) Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi anche ingenti. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino da epoca prossima all‟estate del 1990, per MUSCIO MARIO ad esclusione del periodo tra il 21.05.1985 ed il 19.07.1988 in cui era detenuto. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 132 MUSCIO MARIO 118) del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv. C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da INZAGHI MARIO, MORABITO SAVERIO e TOMASELLO MARIO e, quindi deteneva, vendeva o cedeva a terzi un quantitativo di eroina del peso di Kg. 4 circa nonchè altri due quantitativi rispettivamente di Kg. 0,500 e Kg. 1. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante delle riferibilità delle condotte a quantititavi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti (rif. Kg. 4 e Kg. 1 di eroina). In Milano, Corsico, Buccinasco, e zone limitrofe, tra il dicembre del 1981 ed il maggio del 1983. 119) OMISSIS 133 MUSICO‟ ANTONINO 120) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81, cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, in concorso con persona non identificata, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina dal peso variante tra i 200/300 gr. ed i 500 gr. e ciò in almeno tre occasioni, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca e zone limtrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al maggio 1988, escluso il periodo compreso tra il 21.6.85 ed il 31.7.86. 134 MUZZUPAPPA GIUSEPPE 121) del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv. C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309), perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 200 circa nonchè di eroina bianca, per forniture di circa 100 gr. alla volta per un numero di forniture non precisabile che, quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina : sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato del D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟8.7.1988 (data arresto). 135 122) OMISSIS VIOLI SALVATORE 123) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 9, 10, 12, 1 14 della Legge 14.10. n. 497 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, portava in luogo pubblico e quindi vendeva o comunque cedeva a persone del cd. gruppo SERGI (v. capo n. 50 della richiesta di misure coercitive del 12.7.1993) un numero non precisato di pistole, di marca e calibro non potuti accertare. In Corsico e Buccinasco in epoca compresa tra il 1985 e l‟estate del 1990. 136 BOMBARA NICOLINO BOMBARA MICHELE ROMEO GIUSEPPE COLUCCIO GIUSEPPE AGOSTINO ROCCO 124) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.1975 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso tra di loro e PANNUNZI ROBERTO e con persone non potute identificare, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e quindi vendevano o comunque cedevano alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di eroina del peso di Kg. 30 circa ed altro di Kg. 13 circa nonchè un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 10 circa. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1988 sino ad epoca prossima al maggio del 1990. 137 BOMBARA NICOLINO BOMBARA MICHELE ROMEO GIUSEPPE COLUCCIO GIUSEPPE AGOSTINO ROCCO 124) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71 I° co. n. 2 II° co. della Legge 22/12/75 n. 685 (modif. poi nel D.P.R. 9/10/90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso tra loro e PANNUZZI ROBERTO, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui al capo 50 (c.d. Gruppo SERGI) e quindi detenevano, offrivano o cedevano a terzi quantitativi di eroina del peso di circa 2/3 Kg. la volta in cinque o sei occasioni. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con le aggravanti dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico e zone limitrofe tra il febbraio ed il settembre del 1989. (Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 138 COLUCCIO GIUSEPPE AGOSTINO ROCCO AQUINO SALVATORE BOMBARA MICHELE 124 bis)del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71 I° co. II^ co. della legge 22/12/75 n. 685 (modif. poi nel D.P.R. 309/90) perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e comunque convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano dalle persone di cui al capo 50 (c.d. Gruppo SERGI) e segnatamente da ROMEO ANNUNZIATO e TRIMBOLI FRANCESCO, un quantitativo di eroina pari a Kg. 3 che, quindi, detenevano, vendevano, offrivano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I^ prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano, Corsico, Gioiosa Jonica e zone limitrofe nel settembre del 1989. (Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 125) OMISSIS 139 PEDRANI ROBERTO 126) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. 71, I comma, della legge 22.12.75 n. 685 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e, quindi, trasportava, vendeva, poneva in vendita e comunque cedeva a persone tra quelle indicate al capo 50, in tre occasioni, quantitativi di cocaina del peso di Kg. 4 per ciascuna fornitura. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe tra il 1988 ed il 1989. 127) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo n. 50, e quindi deteneva, trasportava, vendeva e quindi cedeva a terzi, quantitativi di eroina del peso di Kg. 0,500 per ogni singola fornitura, di numero complessivo non specificabile e comunque in ambito di rapporti costanti ed abituali. Eroina : sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe, tra il 1984 ed epoca antecedente e prossima al 1989. 140 128) OMISSIS 129) OMISSIS PETRACHI LEONARDO PETRACHI ALESSANDRO 130) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 C.P., 71, I comma. 74, I comma n. 2 della legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché agendo in concorso tra di loro, e con PETRACHI SALVATORE e PUMA MAURIZIO con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti da 100 a 500 gr. per un numero complessivo di forniture non quantificabile che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 141 QUARTUCCIO LUIGI 131) del reato p. e p. dagli 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in concorso con QUARTUCCIO PIETRO con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50(cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta sull‟ordine dei 200 gr. con forniture mensili che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1988. 142 SAFFIOTI VINCENZO 132) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e cocaina di volta in volta del peso variante dai 200 gr. al Kg. circa con frequenza settimanale che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. i prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico,Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1988 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96) 143 SAFFIOTI VINCENZO MORABITO SAVERIO 133) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I ed ultimo comma, della legge 22.12.75 n. 685 perché agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano e quindi vendevano, offrivano o cedevano a terzi, gravitanti nella zona di Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, quantitativi di eroina e di hashish non puntualmente specificabili e, comunque, sicuramente di non modica quantità. Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e II previste dall‟art. 12 della predetta Legge. In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984 ed il 1988. 144 SALESI GIOVANNI 134) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 II comma, della legge 22.12.75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un disegno criminoso, agendo in concorso con persone non potute identificare con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente deteneva e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd: “gruppo SERGI”) un quantitativo di eroina del peso di Kg. 30 circa ed altri oscillanti tra i 10 ed i 20 Kg. in un numero imprecisabile di occasioni e, comunque, per quantitativo complessivo stimabile in circa 100 Kg. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 145 SALES GIOVANNI 135 del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in concorso con persone non potute identificare con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistava o riceveva dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta oscillanti sui Kg. 5 per un numero imprecisabile di forniture e quantitativi di cocaina pari a Kg. 1 la volta (per circa 15/20 consegne) che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti e dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 146 SALESI GIOVANNI 135) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, agendo in concorso con persone non identificate, illecitamente deteneva e quindi vendeva, offriva o comunque cedeva a FIORISI ANGELO, IANNI‟ SIMONE, CUVATO FRANCO e CUVATO MAURIZIO ( a cui carico si procede separatamente) un quantitativo di eroina del peso di Kg. 5 circa. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta ad un quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano in epoca compresa tra il marzo/aprile 91 o epoca prossima. 147 SANGIORGIO GIOVANNI 136) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, della Legge 22.12.1975 nr. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché. con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di ½ kg. circa e quantitativi di hashish varianti dai 10 ai 20 kg. la volta e per un numero di forniture non quantificabile che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi, talvolta anche agendo in concorso con SCHIAVO GIUSEPPE (v. capo n. 137). Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 137) OMISSIS 148 SCOLLO AGATINO 138) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo in concorso con RAPPOCCIOLO CATERINA (deceduta) e con persona non potuta identificare, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente deteneva e quindi vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) un quantitativo di eroina del peso di Kg. 40 nonchè altri quantitativi del peso di Kg. 5 cadauno in più occasioni. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi obiettivamente ingenti. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 139) del reato p. e p. dagli artt. 110, 61 n. 2, 81 cpv. C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497 perché agendo in concorso con le persone di cui al capo che precede, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva e portava in luogo pubblico armi da guerra (mitragliette) e comuni da sparo (pistole) di marca e calibro non potuti accertare e ciò, in particolare, in occasione della consegna del quantitativo di eroina di Kg. 40 di cui sopra e pertanto agendo al fine di commettere e portare a compimento il reato di cui al capo precedente. Fatti commessi in Milano, Corsico, Cesano Boscone e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 149 SCOLLO AGATINO 140) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74 II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di Kg. 0,500 - Kg. 1 ed in una occasione anche un quantitativo di Kg. 2 circa che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi anche ingenti (rif. fornitura di Kg. 2 circa). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima ai primi mesi del 1990. 141) del reato p. e p. dagli artt. 9, 10, 12 della Legge 14.10.74 n. 497 per avere illecitamente detenuto, portato in luogo pubblico e quindi venduto o ceduto a SERGI FRANCESCO, INZAGHI MARIO e MORABITO SAVERIO quattro “mitragliette” di marca e calibro non potuti accertare e, comunque, del tipo armi di guerra. In Milano tra il 1980 ed il 1983. 150 SERGI FRANCESCO cl. 56 MORABITO SAVERIO INZAGHI MARIO 142) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 10 e 12 della Legge 14.10.74 n. 497 perché in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano da SCOLLO AGATINO e, quindi, detenevano e portavano in luogo pubblico quattro “mitragliette” di marca e calibro non potuti accertare, armi da guerra. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra il 1980 ed il 1983. 151 SERGI FRANCESCO (cl. 68) 143) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 200/300 circa, con abituali e costanti forniture, almeno mensili, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1987 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 143 bis)del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P. 71, I° co. n. 2, II° co., della L. 22/12/75 n. 685 perché, agendo in concorso con SERGI SAVERIO cl. 68, ROMEO ANNUNZIATINO e SERGI FRANCESCO cl. 56, illecitamente deteneva e trasportava un quantitativo di eroina bianca a circa Kg. 2, proveniente dalla raffineria di cui ai capi 59 e 60. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I^ prevista dall‟art. 12 della predetta legge. Con le aggravanti dell‟aver agito nel numero di almeno 3 persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano, Corsico, Assago e zone limitrofe in epoca antecendente e prossima al maggio del 1990. (Capo contestato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 152 FRANCHETTI ALESSANDRO 144) del reato p. e p. dagli art. 81 cpv. C.P., 71. I comma della Legge 22.12.1975 nr. 685 (ora art. 73 I comma del D.P.R. 9.10.1990 nr. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo n. 50 della richiesta di misure coercitive del 12.7.1993 (cd. gruppo SERGI) quantitativi di eroina e di cocaina del peso, di volta in volta variante dai 100 ai 500 gr. per almeno 20 forniture complessive che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (art. 14 del D.P.R. citato). Fatti commessi in Corsico, Bucinasco, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1986 e l‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 153 STRANGIO FILIPPO 145) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso variante dai 200 ai 500 gr. che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1987/88 sino ad epoca prossima al 25.1.1989. 154 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 146) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché, agendo in concorso tra di loro e con SORCE PAOLO e TOMASELLO MARIO (deceduti), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano dal cittadino turco YASA CEMIL quantitativi di eroina del peso, rispettivamente di Kg. 4, Kg. 0,500 e Kg. 1, un quantitativo di morfina base del peso di gr. 20 circa nonchè, agendo in concorso con YASA CEMIL e JORIO ESPOSITO VINCENZO, altro quantitativo ci circa 8 Kg. di eroina che veniva ritirato in Turchia, di comune concerto, ad opera di persone non ancora identificata, forniture, le prime tra quelle indicate, che il MORABITO e l‟INZAGHI vendevano o, comunque, cedevano a terzi tra i quali MUSCIO MARIO (rif. Kg. 4 della prima fornitura e le altre due forniture di Kg. 0,500 e Kg. 1) e gr. 500 al “gruppo SERGI” (capo 50), fornitura che veniva, quindi, loro restituita e poi ceduta al MUSCIO (già sopra indicata nell‟ambito della fornitura di Kg. 4 di eroina) (rif. capo 118 per il MUSCIO e 103 per YASA CEMIL). Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di tre persone e della riferibilità delle condotte a quantitativi e della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti (escluso il quantitativo di Kg. 0,500 di eroina ed il sopra indicato quantitativo di morfina). Eroina e morfina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra il dicembre del 1981 ed il maggio del 1983. 155 TOMASELLO SANTO 147) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina ciascuno di volta in volta, del peso gr. 200 circa per una fornitura complessiva di almeno un Kg, che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1988 sino ad epoca prossima al 1989. (capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 156 TRIMBOLI DOMENICO (cl. 61) 148) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.1975 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 100 circa e per un un numero di forniture non precisabile e, comunque, periodicamente ed abitualmente che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 149) OMISSIS 157 TRIMBOLI VINCENZO 150) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi da hashish non meglio precisati e, comunque, di non modica quantità che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina Cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II previste dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9)6). 158 TROPIANO FRANCESCO 151 del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”), nonchè da persone non identificate e riconducibili al gruppo BARBARO, quantitativi di eroina di volta in volta del peso anche di 500 grammi e di cocaina per circa 200/300 gr. la volta, per un numero complessivo di forniture non precisabile e comunque nell‟arco di circa 6 mesi e con ritiri ogni 10 giorni circa (in riferim. alle forniture dal Gruppo SERGI) che quindi deteneva, trasportava, vendeva o cedeva comunque a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1988 sino ad epoca antecedente prossima al 2/1171991. (capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale del 24/9/96). 159 152) OMISSIS VIOLI PASQUALE 153) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71 I comma, della Legge n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) ed al capo 53 (gruppo PAPALIA) quantitativi di eroina di volta in volta del peso di gr. 50/100 per un numero non precisabile di occasioni e, comunque in ambito di forniture costanti ed abituali che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima al 1988/89. 160 VITALE ANTONINO 145) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta anche sino a 5 Kg. la volta e quantitativi di cocaina nell‟ordine dei 200/300 gr. la volta per un numero non precisabile di forniture e, comunque con cadenza quasi settimanale che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.) Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi anche ingenti (in rif. ai sopra indicati quantitativi di eroina). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 161 ZACCO ANTONINO 155) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P. 71, ultimo comma, 74, II comma, della legge 22.12.75 n. 685 per avere, in concorso con SPOTO ANGELO, illecitamente detenuto e quindi venduto, offerto o comunque ceduto a SERGI FRANCESCO ed a MORABITO SAVERIO un quantitativo di hashish del peso di Kg. 40 circa, quantitativo da considerarsi ingente. (rif. capo n. 67) Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. in Milano e Cesano Boscone nel corso del 1985. 162 ZAPPIA VINCENZO 156) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 71, I comma, 74 I comma n. 2 della Legge 22.1275 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché agendo in concorso con ZAPPIA GIUSEPPE ed altri non identificati, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub. 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta varianti da 200 a 500 grammi anche due o tre volte la settimana ed in ambito di forniture costanti ed abituali che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi tra i quali PANETTA GIUSEPPE e ROMEO ANTONIO. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Con l‟aggravante dell‟avere commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1983 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 163 ZINGHINI‟ DOMENICO SERGI GIUSEPPE 157) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (così come poi modificata dal D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, agendo in concorso tra di loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, acquistavano o ricevevano dalle persone sub 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta sull‟ordine dei 500 grammi con ritiri che avvenivano più volte al mese e quantitativi non precisati e comunque non modici di cocaina ed hashish in ambito di forniture costanti ed abituali che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi tra i quali PANETTA GIUSEPPE. Eroina, cocaina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tab. I e tab. II previste dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 e sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 164 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 158) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1 C.P. perché, agendo in concorso tra di loro, con CIULLA GIUSEPPE (deceduto), e MUSCIO RICCARDO, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo avere ricevuto dal CIULLA la indicazione circa la presenza in Milano, in albergo nella zona di Corso Lodi, di un cittadino sudamericano avente con sé un carico di circa 20 Kg. di cocaina, in attuazione di un comune progetto criminoso, mediante minaccia, consistita nel prospettare allo straniero gravi ed ingiusti mali, anche simulando di essere appartenenti alle Forze di Polizia ed altresì, e comunque, approfittando dello stato di compulsione psichica derivato dal numero delle persone e dalle particolari circostanze di luogo e di fatto, si impossessevano del predetto quantitativo di sostanza stupefacente, sottraendolo al non identificato cittadino sudamericano. Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite. In Milano tra il 1980 ed il 1983. 165 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 159) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2, II comma, della Legge 22.12.1975 n. 685 perché agendo in concorso come al capo 158), di comune concreto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, nei modi, tempi e luoghi di cui al capo che precede, illecitamente entravano nella disponibilità di un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 20 circa che, quindi, detenevano, trasportavano e vendevano o cedevano a terzi nella zona di Milano. Con le aggravanti dell‟avere commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano tra il 1980 ed il 1983. 166 SERGI FRANCESCO (cl. 56) ROMEO FRANCESCO PARISI ANTONIO MORABITO SAVERIO 160) del reato p. e p. dagli artt. 110, 423 C.P. perché agendo in concorso tra di loro, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, il ROMEO ed il SERGI quali ideatori ed organizzatori, il MORABITO ed il PARISI quali materiali esecutori del delitto, introdottisi questi ultimi nel deposito di automezzi della “ FRANCESCO ROMEO & C. S.r.l.” con sede in via Campania, angolo via Umbria, e cosparsi i locali e gli automezzi ivi in custodia di gasolio e appiccato, quindi, il fuoco, cagionavano un incendio che distruggeva quanto sopra in giusta così da consentire al ROMEO di lucrare il premio assicurativo. In Segrate il 16.8.1986. 167 PUGLISI CARMELO 1619 del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., I comma della legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed in concorso con altra persona non potuta ancora identificare, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti, illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 e, quindi, deteneva, trasportava, vendeva, offriva o cedeva a terzi quantitativi di eroina non puntualmente specificabili e, quindi, deteneva, trasportava, vendeva, offriva o cedeva a terzi quantitativi di eroina non puntualmente specificabili e, comunque, dell‟ordine di 100/300 grammi la volta in un contesto di forniture plurime. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Corsico, Buccinasco, Milano, zone limitrofe ed in Catania in epoca compresa tra il 1984 e l‟estate del 1990, esclusi i periodi tra il 27.10.1985 ed il 12.12.1986 e a decorrere dall‟1.4.1989. 162) OMISSIS 163) OMISSIS 168 IOFRIDA LEONE 164) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) e, quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi quantitativi di eroina del peso, di volta in volta dell‟ordine di grammi 200/300, in un contesto di forniture periodiche ed abituali. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 e dall‟art. 14 della legge e del D.P.R. sopra indicati. Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in ambito di tempo compreso tra epoca prossima al 1984 ed epoca antecedente e prossima all‟estate del 1990. 169 SALERNO DOMENICO 165) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo 50 (gruppo SERGI) e quindi deteneva, trasportava, vendeva offriva o comunque cedeva a terzi quantitativi di eroina dell‟ordine di gr. 100/200 la volta per un ambito di forniture non superiore alle dieci consegne. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge e 14 del citato D.P.R. . In Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1984 e l‟estate del 1990, escluso il periodo compreso tra il 21.11.1987 ed il 14.12.1988. 170 ORIO UMBERTO SERGI PAOLO SERGI FRANCESCO (cl. 1956) MORABITO SAVERIO 166) del reato p. e p. dagli artt. 110, 56 C.P., 71, ultimo comma, 74, I comma n. 2, II comma, della legge 22.12.1975 n. 685 perché agendo in concorso tra di loro di comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad importare nel territorio dello Stato un quantitativo di hashish del peso di Kg. 200 circa, atti consistiti, in particolare, nel partecipare tutti alla fase ideativa ed organizzativa dell‟operazione, nell‟assumere (l‟ORIO) gli opportuni contatti con fornitori di hashish del Marocco e con coloro, non identificati, che materialmente ebbero a trasportare lo stupefacente a bordo di nave, nel mettere in comune il denaro occorrente ai fini dell‟acquisto dell‟hashish (50.000.000 di lire convertite in franchi svizzeri, da parte dei due SERGI e del MORABITO), non portando a compimento l‟intento criminoso per cause non dipendenti dalle loro volontà ed in particolare per l‟avvenuto sequestro dello stupefacente in Ventimiglia da parte della Guardia di Finanza. Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di hashish da considerarsi ingente. Hashish: sostanza stupefacente classificata nella tab. II prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe in epoca antecedente e prossima alla fine del 1989. 171 PISANI SAVERIO ROSARIO 167) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.90 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina di volta in volta del peso dell‟ordine di gr. 300/500 in ambito di forniture periodiche e pressochè mensili che quindi deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 14.2.1990. 168) OMISSIS 172 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 169) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628 I e III comma n. 1 (duplice ipotesi) C.P. perché agendo in concorso tra di loro, con COLAFIORI FRANCESCO (deceduto) e AMANDINI MICHELE, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante minaccia, costituta nel puntare contro cliente dello studio legale del COLAFIORI, non meglio potuto identificare, armi da sparo, contestualmente prospettandogli gravi ed ingiusti mali in caso di reazione, così agendo si impossessavano della somma contante di circa 75 milioni di lire in valuta svizzera, che sottraevano al predetto. Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite ed armate. Fatto commesso in Milano in epoca antecedente e prossima al 28.11.1979 epoca della morte del COLAFIORI 170) OMISSIS 173 FRANCHETTI ALESSANDRO 171) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 9, 10, 12 e 14 della Legge 14.10.74 n. 497 e 3 della Legge 18.4.1975 n. 110 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva, portava in luogo pubblico e vendeva o comunque cedeva alle persone di cui al capo 61, n. 10 pistole Cal. 7,65 di marca Beretta, armi comuni da sparo e tutte munite di silenziatore, nonché deteneva, vendeva o cedeva a MORABITO ASSUNTO LUIGI una pistola Cal. 7,65. In Corsico, Milano e zone limitrofe in epoca antecedente e prossima al 12.6.1989 (ferimento di NIZZOLA FRANCESCO di cui al capo 44) ed in epoca successiva e prossima in relazione all‟ultimo episodio. Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96. 174 VIRGILITTO GAETANO 172) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo n. 50 (gruppo SERGI) quantitativi di eroina dell‟ordine dei 100/200 grammi, almeno due volte la settimana che, quindi, deteneva, trasportava, vendeva, offriva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della Legge sopra indicata. In Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe in epoca compresa tra il 1984 ed epoca antecedente e prossima al novembre del 1986. 175 MAZZU‟ SAVERIO 173) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina ed hashish anche sino a 500 grammi la volta, in ambito di forniture quasi settimanali che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina ed hashish: sostanze stupefacenti classificate nelle tabelle I e II dell‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1989, escluso il periodo compreso tra il 14.11.1985 ed il 29.12.1986. CODISPOTI GIOVANNI 174) del reato p e p. dagli artt. 81 C.P., 71, I comma, della legge n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e di cocaina per forniture di grammi 100/200 circa la volta per circa dieci consegne che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dell‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 176 ESPOSITO GIUSEPPE 175) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma della Legge n. 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309) perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina pari a circa 100 grammi la volta per un numero complessivo di forniture non precisabile, che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.) Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990, esclusi i periodi tra il 4.10.1985 ed il 14.2.1987; tra il 24.3.1988 e l‟1.4.1988 e a decorrere dal 3.10.1988. 177 DUCHINI DINO 176) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.-P., 71, I comma, della Legge 685 (73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 nr. 309) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva, dalle persone di cui al capo 50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina e di cocaina pari a circa grammi 220/300 la volta, in ambito di forniture di almeno una volta al mese, che quindi deteneva, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina e Cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge (o 14 del citato D.P.R.). Fatti commessi in Corsico, Buccinasco, Milano e zone limitrofe da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima all‟estate del 1990. 177) OMISSIS 178) OMISSIS 178 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO PAPALIA ANTONIO SERGI FRANCESCO (cl. 1956) 179) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1 (duplice ipotesi), 61 n. 7 C.P., perché, agendo tra di loro, e AMANDINI MICHELE, RADICE GIANLUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, operando, in particolare il RADICE quale “basista” e, quindi, unitamente all‟AMANDINI, quali ideatori e promotori dell‟azione delittuosa (fornendo le opportune indicazioni per il raggiungimento dell‟illecito fine) e gli altri quali esecutori materiali, mediante minaccia, consistita nel puntare pistole contro i commercianti di preziosi CERRI SERGIO e MENEGATTO CLAUDIO, allorchè gli stessi si trovavano presso il ristorante “Gran Maracana” di Viale Abruzzi 19, contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso di reazione, si impossessavano di oggetti preziosi e di denaro nella disponibilità dei predetti (per un valore complessivo di circa 80 milioni). Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite ed armate ed altresì di avere cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di ingente rilevanza. In Milano il 17.10.1978. 179 INZAGHI MARIO MORABITO SAVERIO 180) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I comma e III comma n. 1 (duplice ipotesi) C.P. perché agendo tra di loro al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante violenza e minaccia consiste nell‟affiancare, a bordo di auto, la vettura Panda condotta da RETTORI LIDIA e quindi, costretta la predetta a fermarsi, nel puntarle contro una pistola contestualmente prospettandole gravi ed ingiusti mali, così agendo si impossessavano della somma contante di lire 10.274.000 e di assegni bancari per complessive lire 10.900.000 che la RETTORI deteneva nella sua qualità di amministrare della SOVECAR (concessionaria IVECO). Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite ed armate. In Pero il 10.01.1983. 181) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv, 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 Legge 14.10.1974, n. 497 perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola di marca e calibro non potuti accertare e, comunque, arma comune da sparo. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14 Legge 497/74) ed altresì al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede. In Milano e Pero sino al 10.1.1983 da epoca antecedente e prossima la predetta data. 180 MUSCIO MARIO SERGI FRANCESCO (cl. 56) INZAGHI MARIO TRIMBOLI FRANCESCO SCOLLO AGOSTINO MORABITO SAVERIO 182) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1(triplice ipotesi), 61 n. 7 C.P. perché, agendo in concorso tra di loro e con altre persone in corso di identificazione con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, ed allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotti nel deposito di pelli pregiate della ditta “V.D.O.” sito in Milano, via Valsoda 5/7, taluni di loro anche usando false divise della Guardia di Finanza, mediante minaccia consistita, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti, anche puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso di loro reazione così agendo si impossessavano di merce per un valore complessivo stimato in circa 170 milioni che sottraevano dal predetto deposito, azione nel cui contesto, in particolare il MUSCIO ebbe ad operare quale cd. “basista” promuovendo il progetto criminoso, fornendo le indicazioni utili per il positivo conseguimento del profitto e garantendo il successivo smercio dei prodotti in pelle asportati e gli altri procedendo materialmente all‟asportazione dei modi di cui sopra. Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite, armate e travisate e dell‟avere cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di rilevante gravità. In Milano il 14.5.1982. 181 SERGI FRANCESCO (cl. 56) INZAGHI MARIO TRIMBOLI FRANCESCO SCOLLO AGATINO MORABITO SAVERIO 183) del reato p. e p. dagli artt. 110 81 cpv, 61 n. 2 C.P., 10. 12 e 14 della Legge 14.10.1974 n. 497 perché, agendo in concorso tra di loro con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano e portavano in luogo pubblico armi da guerra e comuni da sparo tra le quali, in particolare, pistole e fucili in numero imprecisato e di marca e calibro non potuti accertare. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14 Legge 497/74) ed eseguire il reato di cui al capo che precede. In Milano il 14.5.1982 182 INZAGHI MARIO MORABITO MARIO 184) del reato p. e p. dagli artt. 110, 629 I e II comma, in rif. all‟art. 628 III comma n. 1 C.P.perchè agendo in concorso tra di loro e AMANDINI MICHELE, PERROTTA VITTORIO, MANCUSO SALVATORE (deceduto), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante minaccia consistita nel prospettare gravi ed ingiusti mali a GASAPINI GIORGIO ed anche approfittando del suo stato di confusione psichica determinato dal numero delle persone che contestualmente agirono, costringevano così il GASAPINI a rilasciare loro cheques bancari per un controvalore di circa 70/80 milioni di lire. Con l‟aggravante dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite. In Milano il 21.5.1981. 185) del reato p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 1, 61 n. 2, 605 C.P. perché, agendo concorso tra di loro e con le persone di cui al capo che precede, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti ed al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede, ed in particolare allo scopo di assicurarsi il positivo incasso degli chèque che si erano fatti consegnare dal GASAPINI GIORGIO ed a titolo di “garanzia” di tale operazione, privano della libertà personale il predetto, subito dopo la consegna forzata degli chèque, costringendolo a soggiornare presso l‟Hotel “Cavalieri” di Milano e sotto la loro vigilanza, i giorni 21 e 22.5.1981. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno cinque persone ed al fine di conseguire il profittò del reato che precede. In Milano il 21 e 22.5.1981. 183 CARBONE PASQUALE 186) del reato p. e p. dall‟art. 71, I comma, della Legge 22.12.1975 n. 685 (modif. art. 73, I comma, D.P.R. 9.10.1990 n. 309) per avere illecitamente detenuto e, quindi, venduto, offerto o comunque ceduto a DE BENEDETTO MONTANO, un quantitativo di cocaina pari a circa 200 grammi, quantitativo da considerarsi di non lieve entità. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatto commesso in Buccinasco in epoca non meglio precisata e, comunque, nel corso del 1989. 187) del rato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 110 C.P., 73, I comma del D.P.R. 9.10.1990 n. 309 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da DI BENEDETTO MONTANO (a cui carico si procede separatamente) un quantitativo di eroina pari a circa 100 grammi (agendo, in questa circostanza, in concorso con persona non potuta identificare), nonchè, in questa circostanza, in concorso con persona non potuta identificare), nonchè, in autonome occasioni, altro quantitativo di eroina pari sempre a gr. 100 e quantitativo di cocaina pari a gr. 50, quantitativi da considerarsi ciascuno non di lieve entità. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. Fatti commessi in Buccinasco, Rozzano, Lachiarella e zone limitrofe in epoca successiva al maggio-giugno del 1993 ed antecedente e prossima all‟ottobre dello stesso anno. 184 DUCHINI DINO 188) del reato p. e p. dall‟art. 73, I comma, D.P.R. del 9.10.1990 nr. 309 perché, illecitamente deteneva, presso un box nella propria disponibilità, un quantitativo di cocaina del peso di grammi 700 circa e come tale, quindi, da ritenersi di non lieve entità. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tabella I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. In Milano o zone limitrofe, sino al 23.5.1991. 185 MUFATO ANGELO 189) del reato p. e p. degli artt. C.P., I comma del D.P.R. n. 9.10.1990 n. 309, perché, agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e portavano in luogo pubblico il quantitativo di cocaina di cui già al capo che precede (pari, quindi, a grammi 700 circa), quantitativo che prelevano dal box del DUCHINI per trasportarlo in altro luogo, non meglio precisato, ed ivi custodirlo. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. In Milano o zone limitrofe, in epoca successiva e prossima al 23.5.1991. 186 MUSCIO MARIO MORABITO SAVERIO SAFFIOTI VINCENZO INZAGHI MARIO 190) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n.1 (duplice ipotesi) C.P. 61 n. 7 C.P. perché, agendo in concorso tra di loro e con MORABITO ASSUNTO LUIGI, MANCUSO SALVATORE (deceduto) con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti ed allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotti nell‟esercizio commerciale “BAR TABACCHI” sito in Via Manin nr. 23, Milano, e gestito da COLOMBO GUIDO, mediante minaccia consistita, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti, anche puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso di loro reazione così agendo si impossessavano di denaro, valori bollati ed accendini per un complessivo valore di circa lire 110 milioni che sottraevano dalla casa e dalle vetrinette del citato esercizio, azione nel cui contesto, in particolare, il MUSCIO operava quale cd. “basista” proponendo, in particolare, il progetto criminoso e fornendo tutte le indicazioni utili ai fini della sua esecuzione nonchè garantendo il suo apporto per la conversione in denaro dei valori bollati e gli altri, di fatto, portando a compimento ed effetto il progetto stesso. Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia in più persone riunite e armate e dell‟avere cagionato un danno patrimoniale da considerarsi di rilevante gravità. In Milano il 14.10.1982. 187 MORABITO SAVERIO SAFFIOTI VINCENZO INZAGHI MARIO 191) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 nr. 497 perché, agendo in concorso tra di loro e con MORABITO ASSUNTO LUIGI, MANCUSO SALVATORE (deceduto) con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano e portavano in luogo pubblico armi comuni da sparo tra le quali, in particolare, pistole di marca e calibro non potuti accertare, con relativo munizionamento. Con le aggravanti dell‟avere agito nel numero di almeno due persone (rif. II comma dell‟art. 14 Legge 497/74) ed altresì al fine di eseguire il reato di cui al capo che precede. In Milano sino al 14.10.1982, da epoca antecedente e prossima. 188 MORABITO SAVERIO INZAGHI MARIO MUFATO ANGELO 192) del reato p. e p. dagli artt. 110, 628, I e III comma n. 1, (triplice ipotesi) C.P. perché, agendo in concorso tra di loro e con MANCUSO SALVATORE (deceduto) e MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque convergenti ed allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, dopo essersi introdotti nel laboratorio orafo nr. 84, gestito da ANTILOPE RINO, alcuni di loro indossando false divise da Carabinieri, mediante minaccia e violenza consistite, in particolare, nell‟immobilizzare i dipendenti e le altre persone presenti, anche puntando contro di loro armi e contestualmente prospettando gravi ed ingiusti mali in caso di loro reazione così agendo si impossessavano di denaro ed oggetti preziosi per un ammontare complessivo allo stato non meglio accertato, nonchè di un revolver che sottraevano dal predetto esercizio commerciale in danno di ANTILOPE RINO, azione nel cui contesto, in particolare, l‟azione delittuosa e fornendo indicazioni utili alla sua esecuzione, e gli altri materialmente provvedendo all fase esecutiva. Con le aggravanti dell‟avere commesso la minaccia e la violenza in più persone riunite armate e travisate. In Mede Lomellina il 15.12.1982. 189 MORABITO SAVERIO INZAGHI SAVERIO 193) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. 61 n. 2 C.P., 10, 12 e 14 della Legge 14.10.1974 nr. 497 perché, agendo in concorso tra di loro e con MANCUSO SALVATORE (deceduto) e MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano in luogo pubblico pubblico armi comuni da sparo tra le quali, in particolare, pistole in numero, marca e calibro non potuti accertare, ivi compresa l‟arma sottratta ad ANTILOPE RINO (v. capo che precede) con relativo munizionamento. Con le aggravanti e Mede Lomellina, da epoca antecedente e prossima al 15.12.1982 sino alla predetta data. 194) OMISSIS 190 MALLAMACE ANTONIO CAMMARERI DOMENICO 195) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73 I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, agendo in concorso tra di loro, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano, trasportavano e quindi vendevano o cedevano a MORABITO ASSUNTO LUIGI e CARUSO ROBERTO un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 5 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano o zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca antecedente e prossima al maggio del 1992. 191 CARUSO ROBERTO 196) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistavano o ricevevano da MALLAMACE ANTONIO e CAMMARERI DOMENICO un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 5 circa che, quindi, detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi, tra i quali PORRO CARLO. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano o zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca antecedente e prossima al maggio del 1992. 192 PORRO CARLO 197) del reato p. e p. dall‟art., I comma, del D.P.R. 9.10.1990 n. 309 per avere illecitamente acquistato o, comunque, ricevuto da MORABITO ASSUNTO LUIGI e CARUSO ROBERTO un quantitativo di cocaina del peso di Kg. 1 circa che, quindi, deteneva, trasportava, vendeva o cedeva a persona non potuta identificare. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R.. In Milano, zone limitrofe e Legnano, in epoca compresa tra il 1991 ed epoca successiva e prossima al maggio del 1992. 198) OMISSIS 193 MAIOCCHI ROBERTO 199) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 73 I e VI comma, 80, II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 (già artt. 71, I comma, 74, I comma n. 2 e II comma della Legge 22.12.1975 n. 685) perché agendo in concorso con altre persone non ancora potute identificare di comune concerto e con apporti causali anche distinti e comunque convergenti con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e quindi vendeva o cedeva a MORABITO ASUNTO LUIGI e a CARUSO ROBERTO in tre occasioni quantitativi di cocaina del peso di Kg. 1 la volta, per complessivi Kg. 3 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 14 e 12 del predetto D.P.R. e della Legge sopra indicati. Con l‟aggravante dell‟avere agito nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Milano e zone limitrofe in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992. 194 CARUSO ROBERTO 200) del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 73, I comma, 80 II comma, del D.P.R. 9.10.1990 n. 309 (già artt. 71, I comma, 74, II comma, della Legge 22.12.1975 n. 685) perché, agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistavano o ricevevano da MAIOCCHI ROBERTO, in due occasioni, quantitativi di cocaina del peso del Kg. 1 circa cadauno ed il MORABITO, altresì, in autonoma occasione, altro quantitativo del peso sempre di Kg. 1, che quindi detenevano, trasportavano, vendevano o cedevano a terzi. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dagli artt. 14 e 12 del D.P.R. e della Legge sopra indicati. Con l‟aggravante della riferibilità delle condotte a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992. 195 LO COCO GIUSEPPE 201) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 nr. 309 (già 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685) perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI e quindi deteneva, vendeva, offriva o cedeva a terzi un quantitativo di cocaina del peso di gr. 20/30 e tale, comunque, da doversi considerare di non lieve entità. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R. e 12 della Legge sopra indicata. In Milano in epoca compresa tra il 1898 ed il 1992. 202) OMISSIS 196 PELLIZZERI BIAGIO 203) del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73, I e VI comma, 80, II comma, del D.P.B. 9.10.90 n. 309 perché, agendo in concorso con CAMPIONE GIOVANNI (deceduto) e con SERGI FRANCESCO (a cui carico, per questo episodio, si procede separatamente), con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI e, quindi, deteneva al fine di farne commercio, un quantitativo di eroina del peso di Kg. 1 circa. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R. Con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità della condotta a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente. In Corsico, Buccinasco o zone limitrofe in epoca antecedente e prossima all‟aprile del 1992. 204) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73, I comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 (già 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685) perché, illecitamente e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI quantitativi di cocaina varianti, di volta in volta, dai 50 ai 100 grammi, per una quantità di forniture non precisabile, che quindi deteneva, vendeva, distribuiva o cedeva a terzi ed altresì per avere egli stesso venduto o ceduto a MORABITO ASSUNTO LUIGI un quantitativo di cocaina del peso di gr. 30 circa. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 e 12 del D.P.R. e Legge sopra indicati. In Milano, Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1989 ed il 1992. 197 ALFONSI MARCO 205) del reato p. e p. dagli artt. 81 C.P., 73, I comma, 74 II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da MORABITO ASSUNTO LUIGI e PAOLUCCI ANTONIO in due occasioni (il PAOLUCCI partecipe ai fatti una sola volta) quantitativi di eroina del peso di Kg. 1 la volta che quindi, deteneva, trasportava, vendeva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza da considerarsi ingenti. In Milano ed Ascoli Piceno in epoca successiva e prossima al 23.5.1991. 198 PAOLUCCI ANTONIO 206) del reato p e p. dagli artt. 110, 81 cpv. (riferito al solo MORABITO) c.p., 73, I comma, 74 II comma, del D.P.R. 9.10.90 n. 309 perché, agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, di comune concerto e con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti, illecitamente detenevano e quindi trasportavano da Milano ad Ascoli Piceno e quindi consegnavano ad ALFONSI MARCO in vendita un quantitativo di eroina del peso di Kg. 1 circa ed il MORABITO, altresì, e con più azioni ad Ascoli Piceno, e quindi venduto o ceduto ad ALFONSI MARCO altro quantitativo di eroina sempre del peso di Kg. 1 circa. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto D.P.R. Con l‟aggravante della riferibilità della condotta a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi ingenti. In Milano ed Ascoli Piceno, in epoca successiva e prossima al 23.5.1991. 207) OMISSIS 199 PAPALIA ANTONIO MUSITANO ANTONIO PAPALIA ROCCO 208) del reato p. e p. 110, 81 C.P., 71, I comma, 74, I comma n. 2 e II comma della Legge 22.12.1975 n. 685 perché, in concorso con PIRRONE MAURIZIO, CALLIPARI GIUSEPPE, CAVALIERE DOMENICO (detto PIRRONE MAURIZIO, CALLIPARI GIUSEPPE, CAVALIERE DOMENICO (detto “MIMMO il COLOMBIANO”) e RISUENNO SORIA FERNANDO (nei confronti dei quali “MIMMO il COLOMBIANO”) con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illecitamente importavano in Italia dalla Colombia attraverso la Spagna (passando per un valico di frontiera non identificato) e quindi detenevano 200 Kg. di cocaina (sostanza stupefacente di cui alla tab. i prevista dall‟art. 12 della legge citata), in particolare: il CAVALIERE proponeva l‟affare al CALLAIPARI e si offriva quale tramite dell‟operazione con il gruppo colombiano di PABLO ESCOBAR; il CALLIPARI estendeva il proposito di PABLO ESCOBAR; il PIRRONE proponeva la collaborazione di ANTONIO MUSITANO e della famiglia PAPALIA o organizzava con il CALLIPARI le modalità del trasporto e dell‟introduzione in Italia dello stupefacente; il RISUENO SORIA, in concorso con altri cittadini di nazionalità spagnola, trasportava, occultato nel serbatoio della sua autovettura, ed introduceva in Italia dalla Spagna lo stupefacente di cui sopra, che veniva depositato all‟interno di un box del CALLIPARI in Buccinasco; i PAPALIA e il MUSITANO ricevevano lo stupefacente introdotto nel territorio italiano, lo deteneva presso locali di propria pertinenza e lo cedevano successivamente a terzi non identificati e, in parte, agli stessi PIRRONE, CALLIPARI e “MIMMO”, con le aggravanti dell‟aver commesso il fatto in più di tre persone e dell‟ingente quantitativo. In Buccinasco, nella seconda metà del 1989. 200 CIAMPA ANTONIO 209) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma Legge 685/1975 (quanto ai fatti commessi fino all‟entrata in vigore del D.P.R. 309/90) e 73, I comma D.P.R. 309/90 perché, in concorso con AMBROSIO CARMINE -stralciato -, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, acquistavano e cedevano diversi quantitativi di cocaina (entrambe sostanze stupefacenti di cui alle tabelle I previste rispettivamente dagli artt. 12 L. 685/75 e 14 D.P.R. 309/90), avendo come base il bar di Via della Resistenza, ang. Via F.lli Di Dio a Corsico, e procurandosi lo stupefacente dalla famiglia PAPALIA. In Corsico, almeno dal 1988 fino al 1993. 201 MUSITANO ANTONIO PARISI DOMENICO VIOLI ANTONIO 210) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; I comma, 74, I comma n.2, L. 685/75 perchè, in concorso tra loro (il MUSITANO quale promotore ed organizzatore e gli altri due quali esecutori materiali), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente detenevano e vendevano vari quantitativi di “cocaina” (sostanza stupefacente di cui alla tab. I della Legge citata) nell‟ordine di circa un kg. al mese, al solo PIRRONE MAURIZIO fino a tutto il 1989, al PIRRONE e al FRAGALA‟ nel corso del 1990, con maggiore frequenza, avendo come base del loro “traffico” il bar di Via Salma in Corsico, in particolare il MUSITANO ANTONIO con l‟aggravante della qualità di promotore ed organizzatore dell‟attività delittuosa, ex art. 112 n. 2 C.P. In Corsico, dalla fine del 1989 al 1990. MUSITANO ANTONIO PARISI DOMENICO VIOLI ANTONIO 211) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; I e IV comma del D.P.R. 309/90 perchè, in concorso tra loro (il MUSITANO quale promotore ed organizzatore e gli altri due quali esecutori materiali), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente detenevano e cedevano vari quantitativi di “cocaina” (sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall‟art.14 del D.P.R. citato) nell‟ordine di circa un kg. alla settimana, a PIRRONE MAURIZIO e a MUSITANO ROSARIO, avendo come base del loro “traffico” il bar di Via Salma in Corsico; in particolare il MUSITANO ANTONIO con l‟aggravante della qualità di promotore ed organizzatore dell‟attività delittuosa, ex art. 112 n. 2 C.P. In Corsico, dall‟inizio del 1991 a maggio 1992. 202 AMANTE GIOVANNI AMANTE PIETRO 212) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71; IV comma L. 685/75 perchè, in concorso tra di loro e NIZZOLA FRANCESCO - stralciato -, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente acquistavano e quindi detenevano in box di Buccinasco nella disponibilità del NIZZOLA, a fini di ulteriore spaccio, vari quantitativi di hashish (sostanza stupefacente di cui alla tabella II prevista dall‟art.12 della Legge citata), nell‟ordine di 10-20 kg. per volta, forniti loro da PIRRONE MAURIZIO; con l‟aggravante di cui all‟art.74 comma II della Legge citata, avendo commesso i fatti in relazione a quantitativi ingenti di stupefacente e con quella dell‟avere commesso il fatto in tre persone, ex art.74, I comma n.2 Legge citata. In località sempre diverse collocabili tra Milano, Buccinasco e i comuni limitrofi, negli anni 1987/88. 213) OMISSIS 203 CARBONE PASQUALE 214) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. e 71 I comma, della Legge 685/75, perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente acquistava e deteneva, a fini di spaccio, vari quantitativi di cocaina ed eroina (entrambe sostanze stupefacenti di cui alla tabella I prevista dall‟art.12 della Legge citata) nell‟ordine di circa un chilogrammo per volta, fornitigli da MUSTANO ANTONIO, detto TOTO‟ BRUSCA. In Corsico, almeno negli anni 1988/1990. 215) OMISSIS. 204 MUSITANO ANTONIO 216) del delitto p. e p. dall‟art. 73, I comma D.P.R. n. 309/90, perchè illegalmente cedeva a CLIVIO ANTONIO e a MORABITO ASSUNTO LUIGI mezzo chilogrammo di eroina (sostanza stupefacente di cui alla tab. I prevista dall‟art. 14 del citato D.P.R.), a fini di spaccio, dietro il corrispettivo di un orologio Rolex modello “DAYTONA”. In Milano, estate 1991. 205 PAPALIA ANTONIO MUSITANO ANTONIO 217) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 10 e 12 Legge 14.10.1974 n.497 e 648 C.P. perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, acquistavano da LUCIANO FRANCESCHETTI (successivamente deceduto), per procurarsi un profitto, almeno due fucili mitragliatori KALASCHNICOV ed un fucile lanciagranate, armi da guerra incommerciabili e, come tali, sicuramente di provenienza delittuosa; armi che, poi, illegalmente, detenevano e portavano in luogo pubblico. In Milano, Buccinasco e zone limitrofe attorno alla fine del 1989. 218) OMISSIS 206 VIOLI PASQUALE 219) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. e 73 I comma D.P.R. n. 309/90, perchè, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente acquistava e deteneva, ai fini dello spaccio, vari quantitativi di cocaina nell‟ordine di alcuni etti per volta e di hashish nell‟ordine di 5/6 kg. per volta (entrambe sostanze stupefacenti di cui alla tabella I e II prevista dall‟art. 14 del citato D.P.R.) fornitogli da PIRRONE MAURIZIO. In Corsico, Buccinasco e zone limitrofe, tra la fine del 1989 e la fine del 1991. (Capo precisato/integrato all‟udienza dibattimentale 24/9/96). 207 PAPALIA ANTONIO 220) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71e 74 I comma n.2 e II comma L. 685/75 perchè, in concorso con persone sconosciute (appartenenti alla sua organizzazione), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, illegalmente deteneva e cedeva a CAPONERA STEFANO (o alle persone da costui indicate) quantitativi ingenti di eroina (sostanza stupefacente di cui alla tabella I prevista dall‟art.12 L. 685/75), dell‟ordine di 4/5 kg. per volta, con periodicità mensile; con l‟aggravante di far parte di un‟associazione per delinquere. In Milano, San Donato Milanese e zone limitrofe dal 1988 alla fine del 1989. 221) OMISSIS. 208 PIZZATA GIOVANNI 222) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva dalle persone di cui al capo n.50 (cd. “gruppo SERGI”) quantitativi di eroina dell‟ordine dei 100/200 grammi la volta, in modo abituale e non puntualmente specificabile che quindi deteneva, vendeva, offriva o comunque cedeva a terzi. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab.I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Milano, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone e zone limitrofe, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima al novembre del 1988. 223) OMISSIS 224) OMISSIS 209 MUSCIO MARIO 225) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I comma, della Legge 22.12.75 n. 685, perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso acquistava o riceveva da CIULLA SALVATORE, CIULLA ANTONINO e GIANNONE ANDREA (gli ultimi due deceduti ed il primo separatamente), quantitativi di cocaina varianti da iniziali 10/20 grammi sino a quantitativi di circa un kg. la volta, circa, che quindi deteneva, vendeva, offriva, distribuiva o cedeva a terzi. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art.12 della predetta legge. In Milano, Trezzano sul Naviglio e zone limitrofe, da epoca prossima al 1978/79 sino al marzoaprile del 1982. 210 TRIMBOLI FRANCESCO 226) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 648, 61 n.2 e 61 n. 6 C.P. perchè, al fine di procurarsi un profitto, ed in particolare di eseguire il reato di cui al capo che segue, acquistava o riceveva, pur conoscendone la provenienza delittuosa, i moduli per carta di identità (n.07463980) e per patente di guida (cat. “B” n. MI - 4831615P) compendio del reato di falso (ex art. 477 C.P.) consumato da ignoti. Con l‟aggravante ulteriore dell‟avere commesso il fatto durante il periodi di tempo in cui si era volontariamente sottratto all‟esecuzione dell‟ordinanza di custodia cautelare in carcere n.443/93 2707/93 emessa dal G.I.P. di Milano in data 2.10.1993. Acc. in Milano il 26.01.1994. Fatti commessi in epoca antecedente e prossima. 227 del reato p. e p. dagli artt. 81 477/482, 61 n.6 C.P. per aver falsificato, o fatto falsificare, i documenti di identità di cui al capo che precede in particolare apponendo sugli stessi proprie fotografie e facendoli figurare intestati a BENUSSI ALBERTO, nato a Milano il 9.10.1961. Con l‟aggravante dell‟avere commesso il fatto nel periodo di tempo durante il quale si era volontariamente sottratto alla esecuzione del provvedimento restrittivo di cui al capo che precede. Acc. in Milano il 26.01.1994. 211 MUSICO‟ ANTONINO 228 del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P., 73 I° co. del DPR. 9/10/90 n.309, perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceveva da PERROTTA VITTORIO (che a sua volta effettuava i ritiri da esponenti dei gruppi SERGI e PAPALIA) quantitativi di eroina, in almeno tre occasioni per complessivi kg. 2 circa. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I^ prevista dall‟art. 12 del predetto DPR. In Milano, Cesano Boscone e zone limitrofe, nel corso del 1991. (Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96). 212 BONANNO LUIGI 229 del reato p. e p. degli artt. 110, 81 cpv. C.P., 71, I° co., della L.22/12/75 n.685 (modif. art. 73, I° co., del DPR. 309/90), perchè, agendo in concorso con RIBAUDO CARLO (deceduto), con apporti causale anche distinti e comunque convergenti con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente acquistava o riceva da esponenti del cd. Gruppo CIULLA (v. CIULLA SALVATORE, CIULLA ANTONINO, GIANNONE ANDREA ed altri) quantitativi di cocaina pari a kg. 0,500 la volta in ambito di forniture periodiche e per lo meno mensili, che quindi deteneva, vendeva, offriva o comunque cedeva a terzi. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella Tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. In Trezzano sul Naviglio, Cesano Boscone, Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1978 ed il 1980. (Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96). 213 TRIMBOLI DOMENICO (cl. ‟59) 230 del reato p. e p. dall‟art. 73, I e IV co., del DPR 9/10/90 n.309 per avere illecitamente detenuto e quindi venduto o comunque ceduto a ROMEO BRUNO (nei confronti del quale si procede separatamente) un quantitativo di marijuana pari a kg.10. Marijuana: sostanza stupefacente, classificata nella tab. II prevista dall‟art. 14 del predetto DPR. In Platì (RC) nel febbraio del 1993 o, comunque, nei primi mesi del predetto anno. (Capo contestato alla udienza dibattimentale 24/9/96). 214 MEDICI EMANUELE LO PRETE NICOLA 231) del reato p. e p. dagli artt. 110 cpv C.P. 71 I° co., della L. 22/12/75 n.685 perchè agendo in concorso tra loro, con apporti causali anche distinti e comunque convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente detenevano e, quindi, vendevano offrivano o comunque cedevano a FUSCALDO GIUSEPPE (nei confronti del quale si procede separatamente) quantitativi di eroina pari a kg. 0,500 la volta per circa 8 o 9 volte. Eroina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I^ prevista dall‟art.12 della predetta Legge. In Vedano al Lambro e zone limitrofe fino al 1988 ed a epoca antecedente e prossima il predetto anno. (Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96). 215 SAFFITTO VINCENZO 22) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., C.P., 73 I° co. e 80, II co., del D.P.R. 9/10/90 n.309 perchè con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e, quindi vendeva o comunque cedeva a SACRIPANTI LUIGI, con la intermediazione di CALABRESE FRANCESCO (nei confronti del quale si è proceduto separatamente) i seguenti quantitativi di sostanze stupefacenti: kg. 0,500 di cocaina, kg.3 di eroina e kg. 0,500 di eroina. Eroina e cocaina: sostanze stupefacenti classificate nella tab. I prevista dall‟art. 14 del predetto DPR. Con l‟aggravante della riferibili della condotta anche a quantitativo di sostanza stupefacente da considerarsi ingente (rif. fornitura di kg.3 di eroina). Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, da epoca prossima al giugno-luglio 1993 sino al gennaio del 1994. (Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96). 216 PAOLUCCI ANTONIO 233 del reato p. e p. dagli artt. 110 C.P., 73 I° co. del D.P.R. 9/10/90 n.309, perchè agendo in concorso con MORABITO ASSUNTO LUIGI, illecitamente deteneva, trasportava e quindi vendeva o comunque cedeva a terzi un quantitativo di cocaina pari a gr.700 circa (rif. imputazione sub. nn. 188 e 189). Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art.14 del predetto DPR. In Milano o zone limitrofe, in epoca successiva e prossima al 23/5/1991. (Capo contestato alla udienza dibattimentale del 24/9/96). 217 Decreto che dispone il giudizio G.I.P. di Milano del 16/11/94 MAIOCCHI ROBERTO 234 ex A) per il reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 73, I e VI co., 80 II co. del D.P.R. 9/10/90 n.309 perchè, agendo in concorso con CUSCUNA‟ SALVATORE (nei cui confronti si procede separatamente) e con altre persone in corso di identificazione, con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, illecitamente deteneva e quindi vendeva, offriva o, comunque, cedeva a SAPIENZA ANDREA AGATINO (nei cui confronti si procede separatamente), in circa trenta occasioni, quantitativi di cocaina di volta in volta varianti da 1 a 2 kg. per ciascuna fornitura ed altresì per avere acquistato o ricevuto, dallo stesso SAPIENZA ANDREA AGATINO, in almeno due occasioni, quantitativi di cocaina del peso di circa un kg. la volta. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab.I prevista dall‟art.14 del predetto DPR. Con le aggravanti di aver commesso i fatti agendo nel numero di almeno tre persone e della riferibilità degli stessi a quantitativi di sostanza stupefacente da considerarsi, allo stato, anche ingenti. Fatti commessi in Milano e zone limitrofe, in epoca compresa tra il 1990 ed epoca prossima al maggio 1993. SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA 235 ex B) in ordine al reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv. C.P. 71, I° co., della Legge 22/12/75 n.685 perchè agendo in concorso con persona rimasta sconosciuta con apporti causali anche distinti e, comunque, convergenti e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso illecitamente deteneva e quindi vendeva, offriva o comunque cedeva a FRISINA ANTONIO (nei confronti del quale, per gli episodi in questione, si procede separatamente) quantitativi di cocaina del peso di circa gr.50 la volta, in almeno quattro occasioni. Cocaina: sostanza stupefacente classificata nella tab. I prevista dall‟art. 12 della predetta Legge. Fatti commessi in Milano, Trezzano S/N, Cesano Boscone e zone limitrofe in epoca compresa tra il 1987 ed il 1988. 218 Decreto che dispone giudizio G.I.P. di Torino del 21/4/94 PAPALIA ANTONIO - PIERRE FRANCESCO 236) ex C) del reato di cui all‟art.110 C.P., 61 n.2 C.P.73 DPR. 9/10/90 n.309 perchè in concorso tra loro illegalmente detenevano mezzo kg. di eroina che PIERRE FRANCESCO cedeva materialmente a NUCERA FRANCESCO; con l‟aggravante di aver commesso il fatto per assicurare ad altri il profitto del reato di cui ai capi A) e B). In Corsico nell‟ottobre 1991 o in epoca immediatamente successiva; PAPALIA ANTONIO, inoltre: 237 ex D) del delitto di cui all‟art.73 DPR. 9/10/90 n.309, 61n.2 C.P. perchè illecitamente deteneva circa 500 gr. di eroina che cedeva materialmente a RUSSO ROSARIO e NUCERA FRANCESCO, essendo il destinatario GIOFFRE‟ GIUSEPPE. Con l‟aggravante di aver commesso il fatto per assicurare al GIOFFRE‟ GIUSEPPE il profitto del reato di cui all‟art. 74 DRP 309/90 Commesso in Domodossola da epoca imprecisata fino ad oggi. Con la recidiva ex art. 99 C.P. per entrambi. 219 RECIDIVA REITERATA, SPECIFICA ED INFRAQUINQUENNALE nei confronti di: FONTANA VINCENZO MASSIMILIANO QUARTUCCIO LUIGI FRANCHETTI ALESSANDRO ALFONSI ALESSANDRO RECIDIVA REITERATA E SPECIFICA nei confronti di: AMANTE ANTONINO AMANTE GIOVANNI AMANTE PIETRO BARBAGALLO SALVATORE BARBARO GIUSEPPE (cl.56) BARBARO DOMENICO BONANNO LUIGI CARUSO ROBERTO CATANZARITI AGOSTINO CELINI VINCENZO CIAMPA ANTONIO D‟ANGELO ANIELLO ESPOSITO GIUSEPPE 220 GIRGENTI GASPARE INZAGHI MARIO LOMBARDO GIULIO ANTONINO MAIOCCHI ROBERTO MAIOLO PASQUALE MIRABELLA GIUSEPPE MOLLUSO FRANCESCO MUFATO ANGELO MUSCIO MARIO NIRTA ANTONIO PAPALIA ROCCO PAPALIA DOMENICO PEDRANI ROBERTO PETRACHI LEONARDO PISANO SAVERIO ROSARIO SCOLLO AGATINO SERGI FRANCESCO (cl.56) STRANGIO FILIPPO TOMASELLO SANTO TRIMBOLI FRANCESCO VIRGILLITO GAETANO RECIDIVA REITERATA E INFRAQUINQUENNALE 221 nei confronti di: FERRARO ANTONIO PUGLISI CARMELO RECIDIVA REITERATA nei confronti di: AQUINO SALVATORE ATZENI GIAMPIERO BARBARO GIUSEPPE (cl.59) BARBARO GIUSEPPE (cl.48) CARBONE PASQUALE CORNIGLIA FEDERICO FERRERO WALTER LA ROSA GAETANO LENA GIULIO LOPRETE NICOLA MAMMOLITI SEBASTIANO MOSCARDI GIANFRANCO MUSICO‟ ANTONINO MUZZUPAPPA GIUSEPPE PANAIA ANTONIO PARISI ANTONIO PERRE FRANCESCO 222 PIZZATA GIOVANNI RECHICHI DIEGO ROMEO FRANCESCO SALERNO DOMENICO SALESI GIOVANNI SCHIATTARELLA VINCENZO SERGI PAOLO SGAMBELLONE MARIO TRIMBOLI VINCENZO TROPIANO VINCENZO TROPIANO FRANCESCO VITALE ANTONINO ZINGHINI‟ DOMENICO RUBINO CIRO BIFFI SIRO FRANCESCO DUCHINI DINO LO COCO GIUSEPPE MALLAMACE ANTONIO RECIDIVA SEMPLICE E SPECIFICA nei confronti di: GRILLO MICHELE VIOLI PASQUALE ZACCO ANTONINO 223 RECIDIVA SEMPLICE nei confronti di: CALABRO‟ FRANCESCO CERULLO PIETRO COLUCCIO GIUSEPPE GRASSO DOMENICO MARINO SALVATORE NUCARA ALESSANDRO PETRACHI ALESSANDRO SAFFIOTI VINCENZO STRANGIO FRANCESCO TRIMBOLI DOMENICO MAZZU SAVERIO AGRESTA ANTONIO CAMMARERI DOMENICO 224 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO n.443/93.21 1) Richieste finali del P.M. Foglio seguito N.1 Ud. 9/1/97 AGIL FUAT capi 64 e 64 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 di recl. e L.350 milioni di multa 2) AGOSTINO ROCCO GIUSEPPE capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa 3) AGRESTA ANTONIO capo 8 pena: anni 27 recl. capi 53. 54 e 70 unif. art.81/2 C.P. pena: anni 16 recl. e L.200 milioni di multa pena finale ex art.78 C.P.: anni 30 recl. e L.200 milioni multa 4) ALFONSI MARCO capo 205 previa correzione della aggravante contestata ex art. 74. II c. DPR 209/90 aggravante ex art. 80, II c. stesso DPR pena: anni 11 recl. e L.150 milioni di multa nella 225 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 5) Foglio seguito N.2 AMANTE ANTONINO capi 2 e 5 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 26 recl. (capo 5 anni 25 + 1 per capo 2) 6) AMANTE GIOVANNI capi 50, 51, 52 e 212 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. L.230 milioni multa 7) AMANTE PIETRO capi 1, 3, 4 e 5 unif. art.81/2 C.P. capo 4 anni 30 + anni 5 per ogni altro sequestro di persona = anni 45 capi 50, 51, 52 e 212 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. e 230 milioni multa pena finale ex art. 78 C.P: anni 30 recl. e L.230 milioni multa 8) AQUINO SALVATORE capi 59, 60 e 124/ter unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa 226 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 9) ATZENI GIAMPIERO capo 72 pena anni 12 recl. e L.120 milioni multa 10) BARBAGALLO SALVATORE capo 73 pena: anni 10 recl. e L.120 milioni multa 11) BARBARO DOMENICO capo 48 pena: ergastolo capo 23 pena: anni 14 recl. pena finale: ergastolo + isolamento diurno anni 1 e mesi 6 12) BARBARO GIUSEPPE cl.48 capi 1 e 5 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. (25 capo 5 + 5 capo 1) 13) BARBARO GIUSEPPE cl.59 capi 50, 51 e 69 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 20 recl. e L.230 milioni multa Foglio seguito N.3 227 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 14) Foglio seguito N.4 BARBARO GIUSEPPE cl.56 capi 48 e 49 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo + isolamento diurno anni 2 15) BIFFI SIRO attenuanti generiche equivalenti all‟aggravante contestata e alla capo 116 recidiva pena: anni 6 recl. e L.80 milioni multa 16) BISSONI FRANCO capo 75 17) pena: anni 13 recl. e L.170 milioni multa BOMBARA MICHELE capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa 18) BOMBARA NICOLINO capi 59, 60, 124 e 124/bis unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 27 recl. e L.300 milioni multa 228 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 19) BONANNO LUIGI capi 55, 56 e 229 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa 20) CALABRO‟ FRANCESCO capo 79/bis pena: anni 16 recl. e L. 200 milioni multa 21) CAMMARERI DOMENICO capo 195 pena: anni 13 recl. e L. 180 milioni multa 22) CARBONE DOMENICO capo 79 pena: anni 7 recl. e L. 80 milioni multa 23) CARBONE PASQUALE capi 104 (esclusa aggr. art. 74, I comma n.2 L. 685/75), 186, 187 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa Foglio seguito N.5- 229 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 24) Foglio seguito N.6 CAROLLO ANTONINO capi 55 e 56 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 17 recl. e L. 210 milioni multa 25) CARUSO ROBERTO capi 196 e 200 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 15 recl. e L. 200 milioni multa 26) CATANZARITI AGOSTINO capi 1, 2 e 5 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 35 recl. (anni 25 capo 5 + anni 5 per ciascuno degli altri reati) pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. capo 3 27) assoluzione ex art. 530, II comma, C.P.P. CELINI VINCENZO capi 80, 81 e 82 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. e L.230 milioni multa 28) CERULLO PIETRO capi 50, 51, 57, 58, 68 e 69 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. e L.230 milioni multa 230 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 29) Foglio seguito N.7 CIAMPA ANTONIO capi 83 e 209 con la precisazione, in rif. al capo 83, che i fatti devono intendersi commessi dagli inizi del 1984 sino ad epoca prossima 24.10.84 al unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 9 recl. e L.120 milioni ulta assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al capo 83 nella parte in cui sono stati contestati fatti avvenuti da epoca successiva al 24.10.84 sino alla estate del 1990 30) CODISPOTI GIOVANNI capo 174 precisato nel senso che i fatti contestati devono intendersi verificati “dal 1987 al 1989” pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa assoluzione per fatti commessi tra il 1984 ed epoca antecedente e prossima al 1987 perchè il fatto non sussiste ed analogamente per fatti commessi in epoca successiva al 1989 31) COLUCCIO GIUSEPPE capi 59, 60, 124, 124/bis e 124/ter unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa 32) CORNIGLIA FEDERICO capo 5 pena: anni 27 recl. capo 99 pena: anni 7 recl. e L. 90 milioni multa pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 90 milioni multa 231 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 33) Foglio seguito N.8 D‟ANGELO ANIELLO capo 89 pena: anni 13 recl. e L.180 milioni di multa 34) DISCEPOLO LUIS VINCENT capo 2 35) pena: anni 22 recl. DUCHINI DINO capi 176 e 188 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 13 recl. e L. 180 milioni multa 36) ESPOSITO GIUSEPPE capo 175 37) pena: anni 9 recl. e L. 100 milioni multa FERRARO ANTONIO capo 91 pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa 38) FERRERO WALTER capo 5 capo 94 capi 93 e 96 pena finale pena: anni 27 recl. pena: anni 6 recl. e L. 80 milioni multa unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 230 milioni multa 232 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 39) FONTANA VINCENZO capi 100 e 100/bis unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa 40) FRANCHETTI ALESSANDRO capi 144 e 171 41) unif. art. 81/2 C.P. attenuanti generiche prev. su recidiva pena: anni 4 recl. e L. 20 milioni multa GIRGENTI GASPARE capi 55 e 56 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. e L. 170 milioni multa 42) GRASSO DOMENICO capo 101 pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa 43) GRASSO GIOVANNI capo 101 pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa 44) capo 1 GRILLO MICHELE pena: anni 21 recl. Foglio seguito N.10 233 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 45) Foglio seguito N.11 INZAGHI MARIO capi 1, 2, 5, 6 e 7 unif. art. 81/2 C.P. p.b. anni 25 recl. in rif. reato sub 5 - atto.630/5 C.P. = anni 9 - att. gentile. = anni 6 + cont. = anni 9 - art. 442 C.P.P. = anni 6 pena: anni 6 recl. per gli omicidi che seguono deve intendersi applicata la disposizione di cui all‟art.8 Legge 12.7.91 n.203 (ergastolo = pena da anni 12 ad anni 20) nonchè la concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti e la ulteriore riduzione di un terzo ex art. 442 C.P.P. capi 10, 11 e 12 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (12 - 8 + cont. = 9 - 442 CPP = 6) capi 15, 16 e 17 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra). capi 26 e 27 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) il capo 27 deve intendersi riferito al porto e alla detenzione di una sola pistola cal. 7,65 con conseguente assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al porto e alla detenzione della seconda pistola in contestazione capi 50, 51, 57, 61, 69, 79, 84, 85, 98, 142, 146, 158, 180, 181, 159, 192 e 193 unif. art. 81/2 C.P. attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti attenuanti di cui al 7° comma degli artt. 73 e 74 del DPR 309/90 234 reati da porsi, quindi, in continuazione con la pena definitiva di cui alla sentenza emessa in data 3.4.90 dalla Corte d‟Appello di Milano pari ad anni 8 di recl. e L. 15 milioni di multa, con rideterminazione, quindi, della pena complessiva pari ad anni 10 di reclusione e con aumento della pena pecuniaria nei limiti minimi di legge capi 169, 179, 182, 183, 184, 185, 190 e 191 concesse le attenuanti generiche da giudicarsi prevalenti sulle contestate aggravanti, reati estinti per prescrizione penale finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e pena pecuniaria determinata come sopra 235 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 46) Foglio seguito N.12 IOFRIDA LEONE capo 164 precisato nel senso che i fatti contestati devono intendersi verificati “da epoca antecedente e prossima al 1988 sino ad antecedente e prossima alla estate del 1990” epoca pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste per i fatti commessi da epoca prossima al 1984 sino ad epoca antecedente è prossima al 1988 47) LA ROSA GAETANO capi 55 e 56 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa 48) LENA GIULIO capo 71 pena: anni 16 recl. e L. 60 milioni multa 49) LO COCO GIUSEPPE capo 201 attenuanti generiche pena: anni 6 recl. e L. 60 milioni multa 50) LOMBARDO GIULIO ANTONINO capi 36 e 37 unif. art.81/2 C.P. pena: ergastolo + isolamento diurno anni 2 236 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 51) Foglio seguito N.13 LOPEZ PATINO capo 105 pena: anni 12 recl. e L. 160 milioni multa 52) LO PRETE NICOLA capi 106, 113 e 231 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 e mesi 6 recl. e L.280 milioni multa 53) MAIOCCHI ROBERTO capo 199 + altra imputazione contestata con autonomo decreto di rinvio a giudizio unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 16 recl. e L. 210 milioni multa 54) MAIOLO PASQUALE capo 107 pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa 55) MALLAMACE ANTONIO capo 195 pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa 56) MAMMOLITI DOMENICO cl.68 57) MAMMOLITI DOMENICO cl.62 58) MAMMOLITI ROCCO 59) MAMMOLITI SEBASTIANO 75) NIRTA GIUSEPPE 237 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO capo 108 Foglio seguito N.14 con la precisazione che i fatti devono intendersi verificati tra la fine del 1987 ad epoca antecedente e prossima l‟estate del 1990 pene: per MAMMOLITI DOMENICO cl.68 MAMMOLITI DOMENICO cl.62 NIRTA GIUSEPPE e MAMMOLITI ROCCO per ciascuno: anni 12 recl. e L.150 milioni multa per MAMMOLITI SEBASTIANO: anni 14 recl. e L.180 milioni multa per tutti: assoluzione perchè il fatto non sussiste in relazione ai fatti contestati al capo 108 come avvenuti tra epoca prossima al 1984 ed epoca prossima alla fine del 1987 60) MANCUSO GIANFRANCO capo 109 61) pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa MARINO SALVATORE capi 80, 81 e 82 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. e L. 230 milioni multa 62) MAZZU‟ SAVERIO capo 173 pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa 63) MEDI EMANUELE capi 113 e 231 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L. 270 milioni multa 238 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 64) Foglio seguito N.15 MIRABELLA GIUSEPPE capo 114 pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa 65) MOLLUSO FRANCESCO capi 1, 2 e 9 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 35 (25 per capo 2 + 5 anni per ciascuno degli altri due reati) capi 53, 54 e 112 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa penale finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 250 milioni multa 66) MORABITO SAVERIO capi 1, 2, 4, 5, 6 e 7 p.b. anni 30 reato sub 4 - 2/3 ex art. 630/5 C.P. = anni 10 - attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti = anni 7 + anni 1 per ciascuno degli altri reati di cui sopra = anni 12 - rid. ex art. 442 C.P.P. = anni 8 capo 8 p. b. 27 630/5 C.P. = 9 - att. gentile. = 6 - art. 442 CPP = anni 4 Per tutti gli omicidi che seguono deve intendersi applicata la disposizione di cui all‟art.8 Legge 12.7.91 n.203 (ergastolo = pena da anni 12 a 20) nonchè la concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti e la ulteriore riduzione di un terzo art. 442 C.P.P. 239 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.16 capi 10, 11 e 12 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (12 - 8 + cont. = 9 - 442 CPP = 6) capi 15, 16 e 17 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) capi 18, 19 e 20 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) 23, 24, 25, 26 e 27 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) il capo 27 deve intendersi riferito al porto e alla detenzione di una sola pistola cal 7.65 con conseguente assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in relazione al porto e alla detenzione della seconda pistola in contestazione capo 28 pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra) capi 31, 32 e 33 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 (come sopra) capi 34 e 35 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) capo 36 pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra) capi 38, 39 e 40 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) capi 41, 42, 43, 44, 45 e 46 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 6 recl. (come sopra) capo 48 pena: anni 5 e mesi 4 recl. (come sopra) 240 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.17 capi 50, 51, 57, 58, 61, 62, 63, 67, 69, 79, 84, 85, 95, 133, 142, 146, 158, 159, 160, 166, 180, 181, 192 e 193 unif. art. 81/2 C.P. attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti attenuanti di cui al 7° comma degli artt. 73 e 74 del DPR 309/90 pena: anni 2 e mesi 4 recl. da porsi in continuazione con la condanna definitiva ad anni 12 e mesi 6 recl. di cui alla sentenza emessa in data 28.5.1992 dalla Corte d‟Appello di Brescia. Con rideterminazione, quindi, della pena complessiva in anni 15 di reclusione ed un aumento nel minimo consentito della pena pecuniaria inflitta nella sentenza di cui sopra (pari a L.120 milioni di multa). capi 90, 169, 179, 182, 183, 184, 185, 190 e 191 concesse le attenuanti generiche da giudicarsi prevalenti sulle contestate aggravanti, reati estinti per prescrizione penale finale, ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e pena pecuniaria determinata come sopra 241 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 67) Foglio seguito N.18 MOSCARDI GIANFRANCO capi 50, 51 e 69 unif. art. 81/2 C.P. attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante capo 51 e recidiva pena: anni 8 recl. e L. 80 milioni multa 68) MOSCARDI GIULIANO capo 115 pena: anni 13 recl. e L. 170 milioni multa 69) MUFATO ANGELO capo 8 pena: anni 25 recl. capo 66 pena: anni 2 e mesi 4 recl. e L. 2 milioni multa capi 84, 85, 116 e 189 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. e L. 170 milioni multa capo 192 pena: anni 7 recl. e L. 2 milioni multa pena finale, ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 174 milioni multa 70) MUSCIO MARIO capi 1 e 90 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 22 recl. capi 117, 118, 182, 190 e 225 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 18 recl. e L. 239 milioni multa pena finale, ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 230 milioni multa 242 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 71) Foglio seguito N.19 MUSICO‟ ANTONINO capi 78, 120 e 228 con la precisazione, per il capo 120, che i fatti devono intendersi commessi in epoca compresa tra il 31.7.86 ed epoca prossima al maggio 1988 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in relazione al capo 120 in riferimento ai fatti contestati e compresi nel periodo di tempo tra epoca prossima al 1984 al 21.6.1985 72) MUSITANO ANTONIO capi 53, 54, 70, 208, 210, 211, 216 e 217 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 28 recl. e L.350 milioni multa 73) MUZZUPAPPA GIUSEPPE capo 121 con la precisazione che i fatti devono intendersi commessi in epoca compresa tra il 1987 ed epoca prossima all‟8.7.1988 pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa assoluzione, perchè il fatto non sussiste, in riferimento alle condotte contestate e comprese, nel capo 121, da epoca prossima al 1984 sino ad epoca prossima al 1987 74) NIRTA ANTONIO capi 1 e 2 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. 75) NIRTA GIUSEPPE v. sub n.56 e segg. (MAMMOLI DOMENICO cl. 68 e altri) 243 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 76) Foglio seguito N.20 NUCARA ALESSANDRO capo 36 pena: ergastolo con isolamento diurno per anni 2 capo 76 con la precisazione che i fatti contestati devono intendersi verificati da epoca successiva e prossima al 27.6.85 sino ad antecedente e prossima alla estate del 1990 epoca pena: anni 15 recl. e L. 180 milioni multa penale finale ex art. 78 C.P.: ergastolo con isolamento diurno per anni 2 e L.180 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al capo 76 per gli episodi compresi tra epoca prossima al 1984 ed epoca antecedente e prossima al 27.6.85 77) ORIO UMBERTO capo 166 attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti pena: anni 1 e mesi 6 recl. e L. 5 milioni multa 79) PAOLUCCI ANTONIO capi 206 e 233 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 10 recl. e L.130 milioni multa previa correzione della erronea indicazione della aggravante ex art. 74, II comma DPR 309/90 in luogo della aggravante ex art. 80, II comma, dello stesso DPR in riferimento al capo 206 244 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 80) Foglio seguito N.21 PAPALIA ANTONIO capo 34 pena: ergastolo e isolamento diurno anni 2 capo 36 pena: ergastolo e isolamento diurno anni 2 capo 179 pena: anni 7 recl. e L. 5 milioni multa capi 50, 51, 53, 54, 69, 70, 208, 217 e 220 unif. art. 81/2 C.P. unitamente alla imputazione di cui al procedimento riunito trasmesso dalla AG di Verbania pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 2 e L. 405 milioni di multa 81) PAPALIA DOMENICO capi 1 e 2 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. capo 23 capo 26 pena: anni 14 recl. pena: ergastolo con isolamento diurno anni 2 capi 53, 54 e 70 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno anni 2 e L. 400 milioni multa 82) PAPALIA GIUSEPPE capi 53, 54 e 70 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 13 recl. e L. 150 milioni multa 245 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 83) Foglio seguito N.22 PAPALIA ROCCO capi 1, 2, 3, 4 e 5 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 50 recl. (anni 30 capo 4 + anni 5 per ciascun altro reato) capi 53, 54, 70 e 208 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.400 milioni multa pena finale, ex art.73/2 C.P.: ergastolo, con isolamento diurno anni 1 e L. 400 milioni multa 84) PARISI ANTONIO capo 8 pena: anni 26 recl. capi 50, 51, 57, 58, 69 e 160 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 23 recl. e L. 250 milioni multa pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 250 milioni multa 85) PARISI DOMENICO capi 53, 54, 70, 210 e 211 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 25 recl. e L. 300 milioni multa 86) PEDRANI ROBERTO capi 126 e 127 unif. art. 81/2 C.P. pena: ani 18 recl. e L. 230 milioni multa 246 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 87) Foglio seguito N.23 PELLIZZERI BIAGIO capi 203 e 204 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 10 recl. e L. 130 milioni multa 88) PERRE FRANCESCO capi 53, 54 e 70 unif. art. 81/2 C.P. unitamente alla imputazione di cui al procedimento riunito trasmesso dalla AG di Verbania pena: anni 18 recl. e L. 200 milioni multa 89) PETRACHI ALESSANDRO capo 130 90) pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa PETRACHI LEONARDO capo 130 91) pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa PISANI SAVERIO ROSARIO capo 167 da precisarsi nel senso che i fatti commessi devono intendersi commessi da epoca prossima al 1989 sino all‟epoca prossima al 14.2.90 pena: anni 10 recl. e L. 120 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste per i fatti contestati come commessi nel periodo compreso tra epoca antecedente e prossima al 1984 sino ad epoca antecedente e prossima al 1989 92) PIZZATA GIOVANNI capi 48 e 49 unif. art. 91/2 C.P. pena: ergastolo con isolamento diurno anni 1 247 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO capo 222 Foglio seguito N.24 pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa pena finale: ergastolo con isolamento diurno anni 1 e L. 150 milioni di multa 93) PORRO CARLO capo 197 attenuanti generiche pena: anni 7 recl. e L. 100 miloni multa 94) PUGLISI CARMELO capo 161 da precisarsi nel senso che i fatti devono intendersi commessi da epoca prossima alla fine del 1987 - inizi del 1988 sino ad epoca prossima all‟1.4.1989 pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento ai fatti contestati e compresi tra il 1984 ed epoca prossima alla fine del 1987 95) PUMA MASSIMILIANO capo 130 96) pena: anni 10 recl. e L. 100 milioni multa QUARTUCCIO LUIGI capo 131 pena: anni 11 recl. e L. 120 milioni multa 248 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 97) Foglio seguito N.25 RECHICHI DIEGO capi 53, 54 e 70 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 25 recl. e L. 300 milioni di multa 98) ROMEO FRANCESCO capo 160 pena: anni 6 recl. 99) ROMEO GIUSEPPE capi 59, 60, 124 e 124/bis unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 22 recl. e L. 260 milioni multa 100) RUBINO CIRO capo 97 pena: anni 23 recl. e L. 260 milioni multa 101) SAFFIOTTI VINCENZO capi 18, 19 e 20 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo con isolamento diurno anni 1 capi 23, 24 e 25 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. capi 92, 132, 133, 190, 191 e 232 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L. 250 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno anni 1 e multa di L. 250 milioni capi 34 e 35: assoluzione ex art. 530, II comma, C.P.P. 249 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.26 102) SALERNO DOMENICO capo 165 pena: anni 12 recl. e L. 150 milioni multa 103) SALESI GIOVANNI capi 134, 135 e 135/bis unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 26 recl. e L. 300 milioni multa 104) SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA capo 136 + altra imputazione contestata con autonomo decreto di rinvio a giudizio con la precisazione, in riferimento alla imputazione di cui al capo 136, che i fatti intendersi commessi fino al 1988 devono unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 13 recl. e L. 160 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al reato di cui al capo 136 in riferimento ai fatti contestati come avvenuti in epoca successiva al 1988. 105) SARACENO VINCENZO capo 26 art. 8 L. 12.7.1991 n.203 + attenuanti generiche + riduzione ex art. 442 C.P. = anni 12 ridotti ad anni 9 e quindi ad anni 6 recl. pena finale: anni 6 recl. 250 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.27 106) SCHIATTARELLA VINCENZO capi 55 e 56 unific. art. 81/2 C.P. pena: anni 16 recl. e L. 180 milioni multa 197) SCOLLO AGATINO MAURIZIO capo 13 esclusa aggravante della premeditazione pena: anni 9 recl. capi 138, 139, 140 con la precisazione che i fatti di cui ai capi 138 e 139 devono intendersi commessi da epoca prossima la settembre del 1988 epoca prossima alla estate del 1990 sino ad con la ulteriore precisazione che i fatti di cui al capo 140 devono intendersi commessi con la esclusione del periodo compreso tra il 20.11.84 ed il 27.9.88. unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 22 recl. e L. 260 milioni multa capi 182 e 183 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 8 recl. e L. 3 milioni multa pena finale ex art. 78 C.P.: anni 30 recl. e L. 263 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento ai capi 138 e 139 per i fatti contestati come avvenuti da epoca prossima al 1985 sino ad epoca prossima al settembre del 1988 assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento al capo 140 per i fatti contestati come avvenuti tra il 20.11.84 ed il 27.9.88. 251 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.28 108) SERGI FRANCESCO cl.56 capi 4 e 5 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 35 recl. (30 capo 4 + 5 anni capo 5) capo 8 pena: anni 28 recl. capi 10, 11 e 12 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capo 14 pena: ergastolo capi 28, 29 e 30 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capo 31 pena: ergastolo capo 34 pena: ergastolo capo 36 pena: ergastolo capo 38 pena: ergastolo capi 41, 44, 46 unif. art. 81 cpv. C.P. pena: ergastolo capo 48 pena: ergastolo capi 50. 51, 57, 58, 59, 60. 61, 67, 69, 84, 142, 160, 166, 182 e 183 unif art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L.400 milioni di multa capo 179 assoluzione ex art. 530, II comma, C.P.P. 252 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.29 109) SERGI FRANCESCO cl.68 capi 38, 39 e 40 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 143 e 143/bis unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. e L. 180 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 1 e mesi 6 e L. 180 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento alla imputazione di cui al capo 157 nella parte in cui sono contestati fatti commessi da epoca successiva al 1989 sino alla estate del 1990 253 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 111) Foglio seguito N.30 SERGI PAOLO capo 8 pena: anni 28 recl. capo 10 pena: ergastolo capo 31 pena: ergastolo capo 34 pena: ergastolo capo 36 pena: ergastolo capo 38 pena: ergastolo capi 41, 44 e 46 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capo 48 pena: ergastolo capi 50, 51, 57, 58, 59, 60, 61, 69 e 166 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L. 400 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L. 400 milioni multa 112) SERGI SAVERIO capi 38, 39 e 40 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 41, 42 e 43 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 50, 51, 57, 58, 59, 60, 61 e 166 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 23 recl. e L. 250 milioni multa i fatti di cui ai capi 40, 51, 61 e 69 devono intendersi commessi dal 4.2.86 (essendo l‟imputato minorenne prima di tale data) 254 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.31 pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 1 e mesi 8 e L. 250 milioni di multa 113) SGAMBELLONE MARIO capo 107 pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa 114) SONMEZ MUSTAFA‟ capi 64 e 65 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 30 recl. e L.350 milioni multa 115) STRANGIO FILIPPO capo 145 pena: anni 13 recl. e L.170 milioni multa 116) STRANGIO FRANCESCO capo 2 pena: anni 21 recl. 117) TOMASELLO SANTO capo 147 pena: anni 9 recl. e L.110 milioni multa 118) TRICHILO ANTONIO capo 1 pena: anni 10 in continuazione con la pena definitiva già comminatagli dalla AG di Milano nel processo per il sequestro di SCALARI GIUSEPPE (v. sentenza della Corte d‟Appello di Milano dell‟11.12.81 con la quale veniva condannato alla pena di anni 16 di reclusione e L.1.600.000 di multa) con rideterminazione della pena in complessivi anni 26 di reclusione ed aumento di L. 1 milioni per la pena pecuniaria. 255 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO 119) TRIMBOLI DOMENICO cl.61 capi 92 e 148 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 15 recl. e L.190 milioni multa 120) TRIMBOLI DOMENICO cl.59 capi 53, 54, 70 e 230 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 21 recl. e L.250 milioni multa 121) TRIMBOLI FRANCESCO capi 5 pena: anni 27 recl. capi 18, 19 e 20 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 21 e 22 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 14 recl. capi 28, 29 e 30 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 31, 32 e 33 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 34 e 35 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 36 e 37 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo capi 41, 42 e 43 unif. art. 81/2 C.P. pena: ergastolo Foglio seguito N.32 256 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.33 capi 50, 51, 59, 60, 61, 69, 182, 183, 226 e 227 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 28 recl. e L.380 milioni multa pena complessiva: ergastolo con isolamento diurno per anni 3 e L.380 milioni di multa 122) TRIMBOLI VINCENZO capi 150 pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa 123) TROPIANO FRANCESCO capi 151 pena: anni 14 recl. e L.180 milioni multa 124) VIOLI ANTONIO capi 53, 54, 70, 210, e 211 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 25 recl. e L.300 milioni multa 125) VIOLI PASQUALE capi 153 e 219 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 12 recl. e L.150 milioni multa 126) VIOLI SALVATORE capo 123, pena: anni 6 recl. e L.2 milioni multa 127) VIRGILLITO GAETANO capo127 pena: anni 10 recl. e L.120 milioni multa 257 PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO Foglio seguito N.34 128) VITALE ANTONINO capo 154 pena: anni 20 recl. e L.240 milioni multa 129) ZACCO ANTONINO capo 5 pena: anni 28 recl. capi 55, 56 e 155 unif. art. 81/2 C.P. pena: anni 23 recl. e L.280 milioni multa 130) ZAPPIA VINCENZO capo 156 pena: anni 13 recl. e L.160 milioni multa 131) ZAVETTIERI DOMENICO capo 157 con la precisazione che i fatti devono intendersi commessi sino al 1989 pena: anni 14 recl. e L.170 milioni multa assoluzione perchè il fatto non sussiste in riferimento alla parte di contestazione di cui al capo 157 ove sono contestati fatti commessi da epoca successiva al 1989 sino alla estate del 1990 258 - Richiesta, altresì, di applicazione della misura della interdizione dai pubblici uffici temporanea o perpetua a seconda delle ipotesi previste dalla legge. - Richiesta di confisca di tutti i beni di cui al decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. di Milano in data 4.5.1994 n.1707/93-443/93 di cui ai voll. 176, 177 produzione P.M. ovvero, in subordine, emissione di sequestro conservativo, sui beni de quibus, a garanzia delle spese di giustizia. - Richiesta di riemissione di provvedimento di cattura nei confronti dei seguenti imputati e per i capi di imputazione che si specificheranno, in considerazione della eccezionale gravità dei fatti e della ritenuta sussistenza dei cd. “pericula libertatis” ex art.274 C.P.P. e tenuto anche conto della estrema pericolosità sociale delle persone de quibus quale desumibile dagli altri reati già ascritti nel presente procedimento, dai precedenti penali, dal comprovato loro inserimento in contesti criminali di primaria rilevanza e dal certo ripristino di legami operativi, in senso malavitoso, laddove posti in libertà: 1) PAPALIA DOMENICO rif. capi nn. 1 e 2 2) PAPALIA ROCCO 3) AMANTE ANTONINO rif. capo n.2 4) SERGI GIUSEPPE rif. capo 34 5) SERGI FRANCESCO rif. capo 44 6) TRIMBOLI FRANCESCO rif. capi 59 e 60 7) STRANGIO FRANCESCO rif. capo 2. rif. capo n.1 IL SOST. PROCURATORE REPUBBLICA (Dott. ALBERTO NOBILI) Milano 9/1/97 LETTA ALL‟UDIENZA SOPRA INDICATA DELLA 259 Conclusioni difensive per AGIL FUAT avv. D. MARTINI: Assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub solo partecipazione, att. gen. minimo pena. per AGOSTINO ROCCO avv. T. GURRADO e F. LO IACONO Assoluzione con formula piena, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in ulteriore sub continuazione con sent. Trib. Locri del 22.12.93. per AGRESTA ANTONIO avv. G. PECORELLA e A. VENETO: Per sequestro CASELLA: assoluzione per non aver commesso il fatto, per droga: assoluzione con formula piena. per ALFONSI MARCO avv. A. TROFINO: Assoluzione quanto meno ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub rito abbreviato, att. gen. per AMANTE ANTONINO avv. C. VALNEGRI; Assoluzione per non aver commesso il fatto o quanto meno ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub favoreggiamento, abbreviato, att. gen. minimo pena. per AMANTE GIOVANNI avv. M. SARNO: Assoluzione con formula piena, in sub art. 649 c.p.p., in sub escluse aggravanti, normativa del 1990, con sent. C.A. Cagliari del 3.2.94. rito continuazione 260 per AMANTE PIETRO avv. S. ONESTI e J. PENSA: per droga: assoluzione con formula piena, in sub rito abbreviato; per sequestri: assoluzione per non aver commesso il fatto. per AQUINO SALVATORE avv. G. LUPIS: assoluzione con formula piena. per ATZENI GIAN PIERO avv. K. KOLAKOWSKA: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto per BARBAGALLO SALVATORE avv. G. SILIATO: n.d.p. per morte del reo. per BARBARO DOMENICO avv. A. BARTOLO e S. FURFARO: assoluzione con formula piena, per BARBARO GIUSEPPE (cl.48) avv. G. PECORELLA e A. SPEZIALE: assoluzione con formula piena in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per BARBARO GIUSEPPE (cl.56) avv. A. BARTOLO: assoluzione per non aver commesso il fatto. per BIFFI SIRO avv. S. RENNA: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. 261 per BISSONI FRANCO avv. R. CILIA: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen., minimo pena. per BOMBARA NICOLINO avv. D. CARTOLANO e G. TROPEANO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per BONANNO LUIGI avv. V. CHIUSANO e L. TERRANOVA: per capi 55 - 56: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, per capo 229: n.d.p. per prescrizione. per CALABRO‟ FRANCESCO avv. F. LO GIUDICE: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub continuazione con sent. 2479/92, minimo pena. per CAMMARERI DOMENICO avv. M. CONTINIELLO: 80 L. stup., att. gen. assoluzione ex art. 530 c.p.p., in sub escluso art. 262 per CARBONE DOMENICO avv. G. D‟AMATO: assoluzione quanto meno ex art.530 2° co. c.p.p. per CARBONE PASQUALE avv. S. ONESTI per capo 104: assoluzione perchè il fatto non sussiste; per capi 186 - 187 - 214: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub esclusa l‟ingente quantità, att. gen. minimo pena. per CAROLLO ANTONINO avv. V. CHIUSANO e F. PAOLA: art. 649 c.p.p.; in sub assoluzione perchè il fatto non sussiste; in sub att. gen., continuazione con sent. Palermo, escluso art. 74 D.L. 309/90. per CARUSO ROBERTO avv. D. MARTINI: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen., minimo pena. per CATANZARITI AGOSTINO avv. S. ONESTI: per CELINI VINCENZO avv. M. D‟AGOSTINO: c.p.p. per CERULLO PIETRO avv. G. D‟AMELIO: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. assoluzione quanto meno ex art. 530 2° co. att. gen., rito abbreviato, minimo pena. Trib. 263 per CIAMPA ANTONIO avv. A. RANIELI: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen., minimo pena, continuazione con sent. C. Appello. per CODISPOTI GIOVANNI avv. F. MOBILIO: assoluzione perchè il fatto non sussiste. per COLUCCIO GIUSEPPE avv. F. LO IACONO e T. GURRADO: assoluzione con formula piena, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub continuazione con sent. Trib. Locri del 22.12.93. per CORNIGLIA FEDERICO avv. I. CHIESA e G. ESCOBEDO: per capo 5: assoluzione per non aver commesso il fatto; per capo 99: assoluzione perchè il fatto non sussiste. per D‟ANGELO ANIELLO avv. S. ONESTI: assoluzione quanto meno ex art.530 2° co. c.p.p. per DISCEPOLO LUIS VINCENT avv. G. BOSCO: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato. per DUCHINI DINO avv. V. MINASI: assoluzione per non aver commesso il fatto. per ESPOSITO GIUSEPPE avv. D. MARTINI: n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione con precedenti condanne già passate in giudicato. 264 per FERRARO ANTONIO avv. E. PECORA: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per FERRERO WALTER avv. V. EPIFANI e S. ONESTI: per capo 5: assoluzione per non aver commesso il fatto; per capi 93 - 94 - 96: assoluzione per non aver commesso il fatto. per FONTANA VINCENZO avv. V. MINASI: assoluzione per non aver commesso il fatto. per FRANCHETTI ALESSANDRO avv. T. SCULCO: art. 8 L. 203/91 o art. 73 7° co. L. 309/90, att. gen., prevalenti, continuazione minimo pena. per GIRGENTI GASPARE avv. E. BARBETTA: già giudicato (sent. 26.2.88 C. App. Milano), in sub assoluzione perchè il fatto non sussiste. per GRASSO DOMENICO avv. A. VENETO: assoluzione con formula piena. per GRASSO GIOVANNI avv. R. CONSOLE: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub assoluzione per i reati commessi nel periodo 1986/87 e nel marzo 89/90; applicazione della disciplina sugli stupefacenti del 1990; continuazione con sent. C. App. Torino del 20.9.94. per GRILLO MICHELE avv. J PENSA: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub esclusione della recidiva. 265 per INZAGHI MARIO avv. M. PELLICIOTTA: vedi allegato. per IOFFRIDA LEONE LUIGI avv. A. CHIZZONITI: assoluzione con formula piena. per LA ROSA GAETANO avv. F. STIVALA: assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste. per LENA GIULIO avv. A. BAZZONI: assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen., minimo pena. per LO COCO GIUSEPPE avv. F. RESTIVO: per LOMBARDO GIULIO ANTONINO avv. G. FINO e K. KOLAKOWSKA: assoluzione per non aver commesso il fatto. assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per LOPEZ PATINO SERGIO avv. A. BAZZONI: assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen., minimo pena. per LO PRETE NICOLA avv. G. FIORELLA assoluzione per non aver commesso il fatto. per MAIOCCHI ROBERTO avv. I. CHIESA: assoluzione con formula piena. 266 per MAIOLO PASQUALE avv. M. IAVICOLI e F. CASTELLANO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub continuazione con sent. 35/92 Trib. Casale Monferrato, att. gen., rito abbreviato. per MALLAMACE ANTONIO avv. S. STIVALA: gen., esclusa aggravante. assoluzione con formula piena, in sub att. per MAMMOLITI DOMENICO( cl.68) avv. R. ADAMO: assoluzione con formula piena, in sub att. gen., esclusa aggravante, minimo pena. per MAMMOLITI DOMENICO (cl. 62) avv. S. FURFARO e E. LO GIUDICE: assoluzione ex art. 539 2° co. c.p.p. per MAMMOLITI ROCCO avv. E. LO GIUDICE: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per MAMMOLITI SEBASTIANO avv. R. ADAMO: assoluzione con formula piena, in sub att. gen., escluse aggravanti, minimo pena. per MANCUSO GIANFRANCO avv. E. TORELLI: per MARINO SALVATORE avv. A. BAZZONI: 81: minimo pena. assoluzione perchè il fatto non sussiste. assoluzione con formula piena, in sub solo capo 267 per MAZZU‟ SAVERIO avv. A. FAVARATO: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per MEDICI EMANUELE avv. I. CHIESA: assoluzione con formula piena, in sub continuazione con sent. C. App. Bari. per MIRABELLA GIUSEPPE avv. C. PALUMBO: atti al P.M. ex art. 512 3° co. c.p.p., in sub assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste. per MOLLUSO FRANCESCO avv. C. CICCIO‟ e C. PECORA: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen. prevalenti, rito abbreviato, minimo pena. per MORABITO SAVERIO avv. G. L. MARIS: vedi allegato. per MOSCARDI GIANFRANCO avv. N. ARGENTO: assoluzione con formula piena, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub att. gen., minimo pena. per MOSCARDI GIULIANO avv. C. SHAMMAH: n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione con sent. GI? Milano n.386/88. per MUFATO ANGELO avv. S. RENNA: assoluzione per non aver commesso il fatto. prevalenti, 268 per MUSCIO MARIO per i capi 1 - 90 - 182 - 190 - 225: assoluzione con formula piena; per i capi 117 - 118: minimo pena, in abbreviato. per MUSICO‟ ANTONIO avv. F. STIVALA: minimo pena; assoluzione con formula piena, in sub att. gen., per MUSITANO ANTONIO avv. A. CILLARIO: assoluzione perchè il fatto non sussiste, in sub per i capi 53 - 54: att. gen., minimo pena. per MUZZUPAPPA GIUSEPPE avv. E. CORSI: n.d.p. ex art. 649 c.p.p., in sub continuazione con sent. Trib. Reggio Emilia, condono 394/90. per NIRTA ANTONIO avv. A. GIOVENE: assoluzione con formula piena. per NIRTA GIUSEPPE avv. E. LO GIUDICE: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per NUCARA ALESSANDRO avv. M. D‟AGOSTINO e G. MADIA: assoluzione con formula piena. per ORIO UMBERTO avv. G.L. MARIS: vedi allegato. per PAOLUCCI ANTONIO avv. C. PECORA: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen., escluse aggravanti, minimo pena. sub rito 269 per PANAIA ANTONIO avv. S. SCUTO: assoluzione con formula piena. per PAPALIA ANTONIO avv. A. MARTUCCI e D. RIPAMONTI: per capi 34 - 36: assoluzione con formula piena; per art. 416 bis c.p. e 75 L. stup.: assoluzione perchè il fatto non sussiste; per omicidi e rapine: assoluzione per non aver commesso il fatto; per i reati di droga: assoluzione perchè il fatto non sussiste; in sub per tutti i reati: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per PAPALIA DOMENICO avv. G. NUCERA e C. TAORMINA: assoluzione per non aver commesso il fatto. per PAPALIA GIUSEPPE avv. L. COLALEO e A. MANAGO‟: assoluzione per non aver commesso il fatto. per PAPALIA ROCCO avv. C. TAORMINA e F. PISCOPO: assoluzione con formula piena. per PARISI ANTONIO avv. U. GIANNANGELI: assoluzione per non aver commesso il fatto. per PARISI DOMENICO avv. N. AMATO e R. BRAMBILLA assoluzione con formula piena o quanto meno ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub assoluzione per i reati di associazione. 270 per PEDRANI ROBERTO avv. A. BAZZONI: assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen., minimo pena, benefici. per PELLIZZERI BIAGIO avv. A. AUGIMERI e F.SARNO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub assoluzione per art.80 L. 309/90. per PERRE FRANCESCO avv. P. MARRAPODI: assoluzione perchè il fatto non sussiste, in sub escluso art. 416 bis c.p., att. gentile., minimo pena. per PETRACHI ALESSANDRO avv. D. BOLOGNESI: assoluzione per non aver commesso il fatto in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per PISANI SAVERIO ROSARIO avv. M. CAMINADA: assoluzione per non aver commesso il fatto. per PIZZATA GIOVANNI avv. S. FURFARO: assoluzione con formula piena. per PORRO CARLO avv. E. TORELLI: assoluzione perchè il fatto non sussiste. 271 per PUGLISI CARMELO avv. L. COLALEO: assoluzione per non aver commesso il fatto. per PUMA MASSIMILIANO avv. B. COLALEO assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub att. abbreviato, escluse 3 persone. per QUARTUCCIO LUIGI avv. G. CORNALBA: gen., art. 73 n.5 L. stup. per RECHICHI DIEGO avv. L. BORELLI e P. PANTANO: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, minima partecipazione, gen., rito abbreviato, minimo pena, benefici. per ROMEO FRANCESCO avv. E. BRUNI: rito att. assoluzione con formula piena, in sub att. gen. per ROMEO GIUSEPPE avv. D. CARTOLANO e A. GERACE: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub solo partecipazione; per episodio di spaccio: con formula piena, in sub att. gen., art. 114 c.p. assoluzione 272 per RUBINO CIRO avv. A. BAZZONI: sub att. gen. assoluzione per non aver commesso il fatto in per SAFFIOTTI VINCENZO avv. S. STIVALA: assoluzione con formula piena, in sub assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. per SALERNO DOMENICO avv. S. STIVALA: n.d.p. per morte del reo. per SALESI GIOVANNI avv. M. MURGO: assoluzione con formula piena, in sub att. gen., escluse aggravanti, minimo pena (per capi 134 - 135); per capo 135 bis: art. 649 c.p.p. per SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA avv. R. ZAPPARRATA: assoluzione con formula piena. per SARACENO VINCENZO avv. A. CALIRI e G. SPERANDEO: co. c.p.p. per SCHIATTARELLA VINCENZO avv. E. LEPRE: n.d.p. ex art. 54 3° co. c.p.p. e art. 530 1° e 3° assoluzione con formula piena. per SCOLLO AGATINO MAURIZIO avv. M. MURGO: per capi 13 - 182 - 183: assoluzione per non aver commesso il fatto; per capi 138 - 139 140 - 141: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. 273 per SERGI FRANCESCO (cl.56) avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o perchè il fatto non sussiste. per SERGI FRANCESCO (cl. 68) avv. G. LUPIS e G. GIAMPA‟: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o perchè il fatto non sussiste. per SERGI GIUSEPPE avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS: assoluzione per non aver commesso il fatto. per SERGI SAVERIO avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o perchè il fatto non sussiste. per SGAMBELLONE MARIO avv. K. KOLAKOWSKA: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. per SOMNEZ MUSTAFA‟ avv. G. BOSCO: att. gen., minimo pena. per STRANGIO FILIPPO A. BAZZONI: assoluzione per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste, in sub att. gen., stato di salute, minimo pena, benefici. per STRANGIO FRANCESCO avv. A. RANIELI e A. LUGARA‟: assoluzione con formula piena. 274 per TOMASELLO SANTO avv. M. MURGO: assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub att. gen., minimo pena, rito abbreviato. per TRICHILO ANTONIO avv. E. DE SIMONE: assoluzione per non aver commesso il fatto. per TRIMBOLI DOMENICO (cl 61) avv. R. CURRAO e G. GIAMPA‟: assoluzione per non aver commesso il fatto. per TRIMBOLI DOMENICO (c.59) avv. P. MARRAPODI e S. ARCADIPANE: assoluzione con formula piena o quanto meno ex art. 530 2° co. c.p.p. in sub att. gentile., esclusa associazione, minimo pena. per TRIMBOLI FRANCESCO avv. G. LUPIS e G. GIAMPA‟: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o perchè il fatto non sussiste. per TRIMBOLI VINCENZO avv. G.B. GRECO: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gentile., minimo pena. per TROPIANO FRANCESCO avv. C. PECORA e L. TERRANOVA: assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. per VIOLI ANTONIO avv. G. D‟AMATO e R. PALMIERI: assoluzione con formula piena. 275 per VIOLI PASQUALE avv. D. MARTINI: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub continuazione con sent. 1985, att. gen., minimo pena. per VIOLI SALVATORE avv. V. TUCCI: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub att. gen., minimo pena. per VIRGILLITO GAETANO avv. A. EGIDI: formula piena. per VITALE ANTONINO avv. D. IZZO: n.d.p. ex art. 649 c.p.p.; in sub assoluzione con assoluzione, in sub att. gen., minimo pena. per ZACCO ANTONINO avv. G. PECORELLA e G. ARICO‟: per sequestro: assoluzione per non aver commesso il fatto; per gruppo CAROLLO: assoluzione perchè il fatto non sussiste. per ZAPPIA VINCENZO avv. R. QUAGLIATA: assoluzione per non aver commesso il fatto, in sub per i fatti del 1988: escluso art. 74 1° co. n.2 L. 685/75, att. gen., minimo pena. per ZAVETTIERI GIUSEPPE avv. G. GIAMPA‟ e G. LUPIS: assoluzione perchè il fatto non costituisce reato o perchè il fatto non sussiste. 276 per ZINGHINI‟ DOMENICO avv. V. GALLO: minimo pena. assoluzione ex art. 530 2° co. c.p.p., in sub 277 CAPITOLO I LE INDAGINI E IL PROCESSO La complessità e la eccezionale molteplicità dei reati oggetto del presente procedimento, impone e rende anche opportuno dare un “taglio” a questa parte della motivazione in qualche modo diverso da quello tradizionale, riservando la puntuale trattazione del “fatto” ex art. 546/1, lett. e) c.p.p. alla sede in cui verrà esaminato - per l‟accertamento delle singole responsabilità - ciascun addebito. Si procederà, pertanto1, in termini di concisa ricostruzione storica delle principali fasi delle indagini preliminari e dello svolgimento del dibattimento, con qualche anticipazione di “giudizio” suggerita dalla particolare occorrenza storica e per afferrarne, nell‟immediato, la valenza e significanza sotto diversi profili. =0= Intanto, merita subito porre in rilievo che la inchiesta che ha dato l‟avviso al presente procedimento penale ha indubbiamente tratto origine dalla scelta fatta da MORABITO SAVERIO di collaborare con l‟A.G. Già in epoca passata, in verità, la stessa Procura della Repubblica aveva svolto indagini sul conto del MORABITO ed altri personaggi calabresi allo stesso legati, ma la scelta di collaborazione dell‟imputato, oltre alla sua intrinseca eccezionale rilevanza probatoria, è valsa quella volta a fungere da chiave di lettura e “collante” (di mosaici a più tessere), sia per le inchieste più recenti ____________________________ 1 Anche sulla scorta delle esposizione introduttiva ex art. 493 c.p.p. del P.M. 278 sia, soprattutto, per le numerose precedenti indagini. Le dichiarazioni del MORABITO, infatti, hanno consentito una rilettura organica e di logica coerenza di numerose vicende la cui riconducibilità ad unitari consessi malavitosi era stata, per taluni episodi, soltanto sfiorata o ipotizzata. Nel corso dei suoi lunghi ed articolati interrogatori2, il MORABITO ha ricostruito la sua esperienza malavitosa dalla metà degli anni ‟70 sino al suo ultimo arresto, nel settembre del 1990, con proficue indicazioni anche per fatti successivi. Si è così potuta far luce su numerosi gravissimi episodi ed in particolare su diciannove omicidi (tra consumati e tentati), nove sequestri di persona a scopo di estorsione, numerosi reati contro il patrimonio, e su innumerevoli coinvolgimenti nel traffico degli stupefacenti. Di particolare interesse, altresì, le informazioni fornite sulla “ „ndrangheta”, sui principi ispiratori della stessa e sul ,modus vivendi dei suoi adepti. E questo è potuto avvenire per la “contiguità” del MORABITO con gli aderenti a tale organizzazione criminale: MORABITO, infatti, non ebbe mai a prestare alcun giuramento o formale adesione alla “ndrangheta”. Rinviando al prosieguo l‟analitica esposizione delle principali vicenda narrate dal “collaboratore”, quel che preme porre in evidenza sin d‟ora, in un‟ottica di indispensabile premessa sostanziale, sono due temi - che saranno comunque ripresi trattando “funditus” della “chiamata di correo”3 - di indubbia pertinenza e rilevanza: la personalità del MORABITO e le ragioni e le modalità della sua scelta di collaborazione. E così: A) sotto il primo riguardo, è da tener presente che la importanza e consistenza delle rivelazioni fornite dal MORABITO sono state, a giudizio della Corte, di carattere eccezionale anche perchè direttamente proporzionali al livello operativo e decisionale che lui aveva assunto nell‟ambito della criminalità organizzata. Il curriculum criminale del “collaboratore” è, a dir poco, impressionante e ciò sia per le vicende processuali per le quali è __________________________ 2 3 Quasi integralmente registrati nella fase preliminare V Capitolo 4 279 stata riconosciuta la sua responsabilità, sia per le innumerevoli altre inchieste, sempre per fatti gravissimi, alle quali è stato sottoposto. Trattasi di persona originaria di Platì (RC) che, trasferitasi in giovane età con la famiglia in Lombardia, ed in particolare in Corsico e Buccinasco, da sempre incrementò le fila della malavita con una allarmante progressione delittuosa (dai furti e dalle rapine sino agli omicidi, ai sequestri di persona e al traffico degli stupefacenti a livelli di primissimo piano). Del resto, della sua statura criminale ci si rese conto ben presto, se si pensa che già nei primi anni ‟80 - vale a dire, ben prima dei gravissimi e numerosi delitti successivamente commessi (v. omicidi, sequestri, etc. sino, da ultimo, la partecipazione alla messa in opera di una raffineria di eroina) - nella proposta per l‟applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S. avanzata dal Questore di Milano già nel lontano 17.582, si poteva leggere: “MORABITO SAVERIO, nonostante sia ancora molto giovane, è un irriducibile pregiudicato estremamente scaltro e particolarmente nocivo per la collettività. Egli è ritenuto uno degli individui più pericolosi della nuova malavita organizzata... nonchè inserito nell‟elenco nazionale delle persone facenti parte della malavita organizzata dedita ai sequestri di persona a scopo di estorsione. E‟ legato ai nomi più noti della delinquenza sicula-calabrese (anche di estrazione mafiosa) trapiantatisi nel Nord Italia, con i quali, sin dall‟inizio della sua “carriera” criminale, è stato incriminato...”4. Mentre, alla pag. 128 della sentenza emessa in data 26.11.1985 dal Tribunale Penale di Locri (n.34/82 proc. pena. a carico di MORABITO GIUSEPPE ed altri) è scritto: “MORABITO SAVERIO: è da ritenersi uno dei più pericolosi esponenti della cosca di Platì, avendo svolto le mansioni di procacciatore di armi per i suoi associati e di esecutore di numerosi sequestri di persona, pur se per questi ultimi le indagini svolte non hanno consentito di pervenire ad un giudizio di responsabilità nei suoi confronti. Emigrato giovanissimo da Platì per la Lombardia, incominciava a farsi distinguere all‟età di 15 anni...”5 ____________________ 4 5 Cfr. Vol.54 Cfr. Vol 216, sub. n.76 280 Si sono menzionati questi due documenti solo in via esemplificativa, giacchè il certificato penale del MORABITO e le innumerevoli denunzie a suo carico sono di per sè più eloquenti in proposito e non lasciano davvero dubbi sulla “caratura” criminale dell‟imputato. In tal senso, e solo figurativamente parlando, possono sicuramente ritenersi “adeguate” al personaggio le rivelazioni da lui fornite. La successiva scelta di collaborazione da parte del MORABITO, infatti, nulla può togliere alla eccezionale intrinseca gravità dei delitti ammessi. B) Per ciò che invece riguarda le ragioni e le modalità di attuazione della scelta di collaborazione del MORABITO, si può rinviare alla sede in cui se ne tratterà ampiamente6. Qui si può solo qui anticipare, in sintesi estrema, che per quanto attiene le ragioni della scelta collaborativa del MORABITO le sue stesse parole ricalcano una sorta di standard culturale sul tema (come la volontà di distacco dall‟ambiente criminale, il desiderio di poter beneficiare della speciale normativa di legge in favore dei collaboratori, i timori per l‟incolumità personale determinati dagli inevitabili rischi propri dell‟ambiente malavitoso, il desiderio di recupero di una vita familiare, etc). Ma quello che, invece, è sicuramente avvenuto al di fuori di ogni standard - come si vedrà in dettaglio più avanti - è stato il modo di attuazione della scelta di collaborazione. Il MORABITO, infatti, ha chiesto ed ottenuto di non mutare la sua situazione di detenuto e cioè di non entrare nei circuiti penitenziari destinati ai collaboratori, così da impedire la inevitabile immediata conoscenza esterna della sua scelta e, di riflesso, consentire per un verso una oculata strategia di protezione dei suoi familiari e per altro verso far conseguire l‟obiettivo di maggiore efficacia alla sua collaborazione in ragione della sua imprevedibilità. Di particolare rilievo, sotto quest‟ultimo aspetto, la prospettata (ed accolta) richiesta del MORABITO di procedere al trasferimento di alcuni detenuti presenti in Bergamo, giudicati “a rischio” per la sua collaborazione, nonchè di alcuni Agenti di custodia ritenuti, a diverso titolo, inaffidabili. ________________________ 6 V. cit. Capitolo 4 281 Di particolare efficacia - anche per intuitive ragioni connesse alle modalità dell‟esame - in riferimento al discorso fatto circa le peculiarità della collaborazione prestata dal MORABITO SAVERIO, sono le stesse dichiarazioni registrate dal MORABITO in cassetta consegnata al PM in data 24.11.92 e al cui ascolto e relativa trascrizione si può rinviare per esser state entrambe (cassetta e trascrizione) acquisite al fascicolo del dibattimento7. E‟ bene poi rammentare, ai fini della complessiva valutazione di attendibilità, che il MORABITO si è assunto la responsabilità della quasi totalità dei delitti riferiti e, comunque, sicuramente dei più gravi. Sempre a proposito delle modalità di attuazione della collaborazione, deve essere ricordato che il MORABITO, in riferimento ad alcune posizioni di persone a lui particolarmente vicine, effettuò una sorta di apertura progressiva nel senso che, in particolare, omise o limitò inizialmente indicazioni di fatti penalmente rilevanti a loro carico. Fatti che, tuttavia, allorchè sempre più a fondo maturò la sua scelta di lealtà e responsabilità verso la giustizia, decise di evidenziare giustificando le precedenti omissioni in ragione, appunto, o della stretta amicizia o della eccessiva gravità delle conseguenze penali connesse a tali fatti e non proporzionate, a suo modo di giudicare, alla reale pericolosità sociale di quelle persone8. I casi più eclatanti di questa scelta di “apertura progressiva”9 hanno riguardato le posizioni di PARISI ANTONIO, di MUFATO ANGELO e di DUCHINI DINO. Di tanto dovrà, quindi, tenersi conto ai fini della complessiva ricostruzione storica di talune vicende (v. ad es. il sequestro CASELLA) nelle quali solo nella parte finale degli interrogatori il MORABITO così meglio delineando eventi e circostanze sulle quali aveva inizialmente mantenuto atteggiamenti vaghi o non veritieri. Non solo, nello stesso spirito di leale e completa collaborazione con l‟A.G. e facendo forza sulla umanamente comprensibile resistenza che poteva all‟evidenza derivargli _______________________ 7 Cfr. ordinanza 13 aprile 1995 Questo discorso sarà naturalmente ripreso più avanti e in occasione dell‟esame delle singole posizioni interessate. 9 Apertura progressiva di cui darà un ulteriore importantissimo esempio ROMEO ANNUNZIATINO che solo al dibattimento abbandonerà l‟atteggiamento omertoso tenuto nel corso delle indagini preliminari e farà la scelta coraggiosa di collaborazione con l‟A.G. (v. infra Capitolo 4). 8 282 dall‟enormità - se così si può dire - dell‟impatto che la rivelazione avrebbe avuto sui suoi più stretti vincoli di parentela, MORABITO confesserà in dibattimento quanto non aveva mai avuto il “coraggio” sino ad allora di dire, neppure al P.M., e cioè d‟esser stato autore (peraltro, per un futile motivo) dell‟omicidio del suocero del fratello LUIGI ASSUNTO.10 =0= Riprendendo il discorso sull‟avviso delle indagini preliminari e le varie carenze del processo - con la sintesi che ci si è ripromessa - va rammentato che: 1) MORABITO SAVERIO avviò concretamente la sua scelta di collaborazione in data 4.10.92, dopo tre richieste di spontanee dichiarazioni che diedero vita ai preliminari interrogatori del 20.9.92, 19.9.92 e del 3.10.92.11 Non pare inutile riportare di seguito l‟elenco delle date di tutti gli interrogatori da lui resi al PM di Milano, interrogatori eseguiti, quasi tutti (come già annotato), con il ricorso alla registrazione (potranno notarsi anche non brevi lassi di tempo tra gli interrogatori e ciò proprio in ragione della necessità di non destare sospetti, nell‟ambiente carcerario, in ordine alla scelta di collaborazione del MORABITO ovvero lassi di tempo concentrati in ragione di spostamenti temporanei dall‟ambiente carcerario): 20.9.92 29.9.92 _____________________ 10 16.12.92 17.12.92 2.6.92 13.7.93 Trattasi dell‟assassinio di AMBROSIO VINCENZO avvenuto, prima che la figlia sposasse MORABITO ASSUNTO LUIGI (cfr. ud. dibatt. 17 ottobre 1995, aff. 3630 e segg.). Cfr. in proposito anche le ordd. dibatt. in data 17 ottobre e 15 novembre 1995). 11 E‟ il caso di anticipare e subito precisare che tali interrogatori “istruttori” del MORABITO (e così quelli di MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO e AMANDINI MICHELE) sono confluiti nel fascicolo del dibattimento con la citata ordinanza del 13 aprile 1995, alla cui parte motiva si rinvia, per esser tali costituiti entrati a far parte del materiale probatorio di processi separati, in considerazione del rifiuto a rispondere in tali sedi opposto dalle medesime fonti, ed essendo tali costituiti “migrati”, in forza della predetta ordinanza, nella presente sede dibattimentale ex art. 238 c.p.p. Essi costituiscono quindi legittima fonte di prova ex art. 526, anche se ad essi si farà riferimento, in definitiva, solo per attestare una delle peculiarità della “chiamata in correità e reità” del collaboratore, vale a dire la costanza e specularità, in via di massima, delle dichiarazioni rese in allora con quelle dibattimentali. 283 3.10.92 4.10.92 8.10.92 14.10.92 28.10.92 6.11.92 11.11.92 16.11.92 21.11.92 24.11.92 28.11.92 3.12.92 4.12.92 11.12.92 12.12.92 13.12.92 14.12.92 15.12.92 6.1.93 15.1.93 21.1.93 13.2.93 24.2.93 9.3.93 10.3.93 11.3.93 12.3.93 15.3.93 18.3.93 26.3.93 2.4.93 17.4.93 11.5.93 12.5.93 13.5.93 14.5.93 14.7.93 15.7.93 30.7.93 3.9.93 10.9.93 30.9.93 24.10.93 14.3.94 29.3.94 2) nel corso della collaborazione del MORABITO SAVERIO, e grazie anche al contributo fornito dallo stesso, si ottenne la ulteriore ed importante collaborazione del fratello LUIGI ASSUNTO MORABITO. Un personaggio non certo del calibro del fratello maggiore, ma pur sempre in grado di riferire su vicende non secondarie di traffico di stupefacenti e, soprattutto, di rapine. Per quel che merita sin d‟ora di anticipare, può dirsi che il MORABITO A. LUIGI, in relazione a fatti e situazioni per le quali fu a lui fatto riferimento dal fratello SAVERIO, rese dichiarazioni di utile conferma e riscontro. Le dichiarazioni del LUIGI ASSUNTO MORABITO furono acquisite nel corso dei seguenti interrogatori (eseguiti, come già quelli del fratello, anch‟essi pressochè integralmente con il sistema della registrazione): 22.2.93 8.3.93 10.3.93 5.5.93 20.5.93 24.5.93 26.5.93 27.5.93 28.5.93 8.6.93 22.9.93 9.9.93 284 25.5.93 7.10.93 3) Le indagini e gli accertamenti di PG, aventi ad oggetto le dichiarazioni rese dai due MORABITO, venivano integralmente delegati alla Direzione Investigativa Antimafia di Milano. Innumerevoli, si vedrà, gli obiettivi riscontri acquisiti in riferimento alle dichiarazioni fornite dai due MORABITO, riscontri tutti riportati nelle informative di PG redatte dalla D.I.A. di Milano12 e tali da non lasciar dubbi di sorta circa la positiva valutazione di affidabilità in ordine alla scelta di collaborazione con la A.G. da parte dei prevenuti. E‟ importante sottolineare che il lavoro svolto dalle forze di P.G. si è caratterizzato anche nella attività di recupero e di disamina di voluminosi incartamenti processuali relativi alle vicende riferite dal MORABITO. Tale lavoro di recupero ha consentito la acquisizione di fondamentali elementi di riscontro. Si è, infatti, potuta accertare la perfetta rispondenza tra i fatti esposti (specie dal MORABITO SAVERIO) ed i fatti come effettivamente avvenuti, e sono stati altresì acquisiti inequivoci positivi riferimenti specie laddove si è potuto accertare che le indagini, all‟epoca dei fatti, erano state orientate proprio nei confronti o del MORABITO stesso o di altri personaggi a lui legati (ciò, soprattutto, in tema di sequestri di persona). Le dichiarazioni del collaboratore, con l‟aiuto degli esiti delle indagini a suo tempo svolte, hanno, in questi casi, consentito una rilettura logica e coerente di vicende la cui dinamica era stata a suo tempo solo ipotizzata o parzialmente ricostruita. Il dibattimento svolto darà compiuta ed esaustiva dimostrazione di tutto ciò. 4) In data 12.7.93, il P.M. chiedeva al GIP di Milano la emissione di n.159 ordinanze di custodia cautelare in carcere sulla base degli esiti delle indagini di cui sopra. In epoca successiva venivano avanzate altre richieste di misure coercitive sulla base di esiti di accertamenti di P.G. intervenuti in epoca successiva alla stesura della richiesta di cui sopra. ___________________ 12 Informative acquisite in atti, per quanto di ragione, con ordinanza 13 aprile 1995, e testimonialmente comprovate con esplicitazione delle modalità stesse della loro compilazione (cfr. depp. Ispettore GATTI MAURIZIO: aff. 12134/12146, 12154/12168; Ispett. DE NOBILE: aff. 12169/70; M.llo CAROPPO ANTONIO: aff. 12171/2). 285 Una circostanza va a questo punto ulteriormente sottolineata: e cioè che molte indicazioni fornite dal MORABITO, specialmente sui traffici di stupefacenti, erano già state confortate a quella data non solo dalle dichiarazioni del fratello LUIGI ASSUNTO ma, soprattutto, dalle più rilevanti affermazioni rese da altro collaboratore, tale PIRRONE MAURIZIO. Sennonchè, la scelta di cooperazione con l‟A.G. di costui, di poco successiva a quella del MORABITO e gestita all‟epoca della richiesta di provvedimenti coercitivi per ragioni di tutela processuale e personale. Dei contributi coercitivi per ragioni di tutela processuale e personale. Dei contributi di numerosi altri collaboratori - come ha riferito il P.M. nella esposizione introduttiva - venne comunque data menzione nella richiesta del 12.7.93. Sul traffico di stupefacenti e i numerosissimi fatti di reato ad esso connessi e di cui tratta questo dibattimento, di straordinaria efficacia probatoria si rileveranno poi, soprattutto, le dichiarazioni di ROMEO ANNUNZIATINO e ROMEO BRUNO che, inquisiti in autonomo procedimento, inizieranno a collaborare con l‟A.G. - con intuibile sgomento di taluno -13 a decorrere dal febbraiomarzo 1995 (e, quindi, a dibattimento iniziato).14 Il richiamo alle dichiarazioni di altri collaboratori assume rilievo decisivo per un dato di fondo: vale a dire la sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni rese da chi collaborò nella presente inchiesta e chi ebbe invece a collaborare in altre indagini, presso altre Autorità Giudiziarie ed in tempi diversi. Dallo studio e dal raffronto di tali dichiarazioni si trarrà pertanto ulteriore ed importante conferma della attendibilità del MORABITO, in particolare. Una specularità e complementarietà di versioni rese da soggetti diversi, in tempi e sedi diverse, che conferisce a tali versioni una peculiare forza probante, anche in ragione del fatto che nessun contatto avvenne mai - durante la collaborazione tra i “dichiaranti” di cui si parla e nessun loro rapporto di pregressa conoscenza o frequentazione risulta mai documentato per molti di loro (si fa riferimento a collaboratori quali BARRECA FILIPPO, LAURO _____________________ 13 Ci si riferisce, in particolare, al gruppo PAPALIA che aveva indicato nella propria lista come fonte di prova a discarico il ROMEO ANNUNZIATINO. 14 Cfr. aff. 14.147 e ordinanza 30 giugno 1995 286 GIACOMO, ZAGARI ANTONIO, ANNACONDIA SALVATORE, CIULLA SALVATORE, FRISINA ANTONIO ed altri ancora15). 5) In data 27.8.93 veniva avanzata richiesta di n.48 ordinanze di custodia cautelare in carcere sulla base delle indicazioni fornite da MORABITO ASSUNTO LUIGI (per la gran parte, come anticipato, riguardanti rapine consumate in Milano e zone limitrofe tra il 1982 ed il 1992). 6) Con le ordinanze di custodia cautelare del 2.10.93 (a carico di AGIL FUAT + 164, emessa in base alle dichiarazioni di MORABITO SAVERIO) e del 7.10.93 (a carico di ALFONSI MARCO + 55, emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO A. LUIGI) il GIP di Milano accoglieva pressochè integralmente le richieste del P.M. Tali provvedimento cautelari sono confluiti nel fascicolo per il dibattimento16. Non pare inutile un riepilogo cronologico dei più rilevanti fatti in ordine ai quali fu emessa, in particolare, la ordinanza coercitiva del 2.10.93 (riguardante quasi esclusivamente le indicazioni fornite da MORABITO SAVERIO). Per ciò che riguarda i traffici di sostanze stupefacenti saranno fornite indicazioni solo dei fatti dotati, per così dire, di rilievo “storico” e come tali temporalmente documentabili: 9.7.75.................................................................. 2.11.76................................................................ 15.2.77................................................................ 8.5.77.................................................................. 16.577................................................................. 16.12.77.............................................................. 2.10.78................................................................ 17.10.78.............................................................. 5.2.79.................................................................. 11.9.79................................................................ 21.9.79................................................................ 27/28.11.79......................................................... _________________________ 15 16 Anche qui si rinvia alla trattazione specifica del tema nel Capitolo 4 Cfr. cit. ordinanza 13 aprile 1995. sequestro FERRARINI omicidio D‟AGOSTINO rapina TOIA sequestro GALLI sequestro SCALARI sequestro CAMPARI sequestro RANCILIO rapina CERRI-MENEGATTO sequestro CATTANEO sequestro JACOROSSI omicidio MODAFFERI scoperta della raffineria in 287 Sanremo sequestro VISMARA estorsione GASAPINI tent. om. CANNAO‟ rapina Ditta V.D.O. omicidio TROMBADORE rapina bar Via Manin rapina orafo Mede Lomellina rapina RETTORI om. RIBAUDO e tentato om. 5.5.80.................................................................. 21.5.81................................................................ 19.6.81................................................................ 14.5.82................................................................ 6.10.82................................................................ 14.10.82.............................................................. 15.12.82.............................................................. 10.1.83................................................................ 4.2.83.................................................................. SCALERA 15.4.83................................................................ tent. om. RUTIGLIANO 8.10.83................................................................ tent. om. SEGHEZZI 17.11.83.............................................................. omicidio LABATE 3.1.84.................................................................. omicidio MANCUSO 23.3.84................................................................ omicidio MUSITANO 15.11.84.............................................................. omicidio PERRE 27.6.85................................................................ om. BARRECA e t.o. BISESI 4.11.85................................................................ omicidio ASPROMONTE 3.6.87.................................................................. estorsione SANFELICI 18.1.88................................................................ sequestro CASELLA 4.7.88.................................................................. omm. CAVALLARO CAMPODIPIETRA 23.1.89................................................................ omicidio PONZIO 12.5.89................................................................ omicidio VOTTARI 12.6.89................................................................ tent. om. NIZZOLA 21.5.90................................................................ scoperta della raffineria in Val D‟Imagna 18.9.90................................................................ arresto di MORABITO a seguito delle indagini riguardanti la raffineria di Val d‟Imagna Come si è anticipato, si riserva al prosieguo la esposizione e la trattazione analitica dei singoli fatti di reato, ma qui val la pena di porre già in evidenza - con riferimento agli omicidi, soprattutto - come non possano appieno comprendersi causale e modalità di attuazione se non ci si cala nell‟ambiente umano in cui sono maturati, nella “cultura criminale” che li permea, una cultura di “anti Stato” e di “valori” assai distanti da quelli della società civile. 288 Questo discorso sarà naturalmente approfondito più avanti17, ma sin d‟ora va detto che si è ucciso non solo per “tradizionali” sgarri da ambiente malavitoso, ma anche per vendicare uno schiaffo ad un congiunto, per scongiurare ipotetici rischi di delazioni, per scambi di “favori” con altre organizzazioni criminali, per meri sospetti di “infamità” e financo per ragioni mai chiarite perchè mai rivelate, ma solo in ossequio ai principi di un doveroso “riserbo”, della obbedienza, della reverenza, del “rispetto”. Una riservatezza che è vissuta come legge e, ancor prima, come norma deontologica tra gli stessi componenti l‟organizzazione criminale, tanto che la sua trasgressione, dettata magari da una istintiva, ingenua “curiosità” su certi fatti, può assumere subito i connotati di una domanda “sospetta” di una ingerenza pericolosa e può far esplodere l‟atto cruento, senza necessità di tanti approfondimenti. =0= Riprendendo la narrativa della “storia” del presente procedimento, va segnalato che le dichiarazioni di MORABITO SAVERIO non hanno riguardato, ovviamente, i soliti fatti specifici di cui al predetto elenco sommario ma hanno anche illustrato, con dovizia di dettagli ed informazioni, l‟ambiente criminale in cui gli stessi maturarono anche sotto il profilo “storico” e cioè in riferimento alla evoluzione criminale dei personaggi e dei gruppi nei quali e con i quali il collaboratore ebbe a che fare. Sono stati così individuati precisi gangli criminali con ricostruzioni sufficientemente analitiche delle loro vicende, degli scontri intervenuti, di fusioni e scissioni sino alle più recenti forme di assoluto controllo dei territori sui quali tali gruppi operavano. Si intende, in particolare, far riferimento a quei gruppi che, a seguito di fenomeni di emigrazione-aggregazione, consolidarono la loro presenza in Comuni limitrofi a Milano e segnatamente nei Comuni di Corsico e Buccinasco ove trasferirono anche gli stessi “modus operandi”, della criminalità delle zone di origine ed in particolare, per il presente processo, in riferimento alle zone di Platì ed altre della Locride. __________________ 17 Capitolo 2. 289 Si è così avuta conferma, anche in base alle acquisizioni di atti di pregresse indagini, della esistenza di organizzazioni di natura e stampo mafioso in grado di gestire i propri interessi (specialmente nel traffico degli stupefacenti) grazie anche al clima di omertà generato dalla forte e minacciosa presenza in loco dei componenti i gruppi criminali di cui si parla, presenza in grado di assicurare una sorta di controllo “militare” e potentemente armato delle zone dei Comuni di cui sopra. Si fa, in particolare, riferimento ai Gruppi PAPALIA e SERGI le cui vicissitudini, grazie anche all‟apporto di altri collaboratori (v. infra), sono state ricostruite così come i loro rapporti con altre organizzazioni criminali (v. gruppi FLACHI-TROVATO, CAROLLO, PANNUNZI, in particolare) ovvero con l‟ampia fascia dei fornitori e degli acquirenti. E‟ così emerso anche il livello assolutamente primario di tali traffici di stupefacenti ed ampi squarci sono stati aperti, altresì, sulle attività di reimpiego dei proventi degli stessi. 7) In data 14.10.93 veniva data esecuzione alle complessive n.221 ordinanze di custodia cautelare in carcere. Il medesimo giorno il MORABITO SAVERIO veniva trasferito dal Carcere di Bergamo in struttura detentiva adeguata. Solo nella predetta occasione, infatti fu data ufficiale notizia della sua scelta di collaborazione. 8) In data 15.10.93 INZAGHI MARIO, persona legata a MORABITO SAVERIO da fortissimi vincoli di amicizia e dallo stesso chiamato in causa per gravissimi episodi (omicidi, sequestri di persona ed altro), decideva anch‟egli di collaborare con l‟A.G. Dalle dichiarazioni rese dal MORABITO e dagli esiti delle indagini svolte (anche nel passato) era emerso in modo nitido il ruolo primario assunto dall‟INZAGHI nel gruppo criminale in cui ebbe ad operare il MORABITO. Proprio in considerazione del livello di vertice assunto dall‟INZAGHI, le sue confessioni e la sua collaborazione con l‟A.G. hanno dato vita, come si vedrà, ad importantissime conferme alle ricostruzioni di fatti e alle indicazioni di responsabilità già evidenziate dal MORABITO SAVERIO. 290 Va rilevato che pochi giorni prima della esecuzione delle ordinanze coercitive di cui sopra, l‟INZAGHI era stato trasferito, in accoglimento di sua precedente richiesta, presso lo stesso carcere ove trovavasi ristretto il MORABITO. Tale circostanza aveva consentito al MORABITO, quando era ancora collaboratore “occulto”, di saggiare la eventuale possibilità di collaborazione da parte dell‟INZAGHI, non scoprendo ovviamente la sua già avvenuta scelta di campo. Come riferito in seguito dallo stesso INZAGHI, il MORABITO ebbe a prospettargli una sorta di futura comune scelta di collaborazione onde valutare la possibilità di ottenere lo schieramento dell‟INZAGHI accanto a sè. Il netto rifiuto dell‟INZAGHI fece desistere il MORABITO da ogni ulteriore tentativo. Solo dopo la notificazione della ordinanza coercitiva, resosi ormai conto della gravità delle accuse e della consistenza delle stesse, l‟INZAGHI, come dal medesimo chiarito sin nel suo primo interrogatorio, decise immediatamente di collaborare con l‟AG fornendo un contributo, come già anticipato, assolutamente primario e concludente. In proposito, e per inciso, va ricordato che il MORABITO tentò, anche nei confronti di altre persone chiamate in causa, di indurre le stesse alla collaborazione (si è già prima detto del fratello ASSUNTO LUGI, e così poi nei confronti del cugino ROMEO ANNUNZIATINO) e ciò sempre in ambito di scelte personali ed autonome (v. ad es. con il DUCHINI DINO). Proprio in riferimento al DUCHINI ebbero notevole spazio, in sede di udienza preliminare (e poi anche in dibattimento), gli accertati (e registrati) colloqui telefonici intercorsi tra il MORABITO e la madre del DUCHINI, colloqui nei quali il MORABITO, in modi e forme che saranno analiticamente esaminati, tentò di indurre la donna a convincere il figlio a collaborare anch‟egli con la giustizia quale unico modo, a suo dire, per attenuare la sua posizione processuale18. 9) In data 8.11.1993 il GIP di Milano emetteva altre n.7 ordinanze di custodia cautelare in carcere a seguito delle ulteriori acquisizioni investigative (v. anche sequestri di sostanza stupefacente nel corso del “blitz” del 14.10.94) ed altresì a seguito delle nuove individuazioni di responsabilità derivate dalle dichiarazioni rese da INZAGHI MARIO; ____________________ 18 Su tutti questi fatti, si diffonderà il Capitolo 4. 291 10) In data 2.12.1993 venivano emesse ulteriori n.5 ordinanze di custodia cautelare in carcere e ciò, in particolare, a seguito di revoca di sentenze istruttorie di proscioglimento emesse negli anni passati per sequestri di persona ed omicidi in ordine ai quali furono indagati e prosciolti proprio il MORABITO ed altri dallo stesso poi chiamati in causa nel presente procedimento (v. ordinanza di revoca di sentenze istruttorie di proscioglimento del 23.11.1993 n.443/93-2707/93). 11) In data 16.11.93 AMANDINI MICHELE, anch‟egli già chiamato in causa dal MORABITO (e successivamente anche dall‟INZAGHI) per fatti gravissimi, decideva di collaborare con la giustizia contribuendo così a dar vita, unitamente a quanto già acquisito (in ispecie dopo le dichiarazioni rese in particolare, dal MORABITO e dall‟INZAGHI ed ai relativi riscontri già ottenuti) ad un quadro accusatorio di sicuro spessore probatorio in ragione delle precise, concordanti ed univoche conferme così ulteriormente potute conseguire. Di notevole rilievo, altresì, le indicazioni fornite dall‟AMANDINI su fatti e vicende non note agli inquirenti, o soltanto adombrate, e tali da inserirsi ad incastro perfetto con le risultanze delle indagini già svolte. 12) Nel prosieguo delle indagini preliminari altri indagati decidevano di collaborare con l‟AG nel mentre altri preferivano solo ammettere le proprie responsabilità, senza chiamare in causa terzi, anche in ragione di palesati o intuibili timori per la incolumità personale. Tra le più significative ulteriori collaborazioni o ammissioni val la pena di segnalare quelle dei seguenti indagati: a) PERROTTA VITTORIO19 ________________________ 19 Per una sintesi delle sue più rilevanti dichiarazioni in merito al Gruppo SERGI quale importante riscontro alle deposizioni rese sul punto dai collaboratori di giustizia per così dire “storici” di tal sodalizio (MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO e ROMEO ANNUNZIATINO), v. la scheda di sintesi tracciata in sede di trattazione del reato associativo concernente, per l‟appunto, il Gruppo SERGI. Qui è sufficiente, in via generale, ricordare che il PERROTTA ha reso dichiarazioni ammissive di 292 b) CIULLA SALVATORE20 c) SARACENO VINCENZO (omicidio LABATE) d) FRISINA ANTONIO21 _____________________________ responsabilità relative a tutte le imputazioni elevate nei suoi confronti (con relative chiamate in correità) con particolare riferimento: - al sequestro di persona a scopo di estorsione in danno di JACOROSSI ANGELO; - al sequestro di persona a scopo di estorsione in danno di VISMARA ALESSANDRO; - al coinvolgimento nel commercio delle sostanze stupefacenti; - al sequestro di persona ed estorsione in danno di GASAPINI GIORGIO. 20 Posizione stralciata e definita con rito abbreviato. Da lui si avranno importanti notizie sul Gruppo CAROLLO. Come dichiarato anche nelle udienze di questo processo, dopo l‟omicidio di CAROLLO GAETANO apprende dai MADONIA che il gruppo del CAROLLO aveva stretto (prima dell‟omicidio) un rapporto di società, nel traffico di droga, con i calabresi di Corsico tra i quali gravitava il MORABITO. In riferimento poi alla posizione di CAROLLO ANTONINO ed al suo coinvolgimento in questi traffici, in epoca che interessa questo processo, trattandosi di vicende riguardanti gli anni 1986/1987, CIULLA affermerà in modo chiaro e incontrovertibile che: “di tali rapporti ebbi poi ulteriore e più importante conferma nelle confidenze fattemi da ANTONINO CAROLLO durante un colloquio in carcere ad Alessandria in cui lui venne a trovarmi con il fratello PIETRO e poco prima della sparizione di quest‟ultimo (fine 1987: n.d.r.) Entrambi mi fecero riferimento ai calabresi di Corsico quali persone con le quali il padre aveva instaurato rapporti di affari in comune con la droga.... ANTONINO e PIETRO mi confermarono che... lavoravano assieme l‟eroina che ritiravano i CAROLLO, eroina che poi veniva gestita sulla piazza direttamente dai calabresi... con questi calabresi c‟erano stati sempre buoni rapporti...”). 21 Posizione definita in abbreviato. E‟ personaggio di grande interesse processuale (cfr. in particolare il suo ultimo interrogatorio) in riferimento al gruppo SERGI e ad alcuni dei suoi componenti (v. SERGI FRANCESCO, SERGI PAOLO, MORABITO e INZAGHI, PARISI ANTONIO e MOSCARDI GIANFRANCO). L‟interesse processuale di questo imputato viene anche dal fatto che esso pacificamente era stato identificato - e come tale si è riconosciuto - nel cliente contrassegnato dalla sigla “TON. FRI” di cui alla agenda dell‟INZAGHI. Anche altri personaggi, come DUCHINI (“DINO”), MUFATO (“ANG.”), VAGHETTI (“TOB”), VIOLA ANTONIO (“TONINO o TON”) e, sia pure parzialmente, MUZZUPAPPA (“RE”) hanno ammesso di avere avuto rapporti per forniture di droga con il gruppo SERGI e trattandosi di persone i cui nomi sono stati decodificati da MORABITO i INZAGHI sulla nota agenda, ben si comprende la rilevanza delle altre decodificazioni (in relazione, ovviamente, a coloro che non hanno ammesso le loro responsabilità). Interessante, l‟escursus del suo “pentimento”. Nell‟int. 23.11.93, all‟inizio nega tutto, poi chiede una sospensione dell‟interrogatorio per poter conferire con il suo difensore. Alla riapertura dell‟interrogatorio fa parziali ammissioni, ed in particolare: - avrebbe trattato solo la cocaina che ritirava da “gente di Corsico” per forniture da 50 grami la volta in circa 10/15 occasioni. Solo in una occasione aveva ritirato 150 grammi. Ciò era accaduto nel 1988; - entra in contatto con quelli di Corsico dato che ricevette da costoro un prestito di circa 70/80 milioni che gli servivano per un Autosalone che gestiva a Gaggiano “Mi proposero di rientrare nelle spese trafficando con droga che loro stessi mi avrebbero potuto procurare.... si tratta di gente di indubbia pericolosità e, quindi, preferisco non fare nomi e limitare il discorso alle mie responsabilità. Posso solo dire che è vero 293 _________________________ che trattai con INZAGHI MARIO... acquistavo da quella gente a circa 90/100.000 lire il grammo e al rivendevo a circa L.120.000 il grammo...”; - “... le mie frequentazioni di Corsico si sono limitate alle presenze presso l‟Autosalone di MOSCARDI GIANNI. Autosalone che ho sempre ritenuto fosse di fatto gestito anche dal CICCIO SERGI e dal MORABITO SAVERIO, nonchè dall‟INZAGHI. Dico ciò perchè li vidi spesso in quel posto e poi la riprova è data dal fatto che erano sempre loro a prendere parte attiva alle trattative che io svolgevo per le autovetture...”. Nell‟interr.... 2.12.93, si apre maggiormente: - ribadisce il suo terrore per i calabresi di Corsico che gli procurarono droga e ribadisce che, salvi i “pentiti” MORABITO ed INZAGHI, non intende fare i nomi di nessun altro; - ammette anche ritiri di eroina varianti dai 50 ai 150 grammi avvenuti sempre in Corsico. Tra ritiri di eroina e cocaina ne fece complessivamente circa 15; - circa i contatti con i fornitori presso bar di Corsico/Buccinasco: “La consegna, il più delle volte, veniva eseguita da altre persone, più giovani, che venivano convocate all‟uopo da parte...”; - per giustificare i suoi timori fa presente che pochi giorni dopo il suo precedente interrogatorio il suo negozio di panetteria sito in Via Mar Nero 6 subì un attentato (sul punto si veda il teste TUCCI PAOLO). Nell‟int. 7.6.94 si apre in maniera definitiva e riferisce: - entra in contatto con i fornitori calabresi di Corsico tramite SANGIORGIO GIOVANNI BATTISTA. Lo conosce nel 1987 e da lui ritira cocaina per circa 50 grammi la volta in almeno 4/5 occasioni (v. analitica descrizione di tali rapporti); - in occasione della partenza per le vacanze estive del 1987 il SANGIORGIO, su pressione del FRISINA che intende ritirare altra droga, lo mette in contatto con il suo fornitore di cocaina e cioè il SERGI FRANCESCO detto “CICCIO BILLY” (trattasi, in realtà, di “MBILLI” storico soprannome dei fratelli PAOLO e FRANCESCO SERGI), (come si vede, le affermazioni del FRISINA risulteranno quindi importanti non solo per il gruppo SERGI (v. infra) ma anche in relazione: a) al coinvolgimento del SANGIORGIO in traffici di droga (v. autonoma contestazione al SANGIORGIO in relazione proprio alle forniture eseguite al FRISINA); b) al fatto che il SANGIORGIO era effettivamente cliente di droga che ritirava dal gruppo SERGI, così come affermato da MORABITO ed altri); - la presentazione avvenne presso il distributore del MOSCARDI GIANFRANCO che divenne, poi, il suo abituale punto di riferimento per i contatti con il gruppo SERGI.... nella stessa occasione oltre il SERGI conobbe anche MORABITO SAVERIO e INZAGHI MARIO; - conferma di avere ritirato da queste persone eroina e cocaina per circa 15 volte per quantitativi varianti dai 50 ai 150 grammi (non andrà trascurato a questo proposito il fatto che anche chi compera dal gruppo SERGI non è in grado di precisare analiticamente le singole forniture: questo sin d‟ora per replicare a quei difensori che hanno contestato le genericità delle indicazioni fornite dai collaboratori del gruppo SERGI circa le forniture eseguite. Se non riescono ad essere precisi coloro che non hanno avuto molti rapporti, ben si può capire come possano non esserlo coloro che hanno avuto centinaia di rapporti con una moltitudine di clienti); - “circa le modalità delle forniture posso dire che quelle persone erano abbastanza metodiche. Uno di loro era sempre reperibile presso il bar di cui sopra ovvero presso il distributore del MOSCARDI. Personalmente ebbi a che fare, per la droga, con le seguenti persone: SERGI FRANCESCO MOSCARDI GIANNI (GIANFRANCO) INZAGHI MARIO PARISI TOTO 294 e LANDOLINA GAETANO22 _______________________________________________________________________ ed un paio di ragazzi di cui si servivano per le consegne. Preciso che anche il PARISI era persona addetta alle consegne. Agli inizi io trattai esclusivamente con il SERGI FRANCESCO con il quale mi accordavo su prezzi e quantitativi. Lui poi dava ordine o al PARISI o a uno dei ragazzi di cui ho detto di eseguire materialmente la consegna previ accordi con me. Le consegne avvenivano sempre in quella zona, spesso di fronte alla Metro di Trezzano. Il SERGI non eseguiva mai le consegne ma le delegava ai suoi collaboratori....”; - in seguito ebbe anche contatti analoghi (accordi) con l‟INZAGHI MARIO “GIANNI MOSCARDI svolgeva un ruolo di accordo tra i clienti ed i calabresi di cui parlo. Faceva da tramite per i contatti e in talune occasioni io lasciai a lui il denaro relativo alle forniture. Solo in una occasione fu lui a consegnarmi un quantitativo di circa 50 grammi di cocaina che custodiva all‟interno di un cassetto dietro il bancone di vendita dell‟autosalone. Si trattava di un quantitativo per la cui vendita avevo già preso accordi con il SERGI FRANCESCO”; - ricorda una volta che diede 25 milioni al MOSCARDI per pagare una fornitura e questi non li consegnò al SERGI FRANCESCO. Per tale vicenda fu contattato da SERGI PAOLO, verso il luglio del 1988, che pretese il pagamento dei 25 milioni. Pur avendo ammesso il MOSCARDI di essersi lui appropriato dei 25 milioni ricevuti dal FRISINA il SERGI PAOLO “mi disse che a lui nulla interessava di quel rapporto che aveva avuto con il MOSCARDI e con fare minaccioso mi disse che dovevo comunque versare a sue mani quella somma, fui costretto a lasciare in più occasioni degli assegni bancari direttamente al PAOLO SERGI... ancora oggi sono creditore con il MOSCARDI per la somma di circa 19/20 milioni...” Parole che la dicono lunga suo modi usati dai SERGI per “convincere” i ... renitenti; - indica come clienti del gruppo SERGI, per sua esperienza personale: - TOMARCHIO NUNZIO (già come tale indicato da MORABITO e INZAGHI e già giudicato e condannato con rito abbreviato); * D‟ANGELO ANIELLO * DUCHINI DINO * GUZZARDI ANTONIO (posizione stralciata in udienza); - subisce minacce in Carcere, allorchè si apprende della sua confessione in Nord Sud, da parte di: § D‟ANGELO ANIELLO § SERGI GIUSEPPE § CIAMPA ANTONIO ed altri. 22 Anche questa posizione è stata definita con rito abbreviato. L‟interr. del 2.12.93 è stato utilizzato a fini contestativi e quindi prodotto dal P.M. nell‟udienza 15.5.96 e acquisito con ordinanza 4.6.96. L‟interesse processuale è dato dal “riscontro” che riceve il giudizio di credibilità del MORABITO. L‟imputato, infatti, ha ammesso analiticamente tutte le indicazioni di MORABITO sul suo coinvolgimento in traffici di droga. Ha precisato, tuttavia, che non avrebbe parlato di altri calabresi di Corsico e Buccinasco coinvolti in quei traffici in quanto gente di estrema pericolosità. E tanto avvalora il giudizio di “mafiosità” di quella “societas” criminale dei SERGI (e non solo quella, come si dirà). Ha riferito inoltre fatti di rilievo, quali: - ha indicato INZAGHI come socio del MORABITO. Ha lavorato come dipendente del MORABITO, per la droga, presso un bar di Corsico dove il MORABITO era solito stazionare; - sulle modalità di consegna della droga: identiche a quelle descritte dai collaboratori del gruppo SERGI (MORABITO, INZAGHI e ROMEO); 295 f) VIOLA ANTONIO23 g) VAGHETTI PIERLUIGI24 _____________________________________________________________________________________________________ - ha consegnato quantitativi da 50 o 100 grammi la volta (il dato è di rilievo in quanto conferma che il gruppo del MORABITO smerciava a livelli elevati); - ha ammesso di avere prestato al MORABITO un cliente di Bari che fece poi alcuni ritiri di eroina dal gruppo del MORABITO. 23 Imputato anch‟esso nell‟originario processo “Nord-Sud” e giudicato in abbreviato. Si è qui avvalso della facoltà di non rispondere, one ne è stato prodotto dal P.M. il costituto nell‟udienza 15.5.96 con successiva acquisizione da parte della Corte con ordinanza 4.6.96. L‟interesse processuale è nella direzione di cui sopra e dai riferimenti a luoghi e personaggi di questo dibattimento che lui fa, tenuto conto che ammette ritiri di eroina dal gruppo SERGI ed in particolare indica come suo fornitore l‟INZAGHI MARIO che già aveva conosciuto a San Vittore durante una comune detenzione. “Intrattenni stabili rapporti con l‟INZAGHI per forniture di eroina... i rapporti con INZAGHI avvenivano più o meno in modo standard e cioè ci si incontrava a Corsico ed io gli chiedevo l‟eroina e lui me la faceva portare, in posti che concordavamo in precedenza, tramite qualche ragazzo di sua conoscenza. Personalmente l‟INZAGHI non faceva le consegne.... INZAGHI lo incontravo o presso il distributore del MOSCARDI GIANFRANCO... oppure in uno dei bar della zona limitrofa...” 24 Altro imputato di “Nord-Sud”, già giudicato in abbreviato: VAGHETTI PIERLUIGI (“TOBIA”). L‟interesse processuale è il medesimo: oltre al consueto “autorevole” riscontro - segnatamente per i reati di droga - ai collaboratori “storici” (MORABITO, INZAGHI, ROMEO) di questo dibattimento, anche uno “spaccato” della attività dei SERGI e dei luoghi (“uffici”) dei loro traffici, delle grosse quantità di droga trattate del loro modus operandi e della loro pericolosità. In questo dibattimento si è avvalso della facoltà di non rispondere, onde si è proceduto come sopra (tempi e modi). Ammette di essersi rivolto al MORABITO e di avere da lui ricevuto forniture di cocaina. Lo conosce da anni e del resto abita di fronte al bar Trevi di Via Bramante (già bar Jolly): “ben sapevo che presso il bar Trevi stazionavano a tutte le ore del giorno, praticamente, un gruppo di calabresi che notoriamente si sapeva nell‟ambiente essere inseriti nel commercio della droga.... e tra costoro proprio il MORABITO SAVERIO.... conoscevo i suoi amici di vista, so anche i loro nomi ma vorrei essere compreso nella gravi preoccupazioni che ho per me e per la mia famiglia e quindi non intendo fare nominativi diversi da quelli del MORABITO pur precisando, ed è il massimo che posso dire, che presso quel bar stazionava un gruppo di calabresi pressochè in pianta stabile e che si sapeva far parte dello stesso gruppo ove operava il MORABITO. Giravano con macchine da 60/70 milioni e nell‟ambiente era notorio il loro inserimento in attività illecite, non esclusa la droga, e ciò posso dirlo sia per la mia esperienza diretta e sia perchè in quel bar c‟era un viavai della Madonna...” (pag.2). Riferisce poi che MORABITO dava la cocaina facendosi coadiuvare, per le consegne, da dei ragazzi anch‟essi calabresi ed anch‟essi regolarmente presenti presso il bar di Via Bramante (pag.3): “io mi recavo al bar Trevi, contattavo uno dei ragazzi che avevo conosciuto tramite il MORABITO e fissavo con costoro un appuntamento, sempre nell‟arco della stessa giornata, e quindi avveniva, sempre in zona, la consegna. Pagavo direttamente a mani di queste persone.... non trattai mai più con lui direttamente (il MORABITO) se non dopo il primo contatto, ma sempre e solo con i suoi collaboratori....” “... sopportavano poco clienti che come me ritiravano pochi grammi di sostanza stupefacente...” (pag.3). 296 h) YASA CEMIL25 i) SALESI GIOVANNI (ammissioni parziali) l) ZUFFRANO VINCENZO26 m) MOSCARDI GIANFRANCO n) CORSO FRANCESCO GIUSEPPE27 o) GIORGI FRANCO28 Apparirà in prosieguo ancor più evidente come tali ulteriori scelte processuali abbiano giovato al rafforzamento delle già inizialmente solide prospettazioni accusatorie. Nel decreto di rinvio a giudizio è stato dato risalto ai “settori di influenza” delle dichiarazioni di coloro che collaborarono o confessarono a seguito degli arresti del 14.10.93 e d‟altro canto essi compariranno specificamente nella trattazione dei singoli episodi delittuosi. Sempre in un‟ottica di sintetica ma opportuna anticipazione di quanto verrà approfondito nelle pagine che seguiranno, vale la pena di sottolineare ancora una volta, con vigore, l‟assoluta importanza e rilevanza delle dichiarazioni rese da chi, dopo i due MORABITO, intese collaborare con l‟AG ovvero intese solo “dissociarsi” rendendo ammissioni relative solo alla propria persona. L‟insieme di tal dichiarazioni, infatti, come si vedrà, ha finito per dar vita e corpo ad un quadro accusatorio di rara efficacia ed altresì a ________________________ 25 Altra posizione di imputato definita con rito abbreviato. Lo YASA CEMIL ammette le indicazioni a suo carico fornite da MORABITO SAVERIO e da INZAGHI MARIO, e porta inoltre un valido riscontro alle indicazioni date dagli stessi collaboratori sul conto di MUSCIO MARIO e sul Gruppo di SERGI, nonchè su TOMASELLO SANTO (a questa posizione si rinvia per un approfondimento sul punto). 26 E‟ imputato che, come i precedenti, ha chiesto e ottenuto di procedere col rito abbreviato. Ha ammesso la fornitura di 10 kg. di marijuana ad opera di MORABITO ASSUNTO LUIGI, così come dal medesimo descritta. 27 E, in verità, una posizione minore. E tuttavia val la pena di ricordare che, ammesso e condannato in rito abbreviato, anche questo imputato - che qui si è avvalso della facoltà di non rispondere, con conseguente acquisizione, come sopra, dei suoi costituti - sostanzialmente ammette tutte le indicazioni fornite dal MORABITO in riferimento alla sua partecipazione al sequestro JACOROSSI. 28 Anche questa è una posizione minore ma val la pena di menzionarla in riferimento a una vicenda che, se non vi fossero anche le parole di altri collaboratori, avrebbe il sapore dell‟incredibile. GIORGIO FRANCO, indagato a piede libero in “Nord Sud” che qui si è avvalso (in parte) della facoltà di non rispondere, con le conseguenze di cui alla posizione che precede (i suoi costituti sono stati prodotti dal P.M. nella udienza 15 maggio 1996 e sono stati acquisiti con ordinanza 4 giugno 1996), conferma infatti in toto le “vicende della Libia” così come riferite da MORABITO, AMANDINI ed INZAGHI (v. partecipazione di FRANK COPPOLA, tappa a Malta etc). 297 fornire il pieno convincimento della affidabilità dei primi collaboratori. Le dichiarazioni rese da INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, PERROTTA VITTORIO, ROMEO ANNUNZIATINO e BRUNO e gli altri sopra menzionati, infatti, congiuntamente lette consentono una ricostruzione sicuramente tranquillizzante della gran parte delle originarie indicazioni fornite, in particolare, dal MORABITO SAVERIO e tale univocità consente, di converso, il raggiungimento di una positiva valutazione di attendibilità anche in riferimento, ben si intende, alle dichiarazioni delle persone sopra menzionate (e cioè di chi collaborò in seconda battuta). Non è certo di poco rilievo, infatti, il rammentare come l‟INZAGHI, l‟AMANDINI, i due ROMEO e il PERROTTA e le altre persone in questione abbiano ammesso le loro responsabilità per tutti gli episodi contestati, con dovizia di dettagli e sovente anche con integrazioni e precisazioni rispetto alle dichiarazioni rese dal MORABITO, ed in ispecie allorchè tra i reati ammessi figuravano fatti gravissimi quali omicidi e sequestri di persona. A mero titolo esemplificativo, in ordine alla efficacia della originaria chiamata in causa eseguita dal MORABITO SAVERIO, vale la pena di sottolineare la piena ed esaustiva confessione resa da SARACENO VINCENZO il quale, indicato solo e soltanto come colui che portò al MORABITO, dalla Calabria, l‟ordine di uccidere l‟avvocato PIETRO LABATE, ha inteso serenamente ammettere la propria responsabilità con ciò comprovando non solo il suo effettivo distacco dall‟ambiente mafioso, che ammise di avere frequentato, ma anche la piena affidabilità del MORABITO il quale, è bene precisarlo, aveva fornito sul conto del SARACENO indicazioni precise ed intrinsecamente attendibili ma, va detto, di per sè, per la loro stessa natura, non suscettibili - o difficilmente suscettibili - di oggettivi riscontri. Analoga efficacia sarà posta in evidenza, “mutati mutandis”, in riferimento a numerose altre scelte processuali sostanzialmente similari a quella del SARACENO. 13) La gran parte delle dichiarazioni rese da MORABITO ASSUNTO LUIGI, e di cui alla ordinanza coercitiva n. 443/93 del 7.10.93, dava successiva vita ad autonomo fascicolo processuale 298 (n.10772/93 RGNR/21) e ciò a seguito della scelta di separazione, dal presente procedimento, di tutte le vicende riguardanti le circa 40 rapine di cui riferì il MORABITO ASSUNTO LUIGI. Tale soluzione veniva adottata, sia per ragioni di economia processuale, sia perchè non ricorrevano ostative ragioni di connessione. Altri provvedimenti di separazione venivano adottati nel corso delle indagini, il più delle volte per la concomitanza di altre indagini a carico delle stesse persone o gruppi (v. ad es. stralcio per il cd. gruppo FLACHI). Altri, come si dirà, seguiranno nel corso del dibattimento. Di converso, venivano a confluire nel presente procedimento, a seguito di analoghi provvedimenti di separazione, risultanze investigative relative a procedimenti connessi riguardanti taluni degli attuali imputati. Si fa, in particolare riferimento allo stralcio disposto dal proc. pen. n. 3169/92-21 relativo alle posizioni degli imputati chiamati a rispondere dei reati compresi dal n.208 al n.219. Trattasi, in particolare, di imputazioni mosse a seguito della collaborazione prestata dal già menzionato PIRRONE VINCENZO e riguardante, appunto, vicende connesse. Dal proc. pen. n. 12602/92/21 “confluiva” nel presente procedimento anche la imputazione di cui al capo 220 e ciò, in particolare, sulla base di indicazioni fornite dal collaboratore ANNACONDIA SALVATORE. 14) In data 15.5.94 il P.M. avanzava richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di AGIL FUAT + 170 e cioè per tutti gli indagati nel procedimento in oggetto (come risultanti a seguito dei sopra menzionati provvedimenti di separazione)- con 15) Nel corso della udienza preliminare venivano formulate numerose richieste di definizione giudizio abbreviato, ed in particolare da parte dei seguenti imputati: 299 AMANDINI MICHELE AMANTE ANTONINO AMANTE PIETRO BISSONI FRANCO CERULLO PIETRO CORSO FRANCESCO G. FRISINA ANTONIO INZAGHI MARIO LANDOLINA GAETANO LO PRETE NICOLA MAIOLO PASQUALE MANFRIN ANGELO MOLLUSO FRANCESCO MORABITO ASSUNTO LUIGI MORABITO SAVERIO MUSCIO MARIO MUSCIO RICCARDO PAPALIA ROCCO LOMBARDO GIULIO ANTONINO PERROTTA VITTORIO PETRACHI ALESSANDRO PETRACHI LEONARDO PETRACHI SALVATORE PUMA MASSIMILIANO RADICE GIANLUIGI RECHICHI DIEGO SARACENO VINCENZO SCHIAVO GIUSEPPE SERGI SAVERIO (‟48) TOMARCHIO NUNZIO S. TOMASELLO SANTO VAGHETTI PIERLUIGI VIOLA ANTONIO ZAPPIA GIUSEPPE ZITO ANTONINO ZUFFRANO VINCENZO YASA CEMIL Il P.M. prestava il consenso per tutte le richieste di giudizio abbreviato con la sola esclusione per quella avanzata dall‟imputato LOMBARDO GIULIO ANTONINO ed in ragione dell‟ostativa pena massima prevista per il reato contestato allo stesso (ergastolo). Il consenso veniva formulato anche in riferimento alle posizioni di MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO e SARACENO VINCENZO per i quali, nonostante le contestazioni di reati punibili anche con la pena dell‟ergastolo, il P.M. riteneva applicabile la speciale normativa di cui all‟art.8 del D.L. 13.5.91 n.152 conv. con Legge 12.7.91 n.203. Ma il G.i.p. non aderiva a tale interpretazione, seguendo quella contraria assolutamente dominante in giurisprudenza e che questa Corte, lo si può anticipare, pienamente condivide. 16) Il rito abbreviato veniva invece ammesso dal GIP per le seguenti posizioni: 300 AMANDINI MICHELE* CORSO FRANCESCO GIUSEPPE* FRISINA ANTONIO* LANDOLINA GAETANO* MANFRIN ANGELO MORABITO ASSUNTO LUIGI* MUSCIO RICCARDO PERROTTA VITTORIO* PETRACHI SALVATORE RADICE GIANLUIGI* SCHIAVO GIUSEPPE SERGI SAVERIO (cl. 48)* TOMARCHIO NUNZIO SEBASTIANO VAGHETTI PIERLUIGI* VIOLA ANTONIO* ZAPPIA GIUSEPPE ZITO ANTONINO ZUFFRANO VINCENZO* YASA CEMIL* 17) Tutti gli indagati ammessi al rito abbreviato venivano giudicati responsabili dei reati ad essi rispettivamente ascritti (con la sola esclusione del PETRACHI SALVATORE) e per taluni di essi le decisioni sono divenute definitive, così indirettamente avvalorando il complessivo impianto accusatorio e, più in particolare l‟accreditamento del MORABITO, come personaggio attendibile e affidabile e così pure di quant‟altri come lui intesero collaborare con l‟A.G.29 18) La udienza preliminare, snodatasi in più fasi, si concludeva con il rinvio a giudizio di tutti gli indagati (con la sola esclusione di PAPALIA PASQUALE per il quale, su conforme richiesta del PM, veniva emessa sentenza di non luogo a procedere). _______________ 29 Cfr. dispositivi e sentenza per gli imputati contrassegnati dallo * prodotti dal P.M. alla udienza del 28 marzo 1995 e acquisiti al dibattimento con la citata ordinanza 13 aprile 1995 (cfr. Vol 228, sub. 161). Sentenze che sono divenute definitive per MANFRIN, MUSCIO, TOMARCHIO, SCHIAVO, ZITO (cfr. prod. P.M. del 17.1095, par. nn.4 e 5, e ordinanza acquisitiva 24.10.95) e ZAPPIA (cfr. produzione della difesa di ZAPPIA VINCENZO). 301 19) Per completezza, va altresì ricordato che avevano precedentemente optato per la scelta del giudizio immediato (cui faceva seguito il relativo decreto, ex art.453/3 e 419/5 c.p.p.) i seguenti indagati: DI MARCO SALVATORE GUZZARDI ANTONINO LO COCO GIUSEPPE MARINO SALVATORE MEDICI EMANUELE PINO GIACINTO PISANI SAVERIO ROSARIO SCHIATTARELLA VINCENZO VITALE ANTONINO 20) Ulteriori acquisizioni investigative, ex art.430 c.p.p..., ovvero esiti di accertamenti provenienti da altre separate indagini, ovvero ancora esiti di altri procedimenti penali, andavano ancora a rafforzare il quadro probatorio del presente procedimento così come delineato dalla Pubblica Accusa. Ci si intende riferire: a) alle acquisizioni relative ad altri dibattimenti, e di cui alle liste presentate ex art. 468/4bis c.p.p. Trattasi di risultanze che assumono rilevanza e concludenza in ragione del loro incastro perfetto con il materiale probatorio già proprio del presente procedimento; b) agli ulteriori arresti di imputati che, avendo beneficiato della revoca della misura coercitiva emessa nei loro confronti nel presente procedimento, erano stati nuovamente colpiti, in autonome indagini, da provvedimenti restrittivi sempre per fatti analoghi (v. ad es. MOSCARDI GIULIANO ed ESPOSITO GIUSEPPE, arrestati ancora una volta per violazione della Legge Stupefacenti); c) alle ulteriori acquisizioni derivanti da dichiarazioni di altri collaboratori, per taluni dei quali la scelta di collaborazione era stato possibile alla P.A. rendere palese solo in epoca successiva alla 302 udienza preliminare.Trattasi di dichiarazioni utili ad evidenziare nuovi elementi di responsabilità a carico di imputati nel presente procedimento e di notevole rilevanza probatoria in quanto anch'esse in grado di aderire perfettamente al materiale probatorio già acquisito (v. ad esempio le dichiarazioni rese da SAKIROGLU MUSTAFÀ SADUN , a seguito delle quali veniva emessa nuova ordinanza coercitiva a carico , tra gli altri, di SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO per traffico di stupefacenti, ovvero, le ulteriori e più recenti dichiarazioni rese da CIULLA SALVATORE, PERROTTA VITTORIO, FUSCALDO GIUSEPPE ed altri); d) agli esiti di procedimenti penali (tra i tanti, v. la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano, in data 8.2.95, nell'ambito del procedimento a carico di PAPALIA ANTONIO (cl.'75), PAPALIA FRANCESCO, BARBARO LORENZO e ROMEO ANTONIO. Trattasi di pronunzia che, in ambito di indagine autonoma, riconosce i predetti come responsabili, tra l'altro, del reato p. e p. dall'art. 416 bis C.P. "per aver fatto parte di una associazione di tipo mafioso facente capo al cosiddetto clan PAPALIA (oggetto del procedimento n. 443/93 RG mod. 21)...". Trattasi, come ben si intende, di una importante conferma -sia pure nei limiti indicati nella ordinanza 13 aprile 1995 di questa Corte- della provata esistenza di uno dei gruppi criminali protagonisti nel presente procedimento, conferma che, probatoriamente parlando, assume ancor più rilevanza ove si consideri che nella fase dibattimentale del procedimento sopra indicato hanno avuto ingresso taluni atti ritenuti di primaria importanza nel procedimento penale a carico di AGIL FUAT ed altri (v., ad esempio, gli interrogatori resi da MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO, PIRRONE MAURIZIO ed altri); e) alla riconosciuta attendibilità ed affidabilità della scelta di collaborazione effettuata da MORABITO SAVERIO, così come già esplicitamente evidenziata in sentenze emesse in procedimenti nei quali il predetto fu interrogato ex art. 210 C.P.P. (v. ad esempio, oltre quanto già osservato nel paragrafo che precede: la (2°) sentenza di appello emessa nel procedimento riguardante la cd. "Duomo Connection". Di altre importanti conferme giudiziarie della affidabilità dei "dichiaranti" che interessano questo processo si dirà più avanti). 303 Queste, a grandi linnee, le principali vicende caratterizzanti la fase delle indagini preliminari del presente procedimento: In data 23 febbraio 1995, si apriva il dibattimento. Dopo le prime ordinanze (tra le quali quelle relative alla separazione di talune posizioni e alla declaratorie contumaciali30, nonché alla sospensione, ex art.304/2 c.p.p., dei termini massimi di custodia cautelare di fase31), ne seguivano numerose altre sulle più varie tematiche, spesso sollecitate anche dalla applicazione del nuovo rito penale a dibattimenti - come questo- di lunga durata, con molti imputati (da ultimo, per evenienze diverse:133) e una elevata molteplicità di addebiti. Non resta che rinviare ad esse, come parte integrante della presente sentenza, segnalando tra esse: le seguenti:32 ___________________________________________ 30 Ordinanze del 23 febbraio 1995. 31 Ordinanza del 25 marzo 1995 Per BARBARO GIUSEPPE cl. 48, arrestato il 28 settembre 1995, i termini verranno sospesi con ordinanza 21 febbraio 1996. Per BRANCA DOMENICO la cui posizione è stata inizialmente separata con ordinanza 27 settembre 1995 dalle altre del c.d. troncone principale e quindi riunita su richiesta delle stesse sue difese, con ordinanza 8 aprile 1997 la sospensione dei termini massimi di custodia cautelare della fase dibattimentale è stata disposta con ordinanza 29 febbraio 1996 (v.sul punto, la dettagliata nota al Capo di imputazione 76). 32 Tra le ordinanza che sono state pronunciate dalla Corte su questioni o richieste delle difese si ritiene utile ricordare le principali, nell'ordine che segue. Una menzione separata meritano comunque le ordinanze relative alla posizione del c.d. Gruppo SERGI (SALVATORE AQUINO, FRANCESCO SERGI cl.56, GIUSEPPE SERGI, FRANCESCO SERGIcl.68,PAOLO SERGI, SAVERIO SERGI cl.68, FRANCESCO TRIMBOLI e GIUSEPPE ZAVETTIERI ) e, in particolare, l'ordinanza 29 aprile 1997 in qualche modo "riepilogativa " di talune questioni concernenti la posizione dell'imputato PAOLO SERGI e questo, vuoi per le vicende processuali di tale posizione (in sede di discussione in un primo tempo separata dal processo principale e poi nuovamente unita ad esso), vuoi per la singolarità e "atipicità " della difesa tecnica che l'ha assistita (con riferimento anche all'intero Gruppo): AGIL FAUT 23.02.1995 AGOSTINO ROCCO 28.03.1995 05.11.1996 AGRESTA ANTONINO: 28.03.1995 06.12.1995 18.07.1996 26.09.1996 304 07/11/1996 12/11/1996 25/03/1997 ALFONSI MARCO 28/03/1995 13/04/1995 AMANTE ANTONINO 28/03/1995 13/04/1995 AMANTE GIOVANNI 28/03/1995 13/04/1995 18/07/1996 26/09/1996 AMANTE PIETRO 28/03/1995 13/04/1995 18/07/1996 AMBROSIO CARMINE 23/02/1995 13/04/1995 26/09/1996 08/01/1997 AQUINO SALVATORE 23/02/1995 01/03/1995 13/04/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 18/07/1996 05/11/1996 23/04/1997 BARBARO DOMENICO 28/03/1995 13/04/1995 12/03/1996 18/04/1996 BARBARO GIUSEPPE (cl. 56) 23/02/1995 13/04/1995 BARBARO GIUSEPPE (cl. 59) 28/03/1995 13/04/1995 12/06/1996 BARBARO GIUSEPPE (cl. 48) 23/02/1995 13/04/1995 17/010/95 21/02/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 305 BENEDETTO GIUSEPPE 28.09.1998 BIFFI SIRO FRANCESCO 13.04.1995 17.10.1995 BISSONI FRANCO 13.04.1995 15.11.1995 18.07.1996 BOMBARA MICHELE 28.03.1995 13.04.1995 05.11.1996 12.11.1996 BOMBARA NICOLINO 28.03.1995 18.07.1996 05.11.1996 BONANNO LUIGI 28.03.1995 BRANCA DOMENICO 23.02.1995 13.04.1995 27.09.1995 18.06.1996 08.04.1997 CALABRO' FRANCESCO 28.03.1995 18.07.1996 CAMMARERI DOMENICO 28.03.1995 CARBONE PASQUALE 28.03.1995 13.04.1995 CAROLLO ANTONINO 09.03.1995 28.03.1995 13.04.1995 CARUSO ROBERTO 28.03.1995 18.07.1996 CATANZARITI AGOSTINO 28.03.1995 CELINI VINCENZO 28.03.1995 CERULLO PIETRO 28.03.1995 13.04.1995 24.10.1995 15.11.1995 11.06.1996 12.06.1996 27.06.1996 18.07.1996 306 CIAMPA ANTONIO 13/04/1995 COLUCCIO GIUSEPPE 28/03/1995 13/04/1995 05/11/1996 CORNIGLIA FEDERICO 28/03/1995 13/04/1995 26/10/1995 11/06/1996 27/06/1996 18/07/1996 26/09/1996 CRISAFULLI ALESSANDRO 28/03/1995 03/04/1995 25/10/1995 CRISAFULLI BIAGIO 23/02/1995 03/04/1995 13/04/1995 25/10/1995 D'ANGELO ANIELLO 13/04/1995 18/07/1996 26/09/1996 DI MARCO SALVATORE 09/03/1995 DISCEPOLO LUIS VINCENT 23/02/1995 DUCHINI DINO 13/04/1995 12/06/1996 18/07/1996 FERRARO ANTONIO 13/04/1995 FERRERO WALTER 28/03/1995 13/04/1995 18/07/1996 26/09/1996 08/01/1997 FONTANA VINCENZO 28/03/1995 FRANCHETTI ALESSANDRO 28/03/1995 GIRGENTI GASPARE 28/03/1995 13/04/1995 26/09/1996 GRASSO GIOVANNI 05/11/1996 GRILLO MICHELE 28/03/1995 307 GUZZARDI ANTONINO 09.03.1995 GUZZARDI CARLO MAURIZIO 09.03.1955 INZAGHI MARIO 28.11.1995 IOFFRIDA LEONE LUIGI 13.04.1995 LENA GIULIO 23.02.1995 13.04.1995 LO COCO GIUSEPPE 09.03.1995 LOMBARDO GIULIO A. 28.03.1995 13.04.1995 18.07.1996 LOPEZ PATINO SERGIO L. 23.02.1995 13.04.1995 LO PRETE NICOLA 28.03.1995 05.11.1996 MAIOCCHI ROBERTO 28.03.1995 13.04.1995 18.07.1996 MALLAMACE ANTONIO 28.03.1995 18.07.1996 MAMMOLITI DOMENICO(cl.62) 23.02.1995 MANCUSO GIANFRANCO 13.04.1995 MARANDO DOMENICO 09.03.1995 MARANDO PASQUALE 09.03.1995 MARANDO ROSARIO 09.03.1995 MARINO SALVATORE 28.03.1995 13.04.1995 18.07.1996 MAZZU' SAVERIO 23.02.1995 MEDICI EMANUELE 28.03.1995 13.04.1995 26.10.1995 02.04.1996 22.05.1996 11.06.1996 04.07.1996 18.07.1996 308 26/09/1996 MIRABELLA GIUSEPPE 28/03/1995 13/04/1995 18/06/1996 MOLLUSO FRANCESCO 28/03/1995 18/07/1996 MORABITO SAVERIO 15/05/1995 MOSCARDI GIANFRANCO 13/04/1995 MOSCARDI GIULIANO 09/03/1995 MUFATO ANGELO 28/03/1995 13/04/1995 17/10/1995 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 MUSCIO MARIO 28/03/1995 13/04/1995 02/05/1997 MUSICO' ANTONINO 13/04/1995 18/07/1996 MUSITANO ANTONIO 23/02/1995 13/04/1995 17/10/1995 06/12/1995 07/02/1996 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 MUZZUPAPPA GIUSEPPE 23/02/1995 13/04/1995 NIRTA ANTONIO 28/03/1995 13/04/1995 26/03/1996 18/06/1996 18/07/1996 NIRTA DOMENICO 23/02/1995 09/03/1995 NIRTA GIUSEPPE (cl. 65) 09/03/1995 NIRTA GIUSEPPE (cl. 60) 27/06/1996 18/07/1996. 309 NIZZOLA FRANCESCO 23/02/1995 27/09/1995 NUCARA ALESSANDRO 28/03/1995 13/04/1995 24/04/1996 12/06/1996 18/06/1996 10/07/1996 18/07/1996 ORIO UMBERTO 28/03/1995 PANAIA ANTONIO 28/03/1995 PAOLUCCI ANTONIO 28/03/1995 13/04/1995 28/09/1995 18/07/1996 PAPALIA ANTONIO 28/03/1995 13/04/1995 12/03/1996 24/04/1996 14/05/1996 22/05/1996 11/06/1996 27/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 12/11/1996 PAPALIA DOMENICO 02/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 12/03/1996 02/04/1996 14/05/1996 22/05/1996 27/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 PAPALIA GIUSEPPE 28/03/1995 24/04/1996 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 PAPALIA ROCCO 28/03/1995 13/04/1995 24/04/1996 310 22/05/1996 18/07/1996 05/11/1996 PARISI ANTONIO 28/03/1995 13/04/1995 23/04/1996 18/07/1996 05/11/1996 PARISI DOMENICO 28/03/1995 13/04/1995 18/07/1996 05/11/1996 PEDRANI ROBERTO 28/03/1995 03/04/1995 27/06/1996 18/06/1996 05/11/1996 PELLIZZERI BIGIO 28/03/1995 13/04/1995 PERRE FRANCESCO 23/02/1995 PETRACCHI LEONARDO 18/07/1996 PINO GIACINTO 23/02/1995 PISANI SAVERIO ROSARIO 13/04/1995 PIZZATA GIOVANNI 28/03/1995 PUGLISI CARMELO 13/04/1995 27/06/1996 26/09/1996 PUMA MASSIMILIANO 13/04/1995 RECHICHI DIEGO 28/03/1995 11/06/1996 ROMEO FRANCESCO 13/04/1995 27/06/1996 ROMEO GIUSEPPE 23/02/1995 RUBINO CIRO 13/04/1995 27/06/1996 18/07/1996 SAFFIOTI VINCENZO 28/03/1995 26/09/1996 05/11/1996 311 SALERNO DOMENICO 23/02/1995 SALESI GIOVANNI 09/03/1995 28/03/1995 02/04/1996 SANGIORGIO GIOVANNI B. 13/04/1995 SARACENO VINCENZO 13/04/1995 SAVOCA SALVATORE 23/02/1995 SCHIATTARELLA VINCENZO 28/03/1995 13/04/1995 26/10/1995 SCOLLO AGATINO 09/03/1995 28/03/1995 18/07/1996 SERGI FRANCESCO (cl. 68) 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 23/04/1997 SERGI FRANCESCO (cl. 56) 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 12/11/1996 23/04/1997 SERGI GIUSEPPE 09/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 312 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 23/04/1997 SERGI PAOLO 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 12/11/1996 11/03/1997 09/04/1997 18/04/1997 22/04/1997 23/04/1997 29/04/1997 SERGI SAVERIO(cl. 68) 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 05/11/1996 23/04/1997 SGAMBELLONE MARIO 13/04/1995 SOMNEZ MUSTAFA' 23/02/1995 STRANGIO ANTONIO 23/02/1995 13/04/1995 27/09/1995 STRANGIO FILIPPO 13/04/1995 STRANGIO FRANCESCO 23/02/1995 13/04/1995 18/07/1996 TOMASELLO SANTO 23/02/1995 313 09/03/1995 13/04/1995 TRICHILO ANTONIO 28/03/1995 TRIMBOLI DOMENICO (cl. 61) 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 26/09/1996 23/04/1997 TRIMBOLI DOMENICO (cl. 59) 28/03/1995 13/04/1995 05/11/1996 TRIMBOLI FRANCESCO 23/02/1995 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 17/10/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 23/04/1997 TRIMBOLI ROCCO 23/02/1995 09/03/1995 TROPIANO FRANCESCO 13/04/1995 21/02/1996 VIOLI ANTONIO 28/03/1995 13/04/1995 11/06/1996 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 VIOLI PASQUALE 13/04/1995 VIOLI SALVATORE 23/02/1995 VIRGILLITO GAETANO 23/02/1995 314 * 9 marzo 1995, su questioni preliminari (eccezioni varie di nullità e/o inutilizzabilità e di res iudicata; questioni relative al ______________________________________________________________________ VITALE ANTONINO 28/03/1995 13/04/1995 ZACCO ANTONINO 28/03/1995 06/12/1995 28/05/1996 18/07/1996 26/09/1996 07/11/1996 12/11/1996 ZAPPIA VINCENZO 13/04/1995 18/07/1996 ZAVETTIERI GIUSEPPE 09/03/1995 28/03/1995 13/04/1995 15/05/1995 18/10/1995 19/10/1995 23/10/1995 13/03/1996 12/06/1996 18/07/1996 26/09/1996 05/11/1996 23/04/1997 ZINGHINI' DOMENICO 13/04/1995 PER TUTTI 23/02/1995 02/03/1995 09/03/1995 13/04/1995 30/06/1995 07/11/1995 06/12/1995 21/02/1996 22/05/1996 29/04/1997 02/05/1997 315 contenuto del fascicolo del dibattimento; di riunione al p.pen. AGIL FUAT di altri procedimenti, taluni dei quali pervenuti a contestuale dibattimento a seguito della richiesta di giudizio immediato di cui si è detto; di separazione, per contro, di altre posizioni e loro trasmissione ad AA.GG. diverse per eventuale loro riunione a procedimenti pendenti avanti le medesime 33 : in punto di " stralcio" di altre posizioni cfr. anche ordinanze 23 febbraio 199534 , 27 settembre 199535 , 28 settembre 199536 , 25/26 ottobre 199537 e 8 gennaio 199738 ); * 13 aprile 1995, sulle richieste di prove orali e documentali ( ordinanza con la quale, tra l'altro, la Corte enuncia i criteri di utilizzo dei documenti acquisiti, segnatamente quelli provenienti dall'indagine preliminare o da istruttorie di vecchio rito o da separati dibattimenti e delibera sulla "formulazione" dei vari capitoli di prova orale hinc et hinde proposta, nonché sulla loro rilevanza e ammissibilità39 : giudizio, quest'ultimo, ripreso con la ordinanza 12 giugno 1996 all'esito della istruttoria dibattimentale a carico)40; ___________________ 33 Con questa ordinanza sono state "stralciate" le posizioni di: MARANDO PASQUALE, MARANDO DOMENICO e MARANDO ROSARIO; di TRIMBOLI ROCCO, NIRTA GIUSEPPE e NIRTA DOMENICO; DI MARCO SALVATORE; GUZZARDIA ANTONINO e GUZZARDI MAURIZIO. 34 Con la quale sono state " stralciate" le posizioni di PINO GIACINTO e SAVOCA SALVATORE. 35 Con la quale sono state "stralciate" le posizioni di NIZZOLA FRANCESCO e STRANGIO ANTONIO. 36 Con la quale è stata separata la posizione di BENEDETTO GIUSEPPE: 37 38 39 Con la quale sono state separate le posizioni di CRISAFULLI BIAGIO e CRISAFULLI ALESSANDRO. Con la quale è stata separata la posizione di AMBROSIO CARMINE Tutte le fonti di prova ( documentale e non) utilizzate nella motivazione della presente sentenza, ove non illustrate nella loro utilizzabilità e valenza probatoria nella specifica sede in cui sono state richiamate, devono quindi intendersi utilizzate e valutate alla stregua dei criteri esposti in questa ordinanza. Merita poi ricordare che, tra le varie acquisizioni documentali, molte sono state quelle concernenti sentenze non irrevocabili e ordinanze di custodia cautelare e molte, parallelamente, sono state le obiezioni avanzate dalle difese degli imputati alla loro producibilità in giudizio. La Corte, con ripetute ordinanze conformi(sul punto) a quella sopra citata (v. pagg. 2 e 3 ),ha disatteso tali obiezioni e ha ritenuto la acquisibilità di tali documenti e la loro utilizzabilità probatoria (s'intende, non con la valenza di cui all'art. 238 bis) con riferimento al principio del libero convincimento di cui all'art. 192/1 e alla primaria finalità del processo penale, id est l'accertamento della verità. Oltre ai precedenti giurisprudenziali citati nella richiamata ordinanza 13 aprile 1995, vale la pena ricordare questi ultimi della S.C: " In tema di prova documentale, poichè l'art.234 c.p.p. ricomprende, genericamente, nella nozione di documento tutto ciò che è caratterizzato dal requisito della scrittura e, quindi, anche le sentenze non irrevocabili e 316 * 30 giugno 1995 ( in punto - come altra successiva del 22 maggio 1996 - di attività integrativa d'indagine e di altre importanti acquisizione istruttorie, nonché - unitamente alle ordinanze 15 maggio, 17 e 26 ottobre e 7 novembre 1995 e 7 febbraio 1996 - su procedura e sequenze da imprimere al corso di esami e controesami, nonché sulle modalità di acquisizione dei relativi costituti d'indagine preliminare); * 18 luglio 1996 ( che delibera, tra l'altro, in punto di acquisizione dei verbali di interrogatori resi dagli imputati nel corso dell'indagine preliminare 41 ; sulle richieste di "confronto" avanzate ______________________________________________________________________ le ordinanze di custodia cautelare emesse in procedimenti diversi, di tali atti è possibile l'acquisizione al processo; da essi, tuttavia, non può trarsi la prova dei fatti ivi descritti, essendo la piena valenza probatoria riservata espressamente dalla legge alle sole sentenze divenute irrevocabili (art. 238 bis c.p.p.). Ciò non esclude, tuttavia, che il giudice, in base al libero convincimento, possa dai predetti provvedimenti trarre elementi di giudizio, anche favorevoli all'imputato e comunque finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè l'accertamento della verità." ( Cass. Sez. 2, 16.1.1996 - 10.5.1996, RV. 204767). Nello stesso senso, con riferimento anche alle ordinanze di convalida di arresto e di fermo, cfr. Cass. Sez. 3 , 4.12.1996 - 6.2.1997, RV. 207300 . Con riferimento, invece, alla emissione di una misura cautelare, cfr. Cass. Sez. 2, 17.10.1996 - 11.11.1996, RV. 206279. 40 Seguiranno nel corso del dibattimento, è appena il caso di precisarlo, numerose altre ordinanze di ammissione di nuove prove per esame o per lettura (segnatamente con riferimento a verbali di prove raccolte in dibattimenti "paralleli", e questo sotto il duplice profilo: e dell'arricchimento del materiale probatorio raccolto in questa sede ai fini del giudizio di responsabilità, e della riprova di "affidabilità" delle fonti di prova quivi sperimentate. 41 Si riporta, "in parte qua", il testo della ordinanza, che varrà in prosieguo quale esplicitazione di dette acquisizioni. In altre parole, ogniqualvolta si farà riferimento, nella parte motiva della presente sentenza, ai verbali di interrogatori predibattimentali resi dagli imputati, per le modalità, le ragioni e le finalità della acquisizione di detti costituiti, si intenderà implicitamente richiamata codesta ordinanza. " 2) Sulle richieste avanzate dal P.M. nella udienza del 4 luglio 1996, preso atto che nessuna obiezione è stata sollevata dalle difese entro il termine loro assegnato della successiva udienza 10 luglio ( cfr. aff. 19.720), la Corte così decide: Si tratta di tre faldoni, contenenti i verbali di interrogatorio resi da imputati di questo procedimento nel corso della indagine preliminare ad esso relative o in istruttorie di vecchio rito poi riaperte e confluite in questo dibattimento. Sono divisi in tre categorie, a secondo della condotta tenuta nel corso del dibattimento. Ossia, a secondo che * si siano avvalsi della facoltà di non rispondere ( contrassegnati da un "NO"). * non si siano presentati nell'udienza in cui era fissato il loro esame ( contrassegnati da un "Ass. " o da un " cont." a secondo che vi sia stata assenza o contumacia); * abbiano consentito all'esame, ma siano stati oggetto di c.d. contestazione probatoria ( contrassegnati dalla lettera "C ") 317 Il P.M. chiede che, previa lettura, tali costituti entrino a far parte del fascicolo del dibattimento: i primi due gruppi, ex art. 513, l'ultimo ex art. 503. Tra questi atti vi sono inoltre, in alcuni casi, memorie scritte o missive provenienti dagli imputati, di cui pure il P.M. chiede l'acquisizione ex art. 237. Entrambe le richieste sono legittime e quindi da accogliere, disposta la loro lettura come per legge. I documenti ovvero i verbali da unire agli atti concernono i seguenti imputati: 1) AGOSTINO ROCCO, 18/10/93 GIP Catanzaro (NO) e missiva 6.2.94, ex art. 237. 2) AGRESTA ANTONIO, 29.10.93, GIP Asti (NO) 3) ALFONSI MARCO 28.10.93, GIP Ascoli Piceno (NO) 4) AMANTE ANTONINO 29.10.93, GIP Milano (NO) 5) AMANTE GIOVANNI 17.10.93, GIP Milano e 23.12.93, P.M. Milano (NO) 6) AMANTE PIETRO 16.10.93, GIP Milano e 6.11.93, P.M. Milano (C) 7) ATZENI GIAMPIERO 17.10.93, GIP Milano e 19.11.93, P.M. Milano (Ass.) 8) BOMBARA MICHELE 16.10.93, GIP Locri, 15.3.94, P.M. Milano (NO) 9) BOMBARA NICOLINO 16.10.93, GIP Locri (NO) 10) BARBAGALLO SALVATORE 25.10.93, GIP Catania e 1.11.93, PM Milano (Ass.) 11) BARBARO DOMENICO 29.10.93, GIP Palmi (C) 12) BARBARO GIUSEPPE ('59), 29.10.93, GIP Palmi (NO) 13) BIFFI SIRO FRANCESCO, 17.10.93, GIP Milano (C) 14) BISSONI FRANCO, 22.10.93, GIP Milano (NO) 15) BONANNO LUIGI, 29.10.93, GIP Ferrara (NO) 16) CALABRO' FRANCESCO, 22.12.93, GIP Milano (Ass.) 17) CAMMARERI DOMENICO, 16.10.93, GIP Milano e 2.12.93, P.M. Milano (Ass.) 18) CARBONE DOMENICO, 16.10.93, GIP Milano e 12.4.94, P.M. Milano ( Ass.) 19) CARBONE PASQUALE, 29.10.93, GIP Milano e 15.3.94, P.M. Milano (C) 20) CAROLLO ANTONINO, 16.10.93, GIP Milano; 9.02.94, PM Milano; 22.03.94 PM Milano; 6.4.94 P.M. Milano (NO) 21) CARUSO ROBERTO, 22.10.93 GIP Milano (C) 22) CATANZARITI AGOSTINO, 29.10.93 GIP S. Maria Capua Vetere e 18.11.93 GIP Milano (C) 23) CELINI VINCENZO, 22.10.93 GIP Milano (NO) 24) CERULLO PIETRO, 16.10.93 GIP Milano e 6.11.93 P.M. Milano (C) 25) CIAMPA ANTONIO, 16.10.93 GIP Milano; 8.2.94, P.M. Milano ; 7.3.94 GIP Cremona (Ass.) 26) CODISPOTI GIOVANNI, 17.10.93 GIP Milano; 19.01.94 PM Milano; 3.03.94 PM Milano (Ass.) 27) COLUCCIO GIUSEPPE, 30.10.93 GIP Catanzaro (NO) 28) CORNIGLIA FEDERICO, 29.10.93 GIP Milano; 16.02.94, GIP Milano (C) 29) D'ANGELO ANIELLO, 16.10.93 GIP Milano (C) 30) DUCHINI DINO, 29.10.93 GIP Milano, confronto con MORABITO SAVERIO 29.3.94 P.M. Milano; 14.6.94 PM Milano; 27.09.90 PM Bergamo (C) 31) ESPOSITO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano; 22.12.93 PM Milano (NO) 32) FERRARO ANTONIO, 27.04.94 GIP Locri (C) 33) FERRERO WALTER, 29.10.93 GIP Padova; 20.01.94 PM Milano (C) 34) FONTANA VINCENZO , 27.10.93 GIP Milano (NO) 35) FRANCHETTI ALESSANDRO, 16.10.93 GIP Milano (C) 36) GIRGENTI GASPARE, 27.10.93 GIP Milano (NO) 37) GRASSO DOMENICO, 28.10.93 GIP Roma; 26.10.93 PM Milano; 27.10.9 (NO) 38) GRASSO GIOVANNI, 29.10.93 GIP Biella; 22.12.92 PM Torino; 22.12.92 PM Torino (NO) 318 39) GRILLO MICHELE, 29.10.93 GIP Melfi; 15.12.93 PM Milano; confronto con Gen.F. DELFINO del 25.1.94 PM Milano (Ass.) 40) IOFRIDA LEONE LUIGI, 16.10.93 GIP Cosenza (C) 41) LA ROSA GAETANO, 27.10.93 GIP (a Volterra) (NO) 42) LO COCO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano (C) 43) LOMBARDO G. ANTONINO, 16.30.93 GIP Milano e missiva del 27.6.95 (C) 44) LOPRETE NICOLA, 22.10.93 GIP Milano (C) 45) MAIOCCHI ROBERTO, 16.10.93 GIP Milano; 22.02.94, P.M. Milano (C) 46) MAIOLO PASQUALE, 17.10.93 GIP Milano e 19.11.93 P.M. Milano (NO) 47) MALLAMACE ANTONIO, 16.10.93 GIP Milano; 22.02.94 P.M. Milano (C) 48) MAMMOLITI DOMENICO ('68), 7.05.94 GIP Locri (Ass.) 49) MAMOLITI ROCCO, 30.10.93 GIP Catanzaro (NO) 50) MAMMOLITI SEBASTIANO, 16.10.94 GIP Cosenza (Ass.) 51) MANCUSO GIANFRANCO, 16.10.93 GIP Torino; 19.01.94 PM Milano (C) 52) MARINO SALVATORE, 29.10.93 GIP Milano (C) 53) MAZZU' SAVERIO, 16.10.93 GIP Milano; 14.01.94 PM Milano (cont.) 54) MEDICI EMANUELE, 25.10.93 GIP (C) 55) MIRABELLA GIUSEPPE, 29.10.93 GIP Torino (C) 56) MOLLUSO FRANCESCO, 22.10.93 GIP Milano; 5.11.93 PM Milano; 9.12.93 GIP Milano; 26.09.75 G.I. Milano; 30.05.77 PM Milano; 7.7.7 7 G.I. Como; 10.11.77 G.I. Milano (C) 57) MOSCARDI GIANFRANCO, missiva del 29.5.96 (ex 237); 16.10.93 GIP Milano; 14.01.94 PM Milano; 8.04.94 PM Milano + memoriale (Ass.) 58) MOSCARDI GIULIANO, 16.10.93 GIP Milano (NO) 59) MUFATO ANGELO, 22.10.93 GIP Milano e 5.11.93 PM Milano (C) 60) MUSCIO MARIO, 16.10.93 GIP Milano; 23.11.93 PM Milano; 16.05.94 PM Milano (C) 61) MUSICO' ANTONINO, 22.10.93 GIP Milano; 22.02.94 PM Milano (C) 62) MUZZUPAPPA GIUSEPPE, 15.10.93 GIP REGGIO EMILIA (cont) 63) NIRTA ANTONIO, 29.10.93 GIP S.Maria Capua Vetere; 18.11.93 GIP Milano; 15.12.93 PM Milano (C) 64) NIRTA GIUSEPPE, 29.10.93 GIP Bari; 5.02.94 PM Milano (C) 65) ORIO UMBERTO, 11.01.94 GIP Milano; 4.02.94 PM Milano (C) 66) PANAIA ANTONIO, 22.10.93 GIP Milano (NO) 67) PAOLUCCI ANTONIO, 19.10.93 GIP Livorno (NO) 68) PAPALIA ANTONIO, 16.10.93 GIP Palmi; 13.12.93 GIP Milano; 13.01.94 PM Milano (C) 69) PAPALIA DOMENICO, 16.10.93 GIP Roma; 25.10.93 PM Milano (C) 70) PAPALIA GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano (NO) 71) PAPALIA ROCCO, 16.10.93 GIP Milano; 11.11.93 GIP Milano; 15.12.93 GIP Milano; 15.3.94 PM Milano (C) 72) PARISI ANTONIO, 17.10.93 GIP Milano (C) 73) PARISI DOMENICO, 16.10.93 GIP Milano; 5.03.94 GIP Brescia (NO) 74) PEDRANI ROBERTO, 29.10.93 GIP Milano; 18.12.93 PM Milano (copia); 18.12.93 PM Milano (originale) (C) 75) PELLIZZERI BIAGIO, 17.10.93 GIP Milano; 3.03.94 PM Milano (C) 76) PETRACHI ALESSANDRO, 26.10.93 GIP Milano (C) 77) PETRACHI LEONARDO, 16.10.93 GIP Milano (C) 78) PISANI SAVERIO ROSARIO, 22.10.93 GIP Milano; 5.05.94 PM Milano (Ass.) 79) PIZZATA GIOVANNI, 29.10.93 GIP Milano; 23.05.94 PM Milano (NO) 80) PORRO CARLO, 22.10.93 GIP Milano (C) 319 da taluni di essi e/o di ulteriori acquisizioni dibattimentali di prove orali o documentali); __________________________________ 81) PUGLISI CARMELO , 29.10.93 GIP Civitavecchia (NO) 82) PUMA MASSIMILIANO, 22.10.93 GIP Milano; 11.01.94 PM Milano (C) 83) QUARTUCCIO LUIGI, 29.10.93 Gip Padova; 20.01.94 PM Milano (Ass.) 84) RECHICHI DIEGO, 16.10.93 GIP Milano (NO) 85) ROMEO FRANCESCO, 16.10.93 GIP Milano (C) 86) ROMEO GIUSEPPE, 16.10.93 GIP LOCRI ((cont.).) 87) RUBINO CIRO, 16.10.93 GIP Verona; 2.12.94 PM Milano (C) 88) SAFFIOTI VINCENZO, 22.02.94 GIP Palmi; 6.05.94 GIP Milano; 3.05.94 PM Milano (C) 89) SALERNO DOMENICO, 16.10.93 GIP Padova; 20.01.94 PM Milano (cont.) 90) SALESI GIOVANNI, 29.10.93 GIP Terni; 28.02.94 PM Milano; 9.06.94 PM Milano; 5.07.93 PM Firenze; 5.08.93 PM Firenze; 4.11.93 PM Firenze (NO) 91) SANGIORGIO G. BATTISTA, 16.10.93 GIP Milano; 8.02.94 PM Milano (Ass.) 92) SCHIATTARELLA VINCENZO, 27.10.93 GIP Milano (NO) 93) SCOLLO AGATINO, 27.10.93 GIP Milano (NO) 94) SERGI FRANCESCO ('56),, 16.10.93 GIP Milano; 19.05.94 PM Milano (NO) 95) SERGI FRANCESCO ('68), 29.10.93 GIP Perugia (NO) 96) SERGI GIUSEPPE, 16.10.93 GIP Milano; 8.02.94 PM Milano (NO) 97 ) SERGI PAOLO, 16.10.93 GIP Milano; 18.05.94 PM Milano (NO) 98) SERGI SAVERIO, 22.10.93 GIP Milano; 22.02.94 PM Milano (NO) 99) SGAMBELLONE MARIO, 22.10.93 GIP Milano (C) 100) STRANGIO FILIPPO, 27.10.93 GIP Milano (NO) 101) STRANGIO FRANCESCO, 16.10.93 GIP Cosenza (cont.) 102) TOMASELLO SANTO, 29.10.93 GIP Pesaro (cont,) 103) TRICHILO ANTONIO, 15.12.93 GIP MILANO; 22.10.93 PM Milano; 2.02.94 PM Milano; missiva 2.11.93; 26.5.77. PG di Milano; 31.5.77 PM Milano; 20.7.77 G.I. Como; 21.10.77 G.I. Milano; missiva del 1977 (senza data); missiva del 1977 (3.11.77 ?); missiva del 10.10.77; missiva del 12.11.77 (NO) 104) TRIMBOLI DOMENICO cl. 61, 17.10.93 GIP Milano (C) 105) TRIMBOLI FRANCESCO, 29.1.94 GIP Milano (NO) 106) TRIMBOLI VINCENZO, 16.10.93 GIP Milano; missiva 9.12.93 Carcere Mantova; 21.12.93 PM Milano; 1.02.94 PM Milano; 31.03.94 PM Milano; 17.06.94 PM Milano (C) 107) TROPIANO FRANCESCO, 13.01.94 GIP Milano; 14.01.94 GIP Milano; 22.03.94 PM Milano (Ass) 108) VIOLI ANTONIO, 17.10.93 GIP Milano (C) 109) VIOLI PASQUALE, 16.1093 GIP Milano (Ass) 110) VIOLI SALVATORE, 16.10.93 GIP Milano (cont.) 111) VIRGILLITO GAETANO, 17.1093 GIP Milano (cont) 112) VITALE ANTONINO, 22.10.93 GIP Milano; 13.01.94 PM Milano (NO) 113) ZACCO ANTONINO, 28.10.93 GIP Roma; 26.10.93 PM Milano (C) 114) ZAPPIA VINCENZO, 18.10.93 GIP Milano (NO) 115) ZAVETTIERI GIUSEPPE, 18.10.93 GIP Milano (NO) 116) ZINGHINI DOMENICO, 27.10.93.GIP Milano; 2.02.94 PM Milano (NO) 320 * 5 novembre 1996 (che chiude l'istruttoria dibattimentale pronunziandosi sulle relative ultime istanze dei difensori)42 . Nel ___________________ 42 Si ritiene utile indicare le fonti di prova orale escusse, la loro qualità (se: testimoni, imputati di questo dibattimento o in procedimenti separati per reato connesso o collegato - I.R.C. - e quindi sentiti ex art, 210 c.p.p.) e, ove "colllaboratori di giustizia" e sottoposti a programma di protezione, se essi abbiano deposto in aula (segnati in neretto) o se, invece, si siano avvalsi della facoltà di non deporre (segnati in corsivo). Collaboratori di giustizia "di fatto" sono solo due: PERROTTA VITTORIO, che ha deposto, e SARACENO VINCENZO, che si è avvalso della facoltà di non deporre. Gli altri I.R.C. che si sono avvalsi della facoltà di non deporre sono contraddistinti dalla sottolineatura del loro nominativo (i verbali dei loro interrogatori"istruttori" sono stati prodotti dal P.M. nella udienza 15 maggio 1996 e sono stati acquisiti dalla Corte con ordinanza 4 giugno 1996). Della condotta processuale tenuta dagli imputati di questo processo, sotto questo profilo, si è già fatta menzione in precedente nota con richiamo della ordinanza dibattimentale 18 luglio 1996, e tuttavia se ne rinnova qui la tipologia. L'indicazione come fonte di prova, nella parte motiva delle sentenza, di detti "colllaboratori" processuali, comporterà, alla stregua della precisazione testè fatta, implicito rinvio al dato documentale (acquisito al fascicolo del dibattimento con apposita ordinanza) del verbale di interrogatorio reso in altra sede o in precedente fase, Eccone l'indice: AGRESTA ANTONIO (IMPUTATO ud, 30/05/96, non ha risposto) ALBINI ENRICO (TESTE ud. 02/04/96) ALFONSO GRAZIANO (TESTE ud. 23/01/96) ALTOMONTE NADIA (TESTE ud.01/02/96) AMANDINI MICHELE (I.R.C. ud. 19/12/95- 20/12/95 - 21/12/95 - 09/01/96) AMANTE ALFONSO (I.R.C. ud. 18/01/96) AMANTE MARIA (TESTE ud. 14/03/96) AMANTE PIETRO (IMPUTATO ud. 26/06/96) AMOROSO TERESA (TESTE ud. 02/07/96) ANDRESI UMBERTO (TESTE ud. 25/01/96) ANNACONDIA SALVATORE (I.R.C. ud. 19/03/96 ANTILOPE DANIELA (TESTE ud: 14/02/96) ANTILOPE EMANUELA (TESTE ud. 14/02/96) ANTILOPE RINO (TESTE ud: 14/02/96) ANTONELLO GIOVANNI (TESTE ud. 01/02/96) ARANITI SANTO (I.R.C. ud. 20/06/96) ARCADI GIUSEPPE (I.R.C. ud. 20/06/96) ARIOSTO SALVATORE (TESTE ud. 30/01/96) ARMANO MAURIZIO (TESTE us: 03/07/96) ARONICA CARMELO (TESTE ud. 28/02/96 ARTUSO LUIGI (I.R.C. ud. 16/04/96) AVESANI SUSANNA (TESTE ud. 30/01/96) AZTORI AUGUSTO (TESTE ud. 15/02/96) BABBINI MARCO (TESTE ud. 07/02/96) BALBONI GIOVANNI (TESTE ud. 22/02/96) BALDUZZI PIERO (TESTE ud. 14/02/96) BANCONE FORTUNATO (TESTE ud. 01/02/96) BARBARO ANNA (TESTE ud. 22/02/96) BARBARO DOMENICO (IMPUTATO ud. 04/06/96) 321 BARBARO GIUSEPPE cl. '48 (IMPUTATO ud. 04/06/96) BARBARO GIUSEPPE cl: '59 (IMPUTATO ud. 19/06/96, non ha risposto) BARIATTI VINCENZO Avv. (TESTE ud. 17/01/96) BARRECA FILIPPO (I.R.C. 18/07/96- 12/03/96) BARTEZAGHI GIORGIO (TESTE ud. 16/01/96) BASIRICO' ENZO (TESTE ud.13/02/96) BATTIATO GIROLAMO (TESTE ud. 06/02/96) BAYKAL KENAN (I.R.C. - ud. 19/03/96) BECHERINI GIULIANA (TESTE ud. 20/02/96) BENEDETTI PIETRO, PERITO (TESTE ud. 30/01/96 - 28/03/96 - 23/05/96) BERNARD FRANCO (TESTE ud. 13/02/96) BERTOLA FABRIZIO (TESTE ud. 27/06/96) BERTOLINI GIOVANNI (TESTE ud. 23/01/96) BERTO LOREDANA (RESTE ud. 22/02/96) BERTOLONE VINCENZO, mar.(TESTE ud. 28/02/96) BEVACQUA GIOVANNI cap. (TESTE ud. 28/02/96) BEVILACQUA NICOLA (TESTE ud: 20/03/96) BIANCHESSI FERRUCCIO (TESTE ud. 28/02/96) BIANCO MICHELE (I.R.C. ud. 28/02/96) BIFFI SIRO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 12/06/96) BILLI GIUSEPPINA (TESTE ud. 03/07/96) BIONDINI GRAZIELLA (TESTE ud. 13/02/96) BIRONDI ATTILIO (TESTE ud. 08/02/96) BISESI DOMENICA (TESTE ud.06/02/96) BISSONI FRANCO (IMPUTATO ud. 4/06/96, non ha risposto) BOMBARA NICOLINO (IMPUTATO ud. 30/05/96, non ha risposto) BOMBARA MICHELE (IMPUTATO ud. 30/05/96, non ha risposto) BOMPADRE LUIGI (TESTE ud.07/02/96) BONANNO LUIGI (IMPUTATO ud.04/06/96, non ha risposto) BONATTO GIANPIERO (TESTE ud. 27/02/96) BONIZZONI GIORGIO (TESTE ud. 25/01/96) BONOMI EMILIO (TESTE ud. 13/02/96- 02/04/96) BONZANO ROBERTO (TESTE ud. 14/02/96) BORRELLI ANDREA (TESTE ud. 18/01/96) BORTOLOZZO PAOLO (TESTE ud. 29/02/96) BOTTI CLAUDIO (TESTE ud. 16/01/96) BOTTIROLI GIOVANNI (TESTE ud. 15/02/96) BOVIO RENATO (TESTE ud. 16/01/96) BRANDONE ALBERTO, perito (TESTE ud. 04/07/96) BRENICCI (I.R.C. ud. 16/01/96) BRESSAN EDELMINO (TESTE ud. 16/01/96) BRIGNOLI UGO (TESTE ud. 15/02/96) BRUGI ANGELO (TESTE ud. 03/07/96) BUFFA SALVATORE (TESTE ud. 01/02/96) BULGARI GIORGIO LINO (I.R.C. ud. 29/02/96) CABRI AMILCARE (TESTE ud. 07/02/96) CAGNONI LUIGI (TESTE ud. 08/02/96) CALAU RAOUL Ispettore (TESTE ud. 28/02/96) CALLIPARI MARIA (TESTE ud. 08/02/96) CALVI PINUCCIO (TESTE ud. 13/03/96- 28/03/96) 322 CAMPARI CARLO (TESTE ud. 17/01/96) CANELLI NICOLA (TESTE ud. 23/01/96) CANGEMI, Maresciallo (TESTE ud. 18/07/96) CANNAO' STEFANO (TESTE ud. 24/01/96) CAPITANO ELISABETTA (TESTE ud. 01/02/96) CAPPELLINI GIOVANNI (TESTE ud. 23/01/96) CAPPUCCIO BERNARDINO (TESTE ud. 13/02/96) CARANGI GABRIELE (TESTE ud. 24/01/96) CARBONARA ADDOLORATA (TESTE ud. 22/02/96 - 27/06/96) CARBONE DOMENICO (I.R.C. ud. 27/06/96) CARBONE PASQUALE (IMPUTATO ud. 04/06/96) CARBONE ROCCO (TESTE ud. 02/07/96) CARBONE SANTINO Ispettore (TESTE ud. 25/01/96 -06/02/96) CARDONA MARCELLO (TESTE ud. 08/02/96) CARLUCCIO LUCIO Dottore (TESTE ud. 14/02/96) CARNACCINI ALBERTO (TESTE ud. 13/02/96) CARNEVALE PALMINA TESTE (ud. 22/02/96) CARNEVALE PASQUALE (TESTE ud. 19/03/96) CAROPPO ANTONIO (TESTE ud. 06/03/96) CARRERA GIUSEPPE (TESTE ud. 27/03/96) CARULLI ANTONIO (TESTE ud. 23/01/96) CARUSO ROBERTO (IMPUTATO ud. 04/06/96) CASAGRANDE ROBERTO (TESTE ud. 07/02/96) CASELLA CESARE (TESTE ud. 24/01/96 - 28/05/96) CASSANIELLO LEONARDO (I.R.C. ud. 23/05/96) CASSARA' FRANCESCO (TESTE ud. 15/02/96) CATANZARITI ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96) CATANZARITI VINCENZO (TESTE ud. 27/06/96) CATANZARITI AGOSTINO (IMPUTATO ud. 05/06/96) CATTANEO ALESSANDRO (TESTE ud. 16/01/96) CATTANEO ENZO (TESTE ud. 20/02/96) CATTANEO EVELINA (TESTE ud. 23/01/96) CATUSCELLI GIOVANNI (TESTE ud. 15/02/96) CATTURINI ELSA (TESTE ud. 01/02/96) CAVAGNINI SILVANO (TESTE ud. 02/04/96) CAVALLARO ALESSANDRA (TESTE ud. 25/01/96) CAZZANIGA DINO professore (TESTE ud. 13/02/96) CELINI VINCENZO (IMPUTATO ud. 05/06/96) CERONE ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96) CERRI SERGIO (TESTE ud. 14/02/96) CERULLO PIETRO (IMPUTATO ud. 05/06/96) CIARINI LUIGI (TESTE ud. 17/01/96) CICCONE GABRIELE (TESTE ud. 14/02/96) CINIERO PIETRO (TESTE ud. 30/01/96) CIRILLO VITTORIO (TESTE UD. 28/03/96) CIULLA SALVATORE (I.R.C. ud. 21/02/96) CIVATI SILVANA (TESTE ud. 13/02/96) CLEMENTE PASQUALE (TESTE ud. 13/03/96) CLIVIO ANTONIO (I.R.C. ud. 02/07/96) COGLIANO CLAUDIO (TESTE ud. 14/03/96) COLACE PASQUALE (TESTE ud. 30/01/96) 323 COLTRARO SALVATORE (TESTE ud. 28/03/96) CONTALDO ANGELA (TESTE ud. 25/01/96) CONTESSINI SUSANNA (TESTE ud. 04/07/96) CORNIGLIA FEDERICO (IMPUTATO ud. 05/06/96) CORSO FRANCESCO GIUSEPPE (I.R.C. ud. 20/02/96) COTIGNOLA RICCARDO (TESTE ud. 30/01/96) CREMONESI MARIA AUSILIA (TESTE ud. 13/02/96) CRISAFULLI GAETANO (TESTE ud. 15/02/96) DALL'OGLIO VASCO (TESTE ud. 13/03/96) DATTOLO PASQUALE (TESTE ud. 20/03/96) DE BARTOLO ROSARIO (TESTE ud. 03/07/96) DE LUCA GIOVANNI (TESTE ud. 06/02/96) DE MANA PIETRO (TESTE ud. 01/02/96) DE NOBILE ROLANDO (TESTE ud. 05/03/96 -06/03/96) DE STEFANO FABRIZIO (TESTE ud. 22/02/96 - 03/07/96) DEBOLA GIOVANNI Avv. (TESTE ud. 17/01/96) DEL GIUDICE MICHELE (TESTE ud. 22/02/96) DELLA ROCCA GIOVANNI (TESTE ud. 16/01/96) DEMONTIS DELIO (TESTE ud. 08/02/96) DI BENEDETTO MONTANO (I.R.C. ud. 21/03/96) DI BELLA ANTONINO (TESTE ud. 08/02/96) DI BELLO MARISA (TESTE ud. 25/01/96) DI CENSI IVAN ALBERTO (TESTE ud. 20/02/96) DI DONATO MICHELE (I.R.C. ud: 19/03/96) DI GIOVANNI SERGIO, Capitano (TESTE ud: 07/02/96) DI GIOVINE SANTA MARGHERITA (I.R.C. ud. 19/03/96) DI MODICA LUIGI (I.R.C. ud: 26/03/96) DI SAPIO (TESTE ud: 14/02/96) DUCHINI DINO (IMPUTATO ud. 13/06/96) DURHEIM MADELENE IVETTE (TESTE ud. 06/02/96) D'ANGELO ANIELLO (IMPUTATO ud. 05/06/96) D'ANGELO FABRIZIO (TESTE ud. 27/06/96) D'ANGELO ROSANNA (TESTE ud. 27/06/96) D'ANTUONO LUIGI (TESTE ud. 20/03/96) D'ASCOLA ANNA LUCE (TESTEA ud. 13/02/96) D'ISANTO VINCENZO, Colonnello (TESTE ud. 06/02/96) FALZONE FRANCESCO (TESTE ud. 20/03/96) FARINA ANNA (TESTE ud. 22/02/96) FARINA ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96 -27/06/96) FARINA UMBERTO (TESTE ud. 03/07/96) FELETTI ADRIANA (TESTE ud. 13/02/96) FEMIA DOMENICO (TESTE ud. 29/10/96) FERRARI SERENA (TESTE ud. 08/02/96) FERRARO ANTONIO (IMPUTATO ud. 05/06/96) FERRERO WALTER (IMPUTATO ud. 06/06/96) FIORAVANTE LAVINIA (TESTE ud. 18/01/96) FIORE SERAFINO (TESTE ud. 14/03/96) FORNARI ELIGIO (TESTE ud. 17/01/96) FORTE LIDIA (TESTE ud. 07/02/96)) FOSCHINI VITTORIO (I.R.C. ud. 23/04/96 - 24/04/96) FOTI MILENA (TESTE ud. 02/07/96) 324 FRANCHETTI ALESSANDRO (IMPUTATO ud. 30/05/96) FRISINA ANTONIO (I.R.C. ud.21/02/96) FRUSTAGLI ANTONELLA (TESTE ud. 01/02/96) FUSCALDO GIUSEPPE (I.R.C. ud. 14/03/96) FUSCO ROMANO (TESTE ud. 24/01/96) GABETTA SERGIO (TESTE ud. 13/02/96) GALBIATI RITA (TESTE ud. 16/01/96) GALLO CARMINE , Ispettore (TESTE ud. 24/01/96 - 05/03/96 -02/04/96 - 14/05/96 - 15/05/96 - 28/05/96) GALLO GENNARO (TESTE ud. 20/03/96) GANDOLFO GIUSEPPE (TESTE ud. 28/02/96) GASTALDI MASSIMO (TESTE ud. 24/01/96) GATTI MAURIZIO, Ispettore (TESTE ud. 06/03/96 - 20/03/96 - 14/05/96 -23/05/96) GATTI MAURIZIO, Dottore (TESTE ud. 14/05/96) GATTUSO ROSARIA (TESTE ud. 03/07/96) GELONESE GIUSEPPE (TESTE ud. 14/03/96) GERBINO GIUSEPPA (TESTE ud. 02/07/96) GIANVITO MARIO (TESTE ud. 27/03/96) GIOIA SABATO (TESTE ud. 22/02/96) GIORDANO ANGELO, Maresciallo (TESTE ud: 27/06/96) GIORGI FRANCO (I.R.C. ud. 20/02/96) GIORGI MARIO (TESTE ud. 16/01/96) GOY CARLO, Professore (TESTE ud.02/04/96) GRANOZIO LORENZO (TESTE ud. 27/06/96) GRECO MARIA (TESTE ud: 13/02/96) GRIFANTINI ANNA MARIA (TESTE ud. 17/01/96) GRISANTI MILLO (TESTE ud. 02/07/96) GUFFANTI ROBERTA (TESTE ud.08/02/96) GUIDETTI GIACOMO (TESTE ud. 16/01/96) IACOROSSI ANGELO (TESTE ud. 17/01/96) IACOROSSI OVIDIO (TESTE ud. 17/01/96) IANNI' SIMON (I.R.C. - ud. 19/03/96) INCARBONE SALVATORE (TESTE ud. 07/02/96) INTEGLIA LUIGI (TESTE ud. 29/02/96) INVERNIZZI FRANCA (TESTE ud. 14/02/96) INZAGHI MARIO (IMPUTATO ud. 28/11/95- 29/11/95 - 30/11/95 - 05/12/95 - 06/12/95) IOFFRIDA LEONE LUIGI (IMPUTATO ud. 06/06/96) ISMAN FABIO (TESTE ud. 18/01/96) IZZO IGINO (TESTE ud. 30/01/96) LA FRANCA AGOSTINO (TESTE ud. 15/02/96) LA ROSA ANDREA (TESTE ud. 06/02/96) LA ROSA CAROLINA (TESTE ud. 06/02/96) LAGANA' MARIA GRAZIA (TESTE ud. 29/10/96) LANDOLINA GAETANO (I.R.C. ud. 20/02/96) LANDOLINA TOMMASO (TESTE ud. 01/02/96) LANZI ALESSIO Avv. (TESTE ud. 19/03/96) LARELLI SERGIO (TESTE ud. 29/02/96) LAURO GIACOMO (I.R.C. ud. 12/03/96) LENA SANDRA, Ispettore (TESTE ud. 06/02/96) 325 LEONE ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96) LEONE A. (TESTE ud. 20/03/96) LIGATO PASQUALE (TESTE ud. 15/02/96) LO COCO GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 06/06/96) LO PRETE NICOLA (IMPUTATO ud. 26/06/96) LOIODICE (TESTE ud. 28/03/96) LOMBARDO GIULIO ANTONINO(IMPUTATO ud.26/06/96) LONGONI MARIO (TESTE ud. 27/03/96) LOTTA MICHELANGELO (TESTE ud. 15/02/96) LUCENTE AMEDEO (TESTE ud. 15/02/96) LUCENTE AMEDEO (TESTE ud. 10/07/96) MACRI' ENRICO (TESTE ud. 17/01/96) MADAFFARI ANNA MARIA (TESTE ud. 25/01/96) MADAFFARI GIACOMO (TESTE ud. 19/03/96) MAIOCCHI ROBERTO (IMPUTATO ud. 19/03/96) MALLAMCACE ANTONIO (IMPUTATO ud. 11/06/96) MANCA PIETRO (TESTE ud. 08/02/96) MANCA RENZO (TESTE ud. 08/02/96) MANCUSO ANNA (TESTE ud. 30/01/96) MANCUSO GIANFRANCO (IMPUTATO ud. 02/07/96) MANGO GIOVANNI (TESTE ud. 02/07/96) MANICONE NUNZIA ( TESTE ud. 24/01/96) MANNARINO GIANFRANCO (TESTE ud. 06/02/96) MANZONI GIUSEPPE(TESTE ud.13/02/96) MARAGGIA ROSANNA (TESTE ud. 20/02/96) MARCELLO ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96) MARCHINI ANNA CARLA (I.R.C. ud. 16/04/96) MARINO GUIDO, Dottore (teste ud. 06/02/96) MARINO SALVATORE (IMPUTATO ud. 11/06/96) MAROTTA ANTONIO (TESTE ud. 27/06/96) MAROTTA OLGA (TESTE ud. 25/01/96) MARTINI ANNA CARLA (TESTE ud. 16/04/96) MARTORANA ALFONSO (TESTE ud.23/01/96) MARZANO SALVATORE (TESTE ud. 13/02/96) MASCAGNI TONINO (TESTE ud.20/02/96) MASCIOCCHI GIUSEPPE (TESTE ud. 14/02/96) MASTROPIETRO MICHELE (TESTE ud. 18/07/96) MAZZILLI ANTONIO (TESTE ud. 01/02/96) MEDICI EMANUELE (IMPUTATO ud. 11/06/96) MEDICI MATTEO (TESTE ud. 11/07/96) MENEGATO CLAUDIO (TESTE ud. 14/02/96) MENTANA GAETASNO (TESTE ud. 13/02/96) MENTO ANTONINO (TESTE ud. 13/03/96) MERLINO GIUSEPPE (TESTE ud. 22/02/96) MIRABELLA GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 11/06/96) MOLLUSO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 12/06/96) MONTI MARCO (TESTE ud. 27/02/96) MORABITO SAVERIO (IMPUTATO ud. 15/05/96 - 16/05/95 - 17/05/95 -18/05/95 - 22/05/95 - 23/05/95 25/05/95 - 05/06/95 - 07/06/95 - 12/06/95 - 13/06/95 - 14/06/95 - 26/06/95 - 27/06/95 - 28/06/95 - 29/06/95 27/09/95 - 28/09/95 - 17/10/95 - 18/10/95 - 19/10/95 - 23/10/95 - 24/10/95 - 25/10/95 - 26/10/95 - 07/11/95 09/11/95 - 24/05/95 26/09/95 08/11/95 14/05/96) 326 MORABITO ANTONIO (TESTE ud. 22/02/96) MORABITO ASSUNTO LUIGI (I.R.C. ud. 14/1195 - 15/11/95 - 16/11/95) MOREO CESARINA (TESTE ud. 30/01/96) MORO GIAMPIETRO (TESTE ud. 18/04/96) MOSCONI ERNESTO (TESTE ud. 20/02/96) MOTTO MADDALENA (I.R.C. ud. 28/02/96) MUFATO ANGELO (IMPUTATO ud. 12/06/96) MURANDO GIANNA (TERSTE ud. 13/02/96) MUSCARI ANTONIO (TESTE ud. 27/03/96) MUSCIO MARIO (IMPUTATO ud. 12/06/96) MISICO' ANTONINO (IMPUTATO ud. 270/06/96) MUSITANO ANTONIO (IMPUTATO ud. 19/06/96) NALLI EUSAPIA (TESTE ud. 01/02/96) NANI RENATO (TESTE ud. 14/02/96) NANNI GIUSEPPINA (TESTE ud.14/02/96) NICOLI NICOLETTA (TESTE ud. 23/01/96) NIRTA ANTONIO (IMPUTATO ud. 20/06/96) NIRTA GIUSEPPE (IMPUTATO ud. 12/06/96) NIZZOLA ORESTE (TESTE ud. 07/02/96) NOBILE GAETANO (I.R.C. - ud. 21/03/96) NUCARA ALESSSANDRO (IMPUTATO ud. 12/06/96, non ha risposto) NUCCIONI MARIO (TESTE ud. 18/07/96) NUCERA FRANCESCO (I.R.C. ud. 21/03/96) NUGNES EMILIO (TESTE ud. 08/02/96) OLIVERI FRANCO (TESTE ud. 14/05/96) OLLARI MARINO (TESTE ud. 23/01/96) ORIO UMBERTO (IMPUTATO ud. 30/05/96) ORTOLANI STEFANO (TESTE ud. 07/02/96) PACE SALVATORE (I.R.C. ud. 18/04/96) PADRE GIUSEPPE BRUNETTA (TESTE ud. 170/01/96) PAGGINI SANTI (TESTE ud. 20/03/96) PANEDURO FRANCESCO (TERSTE ud. 07/02/96) PANETTA GABRIELE (TESTE ud. 20/02/96) PANETTA GIUSEPPE (I.R.C. ud. 12/03/96) PAPALIA ANTONIO cl. '54 (IMPUTATO ud. 13/06/96) PAPALIA DOMENICO cl. '45 (IMPUTATO ud. 13/06/96) PAPALIA GIUSEPPE cl. '61 (IMPUTATO ud. 13/06/96, non ha risposto) PAPALIA ROCCO cl. '50 (IMPUTATO ud. 13/06/96) PARISI ANTONIO cl. '62 (IMPUTATO ud. 13/06/96) PARISI DOMENICO cl. '59 (IMPUTASTO ud. 13/06/96, non ha risposto) PATACCINI FRANCO (TESTE ud. 07/02/96) PAZIENZA ANTONIO (I.R.C. ud. 29/02/96) PECORARO VINCENZO (TESTE ud. 29/02/96) PEDRANI ROBERTO (IMPUTATO ud. 18/06/96) PELLE ANTONIO (I.R.C. ud. 11/07/96) PELLEGRINO ANGELO, Colonnello (TESTE ud. 23/05/96) PELLIN DANIELE (TESTE ud. 17/01/96) PELLIZZERI BIAGIO (IMPUTATO ud. 18/06/96) PERICOLI LEONIDA (TESTE ud. 17/01/96) PERILLI DANIELE (TESTE ud. 20/03/96) 327 PERRA FERNANDO (TESTE ud. 13/02/96) PERRE FRANCESCO(TESTE ud. 25/01/96) PERRE GIUSEPPE (TESTE ud. 01/02/96) PERRE MARIA (TESTE ud. 01/02/96) PERROTTA VITTORIO (I.R.C. ud. 21/02/96) PETA IRMA (TESTE ud. 06/02/96) PETRACHI ALESSANDRO (IMPUTATO ud. 18/06/96) PETRACHI LEONARDO (IMPUTATO ud. 13/06/96) PICCOLO SALVATORE (TESTE ud. 30/01/96) PIOGGIA GIUSEPPINA (TESTE ud. 27/03/96) PIOL GIANFRANCO (TESTE ud. 27/02/96) PIPPA ANTIMO (TESTE ud. 30/01/96) PIRRONE MAURIZIO (I.R.C. ud. 10/01/96 - 11/01/96 - 16/01/96) PITASI DEMETRIO (TESTE ud. 06/02/96) PLACIDA VINCENZO (TESTTE ud. 15/02/96) POMPONI VIRGILIO (TESTE ud. 08/02/96) PORRO CARLO (IMPUTATO ud. 18/06/96) PRIMAVERA GIUSEPPE, Maresciallo (TESTE ud. 0702/96) PRINCIOTTA CARIDDI GIUSEPPE (TESTE ud. 07/02/96) PUMA MASSIMILIANO (IMPUTATO ud. 18/06/96) RAIMONDO ANTONIO (TESTE ud. 02/07/96) RAMUNDO ANTONIO (TESTE ud. 07/02/96) RASPONE GIANCARLO (TESTE ud. 15/02/96) RAVAGNATI PAOLO (TESTE ud. 06/02/96) REA TULIO (TESTE ud. 28/02/96 - 27/03/96) RECHICHI DIEGO (IMPUTATO ud. 18/06/96, non ha risposto) RETTORI LIDIA (TESTE ud. 14/02/96) RICCI CARLO (TESTE ud. 11/07/96) RIZZO GAETANO (TESTE ud. 20/03/96) ROMANO NUNZIO (TESTE ud. 14/02/96) ROMEO ANNUNZIATINO (I.R.C. ud. 03/04/96 - 10/04/96 - 11/04/96 - 16/04/96 - 17/04/96) ROMEO BRUNO (I.R.C. ud. 18/04/96) ROMEO FRANCESCO (IMPUTATO ud. 19/06/96) RUBINO CIRO (IMPUTATO ud. 19/06/96) RUSSO FRANZ, Avvocato (TESTE ud. 02/04/96) RUTIGLIANO MARIO (TESTE ud. 07/02/96) SACCOMANNO, Ispettore (TESTE ud. 18/04/96) SACRIPANTI LUIGI (I.R.C. ud. 21/03/96) SAFFIOTI VINCENZO (IMPUTATO ud. 25/06/96) SAINAGHI ANNIBALE (TESTE ud. 25/01/96) SALA CLAUDIO (TESTE ud. 30/01/96) SALAMONE PLACIDO (TESTE ud. 07/02/96) SALESI GIOVANNI (TESTE ud. 18/06/96, non ha risposto) SALIGARI ELISA , perito (TESTE ud. 13/03/96) SALVATI VITTORIO (TESTE ud. 28/02/96) SANFELICI ALDO (TESTE ud. 14/02/96) SANFELICI DINO (TESTE ud. 01/02/96) SANFELICI MAURIZIO (TESTE ud. 01/02/96) SANTACROCE MARIAGRAZIA (TESTE ud. 06/02/96) SANTACROCE CIFARIELLO MARISA (TESTE ud. 14/02/96) 328 SANTO CARUSO (TESTE ud. 29/10/96) SANTORO ARCANGELO (TESTE ud. 20/02/96) SAPIA SALVATORE (TESTE ud.29/02/96) SAPIENZA ANDREA AGATINO (I.R.C. ud. 29/02/96) SARACENO VINCENZO (IMPUTATO ud. 28/05/96) SAUSA GIOACCHINO (TESTE ud. 20/03/96) SAVIGNANO ROBERTO, Ispettore (TESTE ud. 08/02/96) SCAFFIDI ALFREDO (TESTE ud. 17/01/96) SCALARI GIUSEPPE (TESTE ud. 16/01/96) SCALERA GIUSEPPE (TESTE ud. 30/01/96) SCAMBIA ANTONIO (I.R.C. ud. 21/03/96) SCARCELLA ANGELA (TESTE ud. 19/03/96) SCARPA GIOVANNI (TESTE ud. 17/01/96) SCAVO AGOSTINO (TESTE ud. 22/02/96) SCHEMBARI VINCENZO (TESTE ud. 15/02/96) SCHETTINI ANTONIO (I.R.C. ud. 21/05/96 - 22/05/96) SCIBONA, Colonnello (TESTE ud. 16/01/96) SCIGLITANO PAOLINO (TESTE ud. 02/07/96) SCORPANITI ANTONIO (TESTE ud. 14/02/96) SCROFANI PAOLO (TESTE ud. 15/02/96) SEGHEZZI ALESSANDRO (I.R.C. ud. 27/02/96) SENNECA ANTONIO (TESTE ud. 14/03/96) SERGI FRANCESCO cl. '56 (IMPUTATO ud. 20/06/96, non ha risposto) SERGI GIUSEPPE cl. '53 (IMPUTATO ud. 20/06/96,nonha risposto) SERGI PAOLO cl. '48 (IMPUTATO ud. 20/06/96), non ha risposto) SERGI SAVERIO cl. '68 (I.R.C. ud. 20/02/96) SERGI ANTONINO (TESTE ud. 27/02/96) SFORZI GIULIA (TESTE ud. 13/02/96) SGAMBELLONE MARIO (IMPUTATO ud. 19/06/96) SGRO' BENITO (TESTE ud. 25/01/96) SOZZI ARMANDO (TESTE ud. 02/04/96) SPAGNOLO VINCENZO (TESTE ud. 30/01/96 SPANO' FRANCESCO (TESTE ud. 27/02/96) SPINA GIUSEPPE (TESTE ud. 20/03/96) SPINELLI ANNABELLEA (TESTE ud. 22/02/96) SPINELLI MICHELE (TESTE ud. 13/03/96) STURIALE ROSARIO (TESTE ud. 30/01/96) STUTO FELICE (TESTE ud. 27/06/96) SUPERTI AMEDEO (TESTE ud. 25/01/96) TASSONE MARIO (TESTE ud. 28/02/96) TEMPORITI ELISA (TESTE ud. 30/01/96) TOCCI GIORGIO (I.R.C. ud. 26/03/96) TOIA FIORENZO (TESTE ud. 14/02/96) TOMASI GIANFRANCO (TESTE ud. 30/01/96) TOMEO CARMELO (TESTE ud. 18/01/96 - ud. 23/01/96) TORTOIOLI GIAMPIETRO (TESTE ud. 13/02/96) TOSTO GIUSEPPE (TESTE ud. 13/03/96) TRICARICO MARIO (TESTE ud. 28/02/96) TRIMBOLI DOMENICO cl. 61 (IMPUTATO ud. 25/06/96) TRIMBOLI DOMENICO cl.'59 (IMPUTATO ud. 25/06/96, non ha risposto) TRIMBOLI FRANCESCO cl. '54 (IMPUTATO ud, 25/06/96 , non risponde) 329 corso di detta istruttoria, il "paniere" probatorio si arricchiva del contributo di numerosi altri personaggi, taluni collaboratori processuali e altri no, che per un verso davano ennesimi riscontri alle principale fonti di accusa del presente dibattimento (ci si riferisce ai noti MORABITO, INZAGHI, AMANDINI, ROMEO, ecc.), e per altro verso ulteriormente irrobustivano il già consistente quadro probatorio proposto alla Corte dalla Parte Pubblica a carico dei presenti imputati: Tra tali contributi merita sin d'ora ricordare - lasciando al prosieguo della trattazione su specifici temi relativi a singoli imputati la menzione delle altre acquisizioni - quelli di: _____________________________________________________________________________ TRIMBOLI ROCCO (I.R.C. ud. 20/06/96) TRIOLO CARMELO (TESTE ud. 22/02/96) TRIPODI PIETREO (I.R.C. ud. 16/01/96) TUCCI GIOVANNI ( TESTE ud. 18/01/96) TUCCI LUCIANO (I.R.C. ud. 29/02/96) TUCCI PAOLO (TESTE ud. 21/02/96) TUFANO DOMENICO (TESTE ud. 01/02/96 - 23/01/96) TURIELLO ROBERTO (TESTE ud. 25/01/96) URSO CONO (TESTE ud. 28/02/96) VATTIATO GIROLAMO (TESTE ud. 06/02/96) VAGHETTI PIERLUIGI (I.R.C. ud. 20/02/96) VALLO ANTONIO (I.R.C. ud. 16/04/96) VALLONE PIETRO (TESTE ud. 10/07/96) VALOTTI DONATELLA (TESTE ud. 07/02/96) VARONE VINCENZO (TESTE ud. 27/02/96) VENEROSO UGO (TESTE ud. 25/01/96) VENTRIGLIA LUIGI (TESTE ud. 20/02/96) VINCENSI IVAN ALBERTO (TESTE ud. 20/02/96) VINCI COSIMO (TESTE ud. 23/01/96) VIOLA ANTONIO (I.R.C. ud. 14/05/96) VIOLI ANTONIO (IMPUTATO ude. 20/06/96) VISMARA ALESSANDRO (TESTE ud. 23/01/96) VOTTARI GIUSEPPE (TESTE ud. 0702/96) VOTTARI SEBASTIANO (TESTE ud. 13/02/96) ZACCO ANTONINO (IMPUTATO ud. 26/06/96) ZAGARI ANTONIO (I.R.C. ud. 14/03/96) ZAMPARINI DOMENICO (TESTE ud. 13/03/96) ZANETTI LUIGI (TESTE ud. 16/01/96) ZANFORLIN CRISTIANO (TESTE ud. 07/02/96) ZANINI DOMENICO (I.R.C. ud. 28/02/96 - 14/03/96 ZANINI GRAZIANO (TESTE ud. 13/03/96) ZAPPIA VINCENZO (IMPUTATO ud. 26/06/96, non ha risposto) ZAZZANI NEVIA (TESTE ud.25/01/96) ZUFFRANO VINCENZO (I.R.C. ud. 18/01/96) ZULLO GENNARO (TESTE ud. 18/01/96) 330 - BAIKAL KENAN43 __________________ 43 BAYKAL KENAN si è avvalso, come già si è visto, della facoltà di non deporre all'udienza del 19 marzo 1996, onde si sono acquisiti gli esami da lui resi in separato procedimento (c.d. processo BRUZZANITI e altri: Vol. 191, par. 3), La parte principale delle dichiarazioni del BAYKAL è già riepilogata nella ordinanza di custodia cautelare in carcere del 2.10.1993, nella parte relativa, in particolare, agli omicidi CAVALLARO e CAMPODIPIETRA. Analogamente, la si legge nelle sentenze (di 1° grado, di Appello e di Cassazione) relative al c.d. "processo BAYKAL" di cui si tornerà a parlare tra breve: In merito si veda anche -per quanto di ragione e nei limiti probatori già puntualizzati- l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nel processo BAYKAL e di cui al cit. vol. 191 par. 1. Importante contributo probatorio, quello del BAIKAL, in quanto egli, in sintesi, porta indicazioni utili a comprovare il coinvolgimento in traffici di droga, che merita sin d'ora lumeggiare nel dar conto del progressivo incremento dibattimentale del "paniere" probatorio, a carico di: 1) CALABRO' FRANCESCO 2)SERGI FRANCESCO 3)MORABITO SAVERIO 4)PARISI ANTONIO 5)SERGI PAOLO Per ciò che riguarda CALABRO' FRANCESCO, si può aggiungere che l'imputato è già stato condannato in via definitiva in relazione alle predette accuse: Resta, quindi, il dato del suo comprovato inserimento nei traffici in questione peraltro proprio in epoca coincidente con le indicazioni fornite dal MORABITO (fino al febbraio 1988. Per ciò che riguarda gli altri componenti il gruppo SERGI, si può anche anticipare (il discorso verrà naturalmente ripreso in occasione della trattazione delle singole posizioni) che il collaboratore: - riconosce nella foto di MORABITO SAVERIO tale "GIANNI di CORSICO.. costui fa parte di un gruppo che ha ricevuto dal BAYBASIN un quantitativo di 74 Kg di eroina ed io lo conobbi durante una trattativa per definire il pagamento in sospeso e ciò su richiesta del BAYBASIN... è un calabrese e non so come sia finita la questione. So, tuttavia, che costui fece uccidere o uccise personalmente due italiani in via Fra, Cristoforo e si chiamavano PIERO CAVALIERI e GIANFRANCO, se non erro....seppi di tale duplice omicidio da parte di tali FUAT e MUSTAFA' SONMEZ di cui dirò .....suo cognato (del CAVALIERI e cioè come intuibile CAVALLARO: n.d.r.) dovrebbe essere turco di origine armena e vive a Milano in Via Vitruvio. Questo GIANNI frequenta tali FRANCO, il fratello di questo FRANCO, entrambi calabresi, e si ritrovano spesso presso un benzinaio in Corsico che so essere gestito da un certo MOSCARDI GIANFRANCO che io, però non ho mai conosciuto ... alle trattative per il debito vantato dal BAYBASIN erano presenti oltre al GIANNI, il FRANCO e suo fratello..." (pag. 174 e 175). La vicenda di cui sopra (che ruota attorno al citato duplice omicidio) verrà più analiticamente esposta dal collaboratore nelle pagine 180 e segg. in termini assolutamente identici a quelli narrati poi dal MORABITO, da ROMEO ANNUNZIATINO ed in parte da INZAGHI MARIO. BAYKAL, come già si intuisce, sarà un importantissimo riscontro alle parole dei collaboratori "storici" di questo processo, in quanto conferma tutta la complessa ed articolata vicenda che precedette la uccisione di CAVALLARO e CAMPODIPIETRA in modo conforme alle loro indicazioni ed è particolarmente significativo che tale conferma 331 _______________________________________________________________________________ provenga da persona che operava in gruppo diverso e poi in conflitto con quello dei SERGI. Riferirà, in particolare: - che MUSTAFA' SONMEZ era noto come "Umberto" (si vedrà, sul punto, il riscontro che perviene al MORABITO e l'appunto sequestrato sulla persona del CAVALLARO al momento della sua uccisione); - che MUSTAFA' era un grosso intermediario di droga, operava in quel frangente per la famiglia BAYBASIN ed era in stretto contatto con AGIL FUAT. Quest'ultimo si sarebbe occupato del commercio di occhiali e orologi (v. anche in tal senso MORABITO e la CAVALLARO ALESSANDRA, anche se entrambi precisano che FUAT era socio del SONMEZ MUSTAFA' nel traffico di droga); - che MUSTAFA' e BAYBASIN SIRIN avevano invitato BAYKAL a partecipare con loro al tentativo di recuperare un credito con dei calabresi che avevano pagato solo L. 470 milioni a fronte di circa 73/74 Kg. di eroina; - che i turchi avevano localizzato uno dei luoghi di incontro dei calabresi presso la stazione di benzine sita in Corsico e gestita da MOSCARDIO GIANFRANCO (pag. 180). Si annoti sin d'ora che BAYKAL non sa come abbiano fatto i turchi ad individuare l'area di servizio del MOSCARDI. Si vedrà, al momento della trattazione specifica dell'episodio,come il MORABITO abbia precisato che secondo lui era stato il MEDICI EMANUELE (e che solo lui poteva averlo fatto), a fornire tale indicazione al SONMEZ; e che proprio per tale motivo aveva manifestato al SERGI FRANCESCO la sua intenzione di uccidere il MEDICI. A riscontro di quanto sopra, alla pag. 79 del citato documento, il BAYKAL dà indicazioni di un referente dei turchi (tale "ANTONIO BABA' ") reperibile presso un bar in zona di Monza (181). (sulla possibilità concreta che si tratti del MEDICI, vedasi quanto si dirà trattando la posizione di quest'ultimo). - che con questi calabresi c'era stato "summit" presso un ristorante nella zona di Corsico al quale, assieme ai turchi (tra cui BAYBASIN SIRIN, SONMEZ MUSTAFA', il Colonnello FARROK) presero parte alcuni dei calabresi del gruppo in questione ed in particolare: 1) GIANNI di Corsico (già riconosciuto nel MORABITO) 2) FRANCO 3) il fratello di FRANCO 4) TOTO che era l'autista del GIANNI 5) altre cinque o sei persone che svolgevano un ruolo di protezione (si vedranno, sul punto, i riscontri portati alle dichiarazioni di INZAGHI e ROMEO). In un servizio di ricognizione di luoghi il collaboratore riconoscerà poi anche il luogo ove avvenne il "summit" nel ristorante "Il Mulino del la Paia" (in senso conforme a MORABITO, ROMEO ed INZAGHI, quindi) (v. cit. vol. 191 pag. 238); - BAYKAL riconosce in fotografia anche il FRANCO nel FRANCESCO SERGI, nel mentre mostra incertezza ("somiglia molto") sulla fisionomia del fratello PAOLO del quale preciserà che "aveva identiche caratteristiche fisiche (rispetto al FRANCO)ma era più giovane, così almeno mi sembra" (pag. 181). Una incertezza, peraltro giustificata -essendo quella l'unica occasione in cui il collaboratore ha visto il fratello del FRANCO che fa comprendere il perché non sia stato incriminato SERGI PAOLO nel processo BAYKAL, dandosi evidentemente anche peso al fatto che il BAYKAL preciserà che il FRANCO fu partecipe alla discussione, mentre il fratello era rimasto in disparte e nulla aveva detto. - il collaboratore confermerà, poi, che i calabresi versarono in almeno tre occasioni 100 milioni di lire la volta (attività di consegna svolte da Morabito e Toto: v. pag. 182). 332 FIORINO GIUSTINO 44 _______________________________________________________________________ - dirà anche che i calabresi uccisero CAVALLARO e CAMPODIPIETRA che erano intervenuti in aiuto dei turchi e che avevano organizzato una spedizione “agguerrita” presso il distributore del MOSCARDI; - che la sorella del CAVALIERI (CAVALLARO) era arrabbiatissima con il FUAT per avere coinvolto il fratello in quella storia (pag. 183): - riconoscerà il TOTO in PARISI ANTONIO (pag. 191) e dirà di avere appreso che era stato ucciso o ferito (infatti: v. episodio NIZZOLA); - fornirà, infine, ulteriori indicazioni sulla vicenda relativa alla uccisione di CAVALLARO e CAMPODIPIETRA (pagg. 208, 209 e 210). 44 FIORINO GIUSTINO è quel collaboratore di giustizia grazie alle cui dichiarazioni è stata eseguita la operazione cd. “Terra Bruciata”. Nella udienza 27 febbraio 1996 il P.M. ha prodotto i verbali di prova delle sue dichiarazioni in separato dibattimento (trattasi di due faldoni). La Corte li ha acquisiti con ordinanza 12 marzo 1996. La rilevanza delle dichiarazioni del FIORINO GIUSTINO è sicuramente diminuita a seguito dello stralcio delle posizioni di CRISAFULLI BIAGIO e di CRISAFULLI ALESSANDRO. Il FIORINO, infatti, ebbe ad operare per diversi anni nella organizzazione capeggiata dal BIAGIO, detto “DENTINO”, CRISAFULLI, organizzazione dedita al commercio degli stupefacenti, gravitante nella zona di Quarto Oggiaro e strettamente collegata ai gruppi FLACHI-COCO TROVATO ed altre organizzazioni di vertice. Costituiva un importante riscontro in ordine alla collocazione dei due CRISAFULI ai vertici della predetta organizzazione, collocazione già indicata, in modo assolutamente analogo, dal MORABITO SAVERIO, CIULLA SALVATORE, DI DONATO MICHELE, PACE SALVATORE, FOSCHINI VITTORIO, di MODICA LUIGI ed altri. Resta comunque valido il dato di obiettivo e positivo riscontro rappresentato dalle affermazioni del FIORINO ai fini della complessiva valutazione di attendibilità delle persone sopra indicate, attendibilità che va valutata in riferimento a tutte le indicazioni fornite e, quindi, anche in relazione a fatti e posizioni stralciate. Il valore di tali dichiarazioni, poi, si estende inevitabilmente anche alle indicazioni fornite da MORABITO, CIULLA e DI DONATO sul cd. Gruppo CAROLLO, risultando confermati dal FIORNINO i legami, per forniture di droga, tra il CRISAFULLI e personaggi siciliani facenti parte del citato gruppo: “entrando in confidenza con GINO (BIAGIO CRISAFULLI) appresi che lui ritirava la droga non dai trafficanti stranieri ma direttamente dai siciliani di “Cosa Nostra” e che gravitavano a Milano. In particolare io conobbi il BONANNO LUIGI che seppi essere il referente diretto del CRISAFULLI per le forniture di eroina e so che tramite tali contatti talvolta fu anche consegnata EROINA BIANCA” ... (pag. 24)”...il CRISAFULLI era una sorta di rappresentante degli interessi di Cosa Nostra in Milano e so anche che aveva rapporti oltrechè con il BONANNO con il gruppo CAROLLO..” (pag. 25). Riferisce il collaboratore che aveva tali contatti anche tramite il fratello ALESSANDRO (43) e che fu presente allorchè, nel corso di una detenzione a Milano, prima della sua scarcerazione nel 1988, allorchè erano detenuti anche GINO CRISAFULLI e LUIGI BONANNO, avvennero dialoghi tra costoro relativi a traffico di droga. Di notevole rilievo è poi anche il fatto che il FIORIONO riferisca che l‟eroina veniva indicata con il termine “materiale” che è la stessa espressione che MORABITO ha indicato essere stata utilizzata da ZACCO e BONANNO per indicare, appunto, l‟eroina (pag.44). Si apprende poi dal collaboratore che già nel 1984 il gruppo di CRISAFULLI ritirava eroina dai siciliani e che chi si occupava di tali attività era un “dipendente” del CRISAFULLI e cioè PALAZZOLO DOMENICO (45 e segg.) il dato apparirà probabilmente molto importante in quanto PALAZZOLO DOMENICO si accerterà esser la persona che fu arrestata nella flagranza della detenzione di eroina che ritirò dopo un 333 GUERRIERO EGIDIO 45 LA BARBERA ROBERTO46 ________________________________________________________________________ contatto con esponenti del gruppo CAROLLO (v. dep. teste CALVI PINUCCIO e le sentenze della “Duomo c.”). Di pari rilievo la circostanza che il FIORINO si sia riferito a rapporti con il gruppo CAROLLO a decorrere almeno dal 1988, così da confermare la validità della accusa in ordine a tale gruppo, il suo avere gestito anche eroina bianca, il coinvolgimento nello stesso del BONANNO LUIGI, etc. Il collaboratore esegue un positivo ric. fotografico del BONANNO (pag. 411). Importante apparirà il contributo di questo personaggio anche in riferimento alla posizione di LOMBARDO GIULIO ANTONINO (on. BARRECA). Dal medesimo si apprenderà anche: a) del coinvolgimento in attività di traffico di droga e illecite in genere di LOMBARDO GIULIO ANTONIO e MAIOCCHI ROBERTO; b) di manifestazioni di interni omicidiari, nei confronti del PM del processo Nord Sud, da parte di LOMBARDO GIULIO ANTONINO e del Gruppo PAPALIA (pag.18); c) di forniture di droga e LOMBARDO GIULIO ANTONINO che indica come “un calabre appartenente al clan dei De Stefan” (pag.330). Il dato è significativo in quanto conferma quell‟area di appartenenza del Lombardo, come indicata dai collaboratori di “Nord Sud” (gruppo Libri e, quindi, “area De Stefano”) già evidenziata per la sua rilevanza in riferimento all‟omicidio BARRECA; d) di aver conosciuto LOMBARDO GIULIO ANONINO nel 1988 inizi 1989 allorchè il LOMBARDO acquista una moto Kawasaki presso negozio gestito dal FIORINO (pag. 331). In seguito gli venderà 2 Kg. di eroina (331 e segg.). Il dato non fa altro che confermare la già indicata “passione” del LOMBARDO per le moto: il che conferma gli assunti del TUCCI Luciano ed il suo ruolo nell‟omicidio BARRECA. e) dirà anche che in quel periodo LOMBARDO era socio di MAIOCCHI ROBERTO che, infatti, partecipa ad una riunione allorchè si deve definire il pagamento del LOMBARDO per i due Kg. di eroina di cui sopra (anche in tale occasione il LOMBARDO aveva accumulato debiti, secondo un costume costantemente riferito da tutti i collaboratori che hanno parlato di lui) (pag.334-335). Procederà poi anche positive ricc. fott. del Lombardo (pag.410) e del MAIOCCHI (pag.419); f) confermerà, infine, la posizione del FOSCHINI VITTORIO nel gruppo CRISAFULLI ed i suoi contatti con il gruppo COCO-FLACHI. Trattasi di dati di rilievo ai fini della positiva valutazione complessiva della attendibilità del FOSCHINI stesso. 45I costituiti di questo collaboratore sono consacrati in verbali di prova di separato dibattimento, prodotti dal P.M. all‟udienza 27 febbraio 1996 e acquisiti con ordinanza 12 marzo 1996. Sono di grande rilievo probatorio le sue parole, con particolare riguardo alla posizione degli imputati BRANCA e NUCARA, e sotto il profilo dell‟ulteriore accreditamento, sia del MORABITO SAVERIO che del TUCCI LUCIANO(cfr. le posizioni citate). 46 E‟ persona che rende ampie e diffuse dichiarazioni (acquisite con ordinanza 13 aprile 1995) utili soprattutto in riferimento alla posizione del MOLLUSO FRANCESCO in relazione al capo n.112. Il dato di riscontro è rappresentato, in particolare, dal fatto che il LA BARBERA mette in luce il livello consistente raggiunto dal MOLLUSO in ambito di traffici di croma sino all‟aprile del 1992 (v. sentenza di condanna definitiva, come confermato in udienza dallo stesso MOLLUSO, di cui alle pag. 168 e segg. della sua cartella personale). In quella indagine, si parla di forniture gestite dal MOLLUSO nell‟ordine di 30 Kg. di eroina in media per volta (simili e conformi, quindi, quindi, al quantitativo di contestazione di cui al capo 112), sino a ritiri dell‟ordine di 80 Kg la volta. 334 -MOTTO MADDALENA47 -PANETTA GIUSEPPE48 _________________________________________________________________________ Il collaboratore conferma anche il coinvolgimento nei traffici del MOLLUSO del cognato DI BUONO SALVATORE detto l‟ELVIS” (v. es. oag, 47). Trattasi della stessa persona indicata da FOSCHINI VITTORIO quale socio di ROCCO PAPALIA, MOLLUSO FRANCESCO e RECHICHI DIEGO nei traffici di droga dagli stessi svolto nei primi anni „80. Il dato è utile ai fini della positiva valutazione della attendibilità, in questo caso, del FOSCHINI. 47 Anche questo imputato si è valso della facoltà di non deporre, onde il P.M. ne ha prodotto gli interrogatori all‟udienza del 15 maggio 1996 e la Corte li ha acquisiti con ordinanza 4 giugno 1996. MOTTO MADDALENA (imputata nel proc. pen.5754/92/21 di cui al vol.165 delle produzioni iniziali del PM) dirigeva l‟Ufficio Fidi del Casinò di Montecarlo ritenuto, sulla base delle indagini (sintetizzate negli atti di cui al cit.vol.165), uno strumento utilizzato per il “lavaggio” di denaro sporco e per l‟esercizio dell‟usura. nei suoi interrogatori, la MOTTO precisa le modalità di gestione dei fidi presso il Casinò di Montecarlo che appaiono perfettamente compatibili con le prospettate possibili attività di riciclaggio di denaro sporco. Del ruolo della MOTTO MADDALENA ebbero a riferire, in modo incidentale, AMANDINI MICHELE e PACE SALVATORE e la indicarono, in particolare, quale persona legata a quel CANALE VITTORIO che avrebbe svolto reinvestimenti per conto dei PAPALIA utilizzando anche il canale del Casinò di Montecarlo. La sua posizione è, quindi, un dato obiettivo di riscontro in ordine alle dichiarazioni di AMANDINI e PACE circa i contatti tra il gruppo PAPALIA ed il CANALE VITTORIO (noto e più volte inquisito esponente „ndrangheta - v. anche sentenza sub.n.155 in cui fu inquisito per fatti di mafia degli ultimi anni „70 in contesto criminale riferibile ai noti PAOLO DE STEFANO, DOMENICO LIBRI, SANTO ARANITI ed altri). (In proposito si ricorda che il CANALE fu controllato a Parma allorchè trovavasi in compagnia di PAPALIA DOMENICO ed era, altresì, in possesso di cospicua somma di denaro (v. cartella personale di PAPALIA DOMENICO). 48 Di notevole rilievo il contributo probatorio di questo collaboratore di giustizia i cui costituiti sono stati prodotti dal P.M. in data 15 maggio 1996 (dal momento che il PANETTA si era avvalso della facoltà di non rispondere in aula), e acquisiti dalla Corte con ordinanza 4 giugno 1996. PANETTA GIUSEPPE ha deposto avanti l‟AG di Torino. Ed ivi così si è espresso: Dopo una detenzione, per droga, dal settembre del 1984 sino all‟agosto del 1987 (pag.33) “...ho iniziato a trafficare con l‟eroina nel 1987, dopo che uscii dal carcere nel mese di agosto. All‟epoca mi ero messo in società con tale Antonio Romeo. Ci rifornivamo di eroina da AGRESTA ANTONIO che era in società con tal GIAMPAOLO che so essere stato processato per un sequestro di persona insieme al padre di AGRESTA” (pagg. 16 e 17). Evidente il riferimento al sequestro di BONGIOVANNI CARLO, avvenuto nel 1977, per il quale furono inquisiti e condannati il padre di AGRESTA ANTONIO (DOMENICO) e GIAMPAOLO FRANCESCO. Il dato è riscontrato dalla produzione del PM del 29.10.96, vol.III, all.1., acquisita con ordinanza 5 novembre 1996. “..il ROMEO ed io acquistammo dall‟AGRESTA e dal GIAMPAOLO fino all‟arresto dell‟AGRESTA poi continuammo ancora un po' ad acquistare dal suo GIAMPAOLO ... fino al settembre ottobre 1990 epoca in cui il ROMEO ed io sciogliemmo la società ed io iniziai ad acquistare da MARANDO PASQUALE... (pag.-17 meno i periodi di detenzione di AGRESTA ANTONIO); ...”l‟incontro per concordare il primo acquisto di eroina il ROMEO ed io lo avemmo, con il GIAMPAOLO E l‟AGRESTA, in un ristorante sito a Volpiano. Lì concordammo l‟acquisto di due chili e mezzo di eroina... il prezzo fu £ 65.000 al grammo che 335 _________________________________________________________________________ pagammo regolarmente dopo la consegna..” (18). Interessante quest‟ultima circostanza che si apprende dal PANETTA, in quanto dimostra l‟infondatezza dello assunto di quei difensori che hanno sostenuto la inattendibilità di quei collaboratori quanto meno nella parte in cui gli stessi analoghi ritiri di droga a credito. Secondo quei difensori ciò non sarebbe neppure pensabile. Di fatto, sembra invece un sistema assai in uso nella malavita, non fosse altro perchè si garantisce con la vita..; -”..dopo questo primo acquisto feci altri acquisti dall‟AGRESTA e dal GIAMPAOLO sempre in quantitativi che variavano dal mezzo Kg. al chilo di eroina..” (19); -”...continuai ad acquistare dall‟AGRESTA fino al momento del suo arresto... venne a farmi visita in cascina MORANDO PASQUALE... mi disse che aveva saputo che ero cliente dell‟AGRESTA e che, ora che era detenuto, aveva preso lui la gestione del mercato dell‟eroina... così acquistai dal MORANDO ... questo episodio si può cronologicamente collocare a circa 6/7 mesi fa prima di Natale” (20) (trattasi del natale „90 essendo l‟int. in questione del 19.6.91); Un passo assai interessante, perchè, a proposito delle vicende del sequestro CASELLA fornirà un prezioso riscontro in relazione agli strettissimi legami qui evidenziati tra l‟AGRESTA ANTONIO e MORANDO PASQUALE. “.. dopo tornai a rifornirmi a Corsico dall‟AGRESTA che nel frattempo era stato scarcerato ed aveva avuto il soggiorno obbligato a Corsico.. quando ricominciai a rifornirmi dall‟AGRESTA andavo a prendere l‟eroina a Corsico.” (20-21). Risulta provato il periodo di soggiorno dell‟AGRESTA in Corsico e BUCCINASCO sia pure non come soggiorno obbligato ma quale conseguenza del divieto di soggiorno dal Piemonte e dalla Calabria impostogli dalla A.G. di Torino nel 1989. - “..in quel periodo mi rifornivo a Corsico in un bar dove contattavo l‟AGRESTA che o mi consegnava subito l‟eroina o mi dava appuntamento per uno o due giorni successivi per la consegna. Non ricordo il nome del bar nè la via, ma sono in grado di andarci. So che è gestito da un calabrese..” (21).. “.. lo stupefacente che mi è stato sequestrato al momento del mio arresto, sia l‟eroina che la cocaina, l‟avevo acquistata da AGRESTA ANTONIO ... faccio presente che nei confronti dell‟AGRESTA ho un debito che ammonta a circa 120 o 130 milioni - aggiungo che dall‟AGRESTA compravo indifferentemente sia cocaina che eroina...” (22). PANETTA “prende il fiore” nel 1981 circa (26). Il capo della „ndrangheta a Volpiano diventa PASQUALE MARANDO (26 e 53). - cita poi l‟episodio di un ritiro di circa 100/200 grammi di eroina in Corsico consegnati da AGRESTA ANTONIO e da un suo cugino a nome ROCCO (33); - riconosce in fotografia AGRESTA ANTONIO (pag. 35); - AGRESTA ANTONIO una volta gli consegna un Kg. di eroina assieme ad un certo MIMMO che aveva già visto con lui a Corsico (pag.35); - “.. parlando con l‟AGRESTA ANTONIO, il figlio di DOMENICO, seppi che il Residence sito a Buccinasco, dove abita l‟AGRESTA, è di proprietà dei PAPALIA anche se non so se questi risultino effettivamente proprietari o se ci sia un intestatario di comodo. Dei PAPALIA posso dire che sicuramente comandano l‟AGRESTA ANTONIO, io personalmente conosco di loro solo ANTONIO PAPALIA..” (pag. 52); - “.. a Torino io comprai la droga da AGRESTA ANTONIO e GIAMPAOLO ANTONIO che erano a Volpiano e mi davano la droga a Volpiano... poi AGRESTA ANTONIO e AGRESTA SAVERIO furono confinati a Corsico ed allora andavo a prendere la roba a Corsico... so che gli AGRESTA compravano dai PAPALIA che erano i loro zii e che facevano venire la roba da tutte le parti del mondo e la ridistribuivano in Italia... che gli AGRESTA acquistassero dai PAPALIA me lo hanno detto gli stessi AGRESTA, in particolare 336 _________________________________________________________________________ ANTONIO, anzi solo lui me lo ha detto. Preciso che anche in precedenza io prendevo droga da uno di Reggio da cui sapevo che proveniva dai PAPALIA..” (pag. 63); - “.. Il sindaco di Platì è stato ucciso da PASQUALINO MARANDO. Questo mi è stato detto da lui stesso dicendomi che il Sindaco non si era comportato bene...”(pag.17). Si vedrà più avanti che nello stesso senso si è espresso anche il MORABITO per averlo appreso da PAOLO SERGI. Il PM di Torino mostra al PANETTA alcuni appunti con sigle e cifre allo stesso sequestrati in occasione del suo arresto. Nell‟esaminare la sigla “AAMC” (v. anche appunti effettivamente in sequestro) PANETTA precisa trattasi di “AGRESTA ANTONIO Milano Corsico... le annotazioni si riferiscono a soldi da me dati ad AGRESTA ANTONIO in pagamento dei miei debiti...” (pag. 74; nello stesso senso pag. 83,84 e 85 dove si specifica che trattasi di denaro per forniture di droga). Il riscontro rappresentato dagli appunti in questione è di certa primaria rilevanza. - riferisce vicende relative alla faida MUSITANO-MARANDO (pag. 82) che offriranno utili riscontri in relazione alla conferma della causale (così come indicata dal MORABITO) circa l‟omicidio di MUSITANO ROCCO. - MARANDO PASQUALE e AGRESTA ANTONIO gli confidano di avere eseguito una estorsione in danno di un mobiliere di Leini ed altresì l‟AGRESTA ANTONIO e GIAMPAOLO GIOVANNI avrebbero eseguito una strage in un bar di Chivasso (82); - “..AGRESTA ANTONIO fu mio fornitore di eroina e cocaina a far tempo dal 1983 quando, cioè, io ho iniziato a lavorare con la droga. Preciso che prima dell‟83 o meglio prima dell‟incontro con l‟AGRESTA io presi dell‟eroina, una cinquantina di grammi, da una persona che viveva a Corsico ed il cui padre aveva un distributore di benzina a Corsico.. era di Plati.. si chiama PASQUALE e saprei riconoscerlo in foro. Comunque da lui per l‟eroina sono andato solo nel 1983 ed in più occasioni.. le consegne variavano da un minimo di 20 ad un massimo di 50 grammi. Questo traffico è durato quindi pochi mesi... le ordinazioni venivano fatte a questo PASQUALE però le consegne materialmente venivano fatte da un certo TOTO di Reggio Calabria che viveva a Corsico e che ci dava la roba dietro un bar di Corsico di cui ora non mi viene il nome. Io vidi in quel bar anche l‟AGRESTA ANTONIO che già conoscevo. Io lo avevo già visto in precedenza spacciare a Volpiano: difatti ricordo di aver consegnato all‟AGRESTA ed al ROMEO ANTONIO mezzo Kg. di eroina che avevo acquistato a Corsico dal PASQUALE.. poi io venni arrestato ... quando sono uscito nell‟agosto del 1987 contattai nuovamente AGRESTA ANTONIO a Volpiano..”, da allora forniture periodiche di “stupefacenti... continuate anche quando AGRESTA ANTONIO si trasferì a Corsico.. da AGRESTA comperavo quantitativi che si aggiravano a volte sul Kg - a volte sul mezzo Kg....abitava in un Residence dello zio, il PAPALIA..” (pag.g.88 e 89). Nello stesso senso pag. 92 dove si precisa che lo zio di AGRESTA ANTONIO cui si riferimento è PAPALIA ANTONIO e dove si forniscono ulteriori indicazioni circa i ritiri di droga eseguita da AGRESTA ANTONIO e da persone a lui legate (tra cui tale NATALE). In ordine al PAPALIA (V. pag. 108): “.. lui era il capo, quello che organizzava tutto, che organizzava tutta la situazione della droga... me l‟ha detto sia PASQUALINO MARANDO che l‟ANTONIO AGRESTA, me l‟ha detto che lui, che il capo dell‟organizzazione della droga di Milano era lui.. gli arrivava la merce dall‟estero..” ANTONIO AGRESTA era un “rimpiazzato (aveva i “fiore”) (pag 147-148). Nell‟int. al PM di Milano del 17.2.1992 (pagg.153-156) riferirà ancora: - sui primi contatti in Corsico per forniture di eroina, nel 1983, con tali PASQUALE e TONINO (o TOTO) sino al 1984, che PASQUALE era figlio del titolare di un distributore di carburante, gli pareva della “Shell” che si trovava sulla strada tra Corsico e 337 49 -PAZIENZA ANTONIO _________________________________________________________________________ Buccinasco. Vi era una terza persona che operava con loro, di bassa statura, originario di Plati. TONINO aveva occhiali con lenti spesse. E ancora (pagg.156 e segg) parlerà dei rapporti con ANTONIO AGRESTA dal 1987 sino al 1991 per forniture da 500 gr. sino ad un Kg. la volta (ogni 10/15 giorni). AGRESTA operava con due persone a nome NATALE e ROCCO (158). “..Circa i contatti CON L‟agresta gli stessi avvenivano presso un bar che si trovava nei pressi del cimitero” (157); “Le consegne in genere avvenivano presso il bar dove ci si vedeva con l‟AGRESTA. Solitamente io lasciavo la mia auto in sosta vicino al bar, con un finestrino o la portiera aperta, e loro, prima il ROCCO e poi il NATALE, caricavano la droga a bordo ...(158). E‟ chiaramente il noto bar Lyons di Via dei Mille vicino, come si vedrà, al cimitero. Anche le modalità della consegna di droga sono identiche a quelle riferite da altri che ebbero rapporti con il gruppo PAPALIA. “..con ANTONIO PAPALIA non ho mai avuto a che fare direttamente con la droga, ma sapevo, per averlo appreso dal TONINO di Reggio, dal PASQUALE e dallo stesso AGRESTA ANTONIO, nipote del PAPALIA, che costui era il maggior “azionista” dei giri di droga in Corsico..” (158). Il collaboratore esegue poi riconoscimenti fotografici positivi: a) MUSITANO ANTONIO: lo riconosce come persona che coadiuvava tali PASQUALE e TONINO (o TOTO) nel traffico di droga in Corsico nel periodo 1983/84 (pag.159). Il riconoscimento è molto importante in quanto è proprio in quel periodo, come affermato anche da MORABITO, che il MUSITANO entra nel gruppo PAPALIA (v. anche episodio dell‟incendio al ristorante San Marino avvenuto, appunto, nel 1984); b) ZAPPIA VINCENZO: lo indica probabilmente come colui che gli forniva la droga nel 1983/84 e che erroneamente aveva menzionato come PASQUALE (evidentemente confondendolo con il padre a nome effettivamente PASQUALE) (pag. 159); c) PARISI ANTONIO: lo indica come persona che spacciava assieme ad AGRESTA anche se a lui noto NATALE o ROCCO (nomi...d‟arte?) (pag. 160). Il dato ha il suo rilievo in quanto alla fine del 1989, come dichiarato sia da MORABITO che da ROMEO, TOTO PARISI usci dal gruppo e si avvicina ai PAPALIA in particolare trattando droga assieme al cugino AGRESTA ANTONIO. d) SERGI GIUSEPPE noto come “PEPPONE”. Tratta droga e gli fa una consegna nel periodo antecedente il suo arresto del 1984. Era in contatto con quelli che avevano un distributore di carburante (gli ZAPPIA: n.d.r.); e) PARISI DOMENIO :(161) “.. Era uno che lavorava con ANTONIO AGRESTA e se non vado errato anch‟egli ebbe a farmi qualche consegna”. E, infine “Conosco un mobiliere di Leini che è molto legato sia a MARANDO che agli AGRESTA.... io l‟ho visto diverse volte.. e so che ha curato, perchè ha anche uno o più camion, il trasloco di ANTONIO AGRESTA quando è andato ad abitare giù in Calabria. Per quello che so io faceva favori illeciti a MARANDO e agli altri, anche se non so specificare che cosa di concreto facesse..” (pag. 176). Si vedrà più avanti il rilievo della presente circostanza a proposito del sequestro CASELLA. 49 PAZIENZA ANTONIO è imputato in procedimento già in carico dinanzi l‟AG di Trani. La rilevanza delle sue dichiarazioni, prodotte in parte qua come contestazione probatoria (cfr. prod. 15.5.96 e ord. cit. 4.6.96), apparirà evidente in relazione alle dichiarazioni fornite da PIRRONE MAURIZIO (v. acquisti di armi e giubbotti antiproiettile, provenienti dal Belgio, venduti da FRANCESCHETTI LUCIANO a PAPALIA ANTONIO e MUSITANO ANTONIO). SAKIROGLU MUSTAFA' SADUN 50 338 __________________________________________________________________________________________________________ Conferma, infatti, di avere procurato armi dal Belgio al FRANCESCHETTI e di avere da lui ricevuto ordinativi di giubbotti antiproiettile dello stesso tipo di quelli indicati dal Pirrone come desiderati dal PAPALIA ("tipo canottiera"). 50 SAKIROGLU Mustafa' Sadun è un trafficante di eroina turco, che si presenterà quale fonte di estremo interesse per le vendite di eroina a SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO ( il P.M. nell'udienza 27 febbraio 1996 ha prodotto verbali d'esame raccolti in separato dibattimento e la corte ne ha disposto l'acquisizione con ordinanza 12 marzo 1996), in particolare: a) Kg. 44 di eroina procurati al SERGI FRANCESCO nella primavera-estate del 1990; b) Kg. 20 di eroina procurati a SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO nell'agosto del 1993 (N.B: questo proprio nel periodo immediatamente successivo alla scarcerazione del Sergi per il noto processo di appello "BAYKAL " in cui MORABITO aveva preannunziato che sarebbero stati assolti). Va del pari annotato che il SAKIROGLU è stato riconosciuto in fotografia dal MORABITO quale cittadino turco che lavorava in semilibertà presso la carrozzeria di ENZO FONTANA e che vide anche dialogare in Buccinasco con SERGI FRANCESCO ed apprese che avrebbe potuto procurare droga (nulla seppe poi degli sviluppi di tali incontri). Il dato apparirà in tutto il suo rilievo in quanto: a) SAKIROGLU effettivamente lavorò con il FONTANA e fece qui la conoscenza di DI PASQUALE FRANCESCO con il quale divenne poi socio nei traffici di droga; b) conferma la esistenza di rapporti tra il SAKIROGLU e MORABITO confermano che SERGI FRANCESCO aveva canali diretti con i trafficanti turchi (nello stesso senso v. anche il citato BAYKAL KENAN). Si consideri, poi, che per i fatti riferiti dal SAKIROGLU, SERGI FRANCESCO e TRIMBOLI FRANCESCO sono già stati condannati rispettivamente a 24 e a 18 anni di reclusione. il processo è ora in fase di appello (v. dispositivo prodotto dal P.M. il 25.6.96 par. 4 e ordinanza acquisitiva del 18 luglio 1996). Dichiarazioni, in particolare, il SAKIROGLU nella ud. 19.7.95: - il suo ultimo periodo di detenzione risale al 15.1.1994(6); - traffica in eroina da quando ottiene la semilibertà nel giugno del 1988, allorché trovavasi detenuto a S.Vittorio (12 e 63). Era stato arrestato nel 1984 a Milano (62); - complessivamente importa in Italia quasi 1.055 Kg di eroina (12): - in semilibertà lavora presso le officine di FONTANA VINCENZO (riscontro positivo a MORABITO - pag. 14) indicazioni, come anticipato - su fornitura di 44 Kg. di eroina a FRANCESCO SERGI (69) prima del suo arresto nel 1990 (si riferisce chiaramente all'arresto per il processo Baykal); - allorché lavora presso l'officina di FONTANA VINCENZO conosce DE PASQUALE FRANCO, già socio del FONTANA (12 e se.). Il DE PASQUALE nel maggio 1989 lascia il lavoro con il FONTANA (75) e avvia, con il SAKIROGLU, la gestione di una lavanderia che servirà come copertura per i traffici di droga (77) e quindi, ai medesimi fini, una officina da gommista in Via Melchiorre Gioia. - conosce FRANCESCO SERGI presso l'officina di FONTANA VINCENZO "lui veniva con la sua macchina, ogni tanto veniva con un Ferrari, ogni tanto arriva una Mercedes o un Land Rover. ho conosciuto il fratello PAOLO CICCIO SERGI e compare di signor FONTANA (79 e 80); -FRANCO ( DE PASQUALE ) gli dice " se noi troviamo un cliente come CICCIO SERGI noi siamo tranquilli ...nostro sogno è diventato verità..." Fu il DI PASQUALE, quindi, a fare da tramite tra SAKIROGLU e CICCIO SERGI (81 e 89); 339 -all'inizio della collaborazione aveva preferito non parlare di FRANCESCO SERGI in quanto " quel tempo come famiglia Sergi molto famoso, molto potente e molto pericoloso, quel tempo paura (per) mia famiglia ... poi secondo tempo ho deciso tutto con la verità ..." (82); - la presentazione formale con il FRANCESCO SERGI avvenne a Buccinasco o Corsico " noi abbiano andato due volte ... presso un bar... un'altra volta andato un altro bar" (90). si vedrà, in proposito, come MORABITO abbia in effetti precisato di avere visto il SAKIROGLU proprio presso uno dei bar del gruppo allorché dialogava con CICCIO SERGI. - in occasione di tali contatti con CICCIO SERGI fu raggiunto l'accordo per la fornitura di 44 Kg. di eroina" uno dei bar in cui fu l'incontro era il "bar UGO" (trattasi chiaramente del noto bar Tip Tap, gestito da UGO VENERUSO (pag. 91); -descrive la consegna dei 44 Kg. di eroina a CICCIO SERGI (93 e segg.); - "...(CICCIO) SERGI è stato arrestato mi sembra autunno del 1990 con mio paesano, con HAMZA TURKURESIN e so che uscito dal carcere nel maggio o aprile del 1993..."(94). Dati che assolutamente precisi. Trattasi dell'arresto del FRANCESCO SERGI proprio nella primavera del 1993. In quella indagine fu arrestato e condannato anche il noto trafficante turco HAMZA TURKURESIN (per lui la condanna fu confermata in appello e Cassazione); - nell'agosto del 1993 curò la consegna di eroina a FRANCESCO SERGI e a FRANCESCO TRIMBOLI (146) e la stessa fu integralmente pagata(147). Nella udienza 31.7.1995, il collaboratore riferisce: - la droga consegnata a FRANCESCO TRIMBOLI e a FRANCESCO SERGI nell'agosto del 1993 era una partita di 20 Kg di eroina che SAKIROGLU e FRANCESCO DI PASQUALE ritirarono da ZEKI ZEREN (58): - la droga che arrivava dalla Turchia talvolta veniva nascosta in un doppio fondo di serbatoi di nafta di automezzi (68 - il dato ricorda ovviamente - come si vedrà in prosieguo - l'episodio riferito da MORABITO relativo allo scarico di 92 Kg. di eroina all'interno della cascina del Cerullo); - commenta il "blitz" operato in "Nord Sud" al telefono con il suo socio, per traffici di droga, RAMIZ e questo perché conoscevano persone tratte in arresto (79-80); - conosce FRANCESCO SERGI nel 1988 presso l'officina di FONTANA VINCENZO. Nello stesso periodo conosce PAOLO SERGI e FRANCESCO TRIMBOLI ... (81)" noi abbiamo sognato lavorare con (FRANCESCO) SERGI per andare bene, perché persona bene e potente ... noi abbiamo detto: se lavoriamo con SERGI non abbiamo problema .. anche FRANCO (DI PASQUALE) mi diceva : persona brava, molto potente, ricco ... per la consegna dei 44 Kg. ha pagato tutto in poco tempo ... quando uscito dal carcere, nel 1993, arriva TRIMBOLI FRANCESCO, officina di DI PASQUALE, che voleva prendere un appuntamento con me per parlare con SERGI..."82 e 83); - avviene l'incontro, nell'agosto del 1993, a San Vittore Olona (luogo di abitazione del SERGI FRANCESCO: n.d.r.); e sono presenti SAKIROGLU,FRANCESCO DI PASQUALE,F.SERGI e F.TRIMBOLI (85); - diedero un anticipo corrispondente al pagamento di 10 Kg di eroina ... FRANCO (DI PASQUALE) ha ritirato i soldi da TRIMBOLI la fornitura fu poi di 20 Kg (85 e 86 e segg. v anche ud. 5.1.95 pag. 57): - con SERGI F e TRIMBOLI F non si parlava mai al telefono ovvero si utilizzava il cellulare di TRIMBOLI ma facendo finta che chi lo chiamava era ENZO FONTANA. Lui capiva e si concordava l'appuntamento (89/90); - la consegna dei 20 Kg avviene verso l'agosto del 93 e verso la metà del settembre tutta la fornitura fu pagata (91), Non ci furono altri rapporti in quanto il SERGI FRANCESCO è poi arrestato per Nord Sud TRIMBOLI ancora latitante e si nasconde da DI 340 PASQUALE FRANCESCO (ud. 5.10.95 pag.55: ed infatti sarà arrestato solo in seguito e si accerterà che era ospite proprio di FRANCO DI PASQUALE, il socio del SAKIROGLU); - era prevista un'altra fornitura di 10 Kg. di eroina per il mese di ottobre 1993. L'accordo era stato preso con il TRIMBOLI FRANCESCO (93). Quando ci fu il blitz di Nor Sud SERGI F e TRIMBOLI F. avevano ancora 7 Kg. di eroina facenti parte della fornitura dei 20 Kg. di cui sopra.(92). Nella udienza 5.10.1955, ribadisce in via generale le due forniture a SERGI F. e TRIMBOLI F. Aggiunge che nel gennaio del 1994 aveva preso già accordi con il TRIMBOLI FRANCESCO per una fornitura dei altri 10 Kg. di eroina ma l'affare non andò in porto dato che il TRIMBOLI era latitante (ed è vero: n:d.r.) e quindi l'affare sfumò (88-92). Il dato è sintomatico per la "vitalità" del gruppo SERGI che riprende subito vigore non appena le circostanze lo consentano. Val la pena di ricordare, a questo proposito, l'arresto di SERGI SAVERINO e SERGI FRANCESCO (i gemelli) avvenuto nel marzo-aprile del 1992, allorché ai predetti fu sequestrata notevole quantità di droga e di denaro (v. atti di cui alle rispettive cartelle personali). In quel periodo erano detenuti SERGI FRANCESCO, MORABITO SAVERIO e PARISI ANTONIO (per il processo BAYKAL) e ROMEO ANNUNZIATINO (per la raffineria). Evidentemente fu il SERGI PAOLO e TRIMBOLI FRANCESCO. Allorché fu scarcerato, nel marzo del 1993, il SERGI FRANCESCO, questi riprese subito gli affari e riprova ne è la fornitura di 20 Kg. di eroina dell' agosto del 1993 di cui alle dichiarazioni del SAKIROGLU. Non è un caso che in quella circostanza il SERGI FRANCESCO sia stato affiancato dal TRIMBOLI F. il quale, ormai, era rientrato nei ranghi ed infatti è lui che, dopo l'arresto di SERGI F. e SERGI PAOLO per Nord Sud, tratta i 10 Kg. di eroina successivi sia pure senza perfezionare l'affare (v. pagg. 88-92 dich. SAKIROGLU ud. 5.10.95). Nella udienza 19.10.95 (cfr. prod. PM. del 26.3.96 paragrafi 4 e 5, ordinanza acquisitiva 2 aprile 1996), il collaboratore esegue positive individuazioni fotografiche di : a) FRANCESCO TRIMBOLI (pag. 101); b) FRANCESCO SERGI (ibidem); - ribadisce, inoltre, di avere conosciuto il suo futuro socio nella droga (FRANCESCO DI PASQUALE) presso l'officina di ENZO FONTANA (pag.114); - ribadisce le due forniture al gruppo SERGI (44 Kg. a SERGI FRANCESCO e 20 a SERGI F. e a TRIMBOLI FRANCESCO) (pagg. 122 e 123 e 125). Nella udienza del 27.2.1996 il P.M. produrrà (e la Corte acquisirà con ordinanza 12 marzo 1996), atti di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore. In particolare: 1) i conteggi relativi alle somme che SAKIROGLU ha indicato come corrispondenti a quelle ricevute da TRIMBOLI e ERGI a fronte della fornitura di 20 Kg. di eroina dell'agosto del 1993; 4) atti comprovanti l'avvenuto sequestro di 31 Kg. di eroina così come riferito dal SAKIROGLU nei suoi interrogatori; 5) la relazione di servizio dell'8.7.93 comprovante l'incontro tra SAKIROGLU e persona che viaggiava su vettura Lancia Thema tg. MI-8K0218 nei pressi dell'autostrada Milano-Varese; 6) verbale della deposizione del Cap. SINI della DIA di Milano, secondo cui: - TRIMBOLI FRANCESCO, allorché fu tratto in arresto per "Nord-Sud", era nascosto presso abitazione nella disponibilità di DI PASQUALE FRANCESCO; 7)verbale della deposizione del M.LLO GIUSEPPE LEGGIERO, secondo cui - SAKIROGLU nel 1988 beneficio' della semilibertà e va a lavorare presso l'officina dei FONTANA VINCENZO (pag.6). Il dato avrà il suo rilievo anche per la posizione del FONTANA VINCENZO in quanto riscontro del fatto che costui, che fu anche fornitore del gruppo SERGI (in ragione di contatti con trafficanti turchi indicati da 341 - SAPIENZA ANDREA AGATINO51 - SCAMBIA ANTONIO52 ___________________________________________________________ MORABITO) effettivamente aveva tale tipo di rapporto con personaggi turchi gravitanti nel commercio della droga. - DI PASQUALE FRANCESCO fino al 1989 lavorò con il FONTANA VINCENZO alla CAM-CAR di via DE CASTILLA in MILANO (8); - SAKIROGLU commenta preoccupato gli arresti di Nord Sud ed in una occasione viene intercettata una chiamata che DI PASQUALE fa su utenza cellulare intestata a SAFFIOTI VINCENZO ed in uso a TRIMBOLI FRANCESCO (19 e 20); - SAKIROGLU, nel corso di una ricognizione luoghi eseguita allorché divenne collaboratore, mostrò il bar di SAN VITTORE OLONA dove si incontrò con SERGI F. e TRIMBOLI F. ed altresì il bar "da UGO" di CORSICO. Conferma che TRIMBOLI FRANCESCO fu rintracciato, per Nord Sud, presso una abitazione messagli a disposizione da DI PASQUALE FRANCESCO (44); - dopo la scarcerazione nell'aprile del 1993 (per il processo BAYKAL), SERGI FRANCESCO aveva l'obbligo di soggiorno a SAN VITTORE OLONA. Era stato arrestato il 3.12.90. (45 e 46); - durante gli accertamenti di PG, verificano che SERGI FRANCESCO ha la disponibilità di autovettura FERRARI 328 tg. MI9A0244 e di vettura MERCEDES 300 SL tg. MI 6H6829 (47). SERGI F. aveva anche una MERCEDES 200 SW tg. MI5P6386 ed una Y10 tg. MI0Z7783 (57), mentre TRIMBOLI FRANCESCO aveva una LANCIA THEMA (48). La vettura FERRARI di cui sopra, la si vedrà goffamente portata fuori dal box dal CERULLO PIETRO, fittizio intestatario del mezzo (per un riscontro sulla identità dell'auto v. pag. 11 vol. 140 relativo al tentato omicidio in danno di NIZZOLA FRANCESCO). 51 SAPIENZA ANDREA AGATINO è stato imputato nel processo cd. "AUTOPARCO" dinanzi l'AG di FIRENZE. Ha reso l'esame nel presente dibattimento e il P.M. ha prodotto, in funzione contestativo-probatoria nella udienza 15 maggio 1996 (e la Corte ha in tal senso poi acquisito con suo provvedimento del 4 giugno 1996) sue dichiarazioni rese nella sede fiorentina. Dal complesso delle sue dichiarazioni emergerà: "..essendo io nella malavita inserito da circa vent'anni, ed a livelli primari, conoscevo assai bene le strutture di tutte le organizzazioni che operavano in MILANO. Circa i PAPALIA sapevo che il vero capo era DOMENICO PAPALIA, detenuto da parecchio tempo, così come mi confidò in particolare il SALESI GIOVANNI che aveva stretti rapporti con costoro. ANTONIO PAPALIA, il fratello di DOMENICO, era il responsabile "sulla piazza" assieme al fratello ROCCO che era, però, quello che aveva meno prestigio tra i tre fratelli .. dopo gli arresti di ANTONIO e ROCCO (nel settembre del 1992: n.d.r.)... il personaggio di maggior spicco era diventato TOTO BRUSCA (pag.2). Preciso che questo TOTO BRUSCA io non l'ho mai conosciuto, ma avevo preso informazioni in quanto avevo bisogno di combinare un incontro tra il SALESI GIOVANNI ed il responsabile dei PAPALIA per affari che riguardavano i traffici di droga che sapevo intercorrevano tra i calabresi ed il SALESI ... (pag. 3: int. 2.5.1994). Da altri interrogatori acquisiti si sono avute lunghe e rilevanti dichiarazioni sul conto di MAIOCCHI ROBERTO; sui rapporti con questi per forniture di cocaina, sui rapporti tra MAIOCCHI e LOMBARDO GIULIO ANTONINO (nello stesso senso dirà (?) il MORABITO LUIGI) e tra MAIOCCHI e CUSCUNA' SALVATORE (nello stesso tempo ancora MORABITO LUIGI) sulle sue frequentazioni presso un bar in zona VIALE CERTOSA, sulla disponibilità di una CLIO bianca e di vettura fuoristrada, sul padre malato, etc., tutte circostanze che si potranno apprezzare, naturalmente come elementi di riscontro, nell'esame della posizione del MAIOCCHI ROBERTO. E si potrà anche constatare come le dichiarazioni di SAPIENZA ANDREA AGATINO e quelle di MORABITO LUIGI si integrino perfettamente, sui dati circostanziali e sulle attività illecite, in riferimento a quella posizione. 342 ___________________________________________________________ 52 SCAMBIA ANTONIO si è invece avvalso della facoltà di non deporre. Di conseguenza il P.M. ha prodotto nella udienza del 15.5.96 i verbali dei suoi interrogatori al P.M. torinese. Il collaboratore, infatti, era stato tratto in arresto dalla AG di TORINO nell'ambito della inchiesta che portò, nel marzo del 1994, al sequestro di circa 5 tonnellate di eroina: cfr. il provvedimento di cattura sub volume 175 par.11, acquisito con la ormai nota ordinanza 13 aprile 1995. Dallo SCAMBIA si saprà che: - fa parte di una importante organizzazione internazionale dedita alla importazione in ITALIA di ingenti partite di cocaina dal 1991/92. I trasporti avvengono via mare tramite containers; - parte dei 5000 kg. di cocaina sequestrati nel marzo del 1994 erano destinati al gruppo PAPALIA-BARBARO stanziato in CORSICO e BUCCINASCO (pag. 3); - per tali traffici entra in contatto con esponenti delle note famiglie CUNTRERA-CARUANA operanti in VENEZUELA (pag. 9) nel mentre in ITALIA opera sotto l'egida di VINCENZO MAZZAFERRO di MARINA DI GIOIOSA JONICA; - fa una descrizione analitica dei singoli episodi di importazione di cocaina in ITALIA dal SUDAMERICA. Per tali vicende ha anche a che fare con BARBARO DOMENICO di PLATI' che operava per conto del MAZZAFERRO (N.B.: è persona diversa dall'imputato di Nord Sud); - i traffici prevedevano la importazione di ingenti quantitativi di cocaina che, quindi, venivano in ITALIA smistati tra alcune importanti famiglie malavitose; - apprende e capisce, per considerazioni fatte da VITO GENCO che i principali acquirenti di importazioni di cocaina che avvengono nel corso del 1992 sono proprio i PAPALIA (pag. 30 "gli unici che potevano gestire simili carichi e simili somme, a quanto sentivo dire, erano proprio detti gruppi (BARBARO e PAPALIA)". (cfr. anche pag. 37); - in occasione di una delle varie operazioni di importazione di cocaina egli apprende da VINCENZO MAZZAFERRO (deceduto poi nel marzo del 1993) che l'intero carico, sempre per centinaia di Kg. di cocaina, era destinato ai PAPALIA; - nel corso di uno dei vari incontri per forniture che interessavano le famiglie calabresi, i MAZZAFERRO in particolare, fu presente anche tale GIUSEPPE BARBARO (pag. 67) poi riconosciuto in foto per BARBARO GIUSEPPE cl. 48 (U NIGRO) (v. pag. 75 ove nel riconoscerlo lo chiama eloquentemente "PEPPE". Il dato richiama le famose intercettazioni telefoniche relative al sequestro GALLI ove tale "PEPPE", da ritenersi proprio il BARBARO cl. 48, dialogava con il MOLLUSO FRANCESCO); - "...pochi giorni dopo la riunione di cui ho detto, a casa mia a CARUGATE ricevetti la visita del MICO BARBARO che era accompagnato da uno dei PAPALIA. Non ne ricordo il nome ma era uno di media statura di corporatura piuttosto robusta... Il PAPALIA voleva dirmi che aveva parlato con il MAZZAFERRO VINCENZO e che quando fosse arrivata la merce intendeva prenderla tutta lui. In realtà poi i PAPALIA non hanno preso la cocaina dal MAZZAFERRO ma, come ho già accennato, ritiravano direttamente dal VITO e quindi dalla parte dei carichi che rimanevano, attraverso il VITO, ai CARUANA ed ai produttori colombiani ... VITO aveva conosciuto in carcere qualcuno della famiglia PAPALIA .... (costoro) almeno per una certa parte del loro traffico, si servivano della famiglia BARBARO con la quale erano imparentati ed in ottimi rapporti, come la visita di MICO BARBARO e PAPALIA di cui ho prima detto testimoniava "(pagg. 38 e 39, circa tali stretti rapporti v. anche pag. 66); - (a pag. 76) "nella foto 22 riconoscevo il PAPALIA che è venuto a casa mia assieme al MICO BARBARO. Nell'occasione il PAPALIA aveva detto che avrebbe ritirato tutto il carico che stava per arrivare. Ciò precedeva l'arrivo della prima spedizione di cui ho parlato." (si da atto che trattasi di PAPALIA ROCCO, nato il 24.10.1950). (Si segnala che l'album fotografico mostrato allo SCAMBIA trovasi nel vol. 236 delle prod. del PM par. 8) 343 - SCAVO AGOSTINO53 Sempre con riguardo alla "storia del processo, si ricorda che nelle udienze 30 giugno 199554, 18 settembre 199655 e 24 settembre 199656 il P.M. provvedeva a "nuove contestazioni"57 nei confronti di taluni imputati, ai sensi degli artt. 516 e segg. c.p.p.. La discussione finale, apertasi il 12 novembre 1996 con la Requisitoria del P.M., si chiudeva con le ultime arringhe difensive (accompagnate, in molti casi, dal deposito di memorie difensive di "lumi", ex combinato disposto degli artt. 121 e 482 c.p.p.) il 2 maggio 1997. Ritiratasi in Camera di consiglio, questa Corte di Assise terminava i suoi lavori l'11 giugno 1997, dando lettura del dispositivo in calce alla presente, sorretto -in punto di fatto e di diritto- dalle motivazioni che seguono. ___________ _____________ 53 SCAVO AGOSTINO è imputato nel proc. pen. 3340/92/21 a carico dei gemelli SERGI, BIANCO MICHELE ed altri. E' l'ultimo titolare del bar di Via BRAMANTE (lo "ufficio" per lo spaccio di droga dei SERGI, come si vedrà). La sua deposizione (nella quale afferma -e si capisce perché- di nulla sapere dell'arma e dei soldi rinvenuti presso il bar-ristorante di Via BRAMANTE (v. quanto evidenziato a proposito di BIANCO MICHELE), merita di esser ricordata perché -e non par poco- conferma che presso il suo bar c'era un certo giro di spacciatori. 54 Aff. 2973-3010. 55 Aff. 20.100-20.122. 56 Aff. 20.166-20.194, ove si dà atto del deposito del testo scritto in Cancelleria e si dispongono le notifiche (tutte poi regolarmente eseguite) ex art. 520 C.P.P.. 57 Tutte ritualmente notificate. 344 CAPITOLO 2 Brevi notazioni di ambiente e di cultura criminale _________ Il dibattimento che si è celebrato, nella sua straordinaria ricchezza di contributi probatori provenienti anche da altri processi, alimentati dalle realtà tipiche dei territori e degli ambienti di pertinenza, e con gli approfondimenti consentiti da una trattazione di così ampio respiro durata oltre due anni, ha offerto uno spaccato di circa vent'anni di attività illecita (grosso modo dal '75 al '93), una realtà criminale che è maturata e cresciuta su una realtà sociale per altri versi già nota in talune sue caratteristiche, quali: a) una cospicua emigrazione al Nord negli anni '60 (quelli del noto "boom" economico) di popolazione del Sud. Restando alla realtà emersa nel presente processo, si è assistito in quegli anni a un progressivo insediamento nella cd. cintura milanese, di cittadini calabresi provenienti dalla LOCRIDE ed in particolare da Comuni già con elevato indice di criminalità (come PLATI', SAN LUCA, CARERI etc.). Per gli originari di PLATI' assolutamente eloquente la concentrazione assai elevata nei Comuni di BUCCINASCO e di CORSICO; b) i problemi di inserimento di quella popolazione del nuovo tessuto sociale, spesso con ripristino, in loco, di realtà criminali dotate delle stesse caratteristiche della criminalità della zona di origine. Ne è riprova il "boom dei sequestri di persona"1 che esplose in LOMBARDIA negli anni '70, allorché si furono ivi definitivamente consolidate le emigrazioni al Nord di cittadini provenienti dalla LOCRIDE e ad opera di coloro che non intesero inserirsi nella società civile; ________________ 1 Così come lo definì lo stesso MORABITO. 345 c) la sussistenza di fortissimi legami nella malavita calabrese in prevalenza radicata su stretti e spesso impenetrabili vincoli familiari. Si fa riferimento, in particolare, alla formazione di "nuclei" pressoché costantemente formati tra originari dei medesimi Comuni e con intrecci, tra appartenenti alle stesse famiglie, talvolta di difficoltosa "lettura". Il rapporto di parentela rende assai compatto e ben amalgamato non solo il nucleo familiare, ma anche quello delinquenziale, con elevatissimo indice di omertà.2 Per tale compattezza, di conseguenza, rarissimi se non inesistenti sono stati i casi di collaborazione con la A.G., o di semplice dissociazione. Non è certo un caso che coloro che hanno collaborato o hanno reso ammissioni in questo dibattimento non appartengano a nessuna delle zone e quindi a nessuna delle culture di cui sopra. La nascita in PLATI' di MORABITO SAVERIO e di MORABITO LUIGI non pare sconfessare affatto questo rilievo se si considera che quei personaggi emigrarono al Nord in giovanissima età (il MORABITO SAVERIO aveva circa sette anni quando la sua famiglia si è trasferita a BUCCINASCO3), non furono mai ufficialmente inseriti nella "'ndrangheta" e così fu loro possibile riuscire ad assorbire la nuova realtà, recidendo nettamente il cordone con la terra di origine. Più volte MORABITO SAVERIO, in particolare, intese sconfessare, anche con ironia, la teorizzazione criminale calabrese riconducibile ai parametri della cd. "'ndrangheta". E non è parimenti un caso che la collaborazione di ROMEO ANNUNZIATINO - pure nativo di PLATI', ma estraneo anch'esso alla 'ndrangheta, nonostante i tentativi di taluno di inserirvelo 4 - sia scaturita dal vincolo di parentela e dal fortissimo legame affettivo (ricambiato) con il cugino MORABITO SAVERIO5; d) il mantenimento di stretti e solidi legami con la terra di origine, e questo sia in riferimento ai contatti mantenuti con i membri della famiglia rimasti in CALABRIA, sia in riferimento ai rapporti con gli esponenti della malavita rimasti a operare in quella terra. La forza di tali legami, specie per coloro che intesero anche prestare giuramento alla "'ndrangheta", si coglie, in tutta la sua rilevanza, ________________ 2 Non in tutti i casi, ben si intende: il discorso, è quasi superfluo sottolinearlo, vale per le sole realtà individuate nel presente procedimento o in altri strettamente connessi. 3 MORABITO, aff. 759. 4 Si fa riferimento al PICCOLO, della cosca dei D'AGOSTINO (aff. 14.111) 5 Tanto che l'averlo presso di sè nel carcere di BERGAMO, come si dirà, fu una delle prime richieste che MORABITO SAVERIO fece al P.M. nel suo primo interrogatorio del 20 settembre 1992, interrogatorio nel quale fa intendere che sta pensando di collaborare con l'A.G.. 346 dalle stesse dichiarazioni fornite dal MORABITO e da altri collaboratori calabresi in altri ambiti processuali. Un legame inscindibile che concorre a rendere ancor più difficile l'abbandono di principi di vita di ispirazione delinquenziale coltivati nella terra di origine. La concomitanza di altri processi in Calabria, a carico di indagati nel presente procedimento, pare esser proprio la riprova del citato mantenimento di legami non solo affettivi con personaggi non trasferitisi al Nord; e) il reinvestimento, in attività economiche locali, dei proventi delle attività illecite (per lo più nelle attività di edilizia o di scavi e movimentazione terra) con conseguente infiltrazione nel nuovo tessuto sociale di regole e principi malavitosi e quindi con ulteriore inquinamento dei rapporti sociali. Per taluni degli attuali imputati, e segnatamente per gli appartenenti ai cd. gruppi PAPALIA e SERGI (nel quale ultimo "militarono" proprio MORABITO SAVERIO, l'INZAGHI MARIO e il ROMEO ANNUNZIATINO) è stato possibile ricostruire un modus vivendi assolutamente coerente e conforme a quanto si è sopra brevemente esposto e cioè: - emigrazione al Nord anche in giovane età; - iniziale consumazione dei reati, anche da minorenni, con particolare incidenza per i reati contro il patrimonio e reati minori comunque denotati aggressività e contrasto con le istituzioni (porto di armi improprie, risse, oltraggi, etc.); - "salti di qualità" con la consumazione di reati contro il patrimonio evidenzianti maggiore pericolosità (rapine) sino ai sequestri di persona a scopo di estorsione che, come sopra rilevato, caratterizzano tali gruppi criminali nella seconda metà degli anni '70; - inserimento nel traffico delle cd. "droghe pesanti" (eroina e cocaina), anche grazie ai proventi delle precedenti illecite attività e raggiungimento, in tali traffici, sin dai primi anni '80, di posizioni di primissimo piano; - ricorso alla violenza, sino all'omicidio, quale modo di soluzione costante per qualsiasi dissidio o contrasto anche di modesta e secondaria rilevanza; - approvazione, è il caso di dirlo, di ben delimitate fasce di territorio assunte, quindi, ad autentici luoghi di affari (detti, infatti, 347 anche "uffici") con particolare riferimento alle trattative per i commerci di droga; - reinvestimenti in attività apparentemente lecite anche con il ricorso alla rilevazione di società già esistenti e decotte e sempre tramite terzi compiacenti ovvero con amici o rappresentanti delle stesse famiglie; - raggiungimento della "omertà" nel territorio di influenza in ragione del presidio costante dello stesso e del ricorso alla violenza e alla intimidazione quale regola costante nei rapporti con gli estranei al gruppo criminale. Le indicazioni fornite da MORABITO, dall'INZAGHI ed altri (v., ad esempio, i già menzionati PIRRONE MAURIZIO e ROMEO ANNUNZIATINO) gioveranno meglio di ogni altro ulteriore esposizione a rendere palese la realtà sopra accennata. Una disamina congiunta, poi, tra le dichiarazioni dei predetti collaboratori di giustizia e collaboratori già residenti ed operanti in Calabria, e che ebbero a rendere dichiarazioni in altri ambiti processuali (ne sono stati ascoltati oltre 30 in questo dibattimento), gioverà a meglio rendere chiari i legami e i rapporti sopra accennati che, come detto, rappresentano il terreno di base per quella cultura della illegalità cui si è accennato e che è la chiave di lettura di questo processo. A questo riguardo, di fondamentalmente importanza, per la esatta comprensione delle dinamiche e delle causali degli episodi delittuosi più gravi, è stata la possibilità offerta da un dibattimento dalle caratteristiche su riferite di avvicinarsi, sino a quasi respirarla, alla cultura propria della malavita organizzata calabrese sin nelle sue radici più antiche e profonde. Solo tenendo presenti le caratterizzazioni proprie di tale assetto criminale si son potute comprendere le causali di molte vicende sottoposte al giudizio della Corte, nonché il livello, lo spessore e la attendibilità delle dichiarazioni dei "collaboratori" da essa ascoltati. E' un dato, questo, che non si può trascurare in un procedimento penale che vede imputati, su 133 persone, 97 calabresi. Senza con ciò, si ben chiaro, voler fare di ogni erba un fascio e criminalizzare una terra che di ben altre cose può andare, invece, meritatamente orgogliosa. Solo prendendo atto di questa realtà, solo "assimilando" quella cultura si comprendono certe condotte, certe vicende, modi di parlare e di riferire, anche da parte dei "collaboratori" di giustizia. 348 Modi e ambienti piuttosto lontani dalla esperienza comune e che potrebbero destare, in prima battuta, non poche perplessità. Solo così si potrà "spiegare" come possa esser stato possibile a un MORABITO uccidere l'avv. LABATE senza conoscerne le ragioni e solo perché così gli era stato ordinato. Solo così si "accetteranno" racconti di omicidi consumati per vendicare e lavare l'onta di uno "schiaffo"6, o di una espressione sgradevole7, oppure omicidi eseguiti senza sapere perché, a titolo di "favore" e come corrispettivo di una analoga cortesia.8 Questa è la "logica", la cultura criminale, antisociale, oppositiva delle regole di vita della società civile di cui sono pregni i fatti delittuosi in esame: occorre prenderne atto, calarvisi dentro per vincerne l'apparente incredibilità. Perché -sempre esemplificando- può essere "incredibile" che si sia potuto tenere incatenato, in una grotta dell'Aspromonte, per due anni, un ragazzo di 18-20 anni -CESARE CASELLA- e questo solo per denaro e in paziente attesa che il riscatto venisse integralmente pagato. E così, ancora, per EVELINA CATTANEO, per la stessa ragione tenuta per oltre tre mesi legata mani e piedi a una branda, occhi e bocca bendati: libera solo di respirare.Vigilata accuratamente da uomini che le sedevano accanto. Una condizione che riesce a scuotere lo stesso MORABITO SAVERIO, che di quella cultura è certamente figlio, quando va a trovarla nel luogo in cui è segregata, per sbloccare "le trattative" del pagamento del suo riscatto _______________________________ 6 Cfr. gli omicidi RIBAUDO e TROMBADORE che, secondo MORABITO, furono consumati per lavare l'offesa di uno schiaffo ricevuto, rispettivamente, dal fratello LUIGI e da TRIMBOLI VINCENZO (v.oltre). E vedi pure il t.o. in danno dello stesso MORABITO operato dal BARBARO DOMENICO per analoghi futili motivi (v. episodio del cinema Italia, infra). 7 Cfr. l'omicidio di AMBROSIO VINCENZO ("Vincenzo il Napoletano") che MORABITO SAVERIO confesserà, per la prima volta in dibattimento, di aver commesso per essersi l'AMBROSIO lasciato andare (peraltro in sua assenza e forse nel corso di un diverbio con SERGI FRANCESCO), a una apprezzamento alquanto pesante nei confronti dei calabresi ("Sti calabresi di merda stanno impestando tutta la zona"). Omicidio commesso insieme a TRIMBOLI FRANCESCO, a cavallo dell'inverno '82 e l'inizio dell'83, sostanzialmente per fare una cortesia allo stesso TRIMBOLI e al SERGI FRANCESCO che non erano riusciti sino ad allora a metterlo a segno (aff. 3630-3642 e infra Capitolo 4). 8 Cfr. l'omicidio VOTTARI a Milano, eseguito "in cambio" dell'invio di uomini al Nord per uccidere i componenti del gruppo AMANTE. E lo stesso modo, come si è appreso da altri dibattimenti, si è ucciso il figlio di RAFFAELE CUTOLO al Nord, in cambio della uccisione di SALVATORE BATTI a Napoli (v. infra). 349 Non meno eloquente la "prigionia" di ANGELO JACOROSSI: per più di due mesi tenuto sotto terra, in un "loculo" due metri per uno e mezzo, grondante di acqua e di umidità. Uomini che sono in grado di trattare con i famigliari del rapito la restituzione dei suoi resti, come nel sequestro di AUGUSTO RANCILIO9. Uomini che parlano di "prima" e "seconda" "guerra di mafia", col distacco dello storico che ricostruisce gli eventi bellici che hanno scosso la Nazione. E in un qualche modo li si comprende, se si pensa che in quella prima "faida" per la spartizione di denaro pubblico destinato alla ricostruzione in terra di Calabria sono state uccise circa 400 persone, e che nella seconda sono rimasti sul terreno altri 700 morti.10 Ne v'è da meravigliarsi se nell'anno 1985 i carabinieri di Platì, uscendo dalla Caserma del Comando Stazione per andare a telefonare, sentivano la necessità di indossare il giubbotto antiproiettile e, possibilmente, farsi accompagnare da un commilitone11, o se, durante le indagini del sequestro CASELLA, per individuare l'abitazione di BARBARO GIUSEPPE ('u Pillari) in quella cittadina, a causa del silenzio omertoso dei suoi abitanti, fu necessario "forzare" la collaborazione del locale vigile urbano.12 Solo riflettendo su questi episodi si possono comprendere le parole di chi apprezza la bontà sotto il profilo commerciale (che altro non interessava)- della soluzione strategica di introdurre ingenti partite di cocaina in territorio australiano sol perché quel territorio era ancora "sano", vale a dire non era stato ancora scoperto dai narcotrafficanti e quindi era uno spazio da occupare al più presto13. Ed è difficile trovare una chiave di lettura di questa realtà criminale più significativa delle parole di quel ROMEO _________________________ 9 Si leggano, anche, in proposito, le pagine della sentenza MUIA' della 4° Corte di Assise di Milano pronunciata in data 22.12.1982 (coperta da giudicato e acquisita al fascicolo del dibattimento a Vol.114 delle produzioni iniziale del P.M.) e relativa decisione di Appello 15.12.1984 (ibidem a Vol.115). 10 Si vedano i racconti di GIACOMO LAURO, di FILIPPO BARRECA e, segnatamente, del col. ANGELO PELLEGRINO (v.infra omicidio LABATE). 11 V. le disposizioni dibattimentali dei carabinieri LA FRANCA e CRISAFULLI (om. ASPROMONTE). 12 Cfr. dep. dell'ispettore GALLO. 13 Deposizione dibattimentale di DI DONATO MICHELI e di ANNACONDIA SALVATORE. E a riscontro di tali dichiarazioni, nonché in ordine alle persone e ai contatti intercorsi tra ANNACONDIA, DI DONATO, CAPONERA STEFANO, SFREGOLA MICHELE, ANNIBALDIS ANTONIO sul punto di tale progettata esposizione di cocaina in Australia, cfr. produzione P.M. nella udienza 15.5.96 Vol.1, All.ti da 9 a 10/c. e in particolare All.9, pag.7, in relazione alla individuazione, da parte di ANNACONDIA, del bar di via Dei Mille come luogo ove fece la conoscenza di ANTONIO PAPALIA. Documentazione acquisita con ordinanza 4.6.96. 350 ANNUNZIATINO che, risoltosi -per le ragioni che presto si diranno- a collaborare senza riserve con l'A.G. e quindi a non nascondere nulla, anche se solo moralmente ripugnante, interpellato dal P.M. in quale altra occasione avesse avuto modo di brindare rispose: ".. quando saltò in aria il giudice FALCONE e la sua scorta .." E sono manifestazioni di quella cultura, ancora, le parole sfuggite a PAPALIA ANTONIO, quando osservò che MORABITO SAVERIO si era comportato male allorché, sfuggito a un colpo di pistola esplosogli contro da DOMENICO BARBARO (detto "canarino"), anziché startene zitto (".. se lo doveva tenere ..") -per provvedere poi, naturalmente e a suo modo, alla ritorsione- diede invece spunti alla Autorità per individuare il responsabile del fatto. Così come ben rappresenta quel mondo, quella che il P.M. ha chiamato "la cultura del tradimento", ovvero la tecnica di ingraziarsi il nemico, di instaurare con lui rapporti di simpatia, addirittura di affetto e di assidua frequentazione, ma solo per non insospettirlo e in tal modo diminuire le difese, per poi colpirlo a tradimento, quando meno se lo aspetta. Con questa tecnica -racconta MORABITO SAVERIO- si era deciso di annientare il gruppo degli AMANTE (si pranzava insieme, si tenevano buoni rapporti, anche con cessioni di droga, ecc.); con quel sistema - raccontano i "collaboratori" GIACOMO LAURO e FILIPPO BARRECA- PAOLO DE STEFANO aveva deciso di uccidere l'avvocato LABATE (trattandolo come amico, con affetto, facendogli fare persino da padrino alla cresima del proprio figlio, ecc.14). Una capacità di covare rancori, di maturare una vendetta anche in tempi lunghi, di anni, preparando il terreno più adatto per portarla a compimento. E GIORGIO TOCCI -ex poliziotto e pregiudicato, pure "dichiarante" in questo dibattimento per talune vicende- racconterà come, nel solco di quella cultura, si prestò, per salvarsi la vita e sapendo che faceva parte di una banda antagonista a quella di COCO TROVATO-FLACHI, ad uccidere un suo caro amico, tale SALVATORE DE VITIS.15 E così pure ANNACONDIA e DI DONATO, mentre è in corso una delle tante "guerre" di mafia (in questo caso, quella che vede opposto il gruppo COCO da una parte e quello di BATTI dall'altra) andranno a San Giuseppe Rotondo, nel foggiano, per tendere un agguato e uccidere tale PASQUALE PIACENTINO, un loro ___________________________ 14 15 V. G. LAURO F.BARRECA. Trattasi di episodio delittuoso oggetto di altro dibattimento (cfr. dep. TOCCI) 351 carissimo amico che, solo proprio per questo si sarebbe di loro fidato, accantonando ogni prudenza e sospetto. E' questa "cultura" criminale 16 che detta spesso le condotte delittuose oggetto di questo dibattimento che occorre tenere presente per meglio interpretarle e valutarle 17 , ed è questa stessa cultura che ha imposto, è lecito pensarlo, certe condotte processuali (dibattimentali, in specie) di assoluta "chiusura" alla logica o alla evidenza delle prove a carico. Condotte ostative di qualunque ipotesi non dicesi di "collaborazione" con l'A.G., ma anche di semplice "dissociazione" attraverso la confessione dei propri addebiti (per l'intuibile preoccupazione della ripercussione che tale condotta avrebbe potuto avere sull'accertamento delle responsabilità dei coimputati). Collaborazione e dissociazione si sono avute solo nel corso delle indagini preliminari - come si è visto - e ben si spiega. Ma, pubblicamente, di fronte a certi sguardi e certi personaggi che già all'età di 17 - 18 anni (prima, cioè, di far il servizio militare e proprio per evitare il rischio di contaminarsi con le Istituzioni dello Stato e così di inserirsi nella società civile) hanno prestato giuramento alla 'ndrangheta' (il c.d. rimpiazzo o battesimo) 18 e sono cresciuti respirandone le "regole", ebbene non è facile di fronte a quei personaggi invertire la rotta e cambiare vita. Quando uno ha prestato quel giuramento è fatta, non può più ragionare con la sua testa, ragiona e agisce come gli altri comandano, è diventato una macchina cui "hanno inserito la spina".19 Il giuramento è una cosa importante, è ammantato da una certa sacralità anche di forme che esercitano la loro suggestione, soprattutto sui giovani, più facili da manipolare e volgere al crimine.20 Magari dopo un periodo di "allenamento" o di "prova", come capitò ai due gemelli SERGI (FRANCESCO e SAVERIO, detto "SAVERINO"), che ancora giovanissimi e ansiosi di essere messi alla prova il MORABITO "svezzò" facendoli partecipare all'omicidio dell'avvocato PONZIO. ______________________ 16 Per altri esempi v. sub. posizioni di TROPEANO FRANCESCO (Capo 151) e di BRANCA e NUCARA (Capo 76). 17 Ovviamente, con la freddezza e il distacco che si richiedono a chi giudica. 18 Sono eloquenti in proposito, ancora una volta, le deposizioni di FIPIPPO BARRECA, GIACOMO LAURO, ANTONIO ZAGARI, ALFONSO AMANTE. 19 Così dirà SALVATORE PACE parlando del FOSCHINI: "a uno come il FOSCHINI col giuramento tu gli metti la spina.." 20 Riferisce SALVATORE ANNACONDIA di aver giurato davanti alla fotografia di due boss - in occasione di una sua investitura - MIMMO TEGANO e JOE GAMBINO, impediti ad esser presenti (aff.13031/32). 352 Nè si pensi che questa sia solo realtà di PLATI (perché, per esempio, ben 42 imputati sono proprio di quella città, ed è un platiota lo stesso SAVERIO MORABITO). Lo si è anticipato: quei costumi, quei moduli criminali, quella legge del terrore, dell'omertà, del consenso coatto si sono trasferiti coi loro adepti, hanno camminato coi loro personaggi, aggregati come in terra di origine (quasi tutti quei 42 platioti si sono trasferiti e risiedono a CORSICO e BUCCINASCO). E così, a BUCCINASCO, si vedrà come i legittimi titolari di una stazione di servizio di distribuzione di carburante, dopo un "convincente" stillicidio di attentati, cedano agli ZAPPIA la gestione di quelle pompe di benzina. E si vedrà pure come ancora siano impregnati di paure i gestori di bar ed esercizi pubblici i quali quotidianamente stazionavano, come fossero i loro "uffici", imputati di spicco di questo procedimento per mandare avanti il loro lucroso traffico di stupefacenti. Una cultura antisociale - quel che è ancora più grave - che non è radicata, si badi bene, nella ignoranza, nella impossibilità di conoscere e praticare le regole del consesso civile, ma è frutto di una precisa scelta. Una scelta che è di convenienza economica, anzitutto. Si vedranno più avanti gli enormi profitti provenienti dalla droga, si vedrà come il passaggio dalle rapine, ai sequestri estorsivi e quindi al narcotraffico abbia obbedito esclusivamente a una logica di profitto e di minor rischio. Il diniego delle attenuanti generiche a tutti gli imputati (con le rare eccezioni che si diranno), oltre che dalla gravità dei delitti commessi e dal curriculum criminale di ciascuno di essi, non potrà non risentire di questo aspetto. Si è, sovente, a cospetto di imputati furbi, intelligenti, che sapevano bene quello che facevano. 21 Così è stato anche MORABITO SAVERIO che ci fa sapere come lui - non diversamente da molti dei suoi coimputati - sia stato un professionista del crimine, che si rendeva perfettamente conto dell'illiceità del disvalore sociale di quel che faceva. Ma, era cresciuto dentro quella logica, e aveva deciso e scelto di agire così. Di qui la grande importanza, il grosso rilievo che anche da un punto di vista umano e sociale vengono ad assumere le "collaborazioni processuali" di taluni personaggi di questo dibattimento, in parte già menzionati, che erano impregnati di quella _____________________ 21 La stesa "storia" delle loro condotte delittuose ne mette in risalto l'intelligenza perversa. 353 "cultura".22 Sono costoro che hanno consentito ciò che altrimenti si presentava, quanto meno, poco probabile o difficilmente fattibile: penetrare all'interno di quelle "cosche", scovare i componenti, di svelarne i crimini, spezzarne le omertose solidarietà. E ciò è avvenuto, è potuto avvenire perché si è fatta una scelta di campo - come si è scritto nelle pagine che precedono - perché si è fatto il grande salto, quello che segna per ogni singolo collaboratore il passaggio dall'area della illegalità a quella della legalità, e non rileva per quali motivi ciò sia avvenuto, nè tanto meno - lo si ripete a grandi lettere - se alla base vi sia un sincero "pentimento" morale.23 Ciò che a questa Corte soprattutto interessa, in una versione necessariamente pragmatica e laica del processo, non sono le ragioni intime della collaborazione, ma i suoi (comprovati) risultati. E questi, nel presente dibattimento, per la lealtà di chi ha collaborato, sono stati assai notevoli. Senza, con ciò, per nulla sminuire la netta riprovazione per i crimini orrendi consumati da quegli imputati che hanno collaborato con la Giustizia. Una lealtà che si è spinta sino a smascherare chi, ancora una volta secondo moduli già sperimentati dalla malavita organizzata, riusciva a piegare a proprio vantaggio gli spazi di operatività della legislazione premiale.24 Una lealtà che "si paga" per tutta la vita e si fa pagare anche alle persone più care 25, che cambia radicalmente la vita in ogni senso, anche topografico, e spesso la trasforma in "vita blindata"26. _____________________________ 22 E si immagini per un SAVERIO MORABITO, il primo platiota che si "pente" e che spezza la forza di una catena omertosa come quella della "Cosca di Plati", come la chiama un lontano Rapporto del 23 aprile 1981 del Co. MORELLI in atti, dopo il quale, a leggere i nomi dei personaggi che vi sono denunziati, pare che proprio nulla sia cambiato (cfr. anche GIACOMO LAURO, che ricorda come quella Cosca fosse solidamente arroccata, chiusa in se stessa, tanto da non prender parte diretta alle guerre di mafia in Calabria e a contribuire ad esse solo indirettamente). E questo - certamente insieme al contributo eccezionale che è derivato dalla collaborazione di MORABITO - può anche meglio render ragione della intensità, dell'attacco processuale che è stato portato contro la sua scelta collaborativa, contro la intelligenza della sua "strategia" centrata sulla gestione occulta e oculata della sua collaborazione (v.infra). 23 Tanto meglio se questo vi sarà, se ne potrà tener conto nel trattamento sanzionatorio. 24 Ci si intende riferire al tentativo di "depistaggio" operato - almeno inizialmente - dallo SCHETTINI e smascherato proprio da altri collaboratori, quelli che si trovavano con lui in carcere, i vari CASSANIELLO, FOSCHINI e altri, e dallo stesso SCHETTINI poi confessato anche in questa sede. 25 Si pensi alle c.d. vendette trasversali. 26 Si consideri lo sradicamento, che si rende inevitabile per l'efficienza del programma di protezione, dal territorio di origine per iniziare daccapo lavoro, abitudini di vita, scuole per i figli ecc. Il tutto, sotto la "vigilanza" del servizio di protezione. 354 Una lealtà che scardina sovente la famiglia al suo interno, nei sentimenti più profondi. Perché non è facile per certa cultura "accettare" una persona che ha scelto la strada della collaborazione con lo Stato. La si può accettare solo se esiste un forte e saldo vincolo affettivo e se si è scoperta e si è creduto in una diversa visione del mondo e dei suoi valori. Il "collaboratore " è poi una persona destinata a vivere clandestinamente tutta la sua esistenza, perché la vendetta è sempre in agguato, non ha perenzione, non ha scadenza per quella cultura. Una realtà processuale, una "cultura criminale" - per concludere - che mano mano si vedranno emergere nella trattazione dei singoli fatti di reato di cui è processo. 355 CAPITOLO 3 Sulla chiamata di reità e correita' in generale Il quadro probatorio posto a base delle decisioni della Corte su molte delle posizioni rassegnate al suo esame, ha come elemento caratterizzante dichiarazioni a contenuto confessorio-accusatorio e/o indicazioni di reità rese da molti "collaboratori processuali"1 - il più delle volte esaminati direttamente nel corso del dibattimento2 - e gli elementi che ne confermano l'attendibilità. Giova dunque premettere alcune osservazioni sulla chiamata in reità e correità in generale, al solo fine di esplicitare, pur con la sinteticità imposta dalla notorietà della problematica, i criteri ermeneutici accolti.3 ______________________ 1 In questa figura comprendiamo, sia i "coimputati del medesimo reato" nel presente processo cumulativo (artt.192/3 e 197 lett.a), sia tutti gli altri soggetti cui il codice fa riferimento nel dettare le corrispondenti disposizioni (e, dunque, sia le "persone imputate in un processo connesso a norma dell'art. 12" - tra le quali potrebbe rientrare, altresì, l'imputato del medesimo reato contro cui si proceda separatamente, come risulta del resto dall'art. 210 -, sia anche le "persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'art. 371/2, lett.b", grazie alla estensione normativa univocamente sancita dalle disposizioni dettate in materia: artt.192/4, 197 lett.b., 210/6 e 363/2. 2 In rare occasioni, infatti, i collaboratori si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, con conseguente acquisizione da parte della Corte dei loro costituiti ex artt.238 o 513 c.p.p. 3 Non è certamente esatto che questo sia stato "un processo di pentiti", come ha detto qualche difensore per svilirne in qualche modo la rendita probatoria, perché molte sono state le prove documentali e testimoniali che vi hanno trovato proficuamente ingresso, ma è pur vero che un notevole peso in esso rivestono le chiamate in correità e in reità: per numero (ve ne sono state oltre una trentina) e per intrinseca loro consistenza. Di qui l'opportunità di tracciare, sia pur con la sintesi imposta anche dalla sede, le linee ermeneutiche guida cui si ispirerà questa Corte nella valutazione del loro contributo. 356 In ordine alla chiamata in reità e correità (tra loro assimilabili, quanto a valenza probatoria4 ) si può innanzitutto e in generale osservare che l'art. 192/3 del nuovo c.p.p. ha eliminato ogni dubbio sulla natura di mezzo di prova (e non quindi di semplice indizio5 ) che ad essa deve essere attribuito e ciò sia per la formulazione della rubrica della norma ("valutazione della prova") che per il testuale accostamento delle "dichiarazioni rese dal coimputato" agli "altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità"6. ____________________________ 4 Nel parificare probatoriamente la chiamata di correità a quella di reità, la S.C. afferma: "in tema di valutazione probatorie, l'art. 192/3, nel codificare, in ossequio al principio del libero convincimento del giudice, la regola della utilizzabilità come fonti di prova delle chiamate di correo, purchè "valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità", fa indistinto riferimento "alle dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o persona imputata in un procedimento connesso, senza nessun riguardo al carattere più o meno confessorio di esse. La mancanza, totale o parziale, di tale carattere non può mai, quindi, costituire ragione di inutilizzabilità di quelle dichiarazioni e neppure di aprioristico giudizio di inattendibilità delle stesse, salvo, ovviamente, a tenerne conto nel quadro complessivo dell'indagine sulla loro credibilità intrinseca." (Cass. Sez.2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1557 e ivi richiamata, Cass.Sez.4°, 3 luglio 199, SPANO'). I due tempi di chiamata possono poi essere reciprocamente interferenti quando il chiamante è organicamente inserito all'interno di organizzazioni criminali. In punto di fatto, inoltre, la chiamaata in correità presuppone una conoscenza diretta del chiamante, mentre la chiamata in reità può scontare un minor grado di conoscenza diretta e può contenere, quindi, una maggiore possibilità di "inquinamento" probatorio. Ma si tratta di considerazioni criminologiche di cui il giudice può tener conto caso per caso e in sede di accertamento della credibilità intrinseca (nella fattispecie, ad esempio, considerando diverso e più alto il grado di credibilità attribuibile a chi, prima di accusare gli altri, ha accusato se stesso, confessando le proprie responsabilità per gli stessi delitti e accettando le conseguenti responsabilità penali, e chi invece ha riferito di responsabilità altrui per gravi fatti delittuosi, ai quali però si è dichiarato estraneo e quindi senza che si sia avuto un suo coinvolgimento personale). 5 Escludono esplicitamente che la chiamata di correo abbia valore di mero indizio, Cass.Sez. Un.3 febbraio 1990, Belli, Cass. Sez.1,30 gennaio 1992, ABBATE e altri. 6 Che la "chiamata" debba dunque considerarsi una vera e propria prova (rappresentativa o diretta, o storica che dir si voglia) a un livello superiore a quello dell'indizio, sia pure regolata in modo particolare sotto il profilo dei criteri valutativi, risulta anche dalla collocazione dell'art.210 - che ne disciplina l'assunzione - nel Titolo (il II del Libro III) dedicato ai "mezzi di prova". Del resto, la stessa formula usata ("altri") riconferma l'assunto: "altri" rispetto alle prove già acquisite, sulla cui fisionomia non incide, evidentemente, la circostanza che le medesime siano state ritenute dalla legge bisognose di una adeguata corroboration per poter esplicare in pieno la loro valenza probatoria. 357 A tale conclusione era del resto già pervenutala prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione sulla base di solidi argomenti di ordine logico e sistematico (argomenti che a ben vedere fanno passare in secondo piano l'argomento di ordine testuale ora richiamato, permettendo di attribuire ad esso una funzione di mera conferma) e tale principio di diritto - che ha preso l'avvio dalle note decisioni delle Sezioni Unite penali 7- può dirsi oggi assolutamente consolidato.8 Ma anche sotto altro profilo l'art. 192 c.p.p. ha confermato la scelta interpretativa fatta propria dalla prevalente giurisprudenza del S.C., vigente il c.p.p. del 1930. Tale norma infatti, imponendo al giudice di valutare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia "unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilita'" sembra avere innanzitutto respinto quella impostazione che, appellandosi (spesso in termini peraltro assai generici) alla necessità di c.d. "riscontri oggettivi", concepisce questi ultimi come autonomi elementi di prova aventi ad oggetto il fatto di reato, che sarebbero richiesti in quanto la chiamata in reità o correità costituirebbe una sorta di prova strutturalmente incompleta che necessita di un'integrazione ad opera di altre prove (appunto i c.d. riscontri oggettivi): una concezione questa che, se portata rigorosamente alle sue estreme conseguenze conduce inevitabilmente a privare la chiamata in reità e correità di ogni valore probatorio (nel senso, per intendersi, che il riscontro non deve consistere in una prova distinta della colpevolezza del chiamato: v. anche infra9). ______________________________________ 7 Sez.Un.3 febbraio 1990, Belli cit. e 6 dicembre 1991, Scala ed altri. Trattasi di conclusione che costituisce ormai un punto fermo e essenziale nell'economia del nuovo sistema delineato dal legislatore dell'88 e che consente di archiviare definitivamente quelle opinioni dottrinali che vedevano nella chiamata di correo una semplice notitia criminis o un imput per nuovi scenari investigativi, o tutt'al più un mero indizio. 8 cfr. da ultimo Cass. Sez. 1, 20 febbraio/26 marzo 1996, n.3070, RV.204295. 9 cfr. in tal senso, anche recentemente, v. Cass. Sez.2, 13 dicembre 1996-5 febbraio 1997, n.938, Bronzini; Cass. Sez.6,13 giugno 1996, n.6040, Bianco, cui adde, per la chiarezza della massima, Cass. 7 febbraio 1991, n.3992, RV. 187187: "In tema di chiamata di correo, se è vero che non può esser ritenuto sufficiente l'accertamento dell'attendibilità intrinseca della parola dell'accusatore e che occorre anche, in relazione alle accuse che quest'ultimo muove, operare una verifica estrinseca, è altrettanto vero che l'elemento di riscontro non deve necessariamente consistere in una prova distinta della consapevolezza del chiamato, perché ciò renderebbe ultronea la testimonianza del correo; esso deve comunque consistere in un dato "certo" che, pur non avendo la capacità di dimostrare la verità del fatto oggetto di dimostrazione, sia tuttavia idoneo ad 358 La scelta espressamente fatta nel nuovo c.p.p. appare invece, profondamente diversa: il giudice deve dimostrare l'attendibilità delle dichiarazioni rese dal chiamante10 - cioè l'affidabilità probatoria delle stesse - e deve inoltre fondare tale giudizio di attendibilità su altri elementi di prova; in altri termini, per usare le parole delle sentenze delle Sezioni Unite da ultimo citate, il giudizio di attendibilità " deve essere confortato da altri elementi o dati probatori che non sono peraltro predeterminati nella specie e qualità e che di conseguenza possono essere, in via generale, di qualsiasi tipo e natura", possono essere cioè, come emerge dai lavori preparatori, tutto ciò che può essere assunto in un processo ______________________________________________________________________ offrire garanzie obiettive e certe circa l'attendibilità di chi lo ha riferito. Ne consegue che tale dato non deve necessariamente concernere il "thema probandum", in quanto esso deve valere solo a confermare ab extrinseco" l'attendibilità delle chiamate in correità, dopo che questa sia stata attentamente e positivamente verificata nell'intrinseco". 10 Una esigenza, questa, che deriva dalla peculiarità delle dichiarazioni del coimputato (o imputato connesso o collegato che sia), dalla particolarità della sua posizione processuale, a causa degli elementi di interesse in causa propria che potrebbero inficiarle. Egli si trova in una posizione di potenziale non imparzialità. Anche per questo vige il divieto probatorio dell'art. 197, lett. a e b. - oltre a quella esigenza di garanzia, a tale norma principalmente sottesa, riconducibile alla logica del nemo tenetur contra se detegere - e tali soggetti vengono, conseguentemente, esonerati dagli obblighi tipici della testimonianza (es. di deporre e di rispondere secondo verità, ex art. 198/1) evitando loro di trovarsi in una posizione che potrebbe risultare in conflitto con il diritto a non autoincriminarsi (tutelato soltanto in parte dall'art. 198/2), o, comunque, con l'interesse che gli stessi potrebbero avere a un certo esito del processo cui si riferisce il divieto. E' a questa peculiarità delle loro dichiarazioni che il legislatore -una volta considerata la necessità di non disperdere i possibili apporti probatori (diversi dalla testimonianza di tali persone - si è posto il problema relativo ai modi e ai criteri della loro valutazione. Da ciò è scaturita la regola oggi codificata nel terzo comma dell'art. 192. Una regola - è stato detto - forse inopportuna, certo destinata a gettare un'ombra aprioristica, e in una certa misura arbitraria, sulla credibilità delle dichiarazione del coimputato, anche se - sotto l'enunciato profilo - non più sospettabili di quelle di altre persone (quali, l'offeso del reato, la parte civile, i prossimi congiunti dell'imputato, - cfr. oltre) per le quali non è emersa una preoccupazione del genere. Di tutto questo vuol tenere conto questa Corte, nel proposito di discostarsi da letture "estreme" della norma che, anche in questo dibattimento, hanno voluto accentuare ora l'uno ora l'altro dei profili indicati, e per converso, intenzionata a mantenersi realisticamente, pragmaticamente, aderente ai singoli casi concreti, alle loro peculiari specificità. Questo, senza dimenticare l'esigenza - che questa Corte del pari doverosamente avverte - di una rigorosa "valutazione unitaria" rispetto ad ogni altra prova concorrente con quella qui in discorso (in altre parole l'esigenza, l'obbligo di una valutazione congiunta di tutti gli elementi probatori eventualmente disponibili). 359 argomentativo, a prescindere dalla circostanza - sembra lecito precisare - che possa o non qualificarsi come indizio11. Tali elementi riguarderanno ovviamente per lo più ( e quindi non necessariamente: v. infra) il fatto di reato come narrato dal dichiarante, ma anche in tal caso essi dovranno essere utilizzati sempre nella prospettiva della verifica dell'attendibilità dello stesso. Era questa del resto l'unica strada che il legislatore poteva seguire dovendo fare salvi da un lato il principio del libero convincimento del giudice12 e dall'altro l'esigenza di richiamare ad un rigore nella valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia per evitare un uso arbitrario delle stesse.13 ______________________________________________________________________ 11 Una conferma di ciò si ricava dal fatto che la prima versione dell'art. 192/3, come si evince dai lavori preparatori, richiedeva, a proposito del riscontro che doveva presentare la chiamata, "prove o indizi", mentre in un secondo momento, a seguito del parere espresso sul punto della Commissione parlamentare, la norma assume l'attuale fisionomia, essendo stata l'espressione "prove o indizi" sostituita da quella di "elementi di prova", in quanto comprensiva di ogni tipo di circostanza probante il che significa che ogni fatto idoneo a divenire elemento di un processo conoscitivo-valutativo può svolgere la funzione di riscontro. 12 cfr. da ultimo anche Cass. Sez. 4, 5 aprile - 4 maggio 1996, n. 4580; Cass. Sez. Un. 21 ottobre 1992, Marino e segnatamente, la nota decisione 18 maggio - 3 giugno 1992, n. 255 della Corte costituzionale. 13 Il discorso è analogo a quello che la Corte costituzionale ha recentemente fatto a proposito dell'art. 500/4 nella recente formulazione seguita alla legislazione del 1992 che aveva destato qualche dubbio di incostituzionalità ( per un ipotizzato conflitto col principio-cardine del processo penale del libero convincimento): una formulazione per l'appunto speculare a quella dell'art. 192/3. Ebbene, la Corte costituzionale nel giudicare infondato il dubbio sollevato con riferimento alla disposizione in commento - nella parte in cui subordina all'esistenza di altri elementi di prova, capaci di confermarne l'attendibilità, l'utilizzabilità come prove delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate nel corso del dibattimento rese dal testimone nel corso delle indagini preliminari ed utilizzate nel corso del dibattimento per le contestazioni - nella motivazione della decisione 9 -16 giugno 1994, n.241 ha osservato che il legislatore, discrezionalmente, ma non irragionevolmente, ha inteso codificare un criterio logico-argomentativo in base al quale non è sufficiente un giudizio di attendibilità intrinseca e di superiore dignità logica della dichiarazione utilizzata per la contestazione, per assegnare prevalenza a questa, occorrendo a tal fine che essa sia anche coerente con qualche altro e diverso elemento di prova, nei sensi che spetterà alla giurisprudenza definire. E, a quest'ultimo riguardo, ha testualmente precisato: "Posto che la dichiarazione predibattimentale, in quanto allegata al fascicolo, costituisce certamente prova (contribuendo così a formare il materiale probatorio utilizzabile dal giudice). Potrà ritenersi idoneo elemento di riscontro altro simile atto, o un semplice indizio, ovvero (come parte della dottrina ritiene) un qualsiasi elemento estrinseco che non necessariamente corrobori il fatto specifico, ma solo il quadro generale del racconto" 360 Il giudice, dunque, potrà fondare il proprio convincimento sulle dichiarazione dei (coimputati) "dichiaranti", ma dovrà valutare tali dichiarazioni, e quindi tenerne conto all'interno del proprio itinerario logico soltanto se, e quando, le medesime risultino suscettibili di riscontro attraverso altri elementi probatori, la cui presenza e la cui potenzialità corroborativa - con un vaglio naturalmente rimesso all'appezzamento dello stesso giudice - si pongono come condicio sine qua non per l'impiego delle dichiarazioni stesse ai fini decisori. E quella prova, non è revocabile in dubbio, una volta positivamente apprezzata (per la presenza di tali indici sintomatici della sua affidabilità) potrà esser anche la sola sufficiente a fondare il convincimento giudiziale14. La regola ermeneutica in discorso, infatti, non pone limiti, né quantitativi, né qualitativi al grado significativo della chiamata di correo15. Diversamente opinando, si verrebbe a configurare e introdurre indebitamente un vero e proprio limite legale rispetto alla fisiologia del libero convincimento, riecheggiando, non a caso, fatte le debite differenze, il modello del brocardo unus testis, nullis testis, tipico delle prove legali (vale a dire: a tasso probatorio predeterminato), testualmente espunte dal nostro codice (art. 192/1, v. infra) Il terzo comma dell'art. 192 si pone allora, a ben vedere, solo come una specificazione, una declinazione (anche se in termini di particolare rigore) del principio generale sancito dal primo comma dello stesso articolo che espressamente sottolinea l'obbligo per il giudice di esplicitare nel modo più compiuto e rigoroso la motivazione posta a base della decisione: la norma riconferma da un lato la validità del principio del libero convincimento, ancorandolo tuttavia all'indicazione specifica dei dati utilizzati, quale correttivo a un uso arbitrario di detto principio (così testualmente la sentenza delle sezioni unite sopra richiamata).16 ______________________________________________________________________ 14 La recente decisione 22 gennaio - 25 febbraio 1997 n. 112, BOMPRESSI e altri due, della Sez. 6° della S.C. ne dà chiara conferma, nel noto caso esaminato (om. CALABRESI), una soltanto (MARINO) essendo stata la chiamata di correo (naturalmente) riscontrata. 15 Così, testualmente, in motivazione, Cass. Sez 1,30 gennaio 1992, ALTADONNA. 16 In questa sede di messa a punto dei criteri valutativi cui questa Corte si atterrà nel presente procedimento, il tema del "libero convincimento giudiziale" consacrato nel primo comma della citata norma dell'art. 192 merita qualche ulteriore puntualizzazione. 361 Il percorso mentale seguito dal Giudice non ha vie obbligate; il Giudice "valuta la prova" - recita la norma - "valuta", senza ulteriori specificazioni, è cioè "liberamente", svincolato da previe definizioni normative sulla attitudine dimostrativa degli elementi di prova acquisiti. In ciò sta il suo "libero convincimento": perché se "prova" nel dizionario del processualista è ogni fatto, sul presupposto del quale il giudice, in base all'esperienza o secondo una regola legale, ne afferma o nega un altro, "libero convincimento" significa: prove "valutabili liberamente", ossia fuori da un canone legalmente prestabilito", purché siano ammissibili e, quando consistano in atti processuali, risultino validamente costituite (cfr. anche Cass. 15 ottobre 1990 in casi pen. 91, 11, 643). Il nuovo codice riconferma il principio del libero convincimento del Giudice con una certa solennità per scelta di sede e per autonomia di esplicitazione, con una formula che in qualche modo ricorda l'art. 116/1 c.p.p. ("il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti"). Nel codice abrogato mancava una esplicita formulazione e il principio era desunto dal sistema (v. in particolare le menzioni incidentali degli artt. 158 - poi soppresso- e 308, ora sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta sostanzialmente riprodotto nell'art. 193). La novità significativa del codice vigente, sta piuttosto - come avverte la stessa Relazione al Progetto preliminare (pag. 61) - nell'aver sottolineato, anche a livello normativo, quel raccordo tra il libero convincimento del giudice e l'obbligo di motivazione che si traduce in due assiomi: a) su un piano generale che la libertà di apprezzamento della prova trova un limite in principi razionali che devono avere risalto nella motivazione ( e motivazione "ragionata" significa caratterizzata da "obiettività" e "prudenza", come forse in maniera ridondante si esprimeva il testo del Progetto preliminare '88); b) su un piano più strettamente operativo: che nella motivazione in fatto il Giudice: 1) dovrà, per un verso enunciare le risultanze processuali ("dare conto dei risultati acquisiti"), ossia, dovrà enunciare il risultato conseguito all'espletamento dei vari mezzi di prova; 2) per altro verso, dovrà indicare i criteri di valutazione utilizzati ("i criteri adottati") per vagliare quelle risultanze processuali (di qui la ragione del discorso che si sta ora svolgendo sul tema nevralgico della "chiamata in correità o e di reità"). E' questo, ora accreditando determinati elementi (giudicati pertanto idonei a costituire "prova": deve indicare, recita l'art. 546/1/e, le "prove esposte a base della decisione"); ora scartandone altri (scarto tradotto nella successiva espressione normativa: "enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie"). Ciò, tenendo presente che "i criteri di valutazione" -le "ragioni", il ragionamento seguito - altro non sono che le "massime di esperienza", ossia quelle regole mentali universalmente adottate in quanto suggerite dalla esperienza comune (vale a dire l'id quod plerumque accidif), regole che sono l'espressione di un certo rodine di successione fenomenica, quell'ordine secondo cui, data una certa azione, si può formulare un giudizio di (rilevante) probabilità su quella che l'ha preceduta e sulle altre che seguiranno. Ed è proprio la conoscenza di quell'ordine-ordine che il Giudice è tenuto per l'appunto a rivelare - che è possibile (con un procedimento essenzialmente non dissimile, sia per la prova c.d. storico-rappresentativa, che per quella logicocritica) inferire, ossia risalire dalla conoscenza di un certo fatto alla conoscenza del fatto da provare (donde, appunto, l'espressione di "pensare all'indietro" che scolpisce l'essenza del conoscere giudiziale). Così interpellato il modulo che presiede alla diagnosi della prova, può allora concludere questa Corte nel senso che essa, nel valutarla secondo il suo libero apprezzamento, fonderà la sua decisione: a) su prove ammissibili (e, come tali, in questa sede ammesse), nonché regolarmente acquisite ( come testimonieranno le molte ordinanze pronunziate in dibattimento, che si avrà cura, per comodità espositiva, di richiamare 362 Un'ultima considerazione: a favore dell'indicata interpretazione dell'art, 192 c.p.p. sembra deporre anche l'argomento di ordine sistematico desumibile dal recente e ben noto sviluppo della legislazione premiale, poiché tale scelta di politica legislativa sembra necessariamente presupporre una valorizzazione della chiamata in reità e correità anche sul piano probatorio, apparendo invero incompatibile con una scelta interpretativa che finisse con il privare di qualunque reale valore probatorio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. ---0--Per concludere le osservazioni, necessariamente sintetiche, sulla chiamata in reità e correità in generale si deve osservare che il giudizio di attendibilità si dipana e si specifica in una articolata indagine progressiva con cadenze e peculiarità sue proprie. Detta indagine prevede, infatti, che - in ordine alla particolare "fonte" in esame - si valuti preliminarmente17: ______________________________________________________________________ nelle presenti note, come parte integrante della decisione stessa, evitando pericolose sintesi o inutili ripetizioni nel testo) e pienamente utilizzabili a tal fine; b) darà conto, ossia spiegherà di volta in volta il convincimento cui è pervenuta, con la illustrazione dei principi razionali ( e perciò universalmente condivisi) seguiti ( con esplicito invito a quelli eventualmente già illustrati in premesse espositive di carattere generale) . Sono questi i due argini attraverso i quali fluirà il libero convincimento giudiziale che questa Corte si appresta a versare nella presente sentenza. Naturalmente, con l'osservanza degli ulteriori criteri valutativi desumibili dai comma 2, 3 e 4 che si vanno, per l'appunto, ad ulteriormente qui sopra illustrare. 17 Cfr. da ultimo sul tema, Cass. Sez. 2°, 13 dicembre 1966 - 5 febbraio 1997, n. 938, Cass. sez. 2°, 1 ottobre 1996 - 10 febbraio 1997, n. 1157. PAGANO ed altri, cui adde anche Sez. Un. 21 aprile - 1 agosto 1995. COSTANTINO e altro, in motivazione, sia pure con riferimento alla fase cautelare. 363 A) la sua attendibilità intrinseca (o verosimiglianza di quanto il collaboratore dichiara). E questo: A1) sia con riferimento alla persona (c.d. credibilità sotto il profilo soggettivo del chiamante, ciò vuol dire che la sua credibilità, in questa sede, va misurata in relazione: alla sua personalità18, al ______________________________________________________________________ 18 Tenendo, tuttavia, presente che la personalità negativa del collaborante non esclude necessariamente la sua credibilità intrinseca (Cass. Sez. 6, 17 febbraio '96, n. 4108, R.V. 204436: "Un apprezzamento negativo della personalità dei chiamanti in correità non vale di per sé, ad escludere la credibilità intrinseca. Trattasi invero di una connotazione comune a quasi tutti gli imputati per lo stesso reato o per reati connessi; connotazione tenuta presente dal Legislatore nel subordinare la rilevanza di tali fonti di prova, ad una puntuale verifica circa l'attendibilità intrinseca della chiamata e la presenza di riscontri esterni."). Questo discorso merita qualche ulteriore annotazione, perché non pochi difensori si sono intrattenuti ad illustrare il profilo criminale di questo o quel collaboratore per ricavare dal giudizio etico necessariamente negativo che ne scaturiva, una valutazione parimenti negativa sulla loro attendibilità. Ma merita sottolineare - riprendendo il pensiero di autorevole dottrina, col conforto di giurisprudenza affinata e vigile - che, alla base di ciò, vi è l'equivoco (voluto o no poco importa) imperniato sulla confusione tra ravvedimento etico del collaboratore e utilità ( e utilizzabilità) dei suoi contributi ai fini dello accertamento dei fati e delle responsabilità. Poiché, tuttavia, si tratta di un equivoco già molte volte chiarito anche in tali autorevoli ambiti, è difficile allontanare il sospetto che certe asprezze polemiche sulla "indegnità morale" di alcuni collaboratori siano in realtà esclusivamente funzionali - su un piano più generale e sociale- a obiettivi politici estranei ( e che tali devono rimanere) alla giurisdizione. Mentre per quanto più specificamente attiene il presente procedimento, l'attacco ai c.d. "pentiti" portato da non pochi difensori attraverso la sottolineatura della riprovazione morale della loro condotta, appare trasparentemente volto a contrastare l'impegno nel dibattimento del prezioso contributo probatorio spesso derivante dall'utilizzo delle loro dichiarazioni. Quasi ad accreditare, insomma, l'idea che i collaboratori di giustizia costituiscano una specie di categoria antropologica da accettarsi o da respingersi a priori (nel caso nostro, certamente da respingersi, ad avviso di quei difensori), anzichè delle fonti di prova (come qualsiasi altra) da sottoporsi (come qualsiasi altra) a verifica processuale, caso per caso, circa la loro concreta attendibilità (cosa, per l'appunto, che questa Corte intende esattamente fare). Né questa Corte cade ingenuamente nell'errore che si vorrebbe indurre nel giudicante dall'uso lessicale insistito delle parole "pentito" e "pentimento" ( o spregiativamente, secondo qualche difensore "pentitista"): come se ogni forma di collaborazione dovesse sempre presupporre una resipiscenza nel profondo dell'anima. Non si può non sapere, infatti, che questo aspetto dell'atteggiamento interiore dei collaboratori (che tra l'altro, in non pochi casi corrisponde alla realtà), è piuttosto irrilevante nell'ottica giudiziaria. Ciò che importa ( ed è stato anche di recente ribadito, con la chiarezza espositiva e la solidità argomentativa che lo distingue, da uno dei più autorevoli studiosi contemporanei del diritto processuale penale), ai fini delle inchieste e dei processi, è la circostanza che i collaboratori della giustizia, dopo aver rotto gli antichi vincoli criminosi, forniscano ai magistrati gli elementi necessari per poter accertare uno o più delitti, per individuarne i colpevoli, per conoscere le strutture delle 364 suo passato, ai suoi rapporti coi chiamati in correità e con altri eventuali collaboratori di giustizia sui medesimi fatti, alle sue condizioni familiari, e socio-economiche, alla genesi remota e prossima della sua risoluzione alla confessione19 e all'accusa dei complici, e quindi alla spontaneità della sua risoluzione, al disinteresse20, alla immunità da suggestioni, odi, rancori, errori21, ______________________________________________________________________ organizzazioni criminali e, spesso, anche per prevenire futuri reati. Questo è il grande salto, che segna per ogni singolo collaboratore il passaggio dall'area della illegalità a quella della legalità, e non rileva per quali motivi avvenga, né tanto meno se alla base vi sia un sincero "pentimento" morale. Ciò che conta, secondo una visione necessariamente laica e pragmatica del processo, non sono le ragioni intime della collaborazione, ma i suoi risultati. Alla giustizia - e dunque a questa Corte non interessa scandagliare le coscienze, ma prendere atto delle dichiarazioni rese dai collaboratori ( in questo, come in procedimenti paralleli e quivi ritualmente riversate) per poi sottoporle alla più rigorosa valutazione, attraverso la doverosa verifica dei riscontri esterni ( e della intrinseca credibilità della fonte). 19 Tenendo tuttavia presente quanto si è avvertito nelle note che precedono. E' considerando, altresì, la situazione concreta nella quale si è trovato il dichiarante allorché ha deciso di collaborare. Perché avrebbe indubbiamente un risvolto positivo, in termini di credibilità - come ha già avuto occasione di rilevare il Supremo Collegio in una situazione che si vedrà specularmente riprodotta anche in questo procedimento - il fatto di chi, in tale circostanza, si fosse "..trovato in una situazione nella quale non avrebbe avuto alcuna ragionevole alternativa rispetto alla decisione di riprendere ( o iniziare: n.d.r.) la collaborazione con la Giustizia e che, imboccata tale strada obbligata, avrebbe avuto tutto da perdere e nulla da guadagnare se avesse tentato di sviare le indagini o lanciare false accuse. Da una parte infatti, sarebbe andato incontro a condanne pesantissime per gli episodi criminosi che gli inquirenti comunque avrebbero potuto ricostruire senza il suo contributo probatorio, d'altra parte come egli stesso aveva rilevato, avrebbe corso il serio pericolo di esporsi a qualunque tipo di vendetta ove nell'ambiente carcerario, che lo attendeva dopo la rapina di (...) si fossero diffuse voci relative alla sua precedente collaborazione con gli inquirenti". (così, testualmente in motivazione, ma recente decisione del S.C. - 1 ottobre 1996 - 10 febbraio 1997, n. 1157. PAGANO e altri - citata da molti difensori proprio quale più recente e valido insegnamento impartito dal giudice di legittimità sui criteri da seguire nella valutazione della chiamata di correo). 20 Con due importanti precisazioni: la prima, che il "disinteresse" va riferito alla persona chiamata in causa, all'incolpato, nel senso che il collaboratore non deve avere un "interesse" ad incolpare che non sia quello del rispetto della verità, la seconda, che non si potrà negare attendibilità al chiamante in correità, al "collaboratore di giustizia" per il solo motivo che egli è sollecitato a "collaborare" per l'interesse a fruire dei benefici di legge per i c.d. pentiti, onde questo interesse (palese, o addirittura palesato in questo stesso dibattimento) si vorrebbe che inficiasse le sue dichiarazioni. Anche a prescindere dalla considerazione che a ben vedere può essere più rischioso "pentirsi" che delinquere ( si vedano in proposito le eloquenti parole di PIRRONE MAURIZIO in questa sede), e che solo se il collaboratore parla con la prospettiva di fruire dei benefici ciò non significa - come è stato pur riconosciuto da non pochi difensori - che esso non dica la verità ( che, anzi, in tal senso depone la logica "premiale"), va ricordato che la stessa Corte di legittimità ha avuto già modo di ripetutamente chiarire che "è del tutto 365 reticenze 22 o intenti calunniosi 23). L'esito positivo di questa valutazione potrà fondare un giudizio di "generale attendibilità" del collaboratore. ______________________________________________________________________ inconferente la considerazione che il collaboratore, essendo normalmente autore di reati di una certa gravità, miri alla fruizione di misure premiali in funzione della collaborazione restata, dovendo invece farsi riferimento, ai fini della verifica della sua attendibilità soggettiva, ai parametri sopra parenteticamente indicati" ( che sono i medesimi qui ricordati. Cass. Sez. 1 n. 3070 cit. e Cass. Sez. 1, 6 maggio 1994, n. 2100). Del resto sarebbe incongruo che lo Stato, da una parte incentivasse "il pentimento" (rectius, la collaborazione processuale) col diritto premiale, e dall'altra screditasse che se ne è avvalso. Tutto questo, in definitiva, equivale a dire - quanto meno - che la caratteristica del "disinteresse" subisce necessariamente un forte ridimensionamento allorché si parli di "pentiti". E anche, in una certa misura, quella della "spontaneità", che potrebbe al più ricollegarsi alla iniziale collaborazione con la giustizia, con la conseguente assunzione dei relativi impegni con lo Stato, ma è difficile ipotizzarlo per le successive singole chiamate in correità, le quali innegabilmente sono da ricondurre al contratto stipulato con lo Stato, del quale, in sostanza, vengono a costituire una sorta di adempimento. 21 Sulle conseguenze derivanti da tale eventualità v. postea. Sul tema - che ha costituito per molti difensori uno spunto per insinuare, in via ipotetica o di grande probabilità con riferimento a casi concreti di errore del dichiarante - si può comunque osservare sin d'ora che il rilievo difensivo, se posto in tali termini, finisce per provare troppo, posto che l'errore umano è certo eventualità che non può mai esser scartata, di qualunque persona si tratti, mentre il discrimine, per la tesi a carico ( e l'inverso per quella a discarico) riposa invece nella dimostrazione: a) che l'ipotizzato errore sia nel caso concreto improbabile ( per le ragioni più diverse es. la partecipazione diretta al fatto, i rapporti personali e la frequentazione tra incolpato e suo accusatore, ecc.); b) che gli errori eventualmente commessi dal dichiarante in altri casi traino spiegazioni ben circoscritte e limitate ad essi, in modo che solo per ipotesi analoghe sia plausibile ipotizzare la stessa eventualità. 22 Vale lo stesso discorso. Certo, che ciò possa essere avvenuto - come è avvenuto in questo procedimento ( si vedrà, ad es. il caso del MORABITO SAVERIO con riferimento alle posizioni di MUFATO ANGELO. ROMEO ANNUNZIATINO, ecc.) allerterà il giudice all'impiegato di un accentuato rigore valutativo, che è tuttavia inversamente proporzionale alla consistenza e plausibilità di una "logica" che autorizzi a confinare, a "congelare" quei casi alle situazioni concrete che li hanno determinati in altre parole, incomberà a colui che ne ha interesse dimostrare il contrario, o comunque far dubitare che la provata "reticenza" ( e così l'errore) di una volta non siano il frutto di particolari contingenze, ma il segno inquietante di una qualità negativa del soggetto che si traduce nella sua generale inaffidabilità. Diversamente, si opererebbe una perdita di sapere giudiziale che consegue, esclusivamente, a una astratta e teorica possibilità, mai umanamente smentibile. 23 Cass. Sez. 1, 22 dicembre 1995, n. 00683, RV 203796 e Corte di Assise Catania 12 maggio 1995 - 22 luglio 1996, n. 11/95 e Cass. Sez. Un. 21 ottobre 1992 - 22 febbraio 1993, n. 1653, MARINO e altri. Anche a questo riguardo, per situazioni analoghe che si ritroveranno in questo procedimento, è assai interessante notare coma la S.C. - nella decisione surrichiamata dell'1 ottobre 1996 - 10 febbraio 1997 n. 1157 - Abbia convalidato il ragionamento dei giudici del merito nella parte in cui costoro, nell'accreditare la credibilità del 366 A2) sia con riferimento al racconto in sé (c.d. profilo oggettivo, ovvero, della credibilità del racconto in sé), vale a dire con attenzione alle caratteristiche oggettive e alla consistenza delle dichiarazioni rese dalla "fonte" (dichiarazioni che, pertanto dovranno esser valutate sulla scorta, per esemplificare, dei seguenti parametri: certezza, logicità, precisione, costanza o fermezza - con particolare riferimento alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari, ove di esse si possa fruire24, o in altri dibattimenti - coerenza intrinseca). L'attenzione che si porta a tale duplice profilo è espressione del convincimento che il grado di approssimazione al vero della narrazione (sino alla sua identificazione con esso) si misura, anzitutto, sia considerando chi parla, sia considerando cosa dice. E procedere alla valutazione unitaria della chiamata di correo appare necessario chiarire dubbi che eventualmente si addensino sulla _________________________________________________________________________________ collaboratore processuale, hanno tra l'altro scritto: "...eventuali intenti calunniatori del collaborante lo avrebbero indotto pacificamente in errore più di una volta , così come l'esigenza di scaricare su altri responsabilità esclusivamente proprie; e allora il mendacio ne avrebbe danneggiato la posizione processuale con esclusione delle agevolazioni speciali previste dalla legge, qualora si fosse scoperto che egli aveva del tutto o in parte detto il falso"; e hanno aggiunto che detti "eventuali intenti calunniatori, oltre che estranei agli interessi del (collaboratore: n.d.r.) ed al contesto nel quale lo stesso si è venuto a trovare, non trovano riscontro nei rapporti personali intercorsi tra l'imputato ed i singoli chiamati in correità o in reità. Non sono emerse, infatti, ragioni di risentimento del collaboratore nei riguardi di qualsiasi chiamato in correità." Ed ancora, il S.C. positivamente valuta il fatto che i giudici del merito abbiano evidenziato - a riprova della affidabilità del dichiarante - che l'asserito cinismo del (collaboratore: n.d.r.), il quale non avrebbe esitato a consegnare alla Giustizia il suo "luogotenente", il (.....), rende il personaggio ancor più intollerabile nell'ottica difensiva, ma non intacca minimamente, anzi conferma la sua attendibilità, "dimostrando" come il (collaboratore: n.d.r.) non relazionasse i personaggi sulla base della loro simpatia o convenienza personale pur di mantenere e continuare il rapporto di collaborazione"; tanto che "gli unici soggetti coi quali vi era un certo screzio (in certa misura inevitabile nell'ambito di una attività delinquenziale quale quella che ci occupa) erano quelli interessati dal minor numero di chiamate ed ai quali veniva assegnato dal dichiarante un ruolo del tutto marginale, circostanza in aperto conflitto con il perseguimento di uno scopo calunnioso o di scarico delle responsabilità o di copertura di altri personaggi ritenuti più importanti." 24 Come è possibile per le dichiarazioni rese da MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO, AMANDINI..... ecc. per effetto del disposto dell'art. 238/1: cfr. ordinanza 13 aprile 1995 di questa stessa Corte. 367 chiamata in sé, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa. Va da sé, poi, che la valutazione che si compie già in questo suo primo approccio possiede la connotazione della sua scindibilità. E questo in un duplice significato: * nel senso che il giudizio (sulla attendibilità intrinseca) può esser frazionato, sia con riguardo al profilo soggettivo della chiamata, sia con riguardo a quello oggettivo; e questo con conseguenze analoghe, nell'uno come nell'altro caso, vale a dire che l'esito negativo della valutazione su una singola accusa o su un singolo accusato, mentre rende inutilizzabili le dichiarazioni ad essi relative, può non compromettere (o non compromette necessariamente) la attendibilità intrinseca (soggettiva e oggettiva) delle altre accuse25; riguardo il secondo aspetto oggettivo può del ______________________________________________________________________ 25 Nel senso, invece, che il criterio di valutazione debba essere unitario e complessivo, allorché venga in discussione il profilo soggettivo, cfr. Assise Catania cit. Ma non pare convincente e giustificata la distinzione. Può sostenersi, invece, che occorre pragmaticamente distinguere caso per caso: potrebbe infatti in un caso - per l'esito negativo della valutazione della chiamata con riferimento a un singolo episodio o incolpato - pervenirsi (in considerazione della gravità e del peso della vicenda) a una valutazione negativa sull'attendibilità complessiva del chiamante e, al contrario, potrebbe esser irrilevante quell'esito per altri episodi e incolpati allorché le imprecisioni, contraddizioni o incoerenze rinvenibili nelle singole accuse siano non eclatanti, o investano punti marginali delle stesse, o siano spiegabili col tempo trascorso tra il fatto e le dichiarazioni, con dèfaillances della memoria, oppure - nel caso di accusa calunniosa, o, al contrario, di "assoluzione" operata dal chiamante con riferimento a specifici addebiti dell'incolpato - ove queste trovino spiegazioni convincenti e tali da poter circoscrivere la vicenda ad eventi e entro confini logici ben definiti. In ogni caso, pare alla Corte che debba sempre esser tenuto distinto il ruolo che si intende conferire alla "chiamata" che eventualmente entrasse "in crisi" in esito alla valutazione in commento. Si prenda, ad es. il caso, nel presente processo, del collaboratore ANTONIO SCHETTINI. Non potrà apprezzarsi la sua collaborazione, non sarà possibile costruire con tranquillante esito una accusa sulla scorta delle sue dichiarazioni, in quanto pregiudicate, in prima battuta, dal suo (quanto meno originario) tentativo di "depistaggio" (si vedano in proposito anche i verbali degli esami dibattimentali resi su questo episodio, in separato giudizio, da DINO CASSANIELLO, SALVATORE PALADINO, ANTONIO MACCARONE, GIUSEPPE MODESTO e SALVATORE PACE, e acquisiti agli atti con ordinanza 18 luglio 1996). Ma se le sue parole non potranno assurgere a dignità di "prova", questo non vuol dire affatto che le stesse non potranno, all'occorrenza, essere utilizzate come "riscontro" esterno di altre fonti probatorie, ad es. di altre chiamate in correità. Ciò appare consentito dal ruolo diverso che svolge il "riscontro" rispetto a quello occupato dalla "prova". In altre parole, ciò che può esser inidoneo a fondare un convincimento giudiziale, può invece valere a 368 pari dirsi che l'esito negativo della valutazione su una singola accusa mossa a un singolo accusato, mentre rende inutilizzabili le dichiarazioni su quest'ultima, può non compromettere la attendibilità e nei casi più gravi - si pensi all'accusa calunniosa - anche sulla complessiva attendibilità del soggetto)26. La frazionabilità della chiamata di correità, nel senso della conferma (o della smentita) probatoria alle sole parti coinvolte, senza estensione alle altre sta alla base del principio (v. infra) che non l'attendibilità complessiva deve esser provata, per inferirne la comunicabilità per traslazione dell'intero racconto, ma ogni parte di questa può e deve essere oggetto di verifica, residuando, dunque, l'inefficacia probatoria di quelle non provate o, peggio, smentite, con esclusione di reciproche interferenze totalizzanti. E in questo modo viene salvaguardata, anche a maggiore garanzia dell'accusato, quella duttilità di giudizio, che muove dalla plausibilissima, eventuale coesistenza, in un medesimo soggetto dichiarante, di verità e di menzogne, anche involontarie, talché l'indagine del giudice (di questa Corte) obbligatoriamente si darà carico di operare la separazione dell'una dalle altre, osservando costantemente il parametro della razionalità della libera valutazione (come già detto e si avrà ancora modo di puntualizzare); _________________________________________________________________________________ misurare l'affidabilità di una diversa fonte di prova che di per se stessa sia già stata giudicata intrinsecamente credibile, proprio perché immune da quel soggetto di non genuinità che connota invece l'altra. D'altro canto non va trascurato, a proposito dello SCHETTINI, quando incisivamente ebbe a dire un altro collaboratore, come si vedrà meritevole di grande affidabilità: e cioè che lo SCHETTINI non dice il falso, non mente, perché non è sciocco, non cade nella insidia di una calunnia che può esser facilmente scoperta e con la quale può giocarsi il trattamento premiale. SCHETTINI va preso con le molle, non per quello che dice, che è la verità, ma per quello che non dice, per le persone che può coprire con i suoi silenzi (LEONARDO CASSANIELLO aff. 16866-16868). 26 Cass. Sez.6 17 febbraio 96 RV:204438: "E' del tutto legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie provenienti da un chiamante in correità e l'attendibilità di costui, anche se denegata per una parte del suo racconto, non coinvolge necessariamente tutte le altre che reggano alla verifica del riscontro esterno. "adde: Ced 190998. Il principio può considerarsi assolutamente pacifico. 27 Così, testualmente, in motivazione cit. dec. ALTADONNA. 369 * Nel senso che l'attendibilità soggettiva di un chiamante, riscontrata nell'ambito di un processo, influisce in senso positivo anche nell'altro, senza tuttavia esimere, in quest'ultimo, dalla verifica della attendibilità oggettiva delle dichiarazioni dallo stesso ivi rese28. Con riferimento al singolo episodio narrato o al singolo chiamato in reità o correità la valutazione del valore probatorio della chiamata in reità o correità la valutazione del valore probatorio della chiamata è ovviamente diversa a seconda delle caratteristiche per così dire strutturali della chiamata stessa (se diretta o "de relato" ). Nella chiamata diretta (o per scienza diretta: dichiarazione di chi afferma un fatto accaduto sotto la sua diretta e personale osservazione) il grado di affidabilità sarà del più alto spessore: il chiamante è stato per così dire "testimone" del fatto narrato; concettualmente - del resto - le due prove c.d. rappresentative, la prima solo essendo assoggettata, per ragioni giuridico - formali, ad un vaglio di credibilità più rigoroso).29 ______________________________________________________________________ 28 In altri termini, il fatto che un chiamante in correità sia stato ritenuto attendibile soggettivamente nell'ambito di un determinato procedimento se non può costituire una sorta di patente di attendibilità che possa esser esibita a valere in modo pregiudiziale e indiscusso in altri procedimenti, può però esser considerato un elemento positivo fra gli altri che debbono comunque esser considerati in ogni procedimento (Assise Catania cit.; Cass. 2.11.94, Aveta, RV.190998; Cass.10 giugno - 7 agosto 96, n.7758, Timpani; Cass.21 ottobre 94, Riola). 29 Si è detto che la chiamata in correità appartiene concettualmente, così come la testimonianza, alla classe delle prove rappresentative. In effetti, la proposizione: "Tizio afferma di aver visto Caio sparare a Sempronio" non è ontologicamente diversa se Tizio è testimone o imputato, (né se egli è imputato che confessa o che nega la propria responsabilità). Su questo punto dottrina e giurisprudenza sono sostanzialmente concordi. La struttura della testimonianza (dichiarazione di percezione; rappresentazione del fatto percepito) si riproduce identicamente nella chiamata di correità. Questa può bensì essere considerata diversamente quanto a efficacia probatoria, ma non è un fenomeno diverso da quella sul piano concettuale. Lo è sul piano giuridico perché l'art.197 dispone che "Non possono essere assunti come testimoni... i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art.12... le persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'art.371/2, lett.b") (nel vecchio codice una analoga regola si rinveniva negli artt.348 e 465). L'art. 192/3, inoltre, subordinava la rilevanza probatoria della chiamata alla presenza di riscontri. Nel caso della testimonianza, invece, il giudice, può ritenere che sussista il fatto riferito dal teste per il solo fatto che il teste glielo rappresenta. Come suol dirsi: il teste può esser creduto "sulla parola". Beninteso, un vaglio di credibilità deve superarlo anche il teste, ma mentre per lui può 370 Nella chiamata "de relato" (di primo, secondo, terzo grado, ecc.: che si ha quando si afferma di aver appreso da terzi, fonte originaria, secondaria, ecc. di informazione) il peso probatorio, tendenzialmente, è minore e progressivamente decrescente (mano mano che ci si allontana dal "testimone" diretto30), o meglio va sottoposto a un vaglio più rigoroso di attendibilità.31 In questo caso, infatti, il soggetto - che non ha assistito alla commissione del fatto illecito - non può esser certo che quanto riferitogli sia vero, perché ciò è avvenuto fuori dalla sua sfera di azione e percezione. Quindi dovrà esser valutata non soltanto l'attendibilità e la veridicità della persona da cui la notizia è stata appresa32 (occorrerà, cioè verificare, per ______________________________________________________________________ esser sufficiente un controllo ab intrinseco, per il chiamante il controllo - come meglio si dirà più oltre - deve essere anche ab extrinseco. 30 Onde, la affidabilità dei "relata" sarà delle più rassicuranti, nell'ipotesi che il collaboratore - come capiterà spesso per le vicende delittuose delle quali si occupa questa Corte - abbia ricevuto informazioni e confidenze direttamente dai protagonisti di quelle vicende (cfr. Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996, n.3070 cit. in motivazione). 31 Nonché, naturalmente, al reperimento di riscontri esterni obiettivi e certi. Sulla possibilità di valida collaborazione reciproca fra più chiamate in correità provenienti da diversi soggetti, ai fini di cui all'art.192/3, anche se trattasi di chiamate fondate su una conoscenza indiretta della condotta attribuita al chiamato - con osservanza dei criteri valutativi e metodologici di cui agli artt.192/3 e 195 ex 210 -, cfr. Cass. Sez. 1, 10 maggio 1993, n.11344, RV.195775; Cass. 12 novembre 1993, n.4843, RV.195748; Cass. Sez. 1,20 maggio 1992, 7946 RV.191242). I relata non verificabili, infatti, in linea di massima van presi "con le molle". 32 Cfr. Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996, n.3070 cit. in motivazione con citazione di precedenti). Fatta questa doverosa precisazione, vatuttavia del pari posto in evidenza che un eventuale criterio ulteriormente limitativo dell'apprezzamento della prova, tra chiamata diretta e de relato, non ha ragione d'esser invocato. Nel senso, cioè, che non potrebbe pregiudizialmente assumersi una intrinseca inaffidabilità della dichiarazione accusatoria, dal momento che il collaboratore deve esser valutato per tale profilo, sia che riferisca circostanze apprese direttamente, sia che riporti quelle da altri riferitegli (cfr. in motivazione dec. ult. cit.) E non può non essere che così, perché così avviene anche nella valutazione della testimonianza de relato (art.195), la cui utilizzabilità probatoria (salvo trasgressione della regola di cui al comma 1 cit. disp.) non è stata mai posta in discussione, essendosi anzi ripetutamente puntualizzato, addirittura, che il giudice può - per motivate ragioni - arrivare a dare maggiore attendibilità ai relata, al teste indiretto, piuttosto che al teste di riferimento (Cass. 28 aprile 1995, n.6672, RV.201536; Cass.17 maggio 1993, Rizzo; Cass. 11 febbraio 1992, Caruso RV.187554; Cass.Sez.1, 1 ottobre 1990, Di Biasi). 371 esempio, che la notizia non abbia subito alterazioni da parte della fonte del collaboratore: per es. per millanteria33). A questo proposito. meriterà, in ogni caso, di esser tenuto nel più alto grado di apprezzamento quel collaboratore che abbia mostrato, nel corso del suo "racconto", di saper tenere ben distinti i suddetti due profili, ovvero quello dei fatti direttamente percepiti e quello dei fatti solo appresi da altri e non direttamente conosicuti34. Così come va del resto posto nel dovuto rilievo che non sono assimilabili a pure e semplici dichiarazioni de relato, quelle con le quali si riferisca in ordine a fatti o circostanze attinenti la vita e le attività di un sodalizio criminoso dei quali il dichiarante sia venuto a conoscenza nella sua qualità di aderente al medesimo sodalizio, sia pure tenendo presenti le articolazioni territoriali di esso e quindi i diversi punti di osservazione del dichiarante35. E questo perché in siffatti contesti si dovrebbe poter parlare, piuttosto, di un patrimonio conoscitivo - su fatti di interesse sostanzialmente comune - derivante da un flusso circolare di informazioni, analogo a quello che si produce, di regola, in ogni organismo associativo, articolato e operante (peraltro con connotazioni "gerarchiche")36. ______________________________________________________________________ 33 Un esempio lo si avrà nell'episodio del t. om. CANNAO' (v.infra). Con questa cautela, comunque - e la riflessione vale non solo per l'ipotizzato caso di millanteria, ma mutatis mutandis, anche per i casi analoghi-: che non sarà sufficiente adombrare il solo sospetto sulla credibilità della fonte, occorrendo che tale sospetto trovi quanto meno seri indizi tra le carte processuali. 34 Sotto questo profilo, si raccomandano con una forza persuasiva non comune le dichiarazioni rese da SAVERIO MORABITO, MARIO INZAGHI, ROMEO ANNUNZIATINO, MICHELE AMANDINI (e altri). Nel contesto dei loro racconti, infatti, si apprezza spesso il loro scrupolo nel mettere in evidenza ciò che riferiscono per conoscenza diretta dei fatti, oppure per notizie apprese da terzi. 35 Cfr., nel presente dibattimento, i casi di ANTONIO ZAGARI, di FILIPPO BARRECA o di GIACOMO LAURO, e altri ancora. Non può negarsi, infatti, aver avuto una posizione elevata: ANTONIO ZAGARI, quale affiliato alla 'ndrangheta e figlio di GIACOMO "capo di società" - "santista o locale" - in quel di Varese: cfr. aff. 12.711; e FILIPPO BARRECA, pur esso affiliato alla 'ndrangheta e "santista" nella zona di Lazzaro, Bocale, Pellaro e quindi portatosi verso il Nord: cfr. aff. 12.165. E così dicasi di GIACOMO LAURO. 36 Cfr. al riguardo Cass. Sez. 1, 20 febbraio 1996, n.3070 e Sez. 1, 10 maggio 1993 n.421). Di tale principio è stata fatta applicazione da parte di questa Corte nella ordinanza 14 maggio 1996. 372 E, ancora, non va pregiudizialmente connotata da "sospetto" l'ipotesi di dichiarazioni c.d. a rate, o inizialmente imprecise e scarsamente dettagliate da parte del collaborante. Nel primo caso, è bene ricordare che l'interprete deve fare i conti anche con i meccanismi mnemonici dell'individuo che non oprano a comando, ma spesso sotto le più diverse sollecitazioni mnestiche. 37 Non sembra ragionevole pretendere che un soggetto ricordi e dichiari tutto e subito, a pena di inutilizzabilità. Certo, si può comprendere la preoccupazione di qualche difensore di non lasciare spazio al sospetto di "pilotaggi" nella gestione o nel contatto col "pentito", ma l'affacciare solo gratuiti "sospetti" non è cosa che la Corte apprezzi, ed anzi decisamente sente di poter censurare come intervento di obiettiva "deligittimazione", tanto ingiusto e ingiustificato quanto suscettibile -in tesi- di ritorcersi in danno del suo autore. In definitiva, è alla professionalità del magistrato che va rimessa, anche in questo caso, la valutazione della genuinità e credibilità delle ipotetiche "tardive" dichiarazioni. Ed egli -e così questa Corte- non si asterrà dal sottoporre a severo e rigoroso controllo le possibili ragioni che possono aver determinato un arricchimento progressivo del patrimonio conoscitivo esternato dal collaborante. Nel secondo caso (quello di dichiarazioni inizialmente imprecise o scarsamente dettagliate) -che non è poi così nettamente scindibile dal primo- non va assolutamente pretermesso che una maggiore precisione nei dettagli potrebbe logicamente spiegarsi con una indagine più mirata, con un interrogatorio che -dopo un primo approccio del "pentito" col giudice per una panoramica complessiva sugli episodi delittuosi di cui è a conoscenza e sui quali potrà in seguito utilmente deporre- passi successivamente all'esame mirato di ciascuno di essi.38 _______________________ 37 Vedi infra. Come, per esemplificare, è avvenuto nei primi interrogatori di SAVERIO MORABITO (v. Capitolo successivo). Cfr. inoltre Assise Catania cit. cui adde, tra le tante, Cass. Sez. I 30 novembre 1995, n. 1428 RV 203671: "L'esistenza di eventuali imprecisioni della chiamata di correità non è, di per sè, sufficiente ad escludere l'attendibilità del collaborante allorché, alla luce di altri obiettivi riscontri, il giudice di merito valuti globalmente, con prudente apprezzamento, il materiale indiziario e ritenga, con congrua 38 373 B) la sua attendibilità estrinseca. Entra a questo punto in gioco la nota e più sopra menzionata tematica dei riscontri39, un approccio che viene fatto, per l'appunto, solo dopo che sia stata ritenuta la attendibilità intrinseca della chiamata di correo, ovvero -come anticipato- la sua verosimiglianza.40 In altre parole, compiuta la prima verifica, si passa ad individuare quali possano essere gli altri elementi di prova necessari per confermare l'attendibilità di quanto detto dal ______________________________________________________________________ motivazione, di dare prevalenza agli elementi che sostengono la credibilità dell'accusa. "Adde: Cass.Sez.2, 26 aprile 1993, n.4000 39 Che sono la trasposizione e la esplicitazione nel nostro sistema della esperienza dei paesi di common law, ove la valutazione della accomplice evidence è accompagnata dalla c.d. corroboration (cfr. Relazione al progetto preliminare). 40 Non si può infatti procedere a una valutazione unitaria della chiamata in correità e degli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità se prima no si chiariscono gli eventuali dubbi che si addensino sulla chiamata in sè, indipendentemente dagli elementi di verifica esterni ad essa (cfr. cit. Cass Sez: Un.22 febbraio 1993, n. 1653, Marino). E' pur vero, tuttavia, che "...la norma dell'art. 192/3 è tutta bilanciata sull'obbligo della considerazione unitaria degli elementi emersi, con la conseguenza che lo stesso pacifico criterio che distingue l'approfondimento accertativo della attendibilità intrinseca da quello relativo all'attendibilità estrinseca, non può sottrarsi al criterio della congiunta analisi, sicchè sarebbe inesatto attribuire al primo esame, se di incerto e contraddittorio, valenza esclusiva, a priori, del confronto con ulteriori elementi, proprio perché dal coevo apprezzamento della attendibilità estrinseca potrebbero derivare elementi di conferma in grado di bilanciare le risultanze del primo approccio. In tale senso spinge, del resto, anche il rilievo che l'articolazione del comma 3 in esame mostra di indirizzarsi nella direzione di una limitazione della rilevanza dell'esame di credibilità intrinseca, mettendo in evidenza la sola necessità della valutazione unitaria degli elementi di prova, ai fini dell'accertamento di attendibilità". (così in motivazione dec. cit. Altadonna). D'altra parte, così è anche il senso letterale della norma, per la quale il riscontro è chiamato a "confermare" l'attendibilità intrinseca della chiamata. Sul punto, il dispositivo dell'art. 192/3 non pare che lasci margine a dubbi, facendo agevolmente intendere come si sia voluto escludere, rispetto alle dichiarazioni ivi previste, la sufficienza di un riscontro ab intrinseco, ai fini del loro impiego sul piano decisorio. Ciò che differenzia queste "dichiarazioni" da ogni altra dichiarazione di prova, a cominciare dalle deposizioni testimoniali per le quali potrebbe bastare un controllo limitato alla loro intrinseca attendibilità, quale si potrebbe operare sulla base delle caratteristiche delle medesime e dei profili di credibilità soggettiva del testimone dichiarante, in quanto assunti dal giudice quali fattori di ordine logico a conforto della propria valutazione di controllo, tanto in assenza di elementi probatori di segno opposto (cfr. infra). 374 collaboratore.41 L'art. 192/3 pone, insomma, l'esigenza di un riscontro ab extrinseco sulle dichiarazioni del "coimputato", destinato ad aggiungersi necessariamente al controllo di natura intrinseca, che si suppone già operato. Il giudice, in conclusione, per quanto attiene al profilo della attendibilità c.d. estrinseca della chiamata, dovrà appurare se sussistano, o meno, elementi obiettivi che la smentiscano e se la stessa sia confermata da riscontri esterni di qualsiasi natura, rappresentativi o logici, dotati di tale consistenza da resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall'accusato.42 Soltanto nel caso che questa duplice indagine abbia avuto un esito positivo sarà consentito concludere che la chiamata di correità acquisisce la consistenza di una prova, alla pari di qualsiasi altra.43 __________________ In ciò si esprime quel particolare rigore nella motivazione che deve avere il giudice, e del quale s'è detto all'inizio. Particolare rigore che va applicato alla prova costituita dalla chiamata del correo per esigenza che scaturisce da una massima di esperienza già enucleata dalla giurisprudenza della Corte di legittimità sotto il codice abrogato (cfr. Cass. Sez. I,22 dicembre 1986, n. 4221, Alfano) e connaturata al dubbio che si può nutrire sull'assoluto disinteresse del chiamante in correità e alla sua particolare posizione -anche processuale, all'atto dell'esame: artt.210,351,363,- ben distinta da quella del testimone e che se da un lato- lo sottrae al rischio di rendere dichiarazioni a sè sfavorevoli senza l'assistenza di una adeguata tutela -dall'altropuò, per converso, indurlo a coinvolgere terzi al fine di occultare o attenuare la sua effettiva responsabilità. "In questa prospettiva è sufficiente una conferma ab extrinseco della credibilità della chiamata, considerata nel suo complesso, attraverso una serie di riscontri che per numero, precisione e coerenza, siano idonei a confermare quanto meno le modalità obiettive del fatto descritte dal chiamante, in modo da allontanare, a livello indiziario, il sospetto che costui (il chiamante: n.d.r.) possa aver mentito." (cfr.in motivazione, cit. Sez. Un. 21 aprile-1 agosto 1995). 42 Cfr. Cass. Sez. Un. 21 aprile- 1 agosto 1995 cit., in motivazione e Cass. Sez. 6. 2 maggio-13 giugno 1996 n.6040. 43 Il "riscontro" -sia per la disposizione in commento, sia per quella del richiamato art.500 che del primo mutua letteralmente la formula- si risolve, in definitiva, nella giustificazione che il giudice deve dare del perché attribuisce credito al "collaborante processuale". Pare alla Corte importante sottolineare questa caratteristica, di recente scolpita dalla dottrina. In particolare, per l'art.500/4, sarà una spiegazione plausibile della divergenza della dichiarazione testimoniale dibattimentale rispetto a quella resa in indagini preliminari: in base alle risultanze dibattimentali dovranno cioè apparire comprensibili plausibili) le ragioni per le quali il testimone, una volta sentito in dibattimento, abbia modificato in tutto o in parte il contenuto delle sue dichiarazioni. La legge però non dice se tale spiegazione possa essere o no desunta anche da indici di attendibilità intrinseca della dichiarazione (riscontro c.d. intrinseco). oppure debba necessariamente far capo ad elementi diversi, oggettivamente esistenti ed acquisiti agli atti (riscontro c.d. estrinseco). 375 In altre parole e per quanto più strettamente attiene il tema in discorso, la chiamata potrà essere validamente assunta a fondamento della decisione solo si ci sono dei riscontri: quindi la esistenza di un fatto non può esser dimostrata (regola di esclusione dalla sfera del convincimento o divieto) con la semplice presa d'atto che esiste la dichiarazione di un chiamante in correità che lo conferma. Ciò vuol dire che si il giudice non riesce a reperire, tra le altre risultanze processuali, elementi che conferiscano -dall'esterno (ab extriseco) della chiamata- forza persuasiva alla chiamata stessa, deve ______________________________________________________________________ Certo è, comunque, che la regola del riscontro non può per definizione impedire l'ampio margine di opinabilità che caratterizza la valutazione del giudice. La regola, infatti, si risolve -come si è detto sopra- in un mero criterio di orientamento per il giudice che, in presenza di "difformità" deve spiegare le ragioni del contrasto e quindi giustificare la scelta operata in termini di attendibilità dell'una piuttosto che dell'altra versione testimoniale. Non diversamente si pone il problema per l'art.192/3: con la precisazione, in questo caso, che la spiegazione deve esser ricondotta -per un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale- ad elementi di giudizio ricavati dall'esterno (ab extrinseco) della dichiarazione del collaborante. Ma dal punto di vista funzionale e cioè nella prospettiva della sua operatività concreta, questa Corte dà assolutamente per acquisito che la regola del riscontro per essa si risolve -secondo l'indirizzo dottrinale e giurisprudenziale già richiamato, cui testualmente, adde Cass.Sez. I, 3 giugno 1993, De Tommasi, Ced. Cass. n. 198572- in un canone di corretta metodologia da osservare nella motivazione della presente decisione e concernente il valore dimostrativo del mezzo di prova: il legislatore non prestabilisce, infatti, il valore dell'elemento di prova che deve essere "riscontrato" (nel nostro caso: la chiamata di correità), ma si limita a prescrivere che, in presenza di tale elemento, occorre seguire alcuni criteri nella valutazione di attendibilità (è questo, in sostanza, il discorso sulla motivazione intesa come processo di giustificazione razionale illustrato da autorevole dottrina. Ben diverso invece, è il caso in cui il legislatore fissa anche "in positivo" il valore da attribuire ad un determinato elemento di prova: in questa ipotesi la valutazione probatoria è predeterminata, e la sfera del convincimento del giudice è ristretta al massimo, dovendosi quest'ultimo limitare ad effettuare l'operazione di sussunzione del fatto concreto nella fattispecie probatoria astratta prevista dal legislatore: una volta acquisita la prova e verificatene la corrispondenza rispetto allo schema previsto dal legislatore, il giudice attribuisce a tale prova il valore prestabilito e decide di conseguenza, indipendentemente dal suo personale convincimento circa l'attendibilità della prova assunta: ciò che può avvenire in sede civilistica. Ma non è questa una ipotesi prospettabile in sede processuale-penalistica proprio per quel principio del "libero convincimento giudiziale" sul quale la Corte si è volutamente più sopra intrattenuta). E dunque, anche nell'art. 192/3 la legge si limita a fornire un criterio valutativo che il giudice deve osservare nella motivazione del provvedimento, ma poi, per quanto riguarda il valore dimostrativo che in concreto il giudice attribuisce ad un determinato mezzo di prova, è chiaro che egli si orienta in base al suo personale convincimento fondato sulla interpretazione delle risultanze processuali, secondo quelle regole di esperienza tratte dal suo patrimonio conoscitivo e per l'innanzi richiamate. 376 espungere questa dal contesto degli elementi di conoscenza su cui fonderà il proprio convincimento, anche se ritiene le dichiarazioni del chiamante intrinsecamente attendibili.44 E qui si impone -approfondendo il discorso- una serie di puntualizzazioni dei criteri valutativi cui si atterrà questa Corte, sempre nella prospettiva di rendere chiarezza, in prima battuta e in via generale e soprattutto ai fini e per gli effetti di un successivo rinvio (per così dire "recettizio"), nel senso che questi criteri valutativi verranno dati per presupposti nella trattazione dei singoli capi di incolpazione nel corso della esposizione "motiva" sulle diverse posizioni processuali interessate (e, quindi, in una prospettiva di economia e di sintesi nella valutazione di ciascuna di esse). * E' pacifico, anzitutto, che i riscontri possono essere di qualsiasi tipo e natura.45 Riscontro è dunque qualsiasi elemento certo -oggettivo o soggettivo46 - e che non presenti carattere di ambiguità,47 desumibile dagli atti e che si ponga, logicamente, nella stessa direzione della chiamata in correità48; qualsiasi dato di fatto autonomo, rispetto alla chiamata, la cui correlazione logica con la __________________________ 44 E' di tutta evidenza come questa interpretazione -che la Corte fa propria-porti già di per sè a delle gravi conseguenze sul piano delle acquisizioni probatorie, poichè priva il giudice di conoscenze non altrimenti conseguibili quando i riscontri non vengano trovati. E ciò non può non indurre a grande cautela nell'introdurre ulteriori condizioni limitative che rischierebbero di porsi in insanabile contrasto con quel principio cardine del processo penale che si è ricordato esser quello del " libero convincimento". L'assenza di riscontri, in ogni caso, non potrà mai risolversi -come pretenderebbe qualche difensore- in una prova positiva di innocenza: si sarà in presenza unicamente di una prova (d'accusa) incompleta, insufficiente, con conseguente adozione della relativa formula assolutoria dell'art..530/2 c.p.p. 45 Cfr. Sez. Un. 1 febbraio 1992, n. 1048 e cit. Sez.Un.3 febbraio 1990, Belli. La giurisprudenza è ormai pacifica in proposito. 46 Non è proponibile, come vorrebbe qualche difensore, in contrasto tuttavia anche con autorevole dottrina, una distinzione tra i riscontri "oggettivi" e riscontri "soggettivi", del tipo di quella profilata da una certa giurisprudenza all'epoca del codice abrogato, allo scopo di desumere che unicamente i primi (talora individuati, oltretutto, nelle sole prove reali) avrebbero di per sè l'attitudine ad assolvere alla funzione corroborativa prevista dall'art. 192/3. E questo proprio per la latitudine e generosità della formula legale. 47 Cfr. Cass. Sez. 6,8 gennaio 1996, n. 27, RV 204259. Naturalmente, non isolatamente considerato. 48 Cfr. Cass.2 febbraio 1996 in RV.204657 377 dichiarazione accusatoria ne rafforzi la credibilità49; qualsiasi elemento, sia materiale che logico50, non proveniente dal propalante (ossia riconducibile a fatti esterni a quelle dichiarazioni51), da cui possa trarsi il convincimento che egli è credibile allorchè riferisce il fatto delittuoso alla persona dll'imputato che ha chiamato in causa52. Qualsiasi elemento, data la latitudine della formula normativa, che sia fornito di forza rappresentativa dell'attendibilità del "dichiarante" e che possa essere assunto -come si è detto per l'innanzi- in un processo argomentativo volto a darne dimostrazione.53 Non si esige, in particolare, che gli elementi di riscontro esterno presentino di per sè attitudine ad attestare il contenuto delle dichiarazioni del collaborante, nè che siano plurimi (anche un solo riscontro può bastare) risultando invece (necessario e) sufficiente la idoneità del dato utilizzato a produrre il necessario effetto corroborativo - all'interno della ricostruzione probatoria operata dal giudice e puntualmente trasfusa in motivazione- anche soltanto attraverso il collegamento, il raccordo __________________ 49 Cfr. da ultimo, cit. Cass. 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997,n.1157. Cass. Sez.6, 17 febbraio 1996, n. 4108, RV. 204439:" I riscontri esterni possono essere sia rappresentativi che logici, purchè dotati di tale consistenza da resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall'imputato. Si è inoltre chiarito che essi non debbono consistere nè in una prova autonoma della consapevolezza del chiamato, il che renderebbe superflua la chiamata correità, nè necessariamente concernere in modo diretto il "thema probandum", essendo invece sufficiente che gli stessi si risolvano in una conferma anche indiretta delle dichiarazioni accusatorie, la quale però consenta, per la sua consistenza, di dedurre in via logica, a mente dell'art. 192/3 c.p.p. l'attendibilità di tali fonti di prova. In base a questo principio - applicato all'ipotesi della coesistenza di più chiamate di correità- deve desumersi che qualora un coimputato od imputato per reati connessi rendano dichiarazioni plurime, l'integrazione probatoria di una di esse può anche derivare dalla sussistenza di elementi di conferma riguardanti direttamente le altre, purchè sussistano ragioni idonee a giustificare siffatto giudizio. E tali ragioni possono individuarsi nella stretta connessione risultante tra i fatti oggetto delle dichiarazioni direttamente riscontrate e i fatti di cui alle ulteriori accuse, per essere, ad es., gli uni prodromi degli altri". 51 Circa la natura degli "altri elementi di prova", ovverossia dei "riscontri", quello della loro estraneità -intesa come provenienza ab externo- rispetto alle dichiarazioni del collaborante, è l'unico dato che la orma certamente richiede. 52 cfr. Cass. Sez.I n. 2968 cit. in motivazione 53 Si rammenti il richiamo fatto sopra all'art. 500/4, nella recente "lettura" della Consulta. 54 Considerata la mancanza di specifiche restrizioni e data la indeterminatezza dell'aggettivo "altri" (cfr.in motivazione, cit. Sez. I, 30 gennaio 1992, Altadonna). 50 378 Con le dichiarazioni ritenute ex lege bisognose di conferma.55 Fermo restando che metro di apprezzamento, in materia, resta la libera indagnie del giudice, non soggetta a canoni intermpretativi speciali, una volta osservato il limite precettivo della comparata e congiunta valutazione della di hiarazione con l'elemento di conforto e con ogni altra emergenza atta a sostenere, e, si badi bene, anche a confutare, il risultato.56 L'incolpazione del c.d. pentito, in definitiva, deve apparire plausibile attraverso l'impiego di un argomento (si rammenti quanto in proposito anticipato con riferiòmento alla motivazione) che abbia riferimento a un dato, a una circostanza, che sia all'esterno della dichiarazione e del propalante, nel senso che tale entità non deve esser reperita nella persona del dichiarante o nel contenuto del dichiarato. A titolo esemplificativo sono state valorizzate dalla giurisprudenza57, in termini di efficaci riscontri della rapportabilità di un fatto delittuoso al soggetto accusato: -le analisi schietifiche di cose connesse col delitto. -le ammissioni dell'accusato. -le contraddizioni nelle quali l'accusato sia incorso. -le sue dichiarazioni false o menzognere. -la fuga dopo il delitto. -la latitanza (prima che sia psiccato un provvedimento restrittivo). -la partecipazione dell'accusato agli atti preparatori del delitto. -la prossimità dell'accusato al luogo dove è stato commesso il delitto accopagnata da circostaze inusuali. -l'associazione con persone coinvolte con modalità tali da suggerire la partecipazione congiunta al delitto. -il possesso di strumenti probabilmente usati per commettere il reato. -la non spiegabile disponibilità dei frutti del delitto. -la deposizione di altri complici. ______________________________ 55 Giacchè, se così non fosse, come del resto si è già anticipato, basterebbero i c.d. riscontri a sostenere il convincimento del giudice, e non vi sarebbe bisogno di far necessariamente leva anche sulle dichiarazioni del coimputato. 56 In tal senso, testualmente, in motivazione, cit. Sez. I, 30 gennaio 1992, Altadonna. 57 Vedine la puntuale esemplificazione nella citata dec. Altadonna. 379 -le dichiarazioni precedentemente rese dal testimone o dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del P.M., che siano state utilizzate ex artt.500 e 503.58 -la ricognizione di cose59. -gli accertamenti urgenti di P.G.60 -i legami esistenti tra l'accusato e altri soggetti appartenenti alla Organizzazione61. -l'accertata dosponibilità di immobili dettagliatamente descritti come luoghi di consumazione di reati62. -un qualsiasi elemento che ricolleghi in qualche modo l'accusato al reato e quindi anche circostanze di fatto che, isolatamente considerate, non avrebbero alcuna rilevanza accusatoria, ma che acquistano tale valore se valutate complessivamente63 (come il ritrovamento di tracce di reato). -i risultati tecnici delle riprese fotografiche o filmiche.64 Ed altri esempi si potrebbero aggiungere, sia in base a una più minuziosa rassegna della giurisprudenza, sia procedendo per assimilazione o scorporazione e sottodistinzione, delle ipotesi generali, in sottoipotesi aventi gli stessi elementi costitutivi. Anche, per ricordare un tema che hanno affrontato molti difensori negandone radicalmente ogni portata probatoria, il riscontro offerto dalla elencazione da parte del chiamante in correità, di una serie di elementi identificanti la persona dell'incolpato (poi, magari, anche riconsosciuto in foto). A questo proposito, anzitutto, non può sfuggire il primo criterio valutativo, che deve essere quello dello "approccio narrativo" da ______________________________ 58 In altri termini - seguendo una assai apprezzata dottrina - "...volendo esemplificare, se le precedenti dichiarazioni dell'imputato possono venire legittimamente impiegate dal giudice per valutare in chiave critica la credibilità delle dichiarazioni successivamente rese dall'imputato stesso durante l'esame dibattimentale, nell'ipotesi in cui quest'ultime dichiarazioni risultimo di contenuto opposto rispetto a quelle provenienti dal coimputato sembra difficile negare che le prime dichiarazioni - dopo esser state lette in udienza ai sensi dell'art.503/3- possano venire utilizzate ex adverso, nel momento valutativo, anche al fine di corrobale l'attendibilità delle dichiarazioni del coimputato, tutte le volte in cui con esse risultino concordanti". 59 Cass.Sez.3°, 21 marzo 1990. Aglieri 60 Ibidem 61 Cass-Sez. 4°, 7 maggio 1990, Pilo 62 Cass.Sez. 6°, 9 maggio 1990, Villafranca 63 Cass.Sez. I°, 29 ottobre 1990 e 18 gennaio 1991 64 Cit. Cass. Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1157. 380 parte del dichiarante, del tenore del discorso che introduce i c.d. dati "identificanti"dell'imcolpato (es.: il solo nome, o il solo soprannome o "ngiuria", i dati somatici, quelli lavorativi, i mezzi di trasporto usati, i personaggi cui si è accompagnato, i luoghi e le persone in ogni caso frequentate, le sue precedenti esperienze giudiziarie ecc.). In seconda battuta vanno poi passati in rassegna, in una considerazione complessiva, tutti gli "elementi" (identificanti) ricordati. E non pare affatto alla Corte che possa o debba essere in ogni caso minimizzato, svilito, questo apporto conoscitivo del "dichiarante, come quello che, chiunque, potrebbe riferire, sol perché corrispondente a fatti storici obiettivi e più o meno facilmente acquisibili da chiunque.65 Fatti i debiti "distinguo" (giacchè, anche in questo caso, ricca e assai varia e di diverso peso probatorio può essere la casistica) una elementare considerazione di buon senso dovrebbe indurre, in linea di massima, a ritenere: -che gli elementi identificanti rivelano, anzitutto, che il "dichiarante" conosce l'incolpato; -che quella conoscenza è tanto più approfondita, quanto più numerosi e "intimi" sono i particolari riferiti; -che una conoscenza "approfondita", in difetto di alternativa e plausibile spiegazione (giornali, comuna attività lavorativa, parentela, amicizia, ecc.), può evocare una "frequentazione" tra accusato e suo accusatore, l'esistenza di rapporti o relazioni personali tra di loro; -che se detta "relazione" intercorre con una persona che delinque e fa del delitto lo stile della sua vita, il suo "impiego lavorativo" (e magari l'incolpato non svolge attività lavorativa lecita), ciò può ___________________________ 65 Non pare, in conclusione, operazione logicamente corretta e persuasiva quella svolta da taluni difensori nell'intento di ridurre la portata probatoria dell'indicazione di talidati identificanti, "banalizzandoli" con esemplificazioni improponibili, del tipo: se il dichiarante chiama in causa Tizioaccusandolo dia ver visto consumare un delitto nella p.zza de Duomo di Milano, non lo si può condannare sulla base del ... riscontro che...il Duomo esiste! E' una esemplificazione negativa questa che, nella sua elementarietà, prova troppo, mentre invece ben più articolato e complesso e tendenzialmente produttivo può essere, caso per caso, l'argomentazione sulla somma e qualità e fonte dei dati conoscitivi esposti dal dichiarante. 381 ragionevolmente idurre a pensare che sia improntata all' "illecito" anche l'attività e la vita dell'incolpato; -che se così è lecito pensare, l'area di illeceità che può connotare il "vissuto" dell'incolpato si colora di una certa omogeneità di natura con quella posta in essere dal dichiarante. Insomma, anche a questo proposito, non pare logicamente corretto scartare "a priori" -con l'argomento di una pretesa o presunta "ovvietà"-la natura di riscontro anche a questa posssibile serie di dati. Il giudizio, in definitiva, si carica di una attesa: che cioè da parte dell'incolpato provengano "spiegazioni", "ipotesi alternative" a questa a lui svavorevole, che diano convincenteente conto con l'acquisizione di quelle notizie (così come riferite dal "collaboratore") si sia operata del tutto al di fuori dell'area dell'illecito. Un riscontro esterno di carattere generale molto interessante - per la ragione che sicuramente si segnalerà anche in questo procedimento per le più significative chiamate in correità- è stato individuato dalla giurisprudenza recente nel fatto che: "...in nessun caso i collaboratori hanno chiamato in correità un soggetto che non fosse stato in libertà nei giorni (del delitto: n.d.r.)", questa circostanza, peraltro, secondo detti giudici, è di grande rilievo, in quanto "tale precisione sarebbe stata assolutamente improbabile ove le accuse fossero state mosse da calunniatori, considerato che pressocchè impossibile per un soggetto che faccia astrattamente indicazioni calunniose, ricordare alla perfezione il continuo susseguirsi di periodi di libertà, di detenzione, etc., di oltre una decina di soggetti, inventare la composizione dei gruppi di (partecipanti ai vari delitti: n.d.r.) per ogni (delitto:n.d.r.) nell'arco di circa due anni senza incorrere in errore ed in modo tale da "infilare" (i delitti: n.d.r.) negli spazi di libertà goduti dai destinatari delle loro calunnie". Mentre "imputato con maggiori periodi di restrizione della libertà personale alle spalle, nei confronti dei quali, quindi, l'indicazione di date precise, disseminate in un periodo di due anni, avrebbe presentato un altissimo tasso di rischio di errore, sono stati chiamati in correità dal (collaboratore: n.d.r.) e dagli altri dichiaranti per molti episodi accaduti proprio nei loro brevi periodi di libertà, laddove coimputati quasi sempre in libertà vengono viceversa chiamati in causa per pochissimi episodi, anche 382 se, come sopra detto, ove il collabroante fosse stato mosso da intenti calunniatori, sarebbe stato più facile approfittare di tali circostanze per caricarli di accuse senza rischiare la smentita del riscontro negativo sullo stato di libertà degli accusati nei giorni (dei delitti: n.d.r.)"66 L'applicazione di tale criterio valutativo troverà sicuramente spazio e la pià cospicua giustificazione e valorizzazione nel presente processo. Come si può notare, in conclusione, gli elementi di riscontro coprono un'area indefinita e vastissima. L'esemplificazione di cui innanzi comunque è già sufficiente per individuare non solo altri elementi oggettivi, ma anche elementi di contenuto diveros, come gli esperimenti giudiziali, l'anomalia del comportamento dell'indiziato nel momento del delitto rispetto al comportamento consueto, l'assenza dal luogo del lavoro e la mancanza di una indicazione precisa che escluda la presenza sul luogo del delitto e così via.67 L'esemplificazione rivela ancora un altro aspetto importante segnalando che tutti gli elementi in essa compresi, anche quelli attimenti al fatto storico, hanno potenziale capacità a rivelare collegamenti del fatto con il soggetto accusato.68 *riscontro, in particolare e proseguendo nell'analisi, può poi certamente essere anche una chiamata di correità o in reità69 (proveniente da uno o più altri imputati:70 e questo sarà frequente nel presente processo) purchè questa, a sua volta sia giudicata ______________________________ 66 Cit.Cass.Sez.2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1157, menzionata -come già si è detto- da molti e autorevoli difensori come esemplare indicazione giurisprudenziale. 67 Cit. sentenza Altadonna. 68 Ibidem. 69 Proposizione questa assolutamente indubitabile, posto che l'art. 192/3 non specifica che gli "elementi di riscontro" debbano essere di diversa natura rispetto a quelli di cui si cerca la conferma. Ove avesse inteso esigere una differenziazione di tipo ontologico, infatti, nella legge si sarebbe dovuto perlomeno alludere a "diversi", anzichè ad "altri", elementi di conforto. 70 Ivi compresi, ovviamente, gli imputati di reato collegato a norma dell'art. 192/4. 383 (anche soltanto)71 intrinsecamente attendibile e significativa (e non importa se intervenuta successivamente a quella da verificare72) in ordine al songolo fatto o al songolo imputato,73 non quindi se sia giudicata già di per sè, per esempio, anche soltanto "dubbia"74. Si parla, a questo riguardo, di chiamate c.d. "incrociate", di convergenza del molteplice (la c.d. mutual corroboration).75 Ma è bene tenere distinta -sul piano teorico e pratico- l'ipotesi della __________________________ 71 Non è possibile infatti pretendere (contrariamente all'assunto di qualche difensore) che questa chiamata di riscontro abbia già avuto, a sua volta, il beneficio della convalida a mezzo di altro elemento ad essa esterno, giacchè è evidente che, in tal caso, si avrebbe già la prova desideerata e non sarebbe necessaria alcun'altra operazione di comparizione e di verifica (cfr. in tal senso, testualmente in motivazine, la già citata dec Altadonna). Dopo un originario dissenso tra chi affermava che la seconda chiamata dovesse a sua volta essere riscontrata estrinsecamente e chi riteneva, invece, che il carattere integrativo implicasse la non necessità del riscoantro per la seconda chiamata, ferma restando l'autonomia strutturale della fonte, che garantisse l'assenza di una convergenza concertata dall'accusa o di una convergenza altrimenti raggiunta (ad esempio: per lettura di giornali), la giurisprudenza si è consolidata nel secondo orientamento (cfr., oltre alla decisione Altadonna citata, anche Cass. 18 febbraio 1993, Capelli, e Cass. 6 febbraio 1992, Baraldo, Ced. 189867). 72 Così, testualmente in motivazione, la cit. dec. Altadonna: "...la struttura sistattica della formula legislativa eleva anche le chiamate successive alla prima a termini di confronto dialettico, al fine di trovare ragioni per convalidarne l'attendibilità intrinseca e, per conseguenza, porta a dover concludere che le ulteriori chiamate vanno òsicuramente a collocarsi allo stesso livello probatorio di ogni altro diverso elemento di riscontro". Naturalmente, occorre che la successiva chiamata si riveli proveniente da una fonte conoscitiva distinta dalla prima; perché altrimente sarebbe incapace, come tale, di offrire alternative in senso confermativo o in senso negativo. 73 Non essendo in definitiva recuperabile una dichiarazione scarsamente attendibile di un collaborante grazie alla piena attendibilità della dichiarazione di altro soggetto. Nessuna dichiarazione dei collaboranti può essere utilizzata se non sia pienamente attendibile -e non importa se essa rigurada lo stesso fatto della precedente chiamata di correo, che abbia coinvolto nel medesimo contesto i chiamanti: Cass. 15 febbraio 19965, n.2540 in RV.204580- perché come non può essere utilmente suscettibile di riscontri, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non può essa costituire riscontro. In sostaza, una dichiarazione di collaborante o è attendibile intrinsecamente o è tamquam non esset: tertium non datur: cit. Assise di Catania). 74 Tenendo presente che, come già posto in rilievo: "...l'integrazione probatoria di una di esse può anche derivare dalla sussistenza di elementi di conferna riguardanti direttamente le altre, purchè sussistano ragioni idonee a giustificare siffatto giudizio. E tali ragioni possono individuarsi nella stretta connessione riultante tra i fatti oggetto delle dichiarazioni direttamente riscontrate e i fatti di cui alle ulteriori accuse, per essere, ad es. gli uni prodromi degli altri" (cfr. Cass.n.4108/96, RV 204439 cit.). 75 Giur. cons. Per tutte, v. Cass. Sez. 1. 10 giugno-7 agosto 1996, n.7758; Cass.n. 3070/96 cit. motivazione; Cass. Sez.6, 26 gennaio-17 luglio 1996, n.6308, Fiore e Cass. Sez.6, 12 gennaio 1995, Grippi in RV.200994. 384 chiamata di correità la cui "adprobatio" (intesa come "risulatato" di prova che riscuote l'approvazioneadesione del giudicante76) viene conseguita dal credito che essa (o meglio, il suo autore) ottiene da un altro dichiarante (che, appunto, "accredita" -in qualsivoglia maniera- il primo) dalla ben diversa ipotesi in cui, affianco, parallelamente alla prima "chiamata" se ne aggiunga un'altra, o più altre, ciascuna delle quali possiede una autonoma affidabilità e, di conseguenza, forza probante. In quest'ultimo caso, è più che evidente, ci si trova a cospetto non di una chiamata di correo cui per il riscontro ricevuto da altre- si riconosce il valore di una prova, ma di più prove, quante sono le chiamate stesse.77 Nè, a condizionarne l'autonoma protata probatiroa, potrebbe essere il requisito di una loro pretesa "contemporaneità". Anzi, men che screditarsi, si avvalorebbe la collaborazione successiva al "pentimento" del primo dichiarante, ove risultasse che essa fosse stata suggerita da opportunismo o dalla impossibilità di proseguire per la strada intrapresa senza correre il rischio di subire pesanti condanne. In un caso siffatto -e se ne vedranno di analoghi nel presente procedimento-, è stato scritto: "E' chiaro, infatti, che il rischio di essere smentiti (e di perdere o non ottenere i vantaggi processuali ai quali si mirava) risultava particolarmente elevato nello stato avanzato delle indagini in cui ci si trovava in quel momento, allorchè già si erano avute plurime chiamate di correo già costituenti ampia base per la ricerca di riscontri e per la ricostruzione dei fatti in esame, rischio oltre tutto non giustificato da nessun altro interesse o vantaggio concorrente, non emerso e neppure allegato nel corso della ___________________________ 76 La chiamata di correo è prova nel senso che il giudice -a conclusione del proprio iter argonentativo condotto alla stregua dei criteri interpretativi dell'art. 192- consente, aderisce, approva (da adprobatio) la attitudine dimostrativa della fonte (del collaboratore processuale) e la capacità dimostrativa e di convincimento di cui è fornito l'elemento di prova (inteso come esito della escussione della fonte). 77 Cass. Sez.4, 19 novembre-3 dicembre 1996, n.10372, Bonaventura: "Il contenuto precettivo dell'art. 192/3 significa che il giudizio di colpevolezza può essere basato sulle dichiarazioni dei collaboranti purchè corredate da riscontri esterni, ma non incide sulla disciplina generale della prova, nel senso che possono legittimamente fondare il giudizio di colpevolezza anche gli elementi di riscontro, da soli, quando costituiscano di per sè prova piena." Con ciò si vuo dire, implicitamente, che chiamata di correo e riscontro rientrano complementariamente in un giudizio "complesso" (donde la qualificazione della prova in discorso come "complessa") solo allorchè il riscontro non abbia già di per se stesso dignità di rpova autonoma. 385 istruttoria dibattimentale. Non risultando, del resto, minimamente provate eventuali ragioni di risentimento nei confronti degli imputati (accusati: n.d.r.)."78 *è necessario, comunque, in quest'ultima ipotesi, porsi il problema della piena autonomia nelle loro dichiarazioni (ad esempio, che non vi siamo stati accordi calunniosi, accorta ispirazione da notizie di stampa che possano in qualche modo aver orientato il racconto del collaborante79, od altro ancora80). _______________________________ 78 Così, in motivazione, la più volte citata -anche dai difensori- decisione della Sez.2° del S.C. in data 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n.1157. 79 Non bastando, tuttavia, una generica affermazione di posssibile conoscenza dei fatti, da parte di chiunque (cfr. in motivazione, Cass. cit. n.3070/96). E' questo il tema più volte dibattuto dai difensori: quello della c.d. circolarità della prova. Ma va obiettato che, al di fuori di comprovate e specifiche ragioni di sengo opposto, non può essere sufficiente a screditare le dichiarazioni di un (secondo) chiamante in rorreità il fatto che costui, raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare motivato con la deposizione del (primo) correo-"pentito" -e, quindi, inevitabilmente informato del contenuto della sua deposizione- a sua volta decidesse di collaborare con l'A.G., fornendo informazioni (anche su terzi) coincidenti con quelle del suo accusatore. Potremmo anzi dire che, sempre in via di principio: "è la contraddizione che non consente", posto che, se il chiamato è indotto a collaborare (vale a dire: confessa e a sua volta chiama in causa gli altri correi), ciò significa, anzitutto, che il primo "pentito" ha detto la verità. Diversamente, non si spiegherebbe l'atteggiamento processuale del secondo "pentito". Se poi si oppongono dubbi su una certa "specularità" delle deposizioni dell'uno e dell'altro chiamato, anche qui, se si tratta solo di narrazioni coincidenti nelle parti essenziali delle varie vicende delittuose su cui i collaboratori sono chiamati a deporre, la ragione è sempre e inevitabilmente la stessa. Ma, al di là di questa ovvietà, vi sarebbe anche da spiegare -segnatamente allorchè i contributi dei collaboratori in discussione si sostanziazzero in narrazioni di una miriade di episodi delittuosi che si snodano in un percorso criminale di molti lustri, che occupa una deposizione di centinaia e centinaia di pagine, con una molteplicità di dettagli personali, storici, ambientali, ecc. - ebbene, se così fosse, e se, a cospetto di una tale messe di informazioni da parte di entrambi ( o più) i " dichiaranti" si constatasse una sostanziale coincidenza di versioni sugli episodi nei quali, essi per primi, dichiarano il loro diretto coinvolgimento, allora la credibilità rispettiva, lungi dal suscitare dubbi e perplessità, all'opposto crescerebbe ulteriormente, per la - diremmo - umana impossibilità di " memorizzare" strumentalmente, dolosamente e artatamente i dati riferiti. Il presente processo darà più occasioni per verificare questa situazione: il pensiero corre al momento, e per esemplificare, a due - tre grossi collaboratori: MORABITO SAVERIO, AMANDINI MICHELE, INZAGHI MARIO. A quest'ultimo, in particolare. Non solo: si vedrà poi più oltre che il loro tasso di credibilità sarà ancora più consistente nella misura in cui, ciascuno - forte dei propri ricordi sugli episodi delittuosi comuni - lungi dall'appiattirsi sulla posizione dell'altro - quasi ad avvalorare un credito che da questo dovesse scaturire, o ad accreditare di riflesso la (denunziata da qualche difensore) ipotesi del " complotto" - insistono ciascuno sulla propria versione, intimamente convinti, ciascuno, della propria verità ( si pensi, a questo proposito all'incontro CORNIGLIA, AMANDINI, MORABITO per 386 * non sfugge poi alla Corte il problema che consegue alla esistenza di possibili discrasie e mancate corrispondenze fra le varie dichiarazioni rese dai c.d. pentiti. Ma avverte subito che tali situazioni possono orientare esattamente in senso opposto a quello in ipotesi temuto. Non è un caso, infatti, se il S.C. ha più volte avvertito che " l'esigenza che le plurime dichiarazioni accusatorie di cui all'art. 192/3, per costituire riscontro l'una dell'altra, siano ______________________________________________________________________ i preliminari del sequestro di EVELINA CATTANEO, o alle quasi divertite " messe a punto" di INZAGHI a cospetto di certe dichiarazioni di MORABITO). E ancora: per sostenere la falsità del " molteplice", la ipotizzata e strumentale "collusione", occorre dare spiegazione convincente in ordine a ciascun caso concreto. Perché - ad esempio - non vi è dubbio che quando - nella variegata casistica di questo dibattimento - si constata che a esser raggiunto dalle stesse plurime chiamate di correo è un personaggio " minore", nella costellazione criminale sottoposta al giudizio della Corte (es. un D'ANGELO ANIELLO), un personaggio magari insignificante ( perché, ad es. ha fatto un solo acquisto di droga, ma sono in più collaboranti a dirlo), allora occorre spiegare alla Corte quale possa esser il motivo di tale fraudolento accordo, e se di tanto non si riesce a dare contezza, ne consegue un risultato esattamente opposto ( l'ulteriore accreditamento dei dichiaranti"), che riverbera inevitabilmente i suoi effetti sull'intero scenario processuale. E non si pone diversamente - vale a dire: deve fare i conti con le obiezioni testè esemplificatamente sviluppate - anche l'argomento difensivo della c.d. circolarità della prova 80 Nel senso - per esempio - che le dichiarazioni dei collaboranti possano aver subito influenze reciproche, suggestioni o condizionamenti, anche involontari, da parte degli inquirenti nel corso delle loro audizioni ( come ha adombrato la difesa di BIFFI e MUFATO con specifico riferimento ai colloqui investigativi: v. oltre) o da parte dei loro difensori nel corso dei loro colloqui ( nell'ipotesi - che nel presente processo non si è tuttavia verificata - che vi siano stati difensori comuni e che, quindi, nell'esercizio del loro incarico defensivo essi abbiano potuto, anche inconsapevolmente, fare capire ad ognuno di essi quello che ha dichiarato l'altro). Naturalmente, non basta insinuare il sospetto, proporre l'ipotesi astratta che l'evento temuto si sia in effetti verificato: il processo non si fa su ipotesi astratte, ma su fatti concreti e, in questo caso, che quanto meno rendano verosimile quanto adombrato. Diversamente, si tratta solo di "tattica" difensiva che non potrà ricevere dalla Corte nessun avallo, neppure di quel dubbio che legittimi la relativa formula assolutoria dell'art. 530/2. Assolutamente condivisibile è dunque quanto insegna, a questo questo riguardo, anche la più volte ricordata (dai difensori, sia pure per altri profili di diritto) recente decisione della S.C. (Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n. 1157, PAGANO e altri , in motivazione): e cioè che devono essere prospettate " fondate ragioni" per " temere che la convergenza stessa sia o possa essere il frutto di collusioni o comunque di reciproche influenze tra i dichiaranti." (cfr. anche Cass. Sez. 1°, 16 ottobre 1990, ANDRAOUS ivi citata). Nel Capitolo 4° - analizzando le modalità delle scelte collaborative dei principali "dichiaranti" di questo processo - si darà dimostrazione di come sia improponibile l'ipotesi di una loro collusione in danno dei coimputati. 387 convergenti, non può implicare la necessità di una loro totale e perfetta sovrapponibilità ( la quale, anzi, a ben vedere, potrebbe essa stessa costituire motivo, talvolta, di sospetto 81), dovendosi al contrario ritenere necessaria solo la concordanza sugli elementi essenziali del thema probandum, fermo restando il potere- dovere del giudice di esaminare criticamente gli eventuali elementi di discrasia, onde verificare se gli stessi siano o meno da considerarsi rivelatori di intese fraudolente o, quanto meno, di suggestioni o condizionamenti di qualsivoglia natura, suscettibili di inficiare il valore della suddetta concordanza."82 Necessario, piuttosto, è che la mancata corrispondenza di taluni aspetti del fatto riferito non travolga il fondamentale nucleo di convergenza delle dichiarazioni, nel senso che l'aspetto qualitativo e quantitativo delle circostanze conformemente riferite, non solo investa gli aspetti peculiari del fatto di delitto, ma ne individui le modalità essenziali e i compartecipi, in sostanziale concordanza con gli esiti delle indagini di P.G.83 * Il riscontro esterno non è la prova autonoma della responsabilità dell'imputato. Lo si è già anticipato, ma merita d'esser ribadito qui per conseguenze erronee che possono derivare da una inesatta o incompleta messa a punto della questione.84 In altre parole, i riscontri non devono possedere di per sè idoneità probatoria rispetto al fatto di accertare. Essi sono soltanto criteri di valutazione, indici rivelatori della attendibilità del dichiarante. " Prova" e "riscontro" sono concetti ontologicamente diversi : vi sono processi di prove, non processi di riscontri. E questi possono essere tratti dal materiale probatorio, possono desumersi sia dai dati obiettivi, sia da dichiarazioni di testimoni o di coimputati o dello stesso accusato, purchè siano idonei a far verificare aliunde l'attendibilità dell'accusa e senza che debbano afferire direttamente al fatto reato, il c.d. thema probandum.85 _________________ 81 La discordanza è stata addirittura considerata " indice della autonomia di una dichiarazione dall'altra e del non appiattimento di un pentito sul racconto dell'altro": cit. Cass. Sez. 2°, 1 ottobre 1996-10 febbraio 1997, n. 1157. 82 Cass. Sez. 1, 20 febbraio - 26 marzo 1996 n. 3070 cit. e ivi precedenti. 83 Cfr. cit. dec. Cass. n. 3070. 84 Cfr. anche nelle note che precedono. 85 Cfr. Cass. n. 3902/91, RV. 187187 cit. e, più recentemente, Cass. Sez. 2° , 29 ottobre - 28 novembre 1996, n. 10249, TOTARO : Cass. n. 4108/96 RV. 204439 cit., Cass. 13 giugno 1996, n. 6040, BIANCO cit. In questa prospettiva, sono state considerate circostanze realmente estrinseche, che corroborano le dichiarazioni dei collaboratori, sia (quelle 388 * altra puntualizzazione va fatta con riferimento alla indicazione di reità, nel senso che la convergenza del molteplice tra dichiarazioni di reità del relato appare difficilmente ipotizzabile. Questo perché il riscontri devono essere quanto mai obiettivi e certi e tali non sono - per definizione - le dichiarazioni del relato, non essendo logicamente ammissibile che sia attribuita funzione verificatrice della certezza di un fatto ad un elemento del quale, a sua volta, dovrebbe esser verificata la certezza. * ulteriore particolare attenzione - per la maggior forza argomentativa posseduta - la Corte riserverà poi ai riscontri c.d. "qualificati" dai quali può esser assistita la specifica narrazione del singolo episodio. Tali sono quei riscontri che dimostrano come le dichiarazioni rese possono provenire solo da chi ebbe a partecipare o ad assistere al fatto narrato o ebbe comunque come fonte di conoscenza necessariamente chi partecipò o assistette al fatto narrato. Con questo si vuol sottolineare che i riscontri sul singolo episodio narrato o sul singolo chiamato in reità o correità dovranno essere il più possibile valorizzati non solo ed ovviamente per verificare la rispondenza al vero di quanto narrato dal collaboratore, ma soprattutto per ricercare la presenza di quegli indici che confermino l'effettiva partecipazione o presenza al fatto del collaboratore o della fonte di questi. Con la presente accortezza: ovvero che - contrariamente a quanto qualche difensore ha sostenuto, ma invece l'esperienza professionale ( e anche comune) insegna - con riferimento ai riscontri sul singolo episodio narrato assume decisiva importanza la caratteristica dell'episodio stesso: così mentre con riferimento a reati quali ad esempio i sequestri di persona o gli omicidi la ricerca del riscontro al fatto appare più agevole trattandosi di episodi ricostruibili attraverso vari elementi di prova (testimonianze, ______________________________________________________________________ riferite: n.d.r.) circa particolari fatti caratterizzanti la vita della vittima, sia circa la accertata veridicità di situazioni, luoghi e fatti di quella dei referenti, in ordine all'apprendimento delle notizie offerte in giudizio." (cfr. Cass. Sez. 1, dec. n. 3070/96 cit.). 389 dichiarazioni del sequestrato, rinvenimento del cadavere ecc.), rispetto ad altri reati e segnatamente rispetto all'acquisto ed alla cessione di sostanze stupefacenti, la pretesa di ricercare specifici riscontri ( segnatamente obiettivi) al fatto appare pressocchè assurda trattandosi di episodi che, a parte l'ipotesi della sorpresa in flagranza, non lasciano normalmente alcuna traccia che ne permetta la compiuta ricostruzione; in questo ultimo caso assume valore decisivo il giudizio di generale affidabilità probatoria del collaboratore nonché elementi di riscontro per specifici, ma per così dire più lontani dal singolo fatto. Onde, proprio con riferimento al traffico di droga dovrà farsi riferimento ad altri parametri e potrà, in particolare, assumere valore decisivo di riscontro specifico il comprovato contesto di una generale attività di spaccio realizzata in una determinata zona e nella quale è stato comprovatamente coinvolto il collaboratore, di modo che se le dichiarazioni del collaboratore dimostrano, per i particolari riferiti, un effettivo rapporto di conoscenza e frequentazione con la persona indicata come sistematico acquirente dello stupefacente e se non esiste alcun elemento indicativo di una volontà calunniosa, in presenza di una chiamata proveniente da un collaboratore del quale è stata provata la generale attendibilità, ben può tale chiamata in correità fondare un quadro non solo di gravi indizi di colpevolezza, ma anche di penale responsabilità. E ciò tanto più nel caso in cui il coinvolgimento di traffici di stupefacenti del chiamato risulti provato, ad esempio, da intervenute sentenze di condanna, da condizioni patrimoniali del tutto ingiustificate a cospetto della apparente o reale attività lavorativa dello stesso, o da altri elementi significativi. * se, infine e sempre in generale, il riscontro esterno debba esser per così dire "individualizzante" la Corte anticipa che si atterrà al seguente criterio. Posto che detta tematica attiene (segnatamente, ma non esclusivamente) alla c.d. chiamata di correo plurima, sia "soggettiva" ( più persone incolpate dal " collaboratore"), sia " oggettiva" ( più fatti di reato attribuiti allo stesso incolpato), rileva preliminarmente questa Corte che è ad essa noto come, sul punto e 390 per quanto riguarda la valutazione della chiamata di correo ai fini della sentenza di condanna, si registrino sia decisioni che assumono una necessaria correlazione fra riscontri obiettivi e posizione soggettiva dell'imputato86, sia pronuncie che - in ossequio al principio del libero convincimento del giudice - ritengono sufficiente che dal riscontro esterno derivi un generale, complessiva attendibilità della chiamata.87 Donde, nel primo caso, l'esigenza che i riscontri esterni, gli elementi di conferma, debbano riguardare direttamente la persona dell'incolpato e lo specifico fatto che gli si addebita e conseguentemente, nell'ipotesi di chiamata plurima, l'esigenza che il c.d. riscontro individualizzante debba concernere ogni singolo fatto - nel caso in cui il chiamante attribuisca a uno stesso soggetto la responsabilità di più episodi criminosi - ovvero ogni singolo imputato, nell'ipotesi di accusa diretta a più soggetti. Mentre secondo la tesi opposta, il principio del libero convincimento del giudice ( che, in qualche misura, già subisce il limite derivante dal canone valutativo in discorso, il quale vieta al giudice di porre a base della sua decisione la sola dichiarazione del chiamante, priva di riscontri) riemergerebbe in tutto il suo vigore proprio in ordine alla valutazione dei più volte citati " elementi di prova", della loro idoneità e sufficienza a confermare ab extrinseco l'attendibilità della chiamata, indipendentemente dalla presenza o meno in essi di profili individualizzanti, della capacità, cioè, dell'elemento di prova di collegare il fatto criminoso con l'asserito colpevole.88 Tale orientamento, di conseguenza, "si accontenta" del ________________ 86 Cfr. la più volte citata Cass. Sez. 2° , 1 ottobre - 10 febbraio 1997, n. 1157; Sez. 1°, 15 novembre - 3 dicembre 1996, n. 1038, LOCOROTONDO e altri; Cass. Sez. 1, 30 gennaio 1992, ALTADONNA; Sez. 1, 24 ottobre 1990, FRANZA; Sez. 1, 30 aprile 1990, LUCCHESE; Sez. 1, 19 febbraio 1990, PESCE. 87 Cass. cit. n. 10249/96; Cass. Sez. 4, 11 maggio 1993, AMEGLIO; Sez. 6, 23 aprile 1992, SORMAI; Sez. 5, 19 marzo 1991, MEMMO; Sez. 1, 25 giugno 1990; BARBATO; Sez. 5, 15 giugno 1990 cit.; Sez. 5, 28 maggio 1990, MOSCHETTI; Sez. 5, 2 marzo 1990, ACHILLI. 88 Cosa che contrasterebbe, si sostiene, col sistema, il quale ruota attorno al principio della legalità della prova e rifiuta quello della prova legale, vale a dire con predeterminato tasso di idoneità dimostrativa. Introdurre, quale riscontro idoneo a confortare la chiamata, un elemento individualizzante, significherebbe - secondo tale orientamento dottrinale e giurisprudenziale - introdurre nel processo un riscontro "tipizzato per legge" il quale finirebbe praticamente col vanificare gli effetti della citata dec. n. 255/92 della Corte costituzionale. Il voler rendere la regola di giudizio fissata nell'art. 192 ( che, come detto, già vieta al giudice di porre a base della decisione 391 riscontro concernente una singola posizione, ovvero uno solo dei fatti per poi, in virtù di una sorta di proprietà transitiva o espansiva dell'effetto probatorio conseguito su tali dati (soggettivi o oggettivi), estendere e ricomprendere in quel risultato anche le altre posizioni o gli altri fatti di reato.89 Ciò premesso, ritiene questa Corte di seguire l'indirizzo per c.d. più garantista sul tema in discorso, con qualche temperamento che, da una parte eviti di cadere nella tentazione di una lettura dell'art. 192/3 che finisca per vanificare il principio cardine del processo penale più volte richiamato: quello del "libero convincimento" e, dall'altra parte, si tenga parimenti distante dalla tentazione di una utilizzazione plurivalente, totalizzante del riscontro, che consenta una fruizione onnicomprensiva dell'apporto gnoseologico del dichiarante. Per esemplificare, anche a questo proposito: è difficilmente negabile che il riscontro sul fatto storico ( per es.: su un episodio di omicidio) si ponga su un piano comunque diverso rispetto all'ulteriore riscontro quanto alle persone degli imputati che si vuole esserne stati protagonisti, ben potendosi prospettare l'eventualità che il "pentito", veritiero sul fatto, non lo sia stato sulle persone da lui accusate. Oppure che, in tutta buona fede, si sia sbagliato ( per le ragioni più varie). Ma non può del pari negarsi che "... l'ulteriore elemento indivualizzante deve tener conto dell'esito positivo di quello afferente al fatto, perché, se non altro, rafforzativo della attendibilità intrinseca del dichiarante, destinata inevitabilmente a proiettarsi in _____________________________________________________________________ la sola dichiarazione del chiamante, priva di riscontri) ancora più rigida, esigendo in ogni caso tra i riscontri esterni anche quello individualizzante, condurrebbe ad una interpretazione del comma 3 dell'art. 192 in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di obbligatorietà dell'azione penale e di legalità ( artt. 3, 24/1 e 25/2 Cost.). Secondo la tesi in rassegna, in conclusione, è privo di ragionevole giustificazione il voler calare nella regola di giudizio di cui si discute una ulteriore regola quale quella di ricercare, in ogni caso, l'elemento caratterizzato dal riferimento ad personam: sarebbe un limite arbitrario al principio del libero convincimento e si risolverebbe in una inammissibile compressione dei poteri di cognizione del giudice nell'esercizio della giurisdizione. 89 Decisamente contrastante con questo indirizzo interpretativo è la recente e più volte citata decisione n. 1157/97 che gran parte dei difensori ha ricordato, anche se solo sotto questo profilo e non per altri del pari interessanti e menzionati nelle pagine che precedono. 392 senso favorevole sul secondo esame, che può dunque prospettarsi anche in termini di meno rigoroso impegno dimostrativo. Se è vero, difatti, che l'attendibilità intrinseca e quella estrinseca vanno poste sul piano di un reciproco bilanciamento (e, dunque, tanto maggiore e più agevolmente ottenibile è l'accredito dell'una, in funzione del più convincente accertamento dell'altra), è intuitivo che all'ottenuto riscontro sul fatto possa seguire quello dei protagonisti indicati in termini valorizzati anche da elementi indiretti, purchè esterni e provvisti di complementare efficacia probatoria." 90 In altre parole, non può non esservi un rapporto di integrazione tra chiamata di correo e elemento di contorno rafforzativo, di tal che quanto più è dettagliato e preciso l'elemento principale, tanto meno è rilevante, e tanto meno rigoroso può essere l'elemento sussidiario, e viceversa. Sotto questo riguardo, sempre per esemplificare (ma non a caso, perché le pagine che seguono daranno ragione di ciò), non pare revocabile in dubbio che la chiamata de auditu o de relato richiederà un riscontro integrativo ben più solido e rigoroso (di quello esigibile per la chiamata "diretta"), e questo non solo perché essa dovrà esser controllata anche in relazione alla fonte originaria dell'accusa. In definitiva, ciò che non deve accadere - e che la giurisprudenza e dottrina più rigorose giustamente esigono - è che non si pervenga a un accertamento giudiziale su basi possibilistiche, ovvero che non si introduca una valutazione meramente possibilistica dell'efficacia dimostrativa della prova. Prova che, tuttavia - va tenuto presente - non potrà mai esser "matematica", quasi che le condotte umane a ciò si prestassero, come se fossero riproducibili e "sperimentabili" e quindi tecnicamente verificabili, siccome accade in ambiti scientifici. In tal senso, la "certezza" del convincimento giudiziario, fuor di ogni ipocrisia, soffre certamente e inevitabilmente dei grossi limiti.91 Ma resta del pari indubbiamente vero che essa ________________________________ 90 Così testualmente, citata dec. Altadonna Sulla non "scientificità" della conoscenza processuale e sulla analisi delle regole che la presiedono, rinviamo alle prime pagine del presente capitolo, ricordando, con uno dei più illustri studiosi contemporanei del processo penale, come quella "esperienza" che sta alla base di quelle "regole", altro non sia che la sola constatazione - nella misura dello id quod plerumque accidit - che le aioni dell'uomo si svolgono secondo certe cadenze, seguono e si ripetono secondo un "ordine" che le legge della psicologia, 91 393 non può neppure esser surrogata da un automatismo fondato su mera presunzione, per quanto concerne la porzione di fatto storico o la persona che non siano stati neanche lambiti dai riscontri afferenti gli altri profili della vicenda penale. E ciò, come è stato giustamente affermato, in omaggio ai principi del giusto processo e della responsabilità penale individuale, che mal si conciliano con un accertamento di responsabilità per traslazione. In sostanza, ritiene questa Corte, l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale che valorizza il riscontro c.d. individualizzante è espressione della esigenza di un particolare rigore dimostrativo dell'attendibilità specifica complessiva del chiamante in correità e reità. Una avvertenza, questa, che si segnala soprattutto quando si sia in presenza di una chiamata plurima (oggettiva o soggettiva). Nel senso che deve esser sempre rivenuto, all'esterno della chiamata, anche un collegamento (di qualsiasi tipo e natura: diretto o indiretto, logico o di fatto) tra il fatto di reato (eventualmente ulteriore) o il soggetto (eventualmente ulteriore) incolpato e sui quali si discute. Non certo, va detto con estrema chiarezza, una prova autonoma della responsabilità del chiamato (o della esistenza del reato), poichè ciò equivarrebbe a negare in pratica il valore di prova pacificamente attribuibile alla chiamata stessa. Soddisfacente, allora, riguardo il tema in argomento, pare alla Corte anche l'approdo ermeneutico di una recente decisione della Corte di legittimità, secondo la quale, in relazione ad ipotesi di chiamata plurima oggettiva (cioè concernente, come si è precisato sopra, più fatti a carico della stessa persona), resta possibile "sul piano logico" e "in mancanza di elementi contrari", una "valutazione unitaria della chiamata", a condizione che i delitti siano della stessa specie e siano commessi nello stesso contesto o in contesti analoghi. Cioè, si ammette un principio di integrazione probatoria in via logica per i fatti di reato non specificamente corroborati.92 E pare allora ________________________________________ fisiologia, economia ci aiutano a capire: di modo che, data una certa azione, noi possiamo formulare un giudizio di rilevante probabilità su quella che l'ha preceduta e sulle altre che la seguiranno. 92 Cass. Sez.2, 1-21 marzo 1996, n.2968, ove, in motivazione si legge: "Nè può esser condivisa la motivazione della sentenza di primo grado che ha ritenuto utilizzabile la chiamata di correo in base alla considerazione che, essendo la sussistenza del fatto e la partecipazione degli altri imputati riscontrata da un complesso di elementi oggettivi 394 ragionavole ritenere che il margine di opinabilità del "decisum" si riduca in tal modo, e in casi analoghi, a porzioni umanamente accettabili. Sembra poi alla Corte che tale recente indirizzo giurisprudenziale si accordi anche con quella esigenza spesso correttamente avvertita (e sopra ricordata) che a una congrua ricostruzione delle modalità obiettive del fatto di reato (come quella effettuata sulla scorta delle dichiarazioni del "pentito") tale da conferire piena attendibilità al dichiarante, si accompagni - come anticipato - un elemento (anche indiretto) che consenta di risalire al coinvolgimento in esso del singolo imputato.93 Certo, data la ______________________________________ esterni, poteva logicamente ritenersi riscontrata anche a chiamata nei confronti di STRANGIO. Al riguardo va rilevato che se tale inferenza appare ammissibile nell'ambito della stessa posizione soggettiva, nel senso che se ad una persona sono attribuiti una pluralità di fatti, il riscontro concernente uno, o più di essi, può sul piano logico far ritenere riscontrata in virtù di una unitaria valutazione anche gli altri fatti oggetto della medesima dichiarazione, non altrettanto legittimo appare, invece, ritenere che tale inferenza sia possibile nel caso di un'unica accusa rivolta a più persone. Va rilevato infatti che, se anche la dichiarazione è unica, ogni accusa costituisce un fatto delittuoso autonomo riferibile a un determinato soggetto, per cui il riscontro dove riguardare sia il fatto che il soggetto. Orbene, se nell'ambito della stessa dichiarazione contenente più accuse nei confronti della stessa persona può non ritenersi necessario un riscontro individualizzabile per ogni singolo fatto in considerazione che in forza di una valutazione complessiva e in mancanza di elementi contrari, può logicamente ritenersi che l'autore di un determinato delitto possa essere anche l'autore di delitti della stessa specie, commessi nello stesso contesto o in contesti analoghi, non può, invece, mai utilizzarsi il riscontro positivo che riguarda una determinata persona quale riscontro nei confronti di persona diversa. Trattandosi, infatti, di entità autonome e separate, la estensione ad una persona degli elementi individualizzanti relativi ad altra costituirebbe una operazione priva di logico fondamento." Nello stesso senso cfr. Cass.Sez.6, 24.1.91, Poli, in Cass. pen.91,867, Cass.13.6.96, BIANCO. 93 Proprio in questo, a ben vedere, è stata individuata la "novità" introdotta dall'art.192/3: che nel richiedere un riscontro ab externo dell'attendibilità del "dichiarante" (ciò che avrebbe finito per corrispondere ad un particolare aspetto del controllo di attendibilità intrinseca) ha preteso che il suddetto riscontro fosse tale da coprire anche l'area del "dichiarato": cioè il contenuto delle dichiarazioni del coimputato, inclusa la parte di esse che collega il fatto all'incolpato. In altre parole, non si ritiene sufficiente, nei confronti di ciascuno dei soggetti incolpati, un riscontro diretto a suffragare soltanto in via generale l'attendibilità delle dichiarazioni complessivamente rese dal "chiamante", qualora non ne risulti in qualche modo confermato anche l'addebito rivolto da quest'ultimo ad uno o più dei medesimi soggetti. Restando comunque indiscutibile che, su quest'ultimo versante, riprende vigore la logica del libero convincimento, che si esprimerà anzitutto nella verifica circa la concreta attitudine degli ulteriori "elementi di prova" - indicati dalla P.A. e processualmente disponibili ad assolvere alla funzione corroborativa prevista dalla legge. 395 richiamata latitudine del concetto di riscontro, deve ammettersi che sarà sufficiente in proposito un qualsiasi dato (le relazioni personali col collaboratore o con altri correi di accertata responsabilità, i particolari rapporti tra vittima e imputato che forniscono una spiegazione plausibile sulla riconduzione del delitto al chiamato in correità, la partecipazione dell'incolpato ad altri analoghi episodi delittuosi, la comprovata filosofia di vita delittuosa del medesimo, il suo tenore di vita, le sue accertate e ingiustificate potenzialità di reddito, ecc.) che in qualche modo accrediti il dichiarante nella parte in cui collega l'imputato alla commissione di un determinato reato e, per converso, non si rilevino specifici elementi probatori di segno opposto e di obiettivo contrasto. Naturalmente, per questo aspetto del problema, a una sorta di apparente affievolimento del ruolo individualizzante del riscontro, fa da contrappeso una più incisiva valorizzazione della accertata credibilità intrinseca del chiamante in correità, nella misura in cui, non solo resta improponibile l'ipotesi astratta di intenti calunniosi, di odi o rancori da parte del collaborante, ma è lo stesso incolpato a dichiararsi non in grado di proporre, credibilmente (vale a dire sulla scorta anche di un qualche minimo elemento indiziario o logico) "ipotesi alternative"94 a quella che conduce ad esso come responsabile del fatto che gli si attribuisce. Anche: in questa prospettiva, non potrà essere indifferente la forza probante che intuibilmente può derivare dall'alto livello di credito che, in generale, il collaboratore può aver riscosso in questo come in dibattimenti paralleli, o la circostanza che (per le persone incolpate) vi siano stati (per lo stesso fatto di reato) correi che abbiano ammesso la loro responsabilità, o la constatazione che (andando al settore "droga"), non pochi dei nominativi "in codice" segnati nella contabilità del gruppo criminale (si pensi alle famose "agende" di INZAGHI o del FERRARO) siano stati correttamente decrittati e i personaggi così identificati abbiano poi anch'esso confessato. _____________________________________________________ In altri termini, il principio del libero convincimento - è stato ben detto in dottrina - che in un certo senso subisce il limite legale derivante dal necessario riferimento agli "elementi di riscontro", "...torna ad emergere proprio in ordine alla valutazione di tali elementi, dal particolare punto di vista della loro ideneità e della loro sufficienza a confermare ab extrinseco l'attendibilità delle suddette dichiarazioni." 94 Vedi "funditus", in proposito, il Capitolo 5° 396 * la chiamata in correità - una volta che abbia assunto dignità di prova - può, come si è già anticipato e dimostrato, da sola e per la sua solida consistenza, costituire fonte sufficiente per l'affermazione della penale responsabilità del chiamato. A tale conclusione non pare possa ragionevolmente opporsi alcun serio argomento. Solo alcune considerazioni aggiuntive. Si è già detto, a proposito della testimonianza, che il giudice può ritenere che sussista il fatto riferito dal teste solo perché questi glielo rappresenta. Tale principio (enucleabile nel vecchio codice di rito dall'art. 348) si ricava dal combinato disposto degli artt. 196/1 (per il quale "ogni persona ha la capacità di testimoniare"), e 194/1 (il quale dispone che "il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova."). Poichè nulla è detto sui modi con cui il giudice deve valutare la credibilità del teste (che non sia de relatio) e trovando quindi applicazione la norma generale espressa dall'art. 192/1, ne discende che ogni persona (ad eccezione di quelle espressamente escluse) è idonea a riferire "sui fatti ....oggetto di prova" (che poi sono i "fatti che si riferiscono alla imputazione": art.187) e che il giudice può crederle o non crederle, ma per non crederle deve avere una precisa ragione. E la giurisprudenza pacificamente riconosce che l'accusa proveniente anche da uno solo teste (addirittura anche se si tratti della parte lesa o della parte civile95) può costituire da sola una valida base di prova nel convincimento del giudice, quando proviene da una fonte, che in una valutazione globale e complessiva di tutte le circostanze che ne accompagnino l'espressione, possa ritenersi attendibile.96 E non si vede perché - considerato anche quanto testè riferito nell'esame parallelo delle due realtà processuali (testimonianza e __________________________________________________ 95 Giurisprudenza costante: fra le tante, Sez.6, 17 marzo 1988, DI SALVO; Sez.6, 17 marzo 1987, DEL ROSSO. Questo nonostante siano certamente interessati, sia l'una che l'altra adun ben determinato esito del processo, la prima per motivi di carattere psicologico, la seconda di ordine patrimoniale. 96 Cass.Sez.2,23 settembre 1988, ROMANO, Sez. 1,7 febbraio 1984, DI NANNI; Sez.3, 14 gennaio 1983, VISENTIN; Sez. 5,27 gennaio 1980, VENTURI. 397 chiamata di correo) - non si possa affermare la stessa cosa per la chiamata in correità o reità una volta che essa abbia superato il rigoroso vaglio di attendibilità che si è sopra dettagliatamente descritto.97 -----0----- Restano solo alcune rapide notazioni finali, in qualche modo di carattere psicologico, di psicologia "spicciola" ben s'intende (e pur tuttavia - forse - non inutili), senza alcuna pretesa di invasione di campi riservati ad altri ben più autorevoli commentatori. Notazioni, se si vuole, di comune esperienza, sui meccanismi mnestici, sulla capacità di fissazione del ricordo, che possono rendere ragione di certe lacune, di certe dimenticanze di questo o quell'altro "dichiarante". Oppure della straordinaria limpidezza con la quale un certo particolare, apparentemente privo di capacità suggestiva, emerge invece sorprendentemente nella memoria di taluno. Rilievi cui si è sollecitati da assai pertinenti osservazioni del P.M., che gli stessi difensori han mostrato di pienamente condividere. Il meccanismo del ricordo non agisce, per tutti e per ogni tipo di evento, nello stesso modo. _________________________________________ 97 Non è chi non veda, infatti, come sarebbe assolutamente irragionevole l'operato di chi, da un lato, ritenesse la parola del teste-parte lesa o del teste-parte civile idonea a costituire anche da sola prova di colpevolezza, nonostante il riconosciuto loro interesse alla punizione dell'imputato, e dell'altro, in una situazione che certamente giustifica minori sospetti, vuoi perché il chiamante in correità non è per definizione in conflitto di interessi con l'incolpato (normalmente infatti è un soggetto che, in relazione a un determinato fatto di reato, prima di accusare un terzo accusa se stesso e inoltre ha superato la verifica di attendibilità intrinseca), vuoi perché potrà trarre concreti vantaggi dalla sua collaborazione soltanto se questa risulterà veridica, fosse così rigoroso nella verifica dell'attendibilità della fonte probatoria da richiedere, non solo il riscontro ab extrinseco della chiamata, già non necessario nel primo caso, ma che questa - sia pur in tal modo saggiata - debba essere accompagnata ad altra prova a carico dell'incolpato (chè, anzi, in base a questa stessa logica, è stato autorevolmente ritenuto che neppure si giustifica l'esigenza che il riscontro esterno abbia tale forza da collegare di per sè il fatto-reato all'incolpato, richiamando in proposito, a proprio conforto, la giurisprudenza prevalente sotto il rigore del codice abrogato: citando per tutte Sez.1,19 aprile 1988, SERPA). 398 A comprometterlo, può esserci, anzitutto, il timore della "fonte" che lo evoca. Magari anche soltanto a comparite in aula, a cospetto delle persone che si accinge a incolpare di gravissimi delitti. E' successo, succederà spesso, non solo agli imputati, ma agli stessi testimoni: è stato il caso -per restare a un imputato- di MARIO INZAGHI, che chiedeva di esser ascoltato a distanza, in "teleconferenza". La Corte ha risposto motivatamente di no, con una sua ordinanza. 98 Ma ciò non toglie che una preoccupazione c'era indubbiamente e potrebbe aver falsato dei ricordi, anche se il "collaboratore" è parso via via rinfrancarsi nel corso dell'esame. Come è pure importante che non si sia avvalso della facoltà di non deporre. Poi può agire sul ricordo -per la coerenza e completezza della vicenda narrata- l'epoca cui essa risale. Occorre in proposito tener presente che vi sono state persone (si pensi in particolare a MORABITO SAVERIO) che hanno riferito di fatti risalenti all'anno 1975 (cfr. sequestro FERRAINI). I più importanti collaboratori sono stati chiamati a deporre su fatti assai "antichi" (accaduti anche circa 20 anni orsono). Pretendere la narrazione di dettagli, in linea di massima non particolarmente significativi, sarebbe fuor di luogo. E la significanza, il rilievo di quei dettagli, va misurato col metro di chi vive nell'ambiente delinquenziale, per cui ciò che alla persona "normale" pare eccezionale", per quello può rientrare invece nella più scontata "ovvietà" ed è stato perciò del tutto "rimosso" dalla memoria. Può inoltre avvenire che ciò che la memoria non riesce a evocare, possa invece il ragionamento, la riflessione sul fatto da riferire. E si arrivi così a confermare una certa circostanza, non perché lo si rammenti bene, ma perché, a fil di logica, nella esperienza della fonte escussa, non può che essersi verificata.99 _________________________ 98 Ordinanza 28 novembre 1995. Nel sequestro VISMARA, ad esempio, MORABITO al dibattimento ribadirà di non ricordare che insieme al VISMARA ci fosse nell'auto un'altra persona. Dirà onestamente che, solo per via logica e non perché la memoria lo soccorra, può ritenerlo. Questo perché, rammenta, in quella occasione si era preoccupato di estrarre le chiavi del quadro di accensione della vettura montata dal VISMARA, prima di portarlo via: questo stava a significare che a bordo dell'auto doveva esservi rimasta un'altra persona di cui il collaboratore voleva impedire l'allontanamento in tempi ravvicinati dal luogo del rapimento (cfr. sul punto la trattazione specifica dell'episodio delittuoso). 99 399 E poi ci sono i veri e propri "vuoti di memoria".100 Non c'è nulla di strano, capita a tutti. Un ruolo importante rivestono poi la sensibilità individuale, la partecipazione emotiva alla vicenda, l'interesse o gli interessi personali che rendono più sensibili a talun aspetto dell'evento piuttosto che a un altro, la misura del coinvolgimento stesso nel fatto di reato. Situazioni che danno luogo a ricordi "forti" a cospetto di altri "deboli".101 ______________________ 100 Vedi MORABITO, che nella vicenda del t.om. SEGHEZZI non ricorda affatto che, in auto, affianco al SEGHEZZI, c'era un'altra persona, il TIMMASI: e insiste il "collaboratore" nel suo ricordo pur avendo letto nell'ordinanza di custodia cautelare che non è così, dando prova di onestà intellettuale. Come egualmente non rammenta che nel sequestro CATTANEO erano state usate due auto, una con la CATTANEO e una che seguiva come copertura. Così come non ricorda, nel sequestro VISMARA, il ragazzo che sedeva affianco al rapito e con quale lui aveva addirittura parlato, come si saprà da PERROTTA. Neppure INZAGHI si ricorda di quel ragazzo:eppure pacificamente sappiamo che c'era e che quella dimenticanza non obbedisce a nessuna strategia: tre sono gli imputati e tre sono stati confessi (tranne SAVERIO SERGI, il "principale" che ha scelto, opportunamente, l'abbreviato ed è stato condannato con decisione passata in giudicato). E neppure ricorda MORABITO, che il quel sequestro agirono con due auto. Si ricorda tutto e bene PERROTTA, ma la spiegazione può ben risiedere nel fatto che è l'unico sequestro in cui egli è operativo in senso vero è proprio: nell'altro, il sequestro JACOROSSI, farà solo il telefonista. 101 Così, forse, può esser spiegabile che MORABITO, impegnato nella apprensione del GALLI che si agita disperatamente, con tutte le sue forze, fino a piegare il montante dell'autovettura che lo porta via, non si accorga, o meglio, non ricordi affatto i colpi d'arma da fuoco (inutilmente) esplosi da CATANZARITI. E ricordi bene, invece, quando arriva in piazza Negrelli che segna la fine del suo faticoso tener a bada il GALLI legandolo anche con la sua cintura dei pantaloni- AMANTE PIETRO che lo attende sulla rampa di discesa al box in cui il rapito sarà segregato. E non conservi, invece, la stessa certezza di immagine sulla persona in attesa nei pressi del box, nel sequestro SCALARI: Mentre rammenta bene il particolare curioso -riscontrato nelle foto agli atti- delle chiavi dell'auto dello SCALARI rimaste inserite nella serratura o cadute a terra vicino ad essa, quando lo afferrano per portarselo via. Non rammenta neppure MORABITO che sorte abbia avuto la Lancia Beta usata nel sequestro VISMARA: chiaramente non v'era ragione per un suo interesse in proposito. Se lo ricorda, invece, molto bene INZAGHI che, per gli interessi sempre avuti per le auto, dirà che se l'era presa lui quell'autovettura per taroccarla e poi rivenderla. Il sequestro CATTANEO, vedrà poi un MORABITO ricordare al dibattimento un fatto singolare, più che altro, almeno per lui che non si scompose più di tanto, e forse proprio per questo lo ha rammentato: lo ZACCO che, mentre sono indaffarati nel disseminare i vari messaggi alla famiglia della rapita, preoccupato da strane presenze in loco, sale su un autobus e lo lascia in asso. E, nella stessa prospettiva, forse perché vissuto analogamente, ricorda come si inalberò ROCCO PAPALIA quando, arrivato nell'abitazione di AMANTE ANTONINO -dove si erano dati appuntamento dopo il ritiro 400 Tutto questo per segnalare forse ciò che, in definitiva, poteva essere anche ovvio: vale a dire che nella evocazione dei vari episodi delittuosi di questo processo, ciascuna fonte porta molto di sè, del suo vissuto, del suo modo di essere. E quindi una avvertenza: a interrogarsi, nella valutazione della sua complessiva attendibilità, anche tenendo presenti quegli aspetti peculiari dei meccanismi mnestici che, molto sinteticamente e in punta di penna, si sono richiamati. Tutto ciò premesso e ritenuto, la Corte -sempre ai fini e per gli effetti innanzi esplicitati e nella "logica" del percorso valutativo già illustrato. ritiene ora di scendere allo esame della credibilità intrinseca dei principali e più rilevanti (ai fini probatori) "collaboratori" di questo processo. Degli altri si tratterà all'interno delle singole posizioni processuali interessate dal loro contributo. 401 CAPITOLO 4 La chiamata in reità e correità nel presente processo --- o --- Si passano ora in rapida rassegna - anche a completamento di quanto anticipato in parte espositiva (capitolo 1) - le principali “collaborazioni” del presente processo per porne in rilievo il carattere di generale loro attendibilità, riservando alla trattazione di ogni singolo episodio il giudizio di attendibilità specifica. Così come in tali sedi verranno trattate, secondo il loro specifico riferimento, le altre “collaborazioni” emerse in questo o in altri dibattimenti e qui utilizzate. --- o --- MORABITO SAVERIO MORABITO LUIGI INZAGHI MARIO AMANDINI MICHELE ROMEO ANNUNZIATINO e altri ancora. Prima di scendere all‟esame delle ragioni e delle modalità di attuazione della scelta di collaborazione di SAVERIO MORABITO (dalla cui trattazione, sotto il profilo indicato, si prende l‟avvio), va fatta una importante premessa. E cioè che quando (nel settembre del „92) manifestò, direttamente al P.M., la volontà di cooperare con l‟A.G. , l‟imputato, sposato e con due figli, si trovava ristretto presso la Casa circondariale di Bergamo dal 18.9.90 e a suo carico 402 esistevano in quel momento (a riscontro, se si vuole, anche di quella “caratura” criminale cui s‟è fatto testé cenno): a) una condanna a 12 anni e 6 mesi di reclusione, comminata dalla Corte d‟Appello di Brescia, in data 28.5.92, per i fatti della cd. “raffineria di Valle Imagna” (di cui si tratterà anche nel presente procedimento - v. capi di imputazione nn. 59 e 60)1; b) una condanna a 24 anni di reclusione comminata, il 2 aprile 1992, dal Tribunale di Milano per traffico di stupefacenti (c.d. processo BAIKAL KENAN)2. Fatta questa premessa, su cui si ritornerà più oltre, si può affermare che delle ragioni della scelta di collaborazione del MORABITO, nel settembre 1992, danno sufficientemente conto le sue stesse parole che, peraltro ricalcano ormai una sorta di standard culturale in tema di scelta di collaborazione (la previsione di un ulteriore non breve periodo di carcerazione dopo i due anni che aveva già alle spalle, la comprensione dei gravi errori commessi accompagnata dalla volontà di riscatto e di allontanamento dell‟ambiente criminale, il desiderio di poter beneficiare della speciale normativa di legge a favore dei collaboratori, i timori per l‟incolumità personale determinati dagli inevitabili rischi propri dell‟ambiente malavitoso sua in carcere che una volta uscito, il desiderio di recupero di una vita familiare, etc.)3. Motivi portati, potrebbe dire taluno, con accenti più o meno convincenti e sincerii4, ma che non interessano più di tanto alla Corte ________________________________ 1 In primo grado, dinanzi al GIP di Bergamo, in data 27.4.91, in ambito di rito abbreviato, il MORABITO era stato condannato alla pena di 16 anni di reclusione . 2 Annotiamo - e comunque il discorso sarà ripreso in chiusura del presente Capitolo - che fu proprio durante il dibattimento di appello avverso questa decisione che MORABITO preannunziò, come poi di fatto avvenne, la assoluzione sua e quella di altri due coimputati anch‟essi già condannati in primo grado (aff. 775-776). E fu proprio a seguito di quel dibattimento, conclusosi con la condanna del “collaboratore” a 24 anni di reclusione, che - come si dirà tra poco - egli decise di chiedere un colloquio col PM (che aveva sostenuto l‟accusa in quel procedimento)per palesare il suo intento di collaborazione con l‟A.G. (v. infra). 3 Aff. 777, 799-800, 3684-3685, 3750-3751. 4 Tenendo conto, in ogni caso, che sembra del tutto umano e non immediatamente incredibile che anche un malavitoso a tutto spessore come MORABITO, un vero e proprio professionista del crimine, un “Killer “ che ha provato il carcere minorile, che ha 25-30 di malavita alle spalle, ma ha anche moglie e figli giovani fuori dal carcere cui è attaccatissimo, a quel punto, all‟età di 40 anni (è del 18 settembre 1952), si senta stanco e logoro, dentro, per la vita assurda che ha fatto e decida di voltar pagina. Può essere. Non è detto che non sia così 403 - come si è già anticipato - tenuto anche conto del fatto che essi vanno a collocarsi nel profondo dell‟animo e sono difficilmente sondabili e verificabili, tanto più nel perso e nel ruolo che ciascuno di essi può aver avuto in una scelta così delicata e difficile quale è quella di collaborazione con l‟A.G. Si vedrà, in ogni caso, la spontaneità della scelta adottata da MORABITO, la coerenza e fermezza della stessa , un interesse al suo mantenimento di solo carattere giudiziario, senza alcun disegno strategico e senza alcun modo farsi portatore di specifici interessi di cordata. MORABITO ha, infatti, riferito di gravissimi episodi riconducibili a persone a lui notoriamente molto legate (come MARIO INZAGHI, suo amico e compagno di vecchissima data; come ANTONIO PARISI, suo fedele accompagnatore; come MICHELE AMANDINI che con lui e INZAGHI aveva formato un terzetto criminale di lunga durata e, purtroppo - di grandi “successi”, come Angelo MUFATO e DINO DUCHINI, quest‟ultimo sia pure per cose da poco, ma comunque entrambi a lui legati da forte e antica amicizia), o addirittura suoi parenti, come LUIGI ASSUNTO, suo fratello, come ROMEO ANNUNZIATINO, suo cugino carissimo.6 E‟ stata però, alla fine, una scelta a 360 gradi e senza riserve nella quale l‟imputato ha riferito anche di agghiaccianti episodi sa lui stesso commessi. Una scelta che è stata quasi un rito liberatorio, che pare davvero dettata dalla ferma volontà di “voler chiudere col passato in maniera totale” 7 e che lo porterà persino a confessare, in dibattimento, un omicidio che aveva sempre taciuto. Facendo forza sulla, umanamente comprensibile, resistenza che poteva derivargli dall‟enormità dell‟impatto che la rivelazione avrebbe avuto sui suoi più stretti vincoli di parentela, in questa sede confesserà infatti quanto non aveva mai avuto il “coraggio” sino ad allora di dire; neppure al P.M.8 : e cioè d‟esser stato autore (peraltro, per un futile _____________________________________ 5 Non si può dire, infatti, che MORABITO, si considerasse definitivamente “annientato” e senza prospettive per le condanne riportate: tra pena già espiata, trattamenti sanzionatori di favore e benefici penitenziari vari, non sarebbe passato un tempo eccessivo e insopportabile per poter guadagnare nuovamente la libertà (aff. 3693, 3749- 3750). 6 Si dirà più avanti che la chiamata in causa di molti di loro è stata sofferta dal MARABITO e non è venuta subito, perché vi sono state reticenze, omissioni, “coperture” iniziali. E si vedrà anche perché (v. infra). 7 Come riferisce nel suo esame dibattimentale: aff. 3693, 3750. 8 Gli aveva solo anticipato di aver commesso anche un altro omicidio del quale, tuttavia, si riservava di parlarne, forse, in futuro (aff. 3641/2). Questo come a sottolineare il grande sforzo interiore necessario per consiliare l‟onestà intellettuale della scelta fatta con il peso anche morale di rivelare certi fatti che andavano a toccare le persone più care. 404 motivo) financo dell‟omicidio del suocero del fratello LUIGI ASSUNTO9. E‟ innegabile, comunque, che quando MORABITO SAVERIO decide di collaborare, il suo futuro gli si presenti - quanto meno - assai incerto, se non addirittura inquietante, non solo e non tanto per le condanne appena riportate, quanto piuttosto per una vicenda dell‟ottobre „90 che gli aveva aperto - contro ogni sua previsione - prospettive assai fosche per l‟epoca in cui avrebbe lasciato il carcere. Era accaduto10, in particolare, che in quel tempo - vale a dire a ridosso del suo arresto del settembre „90 per i fatti della Raffineria di Rota Imagna - aveva richiesto un colloquio con l‟allora col. FRANCESCO DELFINO11 per giocare, secondo un classico “clichè” mafioso e da uomo astuto e spregiudicato quale era, una certa carta che in qualche modo potesse rimediare gli insuccessi raccolti sino a quel momento in quella sfortunata (per lui) vicenda giudiziaria12. In quella occasione, MORABITO chiede all‟alto ufficiale che, in cambio di una serie di “confidenze”, di informazioni che gli dà su fatti e nomi di malavita calabrese (suscettibili di fargli conseguire ulteriori successi investigativi), spenda qualche buona parola per lui. Quelle notizie sono un concentrato di fatti veri, verosimili13, e falsi. Una cosa certamente MORABITO tace e non può che tacere _______________________________ 9 Trattasi dell‟assassinio di AMBROSIO VINCENZO e del quale si è parlato del Capitolo 2, omicidio commesso prima che la di lui figlia conoscesse e poi sposasse MORABITO ASSUNTO LUIGI (cfr. ud. dibatt. 17 ottobre 1995, citt. aff. 36303642). Cfr. in proposito anche le ordd. dibatt. in data 17 e 24 ottobre e 15 novembre 1995: con quest‟ultima ordinanza, a richiesta del P.M. , è stato trasmesso alla Procura della Repubblica del Locale Tribunale, per le determinazioni di una competenza, il verbale di raccolta delle dichiarazioni sul punto, di MORABITO). 10 Aff. 777 e segg. 11 Nativo, come lui di Platì e molto attaccato a quella terra e alla sua popolazione. Ufficiale che già aveva “conosciuto “ alla Caserma CC. di v. Moscova in Milano nel maggio „77 in occasione degli arresti per i sequestri estorsivi di quell‟epoca (GALLI e SCALARI, v. infra). E non vedeva da quella data (cfr. in proposito la Relazione del col. DELFINO ri-prodotta dal P.M. alla udienza del 18.5.95 e acquisita con ordinanza 30.6.1995, pag. 9). 12 Era stato arrestato, dentro la Raffineria, il 31 maggio di quell‟anno, ROMEO ANNUNZIATINO; erano falliti i vari “depistaggi” che per tale vicenda avevano puntato su i vari DINO DUCHINI, i VINCENZO LAVORATA, i FRANCESCO ROMEO (v. infra) e lui era finito così in carcere. 13 Come quando falsamente addossa a GIOVANNI BRUZZANITI la vicenda della RAFFINERIA di Rota Imagna, speculando sul fatto che era stato già coinvolto in fatti di droga (aff. 786-787). 405 rigorosamente14: che è coinvolto in pieno nella vicenda della Raffineria (perché così sarebbe venuta meno anche la giustificazione dell‟aiuto richiesto e perché, altrimenti, avrebbe trascinato con sè, nella rovina, anche il Gruppo SERGI di cui era rilevante esponente e che voleva decisamente proteggere, in modo particolare quanto meno celando l‟alto livello del loro coinvolgimento nel narcotraffico anche internazionale).15 Non solo, ma per far “pesare” la propria richiesta MORABITO invia all‟ufficiale un “messaggio” allarmante: gli fa credere di sapere alcune cose sull‟omicidio del sindaco di Platì, DOMENICO DE MAIO, aggiungendo inoltre che “correva voce” che fosse in esso coinvolto suo fratello giornalista, ANTONIO DELFINO16, sul cui capo pendeva, in quel contesto, un preciso progetto omicidiario (ad opera di PAOLO SERGI17). Quale effetto potesse avere sull‟Ufficiale dell‟Arma un simile insidioso “messaggio” da parte di un delinquente che non appariva l‟ultima ruota del carro (anche per quel che di vero sicuramente andava dicendo18), è facile immaginare. Parte in tal modo L‟Informativa “riservata” 13 novembre 199019 del col. DELFINO che, tuttavia tanto riservata non deve rimanere se, non si sa bene come e perché, nell‟ambiente delinquenziale (proprio quello calabrese di MORABITO) trapela la notizia di quel “colloquio riservato” avuto con il colonnello. Lo dice MARIO INZAGHI che _________________________ 14 Anche secondo il codice di „ndrangheta: un mafioso non confesserà mai, o “va pentito” o nega, ma non ammetterà mai neanche l‟evidenza (cfr. LEONARDO CASSANIELLO: “...c‟è una cosa da sottolineare: che un mafioso o „ndranghetista...(omissis)... non va mai reo confesso, o va negativo o si pente. Cioè, il reo confesso non esiste nella mentalità di un mafioso. Capisce?... (omissis)... cioè o si tiene nel negativo e dice che lui è estraneo a tutti i fatti, anche se condannato, ma reo confesso in una mente mafiosa, cioè in una persona mafiosa non esiste...”:aff. 16874) 15 Cfr. aff.3699, in specie. Nel Rapporto riservato 13 novembre 1990 del col. DELFINO ai SERGI, infatti come Gruppo operante nella droga in Corsico e Buccinasco unitamente ai PAPALIA e ad latri, vien fatto appena un cenno, è alquanto sfumata la loro posizione, non vi è indicazione di fatti specifici. Ben diverso è il “trattamento” riservato, ad esempio ai PAPALIA, cui si accollano omicidi e rapporti per droga coi turchi. Perciò, il Rapporto riservato 13 novembre 1990, che il col. DELFINO stilerà su questo incontro, non si può certo prestare per svolgere difese in favore dei SERGI, come vorrebbe il loro difensore (cfr. anche ordinanza 18 ottobre 1995) 16 All‟epoca preside di liceo in Bovalino. 17 Probabilmente per una storia di appalti pubblici non concessi dal DE MAIO alla “famiglia” di riferimento e di patti malavitosi non rispettati (aff. 789-794) 18 Sui traffici in droga del gruppo FLACHI, dei PAPALIA, degli AMANTE, dei NIZZOLA, ecc., come dimostrerà questo dibattimento. 19 Acquisita nuovamente, come sopra anticipato, con ordinanza 30 giugno 1995 (cfr. anche cit. ordinanze 18 e 23 ottobre 1995). 406 “voci” su quell‟incontro erano giunte addirittura al Carcere di Reggio Calabria, lo conferma anche Annunziatino ROMEO. Quando MORABITO apprende questo20 , e più precisamente apprende che i suoi compaesani, sebbene informati di quel colloquio, , non gli avevano detto nulla e, soprattutto, quando in carcere a Bergamo - molto prima della sua collaborazione - avvicinato DOMENICO PAPALIA per sapere se anche lui avesse saputo della cosa, ricevette questa risposta: “sì ma non ho dato peso alla cosa... stattene tranquillo”, allora capisce che è perduto. Perché non aver chiesto di quell‟incontro, così delicato e tenuto celato significava che non v‟era nulla da chiedere perché nulla lo giustificava ai loro occhi: era solo condannabile e basta, senza spiegazioni e senza appello. Conclusione tanto più vera quanto eloquente, a quel punto, gli era apparsa una frase sibillina pronunciata da DOMENICO PAPALIA verso l‟inizio estate „91, in relazione a un programmato suo (di MORABITO) ricovero ospedaliero senza piantonamento. PAPALIA gli aveva infatti detto in quella occasione: “fammi sapere in quale reparto ti mandano”. A quel punto avevo capito tutto. Perché solo chi conosce un certo “ambiente”, quell‟ambiente mafioso di cui si è parlato, comprende benissimo il senso della divulgazione di un “contatto riservato” tra un personaggio mafioso che conta e un alto Ufficiale dell‟Arma (un contatto, un colloquio che - secondo precisi accordi doveva rimanere segreto e che tale non era restato, e sul quale nessuna spiegazione sarebbe stata richiesta al MORABITO se non fosse stato lui a saggiare il terreno). La cosa è letta nell‟ottica peggiore: benché da una parte appare a MORABITO come un “tradimento” (di DELFINO) alla parola data - lo “aveva buttato allo sbaraglio” per salvare il fratello, lo aveva già esposto a grave rischio (alla vendetta di PAOLO SERGI) - mentre dall‟altra parte, se veramente non fosse stato dato peso a quell‟incontro, MORABITO l‟avrebbe subito saputo. Glielo avrebbero subito detto, senza attendere che si fosse fatto avanti lui a sondare il campo, giustamente preoccupato. Gli avrebbero immediatamente chiesto spiegazioni, se non altro. E invece: silenzio. E così MORABITO SAVERIO interpreta quella risposta in un solo modo possibile, nella sua esperienza malavitosa: come un omicidio annunciato. Scontata la pena e uscito dal carcere la sua vita sarebbe stata appesa a un filo. _______________________ 20 Lo viene a sapere da suo fratello LUIGI cui a sua volta l‟aveva riferito il cugino BRUNO ROMEO, fratello di ANNUNZIATINO. 407 Un segnale, un motivo, questo, che insieme a tanti altri va sicuramente messo nel conto delle tante ragioni che lo hanno indotto a scegliere di collaborare con l‟A.G. e a dire tutto quello che sapeva sui circa 20 anni di malavita organizzata cui ha preso tanta parte.21 ---0--- Ma quello che è sicuramente avvenuto al di fuori di ogni standard è stato il modo di attuazione della scelta di collaborazione. MORABITO, infatti, ha chiesto ed ottenuto di non mutare la sua situazione di detenuto e cioè di non entrare nei circuiti penitenziari destinati ai collaboratori, così da impedire la inevitabile immediata conoscenza esterna della sua scelta e, di riflesso, consentire per un verso una oculata strategia di protezione dei suoi familiari e per altro verso far conseguire l‟obiettivo di maggiore efficacia alla sua collaborazione in ragione della sua imprevedibilità. Di particolare rilievo, sotto quest‟ultimo aspetto, la prospettata (ed accolta) richiesta del MORABITO di procedere al trasferimento di alcuni detenuti presenti in Bergamo, giudicati “a rischio” per la sua collaborazione, nonchè di alcuni Agenti di custodia ritenuti, a diverso titolo, inaffidabili.22 Merita di soffermarsi su qualche dettaglio di tale collaborazione, sulle “cadenze” e modalità che l‟hanno caratterizzata, sia per rendere quasi tangibile la “eccezionalità” della stessa. E questo per l‟ambito in cui è avvenuta e per i personaggi che ha coinvolto, vuoi nell‟accusa di gravi delitti, vuoi nella stessa scelta di campo da lui fatta, con passaggio coraggioso dall‟area della __________________________ 21 Su tutto quanto sopra cfr. esame dibattimentale di MORABITO, aff. 777-800, 3684/85, 3750/51. In particolare sulla vicenda DELFINO, aff. 777-798, 3698/9. 22 Di particolare efficacia - anche per intuitive ragioni connesse alle modalità dell‟esame - in riferimento ala discorso fatto circa le peculiarità della collaborazione prestata dal MORABITO SAVERIO, sono le stesse dichiarazioni registrate dal MORABITO in cassetta consegnata al PM in data 24/11/92 e al cui ascolto e relativa trascrizione si può rinviare per esser state entrambe (cassetta e trascrizione) acquisite al fascicolo del dibattimento. E‟ bene poi sottolineare - ai fini della complessiva valutazione di attendibilità - quanto già anticipato (e su cui comunque si ritornerà in prosieguo) - e cioè che MORABITO si è assunto la responsabilità della quasi totalità dei delitti riferiti e, in ogni caso, sicuramente dei più gravi. 408 illegalità a quella della legalità e con recisione di ogni legame col proprio passato delittuoso. Tutto prende avvio dalla richiesta 9 settembre 199223, con la quale SAVERIO MORABITO chiede di poter parlare (notisi la cautela: “... per motivi di giustizia...”) con il P.M. di questo dibattimento (lo stesso del processo conclusosi con la citata sua condanna milanese a 24 anni di reclusione24). Il successivo giorno 20 settembre, nella Casa circondariale di Bergamo, l‟imputato, persona intelligente, sottile, scaltra, lancia un primo “messaggio” a quel P.M.: non dice che intende “collaborare”25, ma che sta seriamente pensando di “cambiar vita”, di tenersi lontano - quando avrà guadagnato la libertà - dagli ambienti malavitosi tanto a lungo frequentati. Per il momento, in quella prospettiva, chiede solo due cose per lui molto importanti: di non essere inviato (come tutti, in relazione all‟addebito di reato associativo) alla sezione “differenziata” del carcere, e inoltre di avere vicino a sè, in quello stesso carcere, in quella stessa sezione “ordinaria”, il cugino ROMEO ANNUNZIATINO che era detenuto a Milano (nella Casa circondariale di Opera) per i fatti della raffineria di Valle Imagna. La prima richiesta è esplicitamente finalizzata ad evitare di riprendere “contatto” con i compagni di un tempo (con pregiudizio della “riflessione” che sta portando avanti), e al mantenimento delle modalità e possibilità di colloquio coi familiari, segnatamente dei due giovani figli (di nove e sei anni), condizioni che sarebbero venute meno passando dalla sezione “ordinaria” a quella “differenziata”26. Il motivo della seconda richiesta27 è accortamente ________________________ 23 Cfr. modulo allegato al primo interrogatorio del MORABITO e aff. 802. Il dato è comunque pacifico: aff.3673. Le ragioni di questa “scelta” le spiegherà lo stesso imputato nel nastro registrato di cui a precedente nota: in sintesi si può dire che si rivolse al P.M. che aveva potuto più apprezzare per la sua professionalità. 25 Aff.800-801. 26 Nella sezione “differenziata”, infatti, tra altre limitazioni e perdite di vari benefici, non avrebbe neppure potuto più incontrare i figli con quelle modalità (senza sbarre, guardie, ecc.) che avevano consentito di celare ai loro occhi lo stato detentivo del padre (cfr. anche suo interr. 4.10.92). 27 Non esplicitamente, ma chiaramente desumibile dalla nota 9 ottobre 1992 (pag.4), a Vol.174, che il P.M. - anche a dimostrazione, ove ve ne fosse stato bisogno, della assoluta “trasparenza” della “strategia” di collaborazione impiegata invierà (e 24 409 lasciato all‟intuizione dell‟interlocutore. Ma non poteva non esser subito percepito, tanto più che viene esplicitamente collegato alla eventualità di future condotte processuali del richiedente e di possibili rischi che, come conseguenza, il congiunto avrebbe potuto correre: era evidente, insomma, che MORABITO stava maturando la sua scelta di collaborazione e che, in quella prospettiva, si preoccupava di mettere al sicuro il cugino (l‟unico parente stretto detenuto in quel periodo28) cui era legato da vincoli di stima, di affetto, di fiducia fortissimi e ricambiati.29 Solo in seguito MORABITO dirà apertamente che sua intenzione, in quel momento, era stata anche quella di sollecitare ROMEO ANNUNZIATINO a fare la sua stessa scelta di collaborazione processuale30. Un tentativo che si spiegava con il fatto che MORABITO si sentiva in qualche modo responsabile della vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il cugino. Era stato lui, infatti, nell‟autunno dell‟86 a indurlo a trasferirsi da Platì a Corsico per lavorare per 4 anni nel gruppo SERGI31. ROMEO era un giovane su _____________________________________________________________________ produrrà in giudizio) al D.A.P. perché siano possibilmente accolte le richieste fatte dal MORABITO per poter “collaborare” con minor rischio. In ogni caso cfr. lo stesso MORABITO ad aff. 811 e segg. 28 Ne dà conferma lo stesso ROMEO: aff. 14.172/3. 29 La scelta di collaborazione che nel febbraio „95 farà ROMEO ANNUNZIATINO è un riscontro eloquente della intensità del legame che c‟è tra i due, un legame che va probabilmente oltre quello, pur stretto, di parentela: ROMEO infatti è cugino di primo grado di SAVERIO MORABITO in quanto la madre di MORABITO è sorella del padre di ROMEO (cfr. ROMEO, aff.14117). SAVERIO, poi, aveva fatto avere ad ANNUNZIATINO - tramite “CICCIO „U CAINU”, vale a dire FRANCESCO PERRE (aff.14121) - dei soldi per aiutare la sua famiglia quando si trovava in carcere suo fratello. Un legame dunque molto forte, ma di cui DOMENICO PAPALIA non si renderà conto o che non soppeserà abbastanza allorchè incautamente lo chiamerà a deporre in suo favore (v.infra). 30 Cfr. anche ROMEO citt. aff. 14.172/2. 31 Cfr. aff. 812-814. E lo conferma lo stesso ROMEO nei preliminari del suo esame dibattimentale. Da lui infatti sappiamo che, nato a Platì nell‟aprile „64 e ivi conseguita la terza media, dopo alcune esperienze lavorative come cameriere in un ristorante di Platì e nel periodo estivo al “Lido di Bovalino” con quel tale BRUZZANITI - narcotrafficante di cui si sentirà parlare a proposito del colloquio del MORABITO con il col. DELFINO - era presto incorso nei rigori della legge per questioni di droga. Era stato arrestato, infatti, per droga nel settembre 1982 e da ultimo dell‟83 (pere estorsione), uscendo nell‟85 (aff. 14.106-14.110). Dopo un primo accesso in Corsico nel marzo- aprile „85 per chiedere aiuto a Morabito per un trasferimento di carcere del fratello BRUNO (aff.14.119/26:v. anche sopra in nota) ed altri successivi (anche per ritirare auto taroccate:aff.14.142), si era trasferito stabilmente a Corsico nell‟autunno „86 su sollecitazione del cugino SAVERIO che gli aveva proposto di lavorare con lui e con i SERGI nella droga (aff. 14.125/6 nel gruppo che si riuniva al bar Jolly, c‟erano allora, ossia nell‟85. “CICCIO”. PEPPONE e PAOLO SERGI - che aveva quell‟obbligo di firma a Platì, come il fratello BRUNO, che veniva facilmente aggirato (aff. 14.126/9)ANTONIO PAPALIA, MARIO INZAGHI e altri, come FRANCESCO TRIMBOLI che agiva da “esterno” al gruppo che costituiva “il Governo”: MORABITO, FRANCESCO e PAOLO SERGI, INZAGHI). Era stato proprio PAOLO SERGI a suggerirgli un èscamotage per 410 cui MORABITO poteva contare: non aveva fatto il giuramento alla „ndrangheta, ma era impregnato di quella “cultura”, nato e vissuto come era in Platì con mansioni di tutto-fare e autista di un personaggio di accertata primaria posizione in quel consesso mafioso come BARBARO ROSARIO, detto “ROSY”. Ma vi è anche un‟altra importante ragione alla richiesta di avvicinamento a sè del ROMEO: quella di evitare che, restando il MORABITO (diversamente dagli altri detenuti) nella sezione “ordinaria” del carcere di Bergamo, la popolazione di quel carcere cominciasse a sospettare qualcosa di quello che stava avvenendo. Avendo invece presso di sè, in quella stessa sezione, il cugino ROMEO (anch‟esso imputato di reato associativo e quindi, anch‟esso destinato alla sezione “differenziata” perché aveva buoni rapporti con la Direzione del carcere. Nei successivi giorni del 29 settembre e 3 ottobre „92 seguono altri due brevi interrogatori, e così è anche quello del 4 ottobre nel corso del quale il MORABITO conferma ed esplicita la sua volontà di collaborare con la Giustizia (intenzione già telegraficamente anticipata nell‟incontro col P.M. del giorno precedente). Nessun contatto “esterno”, nessun colloquio investigativo, in particolare è intervenuto sino a quella data del quale poter sospettare una non genuinità dell‟approccio collaborativo _____________________________________________________________________ sganciarsi dall‟ambiente di Platì (cosa per lui non facile perché era coinvolto nell‟ambiente malavitoso di quella città, fruendo anche del “prestigio” che gli derivava dal legame con un “personaggio” del posto - tale BARBARO ROSARIO, parente dei “U NIGRO e dei “PILLARI” - di cui gestiva un ristorane e per il quale faceva anche da autista. Era stato ospitato in un primo tempo a casa della zia Anna, madre di MORABITO, e da allora, cioè dall‟autunno 86, aveva ininterrottamente lavorato nella droga col cugino e il suo gruppo sino all‟arresto del „90 per i fatti della Raffineria di Valle Imagna (14.106-14144) 32 Le gravi e urgenti ragioni di cautela personale e processuale, ecc.: cfr. anche sul punto il Vol. 174, aff. 216 e segg., delle produzioni iniziali del P.M. acquisite, come ormai si sa, con ordinanza 13 aprile 1995. 411 del MORABITO e del suo successivo svolgimento. 33 Sulla stessa linea è l‟interrogatorio del successivo 8 ottobre „92.34 Quelli del 4 e dell‟8 ottobre „92, sono due interrogatori importanti, sia perché contengono una prima elencazione sommaria degli episodi di poter poi riferire in dettaglio35, sia perché nell‟accreditare la serietà e eccezionalità della “collaborazione” che si sta sviluppando, dando modo al P.M. di inoltrare agli Uffici competenti quelle richieste che il MORABITO avanzava come “condizione” della sua collaborazione. e tra queste, oltre al trasferimento di persone detenute nel carcere di Bergamo e ritenute in grado di poter comprendere o venire in qualche modo a sapere e così condizionare la scelta di collaborazione del MORABITO (primo fra tutti PAPALIA DOMENICO36), anche l‟allontanamento ----------------------------------------------------------------------------------------------------33 Aff. 3673/7. Solo nel „90/91, sul tema della Raffineria di Valle Imagna vi era stato un incontro con l‟Alto Commissario (dott. SICA) che invano, aveva cercato di convincere il MORABITO a collaborare. Il tema dei colloqui investigativi è stato in particolare coltivato dalla difesa del MUFATO ANGELO, senza che nulla sortisse da far dubitare della “genuinità” delle dichiarazioni del MORABITO. Tanto che quella difesa non riprese quel tema neppure in sede di arringa finale (cfr. ord. 26 settembre 1996, pag. 5, che richiama anche le precedenti sullo stesso getto). 34 Su questa prima serie di incontri del MORABITO con il P.M. cfr. anche ordinanza della Corte del 9 marzo 1995 (pagg. 6 e segg.). 35 In tal modo venendo incontro anche a quell‟esigenza, più volte manifestata nella trattazione delle tematiche relative ai “collaboratori processuali”, di evitare le c.d. dichiarazioni “a rate”. Si è sostenuto, infatti, anche in questo dibattimento - per indebolire l‟affidabilità dei “dichiaranti” - che i collaboratori di giustizia debbano dire subito o comunque in un periodo breve tutto ciò che sanno. Questo è bene, senz‟altro, ne conviene la Corte. Ma non si può trascurare il fatto - indubitabile - che i meccanismi mnemonici che non operano a comando, bensì spesso sotto le più diverse sollecitazioni mnestiche. E si deve pur tener conto, e non è poco, del profilo psicologico e umano dell‟interlocutore e dell‟ampiezza e gravità del vissuto delinquenziale che p chiamato a evocare. Si comprende d‟altra parte la preoccupazione dei difensori di non lasciare spazio al sospetto di pilotaggi nella “gestione” del pentito. Si può dire su un piano generale - che la questione involge, in definitiva, un problema di “bilanciamento” di esigenze contrapposte. Sul piano strettamente tecnico, poi, in qualche problema per la tesi rigorista potrebbe derivare anche dall‟art. 112 Cost., sulla obbligatorietà dell‟azione penale: non pare che il P.M. possa far finta di non sentire ciò che il “pentito” gli dice dopo un ampio lasso di tempo dal primo colloquio. Probabilmente, ancora una volta, è alla professionalità del magistrato che occorre rimettersi perché egli possa e debba valutare la genuinità e credibilità delle “tardive” dichiarazioni: occorre, in sostanza, che queste siano, come ritiene di aver fatto questa Corte, sottoposte a severa e rigorosa dimostrazione sulle ragioni che ne hanno impedito la tempestiva conoscenza da parte del magistrato. 36 DOMENICO PAPALIA è trasferito a Roma-Rebibbia il 22 ottobre di quell‟anno. Gli altri detenuti erano FRATTINI MILKO, MANNINO FRANCESCO e COMMISSO MARIO ROCCO, vicino al PAPALIA, che faceva il barbiere in quel carcere e, quindi, poteva avere una certa libertà di movimento sarà lui, infatti, a portare a ROMEO ANNUNZIATINO la “voce” che circolava sul conto del MORABITO, circa il sospetto di 412 temporaneo di due Brigadieri e un Maresciallo del Corpo degli Agenti di custodia presso quello stesso carcere ritenuti, sia pure a diverso titolo, pericolosi in quanto potenziali divulgatori della sua scelta (sia per eccesso di confidenza con i detenuti e sia per gravi sospetti di collusione con gli stessi). 37 E‟ poi lo stesso P.M., in quella occasione, 38 a chiedere, su sollecitazione di MORABITO, il trasferimento (interno a quel carcere di Bergamo) di PARISI ANTONIO, 39 della Sezione “differenziata” a quella “ordinaria”, sia per i rischi cui avrebbe potuto trovarsi esposto -come persona notoriamente legata a MORABITO- in conseguenza della sua collaborazione, sia sempre nell‟ottica che un maggior numero di detenuti destinati alla sezione “differenziata” (per il titolo dei loro addebiti) e invece trattenuti in quella ordinaria avrebbe concorso a tener celata la scelta del MORABITO stesso. ANTONIO PARISI non ne voleva sapere, era “titubante”, forse perché già c‟era in giro “qualche mezza voce voce” sul conto della “fedeltà” di MORABITO in relazione alla vicenda DELFINO; forse anche perché “aveva della paure” in relazione alla vicenda del ferimento NIZZOLA (v. infra), un omicidio mancato - gli si rimproverava da parte del MORABITO - proprio perché lui in quel frangente non era intervenuto ad appoggiarlo, ma s‟era tenuto in disparte.40 Sta di fatto però che, con l‟autorevole intervento di DOMENICO PAPALIA - che, senza rendersi conto della macchinazione in corso, gli aveva dato anche dello “stupido” - c‟era andato. Naturalmente, per quelle stesse paure, aveva fatto ritorno al “carcere duro”, alla sezione “differenziata”, non appena il PAPALIA era stato trasferito a Rebibbia. 41 ----------------------------------------------------------------------------------------------------una sua “collaborazione” con l‟A.G. (ROMEO, aff. 14.174; MORABITO, aff.808-810). 37 Cfr. citata nota del P.M. del 9 ottobre 1992 (con allegati alla stessa a cit. Vol 174, aff. 222 -227) al D.A.P. e lo stesso ROMEO ad aff. 14.187/9 38 Cfr. missiva citata dal D.A.P. a margine dei trasferimenti e/o dei movimenti i PAPALIA DOMENICO e PARISI ANTONIO sono state poste dalla difesa del PARISI alcune questioni (che avrebbero dovuto porre in dubbio l‟affidabilità del collaboratore) di cui trattano le ordinanze 23 aprile e 5 novembre (pag. 10) 1996 cui si rinvia. Sul punto v. anche esame dibatt. del ROMEO, aff. 15.324/8. 39 Che era sta già imputato con MORABITO nel processo BAIKAL KEAN. 40 E non a torto, dice lo stesso MORABITO, perché lui non c‟entrava niente con quell‟omicidio: s‟era solo limitato ad accompagnare il MORABITO in quel box dove il collaboratore aveva attirato il NIZZOLA con l‟inganno (con una strategia della quale la presenza dell‟inconsapevole PARISI, uomo notoriamente incapace di fare male a una mosca, faceva parte, avendo la funzione di rassicurare il NIZZOLA). 41 aff. 838-846 413 La necessità di tener quanto più celata quella scelta spiega anche la brevità, la rapidità dei primi interrogatori del MORABITO. Occorreva evitare che si sapesse dei ripetuti e ravvicinati incontri del detenuto col P.M.: i sospetti sarebbero stati immediati e le conseguenze intuibili. Per questo, ancora, quegli incontri (come del resto tutti quelli avvenuti nel carcere di Bergamo) avvenivano in settori diversi da quelli consueti (nell‟Ufficio del Comandante delle guardie di quel carcere) e in ore in cui il movimento dei detenuti poteva apparire come del tutto normale (l‟ora d‟aria, che così però condizionava la durata stessa dell‟interrogatorio) I successivi interrogatori, poi, i più complessi 42, per la stessa esigenza e profittando di “giustificati” allontanamenti del MORABITO dal carcere (per malattia o esami medici) avvenivano presso Uffici nella disponibilità della D.I.A.43 Siffatto oculato e “riservato” modo di procedere, avrebbe consentito anche di “preparare” psicologicamente la famiglia dell‟imputato non solo a comprendere le ragioni della scelta da lui fatta 44, ma anche ad accettare il sostanziale cambiamento (anche topografico) delle sue stesse abitudini di vita (lavoro, scuola dei bambini, ecc.).45 I sospetti, probabilmente, sarebbero circolati egualmente, lo prevedeva lo stesso MORABITO, ma a nulla avrebbe portato sino a che, a suo stesso dire, la sua “firma” sui verbali di interrogatorio fosse rimasta celata. Il suo rango nell‟ambito malavitoso, infatti, non lo avrebbe esposto se non di fronte alla “prova provata” della sua collaborazione con l‟A.G. Sino a quel momento non avrebbe rischiato la vita.46 ----------------------------------------------------------------------------------------------------42 Quelli interamente registrati. V. per tutto questo la missiva in questione le stesse intestazioni dei verbb. di interr. e l‟esame dibatt. dell‟interessato ad aff. 806-809. 44 Ragioni non sempre facilmente “accettate”, in questi casi, come s‟è già detto nelle pagine che precedono. 45 In questa prospettiva, si tenne ad esempio presente l‟esigenza manifestata dallo stesso MORABITO che le attività di “protezione” della famiglia e il suo “trasferimento” in località sicura coincidesse, possibilmente, con il momento in cui la sua collaborazione dovesse necessariamente esser “scoperta”: cfr. interr. 8 ottobre 1992 cit. e la citata missiva 9 ottobre 1992 del P. M. (pag. 6) 46 Il caso di SALVATORE MANCUSO è esempio eloquente era stato ucciso solo perché, date le sue personali condizioni e condotta di vita, era stato sospettato di non esser in grado di tener celata l‟attività di narcotraffico che svolgeva nella zona di Corsico insieme a MORABITO e INZAGHI e nell‟interesse dei TRIMBOLI e SERGI (v. infra omicidio MANCUSO). E quella di tenere celata la collaborazione di MORABITO, di adottare ogni accorgimento perché restasse tale il più a lungo possibile, fu sicuramente una “strategia” oculata e vincente, senza la quale sarebbe stato quanto meno assai 43 414 Per questo, è noto, quei verbali non vennero mai conservati nell‟Ufficio del P.M. e bene fu fatto, perché da tutt‟altra fonte, da tale PIRRONE MAURIZIO47 , e quindi da tutt‟altra indagine48 , si è appreso che nel febbraio 1993 MUSITANO ANTONIO gli aveva riferito che tramite persone compiacenti (pare operanti nel Palazzo di giustizia milanese) qualcuno era riuscito ad entrare nell‟ufficio del P.M. senza tuttavia trovare quello che cercava: evidentemente proprio quella firma sul verbale. Una inquietante ulteriore conferma, questa, se non altro, che “voci” ebbero effettivamente a circolare sul “pentimento” del MORABITO, senza tuttavia dar corso, fortunatamente, ad alcuna conseguenza di fatto. Del resto, è lo stesso INZAGHI a confermare che quelle “voci” effettivamente vi furono, e consistenti, quando riferisce di aver saputo - verso ottobre-novembre 1992, allorché si trovava detenuto a Locri con ROCCO e ANTONIO PAPALIA - che MORABITO aveva probabilmente avuto un “cedimento”. Per questo era stato incaricato dai due, dato che sarebbe presto transitato dal carcere di ----------------------------------------------------------------------------------------------------improbabile l‟esito investigativo e processuale che è all‟esame di questa Corte. I vari PAPALIA DOMENICO, PARISI ANTONIO, MOLLUSO FRANCESCO e altri hanno voluto far credere alla Corre di esser stati ben al corrente - durante la comune detenzione a Bergamo - della “collaborazione” che stava facendo il MORABITO, per dimostrare così di non avervi dato alcun peso perché falsa, mentre danno una riprova e lasciano chiaramente intendere, a contrariis, che cosa ( se fossero stati al corrente della cosa) sarebbe accaduto a MORABITO, tenuto contro di quella “cultura” di cui sono impregnati e sulla quale ci siamo avanti intrattenuti, per altro verso sono pesantemente smentiti dalla realtà processuale che è ora sotto i loro stessi occhi (solo un ANTONIO SCHETTINI oserà spargere la notizia in carcere - ai vari COCO TROVATO, JIMMY MIANO, ECC. - che sta collaborando, ma solo perché tale voce era stato concordata in attuazione di un progetto di c.d. depistaggio: v. aff. 1635 e segg.) . La verità è che vi furono solo delle “voci” su ciò che MORABITO stava facendo, alle quali, dopo frenetiche “consultazioni” e con l‟autorità stessa di un DOMENICO PAPALIA, si era ritenuto (per fortuna) di non dar credito. Anche se, da epoca successiva al trasferimento del PAPALIA a Rebibbia, quelle “voci” sembravano aver preso una certa consistenza, perché qualche cosa nel gruppo PAPALIA e qualcuno in quel gruppo ( o per quel gruppo), comincia a muoversi e ad agitarsi ( v. il “sopralluogo” nell‟ufficio del P.M.; gli improbabili quanto autorevoli “pentimenti” su giudizi di condanna del PAPALIA DOMENICO - per l‟omicidio di D‟AGOSTINO, in un lontano passato espressi e ormai coperti da giudicato, seguiti poi anche da interessamenti di autorevoli personaggi (cfr. pagg. 292-298 e 402-435 della o.c.c. 2 ottobre 1993 del G.I.P. di Milano); strani improvvisi progetti, poi puntualmente attuati, di passaggio alla latitanza di un ANTONIO MUSITANO - ex VITTORIO FOSCHINI cfr. infra la posizione MUSITANO, allarmanti conversazioni telefoniche intercettate aventi ad oggetto progetti di aggressione a magistrati che di quei personaggi stavano interessandosi: v. per tutto, esami dibatt. citt. collaboratori e infra) 47 V. infra. 48 E, quindi, anche al di là di ogni ipotesi di enfatizzazione dell‟atmosfera che pesava su quella inchiesta 415 Bergamo di accertare se quelle “voci” fossero fondate, se MORABITO stesse veramente collaborando. 49 E viene dallo stesso ROMEO una ulteriore, inquietante conferma di come si agitarono le acque a Bergamo quando cominciò a serpeggiare il sospetto della collaborazione di MORABITO. Vi furono frenetiche consultazioni: qualcuno si rifiutò di credere, proprio per quello che rappresentava il MORABITO, per il prestigio di cui godeva la sua figura: DOMENICO PAPALIA anzitutto, che provvide anche a tranquillizzare gli altri ( i vari TOTO PARISI, i FRANCHINO MANNINO, quello stesso MARIO COMMISSO che, con la libertà di circolazione nel carcere che il suo lavoro di barbiere gli offriva, quelle voci aveva concorso a far circolare). ma poi, quando DOMENICO PAPALIA fu improvvisamente trasferito al carcere di Rebibbia a Roma, senza apparente ragione, i dubbi, le preoccupazioni ripresero.50 ----------------------------------------------------------------------------------------------------49 Cfr. MORABITO, aff. 827 e INZAGHI Merita di riportare integralmente i passi più importanti dell‟esame dibattimentale di ROMEO su questo tema, per poter meglio apprezzare, dalle sue stesse parole, che cosa realmente significò per MORABITO, fare la scelta di collaborare con l‟A.G. e come furono giustificate le sue preoccupazioni e accorto il suo modo di procedere. Parla ROMEO, interrogato dal P.M.: „‟‟‟‟‟I.R.C. - Allora per lo più io mi incontravo con il MARIO COMMISSO al passeggio del carcere ed era lui che mi riferiva dei sospetti che avevano di là alla sezione differenziata, perché il TOTO PARISI e il MANNINO FRANCHINO erano alla sezione differenziata e avevano un passeggio antistante al nostro, dove c‟era la finestra del barbiere dell‟Istituto, il barbiere dell‟istituto era MARIO COMMISSO. Quindi io più di una volta sono andato in quella stanza adibita a barberia e dalla finestra avevo modo di parlare con TITO PARISI o con il FRANCHINO MANNINO, i quali avevano saputo anche loro che SAVERIO MORABITO aveva avuto l‟incontro con il dottor NOBILI, cioè con Lei, e che quindi il sospetto era più che fondato che SAVERIO stesse collaborando. Poi ho parlato con DOMENICO PAPALIA, non ricordo adesso preciso il periodo, comunque lui mi disse ... era rientrato dalla sospensione pena e mi disse che aveva saputo attraverso il FRANCHINO MANNINO che SAVERIO MORABITO stava o voleva collaborare. P.M. - Quindi il DOMENICO PAPALIA le fa presente che ha saputo dal FRANCHINO MANNINO, ma l‟ha saputo quando era fuori dal carcere ... I.R.C. - Si, lui era in sospensione pena. P.M. - Lei sa dove ha trascorso il periodo di sospensione? I.R.C. - Io precisamente non lo so, però quando abbiamo parlato disse che era in albergo vicino al lago, non ricordo con molta precisione. P.M. - Ho capito. Quindi quando sta fuori dal carcere apprende di questi sospetti, diciamo, dal FRANCHINO MANNINO. I.R.C. - Quando sta fuori, si. Lui gli manda a dire al FRANCHINO - almeno questo lui ha detto - di stare più che tranquillo, che non erano vere quelle voci, che erano infondate. Questo perché? Mi dice DOMENICO che pensa che il FRANCHINO voleva vendicarsi su di SAVERIO, perché una volta aveva detto il FRANCHINO MANNINO a SAVERIO MORABITO che lui aveva un debito ... cioè avanzava un debito da - mi sembra - FRANCO MOLLUSO, un mio compaesano, adesso non ricordo perfettamente, comunque il nome di questo FRANCO MOLLUSO era sicuramente .. faceva parte di questo tipo di discorso, perché il MOLLUSO o chi per lui dovevano 50 416 MORABITO SAVERIO, sin dall‟inizio, rese chiara la sua intenzione di allargare la fascia di collaborazione a persone che gli erano estremamente care, come il cugino ROMEO ANNUNZIATINO, più giovane di lui di una decina d‟anni e verso cui, come si è detto, ----------------------------------------------------------------------------------------------------pagare una partito di roba, mi sembra di cocaina, al FRANCHINO MANNINO. Quindi il FRANCHINO aveva detto a SAVERIO MORABITO se lui avrebbe fatto da tramite, cioè se lo avrebbe aiutato a recuperare i soldi da parte di questi miei compaesani. Mi sembra che SAVERIO gli abbia detto di si, poi non abbia fatto niente o gli abbia detto che non gi interess.... non so bene la risposta che gli ha dato SAVERIO. Quindi DOMENICO pensava che FRANCHINO gli ha mandato a dire questo solo perché voleva vendicarsi in un certo senso con SAVERIO e in altro senso per apparire bello alla vista di DOMENICO PAPALIA. P.M. - Ma DOMENICO PAPALIA le ha manifestato sospetti, nel senso lui ha preso in consid.. per quello che ha riferito a Lei ovviamente... I.R.G. -No. P.M. - Ecco, ha creduto a queste voci per le confidenze che ha fatto a Lei o ha avuto anche lui dei momenti di perplessità? I.R.C. - Lui, per quello che abbiamo parlato con me, mi ha sempre detto che non crede mai che SAVERIO collaborerà, in quanto lo conosce molto bene, che lo vuole troppo bene, tutte queste cose qua. Dice “non crederò a nessuno che mi venga a dire che SAVERIO collabora”. Tanto che in quel periodo c‟era TOTO PARISI che si trovava alla sezione differenziata, come mi sembra di aver già detto, e per una settimana credo l‟hanno portato di qua alla sezione normale. Questo perché il PARISI aveva incontrato il DOMENICO PAPALIA e gli aveva detto: c‟è SAVERIO che mi dice di continuare a venire di là alla sezione normale, anche l‟Ispettore dell‟Istituto mi ha chiamato e mi ha detto che c‟è la possibilità di questo trasferimento alla sezione normale, però non voglio venire perché c‟è SAVERIO e ci sono queste voci”. Lo stesso DOMENICO dice a TOTO PARISI di stare tranquillo, anzi di venire subito nella sezione dove eravamo noi e il TOTO è rimasto lì credo una settimana, questo finché il DOMENICO non è stato trasferito. Quando DOMENICO è stato trasferito la mattina stessa mi ha chiamato il TOTO PARISI e il MARIO COMMISSO e mi ha detto: “allora vedi che le cose risultano per quello che abbiamo detto noi, perché non è possibile che DOMENICO sia trasferito così senza che nessuno sappia niente, quindi vuoi dire che SAVERIO sta collaborando veramente”. P.M. - Lei questo l‟ha riferito .. questi sospetti Lei poi li riferiva poi a SAVERIO MORABITO? I.R.C. - Si, tutto quello che io parlava all‟aria con questi signori qua riferivo tutto a SAVERIO. P.M. - Ecco, ma poi, visto che siete stati un anno in cella etc., quindi mi pare che ... così, non sia successo alcunché, cioè parte DOMENICO PAPALIA, cioè viene trasferito dal Carcere di Bergamo, Lei ha detto: “MARIO COMMISSO mi dice <vedi che allora c‟è qualcosa>“. I.R.C. - Si. P.M. - Ecco, quand‟è che finisce questo giro di voci, questo giro di .. I.R.C. - Questo giro di voci finisce perché dopo, guardi, li è stato trasferito anche MARIO COMMISSO, anche qualcuno delle Guardie o qualche Brigadiere, non so bene adesso che grado aveva. Quindi partiti loro le voci sono finite, anche FRANCHINO MANNINO era stato trasferito, adesso non so per quale motivo era stato trasferito il FRANCHINO e gli altri, però una volta che questi sono stati trasferiti le voci non ci sono più state nel carcere, quindi abbiamo ... posso dire così, 5 o 6 mesi, gli ultimi 5 o 6 mesi li abbiamo trascorsi potrei dire tranquillamente „‟‟‟ (aff. 14.183-14.1879 417 avvertiva delle responsabilità. 51 Come il fratello LUIGI ASSUNTO, che voleva togliere da un ambiente delinquenziale nel quale navigava pericolosamente, anche per la sua passata dipendenza dalla droga. 52 E intervenne, in tal senso, del tutto legittimamente. Pensare a collusioni tra tali personaggi per costruire prove false a carico degli altri imputati, con totale vuoto di indicazioni probatorie in proposito, appare assolutamente fuori luogo. ROMEO, a cospetto della imponente massa di informazioni su episodi delittuosi gravissimi riferiti dal cugino MORABITO, poteva parlare, peraltro, solo di droga e solo su ciò (sia pure, robustamente) avvalorarne il discorso. LUIGI ASSUNTO dal canto suo poteva riferire, come poi ha fatto, solo su una gran quantità di rapine53 che sfiorano appena il complesso accusatorio del fratello e su un piccolo traffico di droga (questo perché era fuori dal gran giro del gruppo SERGI54). Non era certo, dunque, il personaggio che poteva molto servire per accreditare un ----------------------------------------------------------------------------------------------------51 Tra l‟altro, MORABITO, non gli aveva neppure dato retta quando ROMEO aveva cercato di dissuadere lui e , suo tramite, i SERGI dall‟impiantare la raffineria in Rota Imagna: aff. 812-815. MORABITO sperava addirittura che ROMEO arrivasse a collaborare “spontaneamente”, non sotto la sollecitazione che gli sarebbe arrivata dal peso di accuse di chiamanti in correità: sarebbe stata certamente più apprezzata dal magistrato (aff. 811-814, con conferma sul punto dello stesso ROMEO: aff. 14.177, 14.179). 52 Aff. 816. Nel novembre-dicembre 1992, si saprà dallo stesso LUIGI ASSUNTO (v. interr. al P.M. del 5.5.93, pag. 12), che aveva preso parte a una rapina a una Agenzia del Banco di Roma in Milano. fu precisa ed espressa volontà del MORABITO SAVERIO quella di convincere anche il fratello ASSUNTO LUIGI, a seguire le sue stesse tracce, per la semplice ragione che quello fu ritenuto l‟unico modo per poter garantire l‟incolumità del congiunto, trattandosi, ASSUNTO LUIGI, di persona dalle esperienze più varie, ivi compresa quella del consumo, per non breve periodo, di droghe “pesanti” (anche anfetamine, come dallo stesso poi confermato) e dalla volontà non granitica e di facile influenzabilità in certi ambienti malavitosi. Non senza qualche rischio MORABITO SAVERIO decise di rivelare, con notevole anticipo, la sua scelta di collaborazione al fratello ASSUNTO LUIGI al fine precipuo di indurre costui a soppesare rischi di una vendetta che avrebbe potuto coinvolgerlo a pieno titolo. L‟unico modo, in sostanza, per evitare che il fratello restasse in ambienti la cui pericolosità poteva non esattamente soppesare, anche in riferimento a presunti autentici “amici”, era quello di convincerlo a schierarsi dalla medesima parte, così da entrare in quell‟ambito di protezione istituzionale che ne avrebbe assicurato l‟abbandono dai pericolosi citati ambienti. Non da ultimo, poi, tale scelta avrebbe consentito di alleviare quel lungo periodo di carcerazione (anni 12 circa) che incombeva su ASSUNTO LUIGI per l‟imminenza di un ordine di carcerazione per gravi episodi, sia pure di vecchia data (fatti del 1986). 53 In danno di istituti di credito, gioiellerie ed oreficerie, in particolare. 54 LUIGI MORABITO, infatti, non fu mai inserito nel “gruppo SERGI”. Questo perché - in sintesi, e secondo la spiegazione fornita sia dal LUIGI che dal SAVERIO MORABITO - lo stato di tossicodipendenza in cui versò il LUIGI MORABITO sin dagli inizi degli anni „80 lo rendeva “inaffidabile” e poteva costituire un rischio per un gruppo criminale di spessore ed efficienza sicuramente fuori del comune come quello dei SERGI. Questo, tuttavia, non impedì a LUIGI MORABITO di mantenere rapporti con quel gruppo, sia pure a livello occasionale e sempre grazie al “filtro” del fratello maggiore SAVERIO. 418 MORABITO SAVERIO. E se si considera che quest‟ultimo ha cominciato a collaborare a cavallo tra la fine settembre e i primi dell‟ottobre 1992 e il fratello LUIGI, nel novembre-dicembre di quello stesso anno, era impegnato nell‟ennesima rapina55, appare più che credibile il racconto di MORABITO quando dice che lo voleva tirar fuori da quel mondo balordo. L‟approccio di MORABITO con il cugino ROMEO è poi estremamente cauto, da par suo, anche se sa che il giovane che ha davanti non lo tradirebbe mai: e se non osa dirgli chiaramente che sta collaborando con la giustizia (lo interpella solo per sapere come la penserebbe se questo avvenisse, saggia il terreno), il ragazzo lo intuisce subito egualmente. E la risposta negativa è immediata: se vuole, che lo faccia e che conti pure sul suo silenzio, ma per quanto lo riguarda, lui, ROMEO, non ci pensa neppure a prender quella via. 56 In ogni caso, non vuol sapere nulla di quel che il cugino intende riferire al magistrato (ne tanto meno il MORABITO si sognerà di dirglielo57). Vuole solo esser lasciato in pace58: è pronto a farsi i suoi 10 anni di carcere che gli rimangono per la condanna riportata per i fatti della Raffineria di Rota Imagna,59 per poi mettersi a lavorare e cambiar vita.60 ___________________ 55 Cfr. nota precedente. MORABITO, aff. 811 e 814 e ROMEO, aff.14.148. 57 ROMEO , aff. 14.79. 58 Ci sarà solo un approccio in futuro per la decrittazione di alcuni soprannomi riportati su appunti relativi a clienti per la droga (aff. MORABITO, aff. 815). 59 ROMEO, aff. 14.178. 60 Ecco uno dei tanti passi, forse il più significativo, nel quale ROMEO spiega così alla Corte la condotta tenuta da MORABITO: “””””””I.R.C.- Perché lui aveva deciso di collaborare e voleva prima di tutto proteggermi in qualche modo, perché in quel periodo l‟unico parente che era in prigione del MORABITO ero io. Quindi se sarebbe venuto fuori che lui stava collaborando io avrei corso dei seri rischi e anche perché lui voleva convincermi a collaborare. Per questo lui...... almeno così mi ha detto, che per questo motivo mi ha fatto trasferire a Bergamo intercedendo presso il dottore. P.M. -Ecco, quindi Lei è arrivato a Bergamo, appena ha rivisto il MORABITO ha appreso subito della Sua scelta di collaborazione: ecco, può raccontare come è andata, diciamo come....... così, se ha un ricordo almeno di questa prima fase? I.C.R.- No, lui subito non mi ha parlato chiaramente. Io avevo capito, come mi sembra di aver detto, che c‟era qualcosa che non andava perché ero stato trasferito dalla sezione differenziata senza manette, senza perquisizione. Poi sono arrivato al Carcere di Bergamo dove io conoscevo un Brigadiere mi ha chiesto se ero il cugino di MORABITO e se volevo andare in cella con lui, gli ho detto di sì e mi chiese se avevo dei problemi con il MORABITO, se avevamo avuto delle discussioni: alla mia risposta negativa mi ha detto che dovevo firmare un foglio, una carta dove io mi assumevo tutte le responsabilità per poter passare in cella con il MORABITO. Tutto questo mi ritornava strano. Quindi quando sono andato in cella con il MORABITO ho visto che lui mi faceva dei discorsi, un Po vaghi comunque, su quanto stava succedendo, sulla legge per i collaboratori, mi diceva “......se eventualmente qualcuno 56 419 Con il fratello LUIGI il discorso può esser diverso. MORABITO SAVERIO non impiegato molto a coinvincerlo, tanto che già nel gennaio-febbraio „93 (il suo primo interrogatorio è, infatti, del 22 febbraio 1993) in esito a un colloquio che ha col ______________________________________________________________________ collaborerà e saremo chiamati in causa, tu come di comporterai?. Io pensandola in modo diverso naturalmente ha detto: “niente, mi farò la mia prigione e farò tutto il possibile per smentire questo eventuale collaboratore che mi accuserà, se ci sarà”. Quindi dopo circa un mese, forse prima, c‟era nel carcere di Bergamo un signore che si chiamava MARIO..... non ricordo adesso ilo cognome, non mi viene, uno che avevo conosciuto quando ero stato portato a Bergamo appena arrestato. Il MARIO ebbe a dirmi un giorno a passeggio che c‟erano dei sospetti sul MORABITO SAVERIO in quanto lui aveva saputo da un Brigadiere mi sembra, da un Brigadiere della Casa Circondariale, che SAVERIO MORABITO aveva un incontro con il dottor NOBILI della Procura di Milano e quindi si sospettava che SAVERIO MORABITO volesse collaborare. Anche perché in quel periodo nel carcere di Bergamo stavamo allestendo la Sezione differenziata, cioè era già allestita, quindi stavano attuando i trasferimenti dalle sezioni normali alla sezione differenziata tutti quelli che avevano il reato associativo. Sia io che il MORABITO avevamo il reato associativo però non siamo stati condotti lì in quella sezione, non ci hanno portato nella sezione differenziata e questo è stato anche un motivo per cui le voci sulla possibile collaborazione di MORABITO sono venute fuori da parte di MARIO COMMISSO, ecco adesso ho ricordato il cognome. Quindi....era dopo un mese, ho detto, io sono andato in cella e ho detto a SAVERIO MORABITO “guarda che ho parlato oggi con MARIO COMMISSO e mi ha detto che sospettano di te, che ultimamente non ti vedono più come ieri prima, che hai cambiato in Po il tuo atteggiamento, che sei sempre lì nell‟ufficio del Brigadiere al primo piano” e lui mi ha detto: “ ma non sono le voci, così, perché sono invidiosi perché io mi so muovere qua nel carcere “Parlavamo del più e del meno, così, poi una sera gli ho detto: “ma scusa, perché non mi spieghi il motivo perché noi non siamo andati in quella sezione differenziata visto e considerato che abbiamo il reato associativo, io ero già nella sezione differenziata, e il fatto stesso che tu ti muovi nel carcere e vai dove vuoi, in quale sezione vuoi, spiegami un attimo com‟è la storia in questo carcere?” lui ha capito subito che io avevo in qualche modo pensato che lui eventualmente sta collaborando e ha cercato di aprire il discorso, a un certo punto io gli ho detto: “senti, parliamoci chiaro, è inutile che stiamo qua a tirare troppo la corda. Dimmi quello che stai facendo.” E lui mi ha detto: “guarda, io ho iniziato a collaborare con la Procura di Milano nella persona del dottor NOBILI, ti ho fatto trasferire qua proprio per questo: prima perché non volevo lasciarti lì perché pensavo che potevi correre qualche pericolo e poi per convincerti a collaborare”. Certo, sono rimasto male. Per due o tre giorni sono rimasto freddo con il MORABITO, quasi non ci parlavamo. Poi era una situazione.... non poteva andare troppo avanti, va bene, gli ho detto: “ascolta, guarda, io non collaborerò perché non rientra nel mio ordine di idee questo tipo di discorso. Tu hai fatto questa scelta, vai avanti, se vuoi che rimango qua, rimango, se no fammi trasferire è indifferente. Comunque sia, o rimango qua o vado via, da parte mia nessuno saprà mai che stai collaborando”. Lui mi ha detto: “guarda, non perché tu stai zitto, io ti lascio fuori, non ti chiamerò in causa per i reati che abbiamo commesso insieme solo perché penso che tu un domani deciderai di collaborare. Se tu collabori spontaneamente allora anche il Magistrato la prenderà in un altro modo la collaborazione se invece tu collabori dietro.... cioè dopo che ti è arrivato il mio ordine di carcerazione delle mie dichiarazione la collaborazione è meno credibile....”non lo so, una storia così. Comunque siamo rimasti li un anno e io non ho voluto collaborare.””””(aff, 14.17314.177). 420 fratello, LUIGI ne segue il suggerimento e si affida ai due funzionari di Polizia che quello gli ha indicato e che lo attendono fuori del carcere.61 E‟ poi la volta di MARIO INZAGHI, il fedele compagno di MORABITO, correo di tante imprese delittuose (omicidi, sequestri, droga, ecc.), suo “compagno di avventura per circa vent‟anni”, come lui stesso dice. Anche lui è nei pensieri di MORABITO che però non vuole metterlo davanti alla sua collaborazione come a un “tradimento”, e cioè senza aver prima tentato di convincerlo a scegliere la stessa strada, 62 “...perché quando si è amici per venti anni, si è compagni di avventura, se pure avventure non belle, uno si sente sempre tradito quando si vede trattato in un modo come questo.” E così anche INZAGHI è volutamente avvicinato al MORABITO: arriva al carcere di Bergamo, provenendo da quello di Palmi, il 27 settembre 1993. E‟ l‟occasione per il MORABITO di tentar di far breccia nella testa dell‟amico, “di aprirgli gli occhi,” anche se non ha molte speranze, sapendolo in quel in quel momento ancora molto legato al suo ambiente. Gli interrogatori più importanti di MORABITO sono a quell‟epoca già terminati, ne resta uno brevissimo il 30 settembre e altri cinque di contorno dopo il noto “blitz”, del 14 ottobre „93, quando scatta la prima grossa ondata dei 221 arresti operati sulla scorta della collaborazione sua e del fratello LUIGI. La cautela è d‟obbligo, anche in questo caso, anzi di più perché INZAGHI non è della tempre di ROMEO, non è calabrese, non è uno di Platì, ha appena due anni di carcere da scontare e poi è fuori: Inoltre non ha quella capacità di arrivare subito al nocciolo dei problemi e di risolverli con quella rapidità e determinatezza che ha ROMEO: la formula è comunque la stessa (“....ma tu cosa pensi se dovessimo..perchè non decidiamo di collaborare, perché non facciamo......2)63, insomma prende le mosse la lontano (i SERGI che li avevano abbandonati, i pericoli che avrebbero corso una volta usciti dal carcere..64), ma la risposta è anche in questo caso negativa: gli dà, anzi chiaramente del “matto”. Sta di fatto, però, che INZAGHI mangia la foglia e lo fa sapere subito a ROCCO PAPALIA, tramite la moglie di lui.65 E l‟allarme ________________________ 61 Aff. 816. Anch‟egli poi, come il fratello SAVERIO, ha volontariamente accettato di rimanere in un regime carcerario ordinario tutto il periodo in cui è stato interrogato, pur consapevole dei rischi che ciò comportava. 62 Vedi la conferma di tutto questo anche in ROMEO, aff. 14.192. 63 Vedine la conferma anche in ROMEO, aff. 14.193 e segg. 64 Aff. 823-828. 65 Circostanza non smentita. 421 rientra solo grazie al fatto che MORABITO, allertato da ROMEO che ha percepito la mossa di INZAGHI, dà ad intendere a costui di aver voluto solo fare un battuta, di aver detto una “stupidata” in un momento di stanchezza, di scoramento forse dovuto alla lunga carcerazione.66 Occorrerà però poco a INZAGHI, più tardi, per convincersi a fare quella scelta: la notte freneticamente passata a leggere l‟ordinanza di custodia cautelare 2 ottobre 1993 che MORABITO li lascia tra le mani la mattina del giorno 14 ottobre 199367, quando- come da programma- chiude dietro di sè le porte del carcere di Bergamo per passare in struttura detentiva esterna al circuito penitenziario, gli aprirà definitivamente gli occhi: “Non fare lo stupido, se hai un briciolo di cervello. sai che cosa devi fare, chiama il magistrato...”, potrà finalmente e apertamente dirgli quella mattina, nel salutarlo, MORABITO (v. avanti). Sta di fatto che i tre, MORABITO, ROMEO, e INZAGHI per una quindicina di giorni stanno nello stesso carcere, vicinissimi, i primi due nella stessa cella addirittura, l‟altro nella cella di fronte. Eppure ciò che avviene in quelle due settimane è raccontato dai tre, seppure in tempi diversi, in maniera così ricca di dettagli anche insignificanti, così precisa, che resta inimmaginabile (pur nella sostanziale identità dei contenuti narrativi) una fraudolenta concertazione. Per rendersene conto basta, a titoli di esempio, scorrere le pagine nelle quali MORABITO e INZAGHI raccontano come si svolsero i fatti quella mattina del 14 ottobre „93. I racconti sono così specularmente ricchi di sfumature, di annotazioni, di particolari tutto sommato irrilevanti nell‟economia complessiva del racconto che si raccomandano da soli per genuinità, spontaneità e veridicità: Da diverse prospettive, attraverso le parole dei personaggi così diversi (per profilo psicologico e caratura criminale), emerge in tutta la sua vivezza un quadro che nessuna artificiosa costruzione sarebbe riuscito a rappresentare in modo tanto coerente, con identiche sequenze e a tinti tanto convincenti. Merita davvero riportarli per intero. _______________________ 66 Aff. 823-828. Vedine la conferma in ROMEO, aff. 14.194 e segg. In verità, assieme a quella del 2 ottobre 1993 riceve anche quella del 7 ottobre 1993 emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO LUIGI ASSUNTO, ma è certamente -e intuibilmente-la prima che risolve ogni possibile indecisione. 67 422 Quella mattina, dunque, MORABITO SAVERIO incontrerà per l‟ultima volta l‟amico INZAGHI: è l‟ultima occasione per “saggiare” l‟amico, per lanciargli quel messaggio che sino ad allora non aveva capito e su cui d‟altra parte lo stesso MORABITO non aveva ritenuto di insistere più di tanto, conoscendolo bene e, soprattutto, sapendo i suoi limiti 68. Gli domanda allora il P.M.: “Il giorno- e concluso-il giorno del suo trasferimento, quindi il giorno dell‟esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare mi sembra che disse che ebbe comunque a incrociarsi o a vedersi un attimo con l‟INZAGHI... I.-Sì. P.M.- Se è così che cosa avvenne, cioè a quel punto era scoperta la sua collaborazione, vi siete detti qualche cosa, gli ha lanciato Lei qualche messaggio? I.-Allora tutto avviene al mattino verso le 8.00 Io esco dalla mia cella per andare a fare la doccia, (MORABITO sa che quella mattina avrebbe lasciato il carcere: n.d.r.) rientro, mi preparo, quando sto per uscire.... siccome INZAGHI occupava la cella di fronte alla mia, quando sto per uscire dalla cella, perché avevo pregato alla Guardia di venire ad aprirmi, l‟INZAGHI si affaccia dalla sua porta e mi dice “ma hai sentito il televisore?”. Ho detto “no, non ho sentito niente, perché cosa è successo?” “mah davano la notizia a canale 5 che c‟è stata una grossa retata nel gruppo dei SERGI e dei PAPALIA”.(MORABITO capisce al volo, e prosegue il racconto: n.d.r.) Io avevo intuito di cosa poteva trattarsi e gli rispondo “mah le solite cose, ogni tanto ne TIRANO fuori uno” perché non potevo trattenermi lì con lui perché ero stato già chiamato negli uffici che c‟erano degli agenti della Dia che mi aspettavano, mentre ero giù (cioè negli uffici matricola del carcere: n.d.r.) che stavano espletando le PRATICHE di scarcerazione (MORABITO veniva infatti scarcerato per esser tradotto in detenzione extracarceraria: n.d.r.) altri agenti convocano l‟INZAGHI per la __________________ 68 Cfr. MORABITO:.....” io ho tentato un paio di volte, quando ho visto che lui...mi sono reso conto che lui non ci sentiva, mi sono ritirato e non ho più avanzato nessuna manifestazione: Ho chiuso l‟argomento subito, però ho pregato mio cugino ROMEO ANNUNZIATO di sollecitarlo, dicevo a mio cugino “cerca di capire cosa gli passa per la testa” e mi ricordo che... siccome mio cugino coabitava con me, la stessa cella, quando io rientravo in cella dopo le ore di lavoro, chiedevo a mio cugino “ma il MARIO cosa ti dice, cosa te ne sembra, secondo te è uno che potrebbe collaborare o no?” e mio cugino mi rispondeva “ no, no, guarda assolutamente il MARIO non ne vuole sapere assolutamente nulla “(ud.15.5.95) 423 notifica della custodia cautelare, ecco e in quella circostanza ci siamo incrociati (sono nell‟ufficio matricola: n.d.r.), lui credo abbia capito, però anche se non aveva capito io gliel‟ho detto, gli ho detto “guarda MARIO io ho collaborato, quest‟ordinanza (quella che stavano notificando a INZAGHI: n.d.r.) è arrivata per le mie dichiarazioni, leggitela e vedi cosa vuoi fare, non fare lo stupido, se hai un briciolo di cervello sai cosa deve fare, chiama il Magistrato e vedi “cosa che poi ha fatto”. P.M. -Questo è stato l‟ultimo incontro, quindi, che.... I. -Si , l‟ultimo incontro con INZAGHI.” E‟ un brano che come pochi, nella sua naturalezza, nella indicazione di particolari tanto insignificanti -e proprio perciò tanto più veri- dà la misura della autenticità dell‟episodio, del legame profondo che unisce i due imputati, così diversi tra loro, della sincerità -infine-di chi sta rievocando un momento particolare, forte, del suo passato. E, di riflesso, della sincerità della sua scelta di collaborazione e della narrazione che farà al Giudice del suo passato. E così, pressoché specularmente, lo racconta INZAGHI che sino a quel momento, come abbiamo detto, aveva dato del “pazzo” al MORABITO quando gli aveva prospettato l‟ipotesi di una “collaborazione”69: ______________________ 69 P.M. “Le chiedo di spiegare cosa è avvenuto, se è avvenuto qualche cosa, quando Lei è stato trasferito a Bergamo circa -Lei ha detto -due settimane prima, della notificazione dell‟ordinanza NORD SUD, cioè se c‟è stato da parte del MORABITO nei suoi confronti qualche approccio? I. -Dunque, fino al mio arrivo a Bergamo per me era tutta sconosciuta la sua collaborazione; c‟è stato un episodio, diciamo i primi giorni, che il MORABITO mi ha contattato e mi ha esposto un suo pensiero di voler collaborare, al che io gli ho detto: “ma sei tutto impazzito-dico- non vedo il motivo perché ci sia da coll.... almeno per quanto riguarda me non c‟è nessuna motiviazione, che fra l‟altro io fra due anni sono fuori”. P.M. - Lei doveva scontare altri due anni quindi e basta. I. Si praticamente e poi ero fuori. Dico...insomma si parla del più e del meno, cerco di capire il perché lui voglia collaborare, mi espone un pò i suoi fatti, che secondo lui ci sono dei pericoli o che cosa... P.M. -Può dire, se lo ricorda, quali fatti le espone il MORABITO? I. -Si, dei fatti tipo che era stato decretato la sua e la mia morte, di questo dico “mah, a me mi sembri un pò fuori strada” e cerco di convincerlo a riprendere i suoi passi. P.M. -Quindi, chiedo scusa, lui le dice che è decretata la vostra morte, ma decretata da che.. I.-Si, che infatti c‟è ...dalla famiglia SERGI E PAPALIA. P.M. - E perché sarebbe stata decretata questa morte? I.- Diciamo..... embrionalmente non me lo so neanche spiegare io, perché non è che io abbia chiesto tante volte spiegazioni dei fatti o meno, però a mio parere non vedevo questa diciamo questo pericolo. P.M. -Quindi Lei l‟ha considerato quasi un bluff allora, se non sapeva il perché? 424 ____________________________________ I.-Ecco, poi a quel punto lì ho cercato ... P.M. -Ecco, chiedo scusa, quindi il MORABITO allora le dice che sta già collaborando o le dice “che ne dici tu se collab...”. I.-No, lui mi fa ... lui mi dice “cosa ne pensi se io collaboro?”, “ma dico.... ma tu sei tutto pazzo?!”, sempre considerando che io avevo finito. P.M. -Ho capito, ma questa richiesta “cosa ne pensi se io collaboro?” aveva anche il fine di portare anche Lei a seguire la sua strada o era soltanto una comunicazione di un amico, diciamo, così? I.-Mah. secondo me, vedendo i fatti, diciamo, che poi si sono verificati era un qualche cosa come volermi salvare, però al momento io non l‟ho presa in considerazione: Sta di fatto che al primo colloquio che ho avuto con mia moglie ho fatto avvisare la moglie di ROCCO PAPALIA, dico “c‟è MORABITO che ha dei cedimenti”. Poi il giorno successivo o dopo due giorni il MORABITO riapre ancora questo discorso e mi fa “mah, effettivamente ci hai ragione un pò -fa- non vale la pena che collaboro”, cioè lui ha agito furbescamente perché sapeva quello che aveva combinato. Allora a questo punto qui mando fuori un‟altra ambasciata e gli dico “guarda che è tutto tranquillo”, sempre tramite mia moglie, ci ho telefonato. P.M. -Quindi la prima volta, quando lui le dice “che ne dici se io collaboro?” e quindi lei capisce cosa vuol dire “...se collaboriamo”, Lei manda questa ambasciata .... I.-Si, assolutamente gli ho detto:”tu sei pazzo, non fare neanche questi discorsi”. P.M. -Ecco io le chiedo questo:Lei ha sempre dichiarato nei suoi interrogatori - e poi lo vedremo meglio in seguito, ma anche oggi ha avuto uno spunto - di essere un appartenente, diciamo così, a quello che solo per comodità noi chiamiamo il gruppo SERGI, io le chiedo come mai Lei fra tante persone che poteva avvertire di questo, come Lei l‟ha chiamato, cedimento del MORABITO sceglie ROCCO PAPALIA? I.-Scelgo ROCCO PAPALIA perché per me, diciamo, negli anni precedenti...... perché poi quando adremo avanti nel processo si capirà meglio, io avevo molta più fiducia nella famiglia PAPALIA, in quanto che i SEGI si sono verificati dei buffoni. P.M. -Ecco può spiegare il perché, scusi? Lei è stato arrestato nell‟ 88, diciamo, di quale Gruppo fa parte? I.-Appartenevo al Gruppo SERGI. P.M. -Ecco, allora dall‟ 88 al „93, quando Lei effettua questa scelta, Lei ha avuto un giudizio duro, ha usato la parola “buffoni”, può spiegare in questi anni di carcere che cosa l‟ha fatta.... che cosa è maturato in Lei per arrivare a questo giudizio? I.-Mah, possiamo citare un particolare, tipo la valigia per la quale sono stato arrestato e sono stati trovati i soldi di svariati sequestri, che io affettivamente no sapevo nulla, mentre loro sapevano quello che mi davano per effettuare questo pagamento. P.M. -Cioè quindi quando Lei... I.-Questo è uno dei tanti particolari. P.M. -Quindi Lei, se non capisco male, recrimina che quando ha consegnato quella somma di denaro.... a quanto ammontava circa? I.-Erano 360 milioni. P.M. -Ecco, quando ha versato quella somma c‟erano dei soldi di sequestri... I.-Si P.M. -.... di persona e Lei, se non capisco male, contesta ai suoi ex complici o soci che loro sapevano che c‟erano quei soldi ma Lei no? I.-Appunto P.M. -Quindi Lei la considera questa una grave, se non capisco male.... I.-E‟ una grave mancanza questa, forse peggio di quella che secondo loro io sono ritenuto qua oggi. P.M. -Ho capito E sono accadute altre cose. Lei durante il carcere ha avuto dei contributi, delle sovvenzioni, chiamiamole così, da parte dei SERGI per Lei, per la sua famiglia? 425 _______________________ I.- Assolutamente niente. P.M. -Ecco, ma come mai - io torno alla domanda di prima - come mai sceglie il ROCCO PAPALIA. Cioè Lei dice “io ho avuto più stima per i PAPALIA”. I.-Per il semplice che sebbene io ero con i SERGI, quando ho avuto bisogno diciamo di un aiuto, diciamo, l‟ho avuto dai PAPALIA, sebbene che io ero con i SERGI. P.M. -Quando lei è stato agli arresti domiciliari... I.- Precisamente. P.M. -..... Quei sei mesi circa... I.- Precisamente. P.M. -... ha avuto delle visite, ha avuto degli aiuti? I.- Si, ho avuto delle visite e ho avuto anche un aiuto economico. P.M. -Da parte di chi? I.-Di ANTONIO PAPALIA. P.M. - Di ANTONIO.... I.- Di ANTONIO e ROCCO PAPALIA naturalmente. P.M. -Ho capito. Le ha dato anche del denaro? I.- Si, del denaro P.M. -Può ricordare, se ricorda... I.- Non mi ricordo quanto era la cifra. P.M. -Ho capito. Quindi, diciamo, Lei aveva del rancore in buona sostanza verso il Gruppo SERGI? I.- Beh, insomma, non è che ero contento del suo operato, diciamo del suo comportamento nei miei confronti, considerando anche un particolare, che quando è morta mia madre ho mandato a chiedere da mio figlio al signor PAOLINO SERGI due milioni, ha detto che erano senza una lira. P.M. -Due milioni per che cosa? I.- Per fare il funerale a mia madre. P.M. -E hanno negato questa cifra. I.- E lì è intervenuto ROCCO PAPALIA. P.M. - E‟ intervenuto ROCCO PAPALIA ho capito. Quindi allora, il MORABITO le dice “che ne dici se collaboriamo”, Lei fa avvertire tramite la sua... I.- Mia moglie P.M. -.... sua moglie, la moglie -Lei ha detto - di ROCCO PAPALIA I.- Si P.M. -Poi, dopo, quando il MORABITO le dice “hai ragione tu, è una scemenza”.... I.- Infatti io mi ero convinto, ho detto “mando fuori l‟ambasciata - dico -<<è tutto a posto, si vede che è stato un attimo di cedimento, era da solo e tutto quanto >> pensavo che era un suo cedimento momentaneo. P.M. -Quindi, Lei ha detto, quindi tutto è, almeno a suo modo di vedere, sistemato, diciamo, con questa successiva ambasciata di contro ordine? I.- Si P.M. -Lei ha detto prima che le era completamente sconosciuta questa volontà di collaborare da parte del MORABITO. I.- Si P.M. -Lei però ha dichiarato nel suo interrogatorio che almeno un anno prima, un anno addietro, era circolata qualche voce sul conto del MORABITO. I.- Si P.M. -Se lo ricorda, può dire quale voce era circolata? I.- E‟ successo nel carcere di Locri che mi aveva chiamato ROCCO PAPALIA e mi aveva... P.M. -Voi eravate detenuti insieme a Locri? I.- Come? P.M. -Lei era detenuto con ROCCO PAPALIA a Locri? 426 Prosegue la domanda, a questo punto il P.M.: “Senta, ecco allora torniamo un attimo al momento centrale di questa scelta di collaborazione per opportunismo, come Lei l‟ha definita. Quindi il MORABITO le dice “non se ne fa più nulla”. Poi però pochi giorni dopo, visto che Lei è detenuto da 15 giorni circa e sappiamo che nell‟ottobre del „93 viene notificata quell‟ordinanza, che cosa accade quando viene notificata quell‟ordinanza? Se c‟è statop - io le chiedo, glielo chiedo perché Lei ne ho parlato - un incontro terminale, finale, ultimo diciamo con MORABITO e se questo c‟è stato cosa è accaduto? I.- Niente, succede che al mattino alle 8.00 sto sentendo Canale 5 e sento “ una grossa operazione NORD SUD, oltre 200 arresti tra la Calabria e Milano”. La prima cosa che mi viene in testa, dico “qua c‟è qualche altro mandato di cattura”, visto e considerato che ero sommerso di mandati di cattura da Reggio Calabria, dico “qua ce n‟è qualcun altro ancora”. Al che cerco di chiamare SAVERIO MORABITO, che era di cella di fronte a me, e non c‟era. Mi dice un lavorante che era a fare la doccia. Nel frattempo viene fuori, perché non avevano fatto i nominativi per televisione, lo vedo passare dalla doccia e gli chiedo “ma hai sentito l‟operazione?” fa “No. -Fa- Ma cosa è successo” e dico “oltre 200 arresti”. Fa “sicuramente qua ci sarà qualche altro mandato di cattura. Eh! “mi ha dato un‟esclamazione così, se n‟è andato e poi non l‟ho più visto. Verso le 10.30 mi chiamano, la matricola. Come mi chiama la matricola già immagino che ci ho qualche cosa di strano. Di fatti mi portano in matricola, dopo 10 minuti, un quarto d‟ora viene fuori il Maresciallo PROIETTI mi fa “ Lei ha qualche cosa con MORABITO” dico “No”. Al che entro e mi trovo MORABITO tutto ____________________________ I.- Si. .... e mi aveva detto: “guarda che forse c‟è MORABITO che sta collaborando” e ho detto: “gurda, mi sembra impossibile che stia collaborando, perché se MORABITO stesse collaborando a quest‟ora saremmo pieni di mandati di cattura” al che ROCCO mi fa “forse tu ma non io”, “va beh - dico - comunque - dico - non va bene per tutti, si saprebbe già qualche cosa” e poi è sfumata via la cosa. P.M. - Quindi era stata una voce? I.- Si una voce. P.M. -Ma lei sa se era stato preso qualche accorgimento, qualche cautela o soltanto se n‟era parlato e basta? I.- Se n‟era parlato e basta in quel frangente lì. Poi in altro frangente, che non mi ricordo o un anno prima o due anni prima, era arrivata fuori un‟ambasciata qui dal carcere di Bergamo, che mi è stato detto, che non mi ricordo nemmeno chi me l‟ha detto, che DOMENICO PAPALIA aveva detto che aveva dei cedimenti il MORABITO, che poi erano già rientrati questi cedimenti, sempre voci. P.M. - Ho capito. Quindi c‟erano state delle voci. Senta, ecco, allora torniamo ....” (ud. 28 novembre 1995). 427 vestito di tutto punto di fianco a due persone della DIA, penso che erano, e mi fa “non fare lo scemo fa- cerca di dire tutto quanto, perché io è un anno che sto collaborando”. Ho detto:”ma tu sei pazzo!” ho cercato di tergiversare dandogli del pazzo, mi fa “aspetta un momentino, adesso ti consegnano l‟ordinanza e vedrai”. Nel momento in cui mi consegnano l‟ordinanza, come vedo quel malloppo, l‟ho scartabbellato un pò, già dentro di me ho detto: “qua è finita”. Poi nella nottata l‟ho letto, ho cercato di tirare una soluzione che era da fare era quella di tirare una soluzione, ma l‟unica soluzione che era da fare era quella di tirare i remi in barca ed è quello che ho fatto, diciamo il mattino alle 8.30, ho chiamato il dottor NOBILI tramite il Maresciallo PROIETTI.” A questo punto il P.M. riprende l‟esame, per un approfondimento: “P.M. -Ecco, torniamo un attimo indietro. Quindi l‟ufficio matricola la chiamano, quindi praticamente è il giorno della notificazione che le fanno, delle .... perché mi sembra che Lei ne abbia ricevute due di ordinanze (quella del 2 ottobre 1993, emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO SAVERIO, e quella 7 ottobre 1993, emessa sulla scorta delle dichiarazioni di MORABITO ASSUNTO LUIGI: n.d.r.) di custodia cautelare. I.- Si P.M. - Lei ha parlato di quella grossa, forse era quella che .... I.- Si, di quella grossa che sarebbe la più pesante. (quella del 2 ottobre 1993) P.M. - ..... più preoccupante. Ecco, alla matricola Lei scende e lì c‟è il MORABITO che le dice .... vestito di tutto punto ... I.- Si. P.M. - ..... aveva anche delle borse, aveva una valigia, anche qualche cosa? I.- Non ho notato. P.M. - C‟erano però questi uomini, dice .... I.-Si P.M.- Da quella volta Lei l‟ha più visto? I.- No. Anche qui, un racconto di una forza persuasiva -per se stesso- che non necessita di commento, di una genuinità e trasparenza, di una drammaticità, anche, che non consentono, neppure per un attimo, di pensare che sia stato ispirato o dettato per fini diversi da quelli di raccontare la pura verità. 428 Sono parole con una forte carica suggestiva e ad alto tasso di credibilità quelle di MORABITO e di INZAGHI che, congiuntamente a quanto sappiamo di ROMEO, danno un esempio, una indicazione: di come debba esser sgombrato il campo da eventuali sospetti e gratuite illazioni su ciò che può esser avvenuto nel periodo in cui i tre, MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO e ROMEO ANNUNZIATINO si sono trovati a contatto di gomito in quel carcere di Bergamo. Della lealtà della loro condotta, tutti e tre daranno distinta e separata e ripetuta testimonianza e riscontro. Ma intanto, per quanto in particolare concerne MORABITO e INZAGHI si può sin d‟ora anticipare (e lo si constaterà più avanti, allorchè si passeranno in rassegna i singoli episodi delittuosi) che non vi è un solo episodio, una sola circostanza raccontata dall‟uno che l‟altro non rievochi secondo la sua personale esperienza e memoria. Certo, INZAGHI quando viene ascoltato dal P.M. sa quello che ha detto MORABITO, ha potuto leggere anche attentamente le pagine di quell‟ordinanza di custodia cautelare che raccoglie le sue parole, sono dunque più che corrette e ingiustificate le sollecitazioni dei difensori degli imputati ad esaminare attentamente, scrupolosamente ciò che dicono i due “collaboratori, ad evitare il sospetto che l‟uno si sia appiattito (ma si dovrà poi spiegare anche il perchè) sulle dichiarazioni dell‟altro. Ma non potrà neppure sfuggire che, nel corso della sua deposizione al P.M.70 è INZAGHI ad anticipare l‟interrogante avvertendolo che, ad esempio, l‟episodio su cui l‟interpella non lo conosce se non per averlo appreso dalla lettura di quell‟ordinanza, oppure che ciò che ha riferito il MORABITO non è esattamente come lui lo ricordava, ovvero ancora, che MORABITO si sbaglia, confonde, ricorda malamente ecc. ed è invece lui, INZAGHI, a ricordare come esattamente sono andate le cose, si sono svolti quei fatti. MARIO INZAGHI - s‟è detto - avvia la sua “collaborazione” il 15 ottobre 1993. Si rende conto, dalla lettura dell‟ordinanza di __________________ 70 Gli interrogatori di INZAGHI non sono stati registrati e poi trascritti, come quelli di MORABITO, ma sono stati direttamente redatti in forma riassuntiva in considerazione - spiegherà il P.M. - della necessità di procedere rapidamente nelle indagini e nel contempo di inoltrare al T.D.L., tempestivamente investito dai ricorsi degli imputati arrestati, gli ulteriori elementi di riscontro alle dichiarazioni di MORABITO, forniti dalle dichiarazioni di INZAGHI. 429 custodia cautelare 2 ottobre 1993, che MORABITO ha detto tutto e lo ha coinvolto a pieno titolo. Capisce che non c‟è altro da fare (“...qua è finita..”), che non ha altra scelta che non gli resta altro che seguire, ancora una volta, l‟amico di sempre (“..l‟unica soluzione che era da fare era quella di tirare i remi in barca, ed è quello che ho fatto.”) Certo, si può immaginare, non a cuor leggero, ma non poteva separarsi da lui, così come non l‟aveva fatto in libertà, anche nelle imprese più spietate: come l‟assassinio di SALVATORE TROMBADORE, perchè aveva dato uno schiaffo al fratello LUIGI; come quello dell‟avv.to PIETRO LABATE, senza sapere neanche il perchè; di PIETRO CAVALLARO e GUGLIELMO CAMPODIPIETRA, per coronare una truffa e accrescere a spese dei turchi il loro bottino di droga, e tanti altri ancora; come nei sequestri di ANGELO GALLI e GIUSEPPE SCALARI, della povera EVELINA CATTANEO, di quel “sepolto vivo” di ANGELO JACOROSSI, di ALESSANDRO VISMARA... Ma è stato detto: se ha scelto quella strada, come mai allora non fa subito il nome di ROMEO ANNUNZIATINO e lo tace, proprio come aveva fatto lo stesso MORABITO?71 E‟ vero questo: INZAGHI (come del resto MORABITO) non parla di lui sino a quando, nel febbraio del „95, non viene a sapere che anche ROMEO ha scelto la via della collaborazione. Spiegherà poi che aveva taciuto quel nome perchè, accortosi subito che neppure MORABITO SAVERIO l‟aveva nominato - parlando del gruppo SERGI, del quale a pieno titolo ROMEO faceva parte -, s‟era fatto l‟idea che, mancandogliene il coraggio (forse per i sentimenti che a quello lo legavano o perchè non fosse stato a ciò autorizzato), MORABITO avesse volutamente lasciato a lui, INZAGHI, lo sgradito compito di “tradirlo”. E invece, per ripicca, lui non aveva voluto stare a quel gioco. Una spiegazione tutto sommato accettabile, perchè come MORABITO aveva apertamente confessato di aver suggerito al fratello LUIGI di non fare il nome di ROMEO72, non si vede perchè altrettanto non avrebbe potuto fare con INZAGHI, quando lo aveva incrociato quella mattina del 14 ottobre „93 nell‟ufficio matricola del carcere di Bergamo. E, invece, non è stato così: la versione _________________71 MORABITO dirà che non aveva fatto quel nome perchè sperava che il cugino maturasse la volontà di collaborare e seguisse il suo esempio, e poi anche perchè verso di lui aveva quel “senso di colpa” di cui s‟è detto (aff. 812-814). 72 Circostanza che MORABITO LUIGI confermerà nel suo esame, confermando anche le ragioni adottate dal fratello, così come sopra riportate. 430 INZAGHI viene in tal modo ad essere un segno ulteriore di lealtà processuale dei due collaboratori. E l‟esame che la Corte porterà sui singoli episodi delittuosi non farà che confermare questa valutazione. Con una lettura attenta dei racconti da loro fatti, degli stessi loro modi di dire.73 Riprendendo il discorso, il giorno 15 ottobre 1993 - immediatamente successivo a quello del c.d. “blitz”, alla prima ondata di arresti - vede i tre collaboratori, MORABITO SAVERIO, INZAGHI MARIO e ROMEO ANNUNZIATINO in questa situazione: MORABITO, il giorno prima, ad evitare sino all‟ultimo il sorgere di sospetti sulla sua collaborazione, è stato trasferito da Bergamo in detenzione extracarceraria (ove rimarrà per 6/7 mesi, per poi passare agli arresti domiciliari)74; INZAGHI, avvia la sua collaborazione e non si vedrà più con MORABITO SAVERIO, perchè sta dove s‟è appena detto, mentre lui resta ancora in carcere per diverso tempo, dopo di che passerà anch‟egli agli arresti domiciliari e quindi alla libertà; _____________ 73 Perchè potrebbero talvolta trarre in inganno. Si prenda, solo per fare degli esempi, l‟interrogatorio dell‟11 novembre 1992, avanti al P.M. Si sta parlando del sequestro JACOROSSI e MORABITO non ricorda chi sia stato il telefonista. Dovrebbe esser PERROTTA, dice, ma non è sicuro, lo dice onestamente, ha in quel momento un vuoto di memoria. Fa quel nome, insomma, per logica deduzione da altre circostanze che invece ricorda benissimo. E conclude: “..adesso credo che sia lui... Ma credo che INZAGHI sarà più preciso.” (pag. 162). Ma INZAGHI a quella data - se si presta fede a MORABITO non si è ancora “pentito” e dunque non si può contare su nessuna sua “precisazione”! Dunque, potrebbe pensare qualcuno, MORABITO mente, anzi tutte e due mentono: questa è la spia della loro fraudolenta e concertata costruzione accusatoria. Ma la verità è che quello è un modo di esprimersi di MORABITO. La conferma la si ha scorrendo il suo racconto sul sequestro SCALARI del 6 novembre 1992, sempre avanti al P.M. Si parlava di AMANTE PIETRO: MORABITO è incerto sul suo coinvolgimento. Anche qui manifesta e spiega, con tutta lealtà, il perchè dei suoi ricordi imprecisi, e conclude “..su questo particolare potrà essere più preciso FRANCESCO MOLLUSO (che è certamente coinvolto in quella vicenda: n.d.r.) se si deciderà a dare il suo contributo.” (pag. 36). Come si vede: stessa dizione, con l‟aggiunta di quella precisazione rimasta invece, prima, nella testa di MORABITO. Ma MOLLUSO - si sa - a collaborare non ha neppure pensato. Non solo, perchè anche INZAGHI ha usato un intercalare assai simile. Nell‟interrogatorio avanti al P.M. del 23 ottobre 1993, a proposito dell‟omicidio D‟AGOSTINO dirà: “Confermo integralmente le mie dichiarazioni e voglio precisare che anche MOLLUSO FRANCESCO potrà confermare le indicazioni che ho fornito circa la decisione di eliminare il D‟AGOSTINO ANTONIO.” (pag. 43). 74 Nell‟aprile 1994 otterrà la libertà. Non percepisce alcun contributo dallo Stato, vive con proventi di lecita provenienza (aff. 3677/80, 3745/46). 431 ROMEO, pochi giorni prima del “blitz” è stato trasferito, per sicurezza, dal carcere di Bergamo a quello di Vigevano75: collaborava con l‟A.G. senza dir nulla ai compagni di un tempo, equivale a un vero e proprio “tradimento” che si paga con la vita. A Vigevano ROMEO resterà sino al febbraio 1995 (quando accadrà un fatto molto importante che indurrà anche lui a collaborare). Incontrerà il cugino, a colloquio, un paio di volte: aveva cercato di convincerlo a quella scelta, ma inutilmente. Si era limitato solo a “decrittare” alcuni soprannomi di comuni clienti di droga che figuravano sull‟agenda sequestrata ad ANTONIO FERRARO (v. infra)76. Dal maggio 1994 - epoca dell‟ultimo colloquio col cugino - non lo rivedrà più. Ne tanto meno avrà occasione di leggere quello che lui ha riferito all‟A.G.77 Su un fronte assolutamente diverso, nel carcere di Opera, troviamo MICHELE AMANDINI. La figura di AMANDINI ha un certo suo fascino, una certa sua raffinatezza che d‟altra parte si coglie nei suoi stessi modi di porre le cose, di presentarsi, di esprimersi: è uomo di mondo e nella vita malavitosa (e non) che ha condotto i ruoli e i contatti hanno probabilmente sempre risentito di queste sue caratteristiche personali. E‟ nato in Etiopia, da principessa etiope (così lui dice) e da padre italiano. E‟ quindi transitato in Somalia per poi, all‟età di 5 anni giungere in Italia per esser affidato ai parenti (nonni e zii) coi quali ha vissuto, in San Cesario di Lecce, sono all‟età di 15 anni, frequentando la scuola sino a conseguire il diploma della “Terza avviamento”. Poi è emigrato in Svizzera dove ha fatto un po‟ di tutto. A 20 anni è andato a raggiungere suo padre in Rodesia, dove si era trasferito e risposato. Rientrato in Italia, l‟ha girata in lungo e in largo, con vari lavori (anche come rappresentante in una industria di bottoni) e poi ha prestato servizio militare (caporalmaggiore). A Milano è arrivato nei primi anni „70 andando a lavorare in varie importanti industrie dolciarie come piazzista. Poi, piano piano, ha cominciato a frequentare locali notturni e discoteche, avendosi così ________________ 75 76 77 ROMEO, aff. 14.180. MORABITO, aff. 815 e ROMEO, aff. 14.195, 15.184. ROMEO, aff. 14.208, 15.288 432 modo di conoscere i vari FEDERICO CORNIGLIA (grande esperto in truffe e falsificazioni di documenti, dirà) e i FRANCESCO TURATELLO, i MARIO D‟AGNOLO, LUCIO BOSSI, ecc. (dirà: i “big della malavita”) subendo il fascino quei personaggi e dell‟ambiente nel quale finirà presto per entrare. Ricorda, tra l‟altro, che fu TURATELLO - che a quel tempo si occupava prevalentemente di bische e sequestri estorsivi (v. il seq. NASSISI) - a proporgli di partecipare col CORNIGLIA al rapimento (poi non attuato) della figlia di BURT LANCASTER e alla gestione delle sue bische. I rapporti coi due poi si raffreddarono quando fu tenuto fuori da una operazione di falsificazione di titoli pubblici messa in atto dal CORNIGLIA. Una vita avventurosa, insomma, che tutto sommato gli è costata forse meno di quanto meritava: ha infatti dei precedenti nel „75 per sola detenzione di armi, se l‟è cavata furbamente nel „78 dall‟accusa di partecipazione ai sequestri GALLI e SCALARI (v. infra) riportando ivi condanna esclusivamente per il reato associativo, chiudendo i suoi conti con la giustizia nell‟88 con una condanna a due anni di reclusione per droga e falso nummario.78 Poi è intervenuto nell‟ottobre 1993 l‟arresto per i fatti di cui è processo. Ora, AMANDINI MICHELE, da quando è stato arrestato in quell‟ottobre 1993 e ristretto nel carcere di Opera, non ha mai avuto alcun contatto con i tre personaggi di cui si sta parlando: MORABITO, INZAGHI e ROMEO.79 Da Opera sarà trasferito al carcere di Vercelli (in apposita sezione) solo quando anch‟egli sceglierà la via della collaborazione. Una scelta che ha una storia molto semplice e processualmente anche molto eloquente. Ci dice, infatti lo stesso AMANDINI di non essersi dato particolare pensiero quando gli era stata notificata l‟ordinanza di custodia cautelare 2 ottobre 1993 con il racconto delle vicende delittuose in cui MORABITO lo coinvolgeva. Anche se l‟impresa si presentava non da poco (si era “reso conto che le accuse erano abbastanza pesanti”), aveva tuttavia deciso di fronteggiare processualmente l‟amico (“..cercherò di lottare...bene o male avevo deciso di combatterlo”), contando evidentemente di farla franca come altre volte.80 _____________ 78 Aff. 6274-6296. I tre si incontreranno solo, durante questo dibattimento, nell‟aula Bunker romana in occasione del processo di revisione per l‟omicidio D‟AGOSTINO in corso di celebrazione avanti la Corte di Appello di quella città. 80 Come quando, ad esempio, in un lontano passato, era stato chiamato a rispondere dei sequestri GALLI e SCALARI e si era guadagnato il proscioglimento (con formula dubitativa) “giocando” il perito fonico. Compito suo, anche in quei sequestri, per le sue 79 433 Ma il mondo gli era crollato addosso quando aveva ricevuto l‟ordinanza di custodia cautelare 8 novembre 1993, con le accuse di INZAGHI. A quel punto, ogni ipotesi di resistenza processuale non poteva che apparirgli improponibile: i due compagni di ventura coi quali, dalla sua scarcerazione del marzo-aprile 1978 aveva cementato un legame fortissimo, che per due-tre anni lo aveva portato a consumare con loro delitti gravissimi di varia natura, e che sapevano tutto di lui lo avevano ormai inchiodato con le congiunte e uniformi confessioni. E, allora, da persona furba e certamente capace di cogliere l‟opportunità del momento quale è, AMANDINI capisce immediatamente che non ha altra strada che unirsi a loro e, come loro, collaborare con l‟A.G.: cosa che fa dal suo primo interrogatorio del 16 novembre 1993 da lui stesso sollecitato (“..mi sono reso conto che non c‟era difesa, non c‟era modo di alcuna difesa..”)81 La sua “collaborazione” è dunque di estremo rilievo processuale, perchè interviene in tempi e modi - e con una conclusione82 - che lo allontanano decisamente da ogni ipotesi di previa collusione con quegli importanti chiamanti in correità quali i MORABITO, gli INZAGHI (e lo stesso ROMEO ANNUNZIATINO), a buon diritto considerati la struttura portante dell‟impalcatura accusatoria del presente processo. Certamente, anche nel suo caso, la Corte non si sottrarrà alla doverosa attenzione di discernere se, e eventualmente in che misura, il racconto confessorio-accusatorio di AMANDINI possa esser stato influenzato dalla lettura delle versioni rese dai suoi accusatori, ma è altrettanto certo che egli si presenta in partenza alla Corte, per le ragioni indicate, con un attestato di forte e generale affidabilità soggettiva. Di ROMEO ANNUNZIATINO si è già detto molto. Ma una cosa va ancora detta: forse la più significativa per il tema in esame. ____________________________________ spiccate qualità intellettuali (di astuzia, dialettiche, ecc.) era stato, infatti, quello del telefonista nelle trattative del riscatto. Alterando la voce sino a mordersi e ferirsi la lingua era riuscito allora anche ad ingannare l‟esperto del giudice (v. infra). 81 Aff. 6299-6304). 82 In rito abbreviato l‟AMANDINI riporterà una condanna a 10 anni di reclusione (crf. sentenza prodotta dal P.M. all‟udienza del 28.3.95, acquisita con ordinanza 13 aprile 1995). 434 ROMEO ANNUNZIATINO era destinato a sostenere la tesi difensiva di DOMENICO PAPALIA, tanto da esser inserito nella sua lista testi del 16 febbraio 1995 (pag. 2) il cui deposito tardivo (in pari data) ne ha tuttavia impedito l‟ammissione.83 In particolare, ROMEO avrebbe dovuto dire, con riferimento al periodo della comune carcerazione a Bergamo: * di aver sentito il cugino SAVERIO MORABITO manifestare a DOMENICO PAPALIA il timore di esser ucciso dal fratello di lui ANTONIO; * che lui - ROMEO - temeva d‟esser destinatario di un “mandato di cattura” originato da una chiamata di correità dello stesso MORABITO; * che, peraltro, MORABITO aveva confidato a ROMEO di non aver mai commesso alcun reato con DOMENICO PAPALIA. Come si vede, c‟erano tutti gli ingredienti per sostenere un determinato (falso) movente per le accuse mosse dal “collaboratore” a PAPALIA ANTONIO (la vendetta e la prevenzione per l‟azione omicidiaria paventata) e, quel che più contava, per sostenere la patente falsità della sua chiamata in correità in danno di DOMENICO PAPALIA. In questa stessa ottica, era stato citato anche il detenuto ROCCO MARIO COMMISSO, proprio uno di quei quattro detenuti che MORABITO aveva chiesto e ottenuto di far trasferire da Bergamo prima di dar corso alla sua collaborazione perchè “compare” di DOMENICO (calabrese come lui, allocato nella sua stessa sezione, ostile ai “collaboratori”, con molte possibilità di movimento nel carcere - e quindi di diffusione di notizie da tenere il più possibile nascoste - per le sue mansioni di barbiere84). Ma DOMENICO PAPALIA non aveva fatto bene i suoi conti, non aveva ben valutato, proprio lui che di quella cultura di „ndrangheta è (e lo si toccherà con mano trattando l‟omicidio dell‟avv.to LABATE) una delle migliori espressioni, non ha ben soppesato il forte legame che univa ROMEO a MORABITO: e ha commesso un errore da ricadute probatorio per lui (e non solo per lui) negative imponenti. _________________ 83 Cfr. citata ordinanza 13 aprile 1995, pag. 36. 84 Aff. 808-809. 435 Era successo questo, che quando, come già si sa, ROMEO si trova a Vigevano perchè lì trasferito da Bergamo per la sua sicurezza (stava scattando l‟operazione di P.G. maturata con le dichiarazioni del cugino) riceve intorno ai mesi di settembre-novembre 1994 una serie di “messaggi” - lui li chiama “ambasciate”, termine tipico di quella cultura: in altre parole, sollecitazioni che sono ordini di “batteria” - che certo non gli fanno piacere, ma non lo disturbano più di tanto. Ci sono, insomma, dei personaggi che gli chiedono di venire a deporre in questo processo contro il cugino SAVERIO MORABITO. Lui non sapeva che cosa avrebbe dovuto “inventare”. Ma il motivo glielo inventano e glielo fanno sapere loro stessi: * BARBARO DOMENICO (U PILLARI): che v‟era stato un “contrasto” (con SAVERIO stesso o suo fratello) per una questione di donne; * GRILLO MICHELE: che aveva avuto un “diverbio”, quando si trovavano nel carcere di Reggio Calabria, per via di certe foto relative a un sequestro di persona;85 * SERGI SAVERIO (detto “SAVERINO”, il gemello), non aveva più specificato - a richiesta di ROMEO - il motivo da addurre, e anzi lo aveva poi dispensato dall‟intervenire; * CARBONE PASQUALE (attraverso CIAMPA ANTONIO): che lui, ROMEO, s‟era sbagliato quando a Bergamo, a SAVERIO che gli chiedeva in quali persone si identificasse il nominativo “i marocchini” che figurava in un appunto concernente i clienti di droga, aveva risposto che si trattava dei fratelli ROCCO e PASQUALE CARBONE. In definitiva, c‟era sempre - come volevano i richiedenti - una ragione di malanimo che avrebbe dovuto rendere ragione delle accuse contro di loro rivolte da MORABITO SAVERIO. E non si era particolarmente scomposto ROMEO: è vero che eran tutte “stupidate” e che nessuno vi avrebbe creduto ma lui sarebbe andato egualmente a “testimoniare” e, per non perdere la faccia, si sarebbe avvalso della facoltà di non deporre. E tutto sarebbe finito lì. _______________________ 83 Si vedrà più avanti cosa c‟è di vero di questa vicenda di foto e di sequestro. 436 Una cosa, piuttosto, lo preoccupava: che quella “ strategia (andasse) a inquadrarsi in un disegno molto più ampio..”. E non aveva torto, perché poco tempo dopo, nel gennaio-febbraio 1995, a ridosso quindi dell‟inizio di questo dibattimento, il fratello BRUNO ( anche lui detenuto all‟epoca a Vigevano) gli porta l‟inquietante messaggio di ROCCO TRIMBOLI (pure esso ivi detenuto in sezione differenziata, ma che aveva avuto la possibilità di incontrarlo86). Costui, uomo vicino ai PAPALIA,87 aveva fatto sapere che DOMENICO PAPALIA “ contava su di (lui, ROMEO) al processo, nel senso che voleva che (lui andasse) al processo a dichiarare che (suo) cugino aveva detto cose false.” Richiesta assai preoccupante, questa volta, “.. perché DOMENICO PAPALIA non è una persona di poco conto..”, non avrebbe certamente potuto dirgli di no.88 E non avrebbe neppure potuto scegliere la strada immaginata per gli altri: perché il silenzio al dibattimento agli occhi di DOMENICO PAPALIA sarebbe equivalso a un vero e proprio rifiuto di soccorso a un “capo”, a un personaggio, a un “mito” della „ndrangheta.89 DOMENICO PAPALIA chiedeva, all‟evidenza, un comportamento attivo, non meramente passivo come sarebbe stato il silenzio. E l‟inquietudine di ROMEO era aumentata quando, fatto sapere a PAPALIA che cosa avrebbe dovuto dire “contro SAVERIO”, non aveva ricevuto risposta. Nel “ linguaggio” mafioso questa condotta non aveva bisogno di spiegazioni e di commenti. A quel punto ROMEO - che sino ad allora era rimasto fermo, irremovibile nella sua decisione di non collaborare-90 capisce che “non aveva più scelta”, che “non era più semplice come prima la storia”. Doveva decidersi: “ o sto con DOMENICO PAPALIA, cioè (andava) a testimoniare contro SAVERIO, o (stava) con SAVERIO.” E ______________ 86 Quale riscontro, sulla contemporanea detenzione in quello stesso carcere di Vigevano, oltre che dei due ROMEO, BRUNO e ANNUNZIATINO, anche di TRIMBOLI ROCCO, cfr. produzione (paragrafo n.1) del P.M. all‟udienza 25.6.96 (aff.18911), acquisita con ordinanza 18.7.96 (pag.2, lett.c.1/a). 87 Come si sa anche da ZAGARI ANTONIO. 88 Senza contare che non dire di “no” a lui, significava che la stessa cosa avrebbe dovuto fare per i SERGI, non avrebbe potuto usare due pesi e due misure. Insomma: era spacciato, era “fatto”, come lui stesso dice. Appena fuori dal carcere l‟avrebbero ucciso (aff.14.158 e segg.). 89 Si sprecano le “fonti” che hanno così delineato in dibattimento la figura di DOMENICO PAPALIA: da PIRRONE a FOSCHINI, da LAURO GIACOMO a FILIPPO BARRECA, ecc. 90 ROMEO aff. 14.191. E non aveva sino all‟ultimo ceduto alle sollecitazioni dello stesso MORABITO che era andato a trovarlo a Vigevano, prospettandogli anche il rischio di essere ucciso dai SERGI, una volta uscito di prigione (aff. 14.196/14.201). 437 stare con SAVERIO “(significava) collaborare ... Quindi, siccome io a SAVERIO l‟ho sempre rispettato, è sempre stato una persona corretta, mi ha sempre aiutato, è mio cugino, ho deciso di collaborare e di dire quello che ho detto.”91 Il “piccolo” ROMEO ANNUNZIATINO, volta le spalle al “ grande”DOMENICO PAPALIA e sceglie così, con estremo coraggio e con grande dignità, la strada della verità e della lealtà in omaggio anche a ciò che di buono e di sano vi è nella comune “cultura”: l‟amicizia, il vincolo di parentela e di affetto, il rispetto dell‟uomo e dei suoi autentici valori.92 _________________________ 91 La sua collaborazione darà l‟avvio - a misurata riprova della sua affidabilità-anche ad altre iniziative giudiziarie nei confronti anche di taluni imputati di questo processo (v. i SERGI): cfr. atti acquisiti con ordinanza 30 giugno 1995. 92 Vale la pena di riportare alcuni passi della lunga deposizione di ROMEO sul punto: “”I.R.C. - Perché, vede, a quel punto lì io devo scegliere o sto con DOMENICO PAPALIA, cioè vengo a testimoniare contro SAVERIO o sto con SAVERIO. Stare con SAVERIO significa collaborare, ciò non è che c‟era un‟altra possibilità. “Stare”nel senso non che vado a stare con lui. Scelgo, sono a un bivio praticamente io lì, non ho più scelta, non ho più tempo assolutamente. Da quel momento lì devo decidere o una strada o l‟altra. Quindi siccome io a SAVERIO l‟ho sempre rispettato, è sempre stata una persona corretta, mi ha sempre aiutato, è mio cugino, ho deciso di collaborare e di dire quello che ho detto.... ........omissis.......... I.R.C. - Perché, vede, DOMENICO PAPALIA è una persona molto furba, capirebbe subito se io vengo qua.... cioè se io vengo qua e dico “ mi avvalgo della facoltà di non rispondere” avrei fatto il gioco dell‟oca, voglio dire; non sarei andato a favore di DOMENICO PAPALIA. Avrei detto: “non intendo rispondere” quindi gli dicevo “sì” però non era vero e con DOMENICO PAPALIA non si può fare questo tipo di ragionamento: se “sì”, e se “no” deve essere “no”. Quindi io sapevo di dover dire di sì e se era “sì” dovevo venire qui a testimoniare contro SAVERIO. Se dicevo “no” collaboravo, come ho collaborato. P.M. - Quindi la strategia del silenzio non sarebbe stata più sufficiente? I.R.C. - Assolutamente no. .........(omissis)................. P.M. - Cosa avrebbe potuto fare Lei per aiutare DOMENICO PAPALIA? Cioè Lei dice “andare contro SAVERIO MORABITO per aiutare PAPALIA”, cosa avrebbe potuto fare in concreto? I.R.C. - Guardi, io le ho pensate tutte, alla fine sono arrivato a un risultato: più che venire qua e dire che quando eravamo nella stessa cella nel „92, quando SAVERIO collaborava... più di dire che SAVERIO mi aveva riferito che quello che diceva in riferimento a DOMENICO PAPALIA o qualcuno del Suo Gruppo fosse stato del falso... cioè ha capito cosa intendo? P. - Sì, sì, ho capito benissimo. I.R.C. - Più di questo non potevo dire, perché, ripeto, del Gruppo PAPALIA conosco quasi niente. So solo quello che abbiamo visto nell‟ambiente, tranne qualche contatto diretto che ho avuto con qualcuno dei suoi uomini. P.M. - Ho capito. I.R.C. - Altrimenti ... non riesco, non sono riuscito... P. - Quindi, cioè Lei dice “ per favorire i PAPALIA l‟unica strada che poteva apparire soddisfacente per loro era di dire << mio cugino ha detto tutte bugie>>“. 438 Ecco quindi che a questo punto ROMEO, che ha tenuto segreta la collaborazione del cugino per quasi un anno e mezzo senza dir nulla a nessuno, 93 scrive subito - è il 7 febbraio 1995 94 - alla sorella CATERINA dicendole di mettersi in contatto telefonico con l‟Ispettore GALLO e il dott. MAZZA della D.I.A. di Milano95 per avvertirli della sua intenzione di collaborare. E così è : nel giro di una settimana i due funzionari lo raggiungono a Vigevano e ne hanno conferma. In quel momento i PAPALIA ( e così gli altri imputati) sono all‟oscuro di tutto e perciò il giorno 16 febbraio 1995 depositeranno la loro lista testi nella Cancelleria della Corte facendo totale affidamento sulla “testimonianza” di ROMEO ANNUNZIATINO per il ______________________________________________________________________ I.R.C. - Certo. P.M. - Ma questo in virtù del fatto... P. - E questo sarebbe stato però poco producente alla fine? I.R.C. - Sì, ma visto e considerato che io non avevo, voglio dire, elementi per poter smentire il SAVERIO nel vero senso della parola non riuscivo a capire. Mi sono fatto tante domande, non ho trovato una risposta precisa a queste domande, perché non sapevo che cosa dovevo venire a dire. Visto e considerato che lui mi ha mandato a dire “ devi dire questo” anche dietro mia richiesta. Io ho pensato”l‟unica cosa che io posso dire è andare lì e dire << quando eravamo in cella con MORABITO, il MORABITO mi ha detto che tutto quello che riferisce del Gruppo PAPALIA è falso, solo che però li vuole incastrare>>“, insomma non detta in questi termini, detta in altri termini. Più di questo non potevo dire io per quanto riguarda il Gruppo PAPALIA. .....(omissis)....... I.R.C. - Ma perché, le ripeto, prima di tutto avrei dovuto andare contro SAVERIO MORABITO e credo che non ci sarei riuscito. Voglio dire: perché se io non avevo elementi per poter contrastare quello che il MORABITO dice non vedo cosa... sarei venuto qua, avrei fatto la mia figura bene o male, bella o brutta che sarebbe stata, però non avevo elementi di concetto. P. - Quindi Lei dice “non avrei potuto dimostrare che quello che lui aveva detto erano tutte bugie”. I.R.C. - Che lui aveva detto il falso. Ma perché, vede signor Presidente, io non conosco i fatti che il MORABITO ha narrato oppure che ha commesso, se li ha commessi con il Gruppo PAPALIA. Quindi non conoscendo i fatti io come faccio a dire “ lui ha detto il falso”, solo perché lui mi ha riferito questa... Però magari il DOMENICO aveva fatto un altro pensiero, magari mi avrebbe detto:”dici queste altre cose”, però io dico: io ho pensato solo questo, non ho trovato un‟altra risposta logica, se logica si può chiamare. E poi proprio non era praticabile perché io non me la sentivo contro SAVERIO MORABITO “”””” (ROMEO, aff. 14.155,14.159-14.150, 14.161-14.163, 14.168 - 14169). 93 ROMEO, aff. 14.163, 14.176. 94 ROMEO, aff. 14.146/47/56/57/64-66. La lettera è in atti, prodotta dal P.M. all‟udienza 15.5.95 (par. n.2) e acquisita dalla Corte, unitamente ad altra documentazione concernente l‟etiologia della collaborazione del ROMEO ANNUNZIATINO, con ordinanza 30.6.95 (pag. 8, lett. b 1). 95 Che lui allora neppure conosceva, ma agendo come gli aveva suggerito a suo tempo MORABITO, per l‟eventualità che lui si fosse deciso a collaborare. 439 quale è intanto scattata la procedura per il suo trasferimento alla Sezione “Collaboratori” del carcere di Brescia.96 Per DOMENICO PAPALIA la citazione di ROMEO ANNUNZIATINO si è rivelato un autentico “boomerang” - se ci si passa l‟espressione- che neppure un ROCCO MARIO COMMISSO avrebbe potuto a quel punto rimediare. Una improvvida mossa processuale, per DOMENICO PAPALIA, e soprattutto per molti altri imputati ( di narcotraffico, in particolare) che provocherà un vero e proprio diluvio di prove d‟accusa.97 A questo punto, la collaborazione di ROMEO ANNUNZIATINO libera MORABITO da quell‟impegno morale che si era preso nei suoi confronti di non chiamarlo in causa, e quindi soltanto in questa sede dibattimentale finalmente MORABITO SAVERIO potrà raccontare tutta la sua esperienza, in particolare nel traffico di stupefacenti, citando senza più riserve il cugino che molta parte vi ha avuto. Così come ha iniziato a raccontare le rapine che aveva fatto nei primi anni „80 solo quando ha avuto la tranquillità che il fratello Luigi avrebbe collaborato.98 Non solo, perché una situazione simile si avrà anche con ROMEO BRUNO. Costui - che confermerà anche l‟episodio inquietante del messaggio di DOMENICO PAPALIA, trasmesso al fratello ANNUNZIATINO su incarico di ROCCO TRIMBOLI - quando il fratello ANNUNZIATINO decide di collaborare, non solo è molto lontano da quella idea, ma oppone allo stesso, che cerca di convincerlo, un sacco di resistenze. Poi, dal marzo 1995, anche lui seguirà quella strada. Ma la collaborazione di MORABITO SAVERIO, cui sono seguite quelle di MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, ROMEO ANNUNZIATINO, ROMEO BRUNO apre la via a una serie imponente di altre collaborazioni o quanto meno di “dissociazioni”, ovvero di confessioni senza (o evitando) chiamate di correità o reità. E non pare prospettabile una spiegazione di questo _______________ 96 ROMEO, aff.14.182. Al momento del suo esame dibattimentale si trovava da un paio di mesi in detenzione domiciliare (aff. 14.182). 97 Il che non significa assenza di errori, di discordanze, lacune, ecc. tra le deposizioni dei vari collaboratori. E‟ evidente. Ma di ciò si darà conto nell‟analisi dei vari episodi delittuosi. 98 Aff. 816 440 fenomeno diversa da quella che il buon senso - anzi il lo stesso senso comune - con immediatezza suggerisce: che non restava altro da fare, che non v‟era altra scelta perché quelle persone avevano detto la verità, che sarebbe stato inutile “lottare” ( s‟intende, con carte truccate), come aveva pensato per un pò di fare AMANDINI. E così si fa avanti un PERROTTA VITTORIO, che non risulta abbia mai avuto contatto con i personaggi sin qui nominati, che dalla latitanza aveva fatto pervenire una lettera con la quale spiegava con un desiderio di vendetta e di ripicca ( per la solita questione di donne, cui altri “ mutatis mutandis” si appellerà, come vedremo, nello stesso intento99) - le false accuse nei suoi confronti di MORABITO SAVERIO. Arrestato e preso atto che non solo MORABITO, ma anche AMANDINI E INZAGHI lo inchiodavano ai sequestri JACOROSSI e VISMARA, confessa. E dà l‟avvio a una collaborazione che si estende anche ad altri ambiti processuali e per fatti persino omicidiari di estrema gravità.100 E così dicasi per CIULLA SALVATORE ( per una imputazione di narcotraffico), per SARACENO VINCENZO. Una collaborazione (rectius: una ammissione di responsabilità), quest‟ultima, di estremo interesse, forse tra le più interessanti e significative, processualmente, per il tema in trattazione: l‟affidabilità dei collaboratori di questo processo, di MORABITO SAVERIO, nella specie. Perché MORABITO indicherà il SARACENO come la persona che gli aveva portato a Milano il messaggio di uccidere l‟avvocato LABATE (v. infra). E a carico di SARACENO non vi era che la parola di MORABITO, priva di riscontri, perché il riscontro di un mandato siffatto è difficile anche ipotizzarlo. E SARACENO, avvocato, non poteva non pensare che in questo caso sì che avrebbe potuto “lottare”. Eppure ha confessato, e niente meno che un omicidio da ergastolo, l‟unico fatto di delitto qui addebitatogli. Anche da questo episodio, dunque, l‟attendibilità soggettiva del MORABITO riceve un attestato di eccezionale valore. E poi FRISINA ANTONIO, altro imputato che ha confermato le dichiarazioni di MORABITO, INZAGHI e tanti altri. ________________ 99 Cfr. MOLLUSO, MUSICO‟ , VIOLI ANTONIO. Riscuotendo credito presso quei giudici e, di riflesso, anche in questa sede, pur con la valenza probatoria di quelle pronunzie già puntualizzata (cfr. Capitolo 1 : certo, non “pro-veritate”, ma come eventi storicamente documentati e non probatoriamente insignificanti), non risultando che vi sia già giudicato (cfr. produzione del P.M. all‟udienza 15.5.96, aff. 16287 Vol. III, par. 5 e 6 e ordinanza di acquisizione 4.6.96, pag. 11). 100 441 E così LANDOLINA GAETANO, VIOLA ANTONIO, VAGHETTI PIERLUIGI, JASA CEMIL, il “JIMMI” che nei primi anni „80 ha dato vita a una delle prime esperienze di droga con MORABITO E INZAGHI (V. OLTRE). E SALESI GIOVANNI che, dei due addebiti di cui è gravato, uno lo ammette senza esitazione, mentre sull‟altro preferisce non rispondere, ma solo perché coinvolge alcuni personaggi di questo dibattimento che, evidentemente, gli fanno più paura di una condanna che non possa tener conto della sua confessione (come, inevitabilmente, sarà). E, ancora: ZUFFRANO VINCENZO ( che ha confermato integralmente le accuse), MOSCARDI GIANFRANCO e CORSO FRANCESCO GIUSEPPE ( che ha sostanzialmente ammesso il sequestro JACOROSSI). Imputati che per la maggior parte - come già si sa - hanno scelto la via del rito abbreviato e in questo dibattimento non sono comparsi, se non per dichiarare che si avvalevano della facoltà di non rispondere. Imputati tutti, comunque, le cui scelte processuali di collaborazione o di semplice dissociazione hanno giovato al consolidamento dell‟impalcatura accusatoria già assai robusta in virtù delle già riferite principali “ collaborazioni”. A quei dati probatori, vanno poi aggiunti i contributi derivanti da altre importanti collaborazioni processuali - rese spesso in autonomi ambiti processuali- che vengono in tal modo a costituire una sorta di terreno di verifica e di riscontro di quei dati: quelle dei PACE SALVATORE, recente “collaboratore”, tratto in arresto anche in virtù del provvedimento restrittivo del 2 ottobre 1993: fu uno dei primi di cui parlò SAVERIO MORABITO. Dei PIRRONE MAURIZIO - del quale s‟è già detto-, degli ANNACONDIA SALVATORE, BARRECA FILIPPO, LAURO GIACOMO, SAKIROGLU MUSTAFA‟, BAIKAL KENAN, SCAMBIA ANTONIO, DI DONATO MICHELE, DI GIOVINE MARGHERITA, FOSCHINI VITTORIO, CASSANIELLO LEONARDO, DI BENEDETTO MONTANO, BULGARI GIORGIO LINO, FUSCALDO GIUSEPPE, ZAGARI ANTONIO. 101 Tutte persone che _________________ 101 Trattasi, in particolare e come detto sopra, di dichiarazioni sovente rese in autonomi ambiti processuali e alle quali si farà riferimento, di volta in volta, allorchè tali affermazioni verteranno su singoli episodi o questioni di fondo affrontate dal MORABITO SAVERIO. 442 vuoi per un episodio, vuoi per un altro - hanno suffragato appieno le dichiarazioni dei SAVERIO MORABITO , degli INZAGHI, AMANDINI, ROMEO, ecc. Per non dire anche delle piccole - ma non per questo meno significative-ammissioni dell‟ultima ora, in aula: quasi a dimostrare l‟inutilità di contestare anche l‟evidenza. Come è avvenuto per ORIO UMBERTO, per MUFATO e DUCHINI DINO, imputati di cui avanti meglio si dirà. -==o-=== Un altro punto che merita di essere ripreso, sempre a proposito delle modalità di attuazione della collaborazione di SAVERIO MORABITO - se ne è via via accennato nelle pagine che precedono - è quello delle reticenze, delle omissioni, delle “coperture” che MORABITO ha operato, nel corso delle sue deposizioni in sede di indagine preliminare, in riferimento ad alcune posizioni di persone a lui particolarmente vicine. Abbiamo già anticipato, infatti, come il “collaboratore” abbia effettuato una sorta di apertura progressiva nel senso che , in particolare, egli omise o limitò inizialmente indicazioni di fatti penalmente rilevanti a loro carico. Fatti che, tuttavia, allorchè sempre più a fondo maturò la sua scelta di lealtà e responsabilità verso la giustizia, decise di evidenziare giustificando ____________________________________________________________________ In questo ambito preliminare può, per maggiore comodità anche di lettura, premettersi che le dichiarazioni rese segnatamente dai collaboratori LAURO GIACOMO, BARRECA FILIPPO e ZAGARI ANTONIO, salvo rare occasioni (vedi ad es. infra a proposito dell‟omicidio dell‟avv. PIETRO LABATE) non hanno contribuito, in linea di massima, a chiarimenti di fatti delittuosi specifici; tali dichiarazioni presentano invece pregnante rilevanza, anche in questo processo, per la loro idoneità a illustrare quel quadro di fondo, quello scenario di fatti di “ ndrangheta”, di lotte di mafia, di scontri di vertice che rappresenteranno, come si avrà modo di vedere, il presupposto per la comprensione di taluni eventi (soprattutto in riferimento agli omicidi) e di taluni atteggiamenti strategici all‟interno dei più rilevanti gruppi criminali di cui si parlerà (v. soprattutto gruppo PAPALIA e gruppo SERGI ). MORABITO SAVERIO, infatti, ha dato contezza di tali scontri di mafia e ha inquadrato nello scenario di guerra taluni gravi fatti di sangue, scenario che risulterà perfettamente confermato dai predetti collaboratori e decisamente compatibile con i moventi di cui ai reati indicati dal prevenuto. Si tratta, in via di sintesi, della nota guerra intercorsa tra le organizzazioni facenti capo alla famiglia DE STEFANO e ad altre riferibili ai gruppi CONDELLO - IMERTI. Si avrà occasione di meglio chiarire tali vicissitudini nella parte relativa agli omicidi ed in quella riguardante il traffico degli stupefacenti e nei limiti in cui i fatti illeciti indicati subirono gli influssi del conflitto. 443 le precedenti omissioni in ragione, appunto, o della stretta amicizia o della eccessiva gravità delle conseguenze penali connesse a tali fatti e non proporzionate, a suo modo di giudicare, alla reale pericolosità sociale di quelle persone.102 I casi più eclatanti di questa scelta di “apertura progressiva” hanno riguardato le posizioni di PARISI ANTONIO, di MUFATO ANGELO, di DUCHINI DINO, di ROMEO ANNUNZIATINO, dello stesso fratello MORABITO LUIGI. Di tanto dovrà, quindi, tenersi conto ai fini della complessiva ricostruzione storica di talune vicende (v. ad es. il sequestro Casella) nelle quali, solo nella parte finale degli interrogatori, il MORABITO precisò ulteriori responsabilità (nella specie di PARISI e del MUFATO) così meglio delineando eventi e circostanze sulle quali aveva inizialmente mantenuto atteggiamenti vaghi e non veritieri. Un fatto è però da tener bene in considerazione: che MORABITO ha sempre spiegato in maniera convincente le ragioni della sua condotta processuale in quelle occasioni e, soprattutto, non ha mai chioamato in causa altre persone che in qualche modo “coprissero” gli spazi, le omissioni, le reticenze nella sua narrazione. Non ha mai calunniato nessuno. Si prendano, per esemplificare, le posizioni del fratello LUIGI: MORABITO non ha parlato delle due o tre rapine che aveva fatto con lui sino a che non ha saputo che anch‟egli aveva fatto la stessa scelta collaborativa. Non ha impiegato molto a convincerlo, come si è visto, e il motivo della iniziale sua copertura non ha bisogno di spiegazione.103 Per il cugino ROMEO ANNUNZIATINO, abbiamo ricordato i “sensi di colpa” che aveva MORABITO verso di lui e il desiderio che pervenisse a quella grave scelta spontaneamente.104 Di ANTONIO PARISI, poi, aveva taciuto solo la sua partecipazione al sequestro CASELLA. Quello era un fatto fuori della quotidianità, cui PARISI, stando al MORABITO, aveva in definitiva dovuto prender parte perché “succube” dei SERGI: FRANCESCO SERGI “lo comandava a bacchetta”, PAOLO SERGI “lo intimoriva”. Lui era un timido, un timoroso, un titubante. Per i fatti di droga, la cosa era diversa, non aveva potuto tenerlo fuori perché _______________________________ 102 Questo discorso sarà naturalmente ripreso più avanti e in occasione dell‟esame delle singole posizioni interessate. Aff. 816104 Cfr. aff. citt. 811/15 e lo stesso ROMEO ANNUNZIATINO, locc. 103 citt. 444 lo sapevano tutti che era “organico” al gruppo SERGI: parlando di loro non avrebbe potuto certamente tacere di PARISI, che peraltro aveva sempre considerato un poveruomo, incapace di fare male a chicchessia. Un uomo cui era legato da vecchia amicizia e che aveva persino a suo tempo aiutato facendo in modo che i SERGI gli regalassero anche un appartamento (salvo poi, quelli, più tardi farsi dare l‟equivalente in denaro)105. Per ANGELO MUFATO, oltre alla vecchia amicizia, bruciava molto a MORABITO l‟averlo indotto a rendere disponibile il suo box per il sequestro CASELLA - quando lui s‟era tenuto fuori, pur avendone uno suo, contiguo - con la promessa per giunta di un significativo compenso: cosa che invece non s‟era verificata. Aveva, all‟inizio della collaborazione, anche tentato d‟ingannare gli inquirenti dicendo falsamente che il box in cui era stato tenuto il CASELLA era il suo, ma poi si era reso conto che la bugia non poteva resistere a lungo e che sarebbe anche venuto meno all‟impegno di lealtà che s‟era ripromesso. E così s‟era risolto a fare anche il suo nome in quella vicenda. Ma aveva poi anche inutilmente tentato di indurlo a collaborare, a “fargli aprire gli occhi... guardare la realtà”. Gli aveva fatto pervenire anche una missiva in tal senso in carcere che parla da sè sui sentimenti nutriti da MORABITO verso MUFATO. 106 Ma era stato tutto inutile.107 DINO DUCHINI. Altro imputato molto legato a SAVERIO MORABITO e particolarmente al fratello di lui, LUIGI (col quale aveva fatto anche una rapina, ferendosi a un braccio nello scontro a fuoco che ne era conseguito). Erano amici di famiglia, frequentavano le rispettive abitazioni, sedevano insieme a tavola, stavano a godersi alla televisione le partite di calcio, andavano assieme allo stadio. Ma lui non ne ha voluto sapere di collaborare. MORABITO aveva tentato di indurlo a questo anche ricorrendo a telefonate alla madre (GIULIANA BECHERINI). Le aveva raccontato delle storie, enfatizzando i vantaggi che il figlio avrebbe avuto collaborando. Le __________________________________ 105 Aff. 817/18, 839-846. Questo anche adimostrazione dell‟assenza, almeno stando a MORABITO, di ogni ipotesi di malanimo nei confronti del PARISI che, se proprio avesse voluto danneggiare, avrebbe colto l‟occasione di farlo dalla vicenda NIZZOLA (intuitivamente assai propizia al riguardo) 106 E‟ la nota vicenda di FRANCO OLIVIERI. La documentazione è agli atti , acquisita con ord. 23 aprile 1996. MUFATO aveva poi tentato un depistaggio o screditamento del MORABITO dando incarico a quel tal FRANCO OLIVIERI, all‟epoca codetenuto, di falsificare la missiva del collaboratore (cfr. esame dibattimentale dell‟OLIVIERI, ord. 14 maggio 1996; e, amplius, seq. CASELLA ). 107 Aff. 816/18. 822/23. 445 aveva fatto anche i nomi di altri che avevano collaborato e che si erano guadagnati così la libertà (invero, in quanto la modestia dell‟addebito lo consentiva: n.d.r.). Che, insomma, diceva MORABITO a quella donna: il figlio “gli facesse da eco”, confessasse cioè che in effetti, come era vero, aveva preso droga dal gruppo SERGI.108 Ma lui, che era poi anche una persona d‟animo buono, non aveva capito un bel nulla. Anzi aveva detto alla madre di registrare quella telefonata: per farne che cosa, nemmeno MORABITO riusciva ad immaginarlo.109 _____________________________________________________ 108 Cfr. la trascizione della telefonata, in atti (v. Vol.173 delle produzioni del P. M., acquisite dalla Corte con la citata ord. 13 aprile 1995). Vi sono anche le cassette usate per la registrazione, a suo tempo consegnata dalla difesa del DUCHINI al P. M. 109 Meriota riportare questo passo dell‟esame dibattimentale di MORABITO, perché si raccomanda da sè, quanto a naturalezza, e quindi a dimostrazione della spontaneità e trasparenza di intenti del collaboratore:””””I. - Ho tentato di farlo con il DUCHINI DINO, attraverso sua madre e anche con il MUFATO scrivendogli una lettera in carcere. Solo che con il DUCHINI, lui non ha capito che io lo stavo, diciamo, portando ad una scelta per abbandonare la vita che lui conduceva, Lui ha creduto forse di fare una exploit all‟interno della malavita e aveva ordinato alla madre di registrare tutte le telefonate che facevo io. Quindi di servirsene per chissà quale ragione. P: M. - Lei come mai scelse la madre, che rapporti aveva con questa persona per convincere il DUCHINI? I. - Per una semplice ragione, che erano amici di famiglia, perché il DUCHINI ha sempre frequentato casa di mia madre perché era molto amico di mio fratello LUIGI, stava là addirittura a cena, a pranzo, stavano lì delle giornate a guardare incontri di calcio, andavano assieme allo stadio a Milano, a Torino, anche la madre, la signora BECCHERINI, venivano a casa mia....Insomma erano vicino alla famiglia e il DUCHINI stesso tutto sommato è solamente un ragazzone che vuole fare vedere cose che in realtà non sono. Non è una persona cattiva d‟animo, non è quello che cova la vendetta per poi vendicarsi a distanza di tempo, è uno che subisce, subisce e poi dimentica. P. M. - Ecco, Lei ha chiamato in causa oltre 150 persone per episodi vari, come mai ha concentrato le sue attenzioni, diciamo così, per questa scelta, per questa attività dio convincimento alla collaborazione per esempio sul DUCHINI? I. - Gliel‟ho detto, perché DUCHINI non è una persona... non è un cattivo DUCHINI. P. M. - Ma giocava solo questa valutazione morale o anche i rapporti di famiglia, i rapporti... I. - Mah i rapporti con la famiglia, con la madre abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, anche lei, la madre con mia madre, con mia moglie, siamo stati spesse volte a cena insieme, abbiuamo discusso di tanti argomenti, argomenti non di natura malavitosa. La mamma di DUCHINI aveva prima un negozio di abbigliamento e poi un laboratorio per confezionare abiti. Ha fatto degli abitini alla mia bambina, quindi mi sentivo anche un po' in... non in dovere, però volevo che il DUCHINI scegliesse la strada della collaborazione per venire fuori dal carcere, non perché speravo che lui cambiasse, solamente per venire fuori dal carcere e anche perché in salute credo non stia tanto bene per via di una ferita... cioè lui porta un braccio offeso per una ferita che si è procurato durante un tentativo di rapina assieme a mio fratello. P. M. - Lei sa che queste conversazioni telefoniche con la mamma del DUCHINI sono state intercettate, diciamo così in termini improprio, però registrate dalla sua interlocutrice e quindi abbiamo già in atti anche la trascrizione di questi colloqui. Ecco, può spiegare, poi se la Corte lo riterrà opportuno potremmo anche ascoltarle in aula per 446 ===0=== Facendo un primo bilancio e tirando le fila di quanto sin qui si è detto sulle ragioni e sulle modalità della scelta dei principali collaboratori di questo processo, sembra a questa Corte legittimo trarre a questo punto, già in prima battuta e in via generale, questa conclusione: che esse togono in radice ogni ragionevole possibilità di formulare ipotesi di critica alle lro chiamate in correità o reità che siano fondate sulla calunnia, attivata da qualsivolglia interesse personale, da inimicizia o altri odiosi motivi. E tanto meno ipotesi che insinuino accuse più o meno concertate a tavolino. Non è così. Niente, della “storia” di quelle collaborazioni, del modo in cui si sono sviluppate e delle ragioni che le hanno prodotte induce a pensarlo. A meno che, per convincersi di questo, sia sufficiente scoprire e additare (come è stato fatto, peraltro con scarsa coerenza logica) “identità” di versioni, o addirittura “discordanze” tra i vari “dichiaranti”. Ma di questo si è scritto trattando in gemnerale sulla chiamata di correo. Certo, resta l‟ipotesi che si sia errato nel ricordo. E‟ questa una ipotesi percorribilissima, per tante ragioni (molteplicità dei fatti, loro lontananza nel tempo, prospettive di osservazione diverse, fonti stesse diverse di informazione per le notizie “de relato”, ecc.) E su questa eventualità - e comunque senza neppure trascurarne altre ove sia stata specifica e motivata sollecitazione difensiva - la Corte ______________________________________________________________________ le eventuali precisazioni sulle singole... alcuni passaggi etc. Può spiegare qual era la strategia che Lei intese adottare per convincera la mamma del DUCHINI a far qualcosa per convincere a sua volta il figlio a collaborare? I. - Sì, cert. Innanzitutto ho cercato di far presa sui sentimenti facendo... ho cercato di usare la madre di DUCHINI verso il figlio affinchè fosse lei a convincerlo dietro le mie parole a collaborare, facendogli capire che il DINO - “DINO” sarebbe il DUCHINI - che il DINO soffre fisicamente per via dei postumi della ferita, quindi si trova in carcere con una condanna definitiva da sontare, una nuova ordinanza di custodia cautelare, le cose sarebbero andate per le lunghe e rischiava con la salute parecchio. E poi naturalmente ho bleffato anche facendogli credere che i vantaggi che derivavano dal servizio centrale, l‟organo preposto per tutelare i collaboratori e i familiari erano molto vantaggiosi, facendogli credere che si percepiva un...chiamiamolo stipendio mensile di una somma notevole e tanti altri vantaggi economici, cosa che in realtà non è così, adesso non so che cosa si mormora in giro, comunque...””””(aff. 819-822) 447 porterà, scrupolosamente, principalmente , tutta la sua attenzione nell‟esaminare i vari episodi delittuosi che seguono, =====0===== Forse qualche parola, tuttavia, vale la pena che sia ancora spersa a caratterizzare la collaborazione del principale dei personaggi che sopra abbiamo ricordato: SAVERIO MORABITO. A ciò indubbiamente induce, non solo l‟eccezionalità della sua scelta, ma anche la estrema quantità e precisione delle cose riferite. Può di conseguenza, esser opportuno, scontando qualche ripetizione, un cenno al periodo storico di riferimento del MORABITO e qualche considerazione generale sul merito di quanto ha detto. MORABITO SAVERIO ha riferito, infatti, un‟innumerevole serie di episodi delittuosi anche gravissimi (sequestri di persona, omicidi, traffico di ingenti partite di stupefacenti, rapine ecc.) in moltissimi casi - come si è già anticipato - ammettendo la propria partecipazione agli stessi (ed anche per episodi per i quali era stato a suo tempo prosciolto in fase istruttoria) e così narrando tutta la propria lunghissima “carriera criminale” fin dai suoi inizi. L‟ambito criminale nel quale si inseriscono gli episodi narrati è quello della “ndrangheta” trapiantata al nord negli anni „70 , quando - come abbiamo già visto - con una progressiva emigrazione, persone trasferitesi dalle medesime zone geografiche si concentrarono in ben individuate fasce del territorio, ricomponendo in loco ambienti, culture, atteggiamenti sociali e rapporti di vita analoghi a quelli esistenti nelle terre di origine, così che - come nel caso che qui interessa- quando la zona di origine risultava caratterizzata da forte penetrazione mafiosa o comunque criminale era giocoforza che anche gli atteggiamenti antisociali venissero mantenuti nelle nuove zone, con il risultato, in definitiva, del rigenerarsi, in parti diverse dello Stato, della stessa realtà criminale. Nel Capitolo 2° ci si è già intrasttenuti su questo fenomeno e s‟è visto che ciò accadde anche nei comuni di Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, alle porte di Milano, nei quali dagli anni „70 si è assistito ad una forte emigrazione di calabresi, tra i quali, in misura assai rilevante, molti originari di Platì (RC). MORABITO SAVERIO 448 aveva sette anni quando la sua famiglia si è trasferita da Platì a Buccinasco.110 A partire dagli anni 70 innumerevoli sono state le inchieste ed i processi che hanno visto inquisite in Lombardia persone di origine calabrese stabilitesi nei predetti comuni dell‟interland milanese o aventi comunque collegamenti con tali ambienti criminali: sono diventate così ormai “parte di storia” le vicende criminali delle “famiglie” dei PAPALIA, dei SERGI, dei BARBARO, dei TRIMBOLI, dei ROMEO ecc. E‟ su questo sfondo che si colloca la scelta di collaborazione di MORABITO SAVERIO, scelta che proprio per la vastità delle esperienze del collaboratore (che coprono un arco di tempo dal 1972 al momento del suo arresto nel 1990 e per taluni fatti appresi in carcere, anche dopo) ha permesso di inserire in un quadro organico singoli episodi delittuosi rimasti fino ad ora per lo più fatti isolati ed ha permesso di acquisire importanti elementi oltre che sul gruppo del quale il MORABITO faceva parte (gruppo SERGI) anche su altri gruppi criminali di primaria importanza (CIULLA, CAROLLO, FIDANZATI, PANNUNZI, SALESI, TROVATO, FLACHI, ecc.) In particolare i fatti esposti da MORABITO SAVERIO possono essere più facilmente compresi se si tengono presenti le principali tappe della “carriera criminale” del collaboratore, le quali possono essere così schematicamente sintetizzate: - primi approcci111 - agli inizi degli anni „70 - alla malavita organizzata (CIULLA GIUSEPPE, UGONE SALVATORE, MUSCIO RICCARDO, BOVA GIOACCHINO, PERROTTA VITTORIO, SOFIO CLEMENTE, CICIRIELLO GIUSEPPE ed altri) e conseguente partecipazione ad una serie di rapine commesse in danno di supermercati nelle zone di Biella, Milano, Bergamo mediante sequestro del direttore del supermercato (per alcuni di tali episodi il MORABITO è già stato condannato) nonchè partecipazione alla consumazione di altri reati contro il patrimonio (fu arrestato per tali rapine nel febbraio „74, uscendo dal carcere nel febbraio 1977 e _________________________ 110 Famiglia composta da padre, madre e quattro figli, MORABITO terminò la sacuola elementare a Buccinasco e lì conseguì con corso serale - lavorava in una azienda artigiana di giorno- la licenza di terza media. Abitavano in un appartamento adibito a portineria di uno stabile: la madre ne era la custode. Si trasferirono poi a Corsico dove il padre lavorava, prima come bidello e poi come messo comunale (aff. 759-762). 111 In ogni caso, c‟era già stata qualche esperienza di carcere minorile, per furti vari e con un certo crescendo poi, frequentando gente di Baggio e di Corsico (aff. 759-761/2). 449 riprendendo subito contatto con MOLLUSO FRANCESCO per un progetto di “taroccamento di autovetture rubate e consumando altresì con MUSCIO Mario, la rapina di cui al capo 90);112 - partecipazione a sequestri di persona a scopo di estorsione a partire dalla sua scarcerazione nel febbraio 1977 e stabile inserimento nella realtà criminale dei calabresi operante nelle zone di Corsico e Buccinasco (seqq. SCALARI, GALLI: v. la parte sui sequestri di persona). Arrestato per tali fatti il 24 maggio 1977 con condanna, a tre anni, per il solo reato associativo (venne prosciolto per i fatti di sequestro estorsivo), uscì dal carcere nell‟aprile del 1978; - prime attività nel campo degli stupefacenti a partire dal 1979/1980, in concorso inizialmente con AMANDINI Michele e poi con altre persone e contemporanea attività nel campo della ricettazione di autovetture rubate assieme ad INZAGHI e a un gruppo di napoletani (per tale ultima attività il MORABITO fu imputato in uno dei primi grossi processi per traffico di autovetture rubate celebratisi a Milano che si concluse con la condanna del MORABITO in primo grado nel 1981)113; il MORABITO ha riferito anche di omicidi consumati in questo periodo, alcuni da lui personalmente eseguiti (v. om. TROMBADORE e om. RIBAUDO), - dalla scarcerazione nel 1983 (nell‟ambito di un processo celebratosi a Locri per associazione per delinquere) inizia la sistematica attività del MORABITO nel campo degli stupefacenti, sempre assieme ad INZAGHI - e dall‟‟86 anche con il cugino ROMEO ANNUNZIATINO-, che lo porterà in poco tempo ai vertici del gruppo SERGI dedito al commercio di ingenti partite di eroina (e _______________________ 112 Aff. 762-770. In questo contesto il collaboratore inserisce e spiega la mite condanna riportata per tali episodi delittuosi (le dette rapine) con la corruzione del presidente del collegio giudicante in sede di Appello del capoluogo piemontese. 113 Aff. 772-774. Con tutta la approssimazione cronologica possibile, in relazione alla risalenza nel tempo dei fatti, riferisce il collaboratore che era stato arrestato nel marzo del 1978 per traffico di autovetture rubate (mentre era detenuto per questo fatto, gli era stato notificato l‟ordine di cattura per reato associativo mafioso emesso dalla Procura di Locri. Dopo un anno, era comunque di nuovo libero. Sarà riarrestato nell‟‟83 per scontare un breve periodo di carcerazione a Reggio Calabria ed esser poi liberato nel corso dello stesso anno. Nell‟‟85 seguirà un altro breve periodo di carcerazione per espiazione di un residuo pena /in questo tomo di tempo godrà di un periodo di semilibertà sulla scorta di una falsa attestazione lavorativa rilasciatagli da CERULLO PIETRO). Quindi, nell‟‟86/87, altro periodo breve periodo di carcerazione per il sequestro RANCILIO (con ROCCO PAPALIA), grazie alla ritrattazione “coatta” del “pentito” ALFONSO AMANTE. 450 successivamente anche alla produzione di eroina) e in misura minore al commercio di cocaina e hashish; tale periodo termina con l‟arresto del MORABITO nel settembre 1990 (ROMEO, nel maggio del „90) quando viene scoperta la raffineria di eroina a Rota Imagna alla cui gestione il MORABITO cooperava attivamente convolgendovi anche il cugino; con riguardo a questo periodo il MORABITO ha riferito non solo dell‟attività del gruppo di appartenenza (gruppo SERGI), ma anche dell‟attività, per lo più nel campo degli stupefacenti, di altre organizzazioni criminali presenti sul territorio e con le quali entrò in più occasioni in contatto per comuni attività criminali (es. gruppi PAPALIA, CAROLLO, CIULLA ecc.); ha riferito altresì di numerosi omicidi e tentati omicidi (v. i relativi episodi) gran parte dei quali eseguiti personalmente ed aventi motivazioni differenziate. Ciò posto, va detto sempre in via generale (ed a prescindere dunque dalla specifica analisi dei singoli aspetti dei fatti riferiti), che -alla stregua dei normali criteri elaborati per la valutazione dell‟attendibilità della chiamata, siccome esposti per l‟innanzi nel Capitolo 3° e scendendo al merito delle stesse- le dichiarazioni rese dal collaboratore presentano tutti quegli indici che, ancora una volta, permettono innanzitutto di formulare un generale giudizio di attendibilità del dichiarante ed in particolare: - le dichiarazioni da lui rese, in un amplissimo arco di tempo (di vari mesi), presentano un‟intrinseca coerenza e forza logica complessive, pur essendo assai articolate (riguardando centinaia di episodi e di persone), reiterate (non solo, a più volte, in questo dibattimento, ma anche in numerosi altri dibattimenti, avanti ad altre autorità giudiziarie, i cui verbali sono stati puntualmente prodotti dal P.M. e via via acquisiti agli atti114) e rese talora in forma del tutto _________________ 114 A proposito del requisito della c.d. reiterazione, costanza e sostanziale uniformità delle dichiarazioni rese via via sugli stessi temi dal “collaboratore” -caratteristiche da intendersi quali ulteriori e assai significativi requisiti di credibilità dei fatti narrati- merita sottolineare che per MORABITO SAVERIO, MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO e AMANDINI MICHELE un utilissimo strumento di raffronto è rappresentato dalle dichiarazioni rese dagli stessi collaboratori in sede di indagine preliminare e acquisite dalla Corte con la ordinanza 13 aprile 1995 (pagg. 14 e segg: come già anticipato, per esser tali costituiti entrati a far parte del materiale probatorio di processi separati, in considerazione del rifiuto a rispondere in tali sedi opposto dalle medesime fonti, ed essendo poi tali costituti “migrati” nella presente sede dibattimentale, ex art. 238/1, c.p.p.). Con l‟avvertenza, in ogni caso, che quei requisiti emergono, “a contrarus”, anche dalla assenza, in via di massima, di contestazioni ex artt.210/5 e 503, c.p.p. sollevate dalle parti durante gli esami dibattimentali dei collaboratori (l‟utilizzo della c.d. contestazione probatoria è stato infatti in quei casi assai contenuto). E tuttavia, la 451 incidentale (nel contesto cioè di altro argomento): tutto ciò già di per sè difficilmente si accorda con l‟ipotesi della falsità delle stesse; ___________________________________________________________ rilevanza che tali costituti “istruttori” assumono, si segnala in tutta la sua evidenza anche sotto altro, più incisivo, profilo. Si vuol dire che -oltre a rappresentare un utile strumento di raffronto, per apprezzare la fermezza e costanza delle versioni fornite dal “dichiarante”- l‟acquisizione della serie degli interrogatori da lui resi (con riferimento alla stessa “storia” della sua collaborazione, ossia: del quando, come, perché si raccomanda (già da un punto di vista generale) anche come mezzo ineludibile per verificare, “funditus”, l‟esistenza del requisito della intrinseca attendibilità del dichiarante-chiamante in correità (o reità). Quel requisito cui, sappiamo, la Corte regolatrice assegna la condizione di premessa indefettibile perchè le accuse possano essere prese in considerazione dal giudice e poste a base della decisione. Requisito che va inteso come credibilità soggettiva del chiamante, i cui indici rivelatori sono rappresentati, per l‟appunto, da spontaneità, costanza, coerenza, precisione, logica interna del racconto, mancanza di interesse diretto dell‟accusa, assenza di contrasto con altre acquisizioni, e di contraddizioni eclatanti o difficilmente superabili. Ora, non è chi non veda come, sulla scorta del solo esito dibattimentale dell‟esame (con o senza contestazione probatoria), una valutazione siffatta, o risulti impraticabile, o risulti incompleta e, in ogni caso, rischi di presentarsi insoddisfacente. Senza una minuziosa ricostruzione storica del contributo processuale, che ne metta in risalto il suo procedere nel tempo, con attenzione alle sue scansioni, magari anche a fronte delle altre emergenze processuali, con curiosità scientifica al suo atteggiarsi, volta a volta, al suo eventuale aprirsi progressivo o al suo regredire su posizioni condizionate o in qualche modo giustificate da peculiari contingenze; ebbene, senza la disponibilità dei precedenti costituti (nella loro interezza), v‟è da chiedersi come -ferma restando la utilizzabilità del solo risultato probatorio dibattimentale- possa farsi buon governo di detti indici rivelatori, come insomma ed esemplificando, possa formularsi, convincentemente, una valutazione sulla coerenza interna complessiva del racconto, sulla sua precisione, sulla sua costanza nel progredire del tempo, sulla sua inalterata ricchezza di particolari, sulla sua riconducibilità o meno a disegni o schemi o costruzioni accusatorie o assolutorie prefabbricate, sulla sua stessa spontaneità (giudizio, questo, in particolare, compiutamente esprimibile -ad avviso della Corte- tenendo presente, soprattutto, lo scenario, il quadro storico, le condizioni tutte esistenti all‟atto del primo interpello del soggetto). D‟altro canto, appare assai difficile ipotizzare che in un esame dibattimentale possa riprodursi con esattezza “la storia” della fonte di prova nel suo ripetuto -come spesso avvieneapproccio con l‟A.G.E. se ciò non è possibile, quasi per irripetibilità intrinseca (ontologica) di eventi, allora occorre prendere atto che, diversamente opinando, ossia non dando ingresso ai costituti in parola (come la legge allo stato impone, al di fuori di particolari situazioni, dove, come nel presente caso, lo stesso risultato si ottiene per mezzo di determinati meccanismi processuali), grave e irragionevole è -per il Giudice- la perdita di “sapere”, la dispersione di mezzi e risultati di prova a dispetto di quello che costituisce il fine primario e ineludibile del processo penale: la ricerca della verità. Ma nel presente caso -si può dire del tutto fortuitamente, e certo legittimamente e fortunatamente, nell‟interesse generale del processo- si è potuto disporre degli strumenti d‟indagine e valutazione in parola. Per ,questo, in non pochi casi, si potrà utilmente -anche sul versante espositivo- esordire con il testo delle dichiarazioni rese dai collaboratori in sede di indagini preliminari, segnatamente dal MORABITO (come da colui che ha preso avvio questa importante inchiesta giudiziaria), per poi procedere al raffronto con quelle dibattimentali, segnalando eventuali incertezze, rettifiche o contraddizioni. 452 - nella narrazione il dichiarante ha dimostrato precisione nel racconto (pur cadendo talora incomprensibili errori di cui si dirà), nonchè una capacità di individuazione delle responsabilità individuali e di distinzione dei fatti dalla interpretazione degli stessi o dalla supposizione sugli stessi, che sicuramente depongono per l‟affidabilità della fonte delle dichiarazioni; - le dichiarazioni del collaboratore presentano un fondamentale contenuto autoaccusatorio che costituisce indice della serietà del dichiarante e della sua spontaneità e che ne avvalora l‟affidabilità anche nelle parti nelle quali egli accusa terze persone; - il quadro complessivo dei riscontri e delle conferme esterne ai fatti riferiti è come si vedrà trattando dei singoli reati, talmente articolato ce già di per sè dimostra come le dichiarazioni rese non possano certo ritenersi frutto di fantasia (bisogna in proposito ricordare che, oltre a quanto si dirà trattando dei fatti riportati nei singoli capi di incolpazione, il collaboratore ha riferito di molti altri fatti in ordine ai quali, il P.M. - come s‟è anticipato in parte espositiva - ha formulato contestazioni integrative e/o suppletive), nè è pensabile - ripetesi - che tali dichiarazioni siano frutto di un‟operazione calunniosa che, utilizzando moltissimi fatti veri, li abbia combinati in un racconto complessivamente non rispondente a verità, perchè ciò non sarebbe infatti, nel caso di specie, umanamente possibile, attesa la complessità ed articolazione delle dichiarazioni e considerato che le stesse sono sempre rimaste coerenti, pur essendo ribadite nel corso di vari, innumerevoli interrogatori non solo nella fase d‟indagine preliminare, ma anche nel corso del presente dibattimento e, ripetesi, di dibattimenti c.d. “paralleli” a questo. 115 Con specifico riferimento a taluni errori (inversioni di date ecc) nei quali è caduto il collaboratore, s‟è detto che gli stessi saranno valutati trattando dei singoli episodi ai quali si riferiscono. E‟ tuttavia possibile affermare fin d‟ora, in via generale, che quegli errori (peraltro numericamente assai ridotti) non sono tali da compromettere il giudizio di affidabilità complessiva del dichiarante, poichè da un lato essi riguardano episodi il cui racconto è comunque assistito da riscontri significativi e dall‟altro il tipo di errore, il tempo trascorso dal fatto e le caratteristiche dello stesso pienamente giustificano l‟errore medesimo (che anzi, semmai ve ne fosse _______________ 115 Come testimoniano i verbali di prove acquisiti con numerose ordinanze dibattimentali. 453 bisogno, indirettamente dimostrano - secondo quelle stesse osservazioni svolte sul tema generale della “Chiamata di correo” al Capitolo 3° - che le dichiarazioni rese non sono frutto di manipolazione o fraudolenta concertazione). E v‟è da dire che, le stesse connotazioni di affidabilità si colgono nelle narrazioni degli altri collaboratori che si sono nominati nelle pagine che precedono: intendiamo soprattutto far riferimento ai vari MORABITO LUIGI, INZAGHI MARIO, AMANDINI MICHELE, ROMEO ANNUNZIATINO e ROMEO BRUNO. Senza, tuttavia, trascurarne altri, per così dire minori (s‟intende, per settore di riferimento, come ad esempio: ANNACONDIA SALVATORE, BARRECA FILIPPO, CASSANIELLO DINO, CIULLA SALVATORE, DI DONATO MICHELE, DI MODICA LUIGI, FOSCHINI VITTORIO, LAURO GIACOMO, ORIO UMBERTO, PACE SALVATORE, PIRRONE MAURIZIO, SACRIPANTI LUIGI, TUCCI LUCIANO, TOCCI GIORGIO, ecc) che hanno anch‟essi contribuito in maniera non indifferente ad arricchire il patrimonio conoscitivo del presente processo. Senza contare poi che molti dei collaboratori citati hanno già ricevuto una sorta di attestato di affidabilità da altri uffici giudiziari 116 e che per molti di essi - come si è testè ricordato - sono stati acquisiti al fascicolo del dibattimento, con pieno valore di prova ex art. 238/1, c.p.p. i verbali che raccolgono le dichiarazioni da loro rese in dibattimenti “paralleli” su temi processuali comuni. 117 Cosa ______________ 116 Un attestato sia pure di “spessore probatorio” diverso, in relazione al tipo e alla definitività o meno del provvedimento giudiziario che dalle loro dichiarazioni è scaturito. Per citare solo alcuni di tali provvedimenti, tra i tanti che il P.M. ha documentato e la Corte acquisito nel corso del lungo dibattimento e lasciando al prosieguo della trattazione l‟indicazione degli altri, secondo l‟opportunità espositiva del momento, si possono ricordare: provvedimenti restrittivi (documenti acquisiti: per SAVERIO MORABITO, con ord. 30 giugno 1995, 2 aprile 1996; per ROMEO ANNUNZIATINO, con ord. 30 giugno 1995); provvedimenti di rinvio a giudizio (vedine una elencazione tra quelli acquisiti con la citata ordinanza 2 aprile 1996); sentenze di merito non coperte da giudicato (CIULLA, dal Trib. Milano, documento acquisito con ordinanza 23 aprile 1996; MORABITO LUIGI, Trib. Milano, documento acquisito con ord. 2 aprile 1996; MORABITO SAVERIO, documento acquisito con ord. 26 settembre 1996) decisioni irrevocabili (per AMANDINI, documenti acquisiti con ordinanza 30 giugno 1995; INZAGHI, Ass. Roma, acquisita con ord. 26 settembre 1996; App. Torino, documento acquisito con ord. 5 novembre 1996; MORABITO SAVERIO, documento acquisito con ord. 24 ottobre 1995). 117 Anche qui a titolo esemplificativo (e riservando al prosieguo le precisazioni del caso), segnaliamo che sono stati acquisiti agli atti, con le ordinanze dibattimentali che seguono, i verbali di prova dei corrispondenti “collaboratori processuali”: con ord. 30 giugno 1995 (ROMEO BRUNO); con ord. 24 ottobre 1995 (CIULLA e MORABITO LUIGI); con ord. 15 novembre 1995 (ANNACONDIA e PIRRONE); con ord. 19 454 che consente quel controllo assai importante di costanza, fermezza e sostanziale uniformità di contenuti narrativi dei vari racconti, indicato più sopra come segno di sincerità della fonte. --==0==-- La rapida rassegna sugli indici di generale affidabilità della fonte di prova rappresentata da SAVERIO MORABITO, non può trascurare le conferme che sono venute dal c.d. processo BAIKAL KENAN. E questo per un duplice aspetto di quella vicenda: ovvero, sia con riferimento ai fatti di delitto portati in tale occasione all‟esame della A.G., sia con riferimento ad altri fatti scaturiti da quel processo e per i quali, per eventuali profili penalmente rilevanti, si sta occupando altra A.G. (Brescia). Ciò che è nel complesso avvenuto ha una forza probatoria (per l‟aspetto che qui interessa), forse come poche altre e dà sicuramente ragione della scelta interpretativa fatta da questa Corte di Assise 118 e del giudizio probatoriamente positivo che essa ha formulato nella specie riguardo la chiamata di correità del MORABITO. Una scelta interpretativa che, pur consapevole dei rischi connessi all‟utilizzo della chiamata in reità e correità come mezzo di prova, non rinuncia (magari mascherando tale rinuncia con la richiesta di impossibili “riscontri” o di prove autonome della responsabilità del chiamato119), a tale indispensabile strumento di prova, ma si incentra sul problema della valutazione dell‟affidabilità probatoria delle dichiarazioni del collaboratore. Al nocciolo. Quel processo traeva origine dalle ampie e dettagliate dichiarazioni rese dal cittadino turco che aveva all‟epoca collaborato _______________________________________________________________ dicembre 1995 (DI DONATO); con ord. 10 gennaio 1996 (AMANDINI); con ord. 12 marzo 1996 (BARRECA, LAURO e TUCCI); con ord. 26 marzo 1996 (DI MODICA e TOCCI); con ord. 18 aprile (PACE); con ord. 23 aprile 1996 (INZAGHI e PIRRONE); con ord. 4 giugno 1996 (FOSCHINI); con ord. 18 luglio 1996 (CASSANIELLO, PACE, DI DONATO, MORABITO S. ORIO e SACRIPANTI). 118 Cfr. Capitolo 3. 119 Nella pretesa di un elemento di prova autonoma della responsabilità del chiamato, viene a risolversi, secondo taluno, l‟orientamento giurisprudenziale abbastanza recente sul c.d. riscontro “individualizzante”. Orientamento interpretativo non condivisibile, poichè ciò equivarrebbe a negare in pratica il valore di prova pacificamente attribuibile alla chiamata di correo (v. Capitolo 3). 455 con l‟A.G.; BAYKAL KENAN, e aveva così consentito di aprire una prima breccia nella realtà delle organizzazioni criminali calabresi operanti a Corsico e Buccinasco. Il BAYKAL, in particolare, aveva reso possibile far luce su uno scorcio di quelle attività di commercio di droga che, come si vedrà, molti degli attuali imputati portavano avanti dagli inizi degli anni „80 e che (come emergerà poi dalle dichiarazioni del MORABITO e di altri collaboratori) giunsero, negli anni più recenti, a livelli di primissimo piano (v. gestione di circa 150 Kg. di eroina al mese). Ebbene, come prima considerazione, va preso atto che le dichiarazioni successivamente rese da MORABITO SAVERIO in questo dibattimento hanno pienamente confermato le dichiarazioni rese dal BAYKAL e, implicitamente, il giudizio di credibilità già formulato alla stregua dei criteri interpretativi e valutativi della chiamata di correo che si sono innanzi esposti (cfr. citato Capitolo 3 e la sentenza qui acquisita 120). Si sottolinea, in proposito, che in quel processo MORABITO aveva negato la propria responsabilità, mentre ha poi qui ammesso, fin nei minimi particolari, le indicazioni fornite su di lui dal BAYKAL KENAN, ed ha anche ammesso la sua partecipazione al duplice omicidio di CAVALLARO e CAMPODIPIETRA in relazione al quale era stata pronunciata nell‟ambito di quel processo sentenza di n.l.p.): Ma le vicende connesse al processo c.d. BAYKAL hanno anche fornito un‟occasione sicuramente eccezionale di conferma dell‟esattezza dell‟indicata scelta interpretativo-valutativa, poichè è stata prospettata l‟ipotesi 121 che ad “altro” si dovette ricorrere da parte degli imputati per addivenire ad alcune assoluzioni in grado di appello. E‟ insomma avvenuto - passando al secondo aspetto di quella vicenda dinanzi evidenziato - che SAVERIO MORABITO (risoltosi ormai a quel tempo a collaboratore con l‟A.G.) mentre si svolgeva il dibattimento di appello di quel processo, aveva potuto preannunziare, per così dire “in presa diretta”, al P.M. che aveva condotto quell‟indagine in primo grado e stava raccogliendo la sua _____________ 120 Cfr. Vol. 221, sent. n. 126. Del processo c.d. BAYKAL KENAN si tornerà ancora a parlare, tra l‟altro anche trattando il reato associativo concernente il Gruppo SERGI. 121 Se fondatamente o no sarà solo l‟A.G. di Brescia a dirlo. Per questo motivo questa Corte, nella sua ordinanza 13 aprile 1995 (pag. 25), non ha accolto la richiesta istruttoria della difesa SERGI intesa a dibattere in questa sede, anche attraverso l‟escussione dei magistrati componenti quel Collegio giudicante, la fondatezza della prospettata ipotesi delittuosa. 456 “collaborazione”, il progetto di “corruzione” - stando naturalmente alle sue parole - che (come a lui veniva riferito, con progressivi aggiornamenti sulla sua evoluzione) era in corso nei confronti di componenti il collegio giudicante, per ottenere la assoluzione (sua e, tra suoi coimputati, anche di SERGI FRANCESCO e PARISI ANTONIO). Il processo si era concluso infatti in primo grado con una sentenza di condanna degli imputati (tra cui SAVERIO MORABITO e FRANCESCO SERGI a 24 anni di reclusione, ANTONIO PARISI a 12 anni di reclusione, oltre le pene pecuniarie per tutti e tre). 122 Ora, la collaborazione di MORABITO SAVERIO, protrattasi con le modalità indicate durante lo svolgimento del processo in appello, ha permesso di seguire come s‟è detto “in diretta” la sorte di quel processo in tale fase. Una sorte che pare alquanto singolare, se si tiene presente che MORABITO SAVERIO, ancor prima che quel dibattimento di appello avesse inizio, aveva appreso dal fratello LUIGI che SERGI PAOLO si stava attivando per “aggiustare” il processo e che dava per certo il buon esito del suo intervento. Nel corso del dibattimento, aveva poi avuto ripetute conferme (tra l‟altro anche dallo stesso SERGI FRANCESCO, suo coimputato e fratello di PAOLO) che qualcuno si era mosso per “pilotare” il suo processo. Non aveva saputo niente di più, per la voluta e rigorosa riservatezza tenuta dai diretti interessati. Certo, era stato rassicurato anche sotto il profilo economico: non occorreva che mettesse anche lui del denaro, perchè l‟interessamento di PAOLO SERGI, oltre che per il fratello FRANCESCO, valeva anche per lui e l‟altro coimputato PARISI ANTONIO. 123 Dichiarazioni queste sicuramente inquietanti e anche in qualche modo rinviano col pensiero a episodi di corruzione o intimidazione o comunque di “avvicinamento”, nei confronti di appartenenti all‟Autorità giudiziaria e/o a testimoni, riferiti dal MORABITO (si vedano ad esempio: gli episodi riportati trattando dell‟omicidio dell‟avv. PONZIO: v. infra; quanto riferito dal collaboratore a proposito del processo celebratosi avanti alla Corte d‟Assise di Appello di Torino nel processo per le rapine ai supermercati 124; quanto riferito dal collaboratore a proposito di un cancelliere e di un ___________ 122 123 124 Sentenza 2 aprile 1992 citata all‟inizio. Cfr. gli interrogatori resi dal MORABITO al P.M. nelle date del 13 febbraio, 26 marzo e 2 aprile 1993. Aff. 768 e interr. al P.M. pagg. 1085 e segg. 457 giudice di Roma 125; quanto riferito dal collaboratore a proposito della concessione degli arresti domiciliari a INZAGHI nel noto processo per “riciclaggio”: v. infra c.d. affare FORTUNY; e a proposito di una assoluzione ottenuta da ROCCO PAPALIA grazie all‟intervento di un avvocato: v. infra omicidio PONZIO e ivi ampi richiami nella nota 4). Sta di fatto - questo è il dato storico ineludibile emergente dall‟intera vicenda - che la “profezia” di MORABITO ebbe puntualmente a verificarsi: furono tutti e tre assolti, lui, SERGI FRANCESCO e PARISI ANTONIO. Per gli altri vi fu una sostanziale conferma della decisione di primo grado. 126 Si aggiunga poi che MORABITO ASSUNTO LUIGI ha pienamente confermato quanto riferito dal fratello, vale a dire che SERGI PAOLO in più di un‟occasione gli aveva espressamente chiesto di riferire al fratello SAVERIO di non preoccuparsi per il suo processo di appello, perchè quello che stavano facendo per il fratello FRANCESCO valeva anche per lui e per il PARISI. Che anzi, si era raccomandato di fargli sapere di non smuovere nulla, di non dare soldi a nessuno, perchè tutto stava andando per il verso giusto. Altro non aveva potuto sapere, ma per lui era chiaro che avevano “manovrato” qualche giudice 127. Una “assoluzione annunciata” appare dunque, allo stato, quella pronunciata in data 25.3.1993, sulla quale l‟A.G. competente 128 sicuramente svolgerà tutti i necessari approfondimenti, anche al fine di verificare se le dichiarazioni rese da MORABITO in epoca che parrebbe non sospetta e col rischio di guadagnarsi una clamorosa smentita 129, confermate oltretutto dal fratello LUIGI e seguite dalla effettiva verificazione del risultato prognosticato e ottenuto (con metodo sicuramente illecito, stando lo si ribadisce a ___________ 125 Interr. al P.M., pag. 1092. Cfr. sentenza Appello Milano 25 marzo 1993 a Vol. 223, doc. n. 138. Gli altri imputati ebbero solo riduzioni di pene. Detta sentenza - va pure detto - ha trovato conferma in Cassazione. Ma non pensa la Corte che questa sentenza possa far venir meno il giudizio di positiva attendibilità del collaboratore, a meno che gli si voglia riconoscere una capacità “profetica” di cui la storia giudiziaria non offre altri esempi. 127 Cfr. interr. al P.M. dell‟8.6.93, pag. 293. 128 Quella bresciana, come si è anticipato, che risulta investita dell‟indagine per il profili penali della vicenda con riguardo all‟intero Collegio giudicante. 129 Riesce peraltro anche difficile ipotizzare, in quel momento, un interesse personale del collaboratore a riferire al P.M. sulla vicenda in questione. Del resto proprio in un contesto in cui l‟A.G. avanti la quale si trova sta giudicandola sua affidabilità. 126 458 quanto riferito dai due collaboratori), siano o no compatibili con l‟ipotesi di una millanteria. Comunque sia, per i dati storici qui evidenziati e per quanto strettamente riguarda questa Corte, il giudizio di affidabilità del collaboratore esce da questa complessa e assai delicata vicenda processuale, ancora una volta e marcatamente in positivo. --===0===-- 459 CAPITOLO 5 Il metodo di valutazione della prova --===0===-- Nella stessa prospettiva 1 che ha suggerito l‟opportunità di premettere, alla trattazione dei singoli episodi delittuosi, a quali condizioni verrà riconosciuto il valore di “prova” alla “chiamata di correo”, la Corte espone ora il proprio pensiero sul metodo, sulla procedura mentale che seguirà nel prevenire sulla scorta delle prove raccolte - al giudizio conclusivo in quanto di responsabilità nella valutazione della capacità dimostrativa insita il ciascun elemento di prova in generale, ovvero quello che giustificherà le conclusioni da essa Corte assunte per ciascun imputato in relazione a ciascun fatto di reato addebitatogli. Un metodo che - grazie anche al contributo di illuminata dottrina, non solo delle discipline giuridiche - questa Corte ritiene di adottare e qui esplicitare, vuoi per prevenire un possibile argomentare difensivo che malamente contesti (per un equivoco di fondo) l‟assenza di una certezza logica, stricto sensu, nelle conclusioni che essa avrà assunto, vuoi e soprattutto perchè il metodo adottato si presenta concettualmente più appagante di altri e, in particolare, perchè offre uno valido strumento per rispondere al sempre inquietante interrogativo - il cui dilemma di “scarica” interamente e principalmente nel momento della valutazione finale - su “quanto pesa”, quanto “conta” il singolo elemento probatorio, con il rischio ora di sacrificarne la portata in nome del dubbio residuo, ora invece di accettarne il piccolo rischio marginale in nome della forte carica indicativa che in esso è pur racchiusa. ________ 1 E con le stesse esigenze di sintesi imposte dalla sede in cui l‟argomento è trattato. 460 Il pensiero tradizionale Vale a dire, quello della giurisprudenza meno recente, può sintetizzassi nel seguente assioma: sicura certezza della conclusione e procedura connotata dal metodo della dimostrazione (tipica dell‟inconfutabilità della proposizione finale) individuano il grado e il tipo di conoscenza che si ritiene (rectius: si riteneva, vedi infra) racchiusa nella pronuncia giudiziale. Non pochi difensori si sono richiamati a questo orientamento di pensiero nel richiedere alla Corte, per la eventuale condanna del loro assistito, uno standard di conoscenza quale, appunto, la certezza. Con il corollario che a quest‟ultima la Corte potesse pervenire solo se in possesso di alcuni eventi qualificati, definiti “prove”, tali da offrire di per sè la forza dimostrativa piena voluta dalla sentenza. Di qui, con evidenti riferimenti a classificazioni di sapore civilistico, l‟indicazione di una sorta di gerarchia probatoria tra i vari elementi raccolti nel processo che, grosso modo, vede ai suoi estremi da una parte la “prova” (quale, classicamente, quella diretta o rappresentativa come la testimonianza e il documento) e dall‟altra “l‟indizio” (come la “chiamata in correità”, o altra quale prova “minore”, o indiretta). Il pensiero moderno Ma, anzitutto, la pretesa di attribuire un determinato coefficiente probatorio, o tasso di idoneità probatoria al tipo astratto di strumento impiegato è da considerarsi ormai abbandonata dalla elaborazione dottrinale e giurisprudenziale più recente che ha accolto una concezione unitaria della prova. 2 Non solo. Nella motivazione di talune pronunzie traspare poi anche la adesione al criterio che - al di là di una certezza logicamente ____________ 2 “Deve ritenersi superata la tradizionale distinzione tra prova rappresentativa e quella critica, che solitamente si è per lungo tempo fatta al fine di una attribuzione di un maggiore o minore valore processuale all‟una piuttosto che all‟altra (Cass., Sez. I, 22 giugno 1992, ALFANO). Anzi, “ad alcune prove, che rientrano nella categoria delle “indirette” o “critiche”, deve riconoscersi un rilievo di attendibilità superiore rispetto ad altre, che pure rientrano in quelle a quelle dirette o rappresentative, ed anzi possono valere a verificare queste ultime” (Cass. Sez. I, 13 novembre 1991, COSSEDDU). E ancora “Il legislatore ha accolto una concezione unitaria della prova che, per comodità di analisi, può suddividersi nei vari elementi che la compongono e può tollerare classificazioni, ma che, nel momento valutativo finale, non accetta altra definizione che quella di prova critica unitariamente intesa.” (Cass. 11 gennaio 1991, TERESI). 461 irraggiungibile e scientificamente indimostrabile 3 - questa Corte giudica più realistico, più appagante nel delicato percorso valutativo del materiale probatorio acquisito al processo: vale a dire il criterio della c.d. “ipotesi preferibile”, ossia quello della accettabilità di una “storia criminale” (ovvero: di una ipotesi di ricostruzione del fatto di reato e del coinvolgimento del suo autore) che, se non può presentare mai, a stretto rigore, carattere di logica certezza, purtuttavia si accredita al controllo della ragione, e da questa ne riceve quel consenso che giustifica la decisione finale. Una ipotesi di storia criminale che si presenta, quindi, come capace di fornire spiegazione ragionevole a tutti gli elementi raccolti, ed è prevalente su ogni altra ipotesi formulata o formulabile nel processo. 4 E questo perchè quella esigenza di certezza a suo tempo conclamata, e in qualche modo psicologicamente spiegabile, si è trovata a fare i conti e a piegarsi di fronte a considerazioni di logica lineare 5 poste in evidenza da altre branche del sapere e che, in termini inevitabilmente semplificati, si possono così esprimere: a) la conoscenza dell‟uomo si estende per constatazione o per inferenza. Il giudice non può, per definizione, constatare il reato 6, poichè il reato appartiene a un passato non ricostruibile _____________ 3 E spiegabile solo come esigenza psicologica, nel senso che si dà per acquisita una “certezza” che tale non è, e non può essere, ma è necessario che “convenzionalmente” sia, essendo (rectius: apparendo) intollerabile che un evento così grave come la limitazione della libertà di una persona possa scaturire da altro che non sia una categorica certezza. 4 Cfr. in proposito il seguente passo della motivazione - nel capitolo relativo all‟omicidio del prefetto DALLA CHIESA di Cass. Sez. I, 30 gennaio 1992, ALTADONNA - già ampiamente citata per l‟innanzi a proposito del tema: “chiamata di correo”) “...Risultano pertinenti e fondate, invece, le critiche del ricorrente p.g. avverso quelle parti della motivazione che, valutando la portata di un elemento obiettivo e certo (l‟identità delle armi usate nell‟eccidio, quelle stesse impiegate nella precedente strage della circonvallazione ed in parte usate anche in altre imprese criminali contro la vita, ascritte alla Commissione) ne anno piegato il significato verso ipotesi congetturali ingiustificatamente divergenti da quella collegabile, secondo una logica lineare alla più accreditabile delle causali, l‟impegno manifesto del nuovo Prefetto nella lotta contro la mafia, accompagnato dalla facile prevedibilità di reazione a tutto campo da parte degli organi repressivi in caso di suo assassinio. Considerazioni, queste, riconducenti facilmente ad una matrice programmatica e decisionale di generale autorità e di indiscusso potere che, giusta gli schemi di fatto accertati, sarebbe arduo non identificare nella Commissione di Palermo, vertice supremo dell‟organizzazione mafiosa.” 5 Quella stessa giustamente “pretesa” dal S.C. nella decisione surrichiamata 30 gennaio 1992, ALTADONNA. 6 Quello commesso in udienza è eccezione insignificante. 462 sperimentalmente 7. Dunque il giudice, per dichiarare l‟esistenza di un reato e la sua attribuibilità ad una persona, deve ricavarlo da determinati indicatori sottoposti al suo vaglio. b) l‟inferenza è una tecnica di ragionamento incentrata sul passaggio “dal particolare ad un altro particolare attraverso la mediazione di un universale”. L‟”universale” che funge da ponte è una legge le c.d. “massime di esperienza”, il “criterio” evidenziato dall‟art. 192/1 - che, di regola 8, non ha valore assoluto, e quindi riverbera la sua “non necessità logica” sulla conclusione, anch‟essa opinabile e probabilistica. L‟enunciato finale del giudice, pertanto, non ha carattere di certezza, ma ha la possibilità di essere “giustificato”, nel senso che, offrendosi al controllo razionale, può ricevere il suo consenso. Una base testuale rassicurante di quanto detto la si trova nel citato art. 192/1: se il giudice deve “dare conto” delle operazioni compiute (ovvero: del “criterio” seguito) e dei risultati raggiunti, è segno che questi ultimi non possiedono, di per sè, la evidenza della dimostrazione, non sono sostenuti da una necessità logica: in altri termini, non vi è “certezza” nel risultato, così come non vi sono “prove” che di per sè la forniscano. Vi sono, semplicemente, degli “elementi di prova” ai quali viene riconosciuta, o negata, la capacità di convalidare una ipotesi, sulla base di un criterio razionale offerto al consenso generale. 9 ___________ 7 Cfr. in proposito quanto già accennato nelle pagine che precedono, discorrendo a proposito del riscontro c.d. individualizzante. 8 Anche quando la “regola, anziché esser tratta dalla osservazione di comportamenti umani, è costituita da una legge scientifica e quindi connotata da “certezza” in quanto sperimentata, essa opera sempre per passaggi logici intermedi e mai per l‟inferenza (rectius: abduzione) finale. 9 Questa importante acquisizione - si sottolinea in dottrina - è stata recepita dal codice in almeno altre due norme: l‟art. 546/1, lett. e) stabilisce che la sentenza deve contenere, tra l‟altro, “l‟indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l‟enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie”. Ciò sta a significare che vi possono essere, e normalmente vi sono in processi di almeno media complessità, degli elementi che orientano verso una data conclusione ed elementi che orientano ella direzione opposta. Entrambi presentano, visti a parte ante, una certa capacità dimostrativa, che permette di considerarli argomento a sostegno di una ipotesi: ma solo taluni, a parte post, si trasformano in “risultato di prova”, o prova tout-court, ossia ricevono l‟adprobatio del giudice, mentre agli altri viene negata dal giudice l‟efficacia che la parte loro attribuiva. Ancora più nitida è la conferma che si ricava - sempre secondo la dottrina citata - dall‟art. 637/3. Questa norma regola il procedimento di revisione e stabilisce che “il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio”. Argomentando a rovescio, si desume che il giudice potrebbe, sul piano strettamente logico-conoscitivo, addivenire ad una diversa valutazione delle prove che condussero alla condanna, ma ciò gli è impedito 463 c) Il consenso è conseguibile in misura proporzionale alla validità e concludenza della regolaponte impiegata; e poichè la vicenda processuale non offre normalmente un solo elemento di valutazione, ma una pluralità di elementi, il consenso si lega altresì alla conguenza di questa messe di informazioni con una certa ipotesi esplicativa del loro insieme, e con la preferibilità di questa ipotesi a qualsiasi altra, espressamente formulata o astrattamente formulabile. La mancanza di una cogenza logica nelle “regole” che vengono usate nel sillogismo giudiziario, per passare (in via inferenziale) dell‟evento noto (o elemento di prova) all‟evento investigato, e la mancanza intrinseca di un rigore dimostrativo nel “pensare all‟indietro” tipico del giudicante 10, se hanno portato quest‟ultimo a familiarizzare con la scomparsa del mito della certezza, surrogandolo con il criterio (più realistico) della probabilità - sia pure alta probabilità - sicuramente non gli hanno fatto venir meno l‟esigenza di approdare ad una conclusione che presenti il minor possibile rischio di errore “in malam partem”. Nonostante che queste conclusioni egli, spesso, nominalmente continui ancora a considerare frutto di “certezza”. Ma che tale, a stretto rigore, sa che non è, anche per le acquisizioni provenienti da discipline diverse da quella giuridica, ma che questa arricchiscono e affinano. Una garanzia per la correttezza del procedere logico del giudicante - a contrastare la prevedibile (quanto infondata e sbrigativa) accusa che taluno intendesse muovergli di affidare in tal modo la sorte di un uomo a una semplice “probabilità”, anzichè a una ben più rassicurante “certezza” 11 - è rappresentata dalla presenza (secondo le discipline considerate), di quelli che vengono giudicati i requisiti di accoglibilità dell‟ipotesi formulata dalla parte interessata. Tali sono stati indicati, in sintesi e sul piano più generale negli studi di “logica”: la rilevanza (cioè la capacità di spiegare il fatto, __________________________________________________________________ per esigenze di stabilità del giudicato. Questo significa che quegli elementi di prova, che furono “adprobati” nel processo definito con la sentenza di condanna sottoposta a revisione, solo formalmente hanno espresso una certezza, tant‟è che ora sarebbero suscettibili di condurre a un risultato diverso. L‟art. 637/3 sottolinea pertanto in modo testuale il valore meramente probabilistico delle certezze giudiziarie, come del resto già osservato nelle pagine che precedono. 10 Deficienze che, sul terreno difensivo, si traducono sovente - e intelligentemente, per la incontestabilità del dato di partenza - in argomento di impugnazione delle conclusioni assunte dal giudicante. 11 Che a ben vedere assomiglia molto (e tanto vale) a quella “intime convintion” di antica e non entusiasmante memoria. 464 nel senso che questo deve essere deducibile dall‟ipotesi proposta); la comprovabilità (nel senso che deve esistere un rapporto tra il fatto ipotizzato e taluni dati empirici posseduti o possedibili); la compatibilità (tra l‟ipotesi formulata e altre ipotesi già stabilite in precedenza, nel procedere del racconto per cerchi concentrici); la capacità di previsione e di spiegazione (di fatti ulteriori rispetto a quello considerato); la semplicità (nel senso che è preferibile l‟ipotesi, a sostenere la quale si richiede una minore complicazione di eventi). Ora, trasferendo queste acquisizioni sul piano dell‟indagine giudiziaria, 12 e considerato che l‟essenza del processo sta proprio nell‟esser luogo di confronto tra ipotesi contrapposte (quella dell‟accusa e quella della difesa), può anticipare la Corte che, quando - sulla base di tutte le prove assunte - essa si troverà a scegliere tra l‟una e l‟altra ipotesi, essenzialmente due saranno i parametri in base ai quali formulerà la sua opzione: quello della quantità dell‟informazione coerente con l‟una, e che la sorregge, piuttosto che con l‟altra, e la maggiore semplicità della prima rispetto alla seconda, ovvero la sua minore complicazione a cospetto delle altre eventuali ipotesi contrapposte e asseritamente esplicative degli elementi posseduti. Si vuol dire, in sostanza, che l‟ipotesi preferita e plausibile sarà tale non perchè possieda un connotato di necessità logica, dal momento che è sempre possibile contrapporle altre ipotesi in qualche modo esplicative dei fati acclarati, ma perchè è sostenuta da una maggiore quantità di informazione, di dati, di evenienze o accadimenti, coerenti tutti tra loro e concludenti con essa e dalla medesima interamente spiegati secondo un canone di “normalità” esperienziale. Laddove l‟altra ipotesi, oltrechè evocatrice, magari, di scenari complessi, privi di riferimenti fattuali, e spesso immaginari, può trovarsi anche a dover render conto di dati non coerenti o scarsamente compatibili tra loro (se non addirittura contraddittori) o addirittura esigui. 13 ____________ 12 Tenendo presente, peraltro, che esse hanno valore non solo nel momento della deliberazione finale, anche se è in questa occasione che si apprezza funditus l‟efficacia operativa della regola di giudizio, ma nel corso dell‟intera vicenda processuale. 13 Una conferma della validità del criterio seguito, la Corte rinviene nella recente statuizione del S.C., del seguente tenore, meglio illustrato in parte motiva: “La prova indiziaria deve consentire la ricostruzione del fatto e delle responsabilità in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche da escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con ogni e qualsivoglia verosimiglianza e in conseguenza di un ipotetico, inusitato combinarsi di 465 ______________________________________________________________ imprevisti e imprevedibili fattori (la “complicazione” della ipotesi: n.d.r.), la realtà delle cose sia stata diversa da quella ricostruita (naturaliter, simpliciter, n.d.r.) in base agli indizi disponibili.” (Cass., Sez. 5, 1 aprile 1996, COMPAGNIN; conforme: Cass. Sez. 1, 2 marzo 1992, DI PALMA) La Corte censura, quindi, nel caso portato al suo esame, il “dubbio soggettivo” avvertito dai giudici di merito, e nato da “ipotesi poco plausibile” e riafferma (citando un proprio precedente: Cass. Sez. 1, 2 marzo 1992, DI PALMA) il principio che per la “certezza” della decisione (e in questa limitata eccezione è accettabile questo attributo della decisione: n.d.r.) non è necessario giungere ad escludere ogni altra possibile ricostruzione del fatto da provare sulla base di mere ipotesi che facciano ricorso ad improbabili - ma purtuttavia possibili - combinazioni di fatti imprevisti e imprevedibili (“Se così fosse, infatti, non si dovrebbe più parlare di prova indiziaria e di indizi atti a sostenerla, ma di dimostrazione per absurdum, secondo regole che sono proprie soltanto delle scienze esatte, la cui osservanza non può quindi esser pretesa nell‟esercizio dell‟attività giurisdizionale”). Ciò, tuttavia, prosegue la Corte regolatrice, “non può significare che la presenza di indizi permetta di addossare all‟imputato il rischio di una realtà inverosimile. Se l‟indizio non consente, per definizione, di stabilire un rapporto di necessaria implicazione tra factum probans e factum probandum, ne consegue che la concordanza degli indizi potrà rafforzare la verosimiglianza di una ipotesi, ma non potrà escludere la compatibilità, con i fatti noti, anche di ipotesi diverse. Tuttavia, l‟ipotesi sorretta da una pluralità di indizi concordanti può essere ragionevolmente posta a fondamento di una decisione giudiziale, in quanto sia congruente coi fatti accertati e, quindi, sia l‟unica, tra quelle disponibili, a dare un “senso” alla storia che si propone per la ricostruzione della vicenda oggetto di indagine. Ciò significa che gli indizi non vanno valutati in astratto, con riferimento alle conclusioni logicamente infinite che sono compatibili coi fatti noti, ma richiedono una valutazione riferita all‟effettivo contesto della vicenda, alle diverse “storie” alternative che realmente emergano dal confronto delle concrete prospettive delle parti coinvolte nel processo.” Ovvero, esplicitando il pensiero del S.C.: la valutazione degli elementi indiziari non va fatta in astratto, con riferimento cioè alle conclusioni logicamente infinite che risultino compatibili con i fatti noti, ma con un occhio alle ipotesi di ricostruzione dei fati messe in campo dalle parti, per misurarne le caratteristiche di accettabilità e preferibilità dell‟una sull‟altra (in quanto se la concordanza degli indizi sarà in grado di rafforzare la verosimiglianza di una ipotesi, pur tuttavia non potrà escludere che gli stessi possano ritenersi compatibili anche con ipotesi diverse e alternative alla prima). Ciò però non significa - avvertono i giudici di legittimità - che quegli indizi possano far ricadere sull‟imputato una realtà inverosimile, proprio perchè la valutazione degli stessi deve fare riferimento all‟effettivo contesto della vicenda, ossia al “teatro” nel quale il reato è stato commesso (intendendosi come tale non solo la realtà materiale modificata dalla condotta delittuosa, ma anche la realtà umana che da questo evento è stata “impressionata”): gli indizi, cioè, devono, per così dire, calarsi nelle diverse “storie” alternative che realmente emergano dal confronto delle ipotesi prospettate dalle parti coinvolte nel processo e “dare un senso” alle medesime. E se - come è vero - l‟ipotesi altro non è che uno schema esplicativo possibile, che dà ragione di tutti gli eventi constatati e li trasforma, da fenomeni scollegati in una “sequenza coerente”, il giudice, tra le varie ipotesi possibili, dovrà dare preferenza a quella dotata delle caratteristiche più sopra indicate. Per concludere, la Corte ricorda che, lungi dall‟essere plausibile e verosimile (id est: accettabile e preferibile), una ipotesi che non sia sorretta da elementi che consentano di dare un senso alla “storia” che si propone - in alternativa alla tesi accusatoria - per la ricostruzione della vicenda oggetto di indagine, sarà destinata a cedere a fronte di una pluralità di indizi che in concreto siano in grado di stabilire un rapporto di necessaria implicazione fra factum probans e factum probandum, pur trattandosi di indizi non 466 La valutazione della prova viene così a risolversi in un raffronto tra “storie” complessive aventi un diverso grado di accettabilità. Certo, non basterà a questa Corte, per sciogliere il sempre inquietante dilemma, dire che è “più credibile” lo svolgimento dei fatti suggerito dall‟accusa, per legittimare una affermazione di colpevolezza; così come non sarà sufficiente constatare che l‟ipotesi dell‟accusa è soltanto “più semplice” di quella avanzata dalla difesa. occorrerà che quest‟ultima - sulla scorta delle risultanze probatorie e delle stesse allegazioni dell‟imputato - resti confinata in un ambito totalmente remoto di accettabilità da poter essere esclusa “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ma - per l‟appunto e nel solco di pensiero della S.C. - non al di là di ogni dubbio, bensì di ogni dubbio che rimane dopo che sono state esplorate e confrontate le ipotesi concretamente messe in campo e esso non si presenti come meramente soggettivo, ovvero riconducibile soltanto ad astratte ed ipotetiche congetture o anche ad allegazioni non tempestivamente enunciate (magari anche per esser in tal modo sottratte alle opportune e doverose verifiche). 14 __________________________________________________________________ esaustivi in termini di esclusione di ogni più astratta e remota delle possibilità che i fatti si siano svolti in maniera diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili. 14 Così come - specularmente - incorrerebbe in un vizio motivazionale la decisione che desse rilievo a ipotesi difensive (o anche d‟ufficio e autonomamente prospettatasi dal giudicante, forzando il proprio scrupolo nella ricerca di una irraggiungibile matematica certezza) fondate unicamente sulla possibilità di uno svolgimento dei fatti diverso da quello ipotizzato dall‟accusa in base ai fatti noti, e senza sottoporre a verifica (ovviamente sulla scorta delle indicazioni e allegazioni difensive) l‟ipotesi alternativa enunciata. Interessante, in proposito, appare il seguente passo della motivazione della sentenza (inedita) n. 611 del 4 ottobre 1991, CAPPELLANO e altri, nella quale scrive il S.C.: “Altro profilo di lacunosità e illogicità riscontrabile su un punto essenziale dell‟impugnata sentenza (ed esattamente rilevato dal P.G.), appare poi quello concernente la possibilità (implicitamente ritenuta e non motivata), che un piano, necessariamente complesso e articolato al pari di quello che avrebbe dovuto essere elaborato e attuato dagli attuali imputati, fosse stato elaborato e attuato da altri, mediante subitaneo inserimento in una serrata serie di avvenimenti per essi sconosciuti e imprevedibili, sia nella loro genesi che nel loro svolgimento. La mancata esplorazione e dimostrazione di detta possibilità appare in effetti censurabile giacchè, trattandosi dell‟unica ipotesi alternativa a quella respinta dalla Corte di merito siccome non provata e poco verosimile (nel comune presupposto, dato per acquisito dalla stessa Corte, che il delitto dovesse necessariamente essere scaturito da un piano avente le caratteristiche anzidette), sarebbe stato necessario porre a confronto le due ipotesi, onde pervenire a una motivata conclusione in ordine alla maggiore o minore plausibilità dell‟una o dell‟altra. Fondata deve infine riconoscersi la censura avanzata dal ricorrente P.G. a proposito della mancata presa in esame dell‟elemento indiziante costituito dal pur ricordato tentativo del CAPPELLANO di crearsi un alibi falso. La prospettazione, anche a livello di tentativo, di un alibi falso (a differenza di quanto si verifica in caso di semplice 467 Il metodo esposto - per concludere sul tema - certamente non toglie al giudice la responsabilità valutativa che gli è propria, ma - come è stato efficacemente detto - “riduce il rischio dell‟errore senza farlo pagare solamente al processo (anche la pratica del dubbio ad oltranza riduce il rischio dell‟errore “in malam partem”, ma penalizza eccessivamente il processo).” Il diritto al silenzio Il discorso sin qui fatto, ha dei riflessi anche sul presente tema e sul quesito se l‟imputato possa in qualche modo esser gravato da oneri di tipo probatorio. E‟ noto il principio ricavabile dall‟art. 64/3: nemo tenetur contra se detergere. E tuttavia, se è vero - come è vero e si è testè ricordato - che il processo è tendenzialmente il luogo di confronto di ipotesi contrapposte (quella dell‟accusa e quella della difesa) e che esse vanno verificate e confrontate tra loro, non può esser del pari disconosciuto che l‟onere di allegazione di ipotesi alternative a quella dell‟accusa non rappresenta un carico che si pone sulle spalle dell‟indagatoimputato, ma un interesse del medesimo ad offrire una diversa chiave di lettura che dia ragione degli elementi a lui contestati. Questo e non altro significa, infatti, l‟invito ad “esporre quanto (l‟indagato) ritiene utile per la sua difesa”, che compare nell‟art. 65/2, e contro il quale non possono certo venir mosse accuse di inversione dell‟onere della prova. E‟ stato scritto: “E‟ certamente compito dell‟accusa configurare ipotesi diverse; ma non di rado l‟ipotesi alternativa, se davvero è conforme a realtà, è conosciuta solo dall‟indagato, ed è conforme al modello accusatorio il sollecitarlo ad offrirla, sia pure eventualmente, in termini ora di mera allegazione, ora anche di dimostrazione, quando la ricerca da parte dell‟accusa non può esser fruttuosa.” 15 ___________ fallimento dell‟alibi), costituisce infatti, con ogni evidenza, un elemento che, seppur non necessariamente decisivo, non può, tuttavia, esser del tutto trascurato (come invece ha fatto la Corte in merito), nella valutazione, necessariamente globale, dei singoli elementi assunti come indizianti, ai fini del giudizio in ordine alla loro idoneità o meno a costituire, nel loro complesso, prova di colpevolezza. I vizi motivazionali finora illustrati, siccome incidenti, come già in parte anticipato, su punti nodali della decisione adottata dal giudice di merito, appaiono tali da determinare l‟annullamento di detta decisione, senza necessità di esame delle ulteriori censure avanzate dal ricorrente P.G., da considerarsi quindi assorbite.” 15 Si fa il caso del documento che solo l‟indagato è in grado di procurare. 468 E sostanzialmente in questi stessi sensi si è espressa più volte la giurisprudenza anche di legittimità. Si sostiene, infatti, che non contrasta con le garanzie assicurate all‟imputato, per il caso che non intenda rispondere nella fase dell‟interrogatorio, il significato che dal giudice può esser attribuito al suo comportamento allorchè, potendo fornire indicazioni di dati che potrebbero scagionarlo, ometta o si rifiuti di farlo. In tali casi, si sostiene, non si tratta di valorizzare il silenzio come tacita confessione, ma di attribuire un particolare valore probatorio a elementi che sarebbero già idonei a suffragare un giudizio di colpevolezza. 16 Il percorso metodologico che questa Corte - in adesione ad autorevole dottrina - ha qui esposto come quello cui si atterrà nelle pagine che seguono nel momento valutativo del paniere probatorio riempito nel corso del lungo dibattimento, privilegerà allora l‟ipotesi d‟accusa purchè - come anticipato - fondata su una “alta probabilità”, a sua volta incentrata sull‟idea di “normalità”. “...Il rischio della idea di normalità è, ovviamente, l‟evidenza di una “non normalità”, essendo noto che innumerevoli possono essere le cause degli accadimenti. Ma questa “non normalità” se può, e di regola deve, esser cercata da chi investiga, più spesso, se esiste, può esser conosciuta solo su indicazione di chi l‟ha vissuta...” E, val la pena di aggiungere - in ossequio ai principi di condotta processuale, __________ 16 “Il principio secondo cui l‟imputato non ho l‟obbligo di rispondere alle contestazioni che gli vengono rivolte non comporta una limitazione legale della sfera del libero convincimento del giudice, che può legittimamente esercitarsi anche sulla portata significativa del silenzio mantenuto dall‟interrogato, su circostanze su cui questi, potendo fornire indicazioni di dati che potrebbero scagionarlo e contribuire all‟accertamento della verità, si rifiuti di farlo. In tal caso non può dirsi che il silenzio - garantito all‟imputato come oggetto di un suo diritto processuale - venga utilizzato, in contrasto con tale garanzia, come tacita confessione di colpevolezza, giaccè il convincimento di reità nel giudice viene a formarsi non sulla valorizzazione confessoria del silenzio, bensì sulla valorizzazione in senso probatorio di elementi già idonei a suffragare un giudizio di colpevolezza, in ordine ai quali il silenzio del soggetto viene ad assumere un valore di mero riscontro obiettivo.” (Cass. Sez. 5, 21 dicembre 1988, PAVONI; Cass. Sez. 6, 5 dicembre 1984, TORREGGIANI). E, ancor più recentemente, v. Cass. Sez. 6, 9 febbraio 1996, FEDERICI (“Il silenzio, garantito all‟imputato come un suo diritto processuale, non può essere utilizzato, in contrasto con tale garanzia, quale tacita confessione di colpevolezza. Ciò, però, non può comportare una limitazione legale della sfera del libero convincimento del giudice, sicchè la convinzione di reità può legittimamente basarsi sulla valorizzazione in senso probatorio di idonei elementi in ordine ai quali il silenzio dell‟imputato viene ad assumere valore di mero riscontro obiettivo.” Assunto che certamente richiede dal giudice prudenza e vigilanza, ma che non per questo può esser messo in discussione. 469 e per la efficienza e funzionalità stessa del processo (che non può presentarsi a strategie che ne vanifichino lo scopo, con trasgressione della tutela costituzionale in proposito prevista 17) - che tale indicazione deve collocarsi in tempi processuali congrui a renderne possibile la verifica ad opera della parte (ritenuta) istituzionalmente “antagonista”. 18 Menzogna e alibi falso In un ambito probatoriamente non dissimile vanno a collocarsi, ad avviso della Corte, queste altre due evenienze, la prima delle quali (il mendacio) taluno, tuttavia, tende a interpretare (e minimizzare) come manifestazione di un comune contesto di garanzia (al pari del silenzio). Trattasi di evenienze delle quali la “storia” del presente processo darà alla Corte modo di occuparsi e delle quali qui si vuol far cenno per comodità e opportunità espositiva ed anche perchè‟ esse, come la condotta di silenzio testè ricordata (naturalmente in quanto tenuta nelle cennate particolari circostanze), hanno - secondo la Corte - (o possono avere o normalmente hanno, se non di per sè, unitamente ad altri elementi acquisiti dello stesso segno) ricadute negative sulla posizione dell‟imputato. Pare innegabile, anzitutto, che tali evenienze denotino comportamenti strutturalmente ben distinti dal primo (il silenzio), risolvendosi essi - e non il mero silenzio - in forma di condotta attiva che non può non segnalarsi, già per se stessa, incisivamente, come un sintomo prespicuo di una personalità negativa. L‟imputato non si limita, qui, ad esercitare un suo diritto (lo ius tacendi: ossia di non esser costretto a collaborare con l‟Autorità giudiziaria o addirittura ad autoincriminarsi), ma opera attivamente in senso opposto ad essa, contro il processo e la sua finalità di accertamento della verità. Perciò la giurisprudenza, riguardo il contegno menzognero tenuto dall‟imputato, (analogamento al silenzio “qualificato” come come sopra) ha espresso valutazioni tendenzialmente negative (per __________ 17 18 Corte cost. decc. 9-23 gennaio 1997, n. 10 e 14-22 ottobre 1996, n. 353. Dizione che qui si adotta per scolpire il concetto, perchè, più correttamente, dovrebbe parlarsi di “parte imparziale”. 470 esempio, negando il riconoscimento delle attenuanti generiche giudizio finale di penale responsabilità. 19 ) che paiono estensibili anche al E ancora più netto è l‟accento negativo da essa conferito all‟alibi falso. La corte di legittimità, in proposito, distingue anzitutto tra albi mancante o fallito (ossia, addotto e non provato) e alibi falso o mendace, e rileva che se è vero che nel processo penale incombe sull‟organo dell‟accusa l‟onere di provare la colpevolezza dell‟imputato e non si richiede a questo di fornire la prova della sua innocenza (onde non è consentita la attribuzione di un valore pregiudizievole all‟incolpato alla assenza di un alibi o alla sua incertezza probatoria per il momento dell‟illecito che gli si contesta 20)m non è meno vero che un alibi falso o mendace appaia sintomatico del tentativo, da parte dello stesso incolpato, di sottrarsi all‟accertamento della verità. Sicchè di esso il giudice - e così questa Corte - ben può, e anzi deve, tener conto, quale elemento indiziante, unitamente a tutti gli altri acquisiti, valutandolo nel suo prudente apprezzamento per la formazione del giudizio finale in ordine alla penale responsabilità di colui che lo ha addotto. 21 ---===0===--- _________ 19 Tra le tante, cfr. Cass. Sez. 1, 3 marzo 1994, MANNARINO; Sez. 2, 29 maggio 1990, GRAMMATICO. Così come potrebbe esser legittimata anche l‟adozione di misure cautelari personali, durante le indagini preliminari, sotto il profilo che tale contegno menzognero potrebbe oggettivamente dare luogo ad una di quelle “situazioni di concreto pericolo per l‟acquisizione o la genuinità della prova” previste dall‟art. 274/1, lett. a). Si fa in proposito il caso del soggetto che, attraverso una serie di chiamate di correo calunniose, miri a deviare il corso delle indagini. 20 cfr. Cass. Sez. 1, 8 aprile 1991, LAVAZZA. Tranne, evidentemente (e richiamando quanto sopra detto), che tale alibi venga a identificarsi con l‟ipotesi formulata dalla difesa in alternativa a quella di accusa. Perchè, in tal caso, è chiaro che anche la semplice assenza dell‟alibi o li suo fallimento, al pari del silenzio, finiscono per valorizzare in senso probatorio gli elementi di accusa, riguardo i quali vanno ad assumere la portata di riscontro obiettivo. 21 Oltre alla decisione più sopra ricordata in nota, v. Cass. Sez. 1 24 febbraio 1992, BARBIERI; Sez. Un. 21 ottobre 1992, MARINO; Sez. 1, 16 ottobre 1990, ANDRAOUS. 471 CAPITOLO 6 ---oooOOOooo--SEQUESTRI DI PERSONA A SCOPO D‟ESTORSIONE ---oooOOOooo--Le pagine che seguono sono dedicate alla trattazione dei singoli episodi delittuosi, secondo l‟ordine appresso indicato: Sequestro di persona in danno di FERRARINI GIUSEPPE Sequestro di persona in danno di GALLI ANGELO Sequestro di persona in danno di SCALARI GIUSEPPE Sequestro di persona in danno di CAMPARI ALBERTO Sequestro di persona in danno di RANCILIO AUGUSTO 472 Sequestro di persona in danno di CATTANEO EVELINA Sequestro di persona in danno di JACOROSSI ANGELO Sequestro di persona in danno di VISMARA ALESSANDRO Sequestro di persona in danno di CASELLA CESARE 473 SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d‟ESTORSIONE di FERRARINI GIUSEPPE Corsico, 9 luglio 1975 ---oooOOOooo--- CAPO 9 1 MOLLUSO FRANCESCO ---oooOOOooo--- Il fatto FERRARINI GIUSEPPE fu vittima di sequestro di persona la sera del 9 luglio 1975: mentre percorreva, a bordo della sua “Fiat 127”, la via Galilei di Corsico, venne immobilizzato e portato via da tre persone armate e travisate, giunte a bordo di un‟auto “A.R. Giulia”. Di lì a tre giorni, i rapitori contattarono il fratello EZIO, chiedendo un riscatto di tre miliardi di lire. 2 Durante le trattative per il riscatto, precisamente il giorno 16 luglio, la Polizia riuscì a fotografare, all‟interno di una cabina telefonica ubicata nel piazzale del Cimitero Maggiore di Milano, PAPALIA DOMENICO, BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO, mentre parlavano al telefono delle condizioni del pagamento con i familiari del sequestrato. 3 _____________ 1 O.c.c. del 2.12.93; decr. rinv. giud. del 16.9.94. Le modalità del rapimento e l‟iter delle indagini risultano dai relativi atti di p.g. in vol. 106. 3 Il particolare viene più volte menzionato nel capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione del tentato omicidio di SEGHEZZI ALESSANDRO. 2 474 Il riscatto, pari a 800 milioni di lire, fu versato quella sera stessa ; la consegna del denaro avvenne sulla tangenziale ovest, sotto il cavalcavia per Corsico. A ricevere il pagamento furono due persone, che viaggiavano a bordo di una moto. La p.g., su disposizioni dell‟A.G., seguì e fotografò tutta la scena. Nel corso della notte il sequestrato fu rilasciato nelle vicinanze del ponte “Cantalupa”, sito nell‟omonimo quartiere, poco prima di Assago. La sera del 18 luglio si procedette all‟arresto di BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO; PAPALIA DOMENICO venne catturato solo molto tempo dopo, nel marzo 1977, rimanendo latitante fino a tale epoca. Furono disposte ed eseguite numerose perquisizioni domiciliari: quella effettuata nell‟appartamento del KRAVOS ARTURO e della convivente DI CORATO ANTONIETTA portò al ritrovamento di banconote da cento e cinquantamila lire per la somma complessiva di 116 milioni: tali banconote provenivano dal sequestro del FERRARINI. Venne, altresì, eseguita perquisizione domiciliare nei confronti di MOLLUSO FRANCESCO, denunziato in stato di irreperibilità per concorso nel predetto sequestro di persona, e, all‟interno della sua abitazione di Corsico, si rinvennero una tuta ed un caso da motociclista, simile a quello utilizzato da uno dei due rapitori all‟atto della riscossione del riscatto. Il quadro emerso dalle dichiarazioni del FERRARINI indicava che il luogo di prigionia del predetto era stato un piccolo appartamento (probabilmente un bilocale con servizi), ubicato a non grande distanza dal punto in cui era avvenuto il rilascio. Le vicende processuali degli imputati si conclusero con il proscioglimento istruttorio, per insufficienza di prove, di MOLLUSO FRANCESCO, laddove BARBARO GIUSEPPE, PAPALIA DOMENICO e KRAVOS ARTURO furono condannati alla pena definitiva di 15 anni di reclusione i primi due e di otto anni il terzo. 475 Le rivelazioni di MORABITO SAVERIO Ha dichiarato al dibattimento (1064-1066) MORABITO SAVERIO che, essendo egli detenuto all‟epoca del sequestro di FERRARINI, apprese in carcere dagli organi d‟informazione che per tale delitto erano stati emessi dei provvedimenti a carico di suoi compaesani. Uscito dal carcere, nel „77, ebbe conferma di tanto nonchè ulteriori specifiche notizie, parlando con MOLLUSO FRANCESCO, il quale gli confidò di avere preso parte al sequestro del FERRARINI, svolgendo il ruolo di autista durante le fasi del rapimento e mettendo a disposizione, per la custodia del sequestrato, la sua casa, sita nella via Cellini di Corsico e lasciata disabitata dai suoi genitori. Il MOLLUSO confidò congiuntamente al MORABITO che al sequestro avevano preso parte PAPALIA DOMENICO, BARBARO GIUSEPPE ed il fedele amico di quest‟ultimo, KRAVOS ARTURO; spiegò ancora il predetto MOLLUSO a MORABITO che successivamente gli se n‟era andato in Sicilia con la moglie: aveva comprato una “Ferrari” e se n‟era andato in vacanza. Ha fatto presente il MORABITO di aver avuto modo di assistere anche ad una o più udienze del dibattimento riguardante il sequestro FERRARINI ed ha ricordato l‟episodio di un alterco intercorso fra il presidente del collegio, dott. MARCUCCI, ed il BARBARO GIUSEPPE, che aveva scagliato una scarpa contro il predetto. A proposito di tale presidente, ha precisato MORABITO che, essendo questi apparso duro ed inflessibile agli imputati, si era pensato i ucciderlo ed egli stesso aveva avviato delle ricerche per individuarne il luogo d‟abitazione: l‟idea, peraltro, era gradualmente svanita, sia perchè non vi erano state, da parte degli imputati, pressioni molto consistenti in tale direzione sia perchè all‟epoca il PAPALIA “non aveva ancora acquisito quel carisma acquisito negli anni successivi, legandosi con i DE STEFANO e con gli altri gruppi della „ndrangheta della Calabria” (1067-1068: un carisma sufficiente, in altri termini, ad ottenere immediata ed incondizionata 476 acquiescenza ai suoi desiderata da parte degli uomini del gruppo e di quelli gravitanti attorno ad esso4. Ha spiegato ancora il MORABITO al dibattimento che il MOLLUSO, imputato in quel processo e venutone poi inspiegabilmente fuori, gli raccontò che “aveva imbastito una storia con il magistrato ed era riuscito a cavarsela”; in particolare gli disse, che, sapendo di essere colpito da ordine di cattura, si era presentato spontaneamente al magistrato a palazzo di giustizia, gli aveva “imbastito” una storia e poco dopo era stato prosciolto. A proposito delle rievocate udienze dibattimentali del sequestro FERRARINI, il MORABITO ha precisato di non essere in grado di affermare che ebbe modo di assistere all‟udienza in cui SEGHEZZI ALESSANDRO fu arrestato in aula per reticenza, pur avendo certamente appreso all‟epoca tale circostanza. Ha aggiunto ancora il collaboratore che il SEGHEZZI, il quale era un frequentatore della autocarrozzeria del MOLLUSO, venne arrestato nel famoso blitz dei Carabinieri di Milano del maggio „77. Ha infine, a proposito del SEGHEZZI, richiamato il MORABITO l‟episodio del tentato omicidio5 in danno del predetto, rimarcando l‟esistenza di un collegamento con il sequestro del FERRARINI, essendo l‟attentato al SEGHEZZI “praticamente una conseguenza del suo comportamento non favorevole nei confronti degli imputati di quel processo” (1071). Il racconto dibattimentale del MORABITO ha focalizzato un episodio riguardante BARBARO GIUSEPPE e correlato al sequestro del FERRARINI. Il predetto BARBARO aveva nascosto in un appartamento di Milano la somma di duecento milioni di lire provenienti dal riscatto pagato dalla famiglia _________________ 4 v. capitolo della sentenza relativo all‟omicidio di LABATE PIETRO, ma anche quello riguardante il tentato omicidio indicato alla nota che precede. 5 v. capitolo della sentenza citato alla nota I. Mette conto, peraltro, richiamare in questa sede lo specifico timore, per l‟incolumità‟ propria e della sua famiglia, manifestato dal SEGHEZZI al termine delle sue rivelazioni ai Carabinieri di Abbiategrasso: un timore quanto mai fondato, posto che, a circa otto anni di distanza, arrivò puntualmente - per mano del MORABITO, reo confesso - la vendetta di PAPALIA e BARBARO (cfr. verb. dichiar. rese dal SEGHEZZI ai Carabinieri di Abbiategrasso il 12.12.75, un prod. P.M. del 15.5%, acquis. con ordinanza del 4.6.96, nel vol. intitolato “deposizioni testimoniali o ex art. 210 rese nelle indagini preliminari in relazione ad omicidi o tentati omicidi”) 477 FERRARINI: a conoscenza della circostanza erano il MOLLUSO, il fratello del BARBARO GIUSEPPE, DOMENICO, e tale LA ROSA GIOVANNI. Ad un certo punto, i duecento milioni erano spariti dall‟appartamento ed il BARBARO GIUSEPPE aveva incolpato del fatto MOLLUSO, il quale aveva sempre negato, giurando di non saperne alcunchè6; la colpa era quindi stata addebitata al LA ROSA. In proposito, ha precisato MORABITO di aver appreso da PAPALIA DOMENICO - “cugino diretto di BARBARO GIUSEPPE ed in ottimi rapporti con il LA ROSA” - che, prima di rendersi latitante, il BARBARO GIUSEPPE si era incontrato nel carcere di Parma7 con il LA ROSA GIOVANNI e l‟aveva minacciato con un coltello, esigendo la restituzione di quel denaro. il LA ROSA, che aveva sempre affermato di non essere in grado di restituire quei soldi, aveva poi consegnato venti milioni di lire, quale prima rata della restituzione: Ha ancora ricordato il MORABITO che egli stesso, unitamente al BARBARO DOMENICO, fratello di GIUSEPPE, si era recato per due o tre sere “in una zona del comune di Arese” per cercare il LA ROSA ed eliminarlo, proprio per quell‟episodio dell‟ammanco dei duecento milioni; “per sua fortuna”, il LA ROSA non era mai passato dal luogo in cui i due erano “appostati” (1075). Ha, peraltro, soggiunto il MORABITO di aver saputo che, proprio a cavallo del citato incontro nel carcere di Parma, la moglie del LA ROSA era stata vittima di un ferimento: le avevano sparato alle gambe “per dare un avvertimento”, non per ucciderla (1078).8 __________________ 6 A dire del MORABITO, l‟episodio aveva creato le condizioni per una sorta di atteggiamento prevaricatore, sistematicamente assunto dal BARBARO GIUSEPPE nei confronti del MOLLUSO, cui era rimasta attaccata l‟etichetta di essere stato additato come colui che poteva aver sottratto il denaro de quo. 7 Sono stati prodotti dal P.M. i tabulati attestanti la contemporanea detenzione del PAPALIA e del LA ROSA nel carcere di PARMA (prod. P.M. del 23.5.95, acquis. con ordin. del 30.6.95). Quanto alla valenza probatoria di siffatta tipologia di documentazione, cfr. ordinanza del 13.4.95. 8 v. - in ordine a tutto il racconto del MORABITO riguardante il LA ROSA GIOVANNI - il già richiamato capitolo della sentenza riguardante la ricostruzione del tentato omicidio premeditato in danno di SEGHEZZI ALESSANDRO in particolare, la nota n. 30. 478 Le acquisizioni testimoniali L‟ispettore della polizia di stato FORNARI ELIGIO, all‟epoca del sequestro in servizio presso la Criminalpol di Milano, ha rievocato in dibattimento le fasi delle indagini che seguì personalmente . Il FORNARI ha, in particolare, dichiarato di aver effettuato con i colleghi servizio di vigilanza su due cabine telefoniche della zona del cimitero Musocco e di aver, una volta appresa dalla centrale operativa la circostanza che erano in corso contatti telefonici dei rapitori con la famiglia del sequestrato, verificato che effettivamente, all‟interno del posto telefonico pubblico, c‟erano tre persone che stavano telefonando (7840). Immediatamente erano stati allora fatti i rilievi fotografici dal personale della polizia scientifica che era con il FORNARI. Quest‟ultimo ha aggiunto che i soggetti fotografati erano poi stati identificati in tali BARBARO, PAPALIA E KRAVOS ed ha puntualmente riconosciuto le foto che erano state scattate nell‟occasione e che gli sono state mostrate in dibattimento (7842).9 L‟ispettore FORNARI effettuò anche un servizio di p.g. in occasione del pagamento del riscatto, che ha ricordato essere avvenuto sull‟autostrada. Il FORNARI ha altresì rammentato, di quel frangente, che la sua auto era stata sorpassata da una motocicletta, la quale si avvicinò all‟auto in cui era l‟emissario della famiglia del FERRARINI con il denaro.10 A bordo della moto c‟era, unitamente al conduttore, una persona che scese dal veicolo, si avvicinò alla vettura dell‟emissario, prese il riscatto, scavalcò la rete metallica dell‟autostrada, salì sul ponte e si dileguò; il conduttore della moto, a sua volta, si allontanò a bordo della stessa. Anche nell‟occasione il personale della Polizia, che sorvegliava tutta la scena, effettuò dei rilievi fotografici come ha confermato al dibattimento il FORMARI, che ha puntualmente riconosciuto le foto de quibus.11 Ha specificatamente rammentato il FORNARI che il motociclista portava un casco e che, nel proseguo delle indagini, all‟esito dell‟esecuzione di alcune perquisizioni domiciliari, vennero ___________________ 9 Il fascicolo fotografico fa parte del vol. 106, pagg. 116 e segg. 10 auto recante sul portabagagli del tetto, quale segno di riconoscimento, una damigiana (7851) 11 v. nota precedente, pagg. 120 e segg. 479 rinvenuti un casco ed una tuta da motociclista. Ha, infine ricordato, il predetto FORNARI che qualche giorno dopo venne individuata l‟auto “Porsche” a bordo della quale i tre soggetti fotografati nell‟atto di telefonare alla famiglia FERRARINI si erano, subito dopo, allontanati. Tale auto venne localizzata dalla Polizia il 18 luglio e, fatta oggetto di inseguimento, si arrestò dopo aver investito un pedone, che perse la vita nell‟incidente, ed aver danneggiato altre vetture.12 Il teste SCARPA GIOVANNI, che all‟epoca era in polizia e prestava servizio presso la sezione antisequestri della Squadra mobile di Milano, era alla guida dell‟auto incaricata di tenere sotto controllo la vettura che si recava - con a bordo l‟incaricato della famiglia FERRARINI - all‟incontro con i rapitori, per consegnare il riscatto. Seguendo tale vettura, lo Scarpa notò una moto ferma e, vicino ad essa, due individui, uno dei quali aveva un casco in braccio; dopo un po, tale moto sorpassò l‟auto condotta dallo SCARPA, frenando successivamente e facendosi risorpassare: a bordo c‟erano le stesse due persone notate in precedenza dallo SCARPA vicino alla moto ferma. Una sola di esse aveva il casco, secondo quanto ha rammentato SCARPA al dibattimento (7860-7862), e tale casco era “di colore rosso con qualche striscia arancione”; il conducente della moto era vestito con “dei jeans e forse un giubbotto..... un giubbino”. L‟ispettore PIOL GIANFRANCO, anch‟egli in servizio presso la Squadra mobile di Milano all‟epoca del sequestro FERRARINI, ha, a sua volta, rievocato in dibattimento (11432-11436) lo svolgimento delle indagini alle quali prese parte. Ha, in particolare, il teste rammentato di essere stato di servizio durante le operazioni di vigilanza del luogo in cui venne pagato il riscatto e di aver personalmente visto una moto con a bordo due persone avvicinarsi all‟auto in cui era l‟incaricato di effettuare il pagamento: uno dei due motociclisti era sceso, si era avvicinato a tale auto, aveva preso in consegna il denaro e quindi, scavalcata una recinzione della strada, si era allontanato a piedi; a sua volta, il conducente della moto era __________________ 12 Fu nell‟occasione che vennero arrestati BARBARO GIUSEPPE E KRAVOS ARTURO, che si trovavano a bordo della “Porsche” inseguita, come si evince dalle sentenze relative al procedimento a carico dei predetti e del PAPALIA (m cit vol 106, pagg 220 e segg) 480 ripartito a bordo della stessa. Il teste PIOL ha, ancora, dichiarato di aver preso parte all‟esecuzione di perquisizioni nell‟ambito delle indagini relative al sequestro FERRARINI ed ha rammentato che, nel corso di una di esse13 , vennero rinvenuti una tuta “che sembrava quella usata dal motociclista” ed un casco. Tali oggetti si trovavano all‟interno di una valigia14 . Il teste ha evidenziato di non poter ricordare direttamente - a tanta distanza di tempo - il colore di tale casco, talché ha avuto lettura della parte finale della sua relazione di servizio in data 16.7.75 15, in cui indicava di colore “arancione fosforescente” il casco del motociclista. Il teste ha altresì avuto lettura del rapporto giudiziario all‟A.G. da lui redatto in data 19.7.75, per la parte relativa alla perquisizione domiciliare a carico di MOLLUSO FRANCESCO, effettuata alla presenza della moglie GRECO MARIA LORETA, ed al rinvenimento di una tuta e di un casco per motociclista, espressamente qualificati come “del tutto simili a quelli indossati da uno dei partecipanti al prelievo del riscatto per il sequestro di FERRARINI”.16 Il teste ha, quindi, testualmente dichiarato (11436): “Si, ricordo della tuta e del casco; i colori non li ricordo più, ma se ho scritto che era del tutto simile, doveva essere un casco quantomeno arancione ed una tuta scura”. Ed invero la tuta rinvenuta nell‟abitazione del MOLLUSO era, come si evince dal verbale di sequestro, precisamente nera. Resta da aggiungere che non è stato possibile esaminare al dibattimento il FERRARINI GIUSEPPE ed il fratello EZIO, essendo entrambi deceduti. Dalle rispettive dichiarazioni resse dai predetti a suo tempo, nel corso dell‟istruttoria relativa al sequestro, è peraltro possibile, essendo state opportunamente acquisite agli atti 17 rilevare ulteriori elementi di riscontro al racconto del MORABITO. Il FERRARINI GIUSEPPE, invero, ebbe a fornire indicazioni sul luogo in cui venne tenuto, parlando di una “casa non isolata” e descrivendo diversi particolari; il predetto, inoltre, specificò ___________________ 13 Si tratta della perquisizione in casa MOLLUSO a Corsico, effettuata in assenza del predetto ed in presenza della moglie, come si evince dal relativo processo verbale di perquisizione e sequestro (in vol. 109, pag. 51). Quanto alla valenza probatoria di siffatta tipologia di documentazione, cfr. ordinanza dibattimentale del 13.4.95, già richiamata in nota 4: 14 v proc. verb. indicato alla nota precedente 15 m cit. vol. 106, pag. 18 16 m vol. indicato alla nota prec. pag. 14 17 m produz. P.M. del 23.1.96 acquisite con ordinanza del 20.2.96 481 espressamente che il tragitto da tale luogo di prigionia al posto del rilascio, avvenuto a seguito del versamento del riscatto, era durato circa 40 minuti. un tragitto, di conseguenza, compatibile esclusivamente con un luogo di prigionia molto vicino. A sua volta, il FERRARINI EZIO - che, in compagnia di TUROLA FRANCO, genero del fratello, effettuò il pagamento del riscatto - ebbe, fra l‟altro, a dichiarare che il casco indossato da uno dei due motociclisti era di colore rosso: orbene, il casco rinvenuto all‟interno della valigia in casa del MOLLUSO era precisamente di colore rosso18. Le dichiarazioni dell‟imputato Molluso All‟esame dibattimentale del 12.6.96 MOLLUSO FRANCESCO ha negato ogni responsabilità in ordine al sequestro del FERRARINI, assumendo essere le accuse del MORABITO calunniose e dovute ad un radicato rancore del predetto verso di lui: rancore derivante da una relazione avuta con la moglie dello stesso MORABITO (17830 - 17831). Sennonché, richiesto reiteratamente del perché, al contrario, avesse, nelle dichiarazioni rese al GIP in sede di indagini preliminari, espressamente affermato di non sapersi spiegare le ragioni per le quali il MORABITO lo aveva accusato, l‟unica spiegazione fornita dal predetto MOLLUSO è stata, testualmente, la seguente: “perché non....non volevo credere che mi avrebbero fatto una cosa così grave per una storia del genere”. Il MOLLUSO ha escluso che il MORABITO avesse mai lavorato nella sua autocarrozzeria; a fronte della contestazione scaturente dal fatto che egli stesso, interrogato nel „77, aveva dichiarato il contrario, il MOLLUSO ha fatto presente di aver a quel tempo effettivamente reso tale dichiarazione al solo scopo di aiutare il MORABITO, che mai in realtà aveva lavorato per lui, a differenza del fratello LUIGI, occupato presso l‟autocarrozzeria per qualche settimana (17796). _________________ 18 v. proc.verb. di sequestro indicato alle note 10 e 11. 482 Nel negare recisamente di aver mai confidato al MORABITO una sua partecipazione al sequestro del FERRARINI, il MOLLUSCO ha tenuto ad evidenziare che, allorché, trovandosi in vacanza, apprese dalla stampa di essere coinvolto col PAPALIA nelle indagini relative a tale sequestro, si premurò di rientrare a Milano e di concordare con il suo legale una presentazione spontanea davanti al magistrato; a fronte della osservazione che il sequestro e la liberazione del FERRARINI risalivano al mese di luglio e che la presentazione spontanea de qua era invece della fine di settembre, il predetto MOLLUSO ha affermato che egli si trovava in vacanza con i figli, si sentiva “pulito” , l‟avvocato era in ferie, talché non vi erano i motivi e le condizioni per presentarsi con urgenza. In ordine alla circostanza che il MORABITO ha raccontato di aver appreso da lui stesso l‟episodio della presentazione spontanea, il MOLLUSO, pur seguitando a negare di aver confidato alcunché d‟altro al MORABITO, ha, però, ammesso di avergli confidato di essersi sua sponte presentato al magistrato inquirente (17799-17800). Del resto, è agevole considerare che davvero non si vede come il MORABITO avrebbe potuto apprendere aliunde una circostanza siffatta. L‟imputato ha altresì ammesso di essere stato in possesso di una tuta e di un casco, oggetti che gli erano stati sequestrati nel corso di una perquisizione; ha spiegato che, essendo “sempre andato in moto”, si trattava di oggetti che usava abitualmente e che, di conseguenza, teneva a portata di mano. Ha negato che fossero in una valigia, ma ha contestualmente affermato “Sarà stata una borsa, non lo so, ma credo la valigia, a casa mia non mi ricordo mai valige”: con ciò, ammettendo che i due oggetti erano stati riposti ad hoc, se non proprio occultati. Ne diverso ordine di considerazione ha opposto alla circostanza che il casco in suo possesso era risultato simile a quello di uno dei rapitori; al riguardo ha, invero, osservato il MOLLUSO: “Non credo che quella marca lì l‟han fatta solo per me”. Quando all‟abitazione sita in via Cellini a Corsico, il MOLLUSO ha sostenuto che i suoi genitori l‟avevano occupata in epoca successiva e che al tempo del sequestro FERRARINI vi abitava, invece, egli stesso con la famiglia, mentre i suoi genitori abitavano allora in via Vigevanese. Il predetto MOLLUSO ha poi 483 affermato (17805) di non aver mai avuto cognizione delle dichiarazioni rese a suo tempo ai Carabinieri di Abbiategrasso da SEGREZZI ALESSANDRO, 19 persona peraltro a lui ben notaavendo insieme lavorato, come trasportatori, presso una ditta che produceva pane. Ha negato specificamente di aver presentato al SEGHEZZI BARBARO GIUSEPPE e, tanto più, di essere stato presente al dialogo fra i due, nel corso del quale il BARBARO aveva chiesto al SEGHEZZI, secondo le dichiarazioni di quest‟ultimo, la disponibilità della sua casa per tenerci una persona, dietro compenso di tre milioni di lire; ha, in particolare, osservato il MOLLUSO che, semmai, una richiesta del genere l‟avrebbe avanzata egli stesso al SEGHEZZI, non essendovi motivi perchè lo facesse il BARBARO, che non conosceva il predetto SEGHEZZI. Senonchè il MOLLUSO ha omesso di considerare che richiedere direttamente la disponibilità di una casa, dove poi i rapitori avrebbero tenuto prigioniero un sequestrato, avrebbe certamente comportato non trascurabili rischi per il richiedente; ed ha congiuntamente omesso di considerare che, proprio perchè i due non si conoscevano, fu necessario che egli presentasse il BARBARO al SEGHEZZI, per i successivi sondaggi relativi appunto alla disponibilità dell‟appartamento. E peraltro il predetto MOLLUSO ben doveva essere al corrente del tipo di richiesta al SEGHEZZI del BARBARO: poichè i due, appunto, non si conoscevano, infatti, intanto il MOLLUSO li presentò, in quanto ipotizzò che il SEGHEZZI avrebbe potuto mettere a disposizione l‟appartamento di cui v‟era bisogno. Il MOLLUSO al dibattimento ha ammesso ( 17809) di aver conosciuto KRAVOS ARTUTO e di conoscere molto bene i ______________ 19 Il 12.12.75 SEGHEZZI dichiarò testualmente ai Carabinieri di ABBIATEGRASSO: ”Venti giorni prima che avvenisse il sequestro di certo FERRARINI, fui avvicinato, durante una visita che feci presso la carrozzeria di FRANCO MOLLUSO, dallo stesso. Questi mi disse che mi avrebbe dovuto parlare un suo paesano, certo “CANARINO” (identificato in BARBARO GIUSEPPE): in effetti “CANARINO” mi avvicinò e mi propose di cedergli il mio appartamneto per il periodo in cui sarei andato in ferie: nella stessa occasione mi pregò di anticipare il mio periodo di ferie: l‟appartamneto sarebbe dovuto servire per tenerci una persona”, ilcompenso sarebbe stato tre milioni di lire”. Aggiunse contestualmente il SEGHEZZI che, dopo due o tre giorni, sempre nella carrozzeria del FRANCO, lo stesso “CANARINO” gli mostrò tre pacchetti di biglietti da centomila lire, “nuovi di stampa”, per invogliarlo ad accettare. A suo dire, il predetto SEGHEZZI, effettivamente dopo una settimana circa, seppe che era avvenuto il sequestro di FERRARINI. 484 fratelli PAPALI, ROCCO e DOMENICO20. Ha altresì ammesso che conosceva la “concessionaria” del FERRARINI a Corsico,affermando di aver conosciuto quest‟ultimo solo in epoca successiva al sequestro, a partire dal ?79-80, epoca in cui il fratello GIOSAFATTE aveva preso a lavorare per il predetto FERRARINI. Nel corso del suo esame dibattimentale ha espressamente negato (17831) che il MORABITO fosse stato il padrino di battesimo della fiuglia, evidenziando che siffatta erronea circostanza era stata oggetto di correzione nell‟interrogatorio reso al GIP. Senonchè siffatto disinvolto tentativo del MOLLUSO di sminuire decisamente la portata dei suoi rapporti col MORABITO ha trovato inoppugnabile smentita in una produzione dibattimentale21 della difesa di BARBARO GIUSEPPE, che, per sviluppare proprie tesi difensive, ha esibito il certificato di battesimo della figlia di MORABITO: certificato da cui risulta che il predetto fu nell‟ccasione il padrino e che sua madre, ROMEO ANNA, fu la madrina. La valutazione del complessivo quadro brobatorio Il racconto del MORABITO, come s‟è già rilevato, trova la propria scaturigine in una specifica confidenza del MOLLUSO, consistita nel rivelargli di aver preso parte al sequestro del FERRARINI. E‟, dunque, metodologicamente corretto - e la Corte lo ritiene, per vero, doveroso - porsi il quesito se nella specie si configuri plausibile una confidenza siffatta, tenendo adeguatamente conto della “riservatezza” vigente nell‟ambito malavitoso. La risposta al quesito de quo è largamente affermativa, alla stregua di analitiche considerazioni basate su elementi oggettivi, che occorre adeguatamente lumeggiare. ________________ 20 Mette conto rilevare che il MOLLUSO ha descritto PAPALIA DOMENICO come “una persona fatta così che, se sapeva che due compaesani andavano a litigare faceva di tutto per non farli litigare”. (17851) 21 La produzione è stata effettuata all‟udienza del 2.7.96 ed ammessa con ordinanza del 18.7.96. 485 I legami fra il MOLLUSO ed il MORABITO erano d‟antica data, risalendo ad anni prima del sequestro del FERRARINI. Ed invero, nel luglio „73, il MORABITO e la madre, come s‟è già evidenziato, furono i “compari” di battesimo della figlia del MOLLUSO: un legame particolarmente significativo, in una società “arcaicizzante” e tradizionalista quale quella de qua, e tale, in ogni caso, da testimoniare l‟esistenza di rapporti di intesa consuetudine e di profonda intesa, cementatisi nel tempo. Non è un caso, del resto, che il MOLLUSO, nel tentativo di prendere le distanze dal MORABITO e di cancellare il back ground in cui una confidenza delicata come quella in questione si inscriveva perfettamente, ha negato che il MORABITO avesse tenuto a battesimo la figlia: negazione documentalmente smentita, secondo quanto è già stato rimarcato. E‟, peraltro, interessante considerare come il MOLLUSO, pu sulla totale negativa in ordine ai fatti indicati nelle accuse del MORABITO, abbia però ammesso di averlo aiutato, quando il predetto uscì dal carcere, dandogli una mano nell‟attività di “taroccamento di auto” (17796-17797). Dunque il MOLLUSO- evidentemente nella presupposizione di dare più forza alle sue dichiarazioni per la parte in cui negava - ha dovuto ammette di avere intrattenuto rapporti di natura delittuosa con il MORABITO, E v‟è da chiedersi - a voler - per un attimo e per mero artifizio dialettico, ritenere i rapporti di illeciti affari fra i due limitati a quelli ammessi dal MOLLUSO - perchè quest‟ultimo avrebbe dovuto aiutare il MORABITO fino al punto di “taroccargli qualche macchina” e di dichiarare falsamente che lavorava per lui: perchè mai, se non in forza degli intensi e stretti legami risalenti nel tempo. E però di intensi e stretti legami fra i due non può parlarsi solo de praeterito, con riferimento, cioè, esclusivamente all‟epoca precedente il sequestro di FERRARINI. Ed invero la partecipazione di entrambi, fra il maggio ed i primi d‟agosto del „77, ai sequestri di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE22 _______________ 22 v. in dettaglio i capitoli della sentenza dedicati alla ricostruzione specifica dei due succitati sequestri di persona a scopo d‟estorsione. Mette, peraltro conto rilevare che già a suo tempo il MOLLUSO ed il MORABITO, pur essendo stati proscilti per gli specifici addebiti ai due sequestri, vennero condannati, unitamente a diversi altri esponenti del gruppo, per associazione del delinquere finalizzata al compimento di 486 dimostra che la relativa “intrensicità” criminale aveva spessore e portata ben più consistenti e rilevanti di una complicità limitata al settore del “taroccamento di auto”: una intrensecità criminale, a ben vedere, certo più che sufficiente a legittimare - siccome perfettamente conferente - una confidenza come quella in esame. Nè si trascuri di considerare che in quel tipo d‟ambiente le confidenze che si facevano dovevano essere necessariamente veridifiche.23 Il MORABITO, del resto, avrebbe con estrema facilità potuto verificare se il MOLLUSO gli aveva raccontato fandonie e, in caso affermativo, non avrebbe che potuto ritenerlo del tutto inaffidabile; orbene, la ricostruzione della genesi dell‟omicidio di MANCUSO SALVATORE24 fornisce eloquente contezza del trattamento riservato dal MORABITO e dal suo gruppo di complici ritenuti inaffidabili. Se dunque la confidenza del MOLLUSO al MORABITO circa la partecipazione al sequestro del FERRARINI risulta, alla stregua del complessivo contesto cui afferisce, avere piena plausibilità, per così dire, sia estrinseca che intrinseca, non minore plausibilità presenta il ruolo di autista, che il MOLLUSO si attribuì nel fare la confidenza de qua. Il MOLLUSO, che avrebbe svolto il medesimo ruolo nel contesto del sequestro di SCALARI GIUSEPPE,25 era, infatti, un autocarrozziere e conosceva perfettamente la zona di CORSICO, costituente lo scenario in cui il sequestro del FERRARINI si consumò: Funse cioè, se è consentita l‟immagine, da autista operante in domo sua. Analoga, piena correlabilità al coinvolgimento del MOLLUSO presenta il luogo di custodia del rapito, quale emerge dalle dichiarazioni di quest‟ultimo, che parlò, come s‟è rilevato, di ubicazione di un centro abitato e di tragitto di circa 40 minuti. Orbene, pur contrastando, ancora una volta, le dichiarazioni di MORABITO, lo stesso, MOLLUSO ha ammesso che all‟epoca ____________________ sequestri di persona: già prima della fine degli anni „70 - la sentenza del Tribunale di Milano è del 6.3.79 - furono, dunque, giudizialmente accertati gli stretti rapporti criminali intercorrenti fra il MOLLUSO ed il MORABITO. 23 Possono richiamarsi le dichiarazioni dibattimentali di ZAGARI ANTONIO sul punto, nonchè quelle di LAURO GIACOMO a proposito della fine toccata a NIRTA BRUNO perchè era un tragediatore” 24 v. capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione di tale delitto 25 v. relativo capitolo della sentenza 487 v‟erano ben due appartamenti a lui riferibili in CORSICO: quello occupato da lui con la famiglia, in via Cellini, e quello occupato dai suoi genitori, in Via Vigevanese, Dove il FERRARINI sia effettivamente tenuto priogioniero è circostanza verosimilmente mai più verificabile con precisione, atteso l‟avvenuto decesso del predetto FERRARINI. E‟ però chiaro che il MORABITO ha riferito essere stato lo stesso prigioniero, per una settimana, in una casa nella disponibilità del MOLLUSO; così come è chiaro ed inequivocabile che il sequestro durò in effetti quasi una settimana. Ed in tale scenario, in ogni caso, si colloca significativamente una circostanza di grande spessore, lumeggiata, questa volta, non già dal MORABITO bensì dal diretto interessato: ci si riferisce al già illustrato episodio della richiesta . resa possibile proprio dalla apposita presentazione dei due ad opera del MOLLUSO formulata da BARBARO GIUSEPPE e SEGHEZZI ALESSANDRO e finalizzata ad ottenere la disponibilità dell‟appartamento di quest‟ultimo. Le dichiarazioni del SEGHEZZI, in buona sostanza, costituiscono un importante riscontro in ordine al fatto che MOLLUSO ebbe un ruolo concreto nella ricerca del luogo in cui tenere il sequestrato. Vi sono, peraltro, ulteriori profili, direttamente correlantisi alla persona del MOLLUSO, che che corroborano eloquentemente, per altri versi, le dichiarazioni del MORABITO. Il sequestro de quo fu opera, com‟è stato giudiziariamente accertato ben prima delle predette dichiarazioni, dei “platioti”, precisamente di BARBARO GIUSEPPE e PAPALIA DOMENICO, entrambi da PLATI‟; il KRAVOS, pur non essendo platiota, intanto fu coinvolto in quanto era amico fidatissimo del platiota BARBARO GIUSEPPE. Ed è perfettamente plausibile . non solo il profilo della logica, ma anche sotto quello della storia e dell‟evoluzione dei rapporti all‟interno del gruppo criminale de quo - che ad un‟impresa delicata quale l‟effettuazione e la gestione di un sequestro di persona, progettato dai platioti, fosse stato chiamato a partecipare il platiota MOLLUSO. --del resto la condotta del predetto nel periodo del sequestro ed in quello immediatamente successivo è tutt‟altro che assimilabile a quella che avrebbe naturalmente e ragionevolmente tenuto chi non avesse avuto nulla da temere. 488 E‟ opportuno, allora, fare un brevissimo riepilogo della sequenza temporale degli accadimenti succedutisi nell‟arco di pochi giorni. La sera del 16 luglio „75, com‟è noto, fu pagato il riscatto e quella stessa notte il FERRARINI, che era stato sequestrato il 9 luglio, venne rilasciato. Il successivo 18 luglio BARBARO E KRAVOS - che erano stati, qualche giorno prima, fotografati col papalia all‟interno della cabina telefonica, nell‟atto di telefonare alla famiglia FERRARINI, si erano poi allontanati a bordo di una “Porsche” - vennero localizzati mentre viaggiavano sulla predetta auto e vennero tratti in arresto dalla polizia, all‟esito di un movimentato inseguimento; il PAPALIA non fu individuato e rimase lungamente latitante. Quello stesso giorno, fra le altre, fu eseguita una perquisaizione domiciliare - che portò al noto rinvenimento del casco e della tuta - nei confronti del MOLLUSO, compaesano ed amico del BARBARO e del PAPALIA. Senonchè il predetto MOLLUSO, non era in casa a CPRSICO, talchè all‟esecuzione della predetta perquisizione presenziò la moglie. Ha dichiarato (17798) al dibattimento il MOLLUSO di aver appreso d‟esser inquisito mentre si trovava al mare ed ha aggiunto che la fonte fu un giornale,che riportava il suo nome e quello del PAPALIA. E peraltro una genesi siffatta dell‟informazione appare sostanzialmente smentita dalla presenza della moglie alla perquisizione, circostanza chefornisce la ragionevole certezza di un “allertamento” immediato del MOLLUSO, in ogni caso ben più tempestivo e diretto di quanto sostenuto dallo stesso. Del resto, a suo tempo, fu lo stesso MOLLUSOad ammettere innanzi al Giudice Istruttore di essersi allontanato per timore di essere arrestato.26 E fu, difformemente da quanto sostenuto nell‟occasione dal MOLLUSO, un ben prolungato allontanamento, posto che, com‟è noto, solo a distanza di oltre due mesi il predetto ebbe a presentarsi al magistrato inquirente, dopo una breve permanenza al sud d‟Italia: è stato, d‟altra parte, proprio il MOLLUSO e confermare siffatte circostanze al ______________ 26 cfr.verb. d‟interrogatorio effettuato dal G.I. di Milano il 26.9.75, facente parte delle prod. del P.M. all‟udienza del 4.7.96. In tale interrogatorio il MOLLUSO dichiaro testualmente: “Dopo la perquisizione ho saputo che la polizia aveva messo le manette a mio fratello ROCCO, rilasciato subito dopo, e mi preoccupai per me. Andai dal mio legale, con il quale mi accordai per presentarmi spontaneamente da magistrato. Mancai dall‟officina per qualche giorno, proprio per evitare di subire il trattamento di mio fratello, pur non avendo a che fare con fatti di cui è processo”. Quanto alla valenza di siffatta tipologia di documentazione cfr ordinanza dibattimentale del 13.4.95 . 489 dibattimento. Orbene, il MORABITO ha precisamente dichiarato che, secondo le confidenze fattegli dal MOLLUSO, quest'ultimo era all'epoca scappato in Sicilia e successivamente si era presentato al magistrato: confidenze, invero, dimostratesi veritiere, come solo quelle provenienti dal protagonista potevano essere; confidenze, per di più, tali, che il MORABITO non avrebbe potuto apprenderle da altri se non dal diretto interessato, E' ben vero, come s'è già avuta occasione di evidenziare, che lo stesso MORABITO ha fatto presente di aver seguito il dibattimento relativo al sequestro del FERRARINI, ma è altrettanto vero che in quel dibattimento il MOLLUSO non ebbe parte alcuna, essendo stato prosciolto per insufficienza di prove in fase istruttoria: e dunque non si trattò la sua posizione nella fase dibattimentale ed il MORABITO non potè, seguendo il dibattimento, ricavare, in ordine alla posizione del MOLLUSO, gli specifici elementi di cognizione che ha poi rivelato. Di quanto dichiarato al dibattimento dal maresciallo PIOL - che a pienamente confermato e puntualizzato le risultanze delle indagini a suo tempo espletate e riferite ai magistrati inquirenti nei relativi atti di p.g. - s'è già trattato diffusamente, talchè non ci si soffermerà ulteriormente. Occorre, peraltro, aggiungere che da un rapporto giudiziario27 redatto dal predetto maresciallo il 1.2.76, a carico, fra gli altri, del MOLLUSO e di tale FALCONE SALVATORE, si evince che il precedente 31 gennaio il MOLLUSO venne fermato a bordo di un'auto "MINI MINOR", recante nel bagagliaio un sacco di plastica contenente targhe, libretti di circolazione ed altro materiale atto al "taroccamento" di autovetture; nella circostanza MOLLUSO dichiarò di aver ricevuto la vettura dall'autocarrozziere FALCONE SALVATORE. Quest'ultimo venne rintracciato e trovato in possesso di una banconota da cinquantamila lire, risultata proveniente dal riscatto del FERRARINI: emerse in tal modo, a pochi mesi dal pagamento di tale riscatto un ulteriore, non trascurabile elemento ricollegante, ancora una volta, il sequestro alla persona del MOLLUSO. Il complessivo quadro probatorio sussistente appare, in definitiva, conclamare pienamente, ad avviso della Corte, la corresponsabilità del MOLLUSO nel sequestro di persona in danno 27 in vol. 106 pagg. 100 - 102, quanto alla relativa valenza processuale, cfr ordinanza di cui alla nota che precede. 490 di FERRARINI GIUSEPPE. Ed invero imponente si delinea il novero degli elementi d'accusa a carico dello stesso: tali elementi - fra i quali assumeva ed assume un ruolo d'indubbio rilievo il rinvenimento in casa del MOLLUSO della tuta e del casco simili a quelli usati da coloro che ritirarono il riscatto - hanno trovato nelle rivelazioni del MORABITO, intervenute ad oltre un quindicennio di distanza, un suggello che non si presta ad equivoci di sorta. Si tratta, invero, di rivelazioni di tale rilevanza e concludenza, per la messe di specifici riscontri esistenti - ed "individualizzanti" precisamente nella persona del MOLLUSO il correo dei soggetti già condannati per il sequestro de quo - da non consentire alcun ragionevole margine di perplessità in ordine alla colpevolezza del predetto MOLLUSO. Deve, di conseguenza, dichiararsi siffatta colpevolezza in ordine al reato in questione, così come indicato al capo 9 della rubrica delle imputazioni, ritenendosi pienamente sussistenti le circostanze aggravanti contestate. Circa il numero delle persone - almeno cinque - che concorsero nel reato, è agevole, infatti considerare che la partecipazione del MOLLUSO si configura aggiuntiva - e, per vero, sintonicamente tale, atteso il ruolo svolto dal predetto - a quella dei tre soggetti (PAPALIA, BARBARO e KRAVOS) già condannati con sentenza definitiva; v'è peraltro - nelle tessere del mosaico che raffigura il gruppo dei sequestratori (apprensori materiali del FERRARINI, fra i quali un soggetto indicato come altro circa un metro e novanta, motociclisti, etc.) - almeno una quinta persona che ebbe parte nel sequestro de quo. E tale persona appare ragionevolmente corrispondere a quel LA ROSA GIOVANNI, del quale il PAPALIA parlò diffusamente al MORABITO, come s'è già rilevato in dettaglio. Qui mette conto solo rammentare che a lungo si sospettò - fino a progettare una dura punizione - del predetto LA ROSA, in alternativa col MOLLUSO, quale responsabile della sottrazione di duecento milioni provenienti dal riscatto e custoditi dal BARBARO GIUSEPPE in un nascondiglio noto appunto ai sequestratori. Resta da aggiungere, quanto alla contestata aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità cagionato alla persona offesa dal reato, che l'entità del riscatto versato, pari ad ottocento milioni di lire - valuta dell'anno 1975 - esime, di per sè, dalla necessità o anche solo dalla opportunità di indugiare più che tanto 491 sul punto, trattandosi di somma più che sufficiente in assoluto ad integrare, all'epoca, gli estremi di un gravissimo danno patrimoniale. 492 SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d'ESTORSIONE di GALLI ANGELO CESANO, BOSCONE, 8 maggio 1977 ---oooOOOooo--CAPO 11 AMANTE PIETRO BARBARO GIUSEPPE cl. '48 CATANZARITI AGOSTINO GRILLO MICHELE INZAGHI MARIO MOLLUSO FRANCESCO MORABITO SAVERIO MUSCIO MARIO NIRTA ANTONIO PAPALIA DOMENICO PAPALIA ROCCO TRICHILO ANTONIO ---oooOOOooo--Introduzione __________________ O.c.c. del 2.10.93 per AMANTE PIETRO, BARBARO, GRILLO, MUSCIO: P.C.C. dell'8.11.93 per CATANZARITI, NIRTA: oc.c. del 2.12.93 per MOLLUSO, TRICHILO, PAPALIA DOMENICO, INZAGHI, MORABITO a p.l.: provv. di c.c. per PAPALIA ROCCO emesso dalla Corte contestualmente alla presente sentenza. Decr. rinv. giud. del 28.6.94 per BARBARO, CATANZARITI, GRILLO, NIRTA, PAPALIA DOMENICO, TRICHILO; decr. del 16.9.94 per AMANTE, INZAGHI, MOLLUSO, MORABITO, MUSCIO, PAPALIA ROCCO. 493 Per una adeguata e compiuta intelligenza dei fatti, occorre premettere, a giudizio della Corte, talune indispensabili considerazioni di carattere generale, atte a lumeggiare l'antefatto storico e lo scenario in cui erano inseriti "alle origini" i personaggi resisi autori del sequestro in esame nel presente capitolo e di diversi altri oggetto dei capitoli che seguono. Dagli atti acquisiti alle carte processuali (in particolare quelli concernenti il sequestro di FERRARINI2, il sequestro di ALBERGHINI3, l'omicidio di D'AGOSTINO ANTONIO4, le sentenze della A.G. di MILANO già pronunciate sui sequestri di GALLI e di SCALARI5) emerge chiaramente che già dalla metà degli anni 70 gravitava su ROMA un gruppo di soggetti che aveva posto in essere un articolato programma criminoso: tale gruppo annoverava, fra i suoi protagonisti di maggiore spicco, PAPALIA DOMENICO, D'AGOSTINO ANTONIO, uomo emergente della "ndrangheta", e TRICHILO ANTONIO. Il PAPALIA era già apparso in azione nel sequestro di FERRARINI, unitamente a BARBARO GIUSEPPE e KRAVOS ARTURO; nel 76 c'era stato il sequestro di ALBERGHINI, con la partecipazione ancora di soggetti originari di PLATI', così come nel sequestro di FERRARINI v'era stata la partecipazione del platiota MOLLUSO, con i già citati - anch'essi platioti - PAPALIA DOMENICO e BARBARO GIUSEPPE, appartenente alla famiglia soprannominata "i castani". In quello stesso 76 a MILANO si registrava la presenza di un altro gruppo di calabresi - PAPALIA ROCCO, TRIMBOLI FRANCESCO, MOLLUSO FRANCESCO, CATANZARITI AGOSTINO, CERRA NINO, BARBARO DOMENICO e così via), che stava attivamente avviando un consistente programma di attività criminale, non ancora ai livelli del gruppo romano, ma potenzialmente in grado di attingere agli stessi: tale potenzialità avrebbe avuto la sua attuazione quando - come in effetti si verificò - i personaggi agenti a ROMA si fossero trasferiti in LOMBARDIA, dando origine a sinergie operative che si sarebbero rivelate micidiali nel campo dei sequestri di persona. I rapporti di amicizia e di frequentazione dei componenti di gruppo operante in LOMBARDIA appaiono comprovati, oltre che dalle stesse ________________________ . V. il relativo capitolo della sentenza. . In vol. 107. . In particolare, le sentenze della Corte d'Assise e della Corte d'Assise d'Appello di ROMA, che sono in vol. 122. . In vol. III. 494 ammissioni degli imputati al dibattimento, dalla vicenda, avvenuta nell'ottobre 76, dell'omicidio del nomade DE ROSA presso il locale notturno milanese "SKYLAB". La sparatoria avvenuta presso tale locale era stata preceduta da una rissa, scoppiata qualche giorno prima, fra gli stessi calabresi ed il DE ROSA presso il "PARCO DELLE ROSE", a causa di una donna, tale ROSSINI CARMEN, contesa al contempo dal CERRA e dal DE ROSA6. La rissa costituì il preludio dell'omicidio del DE ROSA, per il quale furono poi condannati in primo grado il CERRA ed il TRIMBOLI, assolti successivamente in appello per insufficienza di prove; PAPALIA ROCCO iniziò un periodo di latitanza che terminò con l'arresto del gennaio 77. Il contesto al quale si raccorda l'origine delle vicende relative ai sequestri di GALLI e di SCALARI attiene all'operatività del gruppo insediato a ROMA, la cui esistenza fu significativamente segnata dall'omicidio di D'AGOSTINO ANTONIO. Le sentenze della Corte d'Assise e della Corte d'Assise d'appello di ROMA7, che hanno condannato all'ergastolo PAPALIA DOMENICO per l'omicidio del D'AGOSTINO, forniscono una serie di dati di cognizione rilevantissimi in ordine alle attività economico-finanziarie che il PAPALIA ed il D'AGOSTINO avevano avviato a copertura delle loro imprese criminali. Dalle sentenze citate emerge che nel novembre 75 fu eseguita una serie di controlli presso banche ed uffici postali della LOCRIDE, dove vennero sequestrate numerose banconote provenienti dal sequestro di FERRARINI e da diversi altri sequestri di persona: presso il BANCO DI NAPOLI di LOCRI, in particolare, fu individuato un versamento di quattro milioni e trecentomila lire, provenienti dal sequestro di FERRARINI, effettuato da ZAPPIA DOMENICO per conto di PAPALIA DOMENICO. Si accertò altresì che quest'ultimo - che risultò anche essere socio di un supermercato, sito in via SACCHETTI a ROMA, nel quale aveva investito circa venti milioni - era anche beneficiario, sotto il falso nome di MARANDO DOMENICO, di due conti-corrente accesi rispettivamente presso l'agenzia 7 del BANCO DI SANTO SPIRITO e presso l'agenzia 3 del CREDITO ITALIANO in ROMA. Il PAPALIA risultava essere stato presentato al direttore dell'agenzia del BANCO DI SANTO SPIRITO da LOKE ANTONIO, funzionario __________________. Cfr rapp. giudiz. del 12.10.76 - in vol. 68 pag. 70 - confermato (11705) al dibattimento dall'estensore PECORARO VINCENZO. . In vol. 122 pagg. 79 e segg.. 495 all'epoca del comune di ROMA nonché della segreteria regionale della DEMOCRAZIA CRISTIANA: il predetto ebbe a dichiarare agli investigatori di essersi effettivamente adoperato in favore del PAPALIA, perché richiestogli da TRIPODI PIETRO, nei cui confronti egli nutriva profonda gratitudine essendo il predetto stato un grande sostenitore della sua campagna elettorale. I rapporti fra il PAPALIA e il TRIPODI risultano accertati anche sulla base delle circostanze illustrate nelle sentenze già emesse dall'A.G. di MILANO in ordine ai sequestri di GALLI e di SCALARI8. E' da considerare che il numero di telefono del TRIPODI era appuntato su un foglio di carta rinvenuto - nascosto nella fodera della giacca - indosso al cadavere del D'AGOSTINO; quest'ultimo, elemento di spicco della "ndrangheta" calabrese9, risultò avere una partecipazione in un supermercato della capitale, "IL BOTTEGONE DEL RISPARMIO", ed essere titolare di una società di import-export con sede in CALABRIA (a S. ILARIO IONIO) e diramazione romana. Le richiamate sentenze danno ampia contezza delle finalità di copertura10 che avevano le attività finanziarie dei predetti soggetti, a fronte di un accertato contesto di criminalità organizzata nel quale operavano il D'AGOSTINO, il PAPALIA, il TRICHILO 11, contesto che andava dai sequestri di persona alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti, al contrabbando di tabacchi lavorati. E', del resto, precisamente questo il contesto evocato dall'AMANDINI, allorchè ha riferito della conoscenza, avvenuta a ROMA nel 76, del PAPALIA, dal quale gli furono presentati il TRICHILO ed il D'AGOSTINO; in particolare, AMANDINI ha spiegato12 che PAPALIA gli fece capire che avevano messo su _____________________ 8 Lo stesso TRIPODI, sentito in dibattimento ex art. 210 c.p.p., ha ammesso (7567) di essere stato amico dei fratelli PAPALIA e di averli anche ospitati in casa sua a ROMA. 9 Il D'AGOSTINO viene così inquadrato nella sentenza della Corte d'Assise di ROMA: "sorvegliato speciale, indicato quale mandante di numerosi omicidi, dedito a sequestri di persona ed al traffico internazionale di stupefacenti, preziosi e sigarette estere"; ed ancora "capobastone della LOCRIDE di altissimo livello". 10 Si legge testualmente, al riguardo, nella sentenza citata alla nota che precede: "La società d'import-esxport di S. MARIA IONIO, gestita dal D'AGOSTINO e dai suoi familiari, svolge sostanzialmente una funzione di copertura delle illecite attività della cosca mafiosa". 11 Il TRICHILO, nella sentenza richiamata alle note precedenti, è "indicato come elemento di collegamento tra la mafia calabrese e la malavita marsigliese e soggetto dedito al traffico di sostanze stupefacenti ed ai sequestri di persona". 12 V., più diffusamente, infra. 496 un'organizzazione in grado di operare a qualsiasi livello. E fu a ROMA, nel corso degli incontri fra AMANDINI, PAPALIA, TRICHILO e D'AGOSTINO, che prese corpo il progetto del sequestro di PENTERIANI, che è menzionato nella pagine che seguono. Lo stesso INZAGHI ha riferito (5539) di aver fatto qualche viaggio a ROMA nel 76, per portare ivi, insieme col MOLLUSO, un'auto di grossa cilindrata che doveva servire per un sequestro13. Un'ulteriore, rilevante conferma dei rapporti esistenti all'epoca fra i componenti del gruppo romano è venuta dallo stesso imputato TRICHILO ANTONIO, che ha fornito indicazioni al riguardo negli interrogatori resi al P.M. in fase di indagini preliminari14. Il predetto TRICHILO ha, fra l'altro, confermato che, all'epoca in cui egli si accompagnava al D'AGOSTINO a ROMA, vi furono diversi incontri con PAPALIA ed AMANDINI presso un bar di piazza CAVOUR e che a ROMA fu messo a punto il sequestro di PENTERIANI, del quale fu basista tale ROLAND15, presentato loro da AMANDINI. Il TRICHILO - che pure non ha scelto certo la strada della collaborazione di giustizia appare aver, dunque, confermato ampiamente sul punto le dichiarazioni rese da AMANDINI, pur avendo tenuto ad escludere la partecipazione propria e del PAPALIA al sequestro di PENTERIANI, accollandone ogni responsabilità al D'AGOSTINO, ormai deceduto. La morte del D'AGOSTINO, avvenuta a ROMA nel novembre 76, della quale è stato ritenuto responsabile il PAPALIA segnò lo sgretolamento del gruppo romano e l'avvio di una lunga stagione di gravi vicende criminali a MILANO. Nei primi mesi del 77 il PAPALIA, già latitante per il sequestro di FERRARINI, prese a frequentare l'area milanese. AMANDINI ha riferito, come si rileva in dettaglio nelle pagine che seguono, del summit di VIALE CIRENE, tenuto dal PAPALIA per convincere i familiari di D'AGOSTINO _____________ 13 Cfr. per la ricostruzione dei rapporti esistenti all'epoca fra i personaggi citati, gli atti, prodotti dal P.M. all'udienza del 10.1.96 ed acquisiti con ordinanza in pari data, relativi al proc. pen. n. 13/95 della Corte d'Assise di ROMA (rif. omicidio D'AGOSTINO) e, in particolare, agli interrogatori resi da AMANDINI. 14 I relativi verbali sono stati prodotti all'udienza del 4.7.96 ed acquisiti con ordinanza del 18.7.96, essendosi il TRICHILO avvalso al dibattimento della facoltà di non rispondere. Si veda, in particolare, di tali interrogatori, quello del 2.2.94. 15 Si tratta dell'imputato DISCEPOLO LOUIS VINCENT, detto "ROLAND", come si rileva da quanto illustrato infra. 497 della sua estraneità all'omicidio. Anche il TRICHILO, con le false generalità di tale TONI DE BERNARDI16, prese a frequentare MILANO, città nella quale, presso l'ufficio di VIALE CIRENE, cominciarono ad incontrarsi con AMANDINI il PAPALIA, il MOLLUSO, il NIRTA, il MORABITO e gli altri sodali. La liaison di VIALE CIRENE suggellò, in qualche modo, i rapporti di fiducia instauratisi fra il PAPALIA e l'AMANDINI ed il trasferimento, per così dire, della relativa operatività, in terra di LOMBARDIA: fu, in buona sostanza, la piattaforma, dalla quale trassero humus e presero avvio le vicende delittuose delle quali so occupa di seguito la presente trattazione. Quello dinanzi delineato era, dunque, il cupo scenario criminale nel quale si inseriscono i sequestri di persona in danno di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE17 18. _____________________ 16 Cfr. proc. verb. di perquisizione in data 27.5.77 dell'abitazione del TRICHILO, sita nella via CARPACCIO 3 di MILANO: in vol. 108, pag. 60. 17 Un quadro globale degli elementi di cognizione richiede peraltro, per delinearsi nei necessari termini di completezza, che, unitamente allo scenario storico, si abbia presente l'antefatto giudiziario concernente le vicende in esame: una esigenza di cui appare aver tenuto adeguatamente conto il Giudice delle indagini preliminari, allorchè, nell'emettere l'ordinanza di custodia cautelare (in data 2.10.93) con riferimento ai sequestri di GALLI e di SCALARI, ha specificatamente illustrato nel relativo provvedimento l'articolato antefatto giudiziario a suo tempo registratosi in ordine a tali vicende. Mette conto, dunque, anche in questa sede fornirne contezza, pur nei termini sintetici imposti dalla circostanza che si tratta di profili ormai "storicamente" acquisiti e cristallizzati. Le indagini dell'epoca, invero, ebbero sviluppo ed approfondimento nel contesto investigativo concernente il sequestro di LAZZARONI LUIGI, attuato il 21.3.77, attenendo peraltro, oltre che ai sequestri di GALLI e di SCALFARI, altresì al sequestro di RIMOLDI ERMINIO, posto in essere il 19.5.77. Tali indagini sfociarono nell'operazione del 24.5.77 - cfr. infra - culminata negli arresti di LUVARA' RENATO, NERI ANTONIO, BARCHETTA GIUSEPPE, SERGI SAVERIO, SERGI DOMENICO, MORABITO SAVERIO, LONGO BRUNO, SEGHEZZI ALESSANDRO, FABIANO FRANCESCO, MUIA' GIUSEPPE, SARCONE SALVATORE, BRENICCI SAVINO, TRICHILO ANTONIO, GIRARD FRANCOISE PASCAL, MAZZA ALAIN ALBERT, GRISTI BUONUMANNO LUCIE CLAIRE, PATRUNO GIUSEPPE, MOLLUSO FRANCESCO. La motivazione degli arresti de quibus risultava testualmente articolata nei seguenti termini: "nel corso delle indagini susseguenti il sequestro di persona in pregiudizio di LAZZARONI PAOLO si acquisivano concrete prove a loro carico, desumibili da un'intensa attività di po.g. preliminare consistente in pedinamenti, constatazione dell'elevato tenore di vita che non trae origini da reddito da lavoro dipendente, nonché da una chiara terminologia attinente ai sequestri di persona rilevabile da prolungate intercettazioni telefoniche, che hanno consentito di conoscere che gli stessi stavano per perpetrare due sequestri di persona, poi effettivamente verificatisi in pregiudizio di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE avvenuti 498 rispettivamente in CESANO BOSCONE il giorno 8.5.77 ed in TREZZANO sul NAVIGLIO il 16.5.77. Gli stessi, come si evince dalle intercettazioni telefoniche, sono legati tra loro da vincoli di attività delittuose in cui si evidenzia la funzione di capo e di gregario". Siffatte motivazioni sostanziavano altresì il 30.5.77, la denuncia, in stato di irreperibilità, di UGONE SALVATORE, DI GREGORIO GIUSEPPE, "MICHEL" successivamente identificato in AMANDINI MICHELE, TRIPODI PIETRO. Due giorni prima, il 28.5.77, i Carabinieri - coordinati dal capitano DELFINO all'epoca in servizio a BERGAMO e dal capitano SCIBONA, in servizio presso il Nucleo operativo di MILANO - avevano eseguito una perquisizione presso l'abitazione di SAPIENZA FILIPPO ed avevano liberato il sequestrato RIMOLDI ERMINIO, traendo in arresto il predetto SAPIENZA FILIPPO, MARSENA GIOVANNI, MARSENA ROSETTA, SELVAGGIO DOMENICO; AMANDINI MICHELE venne individuato ed arrestato a LECCE il successivo 18.7.77. In data 1.6.77 il P.M. presso il Tribunale di MILANO emise a carico di tutti i soggetti succitati un ordine di arresto per concorso nei sequestri di LAZZARONI PAOLO e di RIMOLDI ERMINIO e per associazione per delinquere finalizzata al compimento dei sequestri di persona a scopo d'estorsione. Il successivo 10.6.77 il Giudice istruttore presso il Tribunale di COMO - essendo stati gli atti trasmessi ivi per competenza - emise a carico degli stessi soggetti mandato di cattura in ordine alle medesime imputazioni. Gli atti vennero in prosieguo ritrasmessi all'A.G. di MILANO, ritenendosene la competenza, ed il Giudice istruttore del capoluogo lombardo, a conclusione della formale istruzione del procedimento, il 14.7.78 dispose: a) il rinvio a giudizio di LUVARA', INZAGHI, SERGI SAVERIO, SERGI DOMENICO, MORABITO, TRICHILO, MOLLUSO, SAPIENZA, MARSENA ROSETTA, MARSENA GIOVANNI, SELVAGGIO, UGONE, DI GREGORIO, AMANDINI per il reato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati di sequestro di persona, fra i quali, in particolare, i rapimenti di LAZZARONI, RIMOLDI, GALLI e SCALARI; b) il rinvio a giudizio di LUVARA', TRICHILO, UGONE e DI GREGORIO per il sequestro di SCALARI GIUSEPPE; c) il rinvio a giudizio di SAPIENZA, MARSENA ROSETTA, MARSENA GIOVANNI, SELVAGGIO, per il sequestro di RIMOLDI ERMINIO; d) il proscioglimento per insufficienza di prove di TRIPODI e NERI dal reato di associazione per delinquere; e) il proscioglimento per insufficienza di prove di MORABITO ed INZAGHI dal reato di concorso nel sequestro di SCALARI e con formula piena dal concorso nel sequestro GALLI; f) il proscioglimento con formula piena degli altri imputati - fra i quali MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI, - dei sequestri di GALLI e di SCALARI. Successivamente il Tribunale di Milano, con sentenza del 6.3.79, condannò per il reato di associazione per delinquere LUVARA‟, INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI; condannò TRICHILO per il sequestro di SCALARI, assolvendo LUVARA‟ per insufficienza di prove da tale imputazione: condannò SAPIENZA e MURSENA GIOVANNI per il sequestro di RIMOLDI, assolvendo per insufficienza di prove gli altri imputati di tale reato. La Corte d‟Appello di Milano, con sentenza dell‟11.12.81, dichiarò non doversi procedere nei confronti di LUVARA‟, essendo lo stesso stato ucciso a Milano nel novembre di quello stesso anno; assolve AMANDINI per insufficienza di prove dal reato di associazione per delinquere; confermò nel resto la sentenza impugnata, con una diversa quantificazione della pena pecuniaria a carico di TRICHILO. 18 La succitata sentenza del Tribunale di Milano del 6.3.79 - che condannò appunto il TRICHILO per il sequestro di SCALARI, nonchè MORABITO, INZAGHI, MOLLUSO, TRICHILO, AMANDINI, LUVARA‟ per associazione a delinquere finalizzata alla consumazione dei sequestri di persona .- pose in evidenza che “una parte 499 sostanziale degli elementi di prova raccolti in questo processo si basa sulle intercettazioni telefoniche eseguite a carico degli imputati”. Sia il Tribunale che, nel successivo giudizio d‟impugnazione, la Corte d‟Appello di Milano affrontarono e risolsero - ritenendone l‟infondatezza - la questione delle eccezioni di nullità delle predette intercettazioni, confermandone la piena utilizzabilità processuale: ed invero il contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate venne costantemente ripreso in motivazione a supporto delle ricostruzioni dei fatti e della configurazione dei profili di responsabilità a carico degli imputati. La piena utilizzabilità di siffatte intercettazioni telefoniche - che sono in vol. 109, pagg.53-343 - è stata, dunque, ritenuta e dichiarata con sentenza ormai passata in cosa giudicata. La difesa di NIRTA ANTONIO ha ritenuto di sollevare in questa sede un‟eccezione di nullità di tali intercettazioni, con riferimento alla posizione del predetto NIRTA, assumendo che nel giudizio celebrato a suo tempo costui non era imputato, talchè non si sarebbe formato alcun giudicato nei suoi confronti; è stata così contestata in questa sede la utilizzabilità delle intercettazioni, sulla scorta di asserite irregolarità procedurali riguardanti le modalità con le quali furono all‟epoca effettuate le relative trascrizioni. Siffatto assunto non appare presentare, ad avviso della Corte, alcun profilo di fondatezza, posto che la complessiva questione della ritualità ed utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche venne a suo tempo, in sede propria, giudizialmente analizzata e deliberata nella sua interezza, per di più alla luce delle norme processuali che all‟epoca disciplinavano la materia; ed il valore di esaustività e definitività di siffatta deliberazione attenne ed attiene evidentemente, ai vari LUVARA‟, MORABITO, INZAGHI, etc., imputati in quella sede, non meno di quanto sia fondatamente invocabile con riferimento alla ricostruzione delle condotte dei vari “FILIPPO”, compare ANTONIO” l‟esaurito”, legittimamente operata da quelle sentenze anche sulla scorta delle risultanze delle intercettazioni. Nel momento in cui ulteriori, precise risultanze scandiscono l‟identificazione in NIRTA ANTONIO del “compare ANTONIO e dell‟esaurito”, unificati in un‟unica persona - cfr., infra, il paragrafo riguardante il predetto NIRTA discende logicamente, ma anche ontologicamente e giuridicamente, che la posizione di quest‟ultimo debba essere valutata tenendo doverosamente conto anche delle conclusioni e delle valutazioni formulate nella sentenza definitiva con riferimento al “compare ANTONIO ed all‟esaurito”, ritenuti nella stessa “personaggi onnipresenti”. Nè v‟è chi non veda, allora, l‟assoluta carenza, di fondamento di un assunto teso ad elidere, in buona sostanza, la valenza se non l‟esistenza di una pronuncia definitiva, che ha legittimamente conosciuto e giudicato dell‟intera materia. Le considerazioni che precedono - e che si è ritenuto di svolgere per completezza di trattazione - potrebbero essere peraltro anche pretermesse, ove si consideri che in ogni caso: a) le sentenze in questione sono comunque, unitamente a tutti gli altri atti e documenti all‟uopo indicati, legittimamente acquisiti, in forza dell‟ordinanza generale della Corte del 13.4.95, ed il loro diritto di cittadinanza fra gli atti del processo ed il relativo valore di documenti storici non appaiono fondatamente contestabili e revocabili in dubbio; b) le intercettazioni telefoniche in questione appaiono, per i loro contenuti, concorrere semplicemente - e del tutto ritualmente - a completare il quadro d‟intelligenza delle vicende oggetto di ricostruzione giudiziale e non certo a fondare la configurazione dei profili di responsabilità penale del NIRTA - e degli altri - per i sequestri di GALLI e di SCALARI, essendovi ben altri e ben consistenti elementi probatori a supporto com‟è diffusamente illustrato nei paragrafi che seguono. E del resto, ove così non fosse, non si sarebbe dovuto attendere quasi un ventennio per giungere alla dichiarazione di responsabilità penale degli autori 500 Le rivelazioni di MORABITO: la fase ideativa. Ha riferito il MORABITO al dibattimento(19) che, mentre erano in corso i preparativi del sequestro di SCALARI GIUSEPPE, MOLLUSO(20) gli confidò di essere continuamente incalzato dagli amici di -‟ i quali pretendevano insistentemente di poter partecipare ai sequestri di persona che in quel periodo venivano attuati al nord dai calabresi(21). Secondo il racconto(991) del MORABITO, un giorno MOLLUSO gli disse specificamente: “Dobbiamo fare un lavoro, altrimenti questi qui non la smettono _______________________________________________________________________ dei sequestri di GALLI e di SCALARI, nei termini che le pagine seguenti si fanno carico di illustrare analiticamente e compiutamente. 19. In ordine al sequestro di GALLI ANGELO il MORABITO ebbe modo di rendere ampie dichiarazioni negli interrogatori resi in fase di indagini preliminari, in particolare il 28.10.92, il 6.11.92, il 12.5.93: i relativi verbali sono stati acquisiti agli atti e risultano pienamente confermati dal tenore delle dichiarazioni dibattimentali del MORABITO stesso. Deve rilevarsi, peraltro, che il predetto MORABITO; dalle indicazioni fornite nei predetti interrogatori resi in fase di indagini preliminari, appare aver invertito le date dei due sequestri, riferendo che il rapimento dello SCALARI precedette quello del GALLI. L‟errore de quo ha, in realtà, una specifica spiegazione logico-concettuale, che, del resto, lo stesso MORABITO - la cui attendibilità appare conclamata dall‟imponente mole delle complessive risultanze processuali - non ha mancato di fornire. Ed invero il predetto ha spiegato come nella sua memoria fosse rimasto sempre ben chiaro che il quadro dei preparativi del sequestro di SCALARI era già ampiamente in corso da tempo, allorché il MOLLUSO gli fece la proposta di effettuare il sequestro del GALLI. E d‟altronde, come è noto, il MORABITO ha riferito che MOLLUSO pensò di attuare il sequestro di GALLI proprio per accontentare gli amici del paese, che si lamentavano del fatto di non essere stati coinvolti nell‟attività relativa ai sequestri che i calabresi avevano in corso al nord: attività che all‟epoca era precisamente focalizzata sul progetto del sequestro di SCALARI. Si comprende agevolmente, allora, la prospettazione di MORABITO, secondo cui nella sua mente era rimasto impresso il ricordo di una priorità temporale del sequestro di SCALARI rispetto a quello di GALLI: cosa che, in ultima analisi, resta peraltro effettiva con riferimento alla fase di ideazione e progettazione. 31. MORABITO ha collocato temporaneamente tale incontro con MOLLUSO nel mese di aprile 77, precisando(3799) che il sequestro del GALLI avvenne a distanza di circa un mese dalla proposta fattagli dal MOLLUSO. 21. Come ha ricordato(907) MORABITO il MOLLUSO aveva già partecipato al sequestro dell‟industriale FERRARINI cfr. il capitolo della sentenza relativo alla ricostruzione di tale delitto. 501 più, facendo presente che le pressioni maggiori venivano da BARBARO GIUSEPPE (detto “u nigru”). MORABITO ebbe la sensazione che il MOLLUSO non potesse rifiutare, perchè in qualche modo obbligato in ragione di qualche favore ricevuto; in seguito, peraltro, egli venne a sapere che il predetto MOLLUSO era stato “affiliato” alla “ndrangheta” grazie all‟intervento di BARBARO “u nigru”. (22) Nonostante fosse in fase di avanzata progettazione il sequestro di SCALARI, MOLLUSO propose, quindi, al MORABITO di rapire un‟altra persona: proposta che il predetto MORABITO ha riferito(914) di non aver potuto rifiutare, in virtù di una sorta di debito di riconoscenza, avendo ricevuto aiuto dal MOLLUSO subito dopo la scarcerazione del febbraio 1977 ed essendo a lui legato da un rapporto di “comparaggio”, giacchè ne aveva a battesimo la figlia. (23) Secondo il racconto(915-920) di MORABITO, allorchè egli chiese chi fosse il soggetto da rapire, MOLLUSO gli disse di ricordare che una volta MARIO “BRESCIA”, ossia MUSCIO MARIO, (24) gli aveva proposto di rapire una persona di Cesano Noscone: così entrambi decisero di andare a trovare il predetto a BAGGIO, dove era di solito reperibile. Quest‟ultimo fece loro il nome di GALLI ANGELO e riferì di conoscerlo molto bene, perchè parente di sua moglie; aggiunse che la domenica spesso era a pranzo a casa del GALLI e raccontò loro che recentemente costui aveva acquistato una cascina pagata un miliardo di lire. In quell‟occasione il MUSCIO ai due amici indicò fisicamente il GALLI nonchè i campi da tennis di proprietà che lo stesso gestiva e la “Fiat 500! con cui era solito spostarsi. MORABITO ebbe la sensazione che non si trattasse di una persona facoltosa nei termini magnificati dal MUSCIO, che peraltro egli ed il MOLLUSO in prosieguo non contattarono utleriormente, se non nella fase delle trattative, per attingere informazioni sulle reazioni della famiglia ______________________________ 22 Trattasi di BARBARO GIUSEPPE della classe 194823 Cfr. il certificato di battesimo di MOLLUSO M. GRAZIA, prodotto dalla difesa da BARBARO GIUSEPPE all‟udienza del 2.7.96 ed acquisto con ordinanza del 18.7.96. 24 V. al rigurado, quanto evidenziato infra con riferimento alla posizione del MUSCIO 502 MORABITO ha riferito(922), che avendo effettuato qualche appostamento per studiare bene le abitudini del GALLI e gli orari del suo quotidiano rientro a casa, si rese conto che ogni sera il predetto era l‟ultima persona ad uscire dai campi da tennis, che chiudeva sempre intorno alle ore 19,30 o 20, dirigendosi quindi veso l‟auto con cui rincasava. Così il MORABITO decise che bisognava intervenire proprio in tale fase, quando il GALLI lasciava i campi da tennis. Le rivelazioni di MORABITO: l‟azione ed i partecipanti. Quando si ritenne che tutto fosse pronto MOLLUSO fece venire dalla Calabria BARBARO GIUSEPPE (25) e GRILLO MICHELE. Secondo il racconto(924) del MORABITO, i due furono ospitati in casa di PAPALIA MARIANNA, dirimpettaia del MOLLUSO e coniugata con DELLA ROCCA GIOVANNI: a proposito di quest‟ultimo, MORABITO ha fatto presente che si trattava di persona estranea ai loro traffici e che il MOLLUSO ne utilizzava l‟utenza telefonica, essendo all‟epoca sfornito di una propria.(26) Ha riferito(925) MORABITO che il GRILLO fece un sopralluogo, essendogli stato affidato il ruolo di autista in virtù della sua ottima conoscenza della zona, giacchè in passato aveva vissuto e lavorato come autista camionista a Milano, Corsico e Buccinasco. L‟auto __________________________________ 25 Su tale partecipazione del BARBARO detto appunto “Peppe u nigru”, e del GRILLO, mette conto qui face specifico richiamo a quanto evidenzato infra, nel paragrafo dedicato alla disamina della posizione del BARBARO, con riferimento a talune conversazioni telefoniche - intercorse fra il MOLLUSO ed il BARBARO. 26 Ed invero sull‟utenza telefonica del DELLA ROCCA vennero a suo tempo intercettate numerose conversazioni intercorse fra gli organizzatori dels equestro (cfr. la relativa trascrizione in vol. 109) Lo stesso MOLLUSO nel corso dell‟esame dibattimentale, ha confermato(17813) che all‟epoca non aveva il telefono in casa. 503 prescelta per il sequestro fu un “Alfetta” di color grigio metallizzato, all‟uopo procurata da INZAGHI MARIO. (27) L‟azione esecutiva del rapimento, (28) secondo quanto ha dichiarato(928-945) MORABITO, si svolse nei termini di seguito indicati. A bordo della “Alfetta” partirono in cinque: MOLLUSO, GRILLO, BARBARO, lo stesso MORABITO ed una quinta persona di cui quest‟ultimo non ha rammentato il nome. Giunti sul posto, discesero in quattro dall‟auto, lasciando GRILLO alla guida, e si divisero in gruppi di due, per destare meno sospetti nei passanti. (29) MOLLUSO, appena il GALLI uscì dal cancello, si dileguò, spiegando il giorno dopo al MORABITO di essere scappato via perchè una persona si era affacciata alla finestra ed egli aveva temuto di essere riconosciuto. Sparito il MOLLUSO, MORABITO e BARBARO aggredirono il GALLI, spingendolo a viva forza sul sedile posteriore dell‟auto che, guidata dal GRILLO, si era intanto loro affiancata. Il GALLI era una persona assai robusta (30) ed opponeva molta resistenza, tanto che riuscì a deformare lo sportello posteriore dell‟auto, (31) facendo forza con le gambe. A causa di tale _____________________________ 27 Cfr. l‟intercettata conversazione telefonica del 2.5.77 fra INZAGHI e LUVARA‟, in cui si parla di “quella Alfetta”. L‟INZAGHI ha peraltro confermato(5556) - v. infra - di aver procurato la “Alfetta” e di essersi poi occupato della distruzione della stessa. 28 Emerge dagli atti di p.g. riguradanti il sequestro del GALLI (rapporto dei Carabinieri di Milano del 9.5.77 - in vol. 108, pagg. 1 e segg. - puntualmente confermato al dibattimento dal colonnello SCIBONA, che lo sottoscrisse) che la sera veniva rapito GALLI ANGELO, proprietario del complesso sportivo denominato “Lord Gall Tennis”: il predetto, mentre si accingeva a salire sulla sua autovettura “Fiat 500” targata MI E 06911, veniva aggredito da tre o quattro persone a volto scoperto, le quali lo caricavano con la forza sui sedili posteriori di una “Alfetta” di colore grigio metallizzato, targata MI Z96469, di provenienza furtiva, con la quale erano giunte sul posto; il successivo 10 maggio tale autovettura veniva rinvenuta, abbandonata e parzialmente incendiata, in via Merula, poco distante da Corsico. In data 29.7.77, venne rilasciato, dopo il pagamento di un riscatto di 165 milioni di lire. 29 I testi CATTANEO(7381) e SOLAZZO (verb. dichiar. del 9.5.77) hanno riferito diaver visto tre o quattro persone. Il GALLI (verb. dichiar. del 30.7.77) ha parlato di quattro persone (v. al riguardo infra) il citato verbale del GALLI è in vol. 108, pag. 362 e segg. 30 MORABITO la ha definito “un omaccione”. 31 A riscontro di tale indicazine del MORABITO, cfr. i rilievi fotografici dell‟auto (in vol. 108, pagg. 243 e segg.) dai quali risulta una piegatura in altro dello sportello posteriore sinistro dell‟Alfetta. Giova osservare che il particolare della deformazione dello sportello non era stato posto specificamente in luce in nessun atto di p.g. il 504 accanita resistenza, il MORABITO ricorse all‟uso del cloroformio e legò le mani dell‟ostaggio con la sua cintura. (32) Mentre il GALLI veniva caricato in macchina, il complice del quale il MORABITO non ha ricordato il nome fungeva da “palo”. Durante l‟azione erano tutti a viso scoperto (33) ed armati e, di solito in tale fase, a mostrare le armi erano proprio coloro che fungevano da “palo”, il MORABITO non ha rammentato “visivamente” che nell‟occasione furono esplosi colpi di armi da fuoco, (34) ma ha ricordato che dopo il sequestro qualcuno fu rimproverato per aver fatto inutile uso delle armi. Con l‟ostaggio a bordo, costeggiando il Naviglio, i sequestratori giusero in piazza Negrelli e, sulla destra del semaforo ivi esistente, imnoccarono una rampa che conduceva all‟area dei box: vicino al cancello di tale rampa, trovarono ad attenderli AMANTE PIETRO, che fornì loro le indicazioni per raggiungere il box destinato all‟ostaggio ed aprì, quindi, tale locale. MORABITO sapeva bene che ad attendere l‟ostaggio dopo il rapimento ci sarebbe stato l‟AMANTE PIETRO, giacchè nella fase organizzativa era stato stabilito che sarebbe stato il predetto a fornire il box in cui chiudere il sequestrato. MORABITO rimase da solo col GALLI tutta la notte nel predetto box, (35) continuando a tenere l‟ostaggio legato ed imbavagliato. La mattina seguente qualcuno andò a riprendere il MORABITO - il quale non ha ricordato bene se nell‟occasione ci fosse anche il MOLLUSO - ed il GALLI venne _____________________________________ relativo riferimento - fatto anche da INZAGHI come è evisdenziato infra - appare, dunque, di significativa rilevanza. 32 Cfr. il già citato vernale di dichiarazioni rese il 30.7.77del GALLI, il quale riferì che all‟atto di riprendere conoscenza, dopo essere statonarcotizzato, si era ritrovato, legato mano e piedi, sul sedile posteriore dell‟auto dei rapitori. 33 E la circostanza spiega l‟improvvisa fuga del MOLLUSO. Il teste CATTANEO(7384) ha riferito che i sequestratori erano tutti a volto scoperto; il teste SOLAZZO (nelle già citate dichiarazioni del 9.5.77) ha fornito la descrizione di uno dei rapinatori seduto sul sedile posteriore, indicandolo “con i capelli lisci ed un ciuffo che scendeva sulla fronte...” 34 Dal verbale di sopralluogo dei Carabinieri dell‟8.5.77 (in vol. 108, pag. 5) emerge che sul posto vennero rinvenuti due bossoli calibro 45 e quattro bossoli calibro 7,65. I testi CATTANEO e SOLAZZO - v. infra - hanno riferito dell‟avvenuta esplosione di colpi di pistola.. 35 La circostanza appare correlabile alla intercettazione della telefonata pervenuta sull‟utenza del MORABITO il 9.5.77 ad ore 10.17; nella stessa (in vol. 109, pag. 146) la persona chiamante, dopo aver appreso che il MORABITO non c‟era, chiedeva testualmente: “Non sa se rientra stanattina Saverio?”. 505 trasportato in un altro luogo, (36) sconosciuto al predetto MORABITO, (37) quest‟ultimo raggiunse la casa del DELLA ROCCA, dove trovò il BARBARO ed il GRILLO: pranzarono insieme e, subito dopo, questi ultimi ripartirono per la Calabria. La fase delle trattative con i familiari del sequestrato era affidata a TRICHILO ANTONIO, all‟epoca latitante per concorso nell‟omicidio del D‟AGOSTINO; in tale contesto, il TRICHILO riservò il ruolo di telefonista al suo amico AMANDINI MICHELE. Gli arresti del 24 maggio 1977 ed il ruolo di NIRTA ANTONIO nel racconto di MORABITO. Come risulta dal capitolo che segue, il 16 maggio 1977 venne effettuato il sequestro di SCALARI GIUSEPPE; il successivo 24 maggio vennero arrestati dai Carabinieri - ad eccezione di GRILLO, BARBARO, AMANDINI, UGONE, DI GREGORIO e dei due fratelli STRANGIO - tutti coloro che erano stati oggetto delle attività d‟indagine espletate fino a quel momento e basate soprattutto sulle intercettazioni telefoniche. (38) Al riguardo ha fatto presente il MORABITO che in carcere egli ebbe modo di riflettere sull‟accaduto e cominciò a sospettare che i Carabinieri potessero __________________________________ 36 Il GALLI , nel corso delle già citate dichiarazioni rese il 30.7.77, riferì di essere stato portato inizialmente in un garage e di qui strasferito successivamente in altri dui luoòghi di prigionia. 37 Il MORABITO ha spiegato che del reperimento dei luoghi dove nascondere gli ostaggi si interessava specificamente SERGI SAVERIO, detto “il principale”, ed ha aggiunto che nell‟attività deis equestri vi era una divisione in “cellule” dei vari gruppi operativi, per evidenti ragioni di sicurezza. 38 Si procedette all‟arresto di 19 persone (cfr. rapp. giud. dei Carabinieri di Milano del 27.5.77, in vol. 108) e la relativa operazione - come ha spiegato(7599) il colonnello SCIBONA (v., più in dettaglio, infra) al dibattimento - scattò sulla base di una intercettazione telefonica intercorsa fra TRICHILO, che il quel momento era in Calabria, e NERI ANTONIO, che si trovava a Milano, nel corso di tale conversazione - del 20.5.77, ad ore 21,34 - veniva pronunciata la frase “papà sta poco bene”, talchè i Carabinieri, i quali sapevano delle malferme condizioni di salute dello SCALARI, capirono che la telefonata faceva verosimilmente riferimento allo stesso e che occorreva intervenire, visto che l‟ostaggio stava male. 506 essere stati messi sulle loro tracce da NIRTA ANTONIO, cui il TRICHILO era uso confidare ogni dettaglio dell‟attività svolta. Ha riferito(998 e segg.) MORABITO che i suoi sospetti si fondavano su una serie di circostanze che, poste il correlazione fra loro, apparivano assumere un significato univoco. Il NIRTA, invero, gli aveva chiesto in un‟occasione di ineressarsi per conoscere il luogo in cui era nascosta una persona che era stata rapita dai calabresi a Torino, (39) successivamente il MORABITO aveva saputo che i due custodi erano stati arrestati e che uno di essi era cugino di GRILLO MICHELE. Ancora il NIRTA gli aveva anticipato che l‟allora capitano dei Carabinieri DELFINO sarebbe stato trasferito a Milano; era poi accaduto, secondo il racconto(1000) del MORABITO, che, proprio ad opera dei Carabinieri del capitano DELFINO, venissero arrestati a Milano, in corso Lodi, due calabresi, mentre stavano ritirando il riscatto del sequestro BELLOLI. Siffatti accadimenti indussero MORABITO a sospettare che NIRTA fosse proprio un confidente del predetto DELFINO. Un altro episodio oggetto di riflessione da parte del MORABITO risaliva ai rimi mesi del „78, epoca in cui nel carcere di S.Vittore a Milano tale AGRESTA di San Luca, titolare di un mobilificio in Sesto San Giovanni, gli riferì che, nel periodo in cui aveva avuto il telefono sotto controllo, l‟apparecchio era stato più volte utilizzato dal NIRTA e peraltro l‟AGRESTA non aveva riscontrato alcuna traccia delle telefonate del predetto NIRTA, nei relativi verbali di intercettazioni telefoniche che aveva avuto modo di leggere. Secondo il racconto(1007) del MORABITO, a parlargli del NIRTA, fu anche SERGI PAOLO, il quale gli riferì che “DUE NASI” - soprannome con cui il NIRTA era conosciuto, per il fatto che prediligeva sparare con la “doppietta” - era stato l‟autore dell‟omicidio di un detenuto nel carcere di Bianco, sparandogli __________________________________ 39 Secondo il racconto di MORABITO, il NIRTA gli spiegò testualmente: “se riesci a sapere dove lo tengono, noi andiamo e ce lo prendiamo”. Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 29.10.96 - e la Corte ne ha disposto l‟acquisizione con ordinanza del 5.11.96 - l‟estratto della sentenza della Corte d‟appello di Torino in ordine al sequestro BONGIOVANNI: ciò, a riscontro del racconto di MORABITO circa la riferita informazione chiestagli dal NIRTA sul sequestro di persona, effettuato a Torino, a seguito del quale risulta essere stato effettivamente condannato tale GRILLO DOMENICO. 507 dall‟esterno di tale carcere, dopo essere salito su una scala posizionata in prossimità della finestra della cella. (40) Il MORABITO ha riferito(3838) di aver avuto conferma dei suoi sospetti nel „78, dopo la scarcerazione, a seguito delle confidenze di tale FRATTA PIERO, (41) ex poliziotto, amico di PAPALIA ROCCO e titolare del locale notturno “Odissea 2000”. Il FRATTA, in particolare, alla presenza di MORABITO, esortò il confidente dei Carabinieri, allorchè il PAPALIA gli chese il nome costui, il FRATTA rispose di averlo annotato su una scatola di cerini e di ricordare comunque che si trattava di un nome simile a “NITTA” o “NICA”, insomma “un nome corto”. Recatisi a Platì nell‟agosto del 78, MORABITO e PAPALIA parlarono della questione con PERRE GIUSEPPE, detto “u maistro”, e questi consigliò loro di chiudere senz‟altro lì la cosa e di non divulgare la notizia: MORABITO ha evidenziato(1004) di essersi spiegato quella raccomandazione del PERRE col fatto che il NIRTA apparteneva ad una delle più influenti e temute famiglie della “ndrangheta”calabrese, talchè nessuno aveva interesse a mettersi contro di essa. (42) Il predetto MORABITO ha aggiunto(1006) di essersi reso conto di persona, per essere stato detenuto a Reggio Calabria con il NIRTA nell‟83,che in effetti venivano costantemente tollerate tutte le stravaganze e prepotenze delle quali lo stesso si rendeva frequentemente autore. Ha spiegato MORABITO di aver visto per la prima volta il NIRTA mentre parlava con AMANDINI nell‟ufficio di viale Cirene, dopo il rientro dalla sartoria del D‟URSO, dove era stato tenuto il già menzionato incontro avente ad oggetto l‟omicidio del ______________________________________ 40 Sull‟omicidio di tal BARILLARO nel carcere di Bianco il P.M. ha prodotto documentazione a riscontro il 18.5.95 ed il 5.6.95: atti acquisiti con ordinanza del 30.6.95. In particolare, dal rapporto giudiziario del 13.11.76 risulta che il Killer usò una scatola di ferro appoggiata sul muro di cinta del carcere: è stato altresì accertato che SERGI PAOLO all‟epoca dell‟omicidio era detenuto in quel carcere. 41 L‟ispettore GALLO del centro DIA di Milano ha specificamente riferito (16054) al dibattimento in ordine all0esito delle indagini espletate per l‟identificazione del FRATTA. 42 La circostanza appare confermata al dibattimento anche da LAURO GIACOMO (12387). ZAGARI ANTONIO (12697) e BARRECA FILIPPO (12250) i quali hanno dichiarato che il NIRTA ANTONIO era tollerato da tutti per “rispetto” e timore della sua famiglia di appartenenza v. più diffusamente, infra. 508 D‟AGOSTINO 43. Nel corso di una successiva visita in tale ufficio, fu PAPALIA DOMENICO a presentare al MORABITO (880) il NIRTA ed a raccomandargli di mettersi a sua disposizione, ove il predetto NIRTA avesse avuto bisogno di qualcosa.44 Ancora secondo MORABITO (899), dopo l‟arresto del marzo 77 di PAPALIA DOMENICO, il NIRTA continuò a gravitare nell‟area milanese: si fermava spesso a dormire a casa del MOLLUSO, aveva preso l‟abitudine di frequentare CORSICO E BUCINASCO e chiedeva sempre a qualcuno del gruppo di accompagnarlo in giro. Il MORABITO ha collocato (3823) la presenza del NIRTA a Milano nel 77 - precisamente nel periodo di marzo/aprile di tale anno, allorchè il gruppo si riuniva per organizzare i sequestri di persona ed ha riferito dei frequenti colloqui telefonici che il NIRTA aveva in quel periodo con il TRICHILO, che provvedeva a metterlo costantemente al corrente di quanto accadeva nel gruppo. Ha specificamente osservato (3827) al riguardo MORABITO che “TRICHILO purtroppo era plagiato dalla personalità del NIRTA e quindi succube di lui”, precisando (3883) altresì che fu il predetto TRICHILO a dare al NIRTA il soprannome “L‟ESAURITO”.45 ___________________ 43 V. in particolare, sul punto, il paragrafo dedicato alle dichiarazioni di AMANDINI. L‟episodio presenta significative somiglianze a quello della presentazione, sempre ad opera di PAPALIA DOMENICO, del MORABITO a DE STEFANO PAOLO: v., al riguardo, il capitolo della sentenza dedicato alla ricostruzione dell‟omicidio dell‟avvocato LABATE. Ancora una volta il PAPALIA appare protagonista di una presentazione e, soprattutto, di una contestuale raccomandazione al MORABITO di “mettersi a disposizione”. 45 Circa lo stretto sodalizio esistente fra il TRICHILO ed il NIRTA, vedansi, infra, le considerazioni svolte nel paragrafo dedicato alla disamina della posizione del predetto NIRTA, compresi i riferimenti alle intercettazioni telefoniche direttamente o indirettamente riguardanti i due soggetti. E‟ qui interessante richiamare la telefonata del 25.4.77, in cui TRICHILO informava INZAGHI che “L‟ESAURITO” aveva chiesto di rintracciare “IL BARONE”, nonchè la telefonata del 9.5.77, in cui la moglie di INZAGHI avvertiva LUVARA che aveva chiamato “L‟ESAURITO”, il quale desiderava essere richiamato alle ore 23,20. Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 23.1.96 i verbali delle dichiarazioni dibattimentali del TRICHILO nel processo innanzi al Tribunale di Milano conclusosi con la già citata sentenza del 6.3.79. Da tali verbali - acquisiti ex ART. 238/1 c.p.p. con ordinanza del 7.2.96 si ricava che in quella sede il TRICHILO ebbe a dichiarare testualmente a proposito dell‟”ESAURITO”.”ESAURITO, perchè per me è veramente un esaurito mentale”. Il TRICHILO concluse quelle dichiarazioni affermando che “ESAURITO” e “COMPARE ANTONIO” erano la stessa persona. 44 509 Questo era, dunque, il personaggio in ordine al quale nella mente del MORABITO prese a farsi sempre più consistente il sospetto che fosse all‟origine degli arresti del 24 maggio: arresti che posero il predetto MORABITO e gli altri del tutto al di fuori dalla sfera di gestione delle fasi delle ulteriori trattative per il pagamento dei riscatti con riferimento ai sequestri di GALLI e di SCALARI. Le rilevazioni di MORABITO: l‟ulteriore fase della gestione del sequestro e della spartizione del riscatto. Dopo gli arresti del 24 maggio 1977, il MORABITO non ebbe più modo di seguire gli sviluppi delle successive fasi del sequestro del GALLI. Egli ha riferito (1010) che, in seguito all‟arresto - nel luglio „77 - di AMANDINI MICHELE, che svolgeva il ruolo di “telefonista”, subentrarono nella gestione del sequestro PAPALIA ROCCO, CATANZARITI AGOSTINO,46 PERRE GIUSEPPE (“U MAISTRO”), BARBARO GIUSEPPE (“U NIGRU”) e GRILLO MICHELE. Ha spiegato MORABITO che ebbe modo di constatare direttamente l‟avvenuta partecipazione del PAPALIA ROCCO, perchè, quando egli era ancora detenuto, suo fratello ANTONIO venne avvicinato dal PAPALIA, che gli disse di avere del denaro da dare a SAVERIO; il MORABITO, appreso ciò dal fratello, capì subito che si trattava del denaro proveniente dai sequestri, anche perchè non vi era nessun‟altra ragione che giustificasse la dazione di denaro da parte del PAPALIA, che notoriamente non era solito fare regali. Qualche tempo dopo, il predetto PAPALIA consegnò al fratello di MORABITO la somma di 30 milioni di lire. Il predetto MORABITO ha riferito (1019) che, avendo egli ritenuto estremamente esigua tale somma ed essendosene doluto prima col MOLLUSO e poi con lo stesso PAPALIA ROCCO, quest‟ultimo __________________________ 46 Il MORABITO ha fatto presente di non sapere con quale ruolo il CATANZARITI partecipò a tale fase successiva, precisando che l‟intervento del predetto fu dovuto al fatto che era amico di PAPALIA ROCCO e di AMANTE PIETRO. 510 aveva cercato di rabbonirlo, adducendo inizialmente pretestuose esigenze di solidarietà nei confronti degli amici del paese; gli aveva poi fatto osservare che poteva ritenersi comunque soddisfatto perchè il denaro datogli era stato già “pulito”. Il MORABITO fatto presente di non aver mai saputo quali somme in realtà fossero state incassate per il sequestro del GALLI e per quello dello SCALARI e di aver appreso dai giornali che il riscatto per il primo era stato di 200 milioni e quello per il secondo di 850 milioni: cifre in base alle quali il MORABITO ha indicato che a lui sarebbe dovuta spettare la quota di 80 milioni. Sul punto ha, invero, spiegato che era consuetudine suddividere gli importi dei riscatti rispettando determinate aliquote: 30% al gruppo dei rapitori, 30% ai custodi, 30% ai gestori delle trattative, con il restante 10% destinato a pagare le spese e gestito dai predetti responsabili delle trattative. Quanto al riciclaggio del denaro, MORABITO ha riferito (1022) che questo era stato “ripulito” da AMANTE ANTONINO, noto nell‟ambiente come “TONINO BALLERINO”.47 Ha aggiunto che ad INZAGHI furono dati solo due milioni dal “principale”, SERGI SAVERIO,48 e che al MUSCIO non fu dato alcunchè, anche perchè costui aveva trattato solo col MOLLUSO - unitamente allo stesso MORABITO - e non già con i soggetti che avevano portato a conclusione la gestione del sequestro. Le dichiarazioni di INZAGHI INZAGHI MARIO ha riferito che l‟ingresso dei suoi amici nel settore dei sequestri di persona si verificò a ridosso del _________________________ 47 In ordine a siffatta attività di riciclaggio di AMANTE ANTONIO appaiono significative le risultanze degli accertamenti bancari eseguiti dal Centro DIA di Milano, in ordine alle quali ha riferito (1419) al dibattimento l‟ispettore GALLO sul punto va integralmente qui richiamato quanto specificamente evidenziato al riguardo nel capitolo relativo al sequestro di SCALARI GIUSEPPE. 48 La circostanza è stata confermata anche da INZAGHI v. sul punto infra 511 periodo - novembre 76 - in cui avvenne l‟omicidio del D‟AGOSTINO49 ed ha aggiunto (5605) che a prendere inizialmente in mano tale attività erano stati il NIRTA, il TRICHILO, il PAPALIA ROCCO e che poi erano arrivati CATANZARITI e MOLLUSO. Secondo l‟INZAGHI (5597), PAPALIA DOMENICO - che alcune volte si fermava a casa sua - si recava solo sporadicamente a Milano, perchè all‟epoca viveva a Roma. Lo stesso INZAGHI ha spiegato di non ricordare d‟aver mai sentito il PAPALIA DOMENICO parlare, durante le sue presenze a Milano, di sequestri di persona e tuttavia, a suo avviso, il predetto doveva comunque essere al corrente di tutto ; ha aggiunto (5607) al riguardo di non escludere d‟avere qualche volta sentito qualcuno affermare la necessità di consultare il PAPALIA DOMENICO. Ha altresì riferito l‟INZAGHI che il NIRTA ed il TRICHILO frequentavano assiduamente casa sua, precisando di aver ivi ospitato la moglie del TRICHILO per qualche settimana ed aggiungendo che qualche volta anche il NIRTA si era fermato a dormire da lui; ha ricordato (5610) inoltre che sia il TRICHILO che il NIRTA avevano fatto grande uso del suo telefono e che, da quanto qualche volta gli era capito di ascoltare, aveva avuto la sensazione che parlassero di interessi comuni nell‟attività dei sequestri. A dire dell‟INZAGHI, mentre si stava organizzando il sequestro di SCALARI, si verificò una battuta d‟arresto e fu inserito il progetto del sequestro di GALLI: a suo avviso, poichè nel sequestro di SCALARI non era stata prevista la presenza di gente di PLATI‟, dal paese erano giunte insistenti lamentele al MOLLUSO il quale fu così costretto ad organizzare un altro “lavoro”, onde consentire la partecipazione ad un sequestro anche agli amici di PLATI‟. INZAGHI ha ancora riferito (5554) di aver appreso dal MOLLUSO che il basista, colui che aveva dato “la dritta” era stato MUSCIO, ma non ha escluso di averne parlato direttamente con lo stesso, precisando di aver saputo che il predetto MUSCIO era legato al GALLI da qualche vincolo di parentela. ________________________________ 49 Nell‟interrogatorio reso il 16.12.93, in fase di indagini preliminari, INZAGHI ha spiegato di aver sentito per la prima volta il MOLLUSO ed il PAPALIA DOMENICO parlare di sequestri di persona con altri calabresi e in occasione di uno dei suoi viaggi a Roma, in epoca a ridosso, appunto dell‟assassino del D‟AGOSTINO. Fu in quel periodo che INZAGHI, a suo dire (5539), trasportò a Roma un‟auto di grassa cilindrata, da utilizzare per il sequestro di PENTERIANI. 512 Gli ulteriori elementi di cognizione specificamente forniti da INZAGHI in ordine al sequestro del GALLI si articolano nei seguenti termini: - egli non prese parte all‟azione materiale del rapimento, ma fornì ai suoi amici un appoggio esterno, consistito nell‟aver messo loro a disposizione l‟utilizzo del proprio telefono nonchè la propria abitazione di via Copernico 19, per le riunioni del gruppo, e nell‟essersi adoperato per procurare l‟auto “Alfetta” servita per il sequestro e le armi, che a sua volta aveva ritirato dal SARCONE SALVATORE50 o dal SEGHEZZI ALESSANDRO; ___________________________ 50 Cfr. - in ordine all‟apporto fornito da INZAGHI durante la fase preparatoria del sequestro - l‟intercettazione della conversazione telefonica del 25.4.77, in cui INZAGHI chiedeva a LA RUFFA IGNAZIO una vettura rubata di grossa cilindrata, nonchè la telefonata del 2.5.77, in cui il predetto INZAGHI, parlando con LUVARA‟, discuteva di “quell‟Alfetta”. Sul reperimento delle armi, si vedano, in particolare, la telefonata del 25.4.77 in cui INZAGHI, conversando con MOLLUSO, gli riferiva di aver presso di sè “quello dei giocattoli” ed i due discutevano su dove portarli; la telefonata del 3.5.77, intercorsa fra INZAGHI e MOLLUSO, nella quale si faceva specifico riferimento al procacciamento “ di due piccole”, ossia due pistole; la telefonata del 2.5.77 fra LUVARA‟ E salvatore -verosimilmente SARCONE - dalla quale risulta che quest‟ultimo poteva procurare “una 22 lungo”. Mette conto rimarcare che al dibattimento l‟INZAGHI ha spiegato (5558) che il termine “giocattoli” si riferiva precisamente alle armi. In ordine ai quotidiani rapporti intrattenuti da INZAGHI con i vari componenti del gruppo (TRICHILO, MOLLUSO, LUVARA‟, NIRTA, AMANDINI, MORABITO, etc.) sia nella fase antecedente il sequestro sia nella fase successiva appaiono emblematiche le numerose intercettazioni di conversazioni telefoniche intercorse fra il 22.4.77 ed il 22.5.77 (tutte in vol. 109, pagg. 53 e segg.). In particolare, si vedano la telefonata del 29.4.77 fra INZAGHI e TRICHILO, in cui si faceva riferimento alla necessità di “incontrarsi tutti quanti per prendere la decisione”, la telefonata del 9.5.77 (ad ore 8,26) in cui MORABITO (verosimilmente dopo aver trascorso la notte nel box , di essere andato a casa di DELLA ROCCA, dirimpettaio di MOLLUSO e di averi pranzato con GRILLO e BARBARO); la telefonata del 10.5.77, in cui LUVARA‟ sollecitava INZAGHI a leggere “l‟ultimo libro”, verosimilmente riferendosi all‟ultima edizione del quotidiano del pomeriggio (cfr. rapp. giudi. del 30.5.77, in vol. 108) che riportava un‟intervista al vice-capo della Polizia, nel corso della quale si affermava che gli investigatori conoscevano i nomi degli autori del sequestro di GALLI nello stesso giorno INZAGHI telefonava all‟AMANDINI e gli accennava alla vicenda “dell‟ultimo libro”, ricevendo assicurazione dal suo interlocutore che avrebbe provveduto subito a comprarlo, la conversazione telefonica del 9.5.77 in cui TRICHILO annunciava a LUVARA‟ che, dopo la telefonata da AMANDINI, sarebbe andato a verificare una determinata 513 - apprese le modalità di attuazione del rapimento dal racconto fattogli da MOLLUSO e da MORABITO, i quali gli riferirono che a partecipare al prelievo dell‟ostaggio erano sta in cinque, giacchè con loro avevano operato CATANZARITI, GRILLO ed un altro calabrese (5559); - gli fu riferito della resistenza opposta dal GALLI, mentre veniva spinto a viva forza nell‟auto, e della conseguente deformazione dello sportello posteriore della vettura, conseguenza che lo stesso INZAGHI potè constatare de visu, allorchè si occupò di ritirare l‟auto per distruggerla: “C‟era la portiera che era tutta svirgolata, che era fuori di una spanna”,51 tanto da far pensare che il GALLI dovesse essersi dimenato “come un pazzo, per combinare un danno del genere, cioè stortare un piantone”; - ancora da MOLLUSO e MORABITO apprese che CATANZARITI aveva esploso alcuni colpi di pistola e poi era stato rimproverato per aver fatto inutile uso delle armi (5564); seppe altresì da MORABITO che MOLLUSO si era dato alla fuga per timore di essere riconosciuto; - ebbe ad accompagnare il “TELEFONISTA” AMANDINI in alcune occasioni nelle quali dal predetto vennero effettuate delle telefonate alla famiglia del rapito, ma non ascoltò mai il contenuto delle stesse (5566);52 - gli fu raccontato da MOLLUSO e MORABITO che i box utilizzati per i sequestri di GALLI e di SCALARI erano due, distanti fra loro circa un chilometro: uno in piazza Negrelli e l‟altro vicino al ristorante Rugantino, sulla strada del Naviglio in direzione di Corsico (5567); ________________________________ situazione relativa ad uno spostamento il tenore di tale conversazione appare significativo, correlando la stessa alle dichiarazioni rese dal GALLI in ordine ai vari spostamenti subiti (v. verb. d‟interrogatorio del 30.7.77 in vol. 108 P.M. pag. 362). 51 Cfr. i rilievi fotografici della vettura ritrovata in via Merula, lungo il Naviglio (in vol. 108 P.M. pag. 243). 52 La circostanza è stata pienamente confermata (6370) da AMANDINI, le cui dichiarazioni sono illustrate infra. 514 - ancora da MORABITO apprese che, dopo gli arresti del 24 maggio, erano subentrati nella gestione della fase finale del sequestro PAPALIA ROCCO e CATANZARITI; seppe altresì che per GALLI erano stati incassati 200 milioni e per SCALARI 800 milioni: a lui venne data - da SERGI SAVERIO, “il principale”, che la definì “un fiore per te” - l‟esigua somma di due milioni, che in realtà rappresentò solo una partecipazione alle ingenti spese telefoniche sostenute nella vicenda (5585). - Quanto al NIRTA, INZAGHI lo ha indicato (5611) come persona influente ed autoritaria, cui tutti in qualche modo sottostavano, ed ha descritto i rapporti di totale sudditanza nei suoi confronti del TRICHILO, che era solito chiamarlo “COMPARE ANTONIO”. L‟INZAGHI ha affermato (5576) di essersi molto stupito del fatto che numero telefonate fatte dal NIRTA sulla sua utenza, mentre questa era sotto controllo, non figuravano fra quelle intercettate; ha aggiunto che, allorchè i diversi interlocutori chiamavano al telefono il NIRTA, chiedeva sempre dell‟”ESAURITO”, giacchè il predetto NIRTA era nel loro ambiente conosciuto con tale soprannome o con quello di “due nasi”.53 L‟INZAGHI ha altresì riferito dei sospetti che si nutrivano sul NIRTA circa il suo ruolo di confidente dei Carabinieri ed in particolare del capitano DELFINO; ha ricordato (5578), in proposito, di essere stato una sera a Baggio, nel locale “punta dell‟ovest”, in compagnia di PAPALIA ROCCO, MORABITO, MOLLUSO e CATANZARITI, e di aver dai predetti amici appreso che il titolare del locale, tal FRATTA, li aveva informati che il NIRTA era appunto un confidente del capitano DELFINO. Sempre a proposito di supposti rapporti di tal genere fra calabresi ed il capitano DELFINO, INZAGHI ha altresì raccontato (5593) che un giorno, mentre accompagnava MOLLUSO da un suo amico, tal PORTOLESI, amico a sua volta del fratello di GRILLO MICHELE nonchè dello stesso DELFINO, sentì definire il PORTOLESI “un infame” dal MOLLUSO, perchè, a dire di questi, già prima dei loro arresti del 24 maggio, il predetto PORTOLESI aveva saputo dal capitano DELFINO che si stata indagando su di _____________________________________ 53 Nelle telefonate intercettate compare ripetutamente il personaggio dell‟ “ESAURITO” chiamato spesso dai componenti del gruppo “COMPARE ANTONIO”. 515 loro e non li aveva avvertiti; il PORTOLESI avrebbe, invece, avvertito il GRILLO che i Carabinieri erano in possesso di una sua fotografia, scattata nell‟ambito delle indagini sul sequestro di GALLI, talchè il predetto GRILLO, grazie a tale avvertimento, avrebbe avuto modo di sfuggire agli arresti del 24 maggio. Le dichiarazioni di AMANDINI AMANDINI MICHELE ha diffusamente spiegato al dibattimento termini, tempi e modalità del suo ingresso nell‟attività dei sequestri di persona a scopo d‟estorsione, riferendo, in particolare, quanto segue: - il suo amico LA ROSA ANTONIO ebbe occasione di parlargli - erano gli anni 75/76 - dei suoi rapporti di cordialità a Roma con l‟avvocato BARBETTI e con monsignor PACE, nonchè di un ufficio romano gestito dal BARBETTI ed adiancente all‟appartamento del predetto monsignore; 54 il LA ROSA gli offrì congiuntamente la possibilità di servirsi di tale ufficio per trattare i suoi affari a Roma, cosa che effettivamente avvenne dopo che AMANDINI ebbe conosciuto il citato avvocato BARBETTI (6306); - nell‟ufficio romano de quo il LA ROSA presentò nel 76 PAPALIA DOMENICO ad AMANDINI, il quale lo rincontrò ancora un paio di volte in quel luogo ed in seguito lo rivide, sempre a Roma, in un bar di piazza Cavour (6313); fu il PAPALIA a presentare a Roma il TRICHILO ed il D‟AGOSTINO all‟AMANDINI; 55 - egli seguitò ad incontrare frequentemente a Roma i predetti ed in particolare il PAPALIA, dal quale acquistò una “Range Rover” e col ________________________________ 54 A pag. 59 del vol. n. 4 è riprodotta la copia del biglietto da visita intestato a monsignor PACE EUGENIO e nell‟agenda sequestrata ad AMANDINI (in vol. 4 pag. 174) compare anche il numero telefonico del predetto monsignore alla voce “ESARC” 55 AMANDINI ha precisato (6334) che il TRICHILO era in una posizione di totale sudditanza nei confronti del D‟AGOSTINO, mentre quest‟ultimo ed il PAPALIA DOMENICO avevano un rapporto pantano. 516 quale trattò una partita di brillanti di provenienza furtiva (6315); in tale contesto fece conoscere il suo amico DISCEPOLO ROLAND al predetto PAPALIA, il quale propose loro di “lavorare” nel campo dei sequestri, delle estorsioni, delle rapine (6320); il DISCEPOLO si mostrò favorevole alla proposta e suggerì di rapire tal PENTERIANI, facoltoso imprenditore romano operante nel settore avicolo, noto appunto come “re dei polli”, 56 all‟esecuzione del sequestro non partecipò l‟AMANDINI, il quale, però, nell‟estate del 76 - a sequestro avvenuto - ricevette dal PAPALIA un regalo di dieci milioni, per avergli fatto conoscere il DISCEPOLO (6326);57 - agli inizi del 77 egli apprese dalla stampa la notizia della morte del D‟AGOSTINO ed in quello stesso periodo gli fu richiesto da PAPALIA DOMENICO se avesse potuto procurargli a Milano un locale dove ricevere alcune persone, talchè egli gli offrì la disponibilità del proprio ufficio di viale Cirene, che divideva con il suo socio BRENICCI SAVINO; in realtà l‟incontro indetto da PAPALIA non si tenne poi nel predetto ufficio ma nella vicinissima sartoria di tal D‟URSO, cui AMANDINI chiese il favore di ospitare i tanti partecipanti alla riunione, presentatisi in numero largamente superiore alle tre o quattro persone delle quali gli aveva parlato il PAPALIA; solo successivamente AMANDINI apprese dal predetto che la ragione di quell‟incontro era quella di convincere i parenti del defunto D‟AGOSTINO che non era PAPALIA il responsabile dell‟assassinio del loro congiunto: dalle parole di costui, peraltro, AMANDINI comprese che doveva essere stato proprio lui l‟esecutore materiale di tale omicidio (6341); - Dopo l‟incontro di viale Cirene - nel quale AMANDINI conobbe MORABITO, MOLLUSO - il PAPALIA DOMENICO 58 NIRTA, _________________________________ 56 Emerge dagli atti del sequestro di PENTERIANI (in vol. 175) che effettivamente per tale delitto venne inquisito il TRICHILO: sul punto cfr. anche la deposizione dibattimentale dell‟ispettore GALLO (16049). 57 AMANDINI ha precisato che i dieci milioni gli furono consegnati al termine di un pranzo in un ristorante fuori Roma e che in quella occasione il PAPALIA gli presentò il fratello di DE STEFANO PAOLO, GIORGIO il quale era tra i commensali. 58 Occorre tener presente che MORABITO uscì dal carcere il 10 febbraio 77 e che PAPALIA DOMENICO venne arrestato l‟8 marzo 77 talchè quella riunione venne tenuta nell‟arco di tempo compreso fra le due date AMANDINI ha peraltro riferito (6831) che la proposta di partecipare ad un sequestro da parte del PAPALIA gli venne fatta qualche giorno dopo quella riunione e che il PAPALIA venne arrestato a distanza di circa venti giorni dalla riunione stessa. L‟ AMANDINI, alla domanda del 517 si recò altre colte a trovare l‟AMANDINI in tale ufficio ed anche nel bar vicino al garage di via Dolomiti, ritrovo abituale del predetto AMANDINI: in uno di tali incontri il PAPALIA gli chiese, alla presenza del TRICHILO, se fosse interessato a partecipare ad un sequestro che stavano progettando e gli spiegò che, in caso di accettazione, avrebbe dovuto far capo al TRICHILO (6344).59 Con riferimento specifico al sequestro di GALLI ANGELO, AMANDINI ha dichiarato che fu il MOLLUSO a prospettare l‟idea di effettuare, prima ancora dell‟attuazione del sequestro di SCALARI, un altro rapimento, perché bisognava accontentare “quelli di giù”, molto risentiti per la loro esclusione dai progetti di sequestri che si stavano organizzando al nord. Secondo AMANDINI (6356), il TRICHILO non si mostrò entusiasta all‟idea del MOLLUSO di inserire nei programmi un nuovo sequestro, mentre si stava lavorando alla preparazione di quello in danno di SCALARI: il MOLLUSO comunque riuscì a convincere il predetto TRICHILO. Le riunioni preparatorie si tennero prevalentemente in casa di INZAGHI o di TRICHILO PAPALIA DOMENICO venne arrestato nel marzo 77, prima ancora, dunque, che i sequestri di GALLI e di SCALARI venissero realizzati. Ha riferito(6374-6377) AMANDINI che NIRTA ANTONIO seguì le vicende relative alla realizzazione dei due sequestri e che ebbe frequenti contatti con lui, facendosi vedere spesso in viale Cirene e facendosi sentire telefonicamente - anche attraverso un apparecchio “cercapersone” di cui l‟AMANDINI in quel periodo faceva uso - per parlare di questioni attinenti ai sequestri stessi.60 Il predetto AMANDINI ha spiegato di non aver ______________________________________________________________________ P.M. se la proposta attenesse ad un sequestro o genericamente ad un‟attività di sequestri ha testualmente risposto(6344) “No, un sequestro, All‟epoca, si. All‟epoca mi pare che era un sequestro”. 59 Verosimilmente il progetto cui si riferiva il PAPALIA riguardava il sequestro di SCALARI, giacche anche AMANDINI ha confermato le asserzioni di MORABITO e INZAGHI circa il fato che il progetto del sequestro di GALLI venne proposto dal MOLLUSO, mentre erano già in corso, appunto, i preparativi del sequestro di SCALARI. 60 AMANDINI HA SPECIFICATO(6375) che allorché vi furono tali telefonate, i sequestri erano già stati eseguiti, talché egli col NIRTA ebbe occasione di fare, in sostanza, qualche accenno, “qualche sfumatura” avendo peraltro, già stabilito un rapporto diretto col TRICHILO che gli impartiva le istruzioni. 518 mai ricevuto direttamente istruzioni dal NIRTA - i cui primi incontri con lui risalivano al marzo 77 - di averlo incontrato in una riunione in casa di LUVARA „61 e di non averlo più rivisto dopo la realizzazione dei due sequestri, confermando(6407) che il personaggio era noto con i soprannomi di “due nasi” e “l‟esaurito” e che in prosieguo si diffusero i sospetti che fosse un confidente dl capitano DELFINO. A proposito dell‟iter del sequestro di GALLI ANGELO, AMANDINI ha, ancora, riferito quanto segue: - da MORABITO e MOLLUSO apprese successivamente in carcere che alla fase materiale del rapimento aveva partecipato anche CATANZARITI (6370); - era solito riferire il contenuto delle telefonate ad INZAGHI, ma anche a MOLLUSO e MORABITO, affinché informassero il TRICHILO, che impartiva abitualmente le disposizioni alle quali egli doveva attenersi nell‟effettuare le telefonate stesse; secondo AMANDINI, il TRICHILO, a sua volta, rendeva conto a PAPALIA DOMENICO, ancorché quest‟ultimo fosse in quel periodo detenuto; i contatti col PAPALIA venivano tenuti tramite la sua donna, DONATO BRUNA, che AMANDINI aveva conosciuto a Roma, dove gli era stata presentata come giornalista e proprietaria di un supermercato (6372); ______________________________________________________________________ 61 In tale riunione nell‟abitazione del LUVARA‟ in via Tolstoj, il NIRTA a dire dell‟AMANDINI(6355), aveva ascoltato attentamente ed aveva fornito dei suggerimenti. 519 - dopo gli arresti del 24 maggio rimase privo di interlocutori, ai quali riferire il contenuto delle telefonare fatte alla famiglia del rapito, e conseguentemente privo di istruzioni che di volta in volta gli venivano fornire dai suoi amici; un giorno venne contattato da PAPALIA ROCCO e da CATANZARITI, i quali andarono a trovarlo presso il garage62 di via Dolomiti63 e gli chiesero tutte le ______________________________________________________________________ 62 Sulla assidua presenza di AMANDINI presso il garage ed il bar di via Dolomiti, cfr. anche quanto dichiarato(7551) dal teste GUIDETTI. 63 Occorre evidenziare che AMANDINI al dibattimento, rispondendo alle domande di talune difese, ha collocato temporalmente l‟incontro con PAPALIA ROCCO e CATANZARITI AGOSTINO in via Dolomiti a circa una settimana dal “blitz” del 24 maggio. Se si confronta tale riferimento temporale con le inequivocabili dichiarazioni rese dallo stesso AMANDINI in fase di indagini preliminari si comprende agevolmente come il riferimento temporale con le inequivocabili dichiarazioni rese dallo stesso AMANDINI in fase di indagini preliminari, si comprende agevolmente come il riferimento de quo sia il frutto di una imprecisione, Ed invero nell‟interrogatorio reso al P.M. il 17.12.93 AMANDINI ebbe a dichiarare testualmente “Per i sequestri GALLI e SCALARI intrattenni, fino al mio arresto, stabili contatti con le famiglie dei sequestrati”; nel successivo interrogatorio al P.M. del 18.1.94 l‟AMANDINI precisò ancora: “...finche fui in libertà, cioè fino al luglio 77, so che fu pagata una sola tranche e cioè mezzo miliardo...per il sequestro di SCALARI, il pagamento della prima tranche del riscatto, indicando ai familiari anche il luogo della consegna una zona dalle parti della tangenziale, nei pressi dell‟imbocco della Milano-Genova...”. Dunque l‟AMANDINI rimase operativo nel suo ruolo almeno fino a tale data e che dunque il passaggio di mano al PAPALIA ed al CATANZARITI avvenne dopo il pagamento della prima tranche del riscatto, indicando ai familiari anche il luogo del pagamento. Poichè risulta dagli atti che tale prima tranche fu pagata il 1.7.77, deve necessariamente ritenersi che AMANDINI rimase operativo nel suo ruolo almeno fino a tale data e che dunque il passaggio di mano al PAPALIA ed al CATANZARITI avvenne dopo il pagamento della prima tranche. E del resto, una conferma sulla circostanza che il telefonista fu sempre la stessa persona fino ai primi di luglio è inequivocabilmente rinvenibile nelle dichiarazioni del colonnello SCIBONA, che all‟epoca seguì le indagini e che ha ribadito(7624) al dibattimento - cfr., più diffusamente, infra - quanto già indicato nei rapporti a sua firma acquisiti agli atti, ossia che la voce del telefonista, fino all‟arresto AMANDINI seguitò a svolgere il ruolo di telefonista fino ai primi di luglio, non potè incontrare PAPALIA e CATANZARITI in via Dolomiti dopo una settimana circa dal 24 maggio: ed invero, se in quell‟incontro comunicò tutte le coordinate informative atte a far proseguire al PAPALIA i contatti con la famiglia, ciò avvenne non prima dell‟inizio di luglio, avendo egli stesso spiegato e ribadito nelle indagini preliminari di aver seguito il pagamento della prima tranche, avvenuto appunto il 1.7.77 L‟AMANDINI, dunque, è stato certamente impreciso nel riferimento temporale indicato al dibattimento, anche perchè PAPALIA ROCCO fu detenuto fino al 23 giugno 77 e dunque l‟incontro di via Dolomiti non potè comunque avvenire ad una settimana di distanza dagli arresti del 24 maggio. E‟ possibile, peraltro, che AMANDINI abbia operato una confusione mnemonica fra gli arresti del 24 maggio e l‟arresto di UGONE del 2 luglio un avvenimento, questo che colpì particolarmente l‟AMANDINI¸ poichè, infatti, il predetto UGONE venne trovato in possesso di 50 milioni provenienti dal riscatto di SCALARI, AMANDINI:decise di allontanarsi subito da Milano, immaginando che gli investigatori presto sarebbero potuti arrivare a lui. Resta da 520 coordinate informative per poter proseguire le trattative con la famiglia dell‟ostaggio, facendogli capire che la situazione era ormai nelle loro mani:64 AMANDINI conunicò loro i numeri di telefono in suo possesso nonchè il nome in codice che usava per farsi riconoscere e da quel momento furono i predetti ad occuparsi prevalentemente della trattativa(6380); - egli non seppe con precisione l‟ammontare delle somme incassate per i riscatti dei due sequestri e ritenne che per SCALARI, dopo il versamento di una prima tranche di 500 milioni, avesse potuto esservi una seconda tranche e che per GALLI l‟entità del riscatto potesse essere stata analoga; egli ricevette la complessiva somma di 80 milioni per entrambi i sequestri: prima ancora del suo attesto avvenuto il 17 luglio 77, incassò 30 milioni, che gli furono consegnati - confezionati in banconote “ fascettate”della Banca popolare di Abbiategrasso65 - dal PAPALIA ROCCO e dal CATANZARITI, mentre altri 20 milioni gli vennero consegnati, dopo la scarcerazione, dallo stesso PAPALIA ROCCO nella pasticceria “Biffi” di piazzale Baracca (6382); parte del denaro della prima tranche venne utilizzata da AMANDINI per far fronte ______________________________________________________________________ aggiungere che anche il teste BOVIO, che trattò per telefono il pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI, ha riferito che fino a tale pagamento, avvenuto appunto il 1.7.77, ebbe a trattare al telefono sempre con la medesima persona; lo stesso BOVIO ha dichiarato che, invece, per il pagamento della seconda tranche, trattò con una diversa persona (cfr. sul punto, quanto evidenziato in dettaglio al capitolo che segue): il che conferma ulteriormente la scansione temporale dinanzi delineata. 64 Ha precisato (6363) sul punto AMANDINI che, secondo quanto gli disse specificamente il PAPALIA, “da quel momento doveva far capo a loro, che avevano loro la situazione in mano”. 65 Cfr. gli atti relativi (in vol. 110. pagg. 1-132) all‟arresto di AMANDINI, al rinvenimento nel suo borsello di banconote per un importo di 1.790.000 lire - recanti la fascetta della Banca popolare di Abbiategrasso ed alle risultanze degli accertamenti bancari illustrate(14019) al dibattimento dall‟ispettore GALLO. Mette conto qui evidenziare che la prima tranche del riscatto di SCALARI, pari a 500 milioni, venne versata il 1.7.77 e che il denaro dato ad AMANDINI faceva probabilmente parte di banconote consegnate dalla banca Popolare di Abbiategrasso in data 4 luglio ad AMANTE ANTONINO, che svolse il ruolo di riciclatore del denaro del riscatto: cfr. al riguardo il capitolo che segue. Deve altresì sottolinearsi che il ricordo dell‟AMANDINI appare preciso quando PAPALIA gli effettuò, dopo la scarcerazione, la seconda consegna di 20 milioni, non c‟era CATANZARITI fu detenuto dal gennaio al novembre di quell‟anno 521 all‟acquisto di una “Ferrari”,66 essendogli stato detto che si trattava di denaro “pulito”, che poteva essere speso liberamente (6384). In ordine alla partecipazione di AMANTE PIETRO, AMANDINI ha riferito(6390) di sapere che il predetto prese parte ad uno dei due sequestri, ma di non essere in grado di specificare a quale e con quale ruolo: egli ebbe ad incontrarlo in casa del LUVARA‟ in via Tolstoj, dopo che i due sequestri erano già avvenuti. L‟AMANDINI ha, infine, ricordato(6387), a conferma del fatto che in quel periodo storico il gruppo era fortemente dedito all‟attività dei sequestri di persona, che, contemporaneamente ai sequestri di GALLI e di SCALARI, su proposta di TRIPODI PIETRO, intimo amico di PAPALIA DOMENICO, si progettò anche di rapire un industriale di Abano Terme, proprietario di uno zuccherificio; il basista era il cognato del TRIPODI, tale OSCAR, che viveva appunto ad Abano, e furono fatti dei sopralluoghi sul posto dallo stesso AMANDINI, in compagnia di INZAGHI e di DISCEPOLO, ma poi il progetto sfumò.67 Le deposizioni testimoniali GALBIATI RITA, vedova GALLI, ha dichiarato al dibattimento di avere spesso avuto occasione di vedere il MUSCIO______________________________________________________________________ 66 Il teste ZANETTI LUIGI, concessionario d‟auto che vendette la “Ferrari” ad AMANDINI, ha confermato(7506) di aver all‟epoca ricevuto 7 milioni di lire in banconote recanti la fascetta di una banca di cui non ha ricordato il nome. 67 Tale progetto di sequestro ad Abano Terme risulta confermato anche dalle dichiarazioni(5581) di INZAGHI e riscontrato dal contenuto di talune conversazioni telefoniche intercettate, quali: quella del 25.4.77, ad ore 9.15, fra TRIPODI ed INZAGHI, che veniva chiamato dal primo per fissare un appuntamento presso la casa di suo cognato, quella del 26.4.77, ad ore 13.00, fra INZAGHI e TRIPODI, che concordavano un appuntamento alla stazione di Ferrara, in termini dai quali emergeva che dovevano recarsi a Padova, quella del 4.5.77, ad ore 14.00, tra AMANDINI ed INZAGHI, che si riferivano ad un‟operazione da farsi con “ROLAND” e PIETRO ed il cognato di questi, OSCAR. 522 il quale pure non era mai stato a casa sua - giacchè costui era solito frequentare una sua parente, tale BERTOLETTI CESIRA, che aveva la casa sul suo stesso cortile. 68 La teste ha riferito(7359-7403) che probabilmente il MUSCIO aveva sposato una parente indiretta di suo cognato, aggiungendo che il marito GALLI ANGELO lo conosceva bene fin da ragazzo, perché erano vissuto nello stesso paese, pur non essendo amici; del resto, il predetto MUSCIO - che tutti in paese usavano chiamare con il soprannome “il Brescia”69 - aveva una reputazione non buona e la stampa aveva avuto modo di occuparsi più volte delle sue vicende. Durante il periodo del sequestro del marito, la GALBIATI notò che il MUSCIO veniva più spesso a trovare i parenti, perché evidentemente attingeva notizie dalla zia, che rea solita frequentare la predetta GALBIATI e ricevere le sue confidenze. In quell‟arco di tempo la teste ricevette la telefonata di un ufficiale dei Carabinieri, il capitano SCIBONA, il quale ricevuta risposta affermativa alla domanda se conoscesse un certo “Brescia”, le disse: “almeno non la saluti più questa persona”. Circa l‟iter del sequestro, la vedova GALLI ha fatto presente che i rapitori telefonavano non già a casa sua, bensì in casa di amici quali il dottor COLOMBO ed il dottor BELLI: peraltro, dopo le prime due o tre telefonate, non si fecero sentire più per circa quaranta giorni; dopo aver ripreso i contatti telefonici, le trattative vennero concluse in una decina di giorni. La richiesta iniziale di riscatto fu di tre miliardi, ma la somma effettivamente pagata fu di 170 milioni, della cui consegna ebbe, ad occuparsi il cognato BARTEZAGHI GIORGIO. Dopo la liberazione, il marito riferì che i suoi rapitori erano meridionali. Secondo quanto dichiarato(7373) dalla teste, l‟acquisto della cascina pagata un miliardo era stato fatto, molti anni addietro, da suo suocero, che poi l‟aveva rivenduta. CATTANEO ALESSANDRO ha riferito di essere stato presente sul posto all‟atto del rapimento del GALLI: era l‟orario di ______________________________________________________________________ 68 L‟ispettore GALLO ha confermato(16050), sulla base degli accertamenti espletati, che il cortile della cascina abitata dalla famiglia GALLI era attiguo alla casa di BERTOLETTI ALDINA. 69 Ha spiegato la GALBIATI che gli stessi parenti del MUSCIO che abitavano vicino a lei usavano chiamarlo “Brescia” 523 chiusura dei campi da tennis, intorno alle ore 19,30, ed il GALLI, uscito insieme con il teste, si stava dirigendo verso la sua vettura. Il CATTANEO sentì alcune grida e, giratosi versi il GALLI, si accorse che due individui lo avevano aggredito e lo stavano trascinando in un‟auto poco distante da essi. A dire del teste (7378), una terza persona, armata di pistola, lo minacciò e nel contempo esplose un colpo di arma da fuoco in aria: mentre la vettura si allontanava, il soggetto armato seguitò ad esplodere altri colpi di pistola. 70 Il CATTANEO ha spiegato (7381) che rilevò la presenza di tre rapitori più l‟autista ed ha precisato (7384) che erano tutti a volto scoperto: 71 all‟epoca egli fornì anche il numero di targa dell‟ “Alfetta” sulla quale era stato portato via il GALLI.72 BARTEZAGHI GIORGIO, cognato del GALLI, tenne i contatti con i rapitori negli ultimi quindici giorni prima della liberazione ed in quel periodo ricevette due o tre telefonate al giorno da un soggetto che, a suo dire (7391), aveva sempre la stessa voce. Ha riferito (7394) il teste che fu lui a consegnare il riscatto, al termine di un percorso organizzato come “una specie di caccia al tesoro”: di volta in volta gli fecero trovare in un cestino dei rifiuti un messaggio contenente le indicazioni della meta successiva, fino a quando gli fu ordinato di lasciare il pacco contenente il denaro in un‟auto parcheggiata nei pressi di piazza Miani. ZANETTI LUIGI, concessionario d‟auto che vendette la “Ferrari” ad AMANDINI, riferito (7506) di aver ricevuto, in parziale pagamento di tale vettura, sette milioni di lire in contanti, _______________________ 70 Dal verbale di sopralluogo dei Carabinieri dell‟8.5.77 (in vol. 108 P.M., pag. 5) risulta che sul posto vennero rinvenuti quattro bossoli calibro 7,65 e due bossoli calibro 45. 71 La descrizione di taluni aspetti somatici di uno dei sequestratori è contenuta nel verbale di dichiarazioni rese il 9.5.77 a Carabinieri da SOLAZZO GUIDO. Il predetto, indicato nella lista testi del P.M., non è stato sentito in dibattimento per impedimento a comparire, talché si è disposta, con ordinanza del 7.2.96, l‟acquisizione della sua deposizione istruttoria, prodotta dal P.M. il 23.1.96: da essa risulta che il teste vide l‟auto dei rapitori allontanarsi a luci spente, sentì l‟esplosione dei colpi d‟arma da fuoco ed osservò sul sedile posteriore della vettura uno dei sequestratori che aveva in mano qualcosa di simile ad una pistola e che venne da lui descritto: “con capelli lisci ed un ciuffo che scendeva sulla fronte i capelli erano molto attaccati alla testa, tanto da apparire anche abbastanza lucidi”. 72 Cfr. il verbale di dichiarazioni rese dal teste CATTANEO in data X.5.77 (in già cit. produz. P.M. del 23.1.96, acquisite con ord. del 7.2.96) utilizzato a fini contestativi. 524 precisamente in banconote che recavano ancora le fascette della banca di provenienza. BRENICCI SAVINO, sentito al dibattito ex art. 210 c.p.p., ha riferito di essere stato inquisito ed arrestato il 24 maggio 77, nell‟ambito delle indagini relative ai sequestri di GALLI e di SCALARI, e di essere stato prosciolto in istruttoria; ha altresì dichiarato (7520) di aver avuto nel 77 un ufficio in viale Cirene 14 a Milano, che era stato frequentato da AMANDINI, da lui conosciuto nei primi mesi di quello stesso anno. Secondo quanto evidenziato (7520) dal BRENICCI, AMANDINI aveva subito preso a fare un uso frequentissimo del suo telefono ed a ricevere in ufficio molti suoi amici, anch‟essi utilizzatori di tale telefono, come emerse poi dalle intercettazioni di numerose telefonate effettuate su tale utenza. Il BRENICCI ha escluso di aver avuto rapporti societari o comunque d‟affari con AMANDINI. 73 Ha rappresentato il predetto BRENICCI che il suo ufficio era frequentato dal suo amico LA ROSA GIOVANNI, divenuto poi anche amico di AMANDINI, dei fratelli PAPALIA DOMENICO e ROCCO - che vi si recavano per incontrare appunto il LA ROSA e l‟AMANDINI - nonchè dal MORABITO. Il BRENICCI ha altresì fatto presente di aver conosciuto il MOLLUSO in carcere a Piacenza, dopo gli arresti del maggio 77, 74 e di non aver mai conosciuto il NIRTA ed il TRICHILO. ____________________ 73 A fronte di siffatta dichiarazione, il P.M. ha proceduto alla contestazione di numerose affermazioni in senso contrario fatte dal BRENICCI negli interrogatori resi il 26.5.77, il 12.7.77 ed il 9.5.94: da siffatte affermazioni emerge, invero, che fu concordata con l‟AMANDINI una suddivisione delle spese di gestione dell‟ufficio di viale Cirene e che tale impegno sarebbe stato rispettato dal predetto AMANDINI, secondo quanto dichiarato dal BRENICCI nel maggio 94, fino a 15 giorni prima di tale data. Il BRENICCI, peraltro, nel corso del concitato esame dibattimentale (si vedano i relativi verbali dell‟udienza del 16.1.96) ha ammesso (75533), ancorché in termini di probabilità di essersi lamentato con AMANDINI perché aveva convocato nel suo ufficio alcune persone che poi furono dirottate in un altro locale: ha aggiunto che spesso effettivamente si lamentava perché il suo ufficio era diventato “un porto di mare” era sempre “ pieno di persone” che frequentavano il locale anche in sua assenza. 74 Emerge, invece, dall‟interrogatorio del 26 maggio 77 (in succit. produz. del P.M. del 23.1.96) che il BRENICCI aveva riconosciuto in fotografia MOLLUSO , INZAGHI e MORABITO e che aveva dichiarato averli visti frequentare il suo ufficio. 525 Sulla vicenda della riunione (il summit) di viale Cirene - che, secondo l‟AMANDINI, non fu possibile tenere nell‟ufficio del BRENICCI a causa delle lamentele del predetto per l‟alto numero dei convenuti - il BRENICCI, rispondendo al P.M., ha dichiarato (7533) di ritenere probabile che egli si fosse lamentato con AMANDINI per la presenza di più persone convocate presso il suo ufficio e che queste fossero state poi dirottate in altri locali. In sede di controesame, peraltro, lo stesso BRENICCI, rispondendo alla difesa del NIRTA, ha dichiarato che non si trattò di un incontro fra tante persone, giacché i convenuti erano 5 o 6, e che comunque accadeva spesso che il suo ufficio si trasformasse in luogo di abituale ritrovo per gli amici di AMANDINI; ha aggiunto (7544) al riguardo che, poiché il suo ufficio “ era sempre pieno”, in seguito, per evitare tutto ciò, decise di licenziare anche le dipendenti e di occuparsi personalmente della chiusura dell‟ufficio stesso non oltre le ore 18,30. SCIBONA GIUSEPPE, all‟epoca capitano dei Carabinieri, ha riferito (7580)75 e che, nel corso delle indagini effettuate a seguito del sequestro di LAZZARONI PAOLO del 22 marzo 77, si acquisirono significativi elementi a carico di un determinato gruppo di soggetti, fra i quali MUIA‟, MORABITO, LUVARA‟, MOLLUSO, TRICHILO, INZAGHI, SERGI SAVERIO, SEGHEZZI ALESSANDRO: siffatti elementi scaturivano, in particolare, da una intensa attività di p.g., scandita, fra l‟altro, da sistematici pedinamenti e da numerose intercettazioni telefoniche, dalle quali emerse che il gruppo di persone oggetto delle investigazioni stava organizzando altri sequestri di persone, effettettivamente poi verificatisi in danno di GALLI ANGELO e di SCALARI GIUSEPPE. Le indagini avevano tratto impulso da una informazione di fonte segreta del capitano DELFINO, cui era stato segnalato che i responsabili del sequestro di ) al riguardo che il predetto LAZZARONI andavano ricercati fra MUIA‟ e coloro che gravitavano nella sua aerea. Il teste ha riferito (7585) al riguardo che il predetto capitano DELFINO, da poco giunto a MILANO, già in precedenza era intervenuto nel contesto delle indagini in atto presso il capoluogo lombardo sul sequestro di ALBERGHINI, determinando la liberazione dell‟ostaggio. _________________ 73 Il teste ha confermato (7642) puntualmente tutti i rapporti acquisiti in atti (in vol. 108. pagg. 1 e segg.) a sua firma, fra i quali quelli 9,27 e 30 maggio 1977. 526 L‟ufficiale ha fatto presente che, ascoltando le intercettazioni delle conversazioni telefoniche, gli investigatori rilevarono che INZAGHI e MORABITO si erano accorti di essere pedinati e, facendo riferimento al MOLLUSO, lo definivano un “malato”, perché seguito dalla “madama”.76 Il teste ha, in particolare, ricordato (7591) l‟allarme destato dal contenuto di una conversazione telefonica del 13 o 14 maggio - intercettata sull‟utenza del DELLA ROCCA - nella quale MORABITO avvisava LUVARA‟ che il “lunedì sarebbero andati sul cantiere”, talché il capitano DELFINO si recò ad avvertire di tanto il Procuratore della Repubblica, delineandosi la probabile imminenza di un altro sequestro: SCIBONA non ha peraltro ricordato (7596) per quali ragioni non venne deciso un intervento operativo per evitare l‟attuazione del sequestro, che, in realtà, si verificò proprio il 16 maggio in danno dello SCALARI. Si decise, peraltro, di intervenire il 24 maggio con una serie di perquisizioni e circa 20 arresti, allorché, da una telefonata intercorsa fra il TRICHILO e NERI ANTONIO, 77 gli investigatori ebbero modo di ascoltare che quest‟ultimo riferiva che “il padre stava male ed aveva bisogno di medicine”, talché si comprese che i due stavano parlando di un ostaggio con problemi di salute. Il teste SCIBONA ha ricordato (7602) che, mentre veniva sentito il TRICHILO dopo gli arresti, il capitano DELFINO chiese a lui un foglio che era stato sequestrato al predetto TRICHILO e gli disse di eseguire degli accertamenti su un numero annotato a mano sul foglio stesso: “Pos” o “Dos” “230048 VINO FILIPPO”; il prefisso era 031, lo stesso emerso in una telefonata fatta da LUVARA a TRICHILO il 18 maggio. Dagli accertamenti eseguiti e dalla “decodificazione” di tale numero emerse che era quello di SAPIENZA FILIPPO, in casa del quale venne ritrovato il sequestrato RIMOLDI.78 ___________________________ 76 Le telefonate nelle quali si fa riferimento al MOLLUSO seguito dagli “angeli custodi” e dalla “madama” sono precisamente quelle del 29.4.77, intercorse fra INZAGHI e TRICHILO ed INZAGHI e LUVARA‟: in vol. 109, pagg. 197 e 199. 77 Cfr. la telefonata intercorsa il 20.5.77 fra il TRICHILO ed il NERI (in vol: 109). Lo stesso SCALARI ebbe a riferire, nelle dichiarazioni rese il 30.7.77, dei suoi problemi di salute e dei medicinali procuratigli dai rapitori. 78 Cfr. cit. vol. 108 P.M. pag. 65, che riporta il foglio sequestrato al TRICHILO 527 A proposito del NIRTA, SCIBONA ha riferito /7606) che dalle telefonate intercettate il personaggio dell‟”esaurito” appariva sicuramente “di buon spessore”, “di spicco”, ben collegato ai soggetti al centro delle indagini e peraltro gli investigatori non riuscirono ad identificarlo, almeno fino a quando il teste restò a dirigere il nucleo operativo dei Carabinieri di Milano; circa un anno dopo, quando gli aveva appunto già lasciato tale ufficio, seppe dal capitano MANGO che l‟”esaurito” era stato identificato in NIRTA ANTONIO. L‟ufficiale ha, ancora, riferito (7614-7616) di aver assistito personalmente, in piazza Napoli a Milano, ad un incontro cui presero parte LUVARA‟, TRICHILO, UGONE e DE GREGORIO, precisando che detto incontro era stato preannunciato in una telefonata intercorsa fra TRICHILO e LUVARA‟:79 dal tenore delle conversazioni intercettate emergeva anche che in casa LUVARA‟ venivano tenute frequenti riunioni del gruppo e che ad esse partecipavano INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO e tale TONI. Gli operatori che lavoravano all‟elaborazione degli elementi di cognizione emergenti dalle intercettazioni telefoniche si resero anche conto che il ruolo di telefonista nei sequestri di GALLI e di SCALARI era svolto da tale “MICHEL”, poi identificato in AMANDINI MICHELE. Ha dichiarato il teste che, già dopo il pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI (1 luglio 77), AMANDINI interruppe la sua attività di telefonista: ciò avvenne, dunque, ben prima dell‟arresto del 17 luglio, precisamente ai primi di luglio, subito dopo l‟arresto di UGONE. 80 Ed invero gli operatori che seguivano le telefonate ebbero la precisa sensazione che la voce del telefonista, in entrambi i sequestri, fosse cambiata, giacché anche per il sequestro di SCALARI era avvenuta la stessa cosa dopo l‟arresto del DI GREGORIO: le voci dei soggetti subentrati nel ruolo di telefonista non vennero, peraltro, mai identificate. In casa ______________________ 79 Cfr. la telefonata del 17.5.77, in cui TRICHILO e LUVARA‟ facevano riferimento ad un appuntamento alle ore 16.00 presso il cinema Ducale di piazza Napoli. 80 In effetti il 2 luglio 77 venne arrestato UGONE SALVATORE, nella cui casa furono rinvenute banconote provenienti dal riscatto di SCALARI nonché la macchina da scrivere con la quale erano state redatte le lettere inviate alla famiglia del predetto. Per gli accertamenti peritali eseguiti all‟epoca su tale macchina da scrivere, v. cit. vol 108, pag. 322 e segg. 528 del TRICHILO, arrestato il 24 maggio, venne rinvenuto uno scritto firmato da tal “MICO” o “MIMMO”, 81 la cui paternità il teste ha riferito (7626) essere stata all‟epoca attribuita dagli investigatori a PAPALIA DOMENICO, 82 in quanto nello scritto si faceva riferimento a fatti romani e soprattutto a qualcosa che doveva essere fatto a Roma. In relazione al sequestro di SCALARI, il teste SCIBONA ha spiegato 83 che la segretaria del predetto, INVERNIZZI FRANCA, dopo gli arresti del 24 maggio, si recò negli uffici del Nucleo investigativo dei Carabinieri, recando con sé un foglio di giornale su cui era riprodotta la fotografia del TRICHILO, e dichiarò di aver visto l‟uomo ivi effigiato, qualche giorno prima del sequestro, nei pressi dello stabilimento farmaceutico dello SCALARI. Il teste ha, infine, rappresentato (7638-7641) che, all‟epoca delle indagini, gli investigatori avevano maturato la convinzione che nel settore dei sequestri di persona operassero due distinti gruppi: uno di calabresi, responsabili dei sequestri di LAZZARONI e GALLI, l‟altro di siciliani, responsabili del sequestro SCALARI, effettuato a Trezzano sul Naviglio, località ritenuta appunto dagli inquirenti specifica area operativa dei siciliani: esponente di spicco di questi ultimi era UGONE SALVATORE, mentre il TRICHILO lo era dei calabresi ed il LUVARA‟ costituiva l‟anello di cognizione dei due gruppi. Il maresciallo dei Carabinieri TOMEO CARMELO, componente fin dal 72 della sezione del Nucleo operativo di Milano, ha riferito (7969-7972) di aver preso parte alle operazioni che portarono alla liberazione del sequestrato ALBERGHINI, precisando che vi fu l‟intervento del capitano DELFINO , il quale - all‟epoca non ancora comandante del Nucleo di Milano - era venuto a conoscenza della parola d‟ordine usata dai ____________________ 81 In vol.109, pag. 1-4. 82 Si trattava di una missiva indirizzata al TRICHILO (in vol. 109, pag. 1), della quale è menzione infra, nel paragrafo dedicato alla disamina della posizione di PAPALIA DOMENICO. 83 SCIBONA ha, così pienamente confermato le dichiarazioni dibattimentali al riguardo della teste INVERNIZZI FRANCA: v. al riguardo, nel capitolo relativo al sequestro di SCALARI GIUSEPPE, il paragrafo delle testimonianze dibattimentali. 529 rapitori per accedere al luogo dove era custodito l‟ostaggio, talchè si potè giungere alla liberazione dello stesso: l‟arresto, peraltro, di tal FABIANO FRANCESCO, custode dell‟ALBERGHINI, venne effettuato in casa di SERGI SAVERIO, personaggio implicato in diversi altri sequestri e conosciuto come “il principale”. Il teste ha spiegato che il suo compito era quello di eseguire appostamenti e pedinamenti nonchè di individuare i luoghi frequentati dai soggetti indagati, come il cosiddetto “bar dei SERGI” in via Donatello a Corsico, il bar di via Salma, il locale “Punta dell‟ovest” a Baggio, gestito dalla famiglia MAMMOLITI; ha aggiunto di non aver effettuato servizi specifici riguardanti gli imputati dei sequestri di GALLI e di SCALARI e di aver solo tenuto sotto controllo la casa del LUVARA‟, in via Tolstoj a Milano, precisando (7989) che, in sostanza, il suo lavoro era consistito nello sviluppare investigativamente i dati emergenti dalle intercettazioni telefoniche e nel riferire le relative risultanze durante le quotidiane riunioni tenute al Nucleo con i colleghi che seguivano le operazioni di intercettazione. Il maresciallo TOMEO ha altresì riferito di aver avuto contatti con i suoi cilleghi di Lecce, in occasione dell‟arresto di AMANDINI, ed ha ricordato che erano state rinvenute banconote recanti la fascetta della Banca popolare di Abbiategrasso e che egli si era occupato direttamente degli accertamenti presso il concessionario ZANETTI, il quale, com‟è noto, aveva venduto la “Ferrari” al predetto AMANDINI. Con riferimento al sequestro di SCALARI, il teste ha dichiarato (7994-7999) di aver svolto le indagini relative alle estorsioni subite dallo SCALARI dopo la liberazione, precisando che fu individuato il soggetto che da Platì faceva le telefonate estorsive e che venne arrestato proprio nel corso dell‟effettuazione di una di esse: si trattava di tale SPINELLI ANTONIO, nativo di Seminara, il quale dichiarò di essere solo un esecutore di ordini, impartitigli da un suo parente, tale TRIPEPI, che viveva a Milano. In ordine al personaggio che veniva indicato come l‟”esaurito”, il maresciallo TOMEO ha riferito (8006-8035) che al Nucleo si erano resi conto trattarsi di una persona che contava 530 molto nell‟ambito del gruppo e si erano convinti che vivesse fuori Milano, ma non erano riusciti ad identificarlo: solo in seguito , intorno al 1979-80, il teste seppe dal capitano MANGO che l‟”esaurito” era stato identificato in NIRTA ANTONIO. Il capitano dei carabinieri MANGO GIOVANNI ha spiegato al dibattimento di aver preso servizio presso il Nucleo operativo dei Carabinieri di Milano, subentrando al capitano SCIBONA, nel luglio 77, quando erano ancora in corso le indagini sui sequestri di GALLI e di SCALARI, e di essere rimasto al predetto Nucleo fino all‟ottobre 81; ha quindi riferito (8563) di aver preso parte direttamente agli arresti di UGONE e DI GREGORIO , precisando che l‟arresto del primo non fu legato al pagamento della prima tranche del riscatto di SCALARI ma avvenne casualmente, poichè il predetto UGONE era entrato in un bar di piazza Miani, tenuto da giorni sotto controllo dei Carabinieri, ed era sta riconosciuto da un appuntato: nella perquisizione fatta in casa dell‟UGONE vennero rinvenuti soldi provenienti dal riscatto di SCALARI ed una pistola; all‟arresto del DI GREGORIO si pervenne, invece, seguendo i figli della sua convivente, tale SCALTRITTI. Il teste MANGO ha ricordato (8569-8570) che dalle intercettazioni telefoniche l‟”esaurito” emergeva come soggetto avente una posizione importante nel gruppo, ancorchè non si delineasse un suo ruolo specifico nell‟ambito dei sequestri; ha, inoltre, fatto presente di non aver mai saputo, finchè lavorò a quelle indagini, che l‟”esaurito” si identificava in NIRTA ANTONIO, escludendo di aver comunicato al maresciallo TOMEO o ad altri colleghi siffatta identificazione ed osservando sul punto che, ove gli fosse stata resa tale circostanza, la stessa sarebbe venuta in pari tempo a conoscenza del predetto TOMEO, che lavorava insieme con lui. Il capitano MANGO ha infine riferito (6574) che nell‟ambito delle indagini sui sequestri di GALLI e di SCALARI venne riscontrata la presenza di uno degli AMANTE, ma non ha ricordato con precisione di chi si trattasse, facendo presente che forse era ANTONINO. 531 Il capitano dei Carabinieri BALBONI GIOVANNI ha dichiarato 11303-11311) di aver comandato la compagnia di Pontecorvo dal 92 al 95 e di essere stato, in tale veste, destinatario di una richiesta, inoltrata al Centro DIA di Milano, di accertamenti in ordine al periodo di soggiorno obbligato trascorso da NIRTA ANTONIO a Pico. Il teste ha spiegato che durante tale il NIRTA fu anche denunciato per allontanamento arbitrario dal luogo di soggiorno obbligato. Ha riferito, inoltre, il teste che i Carabinieri di Pico avevano segnalato in passato che il NIRTA era stato visto il 12 maggio 73 in compagnia di persone che si muovevano a bordo di una “Lamborghini” di proprietà di tal BARBINO DOMENICO, risultato successivamente implicato nelle indagini che il sequestro di PAUL GETTY JR., rapito nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1973, e che lo stesso NIRTA appariva essersi allontanato arbitrariamente da Pico proprio la mattina del 9 luglio 73, per farvi ritorno il 4 giugno 74. Il teste TRIOLO CARMELO ha dichiarato di aver conosciuto il NIRTA quando questi era stato inviato a Pico in soggiorno obbligato, riferendo che il predetto frequentava anche l‟abitazione dei genitori di sua moglie - all‟epoca fidanzata - e che almeno in un paio di occasioni fu egli stesso a ricevere in casa dei futuri suoceri telefanate da parte di qualcuno che chiedeva del NIRTA: a cercarlo era una voce femminile, che si qualificava come moglie del predetto NIRTA. Il teste ha precisato che il prefisso telefonico per chiamare Pico era o776 e che il numero telefonico dei suoceri era il 544109;84 ha, infine, fatto presente che il NIRTA era conosciuto da tutti, perchè aveva instaurato rapporti cordiali con la gente del paese, peraltro molto piccolo. CARNEVALE PALMINA, moglie del TRIOLO, ha confermato che il NIRTA era conosciuto da tutti in paese, precisando che abitava a circa cinquanta metri da casa sua; ha _________________ Il teste ha fatto presente di non ricordare se all‟epoca il numero dei suoceri fosse invece il 54109. Orbene, mette conto richiamare la telefonata del 17.05.77 ad ore 20.11, intercorsa fra il NIRTA e la moglie di INZAGHI, cui il predetto NIRTA comunicava il numero telefonico 54109, con preghiera di farlo richiamare alle ore 22.30 al prefisso che il marito già conosceva, alle ore 23.24 dello stesso giorno, peraltro, LUVARA‟ RENATO, chiamava il NIRTA al numero 0776/54109 cfr. per un quadro completo al riguardo. Le specifiche considerazioni riportate infra. nel paragrafo avente ad oggetto la disamina della posizione del NIRTA. 532 aggiunto (11367) essere il numero di telefono della sua famiglia il 544109, escludendo che nel 77 potesse essere stato il 54109 e sostenendo che non erano mai intervenute modifiche nel tempo85. La teste ha negato che il NIRTA fosse solito frequentare casa sua, escludendo altresì che lo stesso facesse uso del suo telefono; il P.M. le ha peraltro contestato le difformi dichiarazioni rese il 2.3.94, allorchè aveva affermato che il suo numero telefonico era il 54109, che il NIRTA aveva frequentato in alcune occasioni casa sua e che non escludeva aver il predetto talvolta usato il suo apparecchio telefonico: a seguito di tali contestazioni, la CARNEVALE ha fatto presente (11371) che il NIRTA poteva essersi recato a casa dei suoi genitori quando lei era assente e così, in tali occasioni, poteva aver fatto uso del loro telefono. Con riferimento, poi, alle conversazioni telefoniche intercettate sulla sua utenza nel 77 e riguardanti i riferimenti all‟”esaurito” ed a “compare ANTONIO”, la teste, alla richiesta di chiarimenti rivoltale dal P.M. ha osservato (11375) di aver molti amici e parenti di nome ANTONIO, che all‟epoca potevano essere stati menzionati nel corso di telefonate transitate sulla sua utenza. LAURO GIACOMO ha riferito (12387-12397) di essere stato nel 79/80, unitamente a SARACENO NINO, compagno di cella del NIRTA, a Reggio Calabria ed ha aggiunto che tutti sapevano che il predetto NIRTA era confidente del capitano DELFINO e che era stato l‟artefice dell‟arresto di PALAMARA MINNO per un sequestro di persona (quello di BELLOLI). Un giorno il PALAMARA chiese nel carcere il permesso di poter uccidere il NIRTA, ma DE STEFANO PAOLO, anch‟egli detenuto in quel periodo, non concesse l‟autorizzazione, per rispetto dello zio del NIRTA; intanto la notizia dell‟intento di eliminare il NIRTA si era diffusa nel carcere, tanto che il predetto NIRTA ritenne opportuno lasciare immediatamente la cella in cui era e, fingendosi pazzo, riuscì a farsi ricoverare prima in infermeria e poi a raggiungere il fratello BRUNO ed i cugini, che erano detenuti nella ________________________ 85 Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 18.9.96 un documento della Telecom attestante che a Pico dal 24.11.92 a tutti i numeri telefonici era stato aggiunto un “4” ciò a dimostrazione del fatto che nel 77 il numero in questione era contrariamente a quanto indicato dalla teste - il 54109, proprio quello, cioè, cui si faceva specifico riferimento nel corso delle telefonate intercettate. 533 sezione “Camerotti”86. A dire del LAURO, il NIRTA era stato presente nel novembre 77 all‟omicidio di DE STEFANO GIORGIO, allorchè il SURACE PEPPE aveva sparato a costui alle spalle; lo stesso NIRTA era, però, così influente e temuta che nessuno avrebbe mai pensato di eliminarne un componente senza l‟approvazione di qualcuno della famiglia stessa, BARRECA FILIPPO ha riferito (12249-12253) che negli anni 70 NIRTA ANTONIO aveva il controllo della gestione dei sequestri di persona e rappresentava la famiglia NIRTA, di storiche tradizioni nella “ndrangheta”. Il BARRECA, quando era detenuto unitamente a VOTTARI Giovanni,87 aveva saputo da questi che il NIRTA era confidente del capitano DELFINO e gli forniva notizie per fargli liberare i sequestrati, in modo da poter beneficiare di favori e di compensi in denaro. ZAGARI ANTONIO ha riferito (12696-12703))88 di aver trascorso nel 78 un periodo di comune detenzione nel carcere di S. Vittore, a Milanp, con i tre calabresi arrestati dal carabinieri del capitano DELFINO mentre stavano ritirando il riscatto del sequestro di BELLOLI: uno di essi, tale RUGOLINO GIUSEPPE, gli raccontò di essere certo della delazione di NIRTA ANTONIO, perchè il percorso che avrebbero dovuto fare per ritirare il riscatto era stato da loro concordato solo con il NIRTA; il RUGOLINO aggiunse inoltre che, quando era stato condotto nella sede dei Carabinieri di via Moscova, subito dopo l‟arresto, aveva sentito la voce del NIRTA, che parlava in un‟altra stanza con DELFINO, e lo aveva anche intravisto mentre si spostava da un ufficio all‟altro. Ha precisato lo ZAGARI che RUGOLINO gli raccontò tali circostanze per consentirli di informare suo padre ZAGARI GIACOMO, che in quel periodo era in stretto contratto col NIRTA per la gestione dei __________________ L‟ispettore GALLO ha confermato (16051) il periodo di comune detenzione trascorso nel carcere di Reggio Calabria, da LAURO, DE STEFANO PAOLO, NIRTA ANTONIO e NIRTA BRUNO; ha confermato altresì di aver accertato che al predetto NIRTA ANTONIO in data 8.5.79 fu diagnosticata una cefalea, con prescrizione di trasferimento presso il centro clinico di Messina, cosa che avvenne il 10.6.79. L‟ispettore GALLO ha riferito (16051) essere stato accertato che il BARRECA ed il VOTTARI furono entrambi detenuti nel carcere di Messina dal 5.5.81 al 29.6.81 Lo ZAGARI ha congiuntamente evidenziato di aver riportato le circostanze riferite anche in un memoriale consegnato nel 93 al P.M. SPATARO 534 sequestri di persona. ZAGARI ha, ancora, riferito che il NIRTA si comportava in un modo strano e che tutti lo subivano perchè era esponente della “leggendaria famiglia NIRTA”: proprio a causa del suo comportamento, il predetto era noto con il soprannome “l‟esaurito” già negli anni 80. La posizione degli imputati; MORABITO ed INZAGHI Premesso che degli imputati che hanno reso piena confessione, sono chiamati a rispondere in questa sede i soli MORABITO ed INZAGHI, giacchè l‟AMANDINI è già stato giudicato separatamente con rito abbreviato 89, in ordine ai predetti occorre osservare sinteticamente quanto segue. Il MORABITO ha confessato di aver avuto un ruolo di primo piano nella esecuzione del rapimento del GALLI: ruolo comprensivo delle operazioni di pianificazione e sviluppo del progetto, nonchè della partecipazione in prima persona nell‟apprensione materiale dell‟ostaggio. Orbene, il racconto che MORABITO ha fatto di tali operazioni e dei relativi dettagli risulta, all‟esito del vaglio dibattimentale, supportato da una imponente serie di riscontri oggettivi: dalla parte avuta dal basista MUSCIO alias “Brescia” - uso a fornire “dritte”90 - alla ricostruzione effettuata dagli investigatori, sulla base delle risultanze di P.G., delle modalità con le quali il GALLI venne sequestrato; dalla genesi e dalle motivazioni del progetto delittuoso alla effettiva partecipazione degli “amici di Platì”, dal ruolo di AMANDINI alle modalità di conclusione delle vicende del sequestro, con il subentro del PAPALIA ROCCO e del CATANZARITI per colmare i vuoti fatti dagli arresti del 24 maggio, l‟incasso del riscatto, la “ripulitura” del denaro e così via. _________________ Cfr la relativa sentenza del GIP di Milano in data 13.10.94 depositata in data 11.03.95 (prod. del P.M. del 28.3.95 acquisite con ordinanza del 13.4.95) V. nel paragrafo che segue le dichiarazioni al riguardo di CIULLA SALVATORE. 535 Le rivelazioni del MORABITO si configurano precisamente - per la qualità e quantità degli elementi di riscontro che le sorreggono - come il portato di un soggetto che partecipò in primissima persona al rapimento del GALLI: ed è sintomatico - ancorchè nulla sostanzialmente aggiunga alla concludenza degli elementi acquisiti ed alla significatività del quadro complessivo - il fatto che nessuna voce abbia oggettivamente potuto contestare al dibattimento l‟effettività della partecipazione del MORABITO al sequestro in questione. Al contrario, le rivelazioni del MORABITO sono state pienamente confermate dai contenuti delle dichiarazioni di INZAGHI, anch‟egli confesso sulla partecipazione al sequestro, ancorchè in un ruolo più defilato rispetto a quello dell‟amico MORABITO: il ruolo, di supporto, di chi mise a disposizione degli organizzatori la propria casa e la propria utenza telefonica svolse attiva opera di raccordo e di collegamento, fornì l‟auto e le armi da utilizzare per le operazioni di rapimento. La massa dei dati di riscontro al racconto del MORABITO emergente dalle dichiarazioni di INZAGHI è tale, tanta e tanto significativa da elidere in radice ogni profilo di perplessità sull‟effettivo ruolo avuto dall‟INZAGHI nell‟economia della vicenda. Solo, infatti, un soggetto direttamente coinvolto nell‟organizzazione e nell‟attuazione del sequestro poteva essere al corrente di una massa siffatta di elementi di cognizione: tanto più che questi risultano accordarsi perfettamente al complesso delle risultanze investigative a suo tempo acquisite. Il quadro probatorio concernente i ruoli di MORABITO e di INZAGHI nel sequestro de quo è ulteriormente ed eloquentemente integrato ed arricchito dalle rivelazioni di un‟altro soggetto che ebbe una parte rilevante nell‟intera vicenda. Ed invero AMANDINI, nell‟ammettere a sua volta le proprie responsabilità in ordine al sequestro del GALLI, ha fornito un resoconto dell‟iter di tale vicenda che si correla perfettamente, su più piani, per più versi e per più direzioni al racconto del MORABITO ed alle indicazioni di INZAGHI. Tre diverse ed autonome fonti, dunque, hanno concordemente riferito - ciascuna in un proprio contesto 536 confessorio - che MORABITO ed INZAGHI ebbero parte piena nella esecuzione del sequestro del GALLI. Dall‟ampia attendibilità di tali fonti - conclamata dall‟intero quadro delle risultanze investigativo-processuali - si avrà modo di fornire ulteriore, diffusa contezza nel paragrafo conclusivo del presente capitolo. La posizione degli imputati: MUSCIO Il suo ruolo di basista, riferito dal MORABITO, appare confermato dalle dichiarazioni di INZAGHI, che ne venne informato dallo stesso MORABITO. Ed un ulteriore riscontro, che la Corte ritiene significativo, è agevolmente ricavabile dalle dichiarazioni dibattimentali di CIULLA SALVATORE, il quale, all‟udienza del 21.02.96, ha riferito di conoscere il MUSCIO dall‟epoca in cui entrambi erano dediti alle rapine, precisando che il predetto MUSCIO era quello “che dava le dritte”, ossia il basista: proprio il ruolo, dunque, che MORABITO ed INZAGHI gli hanno attribuito nel sequestro del GALLI. Il predetto CIULLA alla stessa udienza ha precisato essergli stato MUSCIO noto, da sempre, col soprannome di “Mario Brescia”. Circostanza emergente, peraltro, dalle stesse dichiarazioni della vedova GALLI, GALBIATI RITA, e confermata dallo stesso MUSCIO al dibattimento, ancorchè lo stesso abbia tenuto a precisare (17975) di essere stato soprannominato in tal modo solo presso l‟ippodromo di S. Siro, dove lavorava come porta-quote. Il racconto di MORABITO a proposito del MUSCIO risulta eloquentemente riscontrato anche in ordine ai riferimenti sulla frequentazione della casa di GALLI e sui legami di parentela. Ed invero è stato accertato che il MUSCIO frequentava una cascina a più alloggi, dove abitavano la famiglia GALLI nonchè tale BARTOLETTI TONOLI CESIRA, zia del MUSCIO stesso. Quest‟ultimo ha ammesso che frequentava la casa di tale zia e la 537 vedova del GALLI ha confermato l‟intero quadro, spiegando che il MUSCIO aveva sposato una parente del suo cognato, FELAPPI ANGELO, e che le visite del predetto MUSCIO a tali parenti si fecero più frequenti durante il sequestro; MORABITO, dal canto suo, ha fatto presente che ebbe modo di rivedere il MUSCIO durante le trattative, giacchè si volevano conoscere le reazioni dei familiari del sequestrato. A proposito dell‟acquisto della cascina pagata un miliardo dal GALLI, riferito da MORABITO per averlo appreso dal MUSCIO, deve osservarsi come la vedova del GALLI abbia fatto presente che il marito non effettuò tale acquisto, precisando (7373), peraltro, che suo suocero, diversi anni prima del sequestro del figlio, aveva effettivamente comperato una cascina pagata un miliardo di lire; la GALBIATI ha altresì confermato che il marito conosceva bene il MUSCIO fin da quando erano ragazzi. Secondo il racconto del MORABITO, il MUSCIO non ricevette alcun compenso per il sequestro del GALLI, giacchè, dopo gli arresti del 24 maggio, essendo finiti in carcere il predetto MORABITO ed il MOLLUSO, egli rimase privo di interlocutori. E siffatta spiegazione fornisce una prima contezza delle ragioni per le quali il MUSCIO non ebbe alcunchè: egli, infatti, aveva trattato con MORABITO e con MOLLUSO e non poteva verosimilmente richiedere denaro a PAPALI ROCCO, con il quale non era intercorsa alcuna intesa. Si aggiungano poi altre due circostanze , entrambe atte a confermare l‟assunto del MORABITO: per un verso, gli arresti del 24 maggio causarono uno sconvolgimento dei piani dei sequestratori e dei mutamenti sostanziali nella gestione dei sequestri in atto e, peraltro verso, i dati informativi forniti dal MUSCIO in ordine alle condizioni economiche del GALLI si rivelarono infondati, tanto da indurre i sequestratori ad accettare un riscatto (meno di 200 milioni di lire) assai inferiore a quello inizialmente pianificato. Siffatto quadro complessivo spiega ampiamente, ad avviso della Corte, la mancata corresponsione di denaro al MUSCIO per il sequestro del GALLI e toglie effettivo fondamento all‟assunto difensivo, secondo cui dal fatto che il predetto MUSCIO non ricevette alcun compenso deve dedursi che lo stesso non ebbe effettiva partecipazione al fatto delittuoso. Il ruolo, invece, del MUSCIO fu indubbiamente tutt‟altro che 538 secondario nell‟economia del sequestro, essendo da lui venuto l‟imput fondamentale, in base al quale venne individuato e prescelto come obiettivo il GALLI ANGELO. La posizione degli imputati: BARBARO MORABITO ha riferito in termini certi e circostanziati della sua partecipazione, riferendo che il BARBARO, unitamente al GRILLO, giunse ad hoc dalla Calabria, alloggiò - essendone , peraltro, cugino - a casa della sorella di PAPALIA , ebbe parte attiva nell‟apprensione materiale del GALLI, pranzò il giorno successivo al sequestro con lo stesso MORABITO in casa della predetta cugina e quindi fece ritorno in Calabria. S‟è già avuta occasione di far menzione della intercettazione della telefonata del 29.4.77 in cui TRICHILO diceva ad INZAGHI: “Ci dobbiamo riunire per prendere una decisione”. Ove si consideri che il sequestro del GALLI avvenne a meno di dieci giorni di distanza, si comprenderà come appaia probabile che la necessità di incontrarsi prospettata dal TRICHILO fosse correlata proprio alla realizzazione di tale sequestro: un‟impresa - mette conto rammentarlo - che, secondo il racconto del MORABITO, fu voluta da MOLLUSO, mentre erano ancora in corso i preparativi per il sequestro di SCALARI, al solo fine di accontentare “quelli di giù” ossia gli amici di Platì, che premevano per partecipare direttamente a tale lucroso genere di attività delittuosa. Lo stesso 29 aprile, alle ore 9,40, LUVARA‟ telefonava ad INZAGHI, confermandogli che dovevano incontrarsi da lui e spiegandogli di andare col MOLLUSO e di fare “un giro lungo”, essendo quest‟ultimo seguito dalla “madama”, la sera di quel 29 aprile, alle ore 21,28 ossia dopo l‟incontro concordato, il MOLLUSO - privo, com‟è noto, di utenza telefonica propria - riceveva una telefonata in casa DELLA ROCCA da un certo “PEPPE”, al quale comunicava testualmente: “Facciamo tutto noi, sai come siamo combinati ..... ne hanno bisogno di due, se si possono prendere, hai capito? due, due 539 sordi, sordi...”; nell‟occasione il MOLLUSO faceva altresì riferimento ad un garage, “dove andiamo noialtri”. Orbene, posti che il BARBARO era chiamato dagli amici “PEPPE BARBARO” ovvero “PEPPE „ U NIGRU”91, appare indubbiamente fondato ipotizzare che egli fosse il “PEPPE” della telefona, cui MOLLUSO, secondo le precedenti intese, teneva ad assicurare che avrebbero fatto tutto “loro”, ossia i platioti, ai quali il “lavoro” era riservato: discorso che si delinea in perfetta sintonia con il racconto del MORABITO, secondo cui il sequestro di Galli era stato voluto da MOLLUSO appunto per accontentare gli amici di Plati. Il successivo 5 maggio, alle ore 19,17, TRICHILO telefonava a INZAGHI e, non trovandolo, conservava con MOLLUSO, dal quale apprendeva che “PEPPE” sarebbe arrivato l‟indomani; la sera stessa, alle ore 21,59, il predetto MOLLUSO veniva chiamato al telefono, in casa DELLA ROCCA, da “PEPPINO”, che gli comunicava: “Ci vediamo domani mattina... guarda che il camion sparisce..”: siffatto riferimento al camion si configura afferente al GRILLO, notoriamente conducente del camions,92 posto che MOLLUSO, evidentemente già sicuro dell‟arrivo del GRILLO, rispondeva testualmente: “...che stai a dire ... se viene alle quattro...”. La sera del 6 maggio, da casa di DELLA ROCCA - marito di PAPALIA MARIANNA, dirimpettaia di MOLLUSO - tale “compare PEPPINO” chiamava, all‟utenza telefonica 0381/83849, tale MISITI, comunicandogli di trovarsi a Corsico ed accennandogli ad una faccenda in ordine alla quale il MISITI osservava non essere prudente parlare per telefono il “PEPPINO” comunicava contestualmente che non avrebbero potuto incontrarsi, avendo egli impegni con della gente. Risulta, allora, più che ragionevole ritenere che “PEPPE” BARBARO la sera del 6 maggio fosse già a Corsico: ed invero, se l‟interlocutore del MISITI tenne a precisare di essere a Corsico, doveva trattarsi di un soggetto che non risiedeva abitualmente ivi; nè la circostanza risulta in alcun modo distonica rispetto al racconto del MORABITO, che ha riferito _____________________________ “ La circostanza emerge per più versi dalle carte processuali e comunque e stata specificamente riferita da MORABITO e da INZAGHI. “C.fr. le indicazioni al riguardo contenute nel paragrafo riguardante il GRILLO 540 di aver visto il BARBARO il giorno del sequestro, senza nulla precisare sulla data del suo arrivo in Lombardia. Tutte le intercettazioni telefoniche appaiono, dunque, in effettiva sintonia con le indicazioni del MORABITO, il quale ha anche fatto presente, com‟è noto, che BARBARO e GRILLO ripartirono per la Calabria il giorno dopo il sequestro: orbene, nel corso della già richiamata telefonata del 29 aprile fra il “PEPPE” ed il MOLLUSO, costui, nell‟assicurare che il “lavoro” sarebbe stato fatto solo “da loro”, faceva riferimento anche a qualcuno capace, che poi doveva “sparire con il treno”. La posizione degli imputati: GRILLO Secondo MORABITO, il GRILLO svolse il ruolo di autista e la sua partecipazione, come quella del BARBARO, fu voluta da MOLLUSO: così, i due giunsero appositamente dalla Calabria, furono alloggiati in casa di PAPALIA MARIANNA, parteciparono all‟apprensione materiale del GALLI e ripartirono per la Calabria il giorno successivo al sequestro, dopo aver pranzato con lo stesso MORABITO. GRILLO MICHELE - nativo, come il BARBARO ed il MOLLUSO, di Plati - risulta aver riportato, unitamente al CATANZARITI, condanna definitiva93 per il sequestro del KAUTEN, successivo ai sequestri di GALLI e SCALARI. Il GRILLO, per sua stessa ammissione, aveva vissuto a Corsico fino agli anni 70, abitando, in particolare, presso CATANZARITI ANTONIO, fratello di AGOSTINO; già a quell‟epoca il GRILLO si occupava della conduzione di camions e dunque conosceva bene la zona di Corsico e Buccinasco: egli stesso _______________________ V la cartella personale dell‟imputato n vol.38 541 ha ammesso tale circostanza, precisando94 altresì di essere proprietario di un camion, di aver fatto dei viaggio a Milano fra il 70 e l‟80 e di essersi in tale occasioni fermato a Corsico, ospite di suo fratello DOMENICO.95 S‟è già fatta specifica menzione, nel paragrafo che precede, alla telefonata intercorsa il 5 maggio, alle ore 21,59, fra MOLLUSO e “PEPPE” ed la riferimento specificamente correlabile al GRILLO, talchè non occorre qui ripetersi sul punto, ma solo effettuare il richiamo di caso, non senza rimarcare che siffatto riferimento appare atteggiarsi ad ulteriore conferma del racconto di MORABITO. Quest‟ultimo, peraltro, ha anche riferito (1043) che, nel periodo in cui era detenuto nell‟83 a Reggio Calabria insieme con PAPALIA DOMENICO, BARBARO e GRILLO,96 ebbe a notare che quest‟ultimo aveva uno strano comportamento, finchè un giorno disse a lui ed al PAPALIA di sapere che essi ce l‟avevano con lui “per la storia della fotografia”; aggiunse il GRILLO di sentirsi colpevolizzato, perchè essi dovevano aver saputo che egli era stato informato del fatto che, durante le indagini per i sequestri di GALLI e di SCALARI, gli investigatori erano in possesso di fotografie dei soggetti ritenuti responsabili: informazione che il GRILLO aveva tenuto per sè, pensando a porsi in salvo - tant‟è che non fu arrestato nell‟operazione del 24 maggio - ed omettendo di avvertire il gruppo degli amici, che finirono tutti in carcere. Circa la fondatezza di siffatto riferimento di MORABITO si ricavano significativi elementi di riscontro dalla dichiarazioni 97 rese in fase di indagini preliminari da DELFINO _______________________________ 94 Le richiamate ammissioni del GRILLO sono state effettuate nel corso delle indagini preliminari, non avendo il predetto reso dichiarazioni al dibattimento i verbali dei relativi interrogatori sono stati prodotti da P.M. all‟udienza del 4.7.96 ed acquisiti con ordinanza del 18.7.96. 95 INZAGHI, che viveva a Corsico, ha spiegato (6119) di conoscere GRILLO MICHELE e suo fratello DOMENICO: e dunque quando egli seppe esser venuto da giù “ GRILLO MICHELE per il sequestro di GALLI recepì tale informazione come afferente a persona a lui già nota. “ V in vol. 38 i periodi ed i luoghi di detenzione di GRILLO MICHELE “ Tali dichiarazioni sono state effettuate nel corso degli interrogatori resi da DELFINO il 16.10.93 e l‟11.11.93 e sono riportate per le parti qui richiamate nel provvedimento di archiviazione del GIP (n vol 225 e n 149) infra citato 542 FRANCESCO,98 all‟epoca capitano dei Carabinieri, che ha in tale sede99 indicato la strategia utilizzata per ottenere la liberazione del sequestro MERONI. Ha rappresentato l‟ufficiale di aver allora messo in giro la voce, negli ambienti malavitosi di Corsico, che erano state scattate delle foto atte a coinvolgere i fratelli GRILLO nelle indagini sui sequestri di persona: si trattava, in effetti, di un sorta di “bluff”, attuato nella speranza di indurre i predetti fratelli ad aiutare, con qualche confidenza, gli investigatori a liberare un sequestrato. L‟episodio fornisce contezza di come il GRILLO avesse saputo dell‟esistenza delle foto e di come potesse aver maturato la convinzione, riferita dal MORABITO, che i suoi amici ce l‟avessero con lui. Quel che peraltro interessa rimarcare in questa sede è che il GRILLO, in tanto poteva tenere a spiegarsi col MORABITO e ad ottenere la comprensione, in quanto era ben consapevole di aver partecipato con lui al sequestro del GALLI, in seguito al quale il predetto MORABITO era finito in carcere, mentre egli era riuscito a sfuggire agli arresti: se così non fosse stato, evidentemente il GRILLO non avrebbe avuto ragione alcuna per sentirsi in colpa verso il MORABITO e gli altri. E mette conto congiuntamente rimarcare che il riferimento del predetto ______________________________________ 98 Gli interrogatori citati alla nota precedente sono stati resi dal predetto DELFINO in qualità di indagato, con riferimento all‟ipotesi di aver posto in essere attività volta a favorire il GRILLO MICHELE, di aver svolto nei confronti del MORABITO attività di sollecitazione a non prestare collaborazione con l‟A.G., di aver infine omesso di impedire la consumazione di sequestri di persona, pur in presenza di elementi di cognizione idonei prevenirla. Siffatto richiamo pur necessariamente sintetico - non essendo stata devoluta la cognizione del caso a questa sede, in ragione dell‟iter giudiziario della vicenda, trattata e definita separatamente - vale a dare immediata percezione dei profili di particolare delicatezza di tale vicenda. E‟ da osservare peraltro che, alla stregua del tenore del provvedimento di archiviazione richiesto dal P.M. ed emesso dal GIP il 25.11.94 a definizione del procedimento, gli sforzi investigativi avviati per fare la chiarezza del caso su profili così delicati non appaiono, secondo quanto congiuntamente osservato dallo stesso P.M. e dal GIP, aver condotto all‟acquisizione di elementi di cognizione idonei ad incrementare significativamente il quadro conoscitivo di partenza conseguentemente il richiamato provvedimento definitorio si presenta scandito da interrogativi e aporie non minori di quelli che avevano dato avvio al tentativo d‟approfondimento investigativo: il che, come ogni “quid” non compiutamente risolto può lasciare naturalmente “omnibus” margini di non compiuta soddisfazione tanto più in una materia così delicata qual‟è quella dei sequestri di persona. 99 E‟ stato acquisito agli atti il verbale di confronto effettuato il 25.1. 94 fra il DELFINO ed il GRILLO avvalsosi com‟è noto al dibattimento della facoltà di non rispondere siffatta acquisizione comprensiva degli interrogatori resi dal GRILLO è stata disposta cola la già citata ordinanza del 18.7.96 a seguito di produzione del P.M. all‟udienza del 4.7.96 543 MORABITO - specificamente riscontrato nei termini appena delineati dalle dichiarazioni di DELFINO attiene a circostanze che, per la loro peculiarità, egli poteva aver appreso soltanto dal GRILLO. La difesa del GRILLO ha tenuto ad evidenziare che il GALLI, nelle dichiarazioni rese dopo la liberazione, ebbe a descrivere l‟autista come soggetto all‟incirca ventenne, biondo e con i capelli lunghi, mentre il GRILLO non era all‟epoca biondo: circostanza peraltro apoditticamente allegata dalla stessa. Va specificamente osservato in proposito che il GALLI venne sentito una prima volta il 30.7.77 ed in tale occasione nulla disse dell‟autista dei sequestratori; solo nella parte finale del secondo verbale di dichiarazioni, rese il 10.8.77, fornì le richiamate indicazioni in ordine all‟autista. E va rilevato che il GALLI ebbe a riferire altri dettagli in termini difformi da quanto indicato dai testimoni: parlò, infatti, di sequestratori travisati, mentre i testi CATTANEO e SOLAZZO riferirono, com‟è noto, che i rapitori erano a viso scoperto; ancora, nelle sue prime dichiarazioni, il GALLI parlò di quattro soggetti, mentre successivamente fece riferimento a tre sequestratori. Evidentemente, com‟è ragionevole ritenere, il trauma vissuto non consentiva al GALLI dei ricordi precisi ed univoci, ne, d‟altra parte, può trascurarsi la circostanza che, appena messo in auto, il predetto GALLI venne cloroformizzato, talchè l‟esatta memorizzazione dei particolari di quei drammatici momenti risultò per lui quanto mai problematica. Non provvisto di maggior fondamento si delinea l‟ulteriore assunto difensivo, secondo cui, se fosse stata vera la citata storia delle foto del GRILLO, non si comprenderebbe come mai allo stesso venne consentito di partecipare al successivo sequestro del KAUTEN: è agevole, invero, osservare al riguardo che il predetto sequestro fu attuato nel 78, mentre la storia delle foto venne fuori solo nell‟83, nel carcere di Reggio Calabria, per bocca dello stesso GRILLO, che intese spiegarsi con i suoi amici. La di difesa del GRILLO ha, ancora, contestato il racconto del MORABITO, a proposito del fatto che i sequestratori si recarono in cinque a bordo dell‟”Alfetta”, allegandone l‟inverosimiglianza, posto che, se MOLLUSO non fosse scappato, al 544 ritorno avrebbe dovuto prender posto in sei sulla vettura compreso il GALLI, che era di costituzione fisica robusta. L‟osservazione non appare assistita da parametri argomentativi di valenza oggettiva, ove si consideri che il sequestro avvenne di sera, che il tragitto da effettuare fino al box di via Negrelli era breve, che tale percorso atteneva ad una zona non centrale a scarsamente trafficata a quell‟ora: ne deriva non doversi affatto escludere che, in un contesto siffatto, i sequestratori potessero ragionevolmente ritenere preferibile l‟utilizzo di una sola vettura, anche per richiamare in minor misura l‟attenzione dei passanti. La posizione degli imputati: MOLLUSO Il MOLLUSO fu colui che diede il via al sequestro del GALLI e che mise insieme la squadra operativa: emblematica al riguardo risulta la più volte citata telefonata intercorsa il 29.4.77 con il “PEPPE”. Del centrale ruolo di MOLLUSO nell‟economia del sequestro di GALLI hanno diffusamente e dettagliatamente riferito il MORABITO , l‟INZAGHI e l‟AMANDINI, talchè occorre qui fare integrale richiamo delle relative dichiarazioni, che appaiono di tenore e contenuto assolutamente inequivocabile. V‟è del resto, una convenzione telefonica intercettata, che appare costituire suggello ulteriore di un quadro probatorio già risultante di tutta eloquenza a carico del MOLLUSO ed invero, alle 20.55 dell‟8 maggio, dopo circa un‟ora e mezzo dall‟effettuazione del sequestro, il MOLLUSO telefonò 100 a casa DELLA ROCCA, per sapere se qualcuno l‟avesse cercato; la sua interlocutrice, dopo avergli assicurato che non l‟aveva cercato nessuno, gli passò al telefono l‟amico SANDRO,101 cui il ______________________________________ 100 C.fr. la relativa trascrizione in vol 109 pag.170 “” Si trattava di SEGHEZZI ALESSANDRO come veniva detto esplicitamente nella telefonata 545 MOLLUSO raccomandò di andare subito a prelevarlo nel punto in cui si trovava, spiegandogli testualmente: “Vieni qui al bar dei miei paesani, sai dov‟è?... questo qui a Sant‟Adele, dove c‟è SEBASTIANO, dove ci sono i tre gradini...vieni subito”. Il contenuto della conversazione non appare lasciare dubbi di sorta sul fatto che quella sera MOLLUSO fosse rimasto a piedi, che sapesse che i suoi amici potevano già averlo cercato, che avesse la necessità di rientrare al più presto. E non può escludersi che la sua imprevista fuga dal luogo delle operazioni avesse causato delle modifiche al programma, perchè in ipotesi era il MOLLUSO il soggetto destinato a passare la notte con l‟ostaggio ed in tale incombente dovette essere sostituito dal MORABITO. Del resto, fu proprio il MOLLUSO a prelevare dal box, la mattina seguente il MORABITO e ad accompagnarlo in casa di DELLA ROCCA: ivi il MORABITO, alle ore 8.26 di quel 9 maggio, chiamò al telefono INZAGHI, dicendogli testualmente “...da quando ti sei fatto i soldi, dormi!”: un modo scherzoso per confermare che stava andando bene la vicenda che avrebbe fruttato un buon guadagno. E dunque il MORABITO a quell‟ora non era in casa propria, come conferma l‟altra telefonata, già citata, pervenuta ivi da parte di qualcuno che, sentendosi rispondere che SAVERIO non c‟era, domandava che quella mattina sarebbe rientrato. Dei rapporti fra il MOLLUSO ed i PAPALIA vi sono amplissimi riferimenti in più punti della presente sentenza e d‟altronde lo stesso interessato ha ammesso di conoscere i predetti fratelli fin da ragazzi. Qui mette conto evidenziare che, come ulteriormente illustrato nel paragrafo dedicato alla posizione di PAPALIA ROCCO, il MOLLUSO è risultato 102 essere andato a colloquio con il predetto detenuto dal 3 gennaio al 23 77 - sistematicamente 2 o 3 giorni prima dell‟effettuazione di ciascuno dei sequestri posti in essere in quel periodo. Le conversazioni telefoniche intercettate aventi riferimento, diretto o indiretto, alla persona del MOLLUSO sono assai numerose e significative: essendosene peraltro fatta analitica menzione nelle pagine che precedono, mette conto qui a richiamare ____________________ 102 V. sul punto, più analiticamente infra 546 integralmente le stesse,103 non senza sottolineare la concludenza sotto il profilo della configurazione del ruolo rilevante del MOLLUSO nell‟economia del sequestro del GALLI. La posizione degli imputati : CATANZARITI Il MORABITO non ha riferito della partecipazione del CATANZARITI all‟apprensione dell‟ostaggio; ha tuttavia ripetutamente indicato la partecipazione a tale azione di una quinta persona, spiegando di non ricordare il nome, ed ha rammentato la circostanza che qualcuno, dopo il rapimento, venne rimproverato per aver fatto inutilmente uso delle armi, E‟ stato INZAGHI a riferire di aver appreso in seguito che il CATANZARITI fu rimproverato per aver sparato inutilmente. AMANDINI, oltre a parlare specificamente della partecipazione del CATANZARITI alla fase del ritiro del riscatto, ha altresì riferito di aver appreso in carcere che il predetto CATANZARITI era stato fra gli autori del rapimento. Il teste SOLAZZO ha descritto le caratteristiche somatiche di uno dei sequestratori in termini che appaiono ben attagliarsi alla foto in atti del CATANZARITI104 ed AMANDINI, dal canto suo, ha dato in dibattimento(6400) una descrizione fisica del CATANZARITI pienamente correlabile alle dichiarazioni del SOLAZZO ed alle caratteristiche della foto.105 ___________________________________ 103 E‟ utile rammentare che questo paragrafo, a titolo meramente esemplificativo, la conversazione telefonica in cui il MOLLUSO parlava con INZAGHI delle armi e la telefonata in cui MOLLUSO concordava con BARBARO GIUSEPPE l‟arrivo a Corsico del predetto. 104 Si tratta delle foto n.69 dell‟album n.1 risalente al 1978, allorchè il CATANZARITI venne arrestato per le vicende del sequestro di FIOCCHI. 105 Anche l‟AMANDINI, come il SOLAZZO, ha in particolare parlato di “capelli lisci e neri”. 547 AMANDINI, com‟è noto, ha riferito del subentro di CATANZARITI e di PAPALIA ROCCO che andarono ad incontrarlo ad hoc in via Dolomiti - nella gestione del sequestro di GALLI; ha altresì spiegato che il CATANZARITI era sempre col PAPALIA ROCCO, allorchè quest‟ultimo gli consegno i primi 30 milioni della sua quota. E MORABITO ed INZAGHI, in quel momento detenuti, hanno, dal canto loro concordemente riferito di aver appreso in carcere che il PAPALIA ROCCO e CATANZARITI erano intervenuti per gestire la fase del pagamento del riscatto. I rapporti di stretta amicizia fra il CATANZARITI e PAPALIA ROCCO erano, d‟altronde, DI VECCHIA DATA: nel 76 i due erano insieme nella già richiamata vicenda dell‟omicidio dello SKYLAB; a seguito di tale vicenda, il PAPALIA fu latitante fino al 3 gennaio 77, data in cui venne arrestato: orbene, in casa del CATANZARITI furono rinvenuti la patente di guida ed altri documenti del PAPALIA, che, non potendo tenerli con sè in quanto latitante, li aveva evidentemente lasciati in custodia a persona di sua assoluta fiducia. La difesa del CATANZARITI ha osservato che sul luogo del sequestro furono rinvenuti quattro bossoli calibro 7,65 e due bossoli calibro 45, assumendo che dunque a sparare furono due armi diverse e due persone diverse. Senonchè tale assunto non appare affatto smentire le dichiarazioni di INZAGHI il quale non ha mai affermato che a sparare fu il solo CATANZARITI, ma ha solo riferito di aver saputo che al CATANZARITI venne rimproverato di aver sparato inutilmente. Nulla vieta, peraltro, che a sparare fosse stato più d‟uno ovvero che il CATANZARITI, poichè fungeva da ”palo”, avesse non una ma due pistole: del resto lo stesso INZAGHI lo ha indicato106 come soggetto che aveva la mania per le armi. In ogni caso, il particolare dei bossoli rinvenuti non appare in alcun modo idoneo a confutare le dichiarazioni di INZAGHI, che trovano riscontro, come s‟è già rilevato, anche nel racconto di MORABITO. _____________________________ 106 Nell‟interrogatorio reso in fase di indagini preliminari il 18.10.93 l‟INZAGHI ha, a proposito del CATANZARITI, testualmente dichiarato “Lui infatti, non appena aveva occasione, tirava fuori qualche arma e si divertiva proprio a sparare”. 548 La posizione degli imputati: PAPALIA ROCCO Risulta che il PAPALIA ROCCO fu detenuto dal 3 gennaio 77 al 23 giugno 77, talchè egli non potè prendere parte diretta alla realizzazione dei sequestri di GALLI E DI scalari, nella prima fase degli stessi. Ed invero, secondo quanto spiegato da AMANDINI, PAPALIA ROCCO intervenne con CATANZARITI, in epoca successiva agli arresti del 24 maggio, per gestire le fasi di pagamento dei due riscatti: fase che risultano correlarsi perfettamente all‟epoca della scarcerazione del predetto PAPALIA, dal momento che la prima tranche del riscatto di SCALARI venne pagata il 1.7.77, il riscatto di GALLI fu versato il 28.7.77 e la seconda tranche del riscatto di SCALARI fu pagata il 1.8.77. Adeguata attenzione appare meritare, ad avviso della Corte, il fatto che il MOLLUSO si recò a colloquio in carcere con PAPALIA ROCCO due giorni prima del sequestro di GALLI, tre giorni prima del sequestro di SCALARI ed ancora quattro giorni dopo l‟attuazione dello stesso. L‟effettuazione di tali colloqui, rispettivamente il 6 maggio, il 13 maggio ed il 20 maggio 77, risulta documentalmente provata107 ed appare fornire significativa contezza di come MOLLUSO, notoriamente in stretti rapporti di amicizia e di fiducia con PAPALIA ROCCO, lo tenesse accuratamente al corrente dell‟attività in corso. E dunque costui - indicato da INZAGHI come “il più attivo”, insieme con il NIRTA, nel propugnare e pianificare la nuova attività dei sequestri - potè continuare a seguirne pienamente gli sviluppi anche stando in carcere, giacché il MOLLUSO provvedeva a consultarlo e ad informarlo adeguatamente. Dal MORABITO è venuta la conferma che il denaro dei riscatti fu gestito direttamente da PAPALIA ROCCO, che diede al fratello del predetto MORABITO, ANTONIO, i trenta milioni assegnati a SAVERIO; e quando il MORABITO, uscito dal carcere, ebbe a lamentarsi con PAPALIA ROCCO per l‟esiguità della ___________________________ 107 Cfr produz. del P.M. del 15.5.96, acquisita con ordinanza del 4.6.96 (in vol. VII. all.6) in ordine ai colloqui effettuati dal PAPALIA durante il predetto periodo di detenzione. 549 somma, si sentì rispondere che poteva ben accontentarsi, trattandosi di denaro già “ripulito”. Ulteriore conferma di tale ruolo di PAPALIA ROCCO è stata fornita da AMANDINI, il quale ha spiegato che fu proprio il predetto a consegnargli direttamente sia una prima tranche di trenta milioni, prima del suo arresto, sia in prosieguo, una seconda tranche di venti milioni. Quando ai rapporti tra PAPALIA ROCCO e TRICHILO, mette conto evidenziare che in casa di quest‟ultimo, quando venne arrestato il 24.5.77, fu sequestrato un foglio dattiloscritto108 contenente appunti criptici, fra i quali l‟annotazione “ROC.PAP.4410165”. E‟ emerso al riguardo109 che l‟attività effettuata dagli investigatori per cercare di “decodificare” tale annotazione ha condotto al risultato, utilizzando il cosiddetto “codice 8”110, di ottenere il numero corrispondente all‟utenza telefonica di casa DELLA ROCCA: utenza, com‟è noto, risulta al centro di numerose telefonate - a suo tempo intercettate - di imputati dei sequestri di GALLI e di SCALARI. Ed occorre ricordare ancora che in quel periodo a frequentare casa DELLA ROCCA era anche FALETTI ADRIANA, moglie del PAPALIA ROCCO, la quale effettuando sistematicamente i colloqui con il marito detenuto,111 aveva certo la possibilità di costituire l‟anello di congiunzione fra il predetto ed i suoi amici. Significava, nel contesto appena delineato, appare la telefonata dell‟8.5.77, ad ore 20,55 - che già s‟è avuta occasione di commentare pervenuta all‟utenza telefonica di DELLA ROCCA: telefonata in cui MOLLUSO - che era rimasto appiedato, essendo fuggito dal luogo del sequestro poco prima che il GALLI venisse rapito, e telefonava per chiedere all‟amico SEGHEZZI di andare a prelevarlo - parlava con ADRIANA, ossia __________________ 108 In vol. 108, pag. 65. 109 La circostanza è stata specificamente richiamata all‟attenzione del P.M. nel corso della sua requisitoria. 110 In particolare, sottraendo da altrettanti “8” allineati il numero riportato nell‟annotazione (8888888-4410165) e lasciando l‟unico zero invariato, si ottiene precisamente il numero 4470723, ossia quello dell‟utenza telefonica di DELLA ROCCA. 111 Come risulta dalla relativa documentazione acquisita e già citata, FALETTI ADRIANA fece numerosi colloqui con il marito PAPALIA ROCCO, durante la detenzione dello stesso (dal gennaio al giugno) nel 77. 550 proprio con FALETTI ADRIANA, moglie di PAPALIA ROCCO, reperibile a quella utenza.112 Dunque il TRICHILO conosceva il PAPALIA ROCCO già prima dell‟arresto di costui nel gennaio 77. Ed INZAGHI, del resto, ha spiegato di aver conosciuto TRICHILO proprio tramite PAPALIA ROCCO, e dunque quando il predetto PAPALIA era ancora libero, ragionevolmente verso la fine del 76: proprio all‟epoca in cui, secondo lo stesso INZAGHI, questi sentì i suoi amici parlare per la prima volta di sequestri. La posizione degli imputati: TRICHILO La partecipazione del TRICHILO al sequestro di GALLI è stata specificamene ribadita da INZAGHI e da AMANDINI: quest‟ultimo ha riferito anche che MOLLUSO dovette discutere lungamente per convincere il TRICHILO ad attuare il sequestro del GALLI, mentre da mesi il gruppo era alle prese con l‟organizzazione del sequestro dello SCALARI. Come si rileva dalle intercettazioni telefoniche richiamate nelle pagine che precedono, molte di esse riguardavano proprio il TRICHILO, evidenziando che a lui in quel periodo tutti i componenti del sodalizio criminale facevano sistematicamente capo. E con riferimento alla vicenda del sequestro di GALLI ANGELO, particolarmente significative appaiono le seguenti conversazioni telefoniche, all‟epoca intercettate: - telefonata del 5.5.77, ad ore 19,17, in cui TRICHILO parlava con MOLLUSO ed apprendeva dell‟arrivo di “BEPPE”, ossia di BARBARO GIUSEPPE, l‟indomani; ______________________ 112 E‟ interessante rilevare che la FALETTI all‟epoca risultava domiciliata di fatto in via Marsala 3 a Buccinasco, ossia presso casa DELLA ROCCA cfr al riguardo il verbale di perquisizione eseguita il 24.5.77 in casa DELLA ROCCA, nel quale si dava atto della presenza, alle operazione di perquisizioni, di FALETTI ADRIANA “di fatto domiciliata in via Marsala 3, Buccinasco” (in vol. 108, pag. 47) 551 - telefonata del 9.5.77, ad ore 21,54, in cui TRICHILO cercava LUVARA‟ e chiedeva se AMANDINI avesse telefonato, aggiungendo che egli doveva andare a vedere “quella situazione...quello spostamento”: e mette conto a raccontare al riguardo che la telefonata avveniva il giorno dopo il rapimento del GALLI, il quale, proprio il giorno successivo, venne spostato dal box di piazza Negrelli; - telefonata del 10.5.77, ad ore 12,08, in cui chiamato da AMANDINI, TRICHILO gli chiedeva; “Tu sai come sono le condizioni?”, sentendosi rispondere dal predetto AMANDINI “Come abbiamo parlato, no?”: discorso dal cui tenore si desume che TRICHILO voleva verificare se AMANDINI sapesse cosa doveva comunicare alla famiglia GALLI circa il pagamento del riscatto; - telefonata del 17.5.77, ad ore 11,47, in cui MOLLUSO, parlando con TRICHILO, diceva di dover recuperare “quelle altre cose”, che appaiono essere le armi, posto che il riferimento testuale era a “tre grossi e quello in legno a serra”: ed invero MORABITO ha, com‟è noto, riferito che per il sequestro GALLI il NERI ANTONIO aveva con sè una pistola particolare, che era del TRICHILO, ossia la pistola “Mauser” che si trasformava in mitraglietta, mediante assemblaggio al “fodero” in legno; - telefonata del 10.5.77, ad ore 12,55, in cui TRICHILO chiedeva a LUVARA‟ di portargli una macchina da scrivere. Orbene, quando il TRICHILO venne arrestato il 24.5.77, in casa sua fu sequestrato un foglio dattiloscritto contenente alcune annotazioni criptiche: lo stesso TRICHILO, nel processo innanzi all‟A.G. di Milano che lo condannò per il sequestro di SCALARI, ammise che si trattava di suoi appunti scritti “in codice”. Ed invero su tale foglio comparivano, fra le altre, due annotazioni di estremo interesse, a riprova dell‟esistenza di rapporti intercorrenti fra il predetto TRICHILO, PAPALIA ROCCO e “l‟esaurito”: si tratta precisamente delle due annotazioni oggetto di specifica disamina nei 552 paragrafi rispettivamente riguardanti PAPALIA ROCCO e NIRTA ANTONIO, talchè qui deve farsene integrale richiamo.113 Resta da ricordare che il ruolo rilevantissimo svolto dal TRICHILO, nell‟economia dell‟attività imperniata sui sequestri di persona e svolta intensamente dal suo gruppo in quel periodo, fu diffusamente ed articolatamente posto in luce dalla già citata sentenza dell‟A.G. di Milano, che lo condannò, come s‟è già rilevato, oltre che per il sequestro dello SCALARI, per associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di sequestri di persona a scopo di estorsione. La posizione degli imputati: NIRTA A differenza di MORABITO e di AMANDINI, che conobbero NIRTA nell‟ufficio di viale Cirene, INZAGHI ebbe a conoscerlo in epoca precedente, tant‟è che parlò di lui come dell‟istigatore dell‟omicidio del D‟AGOSTINO, ossia di colui che aveva riferito a PAPALIA DOMENICO che D‟AGOSTINO voleva eliminarlo, spingendo così il PAPALIA ad anticipare il predetto D‟AGOSTINO e ad ammazzarlo. INZAGHI114 ebbe, dunque, _________________________ 113 Circa il Predetto foglio dattiloscritto sequestrato in casa del TRICHILO - ha riferito(7602) il teste SCIBONA - l‟ufficiale dei Carabinieri che all‟epoca si occupò, fra gli altri, degli accertamenti per risalire all‟identificazione dei personaggi correlati alle annotazioni riportate su quel foglio - che anche altri numeri ivi annotati risultarono riferirsi, una volta “decodificati”, a personaggi implicati in attività di sequestri di persona: in particolare, compariva sul citato foglio il numero 230048 che, appunto “decodificato” dagli investigatori, portò alla individuazione di SAPIENZA FILIPPO, residente in provincia di Como, dove i Carabinieri, in un “abbaino” nella disponibilità del predetto, trovarono e liberarono il sequestrato RIMOLDI ERMINIO. Ha precisato il teste che l‟individuazione di quel numero venne agevolata dal fatto che in una intercettazione telefonica era stato fatto riferimento al prefisso 031, riguardante Como, e che la “decodificazione” del numero, correlata a quel prefisso, portò alla individuazione del SAPIENZA ed alla localizzazione del sequestrato. 114 Il P.M. ha prodotto all‟udienza del 18.9.96 - e la Corte ne ha disposto l‟acquisizione con ordinanza del 26.9.96 - la sentenza della Corte d‟Assise d‟Appello di Roma, che ha ritenuto INZAGHI responsabile di concorso nell‟omicidio del D‟AGOSTINO. 553 occasione, di rendere dichiarazioni sul NIRTA nel processo per l‟omicidio del D‟AGOSTINO, nel quale il predetto NIRTA venne, peraltro, assolto. A dire di INZAGHI il NIRTA115 ed il PAPALIA ROCCO erano gli organizzatori dei sequestri di persona: “ erano i più attivi”. Ed AMANDINI, com‟è noto, ha riferito di aver visto il NIRTA nella casa del LUVARA, in via Tolstoj, ad una riunione degli organizzatori. Sia MORABITO sia AMANDINI sia INZAGHI hanno univocamente spiegato che il NIRTA si vedeva spesso a Milano in quel periodo; che compariva di tanto in tanto, come per seguire la regia dei sequestri in gestazione, e dava specifici suggerimenti; che, in effetti, era al corrente di tutto, perchè era legatissimo al TRICHILO, che appariva chiaramente da lui dominato. Secondo INZAGHI - che ospitò in più occasioni il NIRTA in casa sua - il predetto ed il TRICHILO facevano “diventare rosso” il suo telefono, per le tante telefonate intercorse; l‟INZAGHI ha anche fatto presente che il NIRTA era privo d‟auto, talchè occorreva sempre accompagnarlo qua e là e così gli capitò anche di doverlo accompagnare a Sesto San Giovanni, presso un amico che aveva un mobilificio.116 Che il NIRTA, poi, si identificasse nell‟”esaurito”, è circostanza che, oltre ad essere stata concordemente riferita dal MORABITO, dall‟AMANDINI e dall‟INZAGHI, venne a suo tempo evidenziata dallo stesso TRICHILO, nelle dichiarazioni rese al dibattimento del processo che si conclude con la sua condanna per il sequestro di SCALARI: in quella sede, come s‟è già avuta occasione di rilevare, il TRICHILO spiegò che “il compare ANTONIO” era “l‟esaurito”. ___________________ 115 Nel corso dell‟interrogatorio reso, in fase di indagini preliminari, il 20/10/93, INZAGHI ha, fra l‟altro, dichiarato testualmente al riguardo: “Ho già detto e ribadisco che il NIRTA ANTONIO, detto l‟esaurito, era partecipe primario dei sequestri GALLI e SCALARI. Prese parte alla fase ideativa ed organizzativa, con riunioni che avvennero anche presso la mia abitazione. 116 E‟ da osservare che lo stesso NIRTA, nel corso del suo esame dibattimentale, ha ammesso (18801) di aver avuto modo di recarsi a Milano e nell‟hinterland milanese fra il 76 ed il 78 e di aver, in più occasioni, incontrato un suo amico mobiliere a Sesto S. Giovanni. 554 Che per i suoi amici il NIRTA si identificasse altresì nell‟”ingegnere” è circostanza che si ricava anche da una telefonata117 intercorsa fra TRICHILO e LUVARA‟: nell‟occasione, in particolare, LAVARA‟ diceva di aver avuto un numero di telefono da “lui”; TRICHILO chiedeva se si trattasse dell‟”ingegnere” e riceveva conferma che era stato l‟”esaurito” a dare quel numero: dunque “l‟esaurito” e l‟”ingegnere” erano la stessa persona. Lo stesso LUVARA‟, peraltro, aveva a suo tempo spiegato - negli interrogatori istruttori del procedimento svoltosi presso l‟A.G. di Milano118 - che il “compare ANTONIO”, il quale risultava suo interlocutore in alcune telefonate intercettate, altri non era che “l‟esaurito”, personaggio del quale, nell‟occasione, il predetto LUVARA‟ aveva detto di non conoscere il cognome, spiegando che si chiamava effettivamente ANTONIO ed era amico di TRICHILO.119 ____________________________ 117 Si trattava delle telefonata (in vol. 109, pag.311) del 18..5.77, ad ore 9,40, in cui LUVARA‟ diceva appunto al TRICHILO di essere stato chiamato dall‟”ingegnere”, il quale gli aveva dato il prefisso 031 ed aveva aggiunto che poi gli avrebbe anche dato il numero telefonico; TRICHILO chiedeva conferma se chi gli aveva dato il prefisso fosse l‟”esaurito” e LUVARA‟, a sua volta, annuiva - “uhm” - e gli dettava il prefisso in questione. 118 Cfr. le dichiarazioni in questione, in vol. 108, pagg.368 e segg., nonchè, in particolare, il verb. d‟interrogatorio del 25.5.77 (in già cit. prod. del P.M. del 23.1.96, acquis. con ordinanza del 7.2.96). 119 Il LUVARA‟ dichiarò ancora che il “compare ANTONIO”, appunto nel corso di una telefonata, gli aveva comunicato il prefisso telefonico 031, da riferire al TRICHILO, spiegandogli che in seguito gli avrebbe dato anche il numero telefonico correlato a quel prefisso (cfr. verbale d‟interrogatorio del LUVARA‟ del 13.10.77 in atti); dalle più volte richiamate trascrizioni delle intercettazzioni telefoniche è emerso che si trattava, in particolare, della già citata telefonata del 17.5.77, ad ore 23,24, in cui il “compare ANTONIO” - chiamato dal LUVARA‟ all‟utenza telefonica di Pico 0776/54109, quella della teste CARNEVALE PALMINA - comunicava il prefisso 031 e poi chiedeva testualmente: “il lavoro com‟è andato ... al termine risulta ancora qualche cosa” ed il LUVARA‟ rispondeva puntualmente: “compare, se riesce bene, c‟è anche il vostro pensiero”. E mette conto rammentare che la telefonata de qua venne significativamente preceduta, quella stessa sera, da tale sequenza: alle ore 19,55 TRICHILO, parlando al telefono con la moglie di INZAGHI, la avvertiva che avrebbe chiamato l‟”esaurito” per comunicare un numero di telefono ed un nome, alle ore 20,11 giungeva in effetti una telefonata alla moglie di INZAGHI, cui l‟interlocutore comunicava il numero 54109, aggiungendo che desiderava essere richiamato alle ore 22,30, al prefisso già noto, alle 21,57 la moglie di INZAGHI comunicava telefonicamente tale numero al LUVARA‟, che successivamente chiamava al telefono il 2compare ANTONIO” a Pico. 555 Nel già citato foglio dattiloscritto rinvenuto in casa del TRICHILO e specificatamente analizzato nel paragrafo concernente il predetto, compariva, fra gli appunti riportati, l‟annotazione: “Esaur... KKKKK... XX2. 34775. Anche riguardo a siffatta annotazione, è emerso dai riferimenti dibattimentali ai relativi accertamenti investigativi che, “decodificando” tale annotazione con il cosiddetto “codice 8”,120 gli investigatori avevano ottenuto il numero dell‟utenza telefonica di tale TORRINCIANI ENRICO,121 gestore del bar di Pico, che il NIRTA, per la sua stessa ammissione, frequentava. V‟è dunque anche riscontro documentale, ove mai ve ne fosse bisogno, degli strettissimi rapporti all‟epoca intercorrenti fra il TRICHILO ed il NIRTA: un elemento ulteriore che si aggiunge a tutti quelli che portarono il Tribunale di Milano, nella citata sentenza del 6.3.79,122 a fare significativo e testuale riferimento “all‟esistenza, inoltre, di personaggi misteriosi ma onnipresenti, come il FILIPPO, il compare ANTONIO, l‟esaurito”. Orbene, alla luce dei complessivi elementi di cognizione acquisiti, l‟alone di mistero intorno al “compare ANTONIO” ed all‟”esaurito” appare del tutto svanito, a fronte del materializzarsi, ragionevolmente incontestabile, della figura di NIRTA ANTONIO; viceversa, lungi dall‟essere svanita, appare ulteriormente rimarcata e conclamata dalle complessive risultanze processuali la sua “onnipresenza” nell‟economia dei sequestri di persona in esame. La posizione degli imputati: AMANTE PIETRO ________________ 120 Ed invero, sottraendo da una serie “8” il numero annotato (888888-34775), si ottiene il numero 54113, corrispondente appunto all‟utenza del TORRINCIANI ENRICO a Pico. 121 Il P.M. ha prodotto documentazione proveniente dalla Telecom ed attestante che il numero de quo corrispondeva all‟utenza telefonica del TORRINCIANI a Pico: trattasi della stessa documentazione (cfr. il paragrafo che concerne le dichiarazioni dibattimentali dei testi TRIOLO e CARNEVALE) attestante la titolarità dell‟utenza telefonica n. 54109 di Pico in capo alla famiglia della teste CARNEVALE PALMINA che all‟epoca il NIRTA frequentava. 122 V. in particolare, la pag.33 della stessa, già specificatamente richiamata nelle pagine precedenti. 556 Del ruolo di AMANTE PIETRO nell‟economia del sequestro di GALLI ANGELO ha specificamente riferito il MORABITO, allorchè ha spiegato che l‟amante fornì il box dove il GALLI venne portato e rinchiuso subito dopo il rapimento. E per vero non si trattò certo di una generica messa a disposizione, per così dire, giacchè il MORABITO ha potuto precisare che AMANTE PIETRO si fece trovare, presso lo stabile di piazza Negrelli, ad attendere i sequestratori con l‟ostaggio: MORABITO vide personalmente l‟AMANTE, che era in attesa sulla rampa d‟accesso ai box, indicò loro il percorso per raggiungere quello destinato all‟ostaggio e si curò anche di aprire il locale. Ha aggiunto, il MORABITO che la presenza dell‟AMANTE non gli giunse certo inattesa, giacchè nella fase organizzativa era stato precisamente stabilito che sarebbe stato il predetto a fornire il box in cui rinchiudere il sequestrato. E siffatto quadro appare raccordarsi perfettamente alle indicazioni rispettivamente fornite da AMANDINI e da INZAGHI sul punto: indicazioni che appaiono apprezzabilmente aliene da ogni tentazione di renderle più complete e significative e che, per ciò stesso, meritano particolare attenzione. L‟AMANDINI ha, invero, riferito di sapere che l‟AMANTE prese parte ad uno dei due sequestri, aggiungendo di non essere in grado di specificare di più; ha precisato, peraltro, di averlo incontrato ad una riunione del gruppo in casa del LUVARA‟. INZAGHI, dal canto suo, ha spiegato di essere, a conoscenza del fatto che per i due box utilizzati per GALLI e per SCALARI si erano specificamente interessati l‟AMANTE PIETRO ed il MOLLUSO; ha precisato di aver appreso di quest‟ultimo e dal MORABITO che i predetti box erano rispettivamente in piazza Negrelli e vicino al ristorante Rugantino e distavano fra loro circa un chilometro. Pur con differente portata informativa, sono, pertanto, ben tre le fonti che parlano del coinvolgimento di AMANTE PIETRO nell‟attività culminata nel sequestri del maggio 77 e, fra esse, il MORABITO lo collega, con la certezza derivategli 557 dall‟aver vissuto direttamente quell‟incontro, alla predisposizione del box di piazza Negrelli per la custodia iniziale del GALLI. Resta da aggiungere che AMANTE PIETRO era personaggio ritenuto dal gruppo particolarmente affidabile sul versante dei sequestri di persona, giacchè ebbe parte attiva negli stessi per un consistente arco temporale, come dimostrano le sue attive partecipazioni ai sequestri di RANCILIO AUGUSTO e di CATTANEO EVELINA..123 La posizione degli imputati: PAPALIA DOMENICO Il complesso delle risultanze processuali riguardanti PAPALIA DOMENICO afferisce alla sua figura di capo del gruppo che operò nel periodo storico in esame ed al correlativo ruolo svolto in concreto nell‟economia dell‟attività incentrata sui sequestri di persona. Non essendovi - come si evince dalla articolata esposizione contenuta nelle pagine che precedono - ulteriori dati ed elementi di cognizione concernenti specificamente il sequestro di GALLI ANGELO, occorre, dunque, preliminarmente fare richiamo integrale alla illustrazione di tali complessive risultanze, riportata nel capitolo dedicato alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE, per il quale la Corte, ritenendo la responsabilità dell‟imputato, ha pronunciato sentenza di condanna del PAPALIA DOMENICO. Operato siffatto richiamo, che vale a dare compiuta contezza degli inequivocabili elementi esistenti a carico del PAPALIA quale autentico centro decisionale e punto di riferimento dell‟intero gruppo e quale ispiratore e pianificatore dell‟attività dei sequestri in generale e del sequestro di SCALARI in particolare, occorre esaminare e verificare la posizione del predetto PAPALIA con riferimento al sequestro di GALLI ANGELO. ________________ 123 I relativi capitoli della sentenza 558 PAPALIA DOMENICO fu detenuto dall‟8 marzo al 20 aprile 77 nel carcere di S. Vittore a Milano; venne poi trasferito a Roma e quindi ritradotto a S. Vittore il 10 giugno, restandovi fino al 5 luglio 77, per essere poi nuovamente da qui trasferito. Nel momento in cui il GALLI venne rapito e nei due mesi successivi, dunque, PAPALIA DOMENICO stette in carcere: circostanza di per sè certo inidonea - come si evince articolatamente e dettagliatamente dalla ricostruzione del sequestro di SCALARI - a dirimere in senso discriminante la sua responsabilità da quella degli altri imputati. Quel che rileva, invero, è l‟eventuale apporto fornito dal PAPALIA, prima di essere incarcerato od anche durante la detenzione, alla pianificazione, attuazione gestione del sequestro del GALLI: rileva, cioè, verificare se anche per il sequestro di GALLI , come per quello di SCALARI, la posizione di PAPALIA DOMENICO risulti supportata da specifici elementi di prova idonei a dimostrarne il concreto coinvolgimento. Una verifica siffatta va innanzitutto commisurata, nel caso di specie, al quadro informativo proveniente dai soggetti che hanno rivelato la trama e lo scenario del rapimento del GALLI, primo fra tutti MORABITO SAVERIO. Orbene, il MORABITO ha precisato (3799) al dibattimento che il lasso di tempo intercorso fra la proposta del MOLLUSO di effettuare il sequestro di GALLI e l‟attuazione dello stesso (8 maggio) passò “grosso modo un mese” . Lo stesso MORABITO ha, altresì, avuto modo, in fase di indagini preliminari, 124 di spiegare che il MOLLUSO lo portò in casa del LUVARA‟ ed ivi incontrarono quest‟ultimo, il TRICHILO ed il NERI; fu nel corso di tale incontro - collocato temporalmente dal MORABITO in “aprile, metà aprile, fine aprile” - che il MORABITO manifestò specificamente ai predetti il proprio consenso a partecipare al sequestro di SCALARI: il che avvenne, secondo lo stesso MORABITO, prima della proposta del sequestro di GALLI da parte del MOLLUSO, talchè risulta ulteriormente confermato che tale proposta non fu, comunque, formulata prima del mese di aprile. Sulla scorta di tale scansione temporale del MORABITO, deve rilevarsi che PAPALIA DOMENICO si trovava detenuto non soltanto nel momento in cui il rapimento del GALLI venne attuato, ma altresì allorchè lo stesso venne ideato e progettato ______________________ 124 Cfr. il relativo verbale d‟interrogatorio del 6.11.92. 559 E mette conto rammentare che, come si è osservato nel paragrafo che lo riguarda, l‟AMANDINI, dal canto suo, nel riferire la proposta - fattagli dal PAPALIA DOMENICO, prima di essere incarcerato di partecipare ad un sequestro, ha precisato che si trattava di “un” sequestro, spiegando che tale proposta gli fu fatta qualche giorno dopo la riunione di viale Cirene e che il PAPALIA venne arrestato a distanza di circa venti giorni dalla riunione stessa. Orbene, all‟epoca della proposta, il progetto di sequestro all‟esame era, com‟è noto, quello riguardante SCALARI, mentre quello relativo a GALLI, come è del pari noto, non era ancora neppure nato: il che collima perfettamente col tenore del riferimento dell‟AMANDINI, secondo cui la proposta del PAPALIA DOMENICO riguardava “un sequestro”, per l‟appunto quello di SCALARI. Resta da osservare che, secondo quanto si è articolatamente già illustrato, la genesi del progetto di rapire il GALLI si correlò ad un‟idea del MOLLUSO - che dovette anche darsi da fare per convincere il TRICHILO - di accontentare gli amici di Platì, i quali scalpitavano per partecipare al lucroso affare dei sequestri: il che rende ragione della frettolosità e dell‟approssimazione del progetto e della sua attuazione, ma anche del suo sovrapporsi all‟esecuzione del sequestro di SCALARI. Tale ricostruzione della vicenda risulta, d‟altra parte - oltre che scandita dall‟oggettivo iter temporale degli accadimenti e dalle rivelazioni di MORABITO e di AMANDINI - dalle specifiche dichiarazioni al riguardo rese da INZAGHI e già diffusamente illustrate. Se, dunque, l‟attuazione del progetto di rapire il GALLI rappresentò un “quid novi” nel contesto dell‟organizzazione - da tempo in corso - del sequestro dello SCALARI, il ruolo del PAPALIA DOMENICO di punto di riferimento dell‟intero gruppo ed il suo pieno coinvolgimento nel predetto sequestro di SCALARI non appaiono elementi sufficienti a supportare probatoriamente l‟ipotesi di un suo parallelo coinvolgimento nel rapimento di GALLI, ideato, progettato, attuato e gestito mentre il predetto PAPALIA era detenuto: ciò, evidentemente, in mancanza di specifici elementi indicatori di un qualsivoglia apporto concreto del PAPALIA stesso, pur in ipotesi dal carcere, alla fase della pianificazione del sequestro o a quelle successive, a differenza del fratello ROCCO, che, una 560 volta scarcerato, intervenne attivamente sulla scena, come si è rivelato, dopo gli arresti del 24 maggio, e gestì le fasi finali relative all‟incasso dei riscatti dei due sequestri. Si configura naturalmente ragionevole, sotto il profilo logico, immaginare che il PAPALIA DOMENICO, in considerazione del suo ruolo di vertice e della parte in concreto avuta nell‟economia dell‟attività incentrata sui sequestri di persona - compresa la progettazione e la pianificazione del sequestro di SCALARI “in itinere” - potesse essere stato informato e, più ancora, interpellato e consultato in ordine all‟attuazione del rapimento di GALLI: e ciò, senza che il suo trovarsi in stato di detenzione costituisse un ostacolo insormontabile al dispiegarsi di un “dialogare” siffatto. Ma un‟ipotesi siffatta, pur non carente di una sua intrinseca ragionevolezza, resta necessariamente confinata alla sfera delle costruzioni logiche e delle esercitazioni teoriche, in assenza di specifici elementi idonei a sopportarle: di più, in presenza di coimputati confessi, come MORABITO, AMANDINI, INZAGHI, i quali a differenza che per il sequestro dello SCALARI, nulla sono stati in grado di riferire circa il concreto coinvolgimento di PAPALIA DOMENICO nella vicenda del rapimento di GALLI. E, per altro verso, la genesi e l‟iter di tale delitto, se correlati al coevo andamento delle vicende personali del PAPALIA, valgono a dare spiegazioni del perchè i predetti non siano stati in possesso di elementi di cognizione da fornire al riguardo. In siffatta situazione probatoria complessiva, risulta evidente, ad avviso della Corte, la mancanza di sufficienti elementi di prova idonei a sopportare una dichiarazione di responsabilità del PAPALIA DOMENICO per il sequestro di GALLI ANGELO. Notazioni conclusive di sintesi L‟articolata disamina contenuta nelle pagine che precedono s‟è fatta carico di lumeggiare ed analizzare, per ciascun 561 imputato, il complesso di elementi probatori delineatisi all‟esito del vaglio dibattimentale. Non occorre, di conseguenza, ripercorrere, neppure in un‟ottica di riepilogo complessivo, siffatta operazione d‟analisi, giacchè altrimenti, si finirebbe inevitabilmente col ripetere, senza alcuna sostanziale utilità, argomenti, concetti, parametri di valutazione. Mette, invece , conto, nell‟economia dello svolgimento di notazioni conclusive di sintesi, sottolineare i seguenti profili. L‟attendibilità del racconto di MORABITO - conclamata per più versi dalle risultanze dell‟intero dibattimento, come emerge dal complesso della presente sentenza e, in particolare, da tutti i capitoli dedicati all‟esame dei sequestri di persona a scopo d‟estorsione e degli omicidi e tentati omicidi volontari - appare, con riferimento alla vicenda del sequestro di GALLI ANGELO, scandita uniformemente, sistematicamente e chiaramente dall‟intero quadro delle risultanze processuali: rectius, l‟intera ricostruzione del rapimento del GALLI, quale emerge dall‟insieme delle rivelazioni di MORABITO, di INZAGHI, di AMANDINI, trova nel complesso di elementi di cognizione acquisiti all‟esito del dibattimento una formidabile, polifonica, inequivoca base di supporto probatorio. Per ciascuno degli imputati chiamati a rispondere in questa sede del sequestro in questione, il MORABITO ha - con la sola eccezione del PAPALIA DOMENICO, per il quale non disponeva di specifici elementi di cognizione relativi a tale delitto - ha indicato, per scienza diretta, ruolo e precisi contenuti dell‟attività svolta nella vicenda; per ciascuno l‟AMANDINI e l‟INZAGHI - evidentemente nei termini e nei limiti del quadro conoscitivo rispettivamente in loro possesso - hanno diffusamente confermato il coinvolgimento nel sequestro, fondendone convincente spiegazione; per ciascuno - infine e soprattutto - il dibattimento ha puntualmente fatto emergere e posto in evidenza gli specifici profili di responsabilità chiaramente sussistenti. E siffatta emersione tanto appare significativa e concludente, quanto più attiene ad elementi di riscontro probatorio di tipo “individualizzante” ad elementi, cioè in grado di coniugare ad un tempo l‟oggettiva riscontrabilità dei riferimenti del MORABITO con la “soggettività” di ogni singolo 562 imputato, ossia con la sua personalità criminale, le sue attitudini, il “back ground” suo proprio e, soprattutto, la peculiarità, la “suitas” dell‟attività dispiegata nella specie, tale da delineare un inconfondibile “inprinting” del ruolo svolto, a guisa dell‟impronta digitale lasciata dal ladro sulla cosa sottratta. Così - esemplificando sinteticamente quanto si è in dettaglio illustrato nei singoli paragrafi - si staglia la figura del MUSCIO basista, che indica il soggetto da sequestrare e ciò fa proprio quel MUSCIO che è noto nell‟ambiente criminale de quo per la sua capacità di “dare le dritte”; così si inquadrano le figure del BARBARO e del GRILLO, che giungono dalla Calabria per partecipare al sequestro e vi rientrano subito dopo: due platioti coinvolti direttamente nell‟esecuzione di un rapimento, che, invero, viene progettato ed organizzato proprio alla fine precipuo di accontentare “gli amici di Platì”; così MOLLUSO, platiota ed antico sodale dei PAPALIA, già addentro all‟attività dei sequestri di persona per aver partecipato con il BARBARO a quello del FERRARINI: soggetto, dunque, intrinsecamente esperto e, in quanto tale, in grado di stabilire rapidamente che, per i già citati “amici di Platì”, occorre mettere in cantiere un altro sequestro in aggiunta a quello di SCALARI; così il MORABITO, uomo d‟azione incaricato, perciò, dell‟azione, capace pianificatore del teatro delle operazioni attraverso accurati sopralluoghi, soggetto in grado anche nella vicenda del GALLI di garantire quello standard operativo sistematicamente assicurato tante volte nell‟attuazione delle imprese delittuose del gruppo; così l‟INZAGHI, amico di sempre di MORABITO, esperto di auto e, alla bisogna, procacciatore di armi, che puntualmente fornisce - entrambe le merci - anche nel frangente de quo, tenendo, per di più, i contatti con gli altri, mettendo a disposizione all‟uopo la propria casa ed il proprio telefono, accompagnando, in occasione delle telefonate alla famiglia del rapito, il soggetto incaricato di effettuarle: quell‟AMANDINI che, con le mansioni di telefonista, svolge un ruolo “storico”, per così dire, giacchè ricoperto efficacemente tante altre volte; così AMANTE PIETRO, fedele “supporter” di altri analoghi delitti del gruppo ed interprete nella specie del ruolo di fornitore del box in cui rinchiudere l‟ostaggio appena rapito, seguendo anche in prima persona tale delicatissima fase del sequestro, così PAPALIA ROCCO e CATANZARITI, che 563 subentrando nella conduzione diretta delle trattative dopo gli arresti del 24 maggio, avendo già un collaudato rapporto di “soladitas scelerum”: due personaggi che compaiono significativamente in presente trattazione, così TRICHILO e NIRTA, un binomio inscindibile, quasi una sorta di endiadi, per così dire, frutto di uno straordinario affiatamento, due soggetti in grado di agire di perfetta conserva sul duplice versante dei sequestri di GALLI e di SCALARI ed entrambi fedeli più che mai nell‟occasione ad un “clichè” equivalente ad una sorta d‟impronta digitale: il TRICHILO inesauribile organizzatore operativo di incontri, di riunione, di intese, il NIRTA “inesaurito” ed ineffabile tessitore semiocculto di trame e di intrecci, il primo costituente il braccio ed il “verbo” del binomio, il secondo, silenzioso ascoltatore ed onnipresente suggeritore, la mente. Una mente che dovette verosimilmente, ad un certo punto, talmente prendersi ed accendersi di se medesima da ritenere, calandosi nella parte dell‟ “esaurito” e valendosi del prestigio criminale della propria famiglia, di poter impunemente giocare su due fronti, quello dell‟influente ispiratore e tessitore di delitti e, al contempo, quello del confidente degli investigatori o di uno di essi: un tipo di personaggio, a ben vedere, che la storigrafia criminale s‟incarica non di rado di segnalare all‟attenzione e che la criminalità organizzata, in tutti i tempi ed a tutte le latitudini, non ha mai mancato di esprimere di quando in quando; un ruolo, in ogni caso, quello svolto dal NIRTA, che appare, lungo un cospicuo arco temporale, non essere stato avaro di risultati per il suo interprete. Le complessive considerazioni fin qui svolte danno compiuta contezza, secondo il giudizio della Corte, della sussistenza di plurimi ed inequivoci elementi probatori a carico di tutti gli imputati del sequestro di GALLI ANGELO, ad eccezione, come s‟è rilevato, di PAPALIA DOMENICO, per il quale nè il MORABITO nè l‟AMANDINI nè l‟INZAGHI sono stati in grado di fornire specifici elementi d‟accusa, con riferimento al delitto in esame, e neppure le complessive risultanze dibattimentali hanno, per altra via, condotto, all‟acquisizione di utili “input” probatori: al riguardo va, peraltro, integralmente richiamata l‟analitica illustrazione effettuata nel paragrafo dedicato alla disamina di tale posizione processuale 564 Alla stregua di tanto, PAPALIA DOMENICO va, ex art. 530, II° comma, c.p.p., assolto dell‟imputazione di concorso nel sequestro di persona in danno di GALLI ANGELO, per non aver commesso il fatto. In ordine a tale reato, così come articolato e specificato nel capo sub 1 della rubrica delle imputazioni, deve, congiuntamente pronunciarsi dichiarazione di colpevolezza e conseguente sentenza di condanna degli imputati AMANTE PIETRO, BARBARO GIUSEPPE (cl. 48), CATANZARITI AGOSTINO, GRILLO MICHELE, INZAGHI MARIO, MOLLUSO FRANCESCO, MORABITO SAVERIO, MUSCIO MARIO, NIRTA ANTONIO, PAPALIA ROCCO, TRICHILO ANTONIO. Va infine, ritenuta la sussistenza delle contestate aggravanti del numero - all‟evidenza ampiamente superiore a cinque - delle persone concorse nel reato e del danno patrimoniale di rilevante gravità cagionato alla vittima del delitto, attesa l‟oggettiva entità della cifra del riscatto versata per ottenere la liberazione del sequestrato, in assoluto più che idonea - per di più, ove si consideri trattarsi di valuta dell‟anno 1977, ossia di oltre un ventennio addietro - ad integrare gli estremi dell‟aggravante de qua. 565 SEQUESTRO di PERSONA a SCOPO d‟ESTORSIONE di SCALARI GIUSEPPE Cesano Boscone, 16 maggio 1977 ---oooOOOooo--- CAPO 2 AMANTE ANTONINO CATANZARITI AGOSTINO DISCEPOLO LOUIS VINCENT INZAGHI MARIO MOLLUSO FRANCESCO MORABITO SAVERIO NIRTA ANTONIO PAPALIA DOMENICO PAPALIA ROCCO STRANGIO ANTONIO2 STRANGIO FRANCESCO ---oooOOOooo--- ______________________ 1 O.c.c. del 2.10.93 per CATANZARITI, DISCEPOLO, PAPALIA ROCCO, STRANGIO ANTONIO, STRANGIO FRANCESCO (per quest‟ultimo, provv. di scarc. del Tribunale di Milano del 2.5.94): o.c.c. del 2.12.93 per MOLLUSO; o.c.c. dell‟8.11.93 per NIRTA; contestazione suppletiva all‟udienza del 30.5.95 per AMANTE ANTONINO; MORABITO ed INZAGHI a p.l.; provv. di c.c. per AMANTE ANTONINO e PAPALI DOMENICO emesso dalla corte contestualmente alla presente sentenza. Decr. rinv. giud. del 28.6.94 per CATANZARITI, DISCEPOLO, NIRTA, PAPALIA DOMENICO, STRANGIO ANTONIO, STRANGIO FRANCESCO (per quest‟ultimo, come modificato nelle udienze del 18 e 24 settembre 96), decr. del 16.9.94 per INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, PAPALIA ROCCO ut supra per AMANTE ANTONINO. La relativa posizione è stata oggetto di separazione del presente procedimento con ordinanza della Corte in data 27.9.95. 566 Premessa con notazioni metodologiche Alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE occorre premettere talune notazioni di metodo - in ordine ai criteri informatori di siffatta ricostruzione - indispensabili a chi, procedendo alla disamina della stessa, intenda avere una compiuta e completa intelligenza del quadro globale in cui la vicenda si inserisce. Ed invero il sequestro dello SCALARI costituì il frutto di una specifica ed articolata pianificazione operata da un ben preciso spaccato criminale: in siffatto scenario si inserì - come variazione ed arricchimento del tema, per così dire - il progetto del sequestro di GALLI ANGELO, che si valse del medesimo contesto e “know-how” organizzativo e fu posto in essere, in parte, dai medesimi autori, addirittura procedendo a circa una settimana l‟attuazione del sequestro dello SCALARI. Ben si comprende, dunque, come la ricostruzione dei due sequestri presenti diversi profili, assai significativi, che sono assolutamente comuni ovvero hanno una valenza egualmente rilevante nell‟economia delle due vicende. Evidenti ragioni metodologiche - volte ad evitare prolisse e pedisseque ripetizioni, alle quali conseguirebbe inevitabilmente un inutile appesantimento dell‟intera trattazione - appaiono richiedere, pertanto, che nella ricostruzione del sequestro attuato successivamente si abbiano per acquisite le parti già oggetto di analitica trattazione nel contesto dell‟altra vicenda: ciò, ovviamente, allorchè non vi siano profili meritevoli di ulteriori specificazioni e valutazioni. Resta da aggiungere, ancora in punto di metodo seguito, che, laddove il richiamo articolato e la stessa ripetizione appaiano poter essere di immediata utilità nell‟economia del discorso in itinere e non comportare un rilevante appesantimento della trattazione, se ne farà, comunque, menzione senz‟altro. Le considerazioni appena svolte danno contezza dell‟esigenza, nel procedere alla disamina del contenuto del presente capitolo dedicato alla ricostruzione del sequestro di SCALARI GIUSEPPE, di avere adeguata e compiuta cognizione del quadro 567 delle risultanze processuali concernenti il sequestro di GALLI ANGELO ed approfonditamente esposte ed illustrate nel capitolo precedente: ciò, essendo le due vicende accomunate da un unico genoma criminale, per così dire, costituito dall‟identità sia del contesto di criminalità organizzata che ebbe ad esprimerle sia del gruppo delinquenziale, che le avviò materialmente ad attuazione. La genesi nel racconto di MORABITO Ha riferito il MORABITO che, dopo aver lasciato il carcere di Torino il 10 febbraio 1977, egli si avvicinò al MOLLUSO, che all‟epoca lavorava come autocarrozziere, per cercare di programmare qualche “toraccatura” di automobili; frequentando il predetto MOLLUSO, ebbe modo di rivedere INZAGHI, col quale aveva già rapporti di conoscenza da tempo, senza peraltro aver avuto occasione di operare con lui in attività illecite. A suo dire (854- 855), MORABITO incontrò un giorno PAPALIA DOMENICO, che aveva un appuntamento col MOLLUSO, ed insieme decisero di tenere una riunione in casa di INZAGHI: scopo della stessa - cui in effetti presero parte MOLLUSO, INZAGHI, MORABITO, PAPALIA DOMENICO, TRICHILO ANTONIO, BARBARO FRANCESCO (detto “u castanu”) e BARBARO DOMENICO (detto “u nigru”) - era quello di pianificare un incontro con esponenti della famiglia di D‟AGOSTINO ANTONIO, ucciso a Roma, per spiegare loro che il PAPALIA DOMENICO non era colpevole di tale assassinio. Si decise di tenere siffatto incontro presso l‟ufficio milanese di viale Cirene, gestito da BRENICCI SAVINO e da AMANDINI MICHELE, e peraltro si utilizzarono poi, a tal fine, i locali della sartoria di tale D‟URSO SAVERIO - amico dell‟AMANDINI - siti pure in viale Cirene; terminato l‟incontro, MORABITO ripassò dall‟ufficio del BRENICCI, dove vide NIRTA ANTONIO intento a parlare con AMANDINI. 568 In prosieguo, precisamente nel marzo 77, PAPALIA DOMENICO venne arrestato a Roma ed il MOLLUSO iniziò a far capo a TRICHILO ANTONIO, che aveva scelto come base operativa la casa di LUVARA‟ RENATO, in via Tolstoj a Milano. Ha riferito (891) MORABITO che, in tal contesto, fu MOLLUSO a chiedergli se si sentisse di partecipare ad un sequestro di persona e, ottenuto il suo assenso, lo accompagnò in casa di LUVARA‟ , dove egli incontrò per la prima volta NERI ANTONIO ed il TRICHILO. Quest‟ultimo disse a MORABITO di aver ricevuto “la dritta” per il sequestro da un grosso personaggio palermitano che viveva al nord, in soggiorno obbligato, ma non rivelò il nome dello stesso nè quello della persona da rapire: spiegò solo che stavano lavorando a quel progetto da oltre due mesi e non riuscivano ancora a concretizzarlo. MORABITO manifestò la necessità di conoscere il basista e così venne fissato un appuntamento in un bar di via Lorenteggio: ivi il MORABITO, unitamente a MOLLUSO, TRICHILO e LUVARA‟, incontrò UGONE SALVATORE ed il suo braccio destro, DI GREGORIO GIUSEPPE, il quale conduceva in locazione un immobile di proprietà dello SCALARI3 . MORABITO - che già conosceva l‟UGONE, perchè erano stati coimputati nel processo per le rapine ai supermercati4 - apprese in quell‟occasione dal predetto che la persona da rapire era un industriale farmaceutico di nome SCALARI, soggetto molto facoltoso e titolare di uno stabilimento di produzione sito in Trezzano sul Naviglio; apprese congiuntamente che il progetto del sequestro era opera dei “siciliani”, i quali non avevano potuto concluderlo, perchè a seguito di disposizioni provenienti dai loro vertici, avevano ricevuto l‟ordine di abbandonare il filone dei sequestri di persona. Così, secondo il MORABITO (898) , UGONE, con ogni probabilità all‟insaputa dei siciliani, aveva passato “la dritta ai calabresi: ed invero, allorchè venne poi rinvenuto in casa sua denaro proveniente dal riscatto di SCALARI, egli si suicidò in carcere, verosimilmente per sfuggire alla punizione dei siciliani5. _________________________________________ 1 Siffatta circostanza è stata specificamente confermata (7453)al dibattimento dello stesso SCALARI GIUSEPPE. C.fr. la relativa sentenza della Corte d‟Assise di Novara del 23.5.75 - in vol. 213 n. 10 - dalla quale si rileva che UGONE era stato imputato, in quel processo, del reato di associazione per delinquere. 5 In ordine ai rapporti criminosi intercorrenti fra i vari componenti del gruppo dedito ai sequestri di persona, una serie di significativi riscontri si ricava dagli elementi acquisiti nel procedimento penale culminato negli arresti del 24.5.77. Le relative sentenze di 4 569 La fase organizzativa nel racconto di MORABITO Dopo l‟incontro con UGONE, MORABITO decise di verificare personalmente la possibilità di realizzazione del progettato sequestro, effettuando una serie di sopralluoghi.6 Egli ha precisato (902) di non ricordare bene se ad accompagnarlo per la prima volta presso l‟azienda dello SCALARI a Trezzano fosse stato MOLLUSO o TRICHILO: certamente fu uno dei due ad indicargli la persona di SCALARI e la sua automobile, una “Lancia coupè” di colore grigio metallizzato. Le volte successive, MORABITO ritornò sul posto da solo - in un paio di occasioni forse con MOLLUSO e ______________________________________________________________________ primo e secondo grado dell‟A.G. di Milano - specificamente richiamate ed indicate nel capitolo precedente - delineano un complessivo scenario quanto mai eloquente. Di particolare rilievo appare il quadro probatorio ivi evocato in ordine a TRICHILO, UGONE, DI GREGORIO, LUVARA‟ e NERI (che non sono imputati nell‟ambito del presente procedimento, perchè già giudicati o deceduti). Con riferimento a TRICHILO, UGONE e DI GREGORIO, mette conto, in particolare, richiamare i punti delle citate sentenze volti a focalizzare le circostanze di seguito indicate: UGONE venne trovato in possesso di 45 milioni provenienti dal sequestro di SCALARI il 2.7.77, ossia il giorno successivo a quello del pagamento della prima tranche del riscatto; una perizia, peraltro, dimostrò che le lettere indirizzate alla famiglia SCALARI per il pagamento del riscatto erano state redatte con una macchina da scrivere sequestrata proprio al predetto UGONE. TRICHILO venne indicato da una teste - v. anche la disamina delle dichiarazioni della teste INVERNIZZI - come presente nei pressi dello stabilimento di SCALARI alcuni giorni prima del sequestro; UGONE, TRICHILO e DI GREGORIO vennero fotografati insieme nel corso di un incontro a piazza Napoli, preceduto da varie telefonate intercettate ed avvenuto il giorno successivo al sequestro. Quanto al LUVARA‟, poi deceduto - in primo grado assolto per insufficienza di prove dal reato di concorso nel sequestro, ma condannato per associazione per delinquere - nella sentenza del Tribunale di Milano se ne rilevava la costante presenza accanto al TRICHILO, con mansioni di segretario, anche con riferimento al NERI, dall‟insieme di elementi raccolti e di telefonate intercettate emergevano specifici profili di coinvolgimento ed intensissimi contatti e rapporti con gli altri personaggi. E dunque il complesso delle risultanze di tale procedimento, illustrato nelle relative sentenze, appare rappresentare un eloquente punto di riferimento e compendio di riscontri per le dichiarazioni di MORABITO. 6 Era questo un modus operandi abituale di MORABITO, come si evince dalla ricostruzione delle tante azioni delittuose che lo videro protagonista o comunque partecipe 570 con INZAGHI - per effettuare ulteriori appostamenti. Ebbe così, a suo dire (954), modo di accertare che lo SCALARI era una persona abitudinaria e che la sera, dopo aver lasciato i suoi uffici, percorreva abitualmente la strada Vigevanese e la via Lorenteggio per raggiungere la propria abitazione, sita in prossimità di piazza Missori a Milano. Furono eseguiti degli appostamenti anche durante il giorno, non solo dal MORABITO ma altresì dal TRICHILO e dal LUVARA‟. Grazie a tali osservazioni, MORABITO si accorse che, nel corso della mattina, SCALARI era solito uscire dai locali dell‟azienda e raggiungere un altro stabile di sua proprietà, sito nella stessa via Leonardo da Vinci, dove probabilmente operava una sua segretaria con la contabilità “in nero” dell‟impresa: ha riferito (959) in proposito il MORABITO che egli pensò anche di abbandonare il progetto del sequestro, per tentare di realizzare un‟estorsione ai danni di SCALARI, previa sottrazione della documentazione contabile de qua, dietro minaccia di consegnarla alla Guardia di Finanza, in caso di rifiuto di pagare. I suoi amici non condivisero però siffatta idea e vollero che si procedesse con il sequestro. Fu deciso di rapire lo SCALARI a Trezzano, perchè si aveva una migliore conoscenza di tali luoghi, le strade erano meno frequentate e l‟effettuazione della fuga si presentava più facile. Poichè il TRICHILO sollecitava continuamente MOLLUSO, affinchè si accelerassero i tempi del sequestro, fu lo stesso MORABITO a telefonare al predetto TRICHILO per dargli assicurazioni al riguardo, dicendogli che il lunedì successivo sarebbero andati “sul cantiere con gli attrezzi” 7: indicazione criptica, finalizzata a comunicare che il lunedì successivo era il giorno designato per compiere il rapimento.8 ________________________ 7 Cfr. la trascrizione dell‟intercettazione telefonica del 14.5.77 ad ore 18,56, in vol. 109. 8 Le numerose conversazioni telefoniche intercettate appaiono acquisire - alla luce del complessivo quadro conoscitivo fornito dal MORABITO ed ampiamente confermato (v. infra) da INZAGHI e da AMANDINI - caratteri di univocità e di significatività di assoluta consistenza: quei caratteri che erano apparsi presenti in misura insufficiente prima delle rivelazioni del predetto MORABITO, il che, in particolare, aveva impedito nel già richiamato processo a suo tempo celebrato a carico del LUVARA‟ e degli altri, di affermare la responsabilità penale degli imputati per il sequestro di SCALARI GIUSEPPE, eccezion fatta per il TRICHILO, condannato per tale reato: la valutazione 571 peraltro, con gli altri elementi di cognizione, di quelli emergenti dalle intercettazioni telefoniche de quibus aveva consentito l‟affermazione della responsabilità penale di LUVARA‟, INZAGHI, MORABITO, MOLLUSO, TRICHILO e - solo in primo grado - di AMANDINI, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di sequestri di persona a scopo d‟estorsione (cfr., in vol. 111, la relativa sentenza del Tribunale di Milano del 6.3.79 e quella della Corte d‟Appello di Milano dell‟11.12.81). Con riferimento alle predette intercettazioni telefoniche - richiamato integralmente, in punto di utilizzabilità e di valenza probatoria, quanto già specificamente osservato nel capitolo dedicato al sequestro di GALLI ANGELO - risulta interessante soffermare l‟attenzione sulle seguenti: - telefonata del 12.5.77 di TRICHILO, INZAGHI, MOLLUSO con tale “compare ANTONIO”, con particolare riguardo ai riferimenti in ordine a contrasti esistenti all‟interno del gruppo circa le persone che avrebbero dovuto partecipare al sequestro: appare da segnalare specificamente il passaggio in cui il “compare ANTONIO” cercava di proporre un “bravo lavoratore” a lui noto e TRICHILO rispondeva testualmente: “compare, questo è un lavoro mio. Fino ad ora FRANCO ha sempre organizzato gli operai per il cantiere, noh! Ora però ci siete voi. Per favore portatemi uno dei vostri ed io lo metto”; il “compare ANTONIO” evidenziava poi che, appena fossero arrivati, bisognava “trovare loro la casa per farli stare”. - telefonata del 13.5.77, in cui TRICHILO chiamava da casa di INZAGHI un numero di Roma (06/6653099), facendo presente all‟interlocutore di aver “i due lavoratori” e facendo riferimento al “lavoro anziano”, che sarebbe scattato presto; l‟interlocutore gli rispondeva che avrebbe dovuto richiamarlo al 54109, facendo il solito prefisso: sul fatto che il predetto interlocutore del TRICHILO si identificava in NIRTA ANTONIO, “l‟esaurito”, si veda in dettaglio, nel capitolo relativo al sequestro di GALLI ANGELO, la disamina delle dichiarazioni dei testi TRIOLO e CARNEVALE. - telefonata del 14.5.77 tra MORABITO e LUVARA‟, nella quale veniva fissato un appuntamento per il lunedì successivo, giorno in cui si sarebbero recati al “cantiere con gli attrezzi”; - telefonata del 14.5.77 in cui una persona chiamava TRICHILO, avvertendolo che aveva telefonato “ANTONIO il biondo”; il TRICHILO rispondeva testualmente: “a loro due, quando vengono a casa tua, li fai stare in salotto, prendi qualche giornale o giornalino. Invece, quando devono mangiare, in cucina; quando finiscono, in salotto, capito? ... in modo da non vedere niente... mi raccomando, in casa”; - telefonata del 14.5,77 in cui TRICHILO, da casa LUVARA‟, cercava INZAGHI ed apprendeva dalla moglie che lo stesso era con MOLLUSO: il TRICHILO si faceva passare allora la “persona bionda” e la salutava chiamandola “compare ANTONIO” ed informandola che il programma era per lunedì; - telefonate del 15.5.77 aventi come protagonista il TRICHILO, al centro di una frenetica attività di fissazione di appuntamenti per il lunedì successivo 16 maggio : data in cui sarebbe accaduto certamente qualcosa, come tutti gli interessati apparivano chiaramente sapere; - telefonata del 16.5.77 (il giorno del sequestro), in cui MORABITO chiamava INZAGHI alle ore 7,54 che lo sgridava perchè aveva faticato a trovarlo; gli diceva quindi: “ vedi che oggi piove eh!” e MORABITO gli rispondeva “allora bisogna prendere l‟ombrello”. - telefonata del 17.5.77, in cui “l‟esaurito” chiedeva al suo interlocutore LUVARA‟ “il lavoro com‟è andato?”, sentendosi rispondere “alla fine vediamo se riesce bene, c‟è anche il vostro pensiero”. 572 La riunione conclusiva della fase organizzativa si tenne in casa del LUVARA‟; nell‟occasione TRICHILO comunicò che all‟esecuzione del rapimento avrebbero preso parte due persone di San Luca, che MORABITO non conosceva: STRANGIO ANTONIO, detto “Ricciolino”, e suo fratello.9 Il rapimento dell‟ostaggio nel racconto di MORABITO MORABITO ha riferito che all‟azione esecutiva del sequestro presero parte, unitamente a lui stesso, il MOLLUSO ed il LUVARA‟, in qualità di autisti, nonchè il NERI ed i due fratelli STRANGIO e che nell‟occasione vennero utilizzate due auto procurate da INZAGHI
© Copyright 2024 ExpyDoc