la pagina del giornale - La Provincia di Cremona

La Provincia
Oggi ‘Madama Butterfly’
DOMENICA 12 OTTOBRE 2014
Cremona — O ggi
(ore 15,30) al Ponchielli terza e ultima
recita di ‘Mada ma
Butterfly’, lo spettacolo che ha aperto la
stagione lirica. Sul
podio Giampaolo
Bisanti (nella foto).
www.laprovinciacr.it
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Billy Bolla Show al Filo
Cremona — Martedì
alle 16,30 il Filo
ospiterà il Billy Bolla Show (nella foto),
spettacolo che apre
il ciclo di incontri
Scienza è Bellezza
organizzato dagli
Ex dell’Aselli.
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Cremona
La testimonianza
di una cristiana
irachena
E’ già medico, ora studia
Comunicazioni sociali
a Roma. Vorrebbe tornare
nel suo Paese, ma la sua
superiora le ha negato
il permesso: almeno tu
in Italia puoi avere un letto
Un popolo, quattro Stati
La distribuzione territoriale del popolo curdo
Di origini indoeuropee, i curdi sono per lo più musulmani sunniti, ma anche cristiani e yazidi. In totale sono 25-30 milioni di persone,
distribuite tra Turchia, Iraq, Iran e Siria
TURCHIA
La ribellione del Partito
dei lavoratori del Kurdistan
(Pkk) ha causato 45 mila morti
in 30 anni. Nel marzo 2013
il Pkk ha decretato una tregua
col governo turco. Ma la caduta
di Kobane nelle mani dell'Isis
potrebbe causare la fine
del processo di pace
GEORGIA
Azerbaigian
ARMENIA AZERBAIGIAN
Ankara
TURCHIA
SIRIA
Kobane
A lungo repressi dal potere,
i curdi si associarono
alla rivolta anti-Assad del 2011.
Da metà 2012, dopo il ritiro
delle forze del regime,
amministrano le loro zone
nel nord del Paese.
Oggi difendono la città
di Kobane
Territorio
a maggioranza curda
Principali zone
in cui si sta combattendo
Mosul
SIRIA
CIPRO
LIBANO
IRAN
Erbil
Suleymaniah
Kirkuk
Damasco
Provincia di Al-Anbar
Baghdad
IRAQ
GIORDANIA
IRAN
Dopo la rivoluzione islamica
del 1979, una sollevazione
dei curdi fu duramente
repressa. Teheran accusa
gli Stati Uniti di sostenere
gruppi armati basati in Iraq
come il Partito per una vita
libera in Kurdistan (Pjak,
vicino al Pkk turco)
IRAQ
I curdi nel 1991 si sollevarono
contro Baghdad e l'Occidente
impose una no fly zone
che di fatto consegnò loro
un territorio autonomo,
il Kurdistan iracheno, ricco
di petrolio. I peshmerga
combattono l'Isis in prima
linea, respingendolo a Kirkuk
ANSA
Un attentato a Bagdad nei giorni scorsi
«Dal 2004 al 2008 a Mosul sono
stati uccisi sacerdoti e vescovi
Ma c’è anche la resistenza sunnita»
«Io, religiosa cattolica in Iraq»
Suor Caroline: le mie consorelle costrette alla fuga all’arrivo Isis
di Barbara Caffi
CREMONA — Il patto è di non fotografarla
se non di spalle, perché là, nel suo Iraq,
vivono la sua famiglia e la sua comunità.
Borsa di jeans a tracolla, il volto pronto a
oscurarsi di preoccupazione come ad aprirsi
in sorrisi contagiosi suor Caroline nasconde
la sua forza in un fisico minuto. E’ una
religiosa cattolica di rito caldeo e fino a poco
tempo fa viveva a Mosul, in una zona che da
giugno è controllata dall’Isis. Da alcuni mesi
è a Roma per motivi di studio — è già medico,
si sta specializzando in Comunicazioni sociali
all’Angelicum — ed è di passaggio a
Cremona, dove è ospite delle suore del
Rifugio Cuor di Gesù di via Bonomelli. Se
parla è per «raccontare la verità», per
testimoniare ciò che ha appreso dalle
consorelle costrette a lasciare il convento in
una notte d’estate o ciò che le raccontano i
parenti da Bagdad. «La nostra casa a Mosul
— ha ricordato ieri nella redazione de «La
Provincia», dove è stata accompagnata da
Maria Emilia Giordano, ex viceprefetto
molto attiva nel volontariato, e dove è stata
intervistata anche dal collega Gianpiero
Goffi — era divisa in tre parti. In una ci
stavamo noi sorelle, l’altra era una casa per
donne e l’altra ancora una casa di riposo. Il 9
giugno scorso, intorno alle 18, si è capito che
la situazione stava precipitando e i frati
francescani del convento di fronte al nostro
hanno comunicato di tenersi pronti ad
andarsene. Alle due del mattino le suore sono
state costrette a lasciare la casa e dopo undici
ore di cammino hanno raggiunto una zona
peshmerga del Kurdistan. Ora sono lì, vivono
in una scuola e hanno ripreso la loro attività.
Sappiamo che a Mosul — ha proseguito suor
Caroline —, gli uomini dell’Isis hanno cercato
di distruggere la Croce del nostro convento,
l’hanno spezzata e sopra ci hanno messo la
loro bandiera nera. Dai cristiani sono passati
casa per casa: non tutti erano riusciti ad
andarsene, gli anziani e i malati non
potevano muoversi. A loro l’Isis ha imposto
quattro condizioni: la conversione, il
pagamento di una tassa, l’allontanamento o
l’uccisione. A un nostro vicino paralizzato
hanno fatto trovare un’auto e l’hanno
mandato via. Però nessuno di quelli costretti
ad andarsene ha potuto portare via nulla, né
soldi né documenti, niente». Nel dopo
Saddam, la vita a Mosul non era facile per i
cristiani. Divisa dal fiume Tigri, la città — la
Ninive assira che oggi conta quasi tre milioni
di abitanti — «nella zona est era di fatto
controllata da al Qaida, malgrado la presenza
dell’esercito del governo centrale di
Bagdad». A ovest, a partire dal 2004 vennero
uccisi diversi sacerdoti e, tra loro, anche il
vescovo caldeo Paulos Faraj Rahho, «rapito e
morto durante il sequestro, sul suo corpo
c’erano segni di violenza». Era caldeo anche
padre Ragheed Ganni, ucciso nel 2007 con
quattro diaconi dopo aver celebrato la messa
in parrocchia. «Il vescovo — ricorda suor
Caroline — gli aveva suggerito di andarsene,
ma lui diceva: ‘sono nella Casa di Dio’. Era
conosciuto anche in Italia, anche lui aveva
studiato all’Angelicum». Si torna a parlare
del presente, dell’Isis iracheno, «che non è
quello di Siria — sottolinea suor Caroline —,
è nato inizialmente nella zona sunnita per
contrastare il governo centrale sciita di
Baghdad e poi ha cambiato rotta». Uomini
crudeli, violenti, capaci di crimini efferati.
«A Sinjar — racconta la religiosa —, hanno
rapito tutte le donne dai 9 ai 50 anni per
Militari turchi controllano il confine siriano, nei cui pressi Kobane è caduta in mano all’Isis
Oggi l’incontro
a Persico Dosimo
PERSICO DOSIMO —
Questo pomeriggio (ore
17) suor Caroline porterà
la sua testimonianza
presso l’oratorio. E’
un’occasione unica per
ascoltare da chi la vive in
prima persona l’esperienza di una donna cattolica
che pratica la sua fede in
un contesto sociale e politico particolarmente
difficile. L’incontro è
aperto a tutti gli interessati.
Suor Caroline fotografata di spalle per motivi di sicurezza
Ragazzini siriani rifugiati in Turchia
ridurle in schiavitù e le hanno messe in
vendita al mercato, ognuna con il proprio
prezzo. Ma i musulmani, anche tra i sunniti
non sono tutti uguali. Un capo tribù ha
riscattato le ultime dodici ragazze, le ha
portate a casa sua, si è fatto raccontare la
loro storia e poi è riuscito a riportarle alle
loro famiglie». L’Isis poi vorrebbe imporre a
tutti gli uomini dagli 11 ai 30 anni di unirsi
alla lotta jihadista, «ma non tutti ci stanno,
c’è un movimento clandestino di resistenza
che organizza attentati, segue i rapitori delle
donne e li uccide, ed è un movimento
sunnita», sostiene suor Caroline. In altri casi,
però, non è difficile fare presa sulla
popolazione che «dopo trentacinque anni di
dittatura, senza libertà e senza possibilità di
comunicazioni, non era preparata alla
democrazia. La mentalità della gente è
diversa da quella americana o europea,
l’‘importazione’ della democrazia con
l’intervento occidentale è fallita. E tra alcuni
iracheni la nostalgia per Saddam si avverte»,
dice la religiosa. Per contrastare l’Isis anche
oggi si ipotizza un intervento militare, la
Turchia pare pronta a inviare truppe via
terra. Suor Caroline non ha risposte: «Sì —
dice —, i curdi della Turchia vorrebbero
aiutare i curdi iracheni. Ma il governo di
Bagdad non vuole nessuno nel suo territorio.
Il Kuwait, invece, dopo essere stato
minacciato dal Califfato ha chiesto l’aiuto
degli Stati Uniti, gli americani sono lì». Il
pensiero va alle guerre del Golfo, che a loro
modo furono uno spartiacque nei rapporti tra
l’Occidente e l’Iraq. «Saddam era laico, lo è
rimasto fino alla fine — ricorda —, però dopo
il 2000 sono cambiati i programmi scolastici.
Io ho studiato la storia europea, chi è venuto
dopo ha potuto studiare solo l’Islam». Oggi, e
non solo nelle zone conquistate dal Califfato,
essere cristiani in Iraq è un rischio
quotidiano. La famiglia di suor Caroline —
padre ingegnere, mamma insegnante — vive
a Baghdad. Una sua sorella è rimasta
coinvolta in un attentato con il marito: lui è
morto, lei ne ha avuto il volto devastato.
Un’altra sorella e la cognata sono catechiste,
una nipote canta nel coro della chiesa anche
se ormai l’esercito iracheno non difende più
le chiese e sono sospese tutte le attività
tranne la messa: «Loro sono più forti di me —
dice suor Caroline —, io ho paura per loro,
ma mio padre mi dice sempre: ‘vado nella
Casa di Dio’ e so che mia nipote prova una
felicità grandissima quando canta in chiesa.
Spesso, dopo ogni telefonata, piango, loro
non hanno paura e io sì, tanta». L’Angelicum
ha sede a Santa Sabina, all’Aventino. Dal
vicino giardino degli Aranci, Roma offre di sé
un panorama struggente. Ma il desiderio di
suor Caroline è di tornare in Iraq.
Rinuncerebbe anche a finire gli studi, ma la
sua superiora per ora le ha negato il
permesso: «Almeno tu hai un letto», le ha
detto, ricordandole che le sue consorelle in
Kurdistan dormono tra i banchi di una scuola
e al mattino devono fare spazio ai ragazzini.
«La mia comunità è là — però suor Caroline
— è là che voglio tornare».
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